Dpr 59-09 Prestazioni Energetiche Edifici

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Normativa

Andrea Campioli, Simone Ferrari, Monica Lavagna

Il DPR 59/09 e i nuovi limiti sulle prestazioni energetiche degli edifici Il nuovo Decreto introduce la verifica del fabbisogno energetico anche per l’estate e modifica i requisiti relativi alle soluzioni di involucro orientati al comfort termico estivo. Indica, inoltre, come metodologie di calcolo di riferimento per le prestazioni energetiche le UNI TS 11300

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a via per il completo recepimento della Direttiva europea 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia è particolarmente lunga in Italia. Dopo 4 anni (anziché i 120 giorni previsti), con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 59 del 2 aprile 2009 (pubblicato in G.U. n. 132 del 10 giugno 2009), è stato emanato un ulteriore testo normativo di riferimento, ossia il regolamento di attuazione dell’articolo 4 (comma 1, lettere a e b) del D.Lgs. 192/05. Il DPR 59/09, in vigore a partire dal 25 giugno 2009, è destinato all’edilizia sovvenzionata e convenzionata, all’edilizia pubblica e privata, sia nei casi di nuove costruzioni, sia nelle ristrutturazioni degli edifici esistenti, intendendo come tali gli interventi integrali riguardanti l’involucro di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 m2, le demolizioni e le ricostruzioni in manutenzione straordinaria di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 m2, gli ampliamenti di edifici nel caso in cui risultino volumetricamente superiori al 20% dell’intero edificio esistente. Il DPR contiene “i criteri generali, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi” relativi alle prestazioni termiche degli edifici per la climatizzazione invernale ed estiva e al rendimento energetico degli impianti termici per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria. I criteri minimi generali, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi per la prestazione energetica degli impianti termici per la climatizzazione estiva e, limitatamente al terziario, per l’illuminazione artificiale degli edifici […] saranno integrati con successivi provvedimenti. Occorre sottolineare che “i criteri generali, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi” erano già stati introdotti dal D.Lgs. 192/05, dal D.Lgs. 311/06 e dal D.Lgs. 115/08, anche se

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“in regime transitorio”.Tanto è vero che il DPR rimanda all’allegato C del D.Lgs. 192/05 e s.m.i., apportando tuttavia alcune integrazioni sui valori da verificare e parziali modifiche sulle procedure di verifica, pur lasciando invariate le tabelle di riferimento contenenti i valori limite per il fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale e i valori limite di trasmittanza termica dell’involucro, come modificati dal D.Lgs. 311/06 (vedere l’articolo “L’evoluzione del D.Lgs. 192/2005.Verifiche e orientamenti”, Costruire in Laterizio, n. 116, marzo-aprile 2007). La vera novità, e il cuore del percorso normativo, è costituita dalla emanazione delle linee guida sulla certificazione energetica, avvenuta con il DM del 26 giugno 2009. Nel D.Lgs. 192/05 sono infatti previsti due decreti: uno sui “requisiti professionali e i criteri di accreditamento” dei certificatori energetici e degli organismi di certificazione; l’altro sulle “Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici”. Il DPR 59/09 introduce, tuttavia, una importante novità: i requisiti minimi per la climatizzazione estiva (in base alla prestazione termica dell’involucro), confermando l’adozione delle metodologie di calcolo basate sulle UNI TS 11300 (introdotte già dal D.Lgs. 115/08).

Requisiti minimi per la climatizzazione invernale ed estiva Il DPR conferma la richiesta, espressa già nel D.Lgs. 192/05, per tutte le categorie di edifici, nei casi sia di nuova costruzione che di ristrutturazione, della verifica, in sede progettuale, che l’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale (EPi), ossia del fabbisogno annuo di energia primaria, sia inferiore ai valori limite contenuti nelle tabelle del D.Lgs. 311/06.

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Il DPR conferma la possibilità, già prevista nel D.Lgs. 311/06, per tutte le categorie di edifici, nei casi sia di nuova costruzione che di ristrutturazione, quando il rapporto tra la superficie trasparente complessiva dell’edificio e la sua superficie utile è inferiore a 0,18, di omettere il calcolo del fabbisogno annuo di energia primaria, se vengono rispettati i valori limite di trasmittanza termica previsti dal D.Lgs. 311/06 e alcune prescrizioni impiantistiche definite nel DPR stesso. Introduce requisiti minimi più restrittivi in tutti i casi di nuova costruzione o ristrutturazione di edifici pubblici o a uso pubblico, come richiesto dalla Direttiva 2002/91/CE: in questi casi, i valori limite di fabbisogno di energia primaria per il riscaldamento invernale e i valori limite di trasmittanza termica delle chiusure opache e trasparenti devono essere ridotti del 10% e verificati entrambi. La vera novità introdotta dal DPR è la verifica della prestazione energetica estiva: nel caso di edifici di nuova costruzione e nei casi di ristrutturazione di edifici esistenti, richiede infatti anche il calcolo della prestazione energetica per il raffrescamento estivo dell’involucro edilizio (Epe, invol), pari al rapporto tra il fabbisogno annuo di energia termica per il raffrescamento estivo (calcolato secondo la norma UNI TS 11300) e la superficie utile interna (per gli edifici residenziali) o il volume (per gli edifici con altre destinazioni d’uso). Il valore non deve risultare superiore a: • 40 kWh/m2a nelle zone climatiche A e B e 30 kWh/m2a nelle zone climatiche C, D, E ed F, nel caso di edifici residenziali; • 14 kWh/m3a nelle zone climatiche A e B e 10 kWh/m3a nelle zone climatiche C, D, E ed F, per tutti gli altri edifici. Non essendo ancora disponibile la parte 3 della norma tecnica UNI TS 11300 (riguardante “Prestazioni energetiche degli edifici Parte 3ª: determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione estiva”), attualmente in fase di inchiesta pubblica, e dunque non essendo ancora possibile determinare il fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione estiva, il decreto fissa solo i valori limite di prestazione relativamente al fabbisogno termico dell’involucro.

Requisiti minimi di trasmittanza termica Il DPR 59/09 richiede, per tutte le categorie di edifici, nei casi di ristrutturazioni totali o parziali e di manutenzione straordinaria dell’involucro che non siano “integrali” (come, per esempio, rifacimento di pareti esterne, di intonaci esterni, del tetto o dell’impermeabilizzazione delle coperture), e che abbiano una superficie utile inferiore a 1000 m2, la verifica che la trasmittanza termica, a ponte termico corretto, delle chiusure (verticali, orizzontali superiori e inferiori) e dei serramenti (chiusure apribili e assimilabili, quali porte, finestre e vetrine, anche se non apribili, comprensive degli infissi; esclusi gli ingressi pedonali automatizzati) rispetti i valori limite di riferimento previsti dal D.Lgs. 311/06. Qualora il ponte termico non fosse corretto, i valori limite devono essere rispettati dalla trasmittanza termica media (chiusura corrente più ponte termico). Per questo tipo di ristrutturazioni, non è richiesta la veri-

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fica del fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione invernale ed estiva. Scompare invece, rispetto ai precedenti decreti, la verifica e il rispetto dei valori limite di trasmittanza termica nei casi di nuova costruzione (nel D.Lgs. 311/06 si richiedeva il rispetto dei valori limite, con una tolleranza del 30%). Come già previsto dai decreti precedenti, il DPR richiede che, per tutte le categorie di edifici, sia nel caso di nuova costruzione, sia nel caso di ristrutturazione di edifici esistenti (comprese le manutenzioni straordinarie dell’involucro di edifici che abbiano una superficie utile inferiore a 1000 m2), da realizzarsi in zona climatica C, D, E ed F, il valore della trasmittanza termica degli elementi di divisione verticali e orizzontali che separano due edifici o due unità immobiliari confinanti sia inferiore a 0,8 W/m2K. Lo stesso limite deve essere ugualmente rispettato per tutti gli elementi opachi verticali, orizzontali o inclinati che separano gli ambienti non riscaldati dall’ambiente esterno. Richiede anche, per tutte le zone climatiche, di procedere alla verifica dell’assenza di condensazioni superficiali e che le condensazioni interstiziali delle pareti opache siano limitate alla quantità rievaporabile, conformemente alla normativa tecnica vigente (UNI EN ISO 13788:2003). Il DPR specifica che, per tutte le tipologie di edifici, sia nel caso di nuova costruzione che nel caso di ristrutturazione (comprese le manutenzioni straordinarie dell’involucro di edifici che abbiano una superficie utile inferiore a 1000 m2), se è prevista l’installazione di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatore di calore alimentato da biomasse combustibili, occorre procedere anche alla verifica del rispetto dei valori limite di trasmittanza termica.

Requisiti minimi per il comfort estivo Il nuovo Decreto modifica i requisiti minimi introdotti nei precedenti decreti in relazione alla riduzione del fabbisogno energetico per la climatizzazione estiva e al contenimento delle temperature interne degli ambienti, puntando sempre su tre elementi chiave: le schermature solari delle superfici trasparenti, l’inerzia termica degli involucri opachi e la ventilazione naturale. Tali requisiti si applicano a tutte le categorie di edifici (esclusi gli edifici adibiti ad attività commerciali, ad attività sportive, ad attività scolastiche e ad attività industriali), sia nel caso di nuova costruzione, sia nel caso di ristrutturazione (comprese le manutenzioni straordinarie dell’involucro di edifici che abbiano una superficie utile inferiore a 1000 m2). Innanzitutto rende obbligatoria la presenza di sistemi schermanti esterni, che però possono essere omessi in presenza di superfici vetrate con fattore solare (UNI EN 410) minore o uguale a 0,5. Richiede anche di valutare e documentare l’efficacia delle schermature solari (interne ed esterne) delle superfici vetrate nel ridurre l’apporto di calore per irraggiamento solare (questa valutazione deve essere eseguita anche nei casi di manutenzione straordinaria dell’involucro di edifici che abbiano una superficie

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utile inferiore a 1000 m2 e nei casi di nuova installazione di impianti termici in edifici esistenti). Prescrive, inoltre, di utilizzare al meglio le condizioni ambientali esterne e le caratteristiche distributive degli spazi per favorire la ventilazione naturale dell’edificio; tuttavia, nel caso in cui il ricorso alla ventilazione naturale non fosse efficace, è possibile prevedere l’impiego di sistemi di ventilazione meccanica. Infine, richiede di verificare, in tutte le zone climatiche ad eccezione della zona F, per le località nelle quali il valore medio mensile dell’irradianza sul piano orizzontale, nel mese di massima insolazione estiva, Im,s, sia maggiore o uguale a 290 W/m2, che tutte le pareti verticali opache, con l’eccezione di quelle comprese nel quadrante nord-ovest/nord/nord-est, abbiano un valore di massa superficiale Ms superiore a 230 kg/m3, oppure abbiano un valore del modulo di trasmittanza termica periodica (YIE) inferiore a 0,12 W/m2K; richiede, inoltre, nelle medesime circostanze, di verificare che tutte le chiusure opache orizzontali e inclinate (coperture) abbiano un valore del modulo di trasmittanza termica periodica (YIE) inferiore a 0,20 W/m2K. Viene specificato che “gli effetti positivi che si ottengono con il rispetto dei valori di massa superficiale o di trasmittanza termica periodica delle pareti opache possono essere raggiunti, in alternativa, con l’utilizzo di tecniche e materiali, anche innovativi, ovvero coperture a verde, che permettano di contenere le oscillazioni della temperatura degli ambienti in funzione dell’andamento dell’irraggiamento solare. In tale caso deve essere prodotta una adeguata documentazione e certificazione delle tecnologie e dei materiali che ne attesti l’equivalenza con le predette disposizioni”.

Utilizzo di rinnovabili Come già previsto nei decreti esistenti, il DPR impone, per tutte le categorie di edifici, sia pubblici che privati, l’utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia termica ed elettrica. “In particolare, nel caso di edifici di nuova costruzione o in occasione di nuova installazione di impianti termici o di ristrutturazione degli impianti termici esistenti, l’impianto di produzione di energia termica deve essere progettato e realizzato in modo da coprire almeno il 50% del fabbisogno annuo di energia primaria richiesta per la produzione di acqua calda sanitaria con l’utilizzo di fonti rinnovabili. Tale limite è ridotto al 20% per gli edifici situati nei centri storici”. Si rimanda, comunque, a un successivo provvedimento per le modalità applicative di questi obblighi e le prescrizioni minime in relazione alle dimensioni e alle destinazioni d’uso degli edifici. Nel caso di edifici di nuova costruzione, pubblici o privati, o di ristrutturazione degli stessi (ristrutturazione integrale degli elementi di involucro di edifici di superficie utile superiore a 1000 m2 o demolizioni e ricostruzioni in manutenzione straordinaria di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 m2), è obbligatoria l’installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica.

Modalità di calcolo Le norme di riferimento per il calcolo delle prestazioni termiche previste dalla Direttiva europea 2002/91/CE sono quelle emanate dal CEN. In proposito, la Di-

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rettiva afferma che “il rendimento energetico degli edifici dovrebbe essere calcolato in base a una metodologia, che può essere differenziata a livello regionale […] L’impostazione comune di questa analisi […] introdurrà un elemento di trasparenza sul mercato immobiliare comunitario, a beneficio dei potenziali acquirenti o locatari dell’immobile”. L’UNI, con il supporto del CTI (Comitato Termotecnico Italiano), ha nel frattempo elaborato le specifiche tecniche UNI/TS 11300, che recepiscono a livello nazionale le direttive della UNI EN ISO 13790:2008. Il D.Lgs. n. 115/2008 (“Attuazione della Direttiva 2006/32/CE relativa all’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e abrogazione della Direttiva 93/76/CEE”), nell’attesa dei restanti decreti attuativi del D.Lgs.192/05, aveva già introdotto le UNI TS 11300 come norme tecniche nazionali contenenti le metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici e degli impianti. Queste ultime, in particolare, si articolano in: a) UNI TS 11300, Prestazioni energetiche degli edifici - Parte 1: determinazione del fabbisogno di energia termica dell’edifico per la climatizzazione estiva ed invernale; b) UNI TS 11300, Prestazioni energetiche degli edifici - Parte 2-1: determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione invernale e la produzione di acqua calda sanitaria nel caso di utilizzo dei combustibili fossili; c) UNI TS 11300, Prestazioni energetiche degli edifici - Parte 2-2: determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione invernale e la produzione di acqua calda sanitaria nel caso di utilizzo di energie rinnovabili (solare-termico, solare fotovoltaico, bio-masse) e utilizzo di altri sistemi di generazione (cogenerazione, teleriscaldamento, pompe di calore elettriche e a gas). Il DPR 59/09, che ha come compito quello di definire “attuativamente” le metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici e degli impianti, conferma dunque l’adozione delle norme UNI TS 11300, definite nel contesto delle norme EN. Relativamente alle modalità di calcolo, il DPR 59/09 riprende quanto già contenuto nel D.Lgs. 192/05 (allegato I sul regime transitorio): “I calcoli e le verifiche sono eseguiti utilizzando metodi che garantiscano risultati conformi alle migliori regole tecniche. Si considerano rispondenti a tale requisito le norme tecniche vigenti in materia, emanate dagli organismi deputati a livello nazionale e comunitario, quali l’UNI e il CEN, o altri metodi di calcolo recepiti con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico”. L’utilizzo di altri metodi elaborati da organismi istituzionali nazionali, quali le università, il CNR e l’ENEA, è possibile, motivandone l’uso nella relazione tecnica di progetto, purché si dimostri che i risultati conseguiti risultino equivalenti o conservativi rispetto a quelli ottenibili con i metodi di calcolo precedentemente detti. “Gli strumenti di calcolo applicativi” e i “software commerciali” dovranno garantire “che i valori degli indici di prestazione energetica, calcolati attraverso il loro utilizzo, abbiano uno scostamento massimo di più o meno il 5% rispetto ai corrispondenti parametri determinati con l’applicazione dello strumento nazionale di riferimento. La predetta

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garanzia è fornita attraverso una verifica e dichiarazione resa dal Comitato Termotecnico Italiano (CTI) o dall’Ente nazionale italiano di unificazione (UNI)”. Il DPR prevede anche che il CTI predisponga lo strumento nazionale di riferimento da utilizzare in caso di contenziosi. “Nelle more di rilascio della dichiarazione” da parte del CTI, “la medesima è sostituita da autodichiarazione del produttore dello strumento di calcolo”.

La certificazione energetica degli edifici Le verifiche previste dal DPR dovranno essere presentate dal progettista in una relazione “attestante la rispondenza alle prescrizioni per il contenimento dei consumi di energia”, che il proprietario dovrà depositare presso le amministrazioni competenti insieme alla denuncia di inizio lavori. L’obiettivo complessivo del percorso normativo però rimane la certificazione energetica. La Commissione europea il 18 ottobre 2006 ha avviato la procedura di messa in mora nei confronti della Repubblica italiana (procedura di infrazione n. 2006/2378) a causa della mancata introduzione dell’attestato di certificazione energetica; la lettera di messa in mora è stata inviata all’Italia a gennaio di quest’anno. La Direttiva europea 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia obbligava infatti gli Stati membri a provvedere, entro il 4 gennaio 2006, “a che, in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio, l’attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione del proprietario o che questi lo metta a disposizione del futuro acquirente o locatario”. Ciò nonostante, con la legge n. 133 del 2008 è venuto meno l’obbligo, previsto dal D.Lgs. 192/05, di allegare l’attestato di certificazione energetica agli atti di compravendita degli immobili (mentre resta comunque valido l’obbligo di redigere l’attestato di qualificazione energetica da consegnare al Comune di competenza). Di conseguenza, il 25 maggio 2009 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera contenente una richiesta di chiarimenti in merito alla cancellazione dell’obbligo di allegare il certificato di rendimento energetico agli atti di compravendita degli immobili, introdotta dall’art. 35 della citata legge 133/08. Nel frattempo, alcune Regioni e Province hanno già legiferato autonomamente, per rispettare la Direttiva europea: tra le prime, la Regione Lombardia, la Regione Emilia Romagna, la Regione Liguria, la Regione Piemonte, la Provincia di Bolzano (Casaclima) e la Provincia di Vicenza (Ecodomus).

Armonizzazione nazionale o delega alle Regioni Lo Stato e le Regioni hanno “competenze concorrenti” in materia di energia, creando non pochi “contenziosi” tra chi sia sovrano nelle decisioni: lo Stato deve formulare i quadri generali all’interno dei quali le singole Regioni devono legiferare. Le disposizioni del DPR 59/09 “si applicano per le Regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto ad adottare propri provvedimenti in applicazione della Direttiva 2002/91/CE”.

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L’iniziativa di alcune Regioni, di anticipare l’uscita delle linee guida nazionali e rispettare gli obblighi imposti dalla Direttiva europea sull’introduzione della certificazione energetica degli edifici, risulta da un lato encomiabile, perché va a coprire un ritardo legislativo dello Stato, ma dall’altro rischia di frammentare un’azione che doveva nascere con l’obiettivo della armonizzazione delle procedure e della comparabilità e trasparenza dei certificati immessi sul mercato. Il ritardo normativo sta generando una proliferazione di iniziative autonome che risulta disorientante per gli operatori del settore edilizio e per gli utenti finali (reali destinatari della certificazione energetica). In particolare, i professionisti che operano in più contesti e devono confrontarsi con regole che variano da località a località, oppure i produttori di impianti che devono adeguare i propri prodotti a richieste differenti nei vari contesti, vedono nell’attuale apparato normativo un innalzamento irragionevole della complessità. Il DPR 59/09 si pone come finalità “una applicazione omogenea e coordinata ed immediatamente operativa delle norme per l’efficienza energetica su tutto il territorio nazionale”. Per questo, “le Regioni e Province autonome che abbiano già provveduto al recepimento della Direttiva 2002/91/CE dovranno adottare misure atte a favorire un graduale riavvicinamento” con i provvedimenti previsti nel DPR 59/09. Nello stesso tempo, il DPR prevede di dare autonomia anche alle Regioni che non hanno ancora legiferato, per individuare provvedimenti più aderenti alle specificità territoriali. Le Regioni possono definire proprie metodologie di calcolo, purché coerenti con le norme UNI TS 11300, e fissare requisiti minimi più rigorosi rispetto a quelli nazionali, “tenendo conto delle valutazioni tecnico-economiche concernenti i costi di costruzione e di gestione dell’edificio, delle problematiche ambientali e dei costi posti a carico dei cittadini con le misure adottate”. La Conferenza Unificata Stato-Regioni ha espressamente richiesto che nelle linee guida nazionali si legittimi la conservazione delle leggi regionali già approvate, chiedendo soltanto alle Regioni che hanno già legiferato di “allinearsi” con la normativa statale. Occorre, infine, ricordare che lo scorso aprile il Parlamento europeo ha approvato una modifica alla Direttiva 2002/91/CE, nella quale si prevede che le costruzioni realizzate dopo il 31 dicembre 2018 debbano produrre da fonti rinnovabili tanta energia quanta ne consumano. Gli Stati membri dovranno predisporre entro il 30 giugno 2011 piani d’azione nazionali per raggiungere questo obiettivo: un traguardo che appare difficile da raggiungere, visto il tortuoso tragitto che fin qui ha caratterizzato il recepimento della Direttiva nel nostro Paese. Nonostante numerose siano le difficoltà di interpretazione dei decreti sopra richiamati e molteplici le critiche che possono essere mosse, il percorso normativo, pur con tutti i difetti, sta portando senza dubbio ad una maggiore consapevolezza rispetto al tema energetico e a una crescente attenzione progettuale e costruttiva nel diffuso. Si registra, inoltre, un significativo incremento prestazionale dei prodotti e delle soluzioni tecniche offerte dal mondo della produzione. ¶

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