URBANISTICA • OPERE PUBBLICHE • ESPROPRIAZIONI Collana dlretta cla Nicola Asslni clell'Universita degli Studi eli Firenze
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GUIDO D'ANGELO
Diritto dell'edilizia e dell'urbanistica
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scia di 150 metri dal mare; rna tale vincolo estate ritenuto connaturale alle caratteristiche intrinseche del bene e, quindi, non suscettibile d'indennizzo). Ne in tale sensa sembravano costituire una categoria i suoli compresi in una «zona» di piano regolatore (territoriale o comunale). Potrebbero, invece - ai detti fini - raggrupparsi in una categoria a se stante i fondi laterali ai corsi d' acqua navigabili per una certa striscia lunge le rive (attualmente sottoposti alla c.d. servitU. di via alzaia: art 72, tu. opere idrauliche; art 52, t.u. llluglio 1913, n. 959) o i monumenti antichi attualmente di utilizzazione privata (anche tutta la fascia costiera nazionale per una determinata profondita oppure tutti i beni di riconosciuto interesse paesistico). Naturalmente gli esempi, in un sense o nell'altro, potrebbero moltiplicarsi, rna con poco profitto, poiche essi presupporrebbero anche apprezzamenti tecnici, economici, politici, destinati, oltre tutto, a mutare e rimessi alla discrezionalita dellegislatore. L'avocazione alla mane pubblica, senza indennizzo, di un gruppo di beni privati, non costituenti un'intera categoria nel sense suindicato, sarebbe in contrasto con l'art. 42 Cost., perche si risolverebbe in un' espropriazione senza indennizzo di beni appartenenti a un genere di proprieta dalle leggi riconosciuto e garantito in via di princi-
p10. 3. Espropriazione sostanziale e vincoli urbanistici Altro problema e quello dell'intervento pubblico su singoli beni appartenenti ad una categoria che 1'ordinamento lascia alla proprieti privata. · Come si e vista, la norma costituzionale prevede che illegislatore possa imporre semplici limitazioni all'uso dei singoli beni privati senza indennizzo e possa, altresi, per motivi di interesse generale, consentire anche la vera e propria espropriazione dei medesimi beni privati, rna, in tal case, previa corresponsione di un indennizzo. Di qui deriva il complesso problema riguardante la distinzione tra le misure relative alla proprieta privata aventi carattere espropriativo (e, quindi, comportanti l'obbligo di indennizzo) e quelle equivalenti a semplici limitazioni che possono essere imposte senza inden-
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nizzo. Il problema si e posto specialmente con riferimento alia materia che interessa in modo particolare questa volume. Infatti, i piani urbanistici, oltre a comportare la possibilita di vere e proprie espropriazioni di immobili privati, contengono sia norme dirette a limitare la possibilita di edificare (altezze massime, distanze tra le costruzioni, limiti di densita fondiaria, etc.), sia vincoli (su singale aree) di inedificabilita assoluta o preordinati all'espropriazione (vincolo a verde private, o destinazione di area a sede di strade, piazze o di impianti pubblici) (1). Il problema, cioe, consisteva nella stabilire se anche vincoli di questa ultimo tipo rappresentino, nei confronti della detta norma costituzionale e, quindi, ai fini dell'obbligo dell'indennizzo, una semplice limitazione della proprieta, oppure una restrizione assimilabile ad una vera e propria espropriazione. E chiaro che per gli evidenti conflitti di interesse coinvolti nell' approvazione di un piano urbanistico, la questione non poteva non arrivare alia Corte costituzionale, la quale ne fu quindi investita nel 1968 nei seguenti termini: l' articolo 42 della Costituzione garantisce l'istituto della proprieta privata; dice inoltre che questa puo essere limitata nell'interesse generale affinche svolga una funzione sociale e puo anche essere assoggettata all'espropriazione salvo indennizzo. Cia significa che il proprietario deve subire delle semplici limitazioni alla proprieta senza indennizzo; invece deve essere indennizzato quando la misura restrittiva del suo bene si trasforma in una espropriazione. Ed allora la Corte costituzionale ha cosi ragionato: un piano regolatore puc stabilire che un determinate suolo edificatorio deve rimanere inedificato o perche, ai fini del razionale assetto urba-
(1) Cfr., per le aree destinate alla viabilita, Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 1996, n. 122, in Il Cons. Stato, 1996, I, 183; T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 3 aprile 2002 n. 1480, in Rmsegna T.A.R., 2002, I, 2101. Non rientra tra i detti vincoli Ia destinazione di determinate aree alla costruzione di attrezzature collettive anche da parte dei privati (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 28 dicembre 1994, n. 531, iv4 1995, I, 774) ovvero Ia destinazione a verde agricola (Cons. Stato, Sez. V, 7 agosto 1996 n. 881, in Il Cons. Stato, 1996, I, 1165; Sez. N, 6 marzo 1998, n. 382, iv4 1998, I, 340). Inoltre, sull'esclusione della scadenza qui11quennale del vincolo di piano regolatore a verde privata, v. T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 31 marzo 2003 n. 1417, in Rmsegna T.A.R, 2003, I, 2223.
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nistico del territorio, e opportune non edificare 0 perche e prevista la costruzione di un impianto pubblico previa l'espropriazione dell'area. Qyesto vincolo, ove venga a colpire un suolo che di fatto ha assunto carattere edificatorio, si trasforma in un atto di natura espropriativa, equivale cioe ad una «espropriazione». L' espropriazione, quindi, secondo la Corte costituzionale, non e semplicemente il trasferimento della titolarita del diritto da Tizio a Caio: si ha espropriazione anche quando si resta proprietari del suolo, rna questa non puo piu essere utilizzato secondo quella che e la tipica utilizzazione di tale bene che eappunto «COStruirci». Non potendo fare cia, estato sottratto il contenuto essenziale del diritto di proprieta: cia equivale ad una espropriazione sostanziale, naturalmente nei confronti della norma costituzionale e non in relazione al concetto di espropriazione in sensa stretto secondo la legislazione ordinaria (la Corte europea dei diritti dell'uomo parla di «espropriazione di fotto» (2). La Corte, quindi, ha cosi concluso: se per la Costituzione ad ogni espropriazione deve corrispondere un indennizzo, anche quando sopravviene un vincolo urbanistico di inedificabilita assoluta si deve corrispondere un indennizzo, perche trattasi di una misura restrittiva della proprieta che ha contenuto espropriativo. Sulla base di questa concetto Ia Corte dichiaro incostituzionale quella norma della Iegge urbanistica che consentiva ai piani urbanistici comunali di pater imporre vincoli del detto tipo (aventi natura espropriativa) senza indennizzo. E facile intuire quale fu Ia conseguenza di questa sentenza (n. 55/1968) emessa nel maggio del 1968. Sui titoli dei principali quotidiani e dei rotocalchi, si comincio a parlare di dramma, di disastro e di giornata nera per l'urbanistica, poiche i Comuni - che spesso non avevano i mezzi per pagare i professionisti incaricati .di redigere i piani regolatori - non avevano certamente Ia possibilita di pagare i proprietari di aree assoggettate al detto vincolo dal piano regolatore. Qyindi blocco della pianificazione e necessita di interve-
(2) Cfr. PANZARINO, ll diritto di proprieta nell'art. 1 del prima protocollo addizionale alia Convenzione europea, ecc., in Riv. amm. Rep. itaL, 2003, II, 335.
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nire con una nuova Iegge che in qualche modo risolvesse il problema. Eravamo nell'estate del 1968 ed il Governo «balneare» dell'epoca non aveva Ia forza politica di promuovere una Iegge che potesse in via definitiva risolvere il problema. Qyale poteva essere il modo di risolverlo in via definitiva? La Corte costituzionale aveva detto che in tanto il detto tipo di vincolo urbanistico aveva natura espropriativa, in quanta impediva a tempo indeterminate Ia possibilita di edificare su un determinate suolo edificatorio, mentre il vigente regime giuridico dei suoli edificatori consentiva in via generale al proprietario di costruire liberamente sui proprio suolo. Se Ia Iegge in via generale consente al proprietario di costruire, sia pure nei limiti dei regolamenti e dei piani, non puo poi essere sottratto questa diritto di edificare nel singolo caso a tempo indeterminate. Aliora le soluzioni erano due: o quella di modificare in via generale il regime dei suoli, o quelia di rendere il vincolo non piu a tempo indeterminate. Naturalmente risulto piu semplice togliere il tempo indeterminate e quindi si limite l'efficacia dei vincoli a 5 anni. «In questi 5 anni - si disse - troveremo il modo e la forza politica di fare una Iegge che modifichi in via generale il regime dei suoli, cioe che valga per tutte le aree fabbricabili». Fu cosi approvata Ia Iegge 19 novembre 1968, n. 1187, che entre in vigore il 30 novembre di quell'anno. II 30 novembre del 1973, alia scadenza dei 5 anni, si penso ad una soluzione ali'italiana: i 5 anni non erano stati sufficienti a fare una nueva Iegge e quindi fu varafa una proroga di due anni. Tuttavia neanche gli ulteriori due anni di proroga furono sufficienti alia formazione di un nuovo regime giuridico delle aree edificabili: alia scadenza, infatti, l' efficacia dei vincoli fu ulteriormente prorogata di un anno con il d.l. del 29 novembre 1975, n. 562, Ia cui approvazione, perc, fu questa volta accompagnata dalla presentazione di un disegno di Iegge di riforma del regime dei suoli (che porta il nome del ministro dei Lavori Pubblici pro tempore, on. Bucalossi). Alia scadenza del novembre 1976, furono finalmente sufficienti altri due mesi di proroga per l'approvazione dell'attesa Iegge 28 gennaio 1977, n. 10, per I' edificabilita dei suoli, con Ia quale si cerco di risolvere I' anna sa e delicata questione, imponendo a chi vuol costruire di pagare somme cospicue e quindi ritenendo per questa di aver avocate alia collettivita il diritto di edificare con la conseguenza
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di poter imporre ai proprietari, senza indennizzo, vincoli d'inedificabilita a tempo indeterminate. In tal modo la n.uova legge sembrc implicitamente rifarsi al primo dei seguenti quattro criteri - elaborati dopo la pubblicazione della sentenza n. 55/1968 della Corte costituzionale- per la riforma del regime dei suoli: - la separazione del diritto di edificare dalla proprieta del suolo, con 1' avocazione del primo da parte della collettivita; - l'esproprio generalizzato di tutte le aree edificabili da parte del Comune e la successiva concessione onerosa del diritto di superficie ai fini della costruzione; - un sistema di casse di conguaglio, per il quale i proprietari delle aree vincolate possono avere un indennizzo derivante da fondi versati da coloro che sono autorizzati a costruire; - la previsione, in sede di piano urbanistico, di comprensori in cui sia individuata una zona edificabile e nella quale spetti di costruire a tutti i proprietari delle aree incluse nel comprensorio in proporzione alia rispettiva propriet:L Verosimilmente con la legge 10/1977 ci si ispirc al detto criteria dell'avocazione alia mana pubblica del diritto di edificare, anche se nella legge manca un'enunciazione di principia. Tuttavia, l'attivita costruttiva fu subordinata al rilascio di una concessione, che perc doveva essere data dall'Autorita comunale al proprietario dell'area con le stesse modalita ed effetti prima previsti per la licenza edilizia: sembrc cioe che fosse cambiato il nome, ma che la sostanza del fenomeno non fosse mutata. In tal sensa, sei anni dopa si pronuncic la stessa Corte costituzionale (5 maggie 1983, n. 127), secondo cui l'istituto della concessione edilizia, introdotto dalla legge 10/1977, non aveva dissociate la facolta di edificare dal diritto di proprieta sul suolo, ma avrebbe solo stabilito limiti all'esercizio di quel diritto, in relazione a preminenti interessi pubblici (3),
La differenza - e certo non e poco - consiste nel fatto che il rilascio della concessione a costruire viene subordinate al pagamento di due contributi: uno commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria ed un altro commisurato ad un determinate costa di costruzione in una percentuale variabile dal 4 al 20 per cento (oggi non piu del10 per cento, a seguito dell'art. 9 legge 25 marzo 1982, n. 94). Qyesti contributi avrebbero dovuto rappresentare il corrispettivo della facolta di edificare - avocata a favore dei Comuni sull'intero territorio nazionale - che viene trasferita al proprietario dell'area con la concessione a costruire in conformita alla normativa urbanistico-edilizia vigente. Ma cic, di fatto, non si e verificato, anche se all'inizio l'importo complessivo dei detti contributi risultc elevate (v. cap. XXN, n. 20). Senonche, progressivamente l'importo dei contributi non e stato adeguato al plusvalore edificatorio dei suoli e si e sostanzialmente trasformato in un aumento dei costi di costruzione, trasferito a carico dell'acquirente delle nuove opere. Cosi, come si dira nel numero seguente, il problema del regime dei suoli e ancora aperto e attende una soluzione legislativa da parte del Parlamento nazionale.
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(3) In tal senso cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 febbraio 1982, n. 122, in Il Cons. Stato, 1982, I, 125; v. anche T.A.R. Lazio, Sez. II, 26 giugno 1997, n. 1106, in Rassegna T.A.R, 1997, I, 2256, secondo cui il contributo di urbanizzazione, pili che ad un'avocazione gencralizzata alia collettivita di parte degli utili derivanti dall'edificazione, risponde all' csigenza di trasferire in capo' ai privati gli oneri collettivi da sostenere per urbanizzarc lc zone.
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4. Il nuovo regime dei suoli Qyale fu il prima effetto della citata legge n. 10/1977? Venne meno l'incubo della scadenza dei vincoli urbanistici, in quanta si ritenne che i vincoli di inedificabilita assoluta o preordinati all'esproprio, contenuti nei piani regolatori generali e nei programmi di fabbricazione, avevano ripreso efficacia a tempo indeterminate. Sembrava superata la preoccupazione che, ad una certa data, i privati proprietari delle poche aree libere ancora esistenti nei centri urbani potessero pretendere di costruirvi sia pure in limiti modesti. Di qui, perc, deriva la domanda fondamentale: sono stati pienamente risolti i problemi di legittimita costituzionale, aperti dalla sentenza della Corte nel 1968?
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Forse una prima risposta trovera tutti d'accordo e non e una risposta lieta. . ,. . La prima risposta e che non e. stata anc~ra r~ah~za;a 1mdtfferenza dei proprietari, rispetto alle dtverse destmaz10n~ d uso delle a~ee stabilite dai piani urbanistici. Cioe non e state reahzzato ~ue!l'ob.le~ tivo che certamente risolverebbe in pieno i detti problem1 d1 legtttimita costituzionale che i governi - prima e dope la sentenza della Corte costituzionale del 1968 - avevano esplicitamente indicate come essenziale. . Tuttavia certamente potevano dirsi assai indeboliti, se non venut1 meno i m~tivi che nel 1968 giustifi.cavano il diritto all'indennizzo per i ~incoli urbanistici di inedifi.cabilita assoluta o preordinati all'espropnaziOne. Infatti, qualora la nueva legge fosse stata completamente at~u~ta, avrebbe potuto ritenersi quasi capovolto l'ordinamento urbamsttco esistente nel 1968. Anzitutto nel 1968 il plusvalore edifi.catorio dei suoli concorreva a determina;e il quantum dell'indennita di esproprio, mentre cio da . alcuni anni non si verifi.cava piu. Ma soprattutto - mentre allora i proprietari delle aree avevano m via generale la facolta di costruire nei li~iti di. edifi.~abilit~ previs~i dalla normativa vigente e soltanto alcum m cast parttcolan ne :emvane privati - con 1' attuazione della nueva legge, si. sare~be r.eahzzato un divieto generale di costruire, cioe u~~ sottr~z10ne .m ,via generale del jus aedificandi dal contenuto del dt.ntto ~~ propnet~ sui su~ lo, con la possibilita di costruire soltanto m cast parttcolan. Infatt1, salve le modeste eccezioni di cui all'art. 13, 4° co., della legge n. 10/1977, si sarebbe potuto costruire soltanto per le aree incluse nei programmi pluriennali di attuazione: cioe il p~oprietari~ ~'vreb~e potuto costruire soltanto dove e quando ,la pubb~1ca Ammmt~trazlO ne avesse volute, con la relativa pena de.ll espropno delle aree m case di mancata costruzione nel termine stabilito. Pertanto, non si poteva piu dire che Ia facolta di costruire rappre~ senta il contenuto essenziale del diritto di proprieta sui suolo e, per 1 vincoli urbanistici d'inedifi.cabilita assoluta o preordinati all'esproprio, non poteva piu parlarsi di espropriazione ~ostanzi~e, di. li~i tazione della proprieta di tipo espropriativo o d1 sottraztone m v1a
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particolare del contenuto essenziale del diritto di proprieta sui suolo. ~co. perche sem?ra~ano assai indeboliti i motivi di legittimita costituziOnale che gmst1ficavano nel 1968 il diritto all'indennizzo per i vincoli urbanistici, anche se resta il problema della mancata indiff7re.n~a dei proprietari ?elle aree rispetto alle scelte dei piani urbamstici e a parte, altresi, II dubbio sulla persistente violazione della riserva di Iegge di cui all'art. 42, 2° co., della Costituzione. Inoltre, la perdurante diversita di trattamento tra i proprietari delle aree avrebbe potuto essere notevolmente attenuata, se avessero trovato ~do~ea ~tt.uazione ~lcune norme della Iegge ed altri provvedimenti legrslattvr. In particolare, un controllo dei prezzi di vendita e dei canoni di locazione dei fabbricati - mediante un'ampia diffusione dell'edilizia convenzionata ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge n. 10 e~ una rigorosa a~plicazione della Iegge sull'equo canone per Ia locaz10ne - avrebbe ndotto la sperequazione tra i proprietari delle aree fabbricabili. Un ulteriore effetto in questa direzione sarebbe state prodotto, qualora fosse stata interamente soddisfatta la domanda di edilizia residenziale pubblica o agevolata, in modo da ridurre il bisogno di nuove abitazioni, che esalta il valore delle aree fabbricabili e favorisce le possibilita speculative. Pertanto, Ia scarsa attuazione o Ia modifi.ca delle leggi richiamate (come ~e norme su~ progr~mmi pluriennali d'attuazione: cap. XVI) hanna m parte vamfi.cato Il nuevo regime dei suoli e non hanna risolto il problema aperto dalla citata sentenza della Corte costituzionale del 1968, conservando una sostanziale diversita di trattamento tr.a ~ ~rop~ietari ~elle .aree vincolate all'inedifi.cabilita dai piani urban~stici ed 1 propnetan delle aree edifi.cabili in base ai medesimi pia111.
Pertanto, non e mancata neanche in giurisprudenza I' affermazione di persistenti dubbi di legittimita costituzionale dell'ordinamento urbanistico - sotto il profile suindicato - anche dope la Iegge n. 10 ~el 1977. E stata facile Ia previsione che, prima o poi, anche quest'ultlma Iegge sarebbe passata al vaglio della Corte costituzionale, tenuto anche ~onto della mancata attuazione del delineate organico sistema concepxto con Ia stessa Iegge (comprese le varie limitazioni ed incert:ezze in ordine all'applicazione dell'istituto dei programmi pluriennali di attuazione; v. cap. XVI).
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Senonche la Corte costituzionale evito l' ostacolo, pervenendo a conclusioni altrettanto gravi con la sentenza 12 maggio 1982, n. 92 (4), con la quale rilevo che la legge 10/1977 non avrebbe regolato la materia dei vincoli urbanistici, lasciando in vigore la legge 1187 del 1968. In altri termini - secondo la Corte costituzionale, poi seguita dalla giurisprudenza amministrativa (5) - in virtu della l.egg~ del 1968, i vincoli urbanistici di inedificabilita assoluta o preordmat1 all'esproprio avrebbero continuato a perdere efficacia se entro cinque anni dall' approvazione del relative strumento urbanistico generale non fosse stato approvato il piano esecutivo. Peraltro, aumento l'incertezza sull'applicabilita della detta scadenza quinquennale a determinate disposizioni dei piani regolatori generali, recanti un divieto assoluto di edificare, rna non costituenti un vincolo preordinato all' espropriazione. In giurisprudenza e stata esclusa la scadenza quinquennale per i divieti assoluti di edificare su aree destinate a verde privata (6) od incluse in zone di parco naturale (7) o di rispetto stradale (s) o cimite-
(4) V. !a sentenza in It Cons. Stato, 1982, II, 658. (5) Cfr. T.A.R. Piemonte, 22 febbraio 1983, n. 124, in Rarsegna T.A.R, 1983, I, 1117;
T.A.R. Lombardia, Brescia, 2 febbraio 1983, n. 4, iv~ 1983, I, 1140; T.A.R. Toscana, 26 febbraio 1983, n. 22, iv~ 1983, I, 1196; T.A.R. Lazio, Sez. II, 8 novembre 1982, n. 920, iv~ 1982, I, 3298; Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 1983, n. 320, in It Cons. Stato, 1983, I, 758. La questione e stata poi rimessa all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato da~la quarta Sezione (ord. 26 luglio 1983, n. 584, iv~ 1983, I, 702). Con sentenza 2 aprde 1984, n. 7 (iv~ 1984, I, 349), !'ad. plen. si e uniformata alia decisione della Corte cost., riconoscendo le conseguenze indicate nel testa (con£ ad. plen., 11 giugno 1984, n. 12, iv~ 1984, I, 659). (6) Cfr. Cons. Stato, Sez. N, 14 dicembre 1993, n. 1068, in It Cons. Stato,. 1993, 1, 1567; T.A.R. Puglia, Leece, 29 giugno 1999, n. 727, in Rassegna T.A.R. 1999, I, 3608; T.A.R. Lombardia, Milano, 8 aprile 1998, n. 718, iv~ 1998, I, 1821; T.A.R. Toscana, Sez. I, 14 ottobre 2002 n. 2511, iv~ 2002, I, 4386; T.A.R. Campania, Napa!~ Sez. N, 25 gennaio 2005, n. 342, iv~ 2005, I, 854. Per Ie aree incluse in zone agricole o, comunque, assoggettate ad indici di edificabilita malta ridotti, v. T.A.R. Lazio, Sez. I, 24 gennaio 2000 n. 359, iv~ 2000, I, 571. (7) Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 3 giugno 1999, n. 1527, in Rarsegna T.A.R, 1999, I, 3462. (B) Cfr. T.A.R. Liguria, Sez. I, 8 febbraio 1999, n. 44, in Rarsegna T.A.R, 1999, I, 1378; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 12 gennaio 2001 n. 7, iv~ 2001, I, 1073; id., Sez. I, 23 luglio 2002 n. 1899, iv~ 2002, I, 3636.
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riale (9), nonche nel caso di destinazione di una zona a verde attrezzato e servizi pubblici da realizzare sulla base di uno strumento urbanistico attuativo anche di iniziativa privata o promiscua (w). Altre sentenze hanna escluso la scadenza quinquennale anche per vincoli preordinati all'esproprio, rna gravanti su un'intera zona, come quando una vasta zona sia interamente destinata a verde pubblico, ritenendo che in tal caso il vincolo sia espressione di potesta conformativa e non espropriativa della proprieta privata (11).
(9) Cfr. T.A.R. Campania, Sez. V, 13 gennaio 1998, n. 55, in Rarsegna T.A.R., 1998, I, 1046 (secondo cui si tratta di un vincolo non preordinato all'esproprio e che non esclude l'utilizzabilita dell'area da parte del proprietario per parcheggi a edicole per Ia vendita di fiori). Sui contenuto del vincolo cimiteriale - che esclude qualsiasi edificazione (anche interrata), tranne opere, come recinzioni o riporti di terra non riconducibili alia nozione di edificio- cfr. Cons. Stato, Sez. II, 28 febbraio 1996, n. 3031/95, in II Cons. Stato, 1998, I, 323; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 17 maggio 1999, n. 1677, in Rarsegna T.A.R., 1999, I, 2432; T.A.R. Valle d'Aosta, 14 maggio 1999, n. 86, iv~ 1999, I, 2410. (10) Cons. Stato, Sez. V, 6 ottobre 2000 n. 5327, in Giust. Amm., 2001, 146; cfr. anche T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 3 settembre 2002 n. 3816, in Rarsegna T.A.R., 2002, I, 4053, che esclude Ia decadenza quinquennale della destinazione di un'intera zona a parco pubblico; con£ Cons. Stato, Sez. N, 15 giugno 2004 n. 4010, in II Cons. Stato, 2004, I, 1256. Sulla scadenza quinquennale del vincolo a verde pubblico semplice o attrezzato (che non consente l'intervento privata), cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 3 giugno 2003 n. 7110, inedita; con£ T.A.R. Toscana, Sez. III, 14 settembre 2004 n. 3767, iv;, 2004, I, 3797; in sensa contrario sembra orientata !a sentenza del Cons. Stato, Sez. N, 15 giugno 2004 n. 4010, in II Cons. Stato, 2004, I, 1256; rna il medesimo Collegia (10 agosto 2004 n. 5490, iv~ 2004, I, 1650; id. 25 maggio 2005 n. 2718, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 1919, con altri richiami) ha affermato !a natura conformativa del vincolo averde pubblico-verde urbana, ave consenta !a realizzazione delle relative opere anche ad iniziativa del proprietario dell'area vincolata. La stesso Consiglio di Stato (Sez. V, 25 gennaio 2005 n. 144, in II Cons. Stato, 2005, I, 67) ha escluso !a decadenza quinquennale della destinazione di un'area a «verde urbano attrezzato-giochi, attivita e spettacoli sportivi at coperto». Anche per il vincolo a verde privata estata esc!usa Ia scadenza quinquennale (T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 27 gennaio 2004 n. 93, in Rarsegna T.A.R., 2004, I, 1106). (11) Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 23 dicembre 1997, n. 3625, in Rarsegna T.A.R, 1998, I, 711; id., 19 gennaio 1998 nn. 86 e 132, iv~ 1998, I, 1048 e 1056; v. anche Corte cost., 9 maggio 2003 n. 148 (in II Cons. Stato, 2003, II), sull'esclusione della scadenza quinquennale dei vincoli «rimessi all'iniziativa, anche concorrente, dei singoli proprietari». Secondo il T.A.R. Campania (Napoli, Sez. N, 18 marzo 2004 n. 3021, in Rarsegna T.A.R., 2004, I, 754), !a destinazione di una zona ad «attrezzature pubbliche d'interesse comune (scolartiche, religiose, cultw'flli, sociati... ecc.)» non costituisce un vincolo
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Invece,
e ancora incerta anche in giurisprudenza Ia questione del-
l' estensione del termine quinquennale di scadenza ai cosiddetti «vincoli strumentali», cioe, in particolare, aile disposizioni del piano regolatore generale, che subordinano I' edificabilita in una determinata zona alia previa approvazione di un piano regolatore particolareggiato (consentendo eventualmente, nel frattempo, soltanto opere di manutenzione o di restauro delle costruzioni esistenti). Molte sentenze piu o meno recenti hanna affermato la scadenza quinquennale anche dei detti vincoli strumentali (12), rna risultano sempre piu nu• merose anche altre decisioni (talvolta dei medesimi organi giurisdizionali), recanti I' opposta conclusione, secondo cui i vincoli strumentali «costituiscono espressione, non gia di potesta espropriativa, bensz
di pianificazione urbanistica, conformativa di tutti i suoli compresi nella zona e finalizzata all'ordinato sviluppo dell'attivita costruttiva ed alla salvag;uardia dei valori urbanistici ed ambientali esistenti » (B).
preordinato all'esproprio, ne preclude ai privati la realizzazione delle attrezzature previste. (12) Cfr., fra le piu recenti, Cons. Stato, Sez. V, 9 maggio 2003 n. 2449, in Guida al dir., 2003, n. 26, 92; 1° giugno 1998, n. 702, in Riv. giur. edilizitt, 1998, I, 1219; 14 aprile 2000 n. 2238, iv~ 2000, I, 939; 2 ottobre 2002 n. 5178, iv~ 2002, I, 2107; 23 novembre 2002 n. 6442, iv~ 2002, I, 2540; 23 novembre 1996, n. 1413, in Il Cons. Stato, 1996, I, 1758; Sez. II, 21 febbraio 1996, n. 2402, iv~ 1997, I, 448; Sez. N, 15 maggio 1995, n. 336, iv~ 1995, I, 637; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 2 ottobre 1998, n. 2302, in Rassegna TA.R., 1998, I, 4379; T.A.R. Marche, 2 ottobre 1998, n. 2843, iv~ 1998, I, 4181; T.A.R. Puglia, Bari, 16 maggio 2001 n. 1700, iv~ 2001, I, 2492; T.A.R. Puglia, Leece, 19 dicembre 2003 n. 8964, iv~ 2004, I, 790; T.A.R. Veneto, Sez. II, 19 gennaio 2004 n. 128, iv~ 2004, I, 1088; T.A.R. Lazio, 25 maggio 2004 n. 4875, iv~ 2004, I, 2338; v., perc, per i centri storici, T.A.R. Molise, 22 maggio 1990, n. 142, iv~ 1990, I, 2749. In ogni caso, ove l'edificazione sia subordinata alia formazione di piani di lottizzazione, e inapplicabile la scadenza quinquennale di tale norma del p.r.g., trattandosi di piano esecutivo d'iniziativa privata (Cons. Stato, Sez. V, 3 ottobre 1994, n. 1090, in Il Cons. Stato, 1994, I, 1345; Sez. N, 15 maggio 1995, n. 336, iv~ 1995, I, 630; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 8 ottobre 1999, n. 2595, in Rassegna T.A.R., 1999, I, 4951). Invece, si dubita sulla scadenza della destinazione a piano degli insediamenti produttivi, con conseguente applicazione dell'art. 4, Iegge 10/1977. (13) Cfr. Cons. Stato, Sez. N, 25 agosto 2003 n. 4812, in Il Cons. Stato, 2003, I, 1757; T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 6 giugno 2003 n. 3723, in Rassegna TA.R, 2003, I, 3489; T.A.R. Basilicata, 5 novembre 2004 n. 740, iv~ 2005, I, 245; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 17 dicembre 2004 n. 19385; T.A.R. Lazio, Sez. !I-bis, 2 luglio 2004 n. 6414, iv~ 2004, I, 2949; Cons. Stato, Sez. N, 10 novembre 1998, n. 1471, in II Cons. Stato, 1998, I,
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II 30 giugno 2003 e entrato in vigore il D.P.R. 8 giugno 2001 11. 327, che ha abrogate l'art. 2 della legge 1187 del1968 ed all'art. 9 ha confermato la durata quinquennale solta11to dei vincoli preordinati all' esproprio. Pertanto, si dovrebbe ritenere che i vincoli d'inedificabilita assoluta 11011 preordinati all'esproprio possono avere durata a tempo indeterminate senza alcun obbligo d'indennizzo a favore del proprietario del bene vincolato. Conseguentemente - in mancanza di un eventuale nuovo intervento della Corte Costituzionale e salva una diversa interpretazione con riferimento all'articolo 39 T.U. cit. che parla anche di «vincolo sostanzialmente espropriativo» - non si dovrebbe piu porre il problema della scadenza dei detti «Vincofi strumentafi», ne, ad esempio, del vincolo a verde privata stabilito, anche se su singole aree, da parte dei piani urbanistici (nonche ovviamente, ove trattisi di vincoli d'inedificabilita intrinseci alia natura del bene come quelli stabiliti dalle norme di tutela paesistica o nel caso di vincoli di distacco da determinate categorie di beni pubblici). Invece, si dovrebbe ritenere che la scadenza quinquennale - prevista per tutti i vincoli preordinati all'esproprio - dovrebbe valere anche quando il piano urbanistico destini a verde pubblico, o comunque ad opere pubbliche, un'intera zona. I vincoli preordinati all'esproprio sono stabiliti dai piani urbanistici generali (e relative varianti), che prevedono Ia realizzazione di un' opera pubblica o di pubblica utilita, nonche - su iniziativa dell'amministrazione competente all'approvazione del progetto - me1734; Sez. V, 22 marzo 1995, n. 451, iv~ 1995, I, 363; nonche, diffusamente motivata,
T.A.R. Lazio, Latina, 7 giugno 1999, n. 458, in Rassegna T.A.R., 1999, I, 2368; T.A.R. Lazio, Sez. I, 24 gennaio 2000 n. 359, iv~ 2000, I, 571; TAR. Liguria, Sez. I, 12 novembre 1998, n. 539, iv~ 1999, I, 153; TAR. Latina, 12 luglio 2002 n. 775, iv~ 2002, I, 2879; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 1° aprile 1998, n. 298, iv~ 1998, I, 1983; TAR. Campania, Napoli, Sez. II, 5 marzo 1998, n. 801, iv~ 1998, I, 1996; T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 27 dicembre 1997, n. 760, iv~ 1998, I, 752; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 29 novembre I. 997, n. 2032, iv~ 1998, I, 86, che contraddice !a decisione del medesimo Collegia citata nlln nota precedente; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 14 novembre 1997, n. 2993, ivi, 1998, I, 293; id., 15 settembre 1997, n. 2286, iv~ 1997, I, 4066; id., Sez. N, 21 ottobre 1999, n. 2708, iv~ 1999, I, 4972. Sulla scadenza dei vincoli che svuotano il contenuto del diritto di proprieta, v. Cons. Stato, Sez. N, 14 febbraio 2005 n. 432, in II Cons. Stato, 2005, I, 208.
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CAPITOLO I
diante una conferenza di servizi, un accordo di programma o altre idonee intese previste dalla legge. La legge della Regione Campania 22 dicembre 2004 n. 16 (art. 38) stabilisce la scadenza quinquennale dei vincoli posti dal piano urbanistico comunale su beni determinati <<jJreordinati all'esproprio o che comportano l'inedificabilita», conservando le accennate incertezze sull'identificazione di siffatti vincoli derivanti dalla legislazione statale.
5. Scadenza e reiterazione dei vincoli urbanistici La scadenza quinquennale dei vincoli urbanistici d'inedificabilita preordinati all'esproprio pone il problema della disciplina applicabile alle aree oggetto del vincolo scaduto. In altri termini, il proprietario dell'area vincolata in quali limiti potra utilizzarla, dopa che il relative piano regolatore avra compiuto i cinque anni di vita? Le aree in questione andrebbero considerate come delle «zone bianche» (cap. IX, n. 4) del relativo piano urbanistico, con la conseguente applicazione delle norme edilizie vigenti per i Comuni sprovvisti di qualsiasi piano urbanistico (cap. X, nn. 1 e 2) (14). Cia
(14) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 28 aprile 2003 n. 2118, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 1519; 18 marzo 2003 n. 1443, in Il Cons. Stato, 2003, I, 668; 4 novembre 1999, n. 1810, iv4 1999, I, 1847; 30 ottobre 1997, n. 1225, iv4 1997, I, 1409; 23 novembre 1996, n. 1413, iv4 1996, I, 1758; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 3 marzo 1999, n. 81, in Rassegna T.A.R., 1999, I, 1906; T.A.R. Marche, 2 ottobre 1998, n. 1124, iv4 1998, I, 4499; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 10 ottobre 2002 n. 6254, iv4 2002, I, 4412; id., 5·novembre 1997, n. 2837, iv4 1998, I, 272. La medesima condusione e stata affermata anche nel caso di scadenza dei cosiddetti vincoli strumentali (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 2 ottobre 1998, n. 2302, cit. alia nota prec.); rna, ripetutamente, !a giurisprudenza ha ritenuto che - in caso di scadenza dei vincoli strumentali - alle relative aree siano applicabili direttamente i limiti ed i parametri previsti dal piano regolatore get1erale, suscettibili d'immediata applicazione: cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 30 novembre 1998, n. 2029, in Rassegna T.A.R., 1998, I, 4333; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 19 maggio 1997, n. 1296, iv4 1997, I, 2708. Secondo il Consiglio di Stato devono essere applicati i parametri del p.r.g. «quawra 14 disciplina generate si presenti sufficientemente dettagliata e l'intervmto sia di limitata portata» (Sez. V, 24 settembre 2003 n. 5456, in Riv. giw·. cdilizia, 2004, I, 1068). In ogni caso, il rilascio del permesso di costruire e subordinnto n11n ncccssitd deBe opere di urbanizzazione primaria ai sensi dell' art. 10 Iegge 765/1967 (Cons. Stnto, Scz. V, 4 agosto 2000 n. 4295, in ll Cons. Stato, 2000, I, 1829).
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oggi non cambia molto per le aree ricadenti nei centri abitati essendo consentite sol tanto opere di risanamento conservative e di 'restauro (rna anche costruzioni private, ricadenti nella vasta nozione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonche, secondo alcune leggi regionali, anche interventi di ristrutturazione edilizia: cap. X n. 2; rna l'art. 9 del T.U. dell'edilizia n. 380 del 2001, modi£ dal d.~g~. 301. del. 2002 - suscitando verosimilmente questioni di legittimr.ta. costltuzron.ale - pretende di impedire leggi regionali meno restr:ttl~e): In ogm case, quindi, specialmente fuori degli attuali centri abrtatr sr potrebbero far saltare i piani urbanistici con costruzioni (opportu~ame~te localizzate) sia a destinazione produttiva, sia a scope resrdenzrale (nel pur basso indice volumetrico stabilito dalla Iegge). Dalla indicata .decadenza dei «vincoli urbanistici» la giurisprudenza sembrava onentata a dedurre altre conseguenze non solo in ordine all'inattuabilita degli espropri delle aree vincol~te rna anche per_l'inap~licabilita dell'art. 1 legge n. 1 del 1978, rigua;dante l'esecuzlOne dr opere pubbliche su aree gia destinate a servizi pubblici dallo s~rumento urbanistico vigente (is). I1 crtato T.U. 327/2001 ha abrogate l'art. 1 della Iegge n. 1 del 1978,. consentendo ~oltanto che, nel corso dei cinque anni di durata del :vmcolo preo.rdmato all'esp~oprio, il Consiglio comunale puo motrv~tament~ drspo~re la. ~e~li~zazione sull' area vincolata di opere pubbhche o dr pubbhca utlhta drverse da quelle previste (art. 9, c. 5).
(~ 5 ) Cfr. Cons. S~to, Sez. N, 3 d~c~mbre 1990, n. 941, in Il Cons. Stato, 1990, I,
151~, ad. plen. 30 apnle 1984, n. 10, zvz, 1984, I, 362; per l'edilizia scolastica, v. T.A.R. I:azto, Sez. I, 24 settembre 1984, n. 825, in Rassegna T.A.R, 1984, I, 2985; T.AR. Emi!ta-~omagna (Parma) ~4 maggio 1990, n. 186, iv4 1990, I, 2646; T.A.R. Campania, Napo!t, ~~z. V, 23 gennato 1996, n. 23, iv4 1996, I, 1051; id., Salerno, 19 luglio 1996, n. 781, tvz, 1996, I, 3868; v. anche ~.AR: Pug~ia, Bari, Sez. II, 4 dicembre 1997, n. 951, iv4 1998, I, 737, secondo cut !a ~ocahzzaztone 111 materia di edilizia scolastica, ex art. 10 Iegge 412 del 1975, ha efficacta decennale. Sull'invalidita del piano esecutivo approvato dopa Ia scadenza del vincolo, v. Cons. Stato, Sez. N, 5 settembre 1990, n. 626, in Jl C~ns. Stato, 1990, I, ~059; T.AR. Puglia, Sez. II, Ba~i, 23 ?ltobre 1989, n. 693, in Rnssegna !·~·R., 1991, I, 699, v., peraltro, T.A.R. Lombardta, Mdano, 17 febbraio 1997, n. 171, ~~ .1997, I, 1308 e Cons. Stato, Sez. V, 29 luglio 1997, n. 846, in Il Cons. Stato, 1997, I,
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CAPITOLO I
In tal caso, lo stesso Consiglio comunale puo dispone 1'efficacia della propria delibera in una successiva seduta, qualora la Regione (o l'ente delegate all'approvazione del piano urbanistico comunale) non abbia manifestato il proprio dissenso entre 90 giorni dalla ricezione della delibera. La norma richiamata (art. 9, c. 4, T.U. cit.) - recependo un affermato indirizzo giurisprudenziale (16) - prevede che il vincolo preordinato all'esproprio possa essere motivatamente reiterate con una variante integrativa del piano urbanistico generale tenendo canto delle esigenze di soddisfacimento degli standard. In tal case pero - sulla base dei principi affermati dalla Corte Costituzionale conla nota sentenza 179 del1999 (17) -l'art. 39 del T.U. (16) Cfr. Cons. Stato, Sez. N, 14 maggio 1999, n. 847, in Il Cons. Stato, 1999, I, 803; 28 settembre 1998, n. 1224, iv4 1998, I, 1286; 20 febbraio 1998, n. 312, iv4 1998, I, 200; 1° aprile 1996, n. 407, iv4 1996, I, 548; 12 marzo 1996, n. 305, iv4 1996, I, 378; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 29 settembre 1998, n. 610, in Rassegna T.A.R., 1998, I, 4357. (17) Cfr. Corte costituz. 20 maggio 1999, n. 179, in Riv. giur. edilizia, 1999, I, 635, che, peraltro, rimette a! legislatore il compito di determinare i criteri per il calcolo degli indennizzi dovuti. V. gia Corte cost. 22 dicembre 1989, n. 575, iv4 199.0, ~· 1?6, ~on nota di M.A. SANDULLI e poi 18 dicembre 2001 n. 411, iv4 2002, I, 31, sur pram a.s.1., nonche da ult., 9 maggio 2003 n. 148, iv4 2003, I, 1119. La decisione della Corte costituzionale e stata fatta propria dall'adunanza plenaria del Consigli? di Stato ~sent; 22 ~icem~ bre 1999 n. 24, in Il Cons. Stato, 1999, I, 2029), secondo CUI non sussrste l obbhgo dr motivare !a variante destinata a! reperimento degli standard nel caso di reiterazione dei detti vincoli urbanistici; sulla illegittimita di tale reiterazione senza !a previsione dell'indennizzo, cfr. Cons. Stato, Sez. N, 6 febbraio 2002 n. 664, iv4 2002, I, 264; 27 novembre 2002 n. 6309, iv4 2000, I, 2528; 22 rnaggio 2000 n. 2934, iv4 2000, I, 1304. II T.A.R. Lazio, Sez. I-ter, ha precisato che, in sede di reiterazione dei vincoli urbanistici, deve essere prevista anche !a spesa per !a liquidazione degli indennizzi ai sensi dell' art. 30 Iegge 1150 del 1942 (sent. 12 settembre 2000 n. 7052, in Rassegna T.A.R., 2000, I, 2964; con ampia sintesi, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 31 gennaio 2001 n: 660, iv4 2000, I, 5005). Sulla necessita di una previsione generica d'ind~nnizz?, I?a non anche della specifica quantificazione delle spese per l'esproprio e der mezzr dr cop~rtura, v. T.A.R. Puglia, Leece, 22 aprile 2003 n. 2585, iv4 20,03, I, 2812; v. anche T.A.R. Premonte, Sez. I, 21 ottobre 2003 n. 1273, iv4 2003, I, 4595; invece, sull'illegittimita di una pr~ sione generica, «priva di criteri e parametri cerci di valutazione», cfr. T.R.G.A. Tren.ttno Alto Adige, Trento, 17 dicembre 2003 n. 486, iv4 2004, I, 644; invece, sull'esclusrone dell'illegittimicl del piano e sul semplice obbligo di pagamento dell'i?-dennita v. T.A.~. Sicilia, Catania, Sez. I, 11 agosto 2004 n. 2103, iv4 2004, I, 3610. Pn\ recente~e~te II Consiglio di Stato ha affermato che l'Amministrazione comunale - nel caso dr rerterazione di vincoli urbanistici decaduti- deve provvedere all'accantonarnento delle somme necessarie per il pagamento dell'indennita di espropriazione (Sez. N, 9 agosto 2005 n.
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327/2001 prescrive che al proprietario sia dovuta «un'indennita com-
misurata al danno effittivamente prodotto». Tale indennita dovra essere corrisposta entre tre mesi dalla ricezione della documentata domanda di pagamento (decorsi i quali sono dovuti anche gli interessi legali). Pertanto, allo state attuale, la disciplina urbanistica Comunale ein grave crisi, perche - per tutti i Comuni provvisti di piano regolatore (o di programma di fabbricazione) entrati in vigore da oltre cinque anni (e sono la maggioranza) - si pone l'alternativa o di reiterare i detti vincoli, con l'obbligo di pagare indennizzi insostenibili, o di abbandonare il territorio allo spontaneismo edilizio (sia pure nei limiti all'edificazione stabiliti per i Comuni sprovvisti di qualsiasi piano urbanistico), compromettendo la possibilita di realizzare le attrezzature pubbliche necessarie. In pratica non e ipotizzabile il pagamento in via generale di indennizzi per i vincoli d'inedificabilita assoluta, previsti dai piani urbanistici generali ed aventi tuttora un efficacia limitata a cinque anni. Si tratta, dunque, di trovare un'altra soluzione, scegliendo con urgenza tra queUe prospettate in varie sedi. Una parziale soluzione, di notevole interesse e di particolare utilitel nell'attuale situazione economico-finanziaria, prende spunto dalla stessa sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1999, laddove precisa che non hanna natura espropriativa e, quindi, non comportano il problema della scadenza quinquennale o del pagamento di un indennizzo i vincoli che impongono una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata. Si fa riferimento, ad esempio, ai parcheggi, impianti sportivi, mercati e complessi per la distribuzione commerciale, at-
4225 e 28 luglio 2005 n. 4019, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 2073 e 2075). In genere sulla non necessita di una relazione finanziaria o di una relazione tecnica, a corredo del piano regolatore generale, v. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 19 agosto 2003 11. 3696, iv4 2003, I, 3729, e id. 11. 3710, iv4 2003, I, 3731. La compete11za del giudice civile 11elle contr~ve.rsie co11cerne11ti il diritto all'indennizzo per reiterazione dei vi11coli di tipo espropnatlvo, e stata affermata dal Cons. Stato, Sez. N, 15 giugno 2004 n. 4010, in It Cons. Stato, 2004, I, 1256 (massima non pubblicata), dal T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 2 mnrzo 2004 n. 517, in Rassegna T.A.R., 2004, I, 2109, e dal T.A.R. Puglia, Leece, Sez. III, 18 marzo 2005 n. 1530, ivi, 2005, I, 1614.
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CAPITOLO I
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trezzature sanitarie e in genere a quegli edifici od impianti suscettibili di essere gestiti anche da privati. In altri termini, secondo l'auspicata riforma legislativa, i piani urbanistici - nell'applicare la legge sugli standard obbligatori - dovrebbero consentire la realizzazione delle relative opere sia alla Pubblica Amministrazione, sia ai privati. La possibilita di intervento da parte del private escluderebbe il carattere espropriativo del vincolo di piano, che, quindi, avrebbe durata a tempo indeterminate senza obbligo di indennizzo (18). Tale soluzione non sarebbe solo un modo per evitare la scadenza dei vincoli e, quindi, lo stravolgimento dell'ipotizzato assetto del territorio. Infatti, in tal modo, si potrebbe riuscire a realizzare effettivamente almena una parte delle necessarie attrezzature collettive, oggi inutilmente previste dai piani urbanistici, rna non realizzate per l'esiguita delle risorse finanziarie pubbliche disponibili. I1 sistema della finanza di progetto - oggi frequentemente, rna spesso invano, auspicata - troverebbe cosi una concreta ed ampia possibilita di attuazione, poiche i proprietari delle aree vincolate (od i privati aventi causa) potrebbero trovare spesso la convenienza a progettare, realizzare e gestire (o far gestire) un'attrezzatura collettiva di largo consume. Naturalmente, sarebbe agevole prevedere che, in tali casi, il relative permesso di costruire sia subordinate all'assunzione di determinati impegni da parte del private per garantire e regolamentare l'uso pubblico dell'opera. Resta i1 problema dei vincoli d'inedificabilita assoluta non preordinati all'esproprio (verde private vincolato) e dei vincoli per servizi primari od essenziali non attribuibili anche all'iniziativa privata (ad es. strade e piazze, scuole pubbliche, opere d'interesse militare, ecc.). In questa caso si potrebbe consentire ai proprietari di realizzare sulle dette aree interventi agevolmente reversibili anche al memento
(18) Cfr. TAR. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 9 maggio 2002 n. 708, in Rassegna T.A.R., 2002, I, 2516. Invece, e stata ritenuta illegittima la norma di piano regolatore, che destina a zona agricola determinati suoli alia scadenza del termine quinquennale dei vincoli preordinati all'esproprio (Cons. Stato, Sez. V, 24 febbraio 2003 n. 988, in Il
Cons. Stato, 2003, I, 394).
dell'esproprio per attuare la prevista destinazione pubblica (P. STELLA Rrcr:rER). D'altra parte si tratta di disciplinare finalmente - nel modo p1~ s.emplice e. piu chiaro possibile - un sistema di perequazione ur~ams~ca, che g1a, trova q~alche incerto tentative in alcune leggi reg10nali (19) e che e state d1 fatto attuato con alcuni strumenti urbanistici esecutivi. . Ad. esempio - stabilita la quantita di nueva edificazione in determmatl comprensori - a tutte le aree ricadenti nel medesimo comprensorio dovrebbe essere attribuita una potenzialita edificatoria pro~~rzional~ alla relativa superficie. In altri termini dovrebbe essere stab11Ito. un ;1~tuale indice di edificabilita (mc/mq) in tutto il comp:ensono, d1v1dendo la cubatura complessivamente consentita dal pla~.o regolatore n~l comprens?rio per il numero di metri quadrati del! mtera s~?er~c1e del medes1mo (analogo sistema andrebbe seguito m caso d1 md1ce mq/mq) (2o). . !Ja ci? d~riverebbe per tutti i proprietari delle aree in questione il dmtto d1 ed1ficare. deten~1inati n;etri cubi (o metri quadri) nella parte del compr~~sono de~tmata all edificazione dal piano regolatore. . Qyesto dultto, ovv1amente, dovrebbe essere commerciabile tra i pn;ati e tra i privati e la Pubblica Amministrazione a prezzi concord~tl. ~a ~e~g~ d?vre?be. disciplinare le procedure di cessione coattiva d1. tali d1.ntt1 a1 fim d~ consentire l'attuazione del piano regolatore ~e1 tei?p1 prog~a~mat1, nonche la determinazione del prezzo di cesslOne m caso d1d1saccordo (ad esempio mediante stima da parte dell'UTE). ' I va~i sistemi perequativi potrebbero prevedere anche una procedura d1 permuta di aree o di diritti edificatori, cioe la cessione da parte dei privati di aree vincolate all'inedificabilita o destinate alia ( 19 ~ Pe~ la. Campania v._I'art. 32 della Iegge 22 dicembre 2004 n. 16, secondo cui il ~uc, gl~ att1 ~1:progr~m~azr~ne degli inte1venti ed i Pua ripartiscono le quote edificaton~ ed 1 relat1~1 obbhgh1 tra 1 proprietari degli immobili ricompresi nelle zone oggetto d1 trasfor~az1one mediante comparti indipendentemente dalla destinazione specifica delle aree mteressate. (~ 0 ) Sulla legitt~mita della previsione in un piano regolatore di un sistema di perequaZ!one volon.tana per comparti anche in mancanza di una copertura legislativa, v. T.A.R. Can;tpama, Salerno, Sez. I, 5 luglio 2002 n. 670, in Riv. giur. edilizia, 2003 I 812 con nota d1 BOSCOLO. ' ' '
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realizzazione di opere pubbliche, in cambia di altre aree edificabili site in una diversa zona oppure come corrispettivo della possibilita di edificare consentita nella medesima zona. La disciplina ipotizzata dovrebbe dare ampio spazio a procedure di accordi tra l' Amministrazione comunale ed i proprietari od imprenditori privati. L'attuale sistema di norme eccessivamente rigide e di sovrapposizione di competenze e di controlli non ha affatto assicurato la correttezza della gestione della cosa pubblica, rna ha rappresentato e rappresenta soltanto un grave ostacolo allo sviluppo ed allo stesso ordinate assetto del territorio. Per essere all'altezza degli altri Paesi della Comunita europea, dobbiamo dare piu fiducia aile nostre strutture amministrative, consapevoli peraltro, che una maggiore liberta decisionale resterebbe assoggettata al piu rigoroso controllo politico, amministrativo e giudiziano. Va precisato, infine, che i sistemi perequativi ipotizzati dovrebbero comportare anche un particolare regime di agevolazioni fiscali per quanta attiene ai detti trasferimenti di diritti di edificare o della proprieta delle aree. L'urgenza della soluzione dei problemi prospettati richiede che, da ogni parte, si dia un contribute di idee e di sollecitazioni.
6. La compensazione urbanistica di cui alta Iegge 308 de/2004 Mentre e ancora sostanzialmente aperto il problema del regime dei suoli e, quindi, della durata limitata dei vincoli urbanistici preordinati all'esproprio, la legge 15 dicembre 2004 n. 308 ha jntrodotto una soluzione per i vincoli d'inedificabilita non indennizzabili. Si tratta dell'art. 1 (commi 21-24) della legge citata, riguardante l'ipotesi di un suolo edificabile in base alla normativa vigente, che per la sopravvenienza di un vincolo non avente finalita urbanistiche - perda in tutto o in parte la sua potenzialita edificatoria. La norma si riferisce ai casi di aree edificabili in base alia normativa urbanistico-edilizia vigente, rna sulle quali venga successivamente impasto un vincolo, totale o parziale, d'inedificabilita per finalita
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L'EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE URBANISTICA ITALIANA
SOMMARIO: 1. I precedenti delle prime norme urbanistiche italiane. - 2. Le nor-
me urbanistico-edilizie nella legislazione del1865. - 3. Scarsa attuazione della legge del1865 e leggi speciali successive.- 4. I precedenti della legge dell942. - 5. L'applicazione della legge del1942 e la legislazione postbellica.
1. I precedenti delle prime norme urbanistiche italiane Un cenno sull'evoluziom~ della legislazione urbanistica italiana puc essere utile, sia per conoscere i precedenti degli strumenti giuridici vigenti, sia per confrontare gli istituti legislativi con la corrispondente realta delle sviluppo territoriale. Da cic deriva un dato significative e costante: la diffusa mancata utilizzazione degli strumenti previsti dalle leggi vigenti. I1 caos urbanistico ed il massacre del territorio sono stati determinati piu dalla violazione delle relative norme giuridiche, che dai difetti delle medesime. Come e noto, in Italia la prima legge urbanistica generale e stata approvata il17 agosto 1942 (1. n. 1150), rna, a partire dal1960, e stata piu volte assai prossima ad una sostanziale e generale riforma. Anche in questo settore, perc, si rinvengono nella legislazione del 1865 - le cui norme specifiche in subiecta materia sono state prima generalmente non applicate (data l'approvazione con leggi speciali
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dei piani regolatori delle maggiori citta) e poi abrogate dalla citata legge del 1942 - principi e strumenti tuttora sostanzialmente validi. Le fonti delle norme del 1865 si ritrovano facilmente nella legislazione italiana preunitaria e in quella francese e belga del prime ottocento. Nei due secoli precedenti, invece, i problemi della citta erano sentiti, in linea di massima, sotto il profile del c.d. arredamento urbane piuttosto che in vista delle grandi opere di ampliamento e di trasformazione dei centri gia edificati, data la stessa concezione della citta come architettura di un interne, nella quale {'interesse principale riguarda i virtuosismi prospettici intesi a far apparire pili grandiose le singole opere. Pertanto, l'intervento autoritativo in materia presenta un carattere settoriale e frammentario ed e diretto principalmente ad imporre determinate sistemazioni delle facciate prospettanti su strade o piazze di particolare interesse. E con Cartesio che si afferma l'idea - poi sviluppata nella seconda meta del settecento anche in Italia nel quadro degli ampi movimenti dell'illuminismo e dell'enciclopedismo - della necessita di una impostazione della citta, razionalmente preordinata sulla base di «un piano opportunamente studiato». Qyest'esigenza- sentita anche come un'esigenza di certezza- porto in Francia alla formazione di piani generali di allineamento (riguardanti l'intera rete stradale cittadina o soltanto una parte pili o meno ridotta di essa), diretti a predeterminare la linea cui le costruzioni private fiancheggianti le strade pubbliche avrebbero dovuto attenersi e che precedentemente era discrezionalmente imposta volta per volta dall' amministrazione, mediante lo strumento dell' autorizzazione (conge), che doveva ottenersi dal Grand voyer de France per poter procedere a nuove costruzioni o modifiche di fabbriche preesistenti. La redazione dei detti piani di allineamento fu poi resa obbligatoria, per tutti i comuni con pili di 2.000 abitanti, dalla legge' napoleonica 16 settembre 1807, sur les dessechements des marais, che, agli artt. 50-54, stabilisce gli effetti derivanti dall'approvazione del piano. A seguito di queste norme - che ebbero notevole influenza sulla legislazione italiana preunitaria e su quella del 1865 - fu stabilita una diversa disciplina per gli allineamenti relativi a strade preesistenti da rettificare o allargare e per quelli riguardanti vie o piazze nuove da costruire.
Nella prima ipotesi, in case di volontaria demolizione degli edifici fronteggianti la strada - pei quali non erano ammessi lavori di consolidamento (travaux confortatifi) - i privati erano tenuti a rispettare gli allineamenti particolari indicati dal sindaco in conformita al piano generale, indietreggiando o avanzando la nuova costruzione, con l'obbligo, rispettivamente, di accettare un'indennita pari al valore del nudo terrene ceduto alla pubblica amministrazione oppure di acquistare - pena 1' espropriazione della lore proprieta adiacente - la parte di terreno stradale destinata dal piano ad accedere alle proprieta confinanti. Invece, la prescrizione degli allineamenti delle strade nuove non e immediatamente efficace nei confronti dei privati, rna vincola soltanto la pubblica Amministrazione che provveda a realizzare tali opere mediante il normale procedimento di espropriazione (potendo perc gia essere inclusa la dichiarazione di pubblica utilita nell' approvazione del piano generale d'allineamento). Accanto all'obiettivo del miglioramento e dell'ampliamento della rete viaria, acquisto poi sempre maggiore rilevanza !'interesse per la tutela dell'igiene e della sanita pubblica. Onde, con la legislazione successiva - e segnatamente con la legge 13 aprile 1850, sul risanamento delle abitazioni insalubri, e con il decreta 26 marzo 1852, relative all'allineamento e alla livellazione delle vie di Parigi (poi esteso ad altre importanti citta) - furono ammesse: a) la possibilita dell'espropriazione di interi quartieri, ai fini del risanamento dei medesimi, e delle aree (attigue a queUe incluse negli spazi pubblici) non idonee alla costruzione di edifici salubri; b) 1'estensione del controllo preventive (esercitato, col rilascio dell'autorizzazione a costruire, da parte delle amministrazioni comunali, cui e riconosciuto anche il potere di dettare, con propri regolamenti, norme in materia di polizia edilizia) alla determinazione dei punti di livello e alla tutela delle ragioni di igiene e sicurezza pubblica.
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2. Le norme urbanistico-edilizie nella legislazione dell865 L'entrata dell'Italia nell'orbita napoleonica favori, anche in materia urbanistica, !'influenza della legislazione francese, alia quale tut-
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tavia - tranne il caso, ad esempio, della legge emanata nel luglio 1813 dal Regno italico, che riproduce sostanzialmente la citata legge francese del 1807 - si rifanno solo parzialmente le leggi in materia degli Stati italiani preunitari, che talvolta contengono anche norme precorritrici di una disciplina urbanistica. Dopa l'Unita, una piu ampia recezione della richiamata legislazione francese e ravvisabile nel titolo secondo, capo III, del disegno di legge contenente «disposizioni intorno all' espropriazione per causa di pubblica utilita», presentato alla Camera dei deputati il 18 agosto 1864 dal ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti, Pisanelli. La differenza principale del progetto Pisanelli dalla legge francese consiste - a parte la piu vasta gamma di finalita cui e preordinata la formazione dei piani regolatori - nel rendere immediatamente operanti nei confronti dei privati anche i piani di ampliamento, attraverso la costituzione immediata della c.d. serviru di allineamento anche per le strade nuove previste dal piano. Il progetto Pisanelli, perc, dopa essere state sottoposto all'esame di due commissioni parlamentari, subi alcune modifiche e del capo III (titolo secondo), che qui interessa, fu addirittura proposta la soppressione, ritenendosi necessaria un piu approfondito studio sull'opportunita di emanare siffatte disposizioni di carattere generale e ritenute troppo gravemente onerose per la proprieta privata. Senonche il Governo - valendosi della facolta concessagli dall'art. 2 della legge 2 aprile 1865, n. 2215, a seguito di «vive istanze di cospicui municipi», rna soprattutto in vista dei problemi di rinnovamento e ampliamento connessi al trasferimento della capitale a Firenze - reintrodusse le soppresse norme riguardanti i piani regolatori, salvo alcune modificazioni intese « a togliere quanta la Commissione parlamentare aveva trovato di troppo assoluto, e di troppo generale e rigoroso nel prima progetto». Da qui nacquero i capi VI e VII, del titolo secondo, della legge 25 giugno 1865, n. 2359, emanata dal Governo in virtU della detta delega, i quali rappresentano indubbiamente un momenta fondamentale nella storia della legislazione urbanistica italiana. La modifica piu evidente rispetto al progetto Pisanelli consiste nella diversificazione dei «piani regolatori edilizi» dai «piani di ampliamento» considerata all'epoca ammissibile, non essendosi ancora
affermato il principia della necessaria unitarieta della pianificazione terri to rial e. Coi piani regolatori edilizi s'intendeva provvedere alle esigenze piu pressanti della «salubrita» e delle «necessarie comunicazioni>> escludendosi quindi piu ampie finalita, ad es., estetiche, che - assegnate indiscriminatamente dal progetto Pisanelli ai piani regolatori, indirizzati anche a rendere «piu sicura, comoda e decorosa» la disposizione dell'abitato - sana ora limitate ai « piani di ampliamento». Un ulteriore regresso rispetto al progetto Pisanelli - anche se in questa, come in altri casi, il difetto e alla radice, cioe nel non aver ancora avvertito la necessita di distinguere i piani regolatori generali da quelli particolareggiati - consiste nella limitazione dell' estensione del piano soltanto ad una parte dell'abitato, nella quale «sia da rimediare alla viziosa disposizione degli edifici». Radicale, poi, la modifica rispetto al progetto Pisanelli per quanta riguarda l'obbligatorieta della compilazione dei piani. Certo poteva sembrare eccessiva l'imposizione a tutti i Comuni dell'obbligo di provvedere alla formazione di un piano regolatore avente per di piu contenuto ed efficacia di piano particolareggiato dei rispettivi abitati in cui fosse riunita una popolazione non inferiore ai duemila abitanti. Ma nemmeno puo approvarsi non solo l'abolizione- contenuta nell'art. 86 della legge del 1865 - di ogni obbligo del Comune in materia, bensi anche l'attribuzione, da parte della medesima norma, della facolta di compilare il piano regolatore edilizio soltanto ai Comuni, «in cui trovasi riunita una popolazione di diecimila abitanti almena». Del resto, queste disposizioni - come queUe relative alla determinazione, nel decreta di approvazione del piano regolatore, del limite di tempo (non superiore ai 25 anni) per l'esecuzione del piano stesso (art. 87, ultimo comma) e dell'attribuzione del valore di dichiarazione di pubblica utilita all'approvazione del piano (art. 92) - si riconnettono tutte alla concezione prevalente del piano regolatore come uno strumento diretto principalmente ad agevolare piu ampie e complesse espropriazioni per il miglioramento viario ed igienico dei maggiori centri abitati. Piu vaste finalita, come si e vista, hanna i piani di ampliamento, i quali si estendono a zone non ancora facenti parte dell'aggregato
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urbana e possono essere compilati da qualsiasi Comune che abbia necessita attuale di estendere l'abitato al fine della «salubrita» del medesimo e della «piu sicura, comoda e decorosa sua disposizione» (finalita ancora definite «voluttuarie» nel1910). Per il resto a tali piani si applicano le stesse norme riguardanti i piani regolatori edilizi, compresa quella che riconosce valore di dichiarazione di pubblica utilita alla approvazione del piano (anche se bisogna escludere che questa comporti la possibilita di espropriazioni implicite, ipotizzabili a prima vista, sulla base della lettera dell'art. 94, primo comma, secondo cui quando il Comune deve procedere alla costruzione delle nuove vie pubbliche «i proprietari saranno obbligati a cedere i1 terrene necessaria, senz'altra formalita». Prima di concludere questo rapido esame dei punti principali delle norme urbanistiche contenute nella legge 2359 del 1865, si deve ancora accennare ad alcune questioni che presentano tuttora aspetti insoluti e di particolare interesse. Non poche difficolta sono sorte in merito a1 procedimento per la formazione e l'approvazione dei piani regolatori, disciplinato in maniera poco felice dall'art. 87 della Iegge citata. Trattasi, pero, di questioni in linea di massima superate, tranne quella relativa alla sussistenza o meno di un potere di modifica d'ufficio dei piani da parte dell'autorita governativa (oggi regionale o delegata). La soluzione del problema sembra debba essere non diversa da quella sostenuta dalla dottrina prevalente - con riferimento ai piani regolatori particolareggiati (e ai piani generali), di cui alla Iegge urbanistica del 1942 - nel senso, cioe, dell'inammissibilita di tali modifiche di ufficio (ammesse poi dalla legge-ponte n. 765 del 1967), pur essendo riconosciuta all' attivita dell' amministrazione governativa (oggi regionale o delegata) una funzione costitutiva nel procedimento di formazione dei piani stessi. Infatti, in base all'art. 87 della Iegge del 1865, e il Consiglio COmunale a deliberare sulle opposizioni presentate sui progetto di piano regolatore, salvo - in caso di rigetto delle medesime - il parere in merito della Deputazione provinciale (poi Giunta provinciale amministrativa). In materia, dunque, la legislazione successiva e stata ben piu ac-
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centratrice ed autoritaria rispetto alla Iegge di quasi centoquaranta anm pnma. Con riferimento piu propriamente al contenuto dei piani disciplinati dalla legge del 1865, in dottrina si e ritenuto che in tali piani potessero essere compresi, .a fini espropriativi, anche «le pro prieta necessarie per la costruzione di pubblici edifici», in quanto «destinate a diventare di demanio pubblico», al pari di queUe occorrenti per l'apertura e la rettificazione di strade o piazze. L'opinione, pero, non trova fondamento nella Iegge, poiche, oltretutto, la costruzione di edifici pubblici appare estranea ai fini (propri dei piani regolatori edilizi) di assicurare la «salubrita e le necessarie comunicazioni». Ne essa sembra inscindibilmente connessa al fine di rendere «piu sicura, comoda e decorosa» la disposizione d~ll' abita to nelle zone disciplinate dai piani di ampliamento, i quali, d altra parte, anche in base alia lettera dell'art. 93 cit., sembrano diretti esclusivamente a indirizzare e disciplinare l'attivita in determinate zone del territorio comunale. . I~oltre, nella legislazione del 1865 non si rinviene la prescrizione, m v1a generale, della necessita dell'autorizzazione a costruire. Tale obbligo fu, infatti, introdotto per la prima volta dal decreto legge 25 marzo 1935, n. 640, confermato nel decreto-legge 22 novembre 1937, n. 2105, ed infine disciplinato nella legge urbanistica generale del 1942. . . Nella legge del 1865 trovasi poi il criteria per la determinazione dell'indennita di esproprio, diretto ad ottenere che l'indennita realizzi, in linea di massima, una piena reintegrazione (per equivalente economico) del patrimonio espropriato, cioe il «giusto prezzo» che per !'immobile si sarebbe determinate in una libera contrattazione di c?mpravendita. II detto principia e stato poi accolto e aggiornato, in vra generale, dall' art. 38 della legge urbanistica del 1942, che ha escluso, pero, dal compute dell'indennita tutti gli incrementi di valore attribuibili direttamente o indirettamente alla approvazione del piano regolatore ed alla sua attuazione. Un cenno merita, infine, l'art. 90 della Iegge del 1865, che prevede senz'altro la «distruzione» dei lavori eseguiti in violazione delle nonne tracciate nel piano e la condanna del proprietario contravventore al pagamento di una multa (rectius, ammenda) estensibile a lire mille.
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Trattasi, tutto sommato, di norma migliore dell'art. 32 della legge urbanistica del 1942, perche essa, fra l'altro, esclude ogni potere discrezionale in ordine alla necessita della demolizione delle costruzioni contra jus e, d' altra parte, non consente la distruzione delle fabbriche eseguite conformemente alle norme tracciate nel piano rna senza la prescritta'· autorizzazione (che, oltretutto, il Comune puc anche illecitamente negare o sulla cui domanda il privata, come frequentemente accade, puc anche non riuscire, per lungo tempo, ad ottenere un provvedimento).
rimento dei mezzi finanziari necessari per la compilazione e per 1'attuazione effettiva di piani regolatori, che siano redatti soltanto in vista delle preminenti finalita d'interesse generale. Di fronte alle cennate difficolta s'imbocco la strada - meno impervia, rna sbagliata dell' emanazione di provvedimenti legislativi speciali per determinate citta con interventi finanziari da parte della Stato e agevolazioni tributarie per i fabbricati costruiti o ricostruiti nell'ambito del piano, nonche con la tendenza ad adottare criteri di determinazione dell'indennita di esproprio che, in deroga alla legge del1865, riducessero il compenso spettante agli espropriati. Q!Iesta c.d. politica delle opere pubbliche - realizzata al di fuori della ricerca di perequazione tra avvantaggiati e danneggiati dai piani urbanistici, che ancora oggi sembra rappresentare la chiave di volta per una efficace e giusta riforma legislativa nel settore - trova nel periodo in esame la sua fondamentale espressione nella legge 15 gennaio 1885, n. 2892 «per i1 risanamento della citta di Napoli», emanata a seguito della spaventosa epidemia colerica che nell'estate del 1884 causa in quella citta la morte di oltre settemila persone. Si tratto di un provvedimento che, essendo originate da tali circostanze eccezionali e destinate a incidere su situazioni di fatiscenza dei fabbricati del tutto particolari, fu proposto in vista di finalita esclusivamente igieniche. Ma esso e rimasto memorabile, non tanto come la conclusione di una dolorosa vicenda in cui non mancano pagine edificanti di concordia nazionale e di generosa dedizione da parte sia di privati cittadini che delle maggiori autorita della Stato e del Comune, quanta per aver introdotto alcune norme che poi avulse dagli originari principi ispiratori e impiegate per finalita diverse da queUe cui erano state inizialmente preordinate - hanna avuto estesissima applicazione nella legislazione speciale in mq.teria urbanistica (anteriore e successiva alia legge generale del 1942), in provvedimenti legislativi aventi contenuto e fini sconosciuti all'epoca dell' emanazione delle norme stesse. Ci si riferisce in particolare al terzo comma dell'art. 13, in cui prevista un'indennita di esproprio calcolata sulla media del valore venale e dei fitti coacervati dell'ultimo decennia (aventi data certa) o, in mancanza, sull'imponibile netto ai fini delle imposte sui terreni e sui fabbricati.
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3. Scarsa attuazione della legge dell865 e leggi speciali successive Non si puc dire che le norme urbanistiche della legge del1865 pur apprezzabili per molti versi - abbiano avuto un'estesa applicazione nella lora non breve vita conclusasi nel 1942. Le ragioni del fenomeno sono molteplici: esse vanno dall'impreparazione tecnica delle amministrazioni comunali (per la formazione di piani, talvolta radicali, di trasformazione e di ampliamento degli aggregati edilizi) al carattere non ancora drammatico (particolarmente fino alla prima guerra mondiale) dei problemi urbanistici connessi allo sviluppo economico dei centri urbani. A quell'epoca l'urbanistica era intesa generalmente come il mezzo per risanare quartieri malsani e far si che le nuove case sorgessero lungo preordinati allineamenti stradali. D'altra parte, la realizzazione di notevoli «sventramenti» (come s~ disse, con formula sgradevole, rna espressiva) dell' agglomerate urbana - richiesti dalla necessita (talvolta impellente) di elimrnare cause gravi e permanenti di morbilita, e forse anche dalla ambizione provinciale di grandiose opere pubbliche (con danno, in qualche caso grave, dei centri cittadini) - aveva bisogno di mezzi finanziari che i Comuni non possedevano, ne probabilmente avrebbero potuto procurarsi mediante i contributi - colpevolmente perc anche allora inapplicati - dei privati avvantaggiati dagli interventi pubblici. Si pone cosi quello che sembra ancora oggi il maggiore problema dalla cui soluzione dipende la realizzabilita concreta di un'estesa ed apprezzabile pianificazione urbanistica: il problema, cioe, del repe-
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Ispirato da leggi straniere, il criteria fu accolto, su prop~s~a del~ l'On. Crispi, con la seguente discutibile motivazione: «le legg1 m~l~s1 dicono il fitto coacervate di 10 anni; i critici tedeschi delle legg1 mglesi dicono che questo sia troppo grave, talv~lta per l'~mmin~stra zione e talvolta per la proprieta privata; le legg1 belghe d1cono d valore venale; rna questa valore tante volte e troppo basso ed e opposto al diritto di proprieta». Come e nato, tale criteria - che apriva, come fu esattamente prevista nella discussione in Parlamento, una pericolosa breccia, sempre piu allargatasi nel sistema della legge generale del .1~65 - f~ .adot~ato per tutelare i proprietari espropriandi, data che gh 1mmob1h destmati all'esproprio avevano uno scarso valore di scambio (a causa .delle lora pessime condizioni locative), rna avevano prodotto e c~ntmua vano a produrre un reddito molto elevato (graz1e allo stato d1 sovraffollamento dei quartieri da risanare). Senonche le nuove norme non trovarono estesa applicazione proprio nella situazione per cui erano state preordinate: l'inesistenza delle dieci annualita di fitto aventi data certa, i dubbi d'interpretazione e le difficolta d' applicazione del quarto comma del citato art. 13 (che fa riferimento all'imponibile), l'idea che le norme in questione intendevano confermare «l'intangibile principia di equita sancito nella Statuto del Regno e nel codice civile» (secondo cui l'indennita di esproprio deve consister~ nel giusto prezzo di cui alia legge del 1865), fecero sostanzialmente porre da parte i nuovi criteri e comportarono la ripresa da parte dei periti di quello «sconfinato arbitrio» che, forse, velleitariamente, si era detto di voler escludere. . Ben presto, pero, la legge per Napoli fu estes a, mediante. succeSSlve leggi speciali, aile piu svariate espropriazioni, e quindi anc~e ~er l'esecuzione di piani regolatori disciplinanti situazioni no~ aSSlmd~ bili a quelle del risanamento di Napoli, cioe, per qua~to nguarda. d periodo in esame (precedente alia prima guerra n;ond1.ale)~ a partu: dalla legge 20 luglio 1890, n. 6890 - che estende 1apphcaz10ne degh artt. 12 e 13 della legge per Napoli al piano regolatore di Roma (approvato con r.d. 8 marzo 1883) - fino aile leggi 25 marzo 1913, n. 553 e 26 giugno 1913, nn. 776 e 807, rispettivamente sul risanamento di Catania e sui piani regolatori di Genova e di Cuneo, nonche
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alia legge 5 giugno 1913, n. 525, sul riordinamento degli stabilimenti salifero-balneari di Salsomaggiore. Accadde cosi che tutte le volte in cui gli immobili da espropriare - non trovandosi in condizioni simili a quelle degli edifici dei quartieri napoletani da risanare o trattandosi di aree fabbricabili (cui si riconobbe l'applicabilita dell'art. 13 della legge per Napoli) - producessero un reddito lordo inferiore al 10% del lora val ore di scambio, l'indennita di esproprio, calcolata sulla media di questa valore col coacervo di dieci annualita di fitto, risultava - tranne i casi di valutazioni arbitrarie da parte dei periti - inferiore al valore venale del bene, sino a pater essere la meta di quest'ultimo in mancanza di fitti e in presenza di imponibili irrisori. Ma - siccome la tendenza del legislatore a ridurre il quantum dell'indennita di espropriazione attraverso l'introduzione di diversi criteri di calcolo non e un fenomeno soltanto dei giorni nostri - presto altri provvedimenti legislativi adottarono nuovi criteri di determinazione dell'indennizzo, destinati anch'essi ad allontanarsi - al di fuori di ogni generale principia perequativo - dal criteria del «giusto prezzo» di cui alia legge del 1865. E il caso, ad esempio, della legge 5 aprile 1908, n. 141, sul piano regolatore unico per la citta di Torino, nella quale (art. 5) - oltre ad essere sviluppato il principia, gia limitatamente affermato nella legge del 1865 e poi in via gen.erale accolto dalla legge urbanistica del 1942, secondo cui per l'indennita di esproprio non deve tenersi conto del maggior valore che l'approvazione e l'esecuzione, anche soltanto parziale, del piano abbia conferito all'immobile - si stabiliva che l'indennita per l'esproprio di aree destinate a vie, piazze o a corsi (e aventi la medesima destinazione nei piani edilizi precedenti) dovesse essere ragguagliata «al puro valore del terreno considerate indipendentemente dalla sua edificabilita». Tale disposizione - che trovasi sostanzialmente ripetuta anche in leggi merio lontane (ad es., art. 4,1. 4 febbraio 1958, n. 158, riguardante la zona industriale di Padova) - fu ripetuta nella legge 12 luglio 1912, n. 866, di approvazione del piano regolatore di Milano pur mancando ancora ogni chiarimento sul significate estimative del «puro valore del terreno», secondo la quale (art. 5) «l'indennita di cspropriazione del suolo destinato a vie, piazze e giardini dovra
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sempre ragguagliarsi al puro valore del terreno, considerate indipendentemente dalla sua edificabilita».
nuovi insediamenti residenziali, e la destinazione di aree a edifici e impianti pubblici, nonche introduce in qualche caso un vero e proprio azzonamento urbanistico - di cui puc trovarsi qualche modesta anticipazione in norme regolamentari - con la determinazione, pertanto, dei diversi tipi edilizi neUe varie zone residenziali e con la previsione delle zone industriali e delle aree riservate esclusivamente all' agricol tura. Altra innovazione di notevole rilievo consiste nella distinzione tra piani di massima e piani particolareggiati di esecuzione per le varie zone od opere previste nel piano generale, gia introdotta dal citato piano regolatore di Milano del 1912. Per quanto riguarda la durata di tali piani di massima non si riscontrano soluzioni uniformi: di alcuni veniva stabilita la validita illimitata (ferma restando la limitazione, ad es., della operativita dei piani esecutivi); di altri, invece, era fissata la durata in 25 anni. Probabilmente questa diversita di disposizioni era originata dalla nozione ancora incerta della funzione e del contenuto dei piani di massima, la quale porto generalmente - e l'opinione e stata accolta dalla dottrina e dalla giurisprudenza anche per parecchi anni dopo l'entrata in vigore della legge urbanistica del 1942- ad escludere l'operativita immediata dei piani di massima prima e indipendentemente dall'approvazione dei piani particolareggiati. In verita, in alcuni casi (ad es., nel piano regolatore di Milano del 1934) erano specificati gli effetti immediati del piano di massima e i vincoli derivanti soltanto dai piani particolareggiati. Ma in altre ipotesi (fondamentale e quella del piano regolatore di Roma del 1931, in cio seguito da numerosi altri piani), nonostante l'indicata opinione dominante, non si puc negare ogni autonoma efficacia dei piani di massima nei confronti dei privati.
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4. I precedenti della Legge del1942 Dopo la prima guerra mondiale i problemi urbanistici assunsero una sempre piu complessa e piu vasta portata, a seguito particolarmente - senza contare le distruzioni causate in qualche localita da terremoti o dalla guerra - del crescente sviluppo dell'urbanesimo, della motorizzazione, del movimento turistico, dell'intervento dello Stato nella politica industriale e in genere ai fini dell'organica disciplina - non piu semplicemente fisica - degli aggregati urbani, vecchi e nuovi. Di fronte a tali pressanti e imponenti esigenze, i tecnici del settore invocarono nuovi strumenti legislativi e l'amministrazione governativa fece anche dei tentativi, rimasti senza esito, per una generale riforma della legge del 1865 sulle espropriazioni. Si ricorse, pertanto, all'emanazione di leggi speciali che - oltre ad estendere la facolta di compilare il piano regolatore anche a comuni aventi una popolazione inferiore a quella stabilita dall'art. 86 della legge del 1865 o ad obbligare alla formazione del piano singoli comuni o categorie di comuni aventi particolari caratteristiche e necessita (come quelli dichiarati stazioni di cura, soggiorno e turismo) potessero far fronte con maggiore rapidita ai nuovi problemi e realizzassero, almeno in parte, i principi elaborati dalla piu moderna dottrina in materia. ~esta legislazione speciale - a parte l'accentuazione della tendenza dello Stato a contribuire alla realizzazione dei piani mediante aiuti finanziari ed esenzioni tributarie a favore delle nuov.e costruzioni - contiene anticipazioni notevoli della legge urbanistica generale. Si trova accolto, ad esempio, il principia secondo cui il piano regolatore deve estendersi alla intera circoscrizione amministrativa comunale, ritenendosi ormai superata la distinzione tra piani regolatori edilizi e piani di ampliamento dalla necessita di una visione unitaria delle varie esigenze presenti e future dello sviluppo degli aggregati urbani. Il nuovo piano regol.atore disciplina in particolare i
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5. L 'applicazione della legge del1942 e la legislazione postbellica Di fronte al crescente numero di leggi speciali - emanate per 1' adozione dei piani regolatori generalmente delle maggiori citta - che avevano introdotto, come si e accennato, notevoli e talvolta dissimili innovazioni nel sistema legislative in materia urbanistica, e data an-
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CAPITOLO II
che la necessita di disporre di piu moderni strumenti per la. soddisfazione delle nuove esigenze additate dalla piu recente dottrma urbanistica trove finalmente realizzazione l'istanza, avanzata da piu parti, pe; 1' approvazione di una Iegge urbanistica generale, che stabilisse una disciplina, unitaria e moderna, del settore. Nacque cosi, dope lunghi ed appassionati studi e non lievi contrasti, rna alla fine - in pieno periodo bellico - tra l'indiffe~enza e l'assenteismo dei piu, la Iegge 17 agosto 1942, n. 1150, che drede finalmente alla materia dell'urbanistica una disciplina giuridica unitaria ed autonoma. L' attuazione di tale legge - che non e stata mai seriamente tentata dalle autorita competenti (a cominciare dalla mancata emanazione dell'indispensabile regolamento di esecu~io~e) - ~vrebbe ~ncl;.e pot~ to realizzare una razionale e moderna pramficazwne terntonale, evrtando i macroscopici e scandalosi inconvenienti verificatisi nella sviluppo urbanistico delle nostre maggiori e piu be~le cit~a. Ma non puo negarsi che la Iegge non prevede alcum mezzr (part:colari?~nte di carattere finanziario) indispensabili per una sua pratrca utrhzzazione, e non risolve, anzi aggrava, il problema - di ordine etico:economico e oggi anche giuridico-costituzionale - della perequazwne urbanistica, di cui si efatto cenno in precedenza. :E vera, perc, che nonostante le sue manchevolezze, la Iegge urbanistica del 1942 - se rettamente e pienamente applicata - ci avrebbe evitato di assistere allo scempio urbanistico delle nostre piu belle . e piu importanti contrade. Senonche, emanata in pieno conflitto mondiale, a guerra fimta fu tenuta da parte e solo un decennia dope, come si e accennato, ~o. mincio ad avere una ben limitata attuazione tra tante remere ed mcomprensioni. . . · . . Di fronte alle gravissime conseguenze degh event1 belhcr ed alle impellenti necessita della ricostruzione, mentre gia incontrollata e caotica cominciava a svolgersi l'attivita costruttiva dei privati, si cer,co qualche piu agile mezzo legislative idoneo a promuovere- e guidare l'imponente opera di ricostruzione. . . . . . . . Furono cosi introdotti, nel nostro ordmamento giUndrco, 1 pzanz di ricostruzione col d.l.lgt. 1 marzo 1945, n. 145, successivamente m~ dificato ed ampliato con vari provvedimenti, tutti rielaborati e sostt-
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tuiti con la Iegge 27 ottobre .1951, n. 1402 (r) (caducata con Ia Iegge 12 agosto 1993, n. 317). ' ..In ~al mo~o ~ subito compromesso, sia pure forse per apprezzabrh esrgenze, d nsultato - finalmente raggiunto, pur con l'eccezione, certo non trascurabile, dei piani paesistici, previsti dalla Iegge sulla tutela del paesaggio del 29 giugno 1939, n. 1497 - di avere, e'en Ia Iegge urbanistica, una disciplina organica ed unitaria degli insediamenti edilizi, che negli ultimi anni, nell'attesa vana di una nueva Iegge .ur~an.ist~ca. general~, puo ritenersi solo un'occasione perduta. Con 1 pram dr ncostruztone aventi contenuto ed efficacia di piano r:eg~latore ~articolareg~iato (v. ~ap. XI) si sperava di contemperare l esrgenza dr una orgamca e razwnale sistemazione dei centri abitati con Ia necessita di provvedere ai piu urgenti lavori di ricostruzione. E si cerco di raggiungere tale scope semplificando e accelerando Ia procedura di approvazione dei piani e quella per le espropriazioni e~tensibili an~he nelle a~ee fa~bricabili comprese nelle zone di espansr?ne ~etermmate nel prano m quanta «necessarie per le ricostruziom. dell aggregate urbane» - nonche prevedendo un'ampia possibilita d'mtervento del Ministero dei Lavori Pubblici per favorire la compilazione e l' attuazione dei piani, anche sotto il profile tecnico-finanziario (v. partie. artt. 2 e 15). . ~a -.a parte Ia purtroppo ricorrente considerazione sulla parziale apphcazrone della Iegge e sull'inosservanza dei piani approvati, oltre che sulla concorrenza di altre non coordinate iniziative pubbliche non era certo con una Iegge d'emergenza e avente limitati obiettivi che si poteva disciplinare il vasto sviluppo degli agglomerati urbani c?nseguente all'ev~luzione economico-sociale del Paese, doe, in partrcolare, al passaggro da una economia di tipo primario ad una economia di tipo prevalentemente secondario e terziario, che ha comportato concentrazioni di popolazione imponenti, data anche l'ecce-
. (1) L'efficacia di questi piani di ricostruzione e stata piu volte prorogata fino a! 31 d1ce~br~ 1970, exar~. 20, ult. c~mma, Iegge 3 luglio 1960, n. 610; soltanto peri comuni obbhga~1 alia for~az1one d~I p1ano regolatore generale, l'efficacia del p.d.r. fu prorogata fino ~II approvaz10ne del p1ano generale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30 giugno 1983, n.
536, mIl Cons. Stato, 1983, I, 795). Oramai, !'art. 1 della Iegge 12 agosto 1993 n. 317 ha sancito Ia definitiva perdita di efficacia di tutti i piani di ricostruzione. '
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CAPITOLO II
zionale elevatezza del saggio di sviluppo registratosi negli anni precedenti l'oramai lunge periodo di crisi economica. . . . Cosi la speranza, nutrita da qualche urbanista, che le distruz10m della guerra almena servissero per una ricostruzio~e org~~ica e razionale degli abitati ando completamente delusa, sia per 1madeguatezza degli strumenti legislativi adoperati, s~a per il generale m~ncat~ ricorso a quelli previsti dalla legge urbamstica del 1942, nei qu~h troppo spesso privati e pubbliche Amministrazioni ve~evano un mtralcio all'incontrollato gioco politico, cui si prestava mvece la concessione della licenze edilizie, la distribuzione arbitraria delle opere di urbanizzazione, la scelta delle aree per l'edilizia sovvenzionata e la programmazione annuale delle opere pubbliche. . In generale, dunque, si diede via libera alle eclat: di .cementa, ch~ hanna soffocato il respire di tante citta, senza che, m circa tre lustn, il legislatore stesso tentasse di porvi rimedio (~ p~rte l'estensi~n~ a~ piani regolatori delle misure di salvaguardi~, ~1a dispo.ste per .I pian~ di ricostruzione e l'unificazione nel Consigho supenore de1 lavon pubblici di tutti i pareri prima demandati alla competenza di vari Ministeri ed organi consultivi). Di qui - dopa la tendenza legislati~a a? una ~ianific~ione ~r~anistica settoriale (v. i piani delle aree di svlluppo mdustnale ed 1 piani di zona per l'edilizia economica e popolare) - il t~ntativ.o ?i reazione con l'approvazione della nota legge-ponte p~r 1ur~am~~Ic.a del 6 agosto 1967, n. 765, diretta a porre un.freno ~gh. ab_usi edllizl.con nuove sanzioni, ad incentivare la formaz1one de1 piam comunah e a condizionare il contenuto di tali piani, attribuendo speciali poteri all' autorita governativa (modifiche d'ufficio e s.tandar? ,urba~is~ici). Senonche anche questa legge non raggiunse gh effetti sperati: 11 fenomeno degli abusi edilizi esplose in misura piu clamorosa; .dop~ dieci anni una grande percentuale di Comum era ancora pnva di qualsiasi disciplina urbanistica; il non risolto problema del regime dei suoli aveva continuato ad influire negativamente sul contenuto dei piani urbanistici comunali, troppo spesso oggetto ~i. un tir~ all~ fune da parte delle forze pelitiche di ogni colore e degh mteressi pnvati e locali. Un nuevo rimedio a tutto cio si cerco di introdurre con la legge 10 del 1977, recante: la nueva disc~~lina del r~gime dei suoli indicata al capitola precedente; nuove e pm severe misure per la re-
pres~i~~e, de.gli ~busi edi!izi (cap.
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XXV); maggiori limitazioni alia
pos~Ib.ll1ta di ed1ficare nei Comuni sprovvisti di qualsiasi piano urbams.tlco (cap. X). Anche i risultati della nueva legge non sono stati quelh spe.ra~l. Certo, or~ai la maggior parte dei Comuni ha un piano urbamst1co anche se 11 nuevo regime dei suoli non ha eliminate i contrasti di interessi privati in sede di pianificazione urbanistica. Gli a?usi edilizi, poi, specialmente in alcune zone, come nella conurbaZlOne napoletana, sono nel frattempo aumentati. Si arrive, cosi, in un periodo caratterizzato dai condoni e dai penti~enti, ~lla !~g~e 28 febbraio 1985, n. 47, sulla sanatoria dei pre~edentl abus1 edllizl, ma recante anche norme piu severe per frenare 11. fenomeno. (v. cap .. XXV). Infatti, le manifestazioni piu macroscopiche non s1 sono npetute, anche se resta un diffuse fenomeno di ab~si p~u, o me~o .rilev~nti. Successivamente la produzione legislativa e 1attivita am~m1stra~Iva so~o state caratterizzate sempre piu da un andamen.to s:hr~of~emco, oscrllando tra momenti di eccessivo rigore e determmaziom dr colpevole lassismo. Pertanto, mentre si registran?, norme e. provvedimenti sempre piu restrittivi e restrizioni sempre pm generahzzate, non e mancata, fra l'altro, l'approvazione di una legge per un secondo condone edilizio (art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modifiche) e poi ancora di un terzo cond?no (c~p. ~· 13). E continuata la sovrapposizione di leggi sta~ah ~ reg10nah che tl proclamato federalismo non ha superato. La legrslazrone statale non ha precisato i principi fondamentali di sua competenza e le Regioni hanna emanate talvolta leggi complicate con mnovazioni discutibili.
X?N'·
CAPITOLa
III
LA TUTELA AMBIENTALE
SOMMARIO: 1. Evoluzione normativa e difficolta di attuazione. - 2. I piani di ba-
cino. - 3. Autorita di bacino e distretti idrografici. - 4. La valutazione ambientale strategica. - 5. La valutazione di impatto ambientale.
1. Evoluzione normativa e di.lficolta di attuazione Nel maggie del 1989 fu finalmente approvata la legge per la difesa del suolo (18 maggie 1989 n. 183, marginalmente modificata dalla legge 7 agosto 1990 n. 253 e dall'art. 40 del d.lgs. 30 luglio 1999 n. 300), dopa quasi v~nti anni di indagini, di studi, di disegni di legge non giunti all'approvazione definitiva, nonche di provvedimenti adottati per affrontare l'emergenza delle ricorrenti calamita abbattutesi sul nostro Paese. Si e trattato di un complesso di norme giuridiche notevolmente innovative, recanti una moderna ed unitaria visione dell'intero ecosistema dei bacini idrografici, in cui le iniziative di difesa del suolo sono collegate a queUe di tutela e di risanamento delle acque. Sennonche, come spesso accade, alla complessa e rigorosa impostazione legislativa non e corrisposta un'adeguata attuazione amministrativa. Pertanto, alla mancanza di coordinamento tra le normative dei vari settori ed alla sovrapposizione degli strumenti di disciplina degli interventi sul territorio, si sono aggiunti i frequenti e gravi dtardi nell'attuazione della legge, nonche la stentata e confusa realizzazione degli strumenti adottati.
CAPITOLa III
LA TUTELA AMBIENTALE
Cio nonostante, forse con scarso realismo, il 14 aprile 2006 la Gazzetta ufficiale della Repubblica ha pubblicato il decreta legislativo 3 aprile 2006 n. 152, recante un nuovo ponderosa testa normativo in materia ambientale (318 articoli e 207 fitte pagine di allegati). Ancora una volta - oltre ad una contraddittoria noncuranza per le competenze regionali - sembra affermarsi la tendenza all'introduzione di sistemi norniativi troppo ampi e complicati, di cui sembra prevedibile una scarsa, confusa e incerta applicazione. Del resto, a fine agosto 2006, il Governo si eimpegnato a promuovere la radicale revisione del nuovo testa legislativo, la cui legittimita costituzionale, peraltro - sui ricorso di 12 Regioni - sara esaminata dalla Corte costituzionale all'udienza del 5 giugno 2007.
I piani di bacino sono redatti dalle Autorita di bacino e, corredati dal relativo rapporto ambientale e con la collaborazione delle Regioni (art. 61, comma 1, lett. a), sono adottati, anche a maggioranza, dalla Conferenza istituzionale permanente, presieduta dal Ministro dell'ambiente ed a cui partecipano altri cinque Ministeri e le Regioni interessate dal distretto idrografico, oltre al Delegato del Dipartimento della protezione civile (art. 63, c. 4, d.lgs. cit.). Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica 01AS) in sede statale, i piani di bacino sono approvati con decreta del presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza Stato-Regioni, e pubblicati nella Gazzetta ufficiale e nei Bollettini ufficiali delle regioni competenti. Le disposizioni dei piani di bacino hanna efficacia immediata e vincolante perle amministrazioni ed enti pubblici. Nei confronti dei privati saranno gli stessi piani di bacino a indicare le prescrizioni aventi efficacia immediata. L'art. 65 del d.lgs. 152/2006 stabilisce la sovraordinazione dei piani di bacino su tutti i piani e programmi di disciplina degli interventi sul territorio. Pertanto, entro dodici mesi dall'approvazione del piano di bacino le autorita competenti devono adeguare a tale piano i rispettivi piani territoriali e programmi regionali, qua1i, in particolare, quelli relativi alle attivita agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualita delle acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica (r). · Inoltre, le regioni - entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del piano di bacino - emanano le disposizioni concernenti l'attuazione di tale piano nel settore urbanistico. In ogni caso gli enti territorialmente interessati sono tenuti a rispettare le prescrizioni del piano di bacino e, comunque, ad adeguare i propri strumenti urbanistici entro nove mesi dalla pubblicazione del piano di bacino (pena l'intervento sostitutivo della regione).
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2. I piani di bacino II citato decreta legislativo del 2006 «ha come obiettivo primario la
promozione dei livelli di qualita della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali» (art. 2). In particolare le nuove disposizioni «sono volte ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fonomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alta desertificazione» (art. 53, comma 1). A tal fine, particolare rilevanza e attribuita al <
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(l) Cio vale, quindi, anche per i «piani generali di bonifica>> previsti dalla Iegge della Regione Campania 25 febbraio 2003 n. 4, che gia dovrebbero essere approvati «in coerenza con gli strumenti di programmazione regionale e provinciale vigenti», a !oro volta subordinati ai piani di bacino.
CAPITOLO Ill
LA TUTELA AMBIENTALE
La disciplina suindicata contraddice e, verosimilmente, supera la legislazione statale e regionale (2), secondo cui il piano territoriale di coordinamento provinciale potrebbe avere valore e portata anche dei piani di bacino, oltre che dei piani di tutela nei settori di protezione della natura, dell' ambiente, delle acque, della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali. Del resto, gia i nuovi piani paesaggistici previsti dal codice dei beni culturali prevalgono sui piani territoriali urbanistici, rna anch'essi sarebbero subordinati ai piani di bacino, evidenziando ancora una volta una mancanza di coordinamento legislative ed un esempio significative della decadenza della tecnica di produzione delle leggi. I piani di bacino dovrebbero essere attuati attraverso programmi triennali di intervento, che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalita dei piani medesimi e contenendo l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria (art. 69, comma 1, d.lgs. cit.). Inoltre, in attesa dell'approvazione del piano di bacino, le Autorita di bacino adottano misure di salvaguardia immediatamente vincolanti sino all'approvazione del piano e comunque per un periodo non superiore a tre anni (art. 65, comma 7, d.lgs. cit). Sempre nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorita di bacino dovrebbero adottare piani stralcio per la tutela del rischio idrogeologico, senza bisogno della preventiva sottoposizione a valutazione ambientale strategica, rna con determinazione della Conferenza istituzionale permanente (artt. 67, comma 1, e 68, comma 1, d.lgs. cit.).
no centrale (comprendente 6 bacini); Appennino meridionale (comprendente 14 bacini); distretto Padano (bacino del Po); distretto pilota del Serchio (bacino del Serchio); Sardegna (bacini regionali); Sicilia (bacini regionali). Per bacino idrografico s'intende il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta. Per ogni distretto idrografico eistituita una Autorita di bacino, di cui sono organi la Conferenza istituzionale permanente (indicata in precedenza al n. 2), il Segretario generale (nominate dalla Conferenza istituzionale), la Segreteria tecnico-operativa e la Conferenza operativa di servizi (art. 63, comma 6, d.lgs. cit.). Le nuove autorita di bacino sostituiscono le autorita di bacino, di cui all'abrogata legge 183 del 1989, che sono state inizialmente soppresse a far data dal 30 aprile 2006 (soppressione prorogata fino all'entrata in vigore del decreto modificativo del citato d.lgs. 152/2006). Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e regolamentato il periodo transitorio e disciplinato il trasferimento di funzioni e del personale, salvaguardando i livelli occupazionali, definiti al 31 dicembre 2005, e previa consultazione dei sindacati (art. 63 d.lgs. cit.). La nuova normativa, come le modifiche del codice dei beni culturali, accentuano i poteri dell'amministrazione statale in materia di legislazione concorrente e potrebbero far sorgere dubbi di legittimita costituzionale. Ma, secondo l'art. 176 del d.lgs. in esame, le suindicate disposizioni costituirebbero principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. Intanto, mentre la legislazione si rinnova in un crescendo di complessita e di confusione, la cronaca continua a registrare gravi disastri in varie localita. Il principale problema consiste nella gestione rapida ed efficiente degli strumenti legislativi.
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3. Autorita di bacino e distretti idrografici L'art. 64 d.lgs. 152 del 2006 ripartisce l'intero territorio nazionale in otto distretti idrografici: Alpi orientali (comprendente quattro bacini); Appennino settentrionale (comprendente 11 bacini); Appenni-
(2) Cfr. I' art. 18 della Iegge della Regione Campania 22 dicembre 2004 n. 16.
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4. La valutazione ambientale strategica (VAS) In attuazione della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001, il d.lgs. 152 del 2006 disciplina
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CAPITOLO III
anche Ia valutazione ambientale strategica (VAS), cui devono essere sottoposti i piani e i programmi, che possono avere effetti significativi sull'ambiente e sui patrimonio culturale. Fra gli altri, sono sottoposti a VAS, oltre ai piani di bacino, tutti i piani e programmi, che concernino «i settori della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli» e che contengano la localizzazione o comunque la realizzazione di opere ed interventi i cui progetti sono sottoposti a valutaziorie di impatto ambientale (n. 5). Ma Ia sottocommissione competente potrebbe sottoporre a VAS anche altri piani e programmi, ritenuti egualmente capaci di produrre effetti significativi sull'ambiente e sui patrimonio culturale. Solo in tal caso sono sottoposti a VAS tutti i piani e programmi «che determinano l'uso di piccole aree a livello locale» e le modifiche dei piani e programmi gia approvati. Ai fini dell' approvazione dei piani e programmi per i quali non e obbligatoria la sottoposizione a VAS, l'autorita competente all'approvazione del piano o programma deve preliminarmente verificare se il medesimo possa avere effetti significativi sull' ambiente secondo i criteri (peraltro generici e non sempre chiari) indicati nell'allegato II alIa parte seconda del d.lgs. 152 del 2006. In tutti i casi, prima ed ai fini dell'approvazione dei detti piani e programmi, deve essere redatto un rapporto ambientale, che costituisce parte integrante del piano o del programma proposto. In tale rapporto devono essere indicati e valutati gli. effetti significativi che l'attuazione del detto piano o programma potrebbe avere sull'ambiente e sui patrimonio culturale, nonche le eventuali ragionevoli alternative (art. 9 d.lgs. cit.). I piani e programmi, la cui approvazione compete ad organi delle State, devono essere inoltrati (unitamente al rapporto ambientale) ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali, nonche alia Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali e agli altri Ministeri eventualmente interessati. La detta Commissione- istituita presso il Ministero dell'ambiente con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri - e composta da settantotto membri, oltre al presidente ed a tre vice presidenti, che so no preposti rispettivamente a tre settori operativi (VAS, VIA e prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento).
LA TUTELA AMBIENTALE
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La Commissione, che di norma opera attraverso sottocommissioni, assicura al Ministero dell'ambiente il supporto tecnico-scientifico per I' attuazione della Iegge. Sulla proposta di piano o programma, debitamente pubblicata (art. 10, comma 3, d.lgs. cit.), sono previste ampie consultazioni e chiunque, entre 45 giorni dalla pubblicazione, puo presentare le proprie osservazioni. Va segnalato, in particolare, che le pubblicazioni e consultazioni previste sostituiscono ad ogni effetto tutte le forme di informazione e partecipazione stabilite dalle procedure ordinarie di adozione ed approvazione dei medesimi piani o programmi (art. 10, comma 5, d.lgs. cit.). Cia, quindi, dovrebbe valere anche con riferimento aile procedure previste dalle leggi regionali per l'approvazione dei piani territoriali ed urbanistici, modificando parti importanti della legislazione regionale in materia. II richiamato parere della sottocommissione tecnico-consultiva che esamina anche le osservazioni presentate - e trasmesso al Ministro dell'ambiente, che, di concerto con il Ministro per i beni culturali e con il Ministro proponente, entre i successivi trenta giorni provvede all'adozione del giudizio di compatibilita ambientale (e, in mancanza, provvede in via sostitutiva, il Consiglio dei Ministri entre sessanta giorni, previa diffida all'organo competente a provvedere entre venti giorni. In ogni caso, ove manchi anche il provvedimento del Consiglio dei Ministri, · s'intende emesso giudizio negative sulla compatibilita ambientale del piano o programma). L'approvazione del piano o del programma non puo essere incompatibile con il detto giudizio (art. 12, comma 3, d.lgs. cit.). Ove trattasi di piani o programmi sottoposti a VAS e Ia cui appi:ovazione compete aile regioni o agli enti locali, tale valutazione e effettuata in sede regionale, con le procedure stabilite dalle regioni con preprie leggi e regolamenti, ferma restando l'applicazione delle disposizioni suindicate, relative agli obiettivi, all' ambito di applicazione, alia pubblicita, aile consultazioni e al giudizio di compatibilita ambientale (risultando cosi poco chiari i limiti della specifica normativa rimessa aile determinazioni delle Regioni, per le quali non si fa riferimento soltanto alia Commissione tecnico-consultiva istituita presso il Ministero).
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CAPITOLa III
LA TUTELA AMillllNTALll
In ogni caso, la disciplina stabilita per la VAS in sede statale si applica fino all' entrata in vigore della normativa regionale. In Campania, la legge regionale n. 16/2004 (art. 47) sottopone a VAS i piani urbanistici in genere e, quindi, anche i piani attuativi (procedura non necessaria ove questi non contrastino con il piano generale gia valutato favorevolmente).
mantenimento della varieta delle specie, ecc.), per ciascun progetto devono essere valutati gli effetti diretti e indiretti della sua realizzazione sull'uomo, sulla fauna, sulla flora, sul suolo, sulle acque di superficie e sotterranee, sull' aria, sul clima, sul paesaggio e sull'interazione tra detti fattori, sui beni materiali e sul patrimonio culturale e ambientale. Per i progetti di opere ed interventi sottoposti ad autorizzazione statale e per quelli aventi impatto ambientale interregionale o internazionale, la VIA compete al Ministro dell' ambiente di concerto con il Ministro per i beni culturali, sentita la regione interessata e sulla base dell'istruttoria esperita dalla Commissione tecnico-consultiva (art. 37 d.lgs. cit.). Negli altri casi, la competenza e attribuita dalla regione, tenuto canto della competenza al rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione dell'opera. Per ottenere la VIA, il committente o il proponente l'opera o l'intervento deve inoltrare all'autorita competente apposita domanda, allegando il progetto con il relative studio di impatto ambientale, redatto ai sensi dell'art. 27 del d.lgs. 152/2006. Copia della domanda e degli allegati deve essere trasmessa alle Regioni, alle Province ed ai Comuni interessati e, nel caso di aree protette, ai relativi enti di gestione, che devono esprimere il lora parere entro il termine perentorio di sessanta giorni (art. 36 d.lgs. cit.). Il citato d.lgs. indica anche le misure di pubblicita e le forme di partecipazione al procedimento per la VIA, in modo che chiunque possa presentare le proprie osservazioni nel termine di 45 giorni dalla prescritta pubblicazione (art. 28, comma 2, lett. b, d.lgs.). Salvi alcuni casi di interruzione o sospensione espressamente previsti, la procedura di VIA deve concludersi con un giudizio motivate entro 90 giorni dalla detta pubblicazione (pena l'intervento sostitutivo da parte del Consiglio di Ministri entro 60 giorni, previa diffida all'organo competente ad adempiere entro 20 giorni). In mancanza, come per la VAS, per i progetti soggetti a VIA in sede statale, il silenzio equivale a giudizio negative sulla compatibilita ambientale del progetto. Ferma restando l'applicazione dei principi suindicati, le regioni possono disciplinare con proprie leggi e regolamenti le procedure per la VIA in sede regionale, individuando, fra l'altro, l'autorita competente in materia di VIA, l'organo tecnico per lo svolgimento
5. La valutazione di impatto ambientale (VL4) Sono assoggettati alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) una lunga serie di opere il cui progetto e sottoposto ad approvazione od autorizzazione. Tali progetti sono indicati dall'art. 23 del d.lgs. 152 del 2006, con riferimento ai relativi allegati (partie. allegata III). Si tratta di numerose categorie di opere, di cui si presume un rilevante impatto ambientale: raffinerie di petrolia greggio; centrali termiche; centrali nucleari; acciaierie; impianti per ricavare determinati metalli grezzi o per l'estrazione di amianto; impianti chimici integrati; tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza; aeroporti; autostrade e vie di rapida comunicazione; nuove strade a quattro o piu corsie o ampliamento a quattro corsie di strade esistenti; moli di carico e scarico e porti turistici; impianti di smaltimento dei rifiuti; opere per il trasferimento di risorse idriche; impianti di trattamento delle acque reflue; dighe; impianti per 1' allevamento intensive di pollame o di suini; determinati impianti industriali; cave e attivita minerarie; elettrodotti; impianti per lo stoccaggio di prodotti petroliferi o di gas combustibili; recupero di suoli dal mare. Per le suddette opere, l'allegato reca una serie di specificazioni e di limiti quantitativi per determinare quali progetti sono soggetti a VIA. Notevolmente piu ampio e l'elen\:o dei progetti soggetti a VIA, ove si tratti di opere ricadenti anche parzialmente all'interno di aree naturali protette. Anzi, per tali opere, le soglie dimensionali, ove previste, sono ridotte del cinquanta per cento. Allo scopo di assicurare la realizzazione degli obiettivi della VIA (protezione della salute e miglioramento della qualici della vita;
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CAPITOLO III
dell'istruttoria, le eventuali deleghe agli enti locali, le eventuali diverse modalita per l'informazione e la consultazione del pubblico. Inoltre, le regioni possono stabilire la prorogabilita dei termini per la conclusione della VIA sino ad un massimo di 60 giorni, nonche norme per il coordinamento della VIA con le procedure ordinarie di assenso alla'·realizzazione delle opere. Per l' emanazione della normativa regionale il d.lgs. indica un termine di 120 giorni, ferma restando, in mancanza, l'applicazione delle disposizioni della stesso d.lgs. e dei relativi allegati. Altre competenze delle regioni in materia di difesa del suolo e di latta alla desertificazione sono elencate all'art. 61 del d.lgs. 152 del 2006. Fra queste, e attribuita alle regioni la competenza per l'elaborazione, approvazione ed attuazione dei piani di tutela delle acque, cioe di piani di settore, recanti le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico (art. 121 d.lgs. cit.).
CAPITOLOIV
I LIVELLI DI PIANIFICAZIONE URBANISTICA. DELEGA AGLI ENTI LOCAL!
SOMMARIO: 1. Rapporto gerarchico. - 2. State, Regioni e legislazione urbanistica. - 3. Le deleghe regionali agli enti locali.
1. Rapporto gerarchico Come si e accennato, la legge urbanistica generale del 1942 introdusse tre livelli di pianificazione (piano territoriale di coordinamento a livello regionale o sub-regionale; piano esteso all'intero territorio comunale; piano esecutivo .a livello di quartiere), stabilendo tra lora un rigoroso rapporto gerarchico, nel sensa che le disposizioni contenute nel piano di un determinate livello devono essere rispettate dal piano di livello inferiore, senza alcuna possibilita di deroga. In altri termini, se nella formazione di un piano a livello inferiore, risultasse necessaria la modifica di una disposizione del piano sovraordinato, bisognerebbe provvedere preventivamente ad una variante del piano di livello superiore (salvo casi eccezionali espressamente previsti da leggi speciali, come la Iegge 219 del1981 per la ricostruzione e lo sviluppo dei territod colpiti dal terremoto del novembre 1980). L'esperienza maturata nei sessant'anni successivi all'approvazione della legge del 1942 ha dimostrato che la prevista articolazione dei livelli di pianificazione si e rivelata superiore alle capacita di realizzazione della pubblica Amministrazione competente, specialmente in alcune Regioni. In Campania, il piano territoriale di coot·dina-
CAPITOLO IV
I LIVELLI Dl PIANIFICAZIONE URBANISTICA
mento non e stato approvato e un consistente numero di Comuni sono tuttora sprovvisti di qualsiasi piano urbanistico; inoltre, i piani regolatori particolareggiati sono stati frequentemente attesi invano, anche per l'introduzione di altri numerosi tipi di piani esecutivi. Pertanto, specialmente nelle dette Regioni sarebbe stato preferibile una semplificazione dell'articolazione dei livelli di pianificazione, che invece e stata generalmente complicata con l'introduzione di un quarto livello di pianificazione (per lo piu il piano territoriale provinciale) e con una moltiplicazione dei vari tipi di piano, la cui sovrapposizione non si riesce concretamente a superare. Indubbiamente pua ritenersi necessaria un piano urbanistico unitario a livello intermedio, tra la Regione ed i Comuni, cioe un piano regolatore per i vari comprensori omogenei generalmente individuabili all'interno del territorio regionale. Ma cia andava realizzato mediante una generale rifonna dell'ordinamento urbanistico, tendente a ridurre i livelli di pianificazione, oltre a comportare - come gia sta avvenendo in alcune leggi regionali (t) - il superamento del detto rigido sistema di pianificazione, rendendo piu elastica il rapporto tra i diversi livelli di piano, in modo da favorire un processo continuo dell'attivita. di programmazione economica ed urbanistica (2),
Stato, Regioni ed enti locali dovrebbe essere il seguente: lo Stato stabilisce i «principi fondamentali» (auspicabilmente mediante apposite leggi, dette «leggi quadro» o, meglio, «leggi-cornice»); le Regioni legiferano nell'ambito dei detti principi fondamentali e delegano, di norma, agli enti locali (partie. Comuni e Province) l'esercizio della relativa attivita amministrativa. Anzi, l'art. 9 della legge statale 10 febbraio 1953, n. 62, subordinava I'attivita legislativa regionale alia preventiva emanazione della legge statale contenente i relativi principi fondamentali. Qyesta legge fu poi abrogata con I' art. 17 della legge 16 maggio 1970, n. 281, chemise in grado le Regioni di legiferare, tra l'altro, in materia urbanistica, previa emanazione di un decreta legislative recante l'indicazione delle competenze trasferite (D.P.R. 15 gennaio
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2. Statv, Regioni e legislazione urbanistica Secondo 1' originaria formulazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in alcune materie, fra cui l'urbanistica (3), il rapporto tra
(1) Cfr., ad es., L.R. Toscana, 3 gennaio 2005 n. 1; e !a L.R. Campania, 22 dicembre 2004 n. 16. (2) Cfr. D'ANGELO, Pianificazione urbanistica: presente f foturo, in Riv. giur. edilizia, 1999, II, 55 sgg. (3) Da tempo nel concetto di urbanistica e stato compreso tutto cio che concerne l'uso dell'intero territorio (e non solo gli aggregati urbani) ai fini della localizzazione e tipizzazione degli insediamenti di ogni genere con le relative infrastrutture (v., con riferimenti legislativi e giurisprudenziali, DA.MONTE, La nozione di urbanistica .. ., in Riv. giur. edilizia, 2000, I, 731 sgg.). Con !a modifica dell'art. 117 della Costituzione, fra le materie di esclusiva competenza regionale l'urbanistica e stata sostituita dal «governo del territorio», Ma, come si dira anche nel testo, forse nulla esostanzialmente cambiato
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1972, 11. 8). Ma se cia ha consentito l'avvio della legislazione regionale, non ha di contra risolto i problemi che incidono in maniera determinante sul piano dell'autonomia legislativa delle Regioni. In particolare e stato attuato il nuovo assetto istituzionale senza fissazione dei principi fondamentali, la cui funzione di strumenti guida per la legislazione regionale di dettaglio ·e insostituibile. · Con la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, il problema non risulta ancora risolto. Infatti, nella sua nuova formulazione, l'art. 117 della Costituzione include fra le materie di legislazione cancerrente il «governo del territorio» e non parla piu di urbanistica. Pertanto, allo stato attuale e controverso se nell'espressione «governo del territorio» sia compresa o meno anche l'urbanistica. Mentre la soluzione negativa esduderebbe ogni competenza della legge statale in materia di urbanistica, in base alia soluzione affermativa - che allo stato attuale sembra prevalente (4) - le Regioni conserverebbero la potesta legislativa in materia urbanistica sempre con la riserva alia legislazione statale per la determinazione dei principi fondamentali. II 28 giugno 2005, la Camera dei deputati ha approvato un disegno di (v. MACCABIANI, La corte <
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Iegge sul governo del territorio, rna il Senate. non ha pro~eduto all'approvazione definitiva prima della concl~s10ne. del~a l~g~slatura. Pertanto, la mancanza di una Iegge recante 1 dett1 prmcrp1 fondamentali ha determinate e probabilmente determined non poca confusione. Infatti, l'assenza di sicuri punti di riferimento ha costretto il legislatore regionale ad operare entre i lim~ti dei princ~pi f?~~amen~ tali desumibili dalla legislazione statale vrgente, con mtmbrh gravr incertezze che si riflettono anche nel momenta in cui lo State, tramite il g~verno, e chiamato ad operare il controllo c?stituzi~nale sulle leggi regionali. La realizzazione della programmaz10ne reglOnale necessitava e necessita di principi certi e chiari che servono da quadro di riferimento specialmente in ordine alla distribuzi?ne.dell~ competenze tra State e Regioni in materia ~i. assetto del ~erntono, dr difesa del suolo e delle cosiddette opere dr mteresse reg10nale o nazionale. La certezza dei principi fondamentali e necessaria non solo nei riguardi della singola Regione, rna anche ~ soprattutto per la ~fera interregionale, poiche non e infrequente 11 caso che una Reg10ne ponga indirizzi legislativi di rilevante impo~tanza: seguiti .a~~he da altre Regioni, rna che in altri casi vengono ~rsatt:sr ~ re~eprtl ~n n:o~ do differente, con conseguente disomogenerta dr pnncrpr legrslatlVl nelle diverse Regioni. . Intanto - secondo l'art. 9 del citato D.P.R. n. 8 del 1972 e p01 per l'art. 81 D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616- lo State, in attesa della «Iegge cornice», avrebbe dovuto esercitare una funzione di ind~rizzo e di coordinamento, identificando altresi le linee fondamentah dell'assetto del terri to rio nazionale, con particolare riferimento all' articolaz~o ne territoriale degli interventi di interesse statale ed alla tutela ambientale ed ecologica del territorio, nonche alla difesa del suolo. Invece - salvo quanta potra verificarsi con 1' applicazione della Iegge sulla difesa del suolo, di cui al capitola precede.nte - ~em~eno questa funzione e stata svolta, mentre sarebbero statl ausp1cab1h anche piani territoriali nazionali ed interregionali. . . . Ma ora la ripartizione delle competenze tra State, Reg10m ed ent1 locali in materia di territorio ed urbanistica e stata definita dalla Iegge 'delegata n. 112 del 1998 (art. 52 sgg.), con inn?~azioni (pera~ tro non radicali), di cui si fara cenno distintamente. E 1mportante n-
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lev~re, ~era, :he l'art. 56 della Iegge citata conferisce alle Regioni e agh entrlocah tutte le funzioni amministrative statali in materia non espressamente mantenute allo State dalla Iegge medesima. '· Peraltro, il successive testa unico sull'edilizia reca numerose norme di dettagli? in materia di governo del territorio, dichiarando (art. 2, c. 3) che srffatte norme operano direttamente nei riguardi delle Regioni a statuto ordinaria <
tJ:l s~olo e tutela delle acque,· protezione della natura; gestione dei rifiuti; mquz~a:rzent~ e ri~ch~o ambientale,· P_romozione di politiche di sviluppo sostenzbzle,· rzsorse zdrzche» (art. 35 c1t.). Invece, spettera al Ministero delle infrastrutture e dei. trasporti il compito di indicare le Iinee fondame.ntali ~ell'assetto d.el territorio «con riferimento aile reti infrastmt-
turalz e al szstema delle cztta e delle aree metropolitane, reti infrastrutturali e opere di competenza statale; politiche urbane e dell'edilizia abitativa; op.ere nyarittime e infra:trutture idrauliche, trasporti e viabilita» (art. 41 crt.). E fin troppo evrdente che la distinzione riportata avrebbe sensa co~ riferimento ai singoli interventi, rna e assurda la disposta separazlOne delle competenze, ove si tratta di identificare le linee fondamentali dell' assetto del terri to rio, che dovrebbero derivare da una visione globale ed unitaria delle varie e differenti esigenze di tutela e di interventi sui territorio. Intanto, almena finora, si e verificato il crescente accavallarsi, in materia urbanistica, di provvedimenti legislativi statali e regionali, senza pater piu ormai individuare i criteri seguiti dallo State e dalle
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Regioni nel ritenere la propria competenza a legiferare nei limiti di cui all' art. 117 della Costituzione. Sembra, anzi, che il quadro costituzionale sia state in parte rovesciato, a seguito dell'emanazione (da parte di numerose Regioni) di leggi urbanistiche generali incidenti su aspetti, anche innovativi, di grande rilievo, mentre sono approvate molte leggi statali che modificano o integrano norm~ urbanistiche di dettaglio, talvolta gia modificate o integrate da prowedimenti legislativi regionali. In altri termini, lo Stato - in luogo di precisare i principi fondamentali in materia - ha emanate numerose leggi di dettaglio, senza tener canto della legislazione regionale eventualmente esistente sull'argomento e, talvolta, inserendo le Regioni in procedimenti amministrativi statali o dando ad esse specifiche competenze amministrative (rna sempre intaccandone la potesta normativa). Fra le richiamate leggi statali di dettaglio, sono compresi i numerosi (e discutibili) provvedimenti legislativi statali recanti specifiche ipotesi di approvazione di progetti aventi valore di variante automatica dei piani urbanistici. Ad esempio, l'art. 5 della legge 22 dicembre 1969, n. 952, sull'edilizia scolastica, disponeva che «la indicazione di aree non coincidente con le previsioni del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione, disposta con delibera del Consiglio comunale, costituisce, in deroga alle norme vigenti, adozione di variante del piano regolatore generale o del programma 'di fabbricazione» (v. oggi art. 2, c. 3, legge 8 agosto 1996 n. 431). La legge 1° giugno 1971, n. 291, in materia di edilizia universitaria ed ospedaliera, dispone all' art. 3 che «le aree necessarie per 1'esecuzione di opere di edilizia ospedaliera ed universitaria sono prescelte secondo le previsioni del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione, vigente o adottato». I1 secondo comma del medesimo articolo, al fine di superare gli ostacoli di carattere urbanistico che potrebbero impedire una rapida realizzazione delle indicate opere, stabilisce che: «la scelta delle aree non conforme alle previsioni dei predetti strumenti urbanistici, approvati o adottati, deve essere disposta con deliberazione del consiglio comunale... ». La delibera consiliare costituisce, in deroga alle norme vigenti, va-
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riante al piano regolatore generale od al programma di fabbricazione a norma della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modifiche ed integrazioni. La legge 12 dicembre 1971, n. 1133, peril finanziamento dell'edilizia degli istituti di prevenzione e pena, all' art. 6 dispone che la delibera di scelta di un' area non conforme alle previsioni dei piani urbanistici «COstituisce, in deroga alle norme vigenti, variante al piano regolatore generale od al programma di fabbricazione». L' art. 5 della legge 17 dicembre 1971, n. 1158, relative al collegamento viario e ferroviario tra la Sicilia ed il continente, contiene norme del tutto analoghe·alle precedenti. Infine, la legge 18 dicembre 1973, n. 880, riguardante la localizzazione di centrali termoelettriche e reti di trasporto ad alta tensione, dopo aver riservato le scelte definitive al CIPE, tagliando fuori gli organi della pianificazione territoriale (artt. 2 e 5), dispone all'art. 3 che «la determinazione della localizzazione costituisce autorizzazione alla variante del piano regolatore o del programma di fabbricazione, nell'ipotesi in cui l'area localizzata, in ogni caso fuori del centro abitato, non abbia una destinazione industriale». ·.. La tendenza legislativa verso uno sganciamento &a pianificazione urbanistica e localizzazione delle opere pubbliche fu poi ampliata dalla legge n. 1 del gennaio 1978, istituzionalizzando l'istituto della variante automatica allorquando la localizzazione dell'opera pubblica da parte degli enti competenti non fosse compatibile con la destinazione di zona degli strumenti stessi. Q!testa normativa e stata sostituita dall'art. 19 del T.U. 327/2001 sugli espropri, che disciplina l'approvazione da parte del Consiglio comunale del progetto definitive di opere pubbliche non conformi alle previsioni urbanistiche. Tale delihera consiliare costituisce adozione di variante allo strumento urbanistico. In tal caso se la Regione (o 1'ente delegate) non manifesta i1 proprio dissenso entro 90 giorni dalla ricezione della relativa documentazione, il Consiglio comunale rendera efficace la deliberazione in variante in una successiva seduta (s).
(5) L'effetto di variante del piano regolatore conferisce all'opera anche la qualita di
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Poi secondo l'art. 5 della legge 1° agosto 2002 n. 166, l'approvazione da parte del Consiglio comunale di un progetto definitive di infrastrutture di trasporto, viabilita e parcheggi costituisce variante urbanistica a tutti gli effetti. La stessa «legge Bucalossi» (n. 10 del 1977) - mentre ha tentato (pare inutilmente, come si e visto al cap. I, nn. 3 e 4} di modificare il regime dei suoli e dei relativi vincoli urbanistici - non rappresenta, per molti versi, una legge di «principi», bensi contiene una normativa specifica e definitiva su vari istituti, come quello della concessione edilizia. Cia si e ripetuto con la legge 25 marzo 1982, n. 94, che ha modificato, in modo assai specifico, la disciplina del rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni edilizie, che poi e stata oggetto di ulteriori modifiche da parte di vari provvedimenti legislativi statali, fino al testa unico sull'edilizia n. 380 del 6 giugno 2001, e successive modifiche (v. cap. XXN, n. 10). Analoghe considerazioni si potrebbero fare per le norme legislative riguardanti le zone colpite dal terremoto del novembre 1980. Successivamente varie leggi statali hanna previsto diverse ipotesi di opere in deroga agli strumenti urbanistici, per determinate localita, per realizzare parcheggi, per migliorare le strutture turistiche o le infrastrutture collettive in occasione dei campionati mondiali di calcia del 1990, in materia di opere ferroviarie ed impianti aeroportuali (legge 15 dicembre 1990, n. 385, art. 7), per la localizzazione di immobili da destinare a comunita alloggio e centri socio-riabilitativi per portatori di handicap in situazione di gravita (legge 5 febbraio 1994, n. 104, art. 10) e cosi via. In generale la Corte costituzionale non ha avuto occasione di · pronunciarsi sulla conformita delle leggi richiamate ai suindicati principi della Costituzione repubblicana.
Ma, per la legge n. 179 del1992, la Corte costituzionale (6) ha individuate una violazione delle competenze regionali. Si tratta della normativa che ha introdotto i programmi integrati d'intervento (assimilati a piani particolareggiati di limitata estensione). Secondo la sentenza della Corte, la legge statale ha legittimamente introdotto il nuevo tipo di micropiano urbanistico, rna non puc disciplinarne la formazione e gli effetti, che competono all'Ente Regione (v. cap. 'XV, n. 7). In conclusione - al di la della opportunita o meno delle norme suindicate - e evidente la grande confusione ed incertezza, che puo provocare questa crescente invasione di campo (in qualche case anche da parte delle Regioni), sotto il profile della successione delle leggi nel tempo: sullo stesso punta la legge statale potra intervenire a modificare una norma regionale e viceversa, in un processo che potrebbe essere continuo e frequente, con assurde conseguenze facilmente immaginabili. In altri termini, potrebbe diventare sempre piu difficile rispondere al quesito - che, invece, non dovrebbe sorgere - su quale sia la legge vigente in un determinate territorio (ad esempio, v. infta, cap. X, n. 2). In linea di massima si puo dare il consiglio di verificare, anzitutto, quali sono - oltre alle leggi statali in materia urbanistica - le leggi eventualmente emanate dalla Regione interessata. Poi - in caso di contrasto tra le norme statali e quelle regionali sara in pratica opportune;> attenersi alla legge entrata in vigore piu recentemente pur essendo possibile sostenere la prevalenza della norma proveniente dalla fonte competente in base alla Costituzione (cioe della legge statale per le norme di «principia» e della legge regionale per le norme specifiche o di dettaglio) (7). Ma e evidente l'estrema difficolta pratica di questa soluzione, anche a seguito della nueva formulazione dell'art. 117 della Costituzione, approvata con
pubblica utilita, indifferibilita ed urgenza; pertanto, nel caso di opera localizzata su area non destinata a servizi pubblici, !'opera medesima acquista !a detta qualita solo dopa l'approvazio11e da parte della Regio11e (o dell'Ente delegato) (Cons. Stato, Sez. IV, 1° marzo 2001 n. 1145, iv~ 2001, I, 520). Una zona destinata a «fascia di rispetto» non e stata co11siderata area destinata a pubblici servizi (T.AR. Campania, Napoli, Sez. V, 26 febbraio 2002 n. 1093, in Rilssegna T.A.R, 2002, I, 1564).
(6) Cfr. Corte cost., 16 giugno 1992, 11. 283, in Il Carriere giuridico, 1993, 789, con nota di V. CARBONE, e 921, con nota di A. Dr MAJO. (7) Per l'affermazione del carattere sottordinato, nella gerarchia delle fonti normative, della Iegge regionale rispetto a quella statale, v. Cons. Stato, Sez. IV, 2 11ovembre 1993, 11. 958, in Il Cons. Stato, 1993, I, 1390. In senso contrario, v. T.AR. Sardegna, 5 dicembre 1994, 11. 2091, in Rtusegna T.A.R., 1995, I, 932.
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la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3. Infatti, come si e accennato, e controverso se l'urbanistica sia ancora compresa fra le materie di legislazione concorrente oppure se sia stata attribuita in via esclusiva allegislatore regionale. Nel presente volume - di fronte alia varieta delle leggi di alcune Regioni - si fa riferimento alia legislazione statale, indicando le modifiche o le innovazioni introdotte, ovviamente per il proprio territorio, dalla Regione Campania e, in qualche caso, anche da altre RegiOm.
3. Le deleghe regionali agli enti locali Secondo l'accennato quadro costituzionale, di norma le Regioni avrebbero dovuto delegare agli enti locali le proprie competenze amministrative in materia urbanistica, realizzando pili compiutamente il ruolo di Enti destinati, in via di massima, a fare le leggi e la programmazione generale nelle materie ad esse attribuite dalla Costituzione (o anche, a mio avviso, in queUe eventualmente delegate dallo Stato). Cia spesso non e ancora avvenuto (o e avvenuto in ritardo) per vari motivi, compreso quello della generale tendenza - a tutti i livelli - di trattenere e non delegare il potere. Qyesto rilievo non vale, in materia urbanistica, per la Regione Campania, che - negli anni 1980-1982 - ha delegato quasi tutte le proprie competenze amministrative a Comuni, Province e Comunita montane (oltre alia subdelega delle competenze in materia di tutela del paesaggio, di cui si fara cenno al cap. XXI e per la quale la legge 431 del1985 ha segnato un'incisiva rivendicazione di pQtere da parte degli organi statali). Lo schema attuale delle competenze, fra l'altro e con particolare riferimento alia Campania, eil seguente: a) La Regione: provvede alia formazione ed approvazione del plano territoriale regionale (Ptr) (cap. V); verifica la compatibilita del piano territoriale di coordinamento provinciale con il Ptr e con i piani settoriali regionali (cap. VI); attua l'intervento sostitutivo in caso di omissione da parte della Provincia di atti di competenza della
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medesima (art. 39, c. 3, l.r. 16/2004); esercita i poteri in materia di repressione degli abusi edilizi in caso di inerzia comunale (sospensione o demolizione di opere abusive, annullamento di permessi di costruire illegittimi). Potrebbe provvedere, altresi, all'approvazione dei piani paesaggistici (ai sensi del nuovo codice dei beni culturali: v. cap. XXI) e dei piani dei parchi regionali (salva la diversa procedura per I' approvazione di un piano territoriale provinciale con valore di · piano paesistico o di parco naturale: cap. VI). b) La Provincia: provvede alia formazione ed approvazione del piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp) e lo trasmette alia giunta regionale per la verifica di compatibilita con il Ptr e con i piani settoriali (cap. VI); approva i piani regolatori delle aree e dei nuclei industriali, ove non sia stata raggiunta l'unanimita in sede di conferenza dei servizi (salva la diversa procedura di Ptcp avente valore di piano a.s.i.); provvede alia verifica di compatibilita dei piani urbanistici comunali con le normative sovraordinate e, in caso negativo, convoca una conferenza di servizi; attua gli interventi sostitutivi se un Comune omette di compiere un atto di propria competenza (compresa la nomina dei Commissari ad acta, nel caso di inerzia degli uffici comunali sulle domande di permesso di costruire). c) La Comunita montana (B) e stata privata dalla l.r. 16/2004 dei poteri in materia di approvazione dei piani comunali generali dei Comuni interamente montani e dei regolamenti edilizi di tutti i Comuni montani, nonche dell'esercizio del «controllo di conformita» sui piani esecutivi dei detti Comuni. Non risulta, invece, escluso l'intervento sostitutivo della comui:lita montana cui sia rivolta la ri-
(8) Con !a Iegge 14 gennaio 1974 n. 3 (modif. dalla l.r. 1° settembre 1994 n. 31, !a Regione Campania ha istituito 27 Comunita montane, comprendenti Comuni interamente o parzialmente montani. Sono montani i Comuni situati per almeno 1'80% della !oro superficie a! di sopra dei 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello altimetrico non e inferiore a 600 metri (e con un reddito imponibile media per ettaro inferiore a determinati parametri). Sono esclusi i Comuni capoluoghi di provincia e con popolazione superiore a 40.000 abitanti. In base alla Iegge 1102 del 1971, le Comunita montane potevano approvare piani urbanistici sovracomunali, rna tale possibiliti e stata soppressa dalla Iegge 142/1990. In Campania !a l.r. 16/2004 ha soppresso Ia competenza delle Comunita montane per l'approvazione dei piani urbanistici dei Comuni interamente montani.
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chiesta di commissario ad acta che provveda nel case di inerzia dei Comuni interamente montani sulle domande di permesso di costruire (art. 4l.r. n. 19 del2001). d) I Comuni: possono svolgere in generale tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite alla Regione ed alle Province (art. 38, l.r. 16/2004); in particolare provvedono alla formazione del piano urbanistico comunale (Puc); approvano gli atti di prd'grammazione degli interventi nell' area di tre anni; approvano i piani urbanistici attuativi (Pua) (9), aventi valore e portata dei vari piani esecutivi disciplinati dalla legislazione statale; approvano il regolamento urbanistico edilizio comunale (Ruec); costituiscono le societa di trasformazione urbana e territoriale ai sensi dell'art. 36 l.r. 16/2004. Finora in Campania, Regione ed enti locali non hanna provveduto o, talvolta, hanna provveduto con molto ritardo, all'approvazione degli atti di propria competenza. Nell'auspicabile inversione di tendenza, sembra pnontaria sia l'approvazione definitiva dei piani territoriali sovraordinati - che servirebbero da guida e da coordinamento per l'approvazione dei piani comunali - sia il trasferimento agli stessi enti locali di personale e di risorse finanziarie adeguate.
.(9) A ~eguito d~l terremoto del 23 novembre 1980, !a Iegge 14 maggie 1981 n. 21'9 atU:tbui at Comum !a competenza ad adottare speciali piani esecutivi, anche in deroga a~h stru~enti ur~~nistici generali (piani di zona, piani di recupero, piani degli insedtamentt produttlVl). Nuove norme furono introdotte con il testa unico 30 marzo 1990 n. 76 e con le leggi 23 e 31 dicembre 1998 nn. 448 e 483.
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CAPITOLOV
LA PIANIFICAZIONE URBANISTICA REGIONALE
SOMMARIO: 1. Il piano territoriale di coordinamento. - 2. Il piano territoriale regionale in Campania.
1.
It piano territoriale di coordinamento
Gia la legge urbanistica del 1942 aveva avvertito la necessita di una pianificazione urbanistica a livello sovracomunale (regionale o subregionale), che recasse le necessarie direttive per un assetto organico del territorio e per coordinare i piani urbanistici comunali. Secondo l'art. 5 della legge citata il piano territoriale deve individuare le direttive di sviluppo del territorio regionale, indicando le eventuali zone di espansione (residenziale, produttiva, turistica, ecc.) e le zone soggette a speciali vincoli o limitazioni (ad esempio, per la tutela del paesaggio e dei parchi naturali o per la difesa del suolo e dell'agricoltura). Inoltre, il piano territoriale deve indicare le principali infrastrutture di trasporto d'interesse sovracomunale e la localizzazione di attrezzature collettive aventi un vasto raggio d'influenza. · L' approvazione di tali piani - originariamente di competenza ministeriale - e stata demandata ai Consigli regionali, d'intesa con le altre Amministrazioni interessate. Si doveva trattare di un piano a larga trama, recante direttive non puntualmente definite, rna da specificare in sede di pianificazione
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comunale (1). Pertanto, secondo la legge del1942, il piano territoriale non reca disposizioni immediatamente vincolanti, essendo necessaria che le direttive del piano stesso siano specificate e recepite in un piano sottordinato. In altri termini, le disposizioni del piano di coordinamento non sono dirette a disciplinare immediatamente l'attivita edilizia, rna devono essere rispettate dai Comuni nella formazione dei vari strumenti urbanistici. In ogni case l'approvazione di tali piani sovracomunali sarebbe stata molto utile, per evitare tanti squilibri territoriali determinati dalla mancanza di una pianificazione sovracomunale (congestione della fascia costiera, cinture industriali interne ai centri abitati e, viceversa, insediamenti residenziali a ridosso delle industrie, ecc.). Purtroppo, i detti piani territoriali sono stati approvati solo in poche Regioni e con molto ritardo e sempre in mancanza di un concreto coordinamento con le direttive di programmazione economrca. Oramai, la legislazione regionale ha normalmente sostituito il piano territoriale di coordinamento con un piano urbanistico regionale diversamente denominate, rna sempre con la funzione di dettare le principali direttive per l'assetto del territorio da specificare nella pianificazione sottordinata. La Regione Campania - che non ha mai avuto un piano territoriale di coordinamento - con la legge 22 dicembre 2004 n. 16, ha introdotto il piano territoriale regionale, di cui al numero seguente.
2. It piano territoriale regionale in Campania
La legge della Regione Campania 22 dicembre 2004 n. l6 ha so(1) La giurisprudenza ha ritenuto che il piano urbanistico regionale non puo disporre la destinazione urbanistica dei beni statali (demanio e patrimonio in~isponibile dello Stato) senza la previa intesa Stato-Regione (Cons. Stato, Sez. N, 28lugho 1992, n. 692, in Il Cons. Stato, 1992, I, 898; 5 novembre 1991, n. 905, iv~ 1991, I, 1640; 5 ottobre 1991, n. 775, iv~ 1991, I, 1450). Il p.t.c., per la sua natura di piano urbanistico sovraordinato alla pianificazione di dettaglio, non puo sovrapporsi a quest'ultima, localizzando i nuovi interventi o il soggetto favorito (T.A.R. Liguria, Sez. I, 28 settembre 2002 n. 982, in Rassegna TA.R, 2002, I, 3945).
LA PIANIPICAZ!ONE URBAN!STICA REGION ALE
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stituito il piano territoriale di coordinamento con i1 piano territoriale regionale (Ptr). Nel rispetto della legislazione statale e della normativa comunitaria, il Ptr detta le principali disposizioni per l'assetto del territorio regionale in coerenza con la programmazione socio-economica. L'art. 13 della legge citata reca un lunge elenco di obiettivi e di indirizzi, che devono essere contenuti nel Ptr e poi specificati dai piani sottordinati. In particolare, il Ptr - nel tracciare le linee principali dell'assetto del territorio - deve indicare, fra 1'altro, le grandi infrastrutture di comunicazione viaria, ferroviaria e marittima, nonche i nodi di interscambio modale per persone e merci, le strutture aeroportuali e portuali, gli impianti principali per l'energia e le telecomunicazioni. Il Ptr deve indicare, altresi, i carichi insediativi ammissibili sul territorio, nonche gli indirizzi per la distribuzione degli insediamenti produttivi, commerciali, turistico-ricettivi e per la tutela dell'attivita agro-silvo-pastorale. Inoltre, il Ptr ha il compito di indicare i criteri per la difesa del suolo, dalla bonifica dei siti inquinati alla individuazione dei fattori di rischio per l'integrita fisica e l'identita culturale del territorio. • La proposta di un piano siffatto deve essere elaborata ed adottata dalla Giunta regionale, senza l'obbligo di preventive consultazioni almeno con le Amministrazioni coi'nvolte nel governo del territorio. Cio ha fatto temere che la proposta di Ptr possa considerarsi calata dall'alto, senza alcuna certezza circa la rispondenza delle direttive predisposte alle effettive esigenze delle comunita locali. Tuttavia, si puo immaginare che la Giunta regionale - prima di adottare la proposta di Ptr - provveda, sia pure in via informale, a consultazioni con le Amministrazioni ed istituzioni competenti. Ad ogni modo, dope 1'adozione delle proposta di Ptr da parte della Giunta regionale, la legge prevede una fase di larga partecipazione all'esame del piano proposto. Infatti, e prescritto che, entre sessanta giorni successivi all' adozione, la proposta di piano sia pubblicata sul bollettino ufficiale regionale e trasmessa alle province e, inoltre, che la notizia dell'adozione sia pubblicata sulla gazzetta ufficiale della Repubblica e su due quotidiani a diffusione regionale. Nei successivi sessanta giorni la Regione deve convocare una con-
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ferenza di pianificazione, invitando a partecipare gli enti locali e le altre amministrazioni interessate alla programmazione, nonche le organizzazioni sociali, culturali, economico-professionali, sindacali e ambientaliste 'di livello regionale (secondo una prima ampia elencazione gia indicata con delibera della Giunta regionale della Campania). In questa conferenza - che verosimilmente non sara agevolmente gestibile per il gran numero e la rilevanza dei soggetti invitati - potranno essere presentate osservazioni e proposte di modifica del Ptr adottato dalla Giunta regionale (2). Entro i sessanta giorni successivi alla conclusione della conferenza di pianificazione, la Giunta regionale valuta le osservazioni e le proposte di modifica acquisite e provvede all' adozione definitiva del Ptr ed alla trasmissione al Consiglio regionale per l'approvazione. Indubbiamente, il Consiglio regionale puc approvare o meno il piano trasmesso o modificarlo anche radicalmente. Ma, in pratica, il Consiglio regionale risultera fortemente condizionato dalle scelte compiute dalla Giunta sulla base delle istanze presentate dai tanti enti ed associazioni consultati. Trattasi sostanzialmente di un esempio della tendenza diretta a potenziare le competenze degli organi di governo della Regione e degli enti locali ed a ridurre i poteri delle Assemblee quasi ad una funzione di controllo. Dopa l'approvazione da parte del Consiglio regionale, il Ptr e pubblicato sui bollettino ufficiale della Regione ed entra in vigore dopa quindici giorni dalla pubblicazione, con effetti a tempo indeterminate. La procedura suesposta deve essere seguita anche per l'approvazione di varianti del Ptr, rna in tal caso i termini indicati sorio ridotti alla meta. Q!testa riduzione non e prevista da altre leggi regionali, che non prevedono alcuna modifica procedurale per l'approvazione di varianti del Ptr oppure limitano Ia riduzione dei termini soltanto
(2) L'organizzazione delle suindicate consultazioni e stata complicata dalla Giunta regionale (err. D'.ANGEW, Legge urbanistica della Campania: lucie ombre, in Riv. giur. edilizia, 2006, II, 6).
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nel caso di determinate varianti (non sostanziali o di disposizioni programmatiche o conseguenti a variazioni della normativa vigente, ecc.). Opportunamente, poi, la legge della Campania attribuisce alla competenza della Giunta regionale l'approvazione delle variazioni tecniche degli elaborati necessari al recepimento di sopravvenute disposizioni legislative statali immediatamente operative. In considera. zione delle prerogative del Consiglio regionale, si deve ritenere che Ia detta competenza della Giunta e limitata soltanto aile ipotesi in cui la variazione da apportare non comporti alcuna valutazione discrezionale. Opportuna e anche Ia norma che affida alia Giunta regionale il compito di verificare lo stato di attuazione del Ptr con cadenza quinquennale e comunque entro sei mesi dalla data di insediamento del Consiglio regionale, ai fini di proporre eventuali aggiornamenti del plano. In ordine all' efficacia del Ptr si puc rilevare una differenza rispetto al piano territoriale di coordinamento disciplinato dalla Iegge del 1942, in quanta il Ptr - oltre a prevedere indirizzi di natura programmatica da specificare nei piani sottordinati - puc contenere anche disposizioni immediatamente operanti, che, ove occorra, si sostituiscono alle diverse prescrizioni dei · piani provinciali e comunali (anche se su questa punta il dettato legislative non e sufficientemente chiaro). Infine, l'art. 14 della citata Iegge della Campania fa riferimento ai piani settoriali regionali (piani dei trasporti, piani di gestione dei rifiuti, piani di bacino, ecc.), stabilendo che le disposizioni di tali piani non compatibili con queUe del Ptr costituiscono varianti di quest'ultimo, qualora siano approvate con la suindicata procedura in materia di varianti del Ptr.
CAPITOWVI lA PIANIFICAZIONE PROVINCIALE
1. Necessita della pianificazione subregionale e sovracomunale. - 2. II miraggio della citta metropolitana. - 3. II piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp) in Campania- 3.1. II contenuto del Ptcp - 3.2. Ptcp e piani settoriali provinciali- 3.3. II procedimento di formazione del Ptcp.
SOMMARIO:
1. Necessita della pianificazione subregionale e sovracomunale La legge urbanistica del 1942 prevedeva un livello di pianificazione regionale (mediante il piano territoriale di coordinamento) e la pianificazione comunale g~nerale ed esecutiva. La stessa legge stabilisce anche la possibilita di formazione di piani regolatori intercomunali (1), che perc non rappresentano un livello
(I) I piani intercomunali sono disciplinati dall'art. 12 della Iegge urbanist1ca generale del 1942, rna oramai sono stati aboliti nelle legislazioni regionali, che hanno generalmente introdotto il piano territoriale provinciale. I piani intercomunali costituivano un piano regolatore generale relative a! territorio di pill Comuni aventi interrelazioni particolarmente strette. La redazione di tali piani poteva essere affidata dal Ministero dei lavori pubblici (e successivamente dalla Regione) a! maggiore dei Comuni interessati, rna poi il progetto di piano doveva essere adottato dai singoli Comuni. Pertanto, assai raramente sono stati approvati piani siffatti. In ogni caso, dopo l'approvazione definitiva di un piano intercomunale, il singolo Comune e sciolto dal vincolo di intercomunalita e potrebbe promuovere eventuali varianti a! piano stesso per !a parte concernente il proprio territorio e con la procedura prevista per il piano generale comunale.
CAPITOLOVI
LA PIANIPICAZIONH PI\OVINC!AI.U
intermedio di pianificazione tra il piano regionale ed il piano comunale, bensi sostituiscono i piani regolatori generali di piu Comuni contermini. Tuttavia, anche questa limitata articolazione dei livelli di pianificazione in qualche Regione non e stata mai attuata oppure e stata attuata con enormi ritardi. Cia ha lasciato vasti territori assolutamente privi di programmazione, nei quali sono prosperati gravi fenomeni di disordinata crescita edilizia e di insediamenti privi delle necessarie infrastrutture primarie e secondarie, a cui si e aggiunta la generalizzata esplosione dell' abusivismo edilizio. Q!Iesta negativa esperienza - oltre a richiedere un salta di qualita nella gestione dell' amministrazione regionale e degli enti locali avrebbe dovuto determinare la tendenza ad una semplificazione dell'ordinamento urbanistico anche evitando la moltiplicazione degli strumenti di pianificazione. Cia non significa negare la necessita di un livello di gestione del territorio intermedio tra la Regione ed i Comuni, anche perche il piano regionale non puo svolgere il duplice ruolo di piano di indiriizo a livello regionale e di strumento di disciplina urbanistica unitaria a livello comprensoriale. Ma - a differenza di quanta e stato generalmente previsto dalle nuove leggi regionali - si poteva assegnare alla Regione soltanto il compito di stabilire indirizzi programmatici di sviluppo economico e di disciplina urbanistica, nonche un servizio di raccolta di dati e di informazioni. Invece, il prima livello di pianificazione urbanistica poteva essere costituito dal piano provinciale, sulla base del quale i Comuni avrebbero potuto provvedere direttamente alla formazione di piani urbanistici esecutivi, senza l'obbligo di approvazione di piani regolatori generali per lo piu privi di una razionale giustiflcazione specialmente nelle aree napoletane, laddove e evidente la necessita di una pianificazione sovracomunale. Ma, come si vedra, il piano urbanistico provinciale e state semplicemente aggiunto ai piani esistenti, come un ulteriore livello di
pianificazione tra il piano regionale ed i piani comunali. Gia nel 1990 il nuevo ordinamento delle autonomie locali attribui alla Provincia il compito di predisporre un piano territoriale di coordinamento per il proprio territorio, che - in attuazione degli indirizzi regionali - recasse le disposizioni generali per l'assetto del territorio, con particolare riferimento alle diverse destinazioni delle varie parti, alla localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e linee di comunicazione, alla difesa del suolo ed ai parchi o riserve naturali (2). Ma la richiamata legge statale demanda alla Iegge regionale di dettare le procedure di approvazione da parte della Provincia del piano territoriale (con il concorso dei Comuni), restando alla Regione solo il compito di accertarne Ia conformita agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale.
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Egualmente, ogni Comune puo approvare piani attuativi del piano intercomunale. Tale piano, infine, produce nei confronti dei privati gli stessi effetti del piano regolatore generale.
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2. Il miraggio della citta metropolitana L'indicata esigenza di pianificazione urbanistica unitaria a livello sovracomunale potrebbe essere soddisfatta ancora meglio per le aree metropolitane, cioe per zone comprendenti i Comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbian@ con essi rapporti di stretta integrazione (in ordine all~ attivita economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonche alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali) (3). La costituzione delle indicate citta metropolitane era obbligatoria, in base alla Iegge 142 del 1990, rna purtroppo le leggi successive- di fronte all'inerzia delle Regioni ed all'opposizione dei portatori diva(2) Secondo il Consiglio di Stato (Sez. N, 20 marzo 2000 n. 1493, in Il Cons. Stato, 2000, I, 619), il piano territoriale di coordinamento della Provincia, di cui all'art. 15, comma 2, Iegge 142 del 1990, non puo introdurre nel piano regolatore generale del Comune prescrizioni e vincoli privi di specifica causate legislativa o non riferibili ad una attribuzione riservata alia Provincia stessa. · (3)II decreta legislativo 31 marzo 1998, n. 112, all'art. 52, ha incluso il sistema delle citta e delle aree metropolitane fra i compiti di rilievo nazionale, anche ai fini della sviluppo del Mezzogiorno e delle aree depresse del Paese.
CAPITOLO VI
LA PIANIFICAZIONE PROVINCIALE
ri interessi particolari - l'hanno resa facoltativa. L'art. 16 della legge 3 agosto 1999, n. 265, stabilisce che la Regione precede alia delimitazione territoriale dell'area metropolitana entro centottanta giorni «su conforme proposta degli enti locali interessati » ( oggi art. 22, c. 2, t. u. 26 7 del2000). E vera chela legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 ha modificato l'art. 114 della Costituzione nel sensa che «la Repubblica ecosti-
La formazione, il contenuto e gli effetti di questa piano urbanistico metropolitano dovranno essere disciplinati con legge regionale. Q!Iesta potrebbe realizzare o meno gli obiettivi prospettati, in ordine alla semplificazione dell'ordinamento urbanistico ed all'attuazione di un processo di pianificazione continua. In particolare, la legge regionale potrebbe prevedere che dal piano urbanistico metropolitano si passi direttamente ai piani attuativi, eliminando l'obbligo del piano regolatore generale per ciascuno dei Comuni compresi nella citta metropolitana. Purtroppo, come si e accennato, le speranze legate all'istituzione delle citta metropolitane finora sono rimaste deluse, anche per l'opposizione delle Regioni. Q!Ieste hanna avuto e conservano il timore di vedere ridotto il lora peso politico, per il grande rilievo che assumerebbero le rispettive citta metropolitane, trovando in cio alleati gli esponenti delle restanti aree regionali, per la preoccupazione di uno sviluppo squilibrato e polarizzato nell'area metropolitana. Intanto, fino all'istituzione della citta metropolitana, la citata legge 3 agosto 1999, n. 265 (all'art. 16), ha previsto la possibilita che la Regione, previa intesa con gli enti locali interessati, definisca ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinate delle funzioni degli enti locali, mediante forme associative, in determinate materie, fra cui la pianificazione territoriale, la difesa del suolo e le reti infrastrutturali (art. _24 t.u. 267/2000).
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tuita dai Comuni, dalle Province, dalle citta metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato». Ma, per ora, non risulta modificata la normativa sulla costituzione delle citta metropolitane. Pertanto, le citta metropolitane non potranno essere costituite se i Comuni non lo vorranno. Occorrera i1 superamento del diffuse municipalismo, affinche il Comune capoluogo e gli altri Comuni dell'area metropolitana decidano di costituirsi in citta-metropolitana. Ove tale costituzione fosse deliberata dall'assemblea degli enti locali interessati, su conforme decisione dei consigli comunali, la deliberazione dovrebbe essere sottoposta a referendum popolare entro centottanta giorni. Nel caso di voto favorevole da parte della maggioranza dei cittadini aventi diritto al voto, si arriverebbe finalmente alla costituzione della citta metropolitana, tramite la Regione e l'approvazione di una legge statale. La «citta metropolitana» avra Sindaco, Giunta e Consiglio metropolitano, eletto direttamente dalla popolazione. In altri termini, dove sara istituita la citta metropolitana non ci sara piu la Provincia con la conseguente necessita di procedere ad una nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali, qualora l'area metropolitana non coincidesse con il territorio di una provincia (e, in linea di mas sima, il Comune capoluogo dovrebbe essere frazionato in piu Cotp.uni: ad esempio, Napoli - la parte comprendente il centro storico - Napoli Fuorigrotta, Napoli Vomero, Napoli Secondigliano, Napoli Ponticelli, etc.). La «citta metropolitana», oltre aile funzioni di competenza provinciale, dovra provvedere alia pianificazione territoriale dell'area metropolitana (art. 19 legge 142/1990). In tal modo, sara realizzata finalmente - sia pure per le aree metropolitane, che perc hanna importanza fondamentale nel Paese- l'auspicata pianificazione urbanistica per vaste aree omogenee di livello subregionale.
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3. Il piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp) in Campania: 3.1. Il contenuto del Ptcp I1 Ptcp integra e specifica le disposizioni programmatiche e precettive contenute nella pianificazione territoriale regionale. Pertanto, con riferimento al territorio della provincia, il Ptcp contiene anch' esso disposizioni di carattere strutturale e programmatico. Fra l'altro, il Ptcp fissa i criteri per il dimensionamento dei piani urbanistici comunali e definisce la rete infrastrutturale e delle altre opere di interesse provinciale, con l'indicazione dei criteri per la localizzazione e il dimensionamento delle stesse, sempre in coerenza
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CAPITOLOVI
LA PIANIFICAZIONE PROVINCIALE
con le previsioni di carattere nazionale e regionale. I1 Ptcp determina anche le zone nelle quali e opportuno istituire aree naturali protette di interesse locale, nonche le potenzialita dei sistemi naturali e antropici del territorio. Nelle disposizioni programmatiche del Ptcp sono definiti anche gli interventi da realizzare in via prioritaria ed i termini, comunque non superiori a diciotto mesi, entro cui i piani urbanistici comunali devono essere adeguati alle disposizioni del detto piano provinciale. II complesso normativo richiamato dimostra come possa essere profondamente compressa l'autonomia dei Comuni nella determinazione dell'assetto del proprio territorio, anche se e sempre piu evidente la necessita di una disciplina urhanistica sovracomunale.
culturali, che detta una diversa disciplina in ordine al contenuto ed alla procedura di approvazione del detto piano paesaggistico. In ogni caso, la legge regionale (art. 19) stabilisce, che i piani settoriali provinciali devono essere coerenti con il Ptcp e che eventuali disposizioni di tali piani non compatibili con queUe del Ptcp possono essere approvate soltanto con la procedura prevista per l'approvazione del Ptcp.
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3.2. Ptcp epiani settoriali provinciali Da tanti anni e stata segnalata la necessita di attuare un principia di unita della pianificazione, superando la sovrapposizione di piani urbanistici e di vari piani territoriali settoriali, che talvolta sono incompatibili tra loro e convivono in un regime giuridico di autonomia reciproca. La citata legge urbanistica della Campania (art. 18) tende a superare l'inconveniente, stabilendo che il Ptcp ha valore e portata di piano paesaggistico ai sensi del d. lgs. 42/2004 (cap. XXI), di piano di bacino, di piano del parco naturale, di piano delle aree di sviluppo industriale, nonche dei vari piani settoriali (ad esempio, per la protezione dell' ambiente, delle acque e della difesa del suolo) (4). Naturalmente, cio in pratica non sara facile, perche ai fini io.dicati la Provincia dovra realizzare apposite intese con le autorita e le amministrazioni rispettivamente competenti nei vari settori. In particolare, e dubbio se la norma in esame sara applicabile con riferimento al piano paesaggistico, di cui al vigente codice dei beni (4) Con delibera 13 giugno 2005 n. 711, la Giunta regionale della Campania ha approvato il piano di bonifica dei siti inquinati della Regione, precisando che gli interventi di bonifica e/o ripristino ambientale devono essere eseguiti anche nel rispetto delle norme urbanistiche, paesaggistiche e ambientali vigenti.
3.3. Il procedimento di formazione del Ptcp Purtroppo la disciplina del procedimento di approvaz10ne del Ptcp ecomplicata e non del tutto chiara. Anzitutto, e rimessa alla discrezionalita della Giunta provinciale avviare o meno il procedimento con una conferenza, a cui - al fine di realizzare le intese occorrenti per dare al piano valenza dei detti piani di settore - sono invitate le amministrazioni statali, la Regione, gli enti e gli organi competenti. In ogni caso, la proposta di Ptcp e adottata d.alla Giunta provinciale e pubblicata mediante deposito presso la segreteria della Provincia ed avviso sul b.u.r.c. e su due quotidiani a diffusione regionale. Entro trenta giorni dalla pubblicazione dell' avviso, gli enti locali e le tante organizzazioni indicate aln. 2 del capitolo precedente possono presentare osservazioni al piano adottato, su cui, nel successivo termine di trenta giorni, saranno chiamati a discutere dalla Giunta provinciale in un' apposita conferenza, che deve essere conclusa in trenta giorni. Dopo la conclusione della conferenza, la Giunta provinciale deve definitivamente adottare il piano e trasmetterlo al Consiglio provinciale per l' approvazione. I1 piano approvato e trasmesso alla Giunta regionale per la verifica di compatibilicl con il Ptr e con i piani settoriali regionali, entro il termine perentorio di novanta giorni, trascorso il quale la verifica s'intende positivamente conclusa. Q!xalora, invece, la verifica dia esito negativo, la Regione convoca una conferenza di servizi con i rappresentanti ed i dirigenti delle amministrazioni regionale e provinciale, allo scopo di rendere com-
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patibile il Ptcp con il Ptr ed i piani settoriali regionali oppure per proporre al Consiglio regionale determinate modifiche del Ptr. In tal caso tali proposte di modifica s'intendono respinte decorso il termine di novanta giorni. Il suindicato procedimento si svolge nelle ipotesi in cui inizialmente non sia stata convocata la detta conferenza per dare al piano anche valenza dei piani di settore oppure in tale conferenza siano state definite le relative intese. Invece, qualora tali intese non siano state raggiunte, la Regione (cioe il Consiglio regionale) non 5i limita ad una verifica di compatibilita del Ptcp, bensi provvede a definire la relativa disciplina di settore per dare al piano stesso la detta valenza, salvo che per il piano paesaggistico, cui deve applicarsi il codice dei beni culturali (art. 143, comma 12, d. lgs. 42/2004). In ogni caso, l'approvazione del Ptcp e pubblicata sul b.u.r.c. e con avviso su due quotidiani a diffusione regionale. Il piano entra in vigore dopa quindici giorni dalla pubblicazione ed ha efficacia a tempo indeterminate. Tuttavia, possono essere approvate anche varianti del Ptcp, seguendo il procedimento suindicato, rna con i termini ridotti della meta, tranne che trattasi di variazioni tecniche degli elaborati - necessarie al recepimento di sopravvenute disposizioni legislative statali e regionali - che sono approvate dalla Giunta provinciale. La Giunta medesima, con cadenza quinquennale e comunque ·entre sei mesi dall'insediamento del Consiglio provinciale, verifica lo state di attuazione del Ptcp e l'opportunita di un eventuate aggiornamento.
CAPITOLa VIII
STANDARD URBANISTICI
SOMMARIO: 1. Legge ponte e disciplina urbanistica. - 2. Standard urbanistici da osservare nella formazione dei piani.
1. Legge ponte e disciplina urbanistica Parte rilevante del caos urbanistico che caratterizza il nostro Paese per molti versi, dell'errata impostazione della pianificazione urbanistica operata nel passato (oltre che della mancata attuazione della pianificazione piu recente). I piani regolatori ed i programmi di fabbricazione sottoposti all'approvazione degli organi statali furono caratterizzati frequentemente da densita edilizie elevate, limiti di altezza eccessivi, distacchi insufficienti, e da scarse dotazioni di spazi pubblici. La corsa alia edificazione, che ha caratterizzato gli anni del dopoguerra e della ripresa economica, ha incise in maniera notevole sull'aspetto delle citta dando inizio ed in parte attuando quel «massacre» urbanistico largamente denunciate. Per porre frena al dilagare di tale inconsulta proliferazione edilizia (punendo anche 1'edificazione abusiva) e per adeguare la normativa della legge urbanistica del 1942 aile mutate esigenze, il Parlamento approve quel provvedimento poi denominate, comunemente, legge-ponte. La legge 6 agosto 1967, n. 765, nacque essenzialmente con lo sco-
e la risultante,
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CAPITOLO VIII
STANDARD URBANISTICI
po di sollecitare la formazione e l' approvazione degli strumenti urbanistici comunali, assicurando la loro attuazione nel modo rispondente all'interesse generale ed alle mutate esigenze, nonche imponendo il rispetto della normativa urbanistica che fino allora era stata largamente e frequentemente violata. II provvedimento legislative si proponeva di agire in maniera determinante sulle cause del disordine urbanistico. Q!teste ultime erano date da una carenza di regolamentazione derivante dalla insufficienza della legge del'42, dalla frequente non rispondenza degli strumenti urbanistici ai criteri di una corretta disciplina del territorio, soprattutto per quanta riguarda la densita, gli indici di utilizzazione edilizia e la dotazione di spazi e servizi pubblici ed infine, rna non ultima, da una generale inosservanza della normativa esistente. In altri termini, la legge ponte del 1967 voleva costringere la pubblica Amministrazione competente non solo ad approvare i piani urbanistici comunali, rna a fare bene tali piani, oltre a prevenire e reprimere piu severamente le costruzioni abusive.
ritorio, solo in funzione di esigenze di inurbamento e di insediamenti residenziali o industriali, anche se - una volta costruite enormi quantita di case o industrie - non sarebbero esistite le indispensabili infrastrutture ed opere necessarie ad una loro confortevole e normale utilizzazione. Per evitare questa irragionevole uso del territorio, il Ministero dei Lavori Pubblici concepi una legge diretta a costringere i Comuni a destinare, nei piani urbanistici, sufficienti aree alle attrezzature collettive, al verde pubblico, alle scuole etc. La legge-ponte, infatti, stabili che con Decreta Ministeriale dovevane essere fissati limiti inderogabili di densita edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi di spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati aile attivita collettive, al verde pubblico o a parcheggi (si tratta del deereto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444). I detti limiti, cioe, non disciplinano direttamente l'attivita edilizia, rna devono essere osservati, senza possibilita di deroga, in sede di formazione degli strumenti urbanistici comunali (generali ed attuativi) (I).
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2. Standard urba~istici da osservare nella formazione dei piani
Uno dei principali obiettivi della legge-ponte per l'urbanistica del 1967 fu quello di accelerare la formazione dei piani urbanistici (piano regolatore generale e programma di fabbricazione) da parte dei Comuni. Tuttavia, gli stessi Comuni, nei casi in cui avevano provveduto a formare i predetti piani, si erano frequentemente dimostrati propensi ad eccedere nella previsione di nuove costruzioni specialmente a scopo residenziale, trascurando non solo una piu rigqrosa e necessaria tutela del territorio, rna anche la destinazione di sufficienti aree ad attrezzature ed impianti di interesse collettivo. Le amministrazioni comunali, cioe,. solitamente ritenevano conveniente formare i piani urbanistici solo laddove con essi si prevedessero gli insediamenti residenziali oppure ampie strade, con cio trascurando l'esigenza di sufficienti insediamenti di scuole, di zone di verde pubblico, di impianti destinati alia vita collettiva, di infrastrutture pubbliche, e cosi via. Si programmava, cioe, lo sviluppo della citta e del circostante ter-
(I) Cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 6 febbraio 1990, in Rassegna T.A.R., 1991, I, 1959, e Cass., Sez. II, 13 febbraio 1996, n. 1086, in Sett'. giur., 1996, II, 647 (secondo cui, pertanto, nei Comuni sprovvisti di piano, Ia distanza tra gli edifici e disciplinata dall'art. 41-quinquies Iegge 1150/1942 e non dal d.m. sugli standard). Nello stesso senso Cass., Sez. un. civ., 1° luglio 1997, n. 5889, in Riv. giur. edilizia, 1998, I, 324, con nota di RAGO. A questa sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione ha aderito Cass., Sez. II, 4 dicembre 1998, n. 12292 (iv4 1999, I, 480, con nota di richiami in diverse senso). Secondo questa sentenza, Ia distanza di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti- prescritta dall'art. 9 del d.m. 1444 del 1968 - impone limiti ai Comuni nella formazione o nella revisione degli strumenti urbanistici, rna non e immediatamente applicabile, in assenza di questi ultimi, nei rapporti privati (conf. Cass., Sez. II, 2 ottobre 2000 n. 13011, in It Cons. Stato, 2000, II, 14). Talvolta, pen), Ia stessa Corte di cassazione ha affermato che il giudice civile puo disapplicare le disposizioni degli strumenti urbanistici, che prevedano distanze inferiori a quelle prescritte dal d.m. sugli standard (cfr. Cass., sez. II civ., 29 ottobre 1994, n. 8944, in Riv. giur. edilizia, 1995, I, 393 e 13 febbraio 1996, n. 1086, iv4 1996, I, 671); secondo il T.A.R. Toscana, Sez. III, 2 ottobre 2000 n. 200, in Rassegna T.A.R, 2000, I, 5205, le distanze prescritte dal citato art. 9 si applicano direttamente «almeno quando non vi sia contrasto con norme di pianificazione urbanistica locale>>; conf. T.A.R. Liguria, Sez. I, 5 ottobre 2001 n. 982, iv4 2001, I, 4091). Piu chiaramente !a Corte di cassazione ha confermato che le distanze legali previste dagli standard urbanistici sono immediatamente applicabili ai rapporti privati, ove
CAPITOLO VIII
STANDARD URBANISTICI
Tali limiti e rapporti devono essere definiti per zone territoriali omogenee e non vanno confusi con le limitazioni all'attivita edilizia, prescritte per i territori comunali sprovvisti di qualsiasi piano urbanistico, proprio allo scopo di sollecitare l'approvazione del piano e preservare il territorio in tale attesa (v. cap. X). Le ·dette zone omogenee hanno significate diverso da que1lo attribuito a11e zone di cui all'art. 7 de11a legge urbanistica anche se, in pratica, esse possono coincidere con una di quelle neUe quali il piano regolatore divide il territorio comunale. Cosi vanno distinti: A) agglomerati urbani che rivestono carattere storicq o di pregio ambientale («centri storici))); B) zone parzialmente o totalmente edificate, diverse dalle zone A. Si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifi.ci esistenti non sia inferiore al 12,5 % de11a superficie de11a zona e nelle quaE la densita territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq; C) zone di espansione, che sono quelle destinate a nuovi insediamenti in aree prive di strutture urbane e nelle quali l'edificazione preesistente e inferiore ai limiti stabiliti per la zona B; D) nuovi insediamenti a carattere industriale od assimilabile; E) parti del territorio destinate ad uso agricola; F) parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale. In relazione a1le suddette zone sono fissati diversi limiti inderogabili (eventualmente modificati da leggi regionali), in particolare di densita edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati. Per i centri storici, ad esempio, un eventuale piano urbanistico generale o particolareggiato, non potrebbe consentire il raggiungimento di 'altezze maggiori di quelle preesistenti o distanze minori di quelle preesistenti, in ogni caso senza tener conto delle sovrastrutture prive di valore storico-artistico.
La normativa in esame non esclude, in via di principia, sostituzioni edilizie od anche nuove costruzioni nei centri storici (che, ovviamente, nei singoli casi possono essere vietate, per una scelta tecnica o di tutela dei beni culturali), rna pone questi ulteriori limiti: a) che le densita edilizie di zona e fondiarie non siano superiori a quelle preesistenti, senza tener conto delle sovrastrutture di epoca recente prive di valore storico-artistico; b) che per eventuali nuove costruzioni o trasformazioni urbanistiche l'altezza massima di ogni edificio non superi l'altezza degli edifici circostanti di carattere storico-artistico. Nelle zone B (di completamento) la sostituzione edilizia di singoli edifici deve essere mantenuta, in via di massima, entro limiti di densita fondiaria variabili da 5 a 7 mc/mq, a seconda del numero di abitanti nel Comune alla data di adozione del piano. Criteri piu articolati regolano i limiti di densita edilizia negli altri casi. Per le zone agricole (zone E) estabilito un indice massimo di 0,03 metri cubi per metro quadrate (2). In materia di limiti di distanza tra i fabbricati fuori dei centri storici, e fissato lo standard minima di 10 metri di distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti (3). Per le zone C (espansio-
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i piani urbanistici prevedono illegittimamente distanze minori, rna non in mancanza di tali piani (Cass., Sez. II civ., 17 gennaio 2003 n. 633, in Guida al diritto, 2003, 12, 54). Cfr. anche infra, nota 3.
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(2) Secondo !a giurisprudenza, il verde agricolo, in sede di pianificazione urbanistica, non e tanto preordinato alia salvaguardia degli interessi dell'agricoltura, quanto invece ad evitare ulteriori insediamenti edilizi pregiudizievoli per il pili conveniente equilibria delle condizioni di vivibilita della popolazione; pertanto, si ritiene che Ia destinazione agricola non precluda l'installazione di opere non connesse con gli insediamenti abitativi (Cons. Stato, Sez. V, 28 settembre 1993, n. 968, in Riv. giur. edilizia, 1994, I, 110; T.AR. Puglia, Bari, Sez. II, 21 ottobre 1993, n. 394, in Rassegna T.A.R, 1993, I, 4743). . ~3)Talvolta Ia giurisprudenza ha ritenuto applicabile il detto obbligo di distanz~
m1mma anche se non ancora prescritta dal piano urbanistico vigente (v., T.AR. Sicilia, Catania, Sez. I, 24 aprile 2002 n. 742, in Rassegna T.A.R, 2002, I, 2703; contra Cass., Sez. II civ., 22 settembre 2004 n. 19009, in Edil e Territ., 2004, n. 45, 35; cfr., peraltro, Ia precedente nota 1. V., con altre indicazioni ANTONIAZZI, in Riv. giur. urbanistica, 2002, 533). L'indicata distanza minima si applica anche nel caso in cui una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata, risultando indifferente che si tratti della parete del nuovo edi~cio o di quell~ dell'edificio preesistente (T.AR. Trentino-Alto Adige, Balzano, 18 apnle 1995, n. 81, m Rassegna T.A.R, 1995, I, 2976; T.AR. Toscana, Sez. III, 4 dicembre 2001 n. 1734, iv4 2002, I, 649; Cass., Sez. II civ., 26 gennaio 2001 n. 1108, in II Cons. St:ato, 2001, II, 588; id., 5 novembre 1992, n. 12001, in Riv. giur. edilizia, 1993, I, 776). La
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ne) tale distanza non puo essere inferiore all'altezza del fabbricato piu alto. Altri particolari limiti sono previsti in ordine all'altezza dei fabbricati ed aile distanze tra i medesimi, ave fra essi siano interposte strade destinate al traffico veicolare. In ogni caso, va ripetuto che gli standards urbanistici non sono diretti ai (cioe non vincolano immediatamente i) proprietari delle aree, bensi rappresentano disposizioni per colora (progettisti e pubbliche amministrazioni) che devono provvedere alia formazione dei p1am. Comunque, il data di maggior rilievo riguarda l'obbligo di destinare non meno di 18 mq/abitante a spazi pubblici o riservati ad attivita collettive, verde pubblico o parcheggi (misura che, in alcuni casi, puo essere ridotta alia meta nei centri storici e nei centri gia edificati). La detta quantita complessiva va ripartita, di norma, nel modo seguente: a) mq 4,50 di aree per l'istruzione (asili nido, scuole materne e scuole dell'obbligo); b) mq 2 di aree per attrezzature di interesse comune (religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi, come uffici P .T., protezione civile, etc., ed altre) (4); c) mq 9 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport; d) mq 2,50 di aree per parcheggi (in
aggiunta alle superfici prescritte per le nuove costruzioni: cfr. cap. X, n. 3). N ei nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi neUe zone D la superficie da destinare a spazi pubblici o destinata ad attivita collettive, a verde pubblico o a parcheggio non puo essere inferiore al 10% dell'intera superficie destinata a tali insediamenti. Ove trattasi di nuovi insediamenti di carattere commercialee direzionale, a 100 mq di superficie lorda di pavimento di edifici previsti deve corrispondere la quantita minima di 80 mq di spazio, escluse le sedi viarie, di cui almena la meta destinata a parcheggi (5). Il decreta legislative approvato dal Governo il 13 marzo 1998, recante norme sull'esercizio dell'attivita commerciale, ha demandato alle Regioni di fissare, entro un anna, i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, ai quali i Comuni dovranno adeguare, entro sei mesi, gli strumenti urbanistici generali e attuativi ed i regolamenti di polizia locale. Tali rapporti e gli altri limiti edilizi suindicati rappresentano dei minimi inderogabili, rna - come ha rilevato anche la giurisprudenza (6) - in sede di approvazione dei piani urbanistici possono essere previsti limiti piu severi ed una maggiore dotazione di spazi pubblici per abitante, anche se occorre una congrua motivazione nel caso di rilevanti sovradimensionamenti (7).
distanza in esame deve essere osservata anche se dalle finestre di un edificio non e possibile Ia veduta sull'altro (Cass. civ., Sez. II, 12 novembre 1998, n. 11404, in Sett. giur., 1999, II, 282) ed anche in caso di sopraelevazione (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 13 settembre 2001n. 780, in Rassegna T.A.R., 2001, I, 3753). (4) Secondo Ia giurispmdenza, fra Ie attrezzature d'interesse comune rientrano anche quelle affidate all'iniziativa di soggetti privati ed idonee a soddisfare un bisogno della collettivita (compresi supermercati ed agenzie bancarie; cfr. Cons. State, Sez. V, 23 marzo 1993, n. 405, in Riv. giur. editizia, 1993, I, 577 e 27 aprile 1988, n. 268, iv4 1988, I, 343). In Campania (Iegge reg. 5 marzo 1990, n. 9), anche in sede di piano regolatore generale, bisogna individuare - fra le aree destinate ad attrezzature d'interesse comune quelle necessarie per Ia realizzazio11e di attrezzature religiose. La stessa Iegge precisa l'este11sione minima delle aree da vincolare a questa fine, distinguendo i Comuni con popolazio11e superiore o meno a 10.000 abitanti. Secondo il T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 23 ottobre 2002 n. 6604, in Rassegna T.A.R., 2004, I, 4428, i distributori di carburanti possono rientrare tra gli edifici realizzabili in zona F, destinata ad impianti d'interesse pubblico.
(5) II concetto di insediamento direzionale e state riferito anche ai palazzi per uffici della pubblica ammi11istrazione (cfr. Cons. State, ad. plen., 21 luglio 1997, n. 14, in It Cons. Stato, 1997, I, 432). (6) T.A.R. Toscana, 11 marzo 1976, n. 201, in Rassegna T.A.R., 1976, I, 1945; 27 settembre 1977, n. 502, iv4 1977, I, 3537. (7) Cfr. Cons. State, Sez. N, 9 luglio 1998 n. 1073, in It Cons. Stato, 1998, I, 1118. Gia in precedenza la giurispmdenza aveva ritenuto che il detto aumento deve essere motivate con l'indicazione delle ragioni di pubblico interesse che impongo11o il sovradimensionamento, con maggior sacrificio della proprieta privata (Cons. State, Sez. N, 30 novembre 1988, n. 905, in It Cons. Stato, 1988, I, 1396). Per lo piu e state ritenuto che ii detto onere di motivazione sussiste quando il superame11to degli standard prescritti ecceda Iimiti «minimi» o «modesti>> (cfr. Cons. State, Sez. N, 13 maggie 1992, 11. 511, iv4 1992, I, 706; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 12 maggie 1989, 11. 599, in Rassegna T.A.R., 1989, I, 4590}. II detto limite estate ritenuto superato in un caso di previsione di edilizia scolastica in misura quasi doppia rispetto allo standard (T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 22 aprile 2003 n. 2585, iv4 2003, I, 2812).
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Pertanto, e state ritenuto illegittimo un piano regolatore, che aveva previsto l'edificazione di civili abitazioni in una determinata zona senza prescrivere indici limitativi della densita territoriale e fondiaria (s). Indubbiamente i detti standard rappresentano un'importante e per molti versi opportuna novita della legislazione urbanistica, che peraltro ha anche suscitate qualche perplessita, ad esempio sotto il profile della limitazione dell'attivita progettuale e dell'uniformita per tutti i Comuni italiani (oltre che per la lesione dell'autonomia comunale). In conclusione, gli standards, pur avendo rappresentato un progresso notevole nella legislazione urbanistica, quale mezzo di controllo e di frena alla smoderata proliferazione edilizia, nonche di garanzia di previsione delle necessarie attrezzature collettive, necessitano di maggiori approfondimenti ed aggiornamenti, onde pater attuare una migliore corrispondenza tra le necessita sociali e l'uso del territorio. A seguito del trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative statali in materia urbanistica, anche la modifica del vigente decreta ministeriale sugli standards urbanistici puo essere realizzata con provvedimento regionale. La Regione Campania aveva apportato alcune modifiche alla normativa statale con la legge 20 marzo 1982 n. 14, dirette, per lo pili, a rendere pili severi gli standard suindicati. Invece, la legge regionale 22 dicembre 2004 n. 16 ha abrogate le dette norme della legge citata ed ha rinviato alla normativa nazionale vigente in materia di standard urbanistici, salva la possibilita di regolamenti regionali che fissino standard minimi pili ampi (art.
regionale possa stabilire standard urbanistici inderogabili pili rigorosi, doe pili restrittivi di quelli prescritti dalla legislazione statale. Infine, ai fini del recupero abitativo dei sottotetti, alcune leggi regionali hanna escluso in tal caso il riferimento agli standards urbanistici (to), consentendo di trasformare in abitazioni sottotetti inabita-
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bili.
31) (9), Come spesso accade, la formulazione legislativa non e chiara, in quanta la legislazione statale pone anche limiti «massimi» (ad esempio, il rapporto massimo tra gli spazi destinati ad insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati. ad attrezzature collettive). Ma anche in questa caso si potrebbe ritenere, che il previsto regolamento
(8) Cfr. Cons. Stato, Sez. N, 13 agosto 1997, n. 845, in Il Cons. Stato, 1997, I, 1027. (9) Cio dovrebbe valere anche per la specifica norma sulle attrezzature religiose, di cui alla legge regionale n. 9 del 1990 (v. retro, nota 4).
(10) Cfr., ad es., le leggi della Regione Campania 28 novembre 2000 n. 15 e della Regione Basilicata 22 febbraio 2000 n. 10. Peraltro, il Governo rinvio alla Regione Lombardia la legge 16 febbraio 2000 n. 193, ritenendo inderogabili i limiti minimi stabiliti dal D.M. 1444/1968.
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PIANI COMUNALI GENERAL!
SOMMARIO: 1. Gli strumenti urbanistici generali nella legge del 1942. - 2. Contenuto del piano urbanistico comunale. - 3. Procedimento di approvazione del Puc. - 4. Durata del Puc, <
1. Gli strumenti urbanistici generali nella Legge dell942 Con la legge urbanistica del 1942 fu avvertita la necessita che in tutti i Comuni fossero stabilite le direttive per l'assetto del territorio ed una disciplina dell'attivita edil~zia, che assicurasse un minimo di tutela sia delle esigenze fondamentali di ordine igienico, estetico, funzionale, sia di quelle riguardanti lo sviluppo del centro abitato. Tuttavia, all'epoca si ritenne che solo una parte dei Comuni avessere bisogno di una disciplina urbanistica piu complessa ed articolata. Per gli altri Comuni - nei quali fossero prevedibili un'intensita minima dell'attivita edilizia e scarsa esigenza di incremento degli impianti d'interesse pubblico - sarebbe stato sufficiente uno strumento urbanistico piu semplice, limitate sostanzialmente a regolare gli interventi edilizi nel centro abitato e ad indicare le zone per eventuali nuovi insediamenti. Pertanto, la legge del 1942 introdusse due tipi di strumenti urbanistici comunali: il piano regolatore generale ed il programma di fabbricazione, affidando al Ministero dei lavori pubblici di indicare
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CAPITOLO IX
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in appositi elenchi i Comuni obbligati alla formazione del piano regolatore generale. Gli altri Comuni potevano egualmente dotarsi di tale piano, rna in mancanza erano obbligati a provvedere alla formazione di un programma di fabbricazione. Purtroppo, la disciplina urbanistica e caratterizzata anche dalla mancata o assai ritardata attuazione delle prescrizioni legislative. Infatti, nonostante che secondo la legge del 1942 tutti i Comuni avrebbero dovuto provvedere entre sei mesi alla formazione di uno strumento urbanistico generale, nel 1967 - dopa 25 anni - circa il 7 per cento soltanto dei Comuni avevano un piano generale. Lo stesso Ministero aveva impiegato gli indicati decenni per compilare gli elenchi dei Comuni obbligati alla formazione del piano regolatore generale (circa il 10%, cioe i Comuni maggiori e quelli per i quali fosse prevedibile un notevole sviluppo, specialmente nel settore produttivo o turistico). Successivamente l'estensione della sviluppo a gran parte del territorio nazionale e, quindi, l'esigenza di una tutela specifica di tutto il territorio hanna portato ad obbligare tutti i Comuni alia formazione del piano regolatore generale. In Campania, cio e state disposto dalla legge 20 marzo 1982 n. 17, anche se dopa 24 anni quasi duecento Comuni (cioe circa il 36 per cento) risultavano ancora sprovvisti di piano regolatore generale. Poi, le leggi regionali hanna sostituito il piano regolatore generale con un altro strumento urbanistico comunale, avente una varia denominazione, rna sostanzialmente equivalente al detto piano regulatore, sia pure con differenze di contenuto e di operativita diverse le singole Regioni. Spesso le leggi regionali tendono a rendere piu flessibile il piano regolatore generale, prevedendo varie ipotesi di varianti mediante accordi di programma e conferenze di pianificazione con Provincia e Regione, oltre a prevedere uno sdoppiamento del piano tra strutturale ed operative. La Regione Campania, con la legge 22 dicembre 2004 n. 16 (art. 23), ha sostituito il piano regolatore generale con il piano urbanistico Comunale (Puc), la cui formazione e obbligatoria per tutti i Comuni (anche se e assegnato un termine di due anni dall'entrata in vigore
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del Ptcp). L'art. 39 della legge citata prevede l'intervento sostitutivo della Provincia nel caso di inadempienza da parte del Comune (previa comunicazione alla Regione e diffida al Comune), nonche l'intervento nella Regione ove la Provincia non concluda il procedimento di approvazione del piano nei termini (peraltro assai brevi) prescritti dalla stessa legge. Nel presente capitola si fara riferimento ai principi fondamentali della legge nazionale, con la specificazione delle norme regionali della Campania. Naturalmente, gli operatori del settore dovranno tener conto delle eventuali differenze contenute nelle singole leggi regionali, fermo restando che determinate valutazioni sono frequentemente comuni. In particolare, anche vari indirizzi giurisprudenziali, affermati con riferimento ai piani regolatori generali, sono verosimilmente estensibili alla disciplina dei nuovi piani urbanistici comunali. Un principia normalmente comune e che il piano urbanistico comunale deve essere esteso all'intero territorio comunale. Ma anche per il Puc dovrebbe valere la giurisprudenza che ha ritenuto ammissibili, in sede di approvazione, stralci di limitata entita del piano regolatore generale (t). Anche le funzioni del piano urbanistico comunale non sono sostanzialmente mutate, dovendo disciplinare - sulla base di una serie (1) E illegittima l'approvazione parziale del piano regolatore generale, qualora !'area stralciata per !a sua rilevanza integri un vera e proprio mutamento della strumento urbanistico (Cons. Stato, Sez. IV, 20 giugno 1994, n. 524, in Il Cons. Stato, 1994, I, 739). Peraltro, sulla legittimita di determinati stralc~ Cons. Stato, Sez. IV, 1? ottobre ~9~0, .n; 795, ivi, 1990, I, 1208; 13 marzo 1991, n. 167, ivi, 1991, I, 337, nonche, sulla legi~ti~mta di stralci che non comportino <<sostanziali alterazioni della strumento urbamstico», T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 12 gennaio 2001, n. 169, ivi, 2001, I, ~017 ..sul!a no~ necessita della preventiva consultazione del Comune da parte della Reg10ne m caso d1 «stralcio••, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 ottobre 1992, n. 879, ivi, 1992, I, 1255; 6 marzo 1996, n. 289, ivi, 1996, I, 370 (quest'ultima possibilici dovrebbe ritenersi esclusa nella procedura prevista peril Puc dalla Iegge della Campanian. 16/2004). L'estensione del piano regolatore all'intero territorio comunale va inteso nel sensa che la disciplina del piano non puo ritenersi limitata alia sola terraferma, rna si estende a! mare territoriale prospiciente (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 11 agosto 2003 n. 850, in Rassegna T.A.R, 2003, I, 3870; 12 febbraio 2001 n. 109! ivi, 2~0~, I, 1391). Sul['estensione del piano regolatore anche alle aree del demamo manttimo, v. T.AR. Abruzzo, Pescara, 27 gennaio 2005 n. 32, iv;, 2005, I, 835.
CAPITOLO IX
PIAN I COMUNALI GENERALI
di indagini analitiche sulla situazione esistente e sulle trasformazioni prevedibili - l'assetto del territorio comunale in coerenza con le disposizioni dei piani sovraordinati (Ptr e Ptcp).
nando «i sistemi di mobilita di beni e persone») e le varie opere di urbanizzazione, nonche le disposizioni per la salvaguardia dei beni sto-
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2. Contenuto del piano urbanistico comunale Secondo la legge statale del 1942, il piano regolatore generale - oltre a dividere in zone il territorio comunale, indicando le destinazioni d'uso consentite nelle varie zone, con le relative norme di attuazione - deve prevedere il complesso delle principali vie di comunicazione (stradali, ferroviarie e navigabili) a livello comunale e individuare le aree destinate ad impianti pubblici ed attrezzature collettive (scuole, chiese, impianti sanitari, parcheggi, verde e uffici pubblici, ecc.), nonche i vincoli da osservare nelle zone d'interesse storico, ambientale o paesistico. Qreste disposizioni del piano regolatore generale devono normalmente ritrovarsi anche nei nuovi piani urbanistici comunali, disciplinati dalle leggi regionali. Anche il Puc, previsto dalla legge della Campanian. 16/2004 (art. 23) - sempre in coerenza con i piani sovraordinati - deve stabilire la suddivisione del territorio comunale in zone omogenee, indicando le trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili nelle singole zone (2). Inoltre, sia pure con una formulazione piu ampia e piu complessa, anche il Puc deve indicare le infrastrutture di trasporto (discipli(2) Pertanto, verosimilmente, anche per il Puc puo essere utile richiamare determinate decisioni giurisprudenziali riguardanti !a divisione in zone da parte del piano regolatore generale. Tale divisione in zone non puo essere rinviata al piano particolareggiato, ritenendo che si tratti di disposizioni di dettaglio (Cons. Stato, Sez. N, 25 giugno 1983, n. 467, in II Cons. Stato, 1983, I, 658). Per i beni appartenenti a! patrimonio indisponibile della Stato, il piano urbanistico non puo mutarne hi destinazione, senza previa intesa dell'autorita che approva il piano conla relativa Amministrazione statale (Cons. Stato, ad. plen., 27 maggio 1983, n. 13, iv4 1983, I, 467). L'incompa:tibilita di una prescrizione di p.r. con !a situazione di fatto dei luoghi e inidonea - salva una manifesta irrazionalita - a determinare l'invalidita del piano, sia se preesistente che sopravvenuta (Cons. Stato, Sez. N, 5 dicembre 1984, n. 884, iv4 1984, I, 1472; 8 febbraio 1986, n. 90, iv4 1986, I, 150; v. anche retro, cap. VIII, nota 2). Anzi puo
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dirs~ or~mai affermato, ne~la giurisprudenza amministrativa, il principia secondo cui la destmaz10ne a verde agncolo non dev'essere necessariamente diretta a consentire l'~ffettiv? es.e~c~zio dell'agricoltura, ma puo anche servire solo per evitare nuovi insediame~tl edd1z1 (Cons. Stato, Sez. N, 31 gennaio 2005 n. 259, in II Cons. Stato, 2005, I, 92; 7 g1~gno 2004 n. 3559, iv4 2004, I, 1196; 10 dicembre 2003 n. 8146, iv4 I, 2750; Sez. V, 20 d1cembre 2001 n. 6327, in II Cons. Stato, 2001, I, 2697; 26 settembre 2001 n. 5091 iv4 2001, I, 2167; 15 giugno 2001 n. 3178, iv4 2001, I, 1316; 28 settembre 1993 n. 968, iv4 1993, I, 1128; Sez. N, 1° giugno 1993, n. 581, iv4 1993, I, 638; T.A.R. Piemo~te, Sez: I, 15. giugno 2004 n. 1104, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 3006 (per fini di salvaguardia amb1entale). Peraltro, e stata ritenuta illegittima !a destinazione a verde agricola di un'area circoscritta da insediamenti abitativi e commerciali (T.A.R. Piemonte, Sez. III, 1°. settembre 1984, n. 214, in Ras~egna T.A.R, 1984, I, 3334; contra T.A.R. Lombardia, Mdano, 10 agosto 1995, n. 1050, 1vi, 1995, I, 4180, con nota di richiami e T.A.R. Campania. Napoli, Sez. I, 8 gennaio 2001 n. 56, iv4 2001, I, 1008; id., 11 giugno 2002 n. 3367, iv4 2002~ I, 3056). Parimenti e stata ritenuta illegittima !a variante di P.R.G., che conferma un vmcolo a verde pubblico senza considerare il mutamento della situazione di fatto per effetto dell'intervenuta edificazione dell'intera zona. con la sola esclusione dell'area di propriecl delricorrente (Cons. Stato, Sez. N, 7 ottobre 1993, n. 853 in Riv. giur. edilizin, 1994, I, 109). Ove un p.r.g. destina una zona B a residenza ed attivita terzi~rie.e ri~ettive, in tale zona non possono essere insediate attrezzature (nella specie un ed1fic10 d1 culto): cfr. Cons. Stato, Sez. N, 14 dicembre 2004 n. 8026, in II Cons. Stato, 2004, I, 2611. Secondo il Consiglio di Stato (Sez. N, 7 marzo 1991, n. 149, in II Cons. Stato 1991 I, 329, in sede di piano regolatore generale devono essere osservati anche i criteri posti dalle norme tecniche di edilizia scolastica (DD.MM. 21 marzo 1970 e 18 dicembre 1975 e successive modifiche). ' E compatibile c;on la destinazione a zona agricola la costruzione di alcuni raccordi viari (Cons. Stato, Sez. V, 13 aprile 1989, n. 204, in II Cons. Stato, 1989, I, 473; T.A.R. Tosc.ana, Sez. I, 15 marzo 1991, n. 86, in Rassegna T.A.R., 1991, I, 1824; T.A.R. Veneto, 13 gmgn? .1997, n. 1007, iv4 ~997, I, 3094; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 2 maggio 2000 n. 385, wr, 2000, I, 3196), d1 una piscina scoperta a servizio di abitazione esistente (T.A.R. Veneto, Sez. II, 16 novembre 1998, n. 2069, iv4 1999, I, 105; T.A.R. Liguria, Sez. I, 25 novembre 2003 n. 1588, iv4 2004, I, 255); di impianti di distribuzione di carburanti (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 30 luglio 2002 n. 1942, iv4 2002, I, 3640 e id., 20 ~e~braio 2003 n. 329! iv4 2003, I, 1701; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 19 luglio 2004 n. 698, evr, 2004, I, 3506); d1 un campo da tennis pertinenziale (T.A.R. Liguria, Sez. I, 25 novembre 2003 n. 1588, iv4 2003, I, 4028); di una struttura destinata a ricovero per cani (T.A.R. Abruzzo, !'Aquila, 4 giugno 2004 n. 743, iv4 2004, I, 3137); distributori di carburanti, telefonia mobile, pensionati per cani, ecc. (T.A.R. Puglia, Leece, Sez. III, 11 ottobre 2~04 n. 7162, iv4 2004, I, 4096); deposito a cielo aperto (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 2 febbrai~ 2005 n. 208, i~4 2005, I, 1029); opere idroelettriche (Trib. sup. acque pubbliche, 3 magg1o 2005 n. 63, m II Cons. Stato, 2005, II, 1049); campo di calcio senza strutture
CAPITOLO IX
PIAN! COMUNALI GENERAL!
rico-culturali, paesaggistico-ambientali, e agro-silvo-pastorali. Per la tutela delle zone agricole e stabilito il divieto - gia introdotto dalla legge regionale n. 14 del 1982- di utilizzare a fini edilizi le aree agricole particolarmente produttive, fatti salvi gli interventi realizzati da coltivatori diretti o dagli imprenditori agricoli (3). Una novita e costituita, invece, da una serie di precetti normativi dedicati agli insediamenti abusivi. Il Puc deve individuare gli insediamenti abusivi esistenti alla fine del 1993, escludendo gli immobili non suscettibili di sanatoria e, quindi, previa definizione di tutte le pratiche di condone (norma giusta, che mettera a dura prova l'efficienza delle strutture comunali). Conseguentemente il Puc deve essere diretto alla riqualificazione dei detti insediamenti, anche mediante piani di recupero, da attuare pure con procedure coattive. Una novita e costituita anche dall'inclusione nel contenuto del Puc di una sorta di manifestazione di desiderio, cioe «la promozione
Anche il Puc deve contenere le norme tecniche di attuazione (Nta) riguardante gli interventi nelle varie zone omogenee, dal recupero dell'esistente alla realizzazione di nuove opere (4), non esclusa la
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dell'architettura contemporanea e la qualita dell'edilizia pubblica e privata, prevalentemente attraverso il ricorso a concorsi di progettazione».
murarie (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 14 febbraio 2005 n. 546, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 1339); di impianti di derivazione di acque pubbliche, di depositi di esplosivi, nonche di una discarica per rifiuti solidi urbani (Cons. Stato, Sez. V, 15 giugno 2001n. 3178, in Il Cons. Stato, 2001,1, 1316) o di un impianto di telefonia mobile (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 12 giugno 2002 n. 3421, in Rassegna T.A.R., 2002, I, 3063), o comunque di opere edilizie non destinate alla residenza, in mancanza di specifiche disposizioni legislative o regolamentari (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 27luglio 1994, n. 1168, iv4 1994, I, 3811). Parimenti e stata ritenuta compatibile con !a zona destinata ad insediamenti industriali o commerciali !a costruzione di un impianto di tiro a volo a fini di lucro (T.A.R. Calabria, Catanzaro, 10 gennaio 1995, n. 3, in Rassegna T.A.R., 1995, I, 1343 ). E stato ritenuto compatibile con !a destinazione residenziale di una zona Ia realizzazione di opere collegate all'attivita abitativa (uffici, negozi, banche, scuole, grandi magazzini, ecc.): T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 11 gennaio 2005 n. 80, iv4 2005, I, 887, e Sez. II, 18 marzo 2005 n. 1540, ivi, 2005, I, 1615. (3) Qyesta norma· sembrerebbe escludere !a possibilici di interventi edilizi in determinate aree agricole da parte dei cosiddetti conduttori in economia, previsti, invece, dalla Iegge regionale 14/1982. Cio potrebbe ridurre il fenomeno di zone agricole trasformate in zone di civile abitazione, ad opera dei tanti cosiddetti conduttori in economta.
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(4) Con riferimento alle varie destinazioni d'uso delle diverse zone edificabili, le norme di attuazione del P.R.G. stabiliscono determinati limiti all'edificazione, fra cui l'indice di fabbricabilita (metro cuba per metro quadrato). Sull'illegittimita di una previsione di zona a volumetria variabile in relazione all'intenzione dei proprietari di cedere o meno gratuitamente aree al Comune e, quindi, sulla necessita che il piano regolatore stabilisca limiti volumetrici fissi e inderogabili, cfr. T.AR. Lombardia, Brescia, 5 novembre 1997, n. 974, in Rassegna T.A.R., 1998, I, 89. E stato ritenuto illegittimo il divieto di qualsiasi installazione nell'intero territorio comunale di pale eoliche (T.AR. Campania, Napoli, Sez. N, 7 maggio 2003 n. 5195, in Riv. giur. urbanistica, 2004, I, 251). Peraltro, e stato ritenuto che oramai la vasta discrezionalita del pianificatore si estende pure alia considerazione di differenti valori, anche non strettamente edilizi (Cons. Stato, Sez. V, 19 aprile 2005 n. 1782, in Il Cons. Stato, 2005, I, 692). Sull'incostituzionalita di una prescrizione in materia di distanze tra fabbricati solo in funzione di interessi privati, v. Corte cost., 16 giugno 2005 n. 232, ivi, 2005, II, 944. E stata ritenuta illegittima anche la previsione di piano regolatore, recante !a riserva al Comune del SO per cento della capacita insediativa in determinate aree di proprieta privata: cfr. T.AR. Veneto, Sez. I, 30 agosto 1997, n. 1356, in Riv. giur. edilizia, 1998, I, 456. Invece, e stato ritenuto possibile l'asservimento della volumetria realizzabile su un lotto a favore di un altro, per consentire su quest'ultimo una maggiore edificabilit3., rna solo per lotti aventi la medesima destinazione urbanistica (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 11 aprile 1991, n. 530, in Riv. giur. editizia, 1991, I, 1078). Sui rapporti tra prescrizioni grafiche e discorsive dei piani regolatori generali, cfr. Cons. Stato, Sez. N, 14 agosto 1995, n. 623, in It Cons. Stato, 1995, I, 1054; T.AR. Emilia-Romagna, Sez. II Bologna, 12 dicembre 1990, n. 568, in Rassegna T.A.R., 1991, I, 557. Nel sensa della prevalenza del testa normativo rispetto aile indicazioni planimetriche, v. Cons. Stato, Sez. V, 22 agosto 2003 n. 4734, in It Cons. Stato, 2003, I, 1727; T.AR. Veneto, Sez. I, 26 giugno 2003 n. 3446, in Rassegna T.A.R., 2003, I, 3283; T.AR. Puglia, Leece, Sez. I, 3 luglio 2003 n. 4602, ivi, 2003, I, 3506; T.AR. Lazio, Sez. II-bis, 9 giugno 2004 n. 5434, iv4 2004, I, 2353; T.AR. Lombardia, Brescia, 11 ottobre 2004 n. 1274, iv4 2004, I, 3996 («solo in presenza di contrasto insanabile••); Cons. Stato, Sez. N, 10 agosto 2000 n. 4462, in It Cons. Stato, 2000, I, 1866; Sez. V, 14 ottobre 1993, n. 1067, iv4 1993, I, 1262 (secondo cui, incaso di contrasto tra le stesse tavole planimetriche, il dubbio va risolto nel sensa meno oneroso per la proprieta, in Riv. giur. edilizia, 1994, I, 381; cosi anche Sez. N, 28 maggio 1986, n. 367, ivi, 1986, I, 781 e T.AR. Puglia, Bari, Sez. II, 6 maggio 2000 n. 1757, in Rassegna T.A.R., 2000, I, 3410); conf. Sez. N, 19 dicembre 1994, n. 1037, in It Cons. Stato, 1994, I, 1692; Sez. V, 21 giugno 1995, n. 924, ivi, 1995, I, 791; T.AR. Abruzzo, Pescara, 13 marzo 1995, n. 147, in Rassegna T.A.R, 1995, I, 2443; T.AR. Toscana, Sez. I, 22 luglio 1997, n. 388, ivi, 1997, I, 3654; T.AR. Piemonte, Sez. I, 19
CAPITOLO IX
PIANI COMUNALI GENERALI
disposizione del rinvio di ogni nuovo intervento in una determinata zona alla previa approvazione di un piano urbanistico attuativo (5).
Infine, nel Puc devono essere integrate le disposizioni dei piani di settore riguardanti il territorio. comunale, incluse queUe riguardanti le aree protette, la difesa del suolo, il contenimento dei consumi energetici e cosi via. In particolare nel Puc deve essere inserito il pianodi zonizzazione acustica, di cui alla legge 26 ottobre 1995 n. 447. E evidente, dunque, la delicatezza e la complessita dell'attivita di formazione di un Puc, per la quale si deve riconoscere all'Amministrazione un margine di discrezionalita, non potendosi richiedere una specifica motivazione di tutte le scelte compiute (6).
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novembre 1997, n. 769, iv4 1998, I, 60; T.A.R. Toscana, Sez. III, 4 agosto 2000 n. 1816, iv4 2000, I, 4460; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 23 febbraio 2002 n. 53, iv4 2002, I, 1467; nonche, con qualche distinguo, T.A.R. Lazio, Sez. II-bir, 18. novembre 1998, n. 1885, iv4 1998, I, 4323 e T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, ~4 magg10 1998, n. 429, ivi, 1998, I, 2781. E. stato anche affermato che, qualora un plano regolatore presenti segni grafici all' apparenza contrastanti, deve attribuirsi prevalenza alla disposizione speciale su quella generale e riferirsi alla ratio legis (Cons. Stato, Sez. IV, 9 novembre 1989, n. 783, inll Cons. Stato, 1989, I, 1326). II semplice errore materiale (che non da luogo cioe ad un problema di interpretazione) puo essere corretto (Cons. Stato, Sez. V, 7 aprile 2004 n. 1968, iv4 2004, I, 795). (5) In questi casi, tuttavia, !a giurisprudenza ha ripetutamente affermato che uno state di sufficiente urbanizzazione della zona puo ritenersi equivalente all'operativita di un piano attuativo (Cons. Stato, Sez. V, 26 settembre 1995, n. 1351, in Il Cons. Stato, 1995, I, 1240; T.A.R. Campania, Salerno, 22 settembre 1998, n. 497, in Rassegna T.A.R., 1998, I, 4209; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 12 ottobre 2004 n. 1878, iv4 2004, I, 4103 (qualora l'Amministrazione non possa dimostrare l'effettiva necessita del piano esecutivo a causa dell'insufficiente stato di urbanizzazione primaria e secondaria della zona); v. anche i11ji·a, cap. XIV, nota 2). In sensa contrario v. Cons. Stato, Sez. IV, 26 ge11naio 1998, n. 67, in Il Cons. Stato, 1998,1, 37; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 23 settembre 1998, n. 2946, in Rossegna T.A.R., 1998, 1, 4203; T.A.R. Veneto, Sez. II, 31 marzo 2003 n. 2171, ivi, 2003, I, 1979, «nell'ipotesi in cui un'edificazione disomogenea richieda ii riordino e !a ridefinizione dell'assetto urbanistico della zona>>, In particolare, in sensa notevolmente restrittivo, v. Cons. Stato, Sez. V, 1° dicembre 2003 n. 7799, i11 Il Cons. Stato, 2003, I, 2667; T.A.R. Latina, 5 aprile 2004 n. 155, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 1847. Secondo Cons. Stato, Sez. V, 7 marzo 2001 n. 1341, in Il Cons. Stato, 2001, I, 628, la verifica dell'esistenza di un'adeguata dotazione di infrastrutture, primarie e secondarie, non puo essere limitata alle sole aree di contorno dell'edificio progettato, rna ?eve coincidere con il perimetro del comprensorio, che dovrebbe essere oggetto del p1ano particolareggiato (vedi anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 8 maggie 2000 n. 1413, in Rassegna T.A.R, 2000, I, 3351; T.A.R. Latina, 18 settembre 2003 n. 742, iv~ 2003, I, 3711). Frequentemente il p.r.g.- con riferimento ai vecchi centri- prevede alcune zone di risanamento e di conservazione dei volumi esistenti. In tali casi non si puo legittimamente ottenere la concessione a ricostruire un fabbricato andato distrutto (ad esempio per incendi~) vari anni prima (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 marzo 1983, n. 107, in Il Cons. Stato, 1983, I, 262). Secondo il Consiglio di Stato (Sez. IV, 15 dicembre 1981, n. 1139, iv4 1981, I, 1427), sono illegittime le previsioni del piano regolatore che si pongono in contrasto coni vincoli di interesse culturale di cui alla Iegge 1° giugno 1939, n. 1089 (art. 21). Secondo ii T.A.R. Lombardia, Brescia, 3 giugno 2003 n. 812, in Rassegna T.A.R., 2003, I, 3236, un vincolo d'inedificabilicl contenuto in un piano regolatore non esclude !a possibilita di recinzione di un fonda anche con parti in muratura.
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(6) Come ha rilevato anche la giurispmdenza, le scelte effettuate dall'Amministrazione in sede di piano regolatore generale sono sottratte al sindacato del giudice amministrativo, salvo il caso di errori di fatto o di abnormi illegittimicl. Le dette scelte devono essere specificatamente motivate soltanto in alcuni casi (superamento degli standard urbanistici minimi; modifica di lottizzazioni convenzionate gia approvate, destinazione a zona agricola di area compresa tra fondi edificati legittimamente, v. Cons. Stato, Sez. IV, 6 febbraio 2002 11. 664, in Il Cons. Stato, 2002, I, 264; id., 30 giugno 2005 n. 3524, iv4 2005, I, 1082); sulla ma11canza del detto obbligo di motivazione nel caso di lottizzazione scaduta, v. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 10 febbraio 2004 11. 2002, in Rassegna T.A.R., 2004, I, 1517; sull'obbligo di motivazione nel caso di scelte irrazionali (classificazione come agricola di un'area circondata in ogni lata da edifici), v. T.A.R. Abmzzo, Pescara, 22 aprile 2004 n. 398, ivi, 2004, I, 2528 e, in genere, id., 22 aprile 2004 11. 397, iv4 2004, I, 2527; nonche in genere sui limiti dell'obbligo di motivazione, v. Cons. Stato, Sez. IV, 31 gennaio 2005 n. 259, in Il Com. Stato, 2005, I, 92. In giurisprudenza e stata ritenuta illegittima la modifica della tlestinazione d'uso di determinate aree, <
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3. Procedimento di approvazione del Puc Secondo la legge urbanistica del 1942, il piano regolatore generale era adottato dal Consiglio comunale ed approvato dal Ministero dei lavori pubblici (poi dalla Regione), previa pubblicazione, presentazione di osservazioni da soggetti pubblici e privati e controdeduzioni da parte delle stesso Consiglio comunale. Trattavasi di un atto complesso a complessita diseguale, in quanto, secondo la legge 765 del 1967, era necessaria l'accordo tra il Comune e il Ministero (poi la Regione), con la possibilita, in caso di disaccordo, che l'autorita ministeriale (poi la Regione o l'ente delegate dalla Regione) modificasse d'ufficio il piano adottato dal Comune non solo in parti contrastanti con norme giuridicamente vincolanti, bensi anche per motivi di tutela del paesaggio e di complessi d'interesse culturale. Successivamente le leggi regionali hanno modificato la procedura di approvazione dei piani comunali ampliando la competenza dei Comuni, anche se questa risulta di fatto pili compressa di prima, laddove siano vigenti i vari piani urbanistici sovraordinati, a cui il piano comunale si deve adeguare. In Campania, la formazione del Puc e avviata mediante una consultazione, disposta dalla Giunta comunale, delle organizzazioni sociali, culturali, economico-professionali, sindacali ed ambientaliste di livello provinciale (7). Dopo siffatta consultazione, la Giunta comunale (s) predispone la proposta di Puc, che - comprensiva degli elaborati prescritti dalla viNel sensa dell'obbligo di motivare una variante di piano regolatore recante una reformatio in pejus delle precedenti previsioni urbanistiche (vincolo di inedificabilit:a su
terreni prima edificabili), cfr. T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 20 dicembre 2003 n. 892, iv~ 2004, I, 666; in sensa contrario, v. Cons. Stato, Sez. N, 10 agosto 2004 n. 5510, in Il Cons. Stato, 2004, I, 1666; v. anche T.A.R. Abruzzo, Pescara, 15 gennaio 2005 n. 6, in Rassegna T.A.R, 2005, I, 834. . (7) Con delibera della giunta regionale 21 aprile 2005 n. 635, e stata compiuta una prima individuazione delle dette organizzazioni, neUe more della predisposizione di un apposite alba regionale. Si tratta gia di 47 organizzazioni di consumatori, ambientaliste, economico-professionali e sindacali (tale elencazione e stata estes a con decreta dirigenziale 16 maggio 2006 n. 68). (B) I progettisti incaricati della redazione di un piano regolatore non possono assumere incarichi di progettazione (che non siano di opere od impianti pubblici) fino all'approvazione del piano (art. 41-bis legge urb. 1150/1942). La violazione di tale divie-
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g~nte
normativa. statale. e. regionale (9) - e depositata presso la segretena comunale. a hb~ra vlSlone d~l pubblico (art. 24 l.r. 16/2004). . N:l t~rmme d~ sessanta g10rni dalla pubblicazione (quaranta gt~rm ne1 Comum con popolazione inferiore a cinquemila abitanti) chtunque puo presentare osservazioni. . ~ali osservazion~ n~n hanno il carattere di rimedio giuridico, cioe d1 ncorso. avverso 11 ptano, rna piuttosto rappresentano un apporto collaboratlvo dato da enti e cittadini alla formazione delle strumento urbanistico. .spetta al Consiglio comunale (1o) entre novanta giorni (sessanta ne1 detti Comuni minori) di esaminare le osservazioni e di respinto no~ comporta la revoca dell'incarico ricevuto dal Comune, rna puo essere sanzionata esclu~tvamen;e dal Consiglio dell'Ordine, ai sensi della norma citata (Cons. giust. amm. reg. stc., 19 gn~gno 1993, n. 233, in Il Cons. Stato, 1993, I, 800). Cfr. anche Cass., Sez. un. pen., 25 In:agg_t~ 1985, secondo ~i il progettista svolge attivita oggettivamente e funziox:almente. mdmzzate al persegmmento di un pubblico interesse (contra Cass., Sez. VI c1v., 23 dtcembre 198?, che ritenne l'attivit:a del progettista inquadrabile nell'ambito della consulenza professtonale). Attualmente la questione va rivista alia luce del nuovo tes~o. dell' art. 357 codice penale, poiche il progettista non ha poteri autoritativi o certificatlvl. (9) Nella. ~egione Campania gli elaborati di progetto sono stati indicati dalla circolare del Semz1o urban. reg. del10 gennaio 1983. La legg~ regionale ?· 16/2004 (art. 30) ha demandato alia giunta regionale di individuare, prevto parere vm~ol~n~e ~ella commissione consiliare competente, gli elaborati da allegare agh strument1 d1 ptamficazione territoriale ed urbanistica, generale e attuativa. . ( 10) E dubbio che bast! la qualita di proprietario di immobili (da parte del consighere c?.mu~~e) .a, de;ermmare. l'obbligo dell'astensione dal voto sui piano e, in mancanza, 1 dlegttttmtta d1 questa (111 tal caso, peraltro, difficilmente si riuscirebbe a realizz~re ilnume~o legal.e per consentire al Consiglio comunale di deliberare e, comunque, s~ avrebber.o 111 o~m ca~o ano.male ~aggioranze consiliari). Certamente, pero, e illegitttma.la. d~hbera ~1 ad.oz~one dt ~m. pta?~ regolatore cui abbiano partecipato determinati con~tg.hen ~ropnetan dt terrem dt cut sta stata apertamente discussa la destinazione urbantsttca, c10e nel. ~so in 7ui il Con~igl~o sia stato chiamato a pronunciarsi specificamente anche sugh 111teres.st personah dt alcuni consiglieri presenti (Cons. Stato, ad. pl~n., 9 ~arzo 1983, n. 1, 111 Il Cons. Stato, 1983, I, 205; nel sensa indicate, v. T.A.R. Pugha, .Ban, ~ez. II, 14 luglio 1994, n. 1052, in Rassegna T.A.R., 1994, I, 3389; T.A.R. Lom~ardt~, Mdano, Sez. II, 29 febbraio 2000 n. 1621, iv4 2000, I, 1851; T.A.R. Abruzzo, 1Aquda, 4 marzo 2?02 ?· 6~, iv~ 2002~ .I. 198.1). Sull'obbligo ~i astensione del consigliere comunale propne~no dt un area g1~ dest111ata a verde agncolo, che venga destinata ad attrezzatur~ pubbhche dal nuovo ptano, cfr. Cons. giust. amm. Reg. sic. 5 maggio 1999, n. 165, 111 ll Cons. Stato, 1999, I, 1003. Per una piu rigida interpretazione dell'ob-
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CAPITOLO IX
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gerle o di accoglierle in tutto o in parte, deliberando in via definitiva l'adozione del piano (11).
Peraltro, prima dell'adozione, secondo l'art. 89 del t.u. dell'edilizia, tutti gli strumenti urbanistici generali e particolareggiati, aventi ad oggetto zone sismiche o abitati da consolidare, devono essere sottoposti al parere del competente ufficio tecnico regionale (t2). Con norma discutibile (art. 89, c. 3, t.u. cit.), il detto parere s'intende reso
bligo di astensione, v. Cons. Stato, Sez. IV, 23 maggio 1994, n. 437, in Riv. giur. edilizia, 1994, I, 1028, con ampia nota di OCCHIENA. L'obbligo di astensione (nel caso di interesse proprio o del coniuge ovvero di parenti o affini entro il quarto grado) comporta la necessita sia di astenersi dal deliberare, sia di allontanarsi dalla sala delle adunanze, e l'inosservanza del detto obbligo determina l'illegittimita del piano anche se questa risultasse approvato senza tener canto del voto dei consiglieri incompatibili (Cons. Stato, Sez. VI, 19 marzo 1990, n. 389, in Il Cons. Stato, 1990, I, 463); sulla possibilita di votazione separata e frazionata, v. T.A.R. Lazio, Sez. II-bir, 19luglio 2002 n. 6506, in Rassegna TA.R, 2002, I, 2811. E stata ritenuta legittima Ia votazione separata e frazionata di talune tavole di zonizzazione in modo da escludere la presenza volta a volta dei consiglieri interessati, pur ammettendosi la necessita di un'approvazione finale complessiva con Ia partecipazione di tutti i consiglieri (T.A.R. Veneto, Sez. I, 6 agosto 2003 n. 4159, ivi, 2003, I, 3769). Tale indirizzo giurisprudenziale e stato confermato dal Consiglio di Stato (Sez. IV, 22 giugno 2004 n. 4429, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 114, con nota di richiami; v. anche T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 13 maggio 2005 n. 949, in Rassegna T.A.R, 2005, I, 1875). Peraltro, estato ritenuto che l'omessa astensione del consigliere comunale comporta l'illegittimita del piano nelle sole parti per le quali l'amministratore vantava un interesse immediato e diretto, facendo salva la rcstante parte della strumento urbanistico (T.A.R. Lombardia, Brescia, 6 maggio 2003 n. 498, ivi, 2003, I, 2582). Sull' argo men to v. Q!JINTO, L 'obbligo di astensione dei consiglieri comunali in sede di adozione degli strumenti urbanirtici, in Riv. giur. edilizia, 1997, II, 147 sgg. (11) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 gennaio 2005 n. 259, in Il Cons. Stato, 2005, I, 92; ll giugno 1996, n. 777, ivi, 1996, I, 338 e 20 febbraio 1998, n. 301, ivi, 1998, I, 198; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 1° ottobre 1998, n. 3048, in Rassegna T.A.R., 1998, I, 4542; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 15 gennaio 2004 n. 16, in Rassegna T.A.R., 2004, I, 1132; T.A.R. Toscana, sez. Ill, 22 marzo 2004 n. 826, ivi, 2004, I, 1969; T.A.R. Marche, ll giugno 1998, n. 794, ivi, 1998, I, 3285; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 23 febbraio 1998, n. 120, ivi, 1998, I, 1545; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 9 febbraio 2001 n. 60, ivi, 2001, I, 1309; T.A.R. Lombardia, Brescia, 17 maggio 2001 n. 359, ivi, 2001, I, 2280; contra, T.A.R. Lombardia, Brescia, 30 giugno 2001 n. 548, ivi, 2001, I, 2801; v. anche TAR. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 4 ottobre 2002 n. 1411, ivi, 2002, I, 4361, in caso di modifica spontaneamente adottata in sede di delibera consiliare per le controdeduzioni. Stranamente il T.A.R Veneto, Sez. I, 10 settembre 1998, n. 1515, ivi, 1998, I, 4087, pur negando l'obbligo di ripubblicazione, ha ritenuto che Cleve esser comunicata a! proprietario Ia modifica sfavorevole della disciplina dell'area a seguito dell'accoglimento di un'osservazione. V anche sui limiti dell'obbligo di ripubblicazione T.A.R. Lombardia, Brescia, 3 giugno 2003 n. 826, in Rassegna T.A.R., 2003, I, 3241; T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 6 giugno 2003 n. 3725, ivi, 2003, I, 3489 (c~e nega l'obbligo di ripubblicazione); T.A.R. Liguria, Sez. I, 14 gennaio 2005 n. 35, ivi, 2005, I, 809; Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo 1995, n. 206 e 15 maggio 1995, n. 336, in Riv. giur. edilizia, 1995, I, 642 e 637; 21
novembre 1992, n. 958, in Il Cons. Stato, 1992, I, 1532; 18 novembre 1980, n. 1075, ivi, 1980 I 1531· 6 marzo 1989, n. 148, ivi, 1989, I, 249; T.A.R. Valle d'Aosta, 17 novembre 1990, ~. 77 in Rassegna T.A.R,1991, I, 121. Secondo il T.A.R. Lombardia, Brescia, 16luglio .ioo3 1090, in Riv. giur. edilizia, 2004, I, 189, sussiste l'obbligo di ripubblicazione ogni volta che sia accolta un'osservazione che inci~a negativamente su di un'ar_ea di proprieta di terzi (ivi, per ampi richiam~ v. la nota d1 CHI!~~LLO) o quando la ?ehberazione de qua si presenti sostanzialmente come nuova adoz10ne (T.A.R. Trentm~~to Adige, Trento, 8 marzo 2004 n. 100, in Rassegna T.A.R., 2004, I, 1892). Sulla motlv~LO ne delle controdeduzioni comunali aile osservazioni, cfr. Cons. giust. amm., Reg. S1c., 1 febbraio 2001 n. 42, in Il Cons. Stato, 2001, I, 404; id., 11 ottobre 1999, n. 417, ivi, 1999, I, 1746; Cons. Stato, Sez. IV, 15 luglio 1999, n. 1237, ivi, 1999, I, 1111; id., 7 marzo 1997, n. 207, ivi, 1997, I, 334. Sulla non necessita di una motivazione analitica o specifica del rigetto dell'osservazione, v. T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 26 giugno 2003 n. 827, ivi, 2003, I, 3316; T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 6 giugno 2003 n. 3714, ivi, 2003, I, 3488; invece, sull'assenza dell'obbligo di motivazione, v. Cons. Stato, Sez. IV, 28 settembre 1998, n. 1224, ivi, 1998, I, 1286. Nell'ipotesi- di cui si fara cenno piu avantidi modifiche a! piano apportate d'ufficio in sede di approvazione, v. T.A.R. Lazio, Sez. I, 14 gennaio 1981, n. 33, in Rassegna T.A.R., 1981, I, 374. Il precedente.orientamento e stato confermato dal Consiglio di Stato (Sez. IV, 7 febbraio 1991, n. 97, m Il Cons. Stato, 1991, I, 192), secondo cui <<sulle osservazioni a! piano adottato il Comune esprime parere che non modifica, di per se, il progetto e non vincola l'autorita regionale. Q!testa puo approvare lo strumento urbanistico nella forma originaria, senza che in cio ravvisi l'esercizio del potere eccezionale di modifica d'ufficio del piano adottato». Nelle stesso sense, cfr. Cons. State, Sez. IV, 20 dicembre 2002 n. 7253, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 746. (12) Secondo !a nueva Iegge regionale sull.a. difesa del territo~·io da~ rischi.o sismic~ (7 gennaio 1983, n. 9) - peraltro soggetta a cntlc_he e proposte d~ mod1fica- 1 Comu~u dichiarati sismici (delibera Giunta reg. 24 genna10 2003 n. 248, m B.U.R.C. 9 febbra10 2003 n. 9) e quelli ammessi a consolidamento di abitato dovranno integrare gli elaborati di proget'to con le carte: - geolitologica, - della stabilita, - idrogeologica, - della zonazione del territorio in prospettiva sismica, compilate dai geologi incarica~ sulla base ~elle parti~olari .in~agin~ ~eolo~ic~e-geogno stiche che i medesimi Comum sono tenutl ad esegu1re sm nspettlVL ternton, nonche con una relazione generale illustrativa. Le funzioni delle A.S.L. comprendono anche «l'esame dei piani regolatori e degli strumenti urbanistici» (Iegge Reg. Campania, 8 marzo 1985 n. 13, art. 1, n. 7).
d.
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CAPITOLO IX
in sensa negative, in caso di mancato riscontro dope sessanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte del Comune. Il piano adottato deve essere trasmesso alla Provincia (13) per la verifica da parte dell'assessorato all'urbanistica di compatibilita con la normativa statale e regionale vigente e con i piani territoriali sovraordinati. Qyesta verifica si intende conclusa positivamente trascorso il termine di novanta giorni dalla data di ricezione del piano da parte della Provincia. Il procedimento si complica se la detta verifica dia esito negative. In tal caso, il Presidente della Provincia, entro quindici giorni, convoca una conferenza di servizi, invitando il Sindaco (o un assessore delegate) ed i dirigenti delle strutture provinciali e comunali. Tale conferenza puo determinare o una modifica del Puc per eliminare i motivi della detta incompatibilita oppure puo sfociare in una procedura diretta all'eventuale variazione del piano territoriale sovraordinato nella parte risultata incompatibile con il Puc. Gli esiti della conferenza sono ratificati dal Consiglio comunale entro venti giorni dalla lora comunicazione, pena la decadenza dei relativi atti (e, quindi, eesclusa la possibilita di modifiche di ufficio previste dall'ordinamento precedente).
(13) Secondo Ia Iegge regionale in esame sembra esclusa Ia necessita della ripubblicazione del piano adottato dal Consiglio comunale anche se recante sostanziali modifiche del progetto proposto dalla Giunta. Invece, con riferimento alia procedura previgente, Ia giurisprudenza ha ritenuto Ia necessita della ripubblicazione del piano regolatore definitivamente adottato dal Consiglio comunale in sede di controdeduzione aile osservazioni, ove fossero state apportate sostanziali modifiche al piano adottato Ia prima volta (Cons. Stato, Sez. N, 30 settembre 2002 n. 4984, in If Cons. Stato, 2002, I, 2006; T.A.R. Lombardia, Brescia, 24 agosto 2004 n. 933, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 3461; per altri richiami, v. CHINELLO, in Riv. giur. edilizitt, 2004, I, 189). Tuttavia, anche con riferimento alia Iegge regionale della Campania 16/2004, potrebbe sostenersi Ia necessita della ripubblicazione, qualora il piano adottato dal Consiglio comunale si presenti sostanzialmente come un nuovo piano rispetto alia proposta (pubblicata ed osservata) della Giunta comunale (con riferimento alia legislazione nazionale, v., Cons. Stato, Sez. N, 20 novembre 2000 n. 6178, in If Cons. Stato, 2000, I, 2494; 20 febbraio 1998 n. 301, iv4 1998, I, 198; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, 8 marzo 2004 n. 100, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 1892; v. anche T.A.R. Lombardia, Brescia, 16 luglio 2003 n. 1090, iv4 2003, I, 3732; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 13 maggie 2004 n. 2141, iv4 2004, I, 2612).
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La legge, poi, senza distinguere tra le diverse procedure, dispone
che il Puc e approvato con decreta del Presidente della Provincia, previa delibera di Giunta provinciale (14) ed e pubblicato sul ballettina ufficiale della Regione Campania. Dell' avvenuta pubblicazione e data notizia mediante avviso su due quotidiani a diffusione provinciale. Va avvertito, infine, che la legge della Campania n. 16/2004 ha stabilito un regime transitorio della strumentazione in itinere (art. 45), secondo cui tutti i piani urbanistici comunali, adottati e non ancora approvati alla data del 29 dicembre 2004, concludono il procedimento di formazione secondo le disposizioni della disciplina previgente (legge statale e legge regionale 14 del 1982). Invece, prima dell' approvazione dei piani in base all a citata legge 16/2004, possono essere adottate varianti dei piani comunali vigenti, rna seguendo la nueva procedura prescritta dalla legge medesima.
4. Durata del Puc, «zone bianche» e varianti Decorsi quindici giorni dalla pubblicazione, il Puc entra in vigore ed acquista efficacia a tempo indeterminate. Naturalmente, le disposizioni del piano valgono per i nuovi interventi sul territorio, rna non incidono sul diritto dei proprietari di utilizzare e manutenere le opere preesistenti, ancorche difformi dalle prescrizioni del piano stesso (1s). Senonche, come si e gia esposto nel cap. I (nn. 4 e 5), alcune disposizioni del piano comunale non hanno vigore a tempo indeterminate, rna la lora efficacia elimitata a cinque anni (16). (14) Non sono chiari i limiti della suindicata competenza assegnata agli organi provinciali. In ogni caso gli atti suindicati non dovrebbero essere compiuti nel caso di verifica di compatibilita positiva per silenzio-assenso. In questa ipotesi dovrebbe essere un decreto del Sindaco a prendere atto dell'avvenuta verifica positiva. (15) Gia in tal senso Cons. Stato, Sez. N, 23 giugno 1981 n. 508, in Il Cons. Stato, 1981, I, 653. (16) La durata del piano regolatore generale viene, peraltro, in questione, sotto un profile del tutto particolare, nell'ipotesi in cui un Comune dotato di un proprio piano venga suddiviso, successivamente, in piu Comuni.
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CAPITOLa IX
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Anche l'art. 38 della legge della Campania n. 16/2004 stabilisce che le previsioni del Puc, nella parte in cui incidono su beni determinati e assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropriazione o a vincoli che comportano l'inedificabilita, perdono efficacia dopa cinque anni dalla data di approvazione del Puc, ove non sia stato approvato un piano attuativo a comunque dichiarata la pubblica utilita dell'opera eventualmente prevista. Si tratta delle disposizioni del Puc che vincolano determinate aree all'inedificabilita assoluta o le destinano alla realizzazione di un'opera pubblica (strade, piazze od attrezzature ed impianti pubblici). Ma la scadenza del detto termine quinquennale - che rende le relative aree prive di disciplina urbanistica (pur restando vigente il Puc per la restante parte del territorio comunale) - obbliga il Comune a provvedere all'approvazione di una variante integrativa del detto Puc a reiterando (con previsione d'indennizzo) i vincoli scaduti a stabilendo una nuova normativa per le relative aree (17). Il detto obbligo e
espressamente previsto dall'art. 38 della legge della Campania n. 16/2004, secondo cui il Comune deve provvedere entro sei mesi dalla scadenza del vincolo. In mancanza, dovranno provvedere in via sostitutiva la Provincia e , in mancanza, la Regione (art. 39). Come si e gia esposto nel prima capitola, nelle c.d. «zone bianche», cioe neUe aree soggette a vincoli scaduti a nelle aree eventual-
In tale ipotesi il piano continua ad essere giuridicamente esistente in tutti i nuovi Com~ni, fino a q~an?o no1~ vi ~ia un'esplicita diversa manifestazione di volonta degli orgam co~pet~nu de1 nuov1 enu nelle dovute forme e con !a prescritta procedura. In tal caso, c10e, v1en fatta esatta applicazione dei principi relativi alla successione degli enti pubb~i~i in uni~ersum jus e i~ particolare ai casi di fusione o incorporazione di piu Comum m uno, d1 un Comune m un altro e cosl via. (1 7) II Consiglio di Stato, gia con !'Ad. plen. 2 aprile 1984, n. 7, si pronuncio sugli. effetti .d~l~a s~d~nza ~ei. ~inc~li: a ~~guito della scadenza del termine quinquennale di oper~t1V1_ta de1 V1~coh d1 med1ficab1h_ta assoluta previsti dagli strumenti urbanistici generali e m caso d1 mancata approvaz1one dei necessari strumenti attuativi le aree interessate dal vincolo scaduto sono soggette alla disciplina prevista dall'art. comma ult~mo, Iegge n. 10 del 1977 per i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici generali; tale c1rcos~za non determina talvolta per i proprietari una situazione maggiormente gravosa nspetto a quella derivante dal regime vincolistico, poiche l'inedificabilita conseguent~ al~a sopravvenu~ inefficacia di talune destinazioni di piano e per sua natura pro':1son.a essendo de~tlnata a ~urare fino all'obbligatoria integrazione del piano (o del P· d1 £) d1venuto parz1almente moperante. Per tale integrazione il privata che vi abbia l~te~es~e. puo promuovere. gli interventi sostitutivi della Regione oppure agire in via gmnsd1z1onale, seguendo d procedimento del silenzio-rifiuto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 1~ ottobre 2003 n. 5675,_ in ll Cons. Stato, 2003, I, 2070; T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 19 d~cembre 2003 n. 8969, m Rassegna T.A.R, 2004, I, 791; T.A.R. Campania, Napoli, 23 d1c~mbre 2003 n. 15541, iv4 2004, I, 754 (sulla procedura da seguire); v. anche T.A.R. Laz1o, Sez. II, 21 ottobre 1991, n. 1589, ivi, 1991, I, 3763, sull'applicazione dell'art. 4 l~g~e 10/1977 anche nei casi di scadenza del vincolo per rinvio ai piani particolareggiatl; m tal sensa v. Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2002 n. 5178, in Il Cons. Stato, 2002, I,
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2107; in diverso sensa sembra orientata T.A.R. Lazio, Sez. II, 9 febbraio 1996, n. 341, iv~ 1996, I, 794). Sull'obbligo del Comune di provvedere all'integrazione del piano regolatore generale divenuto parzialmente inoperante per la scadenza dei vincoli dopa il quinquennio, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 giugno 1995, n. 439, in Il Cons. Stato, 1995, I, 667; Sez. V, 19 febbraio 1996, n. 211, iv4 1996, I, 213; Sez. IV, 5 maggio 1997, n. 479, iv4 1997, I, 640; Sez. IV, 6 giugno 1997, n. 621, iv4 1997, I, 678; Sez. IV, 17 luglio 2002 n. 3999, iv4 2002, I, 1595; Sez. V, 28 aprile 2003 n. 2118, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 1519; T.A.R. Lombardia, Milano, 28 giugno 1995, n. 885, in Rassegna T.A.R., 1995, I, 3612; nonche T.A.R. Sardegna, 4 luglio 1995, n. 1320, iv4 1995, I, 4083, anche sui possibili rimedi in caso di inerzia del Comune; su quest'ultimo punta v. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 6 novembre 2003 n. 13372, iv4 2004, I, 313; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 11 ottobre 1995, n. 449, iv~ 1995, I, 4926. Dopa la scadenza dei vincoli urbanistici, il Comune potrebbe tentare di confermare i medesimi vincoli, fornendo un'analitica dimostrazione della persistenza delle ragioni di pubblico interesse, che a suo tempo determinarono il vincolo, e precisando l'insostituibilit:a della scelta per l'insussistenza, all'attualita, di soluzioni alternative rispetto alle finalita perseguite (Cons. Stato, Sez. IV, 3 dicembre 1992, n. 998, in Il Cons. Stato, 1992, I, 1773; 12 giugno 1995, n. 439, iv~ 1995, I, 667; v. anche T.A.R. Lazio Sez. I, 14 aprile 1993, n. 600, in Rassegna T.A.R, 1993, I, 1590; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 24 marzo 1993, n. 235, iv~ 1993, I, 1787; T.A.R. Lombardia, Brescia, 2 giugno 1995, h. 615, iv4 1995, I, 3645; T.A.R. Veneto, 5 luglio 1995, n. 1049, iv4 1995, I, 3695; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 27\uglio 1995, n. 679, iv~ 1995, I, 4142). Poi e stata sufficiente l'affermazione che i problemi di ordine generale, incidenti in sensa negativo sulle condizioni di vita dell'intera cittadinanza, non sono stati risolti (Cons. Stato, Sez. IV, 1° aprile 1996, n. 407, in Riv. giur. edilizia, 1996, I, 690). Tuttavia secondo il T.A.R. Sicilia (Catania, 28 giugno 1995, n. 1660, in Rassegna T.A.R, 1995, I, 4052) non occorre una specifica motivazione, <
scatktti da svariati anni (in quanta sarebbe venuta meno per il proprietario una specifica aspettativa a vedere cessare l'efficacia del vincolo)». Ma tale giurisprudenza non tiene canto dei motivi di garanzia della proprieta privata, affermati dalla Corte costituzionale (v. cap. I, nn. 3 e 4 e nota 7). Ma, oramai, Ia Corte costituzionale ha affermato che in ogni caso !a reiterazione dei vincoli comporta l'obbligo di un indennizzo a favore dei proprietari delle aree vincolate (v. retro, cap. I, n. 5), senza piu necessit:a della detta rigorosa motivazione. Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 settembre 2001 n. 5047, in ll Cons. Stato, 2001, I, 2149. Sull'illegittimit:a di un provvedimento di reiterazione di vincoli di tipo espropriativo gia scaduti, senza la previsione del pagamento del relativo indennizzo, cfr. T.AR. Campania, Napoli, Sez. IV, 11 settembre 2002 n. 4807, in Rassegna T.A.R., 2002, I, 4019.
CAPITOLO IX
PIAN! COMUNALI GENERAL!
mente stralciate in sede di approvazione del piano, si applicano i limiti all'edificazione prescritti per i Comuni sprovvisti di qualsiasi piano urbanistico (cap. X). Evero che nella specie il Comune e fornito di piano, rna la «Zona bianca» e una parte di territorio comunale che il piano non disciplina. Le prescrizioni del piano regolatore generale, hanna carattere normative e come tali sono assistite dalla presunzione di conoscenza. Per questa, esse non possono venire abrogate per desuetudine. Naturalmente con l'andare del tempo possono verificarsi modifiche tali da rendere indispensabile la variazione delle direttive fissate per la sistemazione urbanistica del territorio comunale o di alcune sue parti, pur valendo anche per il piano regolatore generale il principia della stabilita, diretto ad evitare frequenti e radicali mutamenti. . Ecco perche in passato le varianti dei piani regolatori non potevano essere adottate dai Comuni senza l'autorizzazione preventiva da parte della Regione (salve alcune eccezioni). Poi, per snellire le procedure, la legge n. 47 del 1985 ha escluso la necessita della detta autorizzazione preventiva (art. 25, 3° comma) e ha demandato alia legge regionale di prevedere procedure semplificate per l'approvazione di piani esecutivi in variante dei piani generali e per l'approvazione di varianti ai piani generali finalizzate all'adeguamento degli standards urbanistici (cap~ VIII). In via di massima, il provvedimento di variante deve essere motivate, cioe deve indicare le ragioni di opportunita richiedenti la variante (18). Tale necessita non e determinata solo da ragioni soprav-
venute rna puo basarsi anche su elementi non tenuti presenti all'atto della formazione del piano regolatore. II procedimento di formazione, pubblicazione ed approvazione delle varianti e lo stesso di quello necessaria per il piano regolatore nel suo complesso salve le semplificazioni che sono state o che saranno introdotte dalla legge regionale. In Campania, secondo la legge 16 del 2004 (art. 24, c. 12), le varianti e gli aggiornamenti delle previsioni del Puc sono approvate con la medesima procedura prescritta per l'approvazione di tale piano, salva la riduzione alia meta di alcuni termini. Cio vale anche per l'approvazione di varianti di adeguamento del Puc ai piani paesaggistici. In tal caso la proposta di variante deve essere sottoposta al parere del!a competente Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesagg10. Ai fini dell'approvazione di varianti per la realizzazione di opere pubbliche 0 di pubblica utilita e prevista la possibilita del silenzioassenso dall'art. 19 del T.U. 327/2001 sugli espropri. Secondo tale norma l'approvazione del progetto definitive dell'opera da parte del Consiglio comunale costituisce adozione di variante allo strumento urbanistico (cio puo avvenire anche mediante conferenza di servizi o accordi di programma). La variante s'intende definitivamente approvata qualora la Regione (o 1'ente delegate all' approvazione del piano urbanistico comunale) non abbia manifestato il proprio dissenso entro novanta giorni dalla ricezione della delibera comunale con la relativa documentaZlOne. Tuttavia, per combattere l'inquinamento ambientale nelle citta, secondo l'art. 5 della legge 1°agosto 2002 n. 166, l'approvazione da parte del Consiglio comunale di un progetto definitive di infrastrutture di trasporto, viabilita e parcheggi costituisce variante urbanistica a tutti gli effetti.
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(18) La variante, che modifica Ia precedente destinazione urbanistica di un'area, deve contenere idonea motivazione della nuova scelta (Cons. Stato, Sez. N, 28 dicembre 1984, n. 1079, in II Cons. Stato, 1984, I, 1500). La necessicl di una specifica motivazione estata affermata soltanto per le varianti che riguardino u.n terreno determinate 0 incidano su aspettative assistite da speciale tutela ed affidamento (ad es. piano di lottizzazione convenzionata) (cfr. Cons. giust. reg. sicil. 28 settembre 2001 n. 509, in II Cons. Stato, 2001, I, 2196; Cons. Stato, Sez. N, 5 maggio 1997, n. 481, iv4 1997, I, 640; 7 aprile 1993, n. 398, in Foro amm., 1993, I, 678; T.A.R. Veneto, 2 febbraio 1995, n. 153, in Rttssegna T.A.R., 1995, I, 1674; T.A.R. Puglia, Leece, 27 dicembre 2000 n. 3877, iv4 2001, I, 686; T.A.R. Toscana, Sez. I, 22 gennaio 2001n. 79, iv4 2001, I, 957). Per un caso di non necessita di variante al p.r.g. per l'utilizzazione del sottosuolo per servizi pubblici (me-
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tropolitana), cfr. Cons. Stato, Sez. N, 11 febbraio 1992, n. 175, in II Cons. Stato, 1992, I, 170.
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CAPITOLa IX
5. Impugnazione La difesa dei privati nei confronti delle disposizioni del piano urbanistico comunale - come in genere dei piani urbanistici - e sostanzialmente limitata e difficile, data l'ampia discrezionalita tecnico-amministrativa di cui dispone l'Amministrazione nell' approvare il piano (19), In altri termini, sarebbe inutile, ad esempio, lamentare davanti al giudice amministrativo che il piano regolatore ha vincolato all'inedificabilita o alia costruzione di attrezzature pubbliche determinati suoli, prima edificabili in base alia precedente normativa o comunque ricadenti in zone gia parzialmente edificate ed urbanizzate. Qyesto motive di ricorso potrebbe avere qualche possibilita di accoglimento solo ove fosse evidente l' eccesso di potere per illogicita manifesta o palese contraddittorieta. Invece, dal punta di vista formale, gli interessati hanna vaste possibilita di difesa contra il piano regolatore: oltre alia presentazione delle dette osservazioni in via amministrativa, possono impugnare il piano in via giurisdizionale (davanti al tribunale amministrativo regionale) sia dopo la semplice adozione da parte del Consiglio comunale, sia dopo l'approvazione definitiva (sempre nel termine di 60 giorni: nel prima caso a partire dalla pubblicazione della delibera consiliare; nel secondo caso a partire dalla data di entrata in vigore del piano) (2o).
(19) Cfr., Cons. Stato, Sez. N, 11 giugno 1996, n. 777, in It Cons. Stato, 1996, I, 816; 6 luglio 1983, nn. 488 e 506, in It Cons. Stato, 1983, I, 671 e 675 e, piu recehtemente, Sez. N, 14 giugno 2001 n. 3146, iv4 2001, I, 1289; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, 1° agosto 1998, n. 351, in Rttssegna T.A.R., 1998, I, 3676; id., 9 giugno 1998, n. 250, iv4 1998, I, 3081; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 8 giugqo 1998, n. 805, iv4 1998, I, 3141. (20) Cfr. Cons. Stato, Sez. N, 23 settembre 1998, n. 1173 e 11 dicembre 1998, n. 1782, in II Cons. Stato, 1998, I, 1274 e 1910; 18 gennaio 1996, n. 45, iv4 1996, I, 24 (dalla conclusione dell'ultima misura conoscitiva, quale !'ultimo dei 15 giorni di pubblicazione dell'avviso nell'albo pretoria); con£ Sez. N, 14 giugno 2001 n. 3149, iv4 2001, I, 1290; Sez. V, 28 febbraio 1995, n. 304, iv4 1995, I, 238; Sez. V, 21 dicembre 1992, n. 1543, in Riv. giur. editizia, 1993, I, 408; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 6 aprile 1995, n. 77, in Rttssegna T.A.R, 1995, I, 2481.
l'lANl COM UN AU CllNI!RALl
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ib Qyesta. possibilita di doppia impugnazione e stata riconosciuta dopo vari contrasti in giurisprudenza - dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato (21). Secondo il Consiglio di Stato (22), alcune disposizioni del p.r.g., non essendo immediatamente lesive, .in quanta meramente programmatorie, devono essere impugnate unitamente al provvedime~ to che ne fa applicazione (cia vale, ad esempio, per le norme tecmche di attuazione). L'impugnazione del piano regolatore per vizi relativi soltanto ad alcune disposizioni del piano puo determinare solo 1'annullamento parziale del piano stesso (23). I''
6. I programmi di fobbricazione 1
, :, Come si e gia accennato, in sede di approvazione della legge urbanistica del 1942, sembro che la formazione di un vero e proprio piano regolatore comportasse spese per la compilazione, e limitazio-
ry.
(21) Cons. Stato, ad. ple11. 9 marzo 1983, n. 1, in It Cor;s. Stato, 1983, I~ 205; Sez. 19 ottobre 1994, 11. 819, iv4 1994, I, 1332; T.A.R. Campanta, Sez. I, Napoh, 10 febbrato 2000 11. 394 in Rassegna T.A.R., 2000, I, 1992. In sensa contrario all'autonoma impugnabilita deila delibera di adozione del p.r.g. (cioe indipendentemente.dall'~mp~gnati~~ della misura di salvaguardia), cfr. CRUCIL, It piano regolatore generate, m Riv. gtur. edtltzin, 1992, II, 116; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 25 maggio 1995, n. 151, in Rttssegna T.A.R., 1995, I, 3153; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 7 maggio 2001 n. 1046, iv4 2001, I, 2235. Secondo i1 Consiglio di Stato (Sez. V, 12 novembre 2003 n. 7225, Il Cons. Stato, 2003, I, 2513), l'applicazione delle misure di salvaguardia in sede di permesso di costruire none idonea a far nuovamente decorrere i termini per l'impugnazione del piano regolatore generale adottato. L'annullamento giurisprudenziale della delibera comunale di adozione del p.r.g. comporta !a caducazione del piano eventualmente gia definitivamente approvato (Cons. Stato, Sez. N, 26 aprile 1990, n. 314, in It Cons. Stato, 1990, I, 537). , (22) Cfr. Cons. Stato, Sez. N, 18 agosto 1997, n. 845, in Riv. giur.. editizia, 1998, I, 9.6' con nota di richiami; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 13 febbrato 2004 n. 2134, m Rttssegna T.A.R, 2004, I, 1520. ; (23) Cfr. Cons. Stato, Sez. N, 8 maggio 2000 n. 2639, in It Cons. Stato, 2000, I, 1166; 2 agosto 2000 n. 4253, iv4 2000, I, 1821; 20 marzo 2001 n. 1679, iv4 2.001, I, .729. E inammissibile l'impugnativa del piano regolatore concernente aree no1_1 d1 pr~pneta ~el ricorrente tranne che !a disciplina censurata incida direttamente su mteress1 propn e specifici del ricorrente medesimo (Cons. Stato, Sez. N, 28 luglio 2005 n. 4018, in Riv. Gitf.r. edilizin, 2005, I, 1711).
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PIAN! COMUNAL! GENERAL!
ni ai beni privati, eccessive e ingiustificate, qualora si trattasse di Comuni nei quali fosse prevedibile un'intensita minima dell'attivita edilizia e vi fosse scarsa esigenza di miglioramento e di incremento degli impianti di interesse pubblico. Ecco perche non fu accolta la proposta di rendere obbligatoria per tutti i Comuni la formazione del piano regolatore generale e si stabili, invece, che i Comuni a cia obbligati fossero soltanto quelli compresi in appositi elenchi compilati dal Ministero dei lavori pubblici (art. 8, 2° c., legge cit.). D'altra parte, era gia evidente la necessita che in tutti i Comuni esistesse una disciplina dell'attiva costruttiva, tale da assicurare un minima di tutela sia delle esigenze fondamentali di ordine igienico, estetico, funzionale, sia di quelle riguardanti lo sviluppo del centro abitato. Ne, a questi fini, sarebbe state sufficiente rendere obbligatoria per tutti i Comuni la compilazione di un regolamento edilizio, a termini dell'art. 33 della citata legge urbanistica. In tal modo, infatti, avrebbero potuto essere assicurati il decoro, la funzionalita, l'igiene e la sicurezza dei fabbricati, rna non sarebbe state possibile, sia provvedere diversamente a queste stesse esigenze a seconda della collocazione nel territorio comunale dei fabbricati medesimi, sia disciplinare razionalmente il raggruppamento delle costruzioni e, quindi, la trasformazione dell'abitato esistente e l'espansione della zona d'insediamento. Per questa motive fu avvertita la necessita di integrare le norme del regolamento edilizio con un piano urbanistico che, pur ridotto alia piu semplice espressione, assicurasse l'instaurazione di una completa disciplina nella svolgimento dell'attivita edilizia. Fu quindi stabilito l'obbligo, per tutti i Comuni sprovvisti di piano regolatore; di «includere nel proprio regolamento edilizio un programma di fabbricazione, con l'indicazione dei limiti di ciascuna zona, secondo le delimitazioni in atto o da adottarsi, nonclie con la precisazione dei tipi edilizi propri di ciascuna zona» e con la possibilita di indicare anche «le eventuali direttrici di espansione» (art. 34 legge urb.). Cosi individuate, il programma di fabbricazione e da considerarsi non come un vera e proprio strumento di sistemazione urbanistica del territorio, rna come completamento normative del regolamento edi-
lizio comunale attinente alia disciplina dell'attivita costruttiva edilizia nelle varie zone a diversa destinazione. Infatti, secondo la norma citata, il programma di fabbricazione doveva contenere soltanto le disposizioni riguardanti la disciplina dell'attivita costruttiva dei privati e, cioe, la delimitazione delle varie zone a questa riservate e l'indicazione dei tipi edilizi e delle norme da seguire nella edificazione in ciascuna zona. Pertanto, non erano comprese nel contenuto del programma di fabbricazione le altre disposizioni previste per il piano regolatore generate, cioe la rete delle vie di comunicazione e l'indicazione delle aree di uso pubblico o sottoposte a speciale servitu o da riservare ad opere pubbliche o d'interesse pubblico (casa comunale, scuole, chiese, impianti sportivi, parcheggi, ecc.) (ferma restando - anche per i Comuni forniti di siffatto programma di fabbricazione - la possibilita di realizzare tali opere mediante il ricorso aile norme vigenti sull'esproprio per pubblica utilita). Tale esatta interpretazione della legge del 1942 e stata progressivamente esclusa per il sempre crescente numero di Comuni abbisognevoli di un piano urbanistico piu complesso ed articolato rispetto al programma di fabbricazione. Indubbiamente, sarebbe state piu corretto che tali Comuni avessera provveduto alla formazione di un piano regolatore generale e non di un programma di fabbricazione avente un contenuto non rispondente a quanta stabilito dalla legge urbanistica. Ma la maggiore semplicita della procedura per l'approvazione ed i minori oneri finanziari mossero molti Comuni a formare un programma di fabbricazione e non un piano regolatore generale. Qyesta soluzione prima fu censurata, rna in un secondo tempo avallata, dalla giurisprudenza amministrativa, tanto che la maggior parte dei Comuni si sono provvisti di un programma di fabbricazione e non di un piano regolatore generale. In tal modo, si sono avuti piani urbanistici comunali aventi un contenuto simile a quello del piano regolatore generale, rna rimesso alla discrezionalita dell'Amministrazione ed approvato senza le garanzie procedurali previste per il piano regolatore generale. Cia ha portato nelle varie Regioni alla progressiva soppressione del programma di fabbricazione (in Campania con le leggi 20 marzo
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CAPITOLO IX
1982 nn. 14 e 17, che hanna esteso a tutti i Comuni l'obbligo della formazione del piano regolatore generale). P~rtroppo, dei ci~ca 30~ C~muni della Campania forniti all'epoca dr programma dr fabbncaz10ne, poco piu della meta sono stati dotati di piano regolatore generale dopo 23 anni. La nuova legge urbanistica n. 16 del 2004 aveva deciso di far decadere i circa 120 programmi di fabbricazione ancora vigenti alia data della sua entrata in vigore (29 dicembre 2004). Ma la legge 11 agosto ~0?5 n. 15 ~i l~a richiamati in vita, fermo restando l'obbligo dei relatrvr Comum dr provvedere alia formazione del nuovo piano urbanistico comunale (Puc). Tuttavia, la legge sembra avere esclusa la possibilitci, nel frattem. po, di qualsiasi variante ai detti rinati programmi di fabbricazione anche.nei limiti previsti dalla norma di cui all'allegato alia citata leg~ ge reg10nale n. 14 del 1982 (tit. II, n. 2), che e stata abrogata dall'art. 49, c. 2, della citata legge regionale 16/2004.
CAPITOLO
X
LIMITI EDILIZI NEI COMUNI SPROWISTI DI PIANO MISURE DI SALVAGUARDIA
SOMMARIO: 1. Limiti all'edificazione nei Comuni sprovvisti di piano. - 2. La
normativa transitoria in Campania. - 3. Parcheggi, distanze dalle strade ed altre zone di rispetto. - 4. Le misure di salvaguardia.
1. Limiti all'edificazione nei Comuni sprovvisti di piano
Uno degli strumenti previsti dalla legge-ponte n. 765 del1967, per frenare il caos urbanistico e per incentivare la formazione dei piani comunali, consiste nelle limitazioni alia edificazione prescritte per i Comuni sprovvisti sia di piano regolatore generale, sia di programma di fabbricazione. La ratio di tale disposizione era quella di impedire che, in mancanza di una qualsiasi regolamentazione urbanistica, l' attivita edilizia continuasse a svolgersi - come spesso e avvenuto di fatto - senza alcuna disciplina, ad eccezione dei limiti, del tutto insufficienti, stabiliti dai vecchi regolamenti edilizi comunali. L'art. 17 prevedeva, dunque, che nei Comuni sprovvisti di qualsiasi piano urbanistico 1'edificazione a scopo residenziale doveva sottostare aile seguenti limitazioni: a) il volume complessivo costruito di ciascun fabbricato non poteva superare la misura di un metro cuba e mezzo per ogni metro quadrate di area edificabile nel caso di edifici ricadenti nel centro abitato e di un decimo di metro cuba per
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LIMIT! EDILIZI NEI COMUNI SPROVVISTI DI PIANO
ogni metro quadrate di area edificabile per le costruzioni ubicate nelle restanti parti del terri to rio; b) gli edifici non potevano comprendere pili di tre piani; c) l'altezza di ogni edificio non poteva essere superiore alla larghezza degli spazi pubblici o privati su cui .esso prospettava e la distanza ~agli edifici vicini non poteva essere mferiore all'altezza di ciascun fronte dell'edificio da costruire. Per effetto della legge 10 del 1977, a decorrere dal 1° gennaio 1979, in mancanza di norme regionali (per la Campania, v il s~cces sivo n. 2), si poteva costruire nei seguenti limiti (sempre ove 11 Comune sia ancora sprovvisto di qualsiasi piano): - fuori del perimetro dei centri abitati l'edificazione a scope resi denziale non puo superare l'indice di metri cubi 0,03 per metro quadro di area edificabile; . - nell'ambito dei centri abitati sono consentite soltanto opere d1 restauro e di risanamento conservative, di manutenzione ordinaria o straordinaria, di consolidamento statico e di risanamento iglemco. Ai detti fini la perimetrazione del centro abitato (1) deve essere compiuta con la stessa procedura stabilita per l'approvazione dei regolamenti edilizi comunali. Tale perimetrazione sara quanta mai necessaria, laddove sia indispensabile effettuare la ricognizione della estensione del centro stesso quando il tessuto degli insediamenti abitativi in esso ricadenti sia di incerta delimitazione (2). Qyalora tratta-
si di edificare fuori dei centri abitati edifici o complessi produttivi, non erano previsti limiti di cubatura (3), rna soltanto un limite massima di superficie coperta (cioe originariamente un terzo dell'area di proprieta del richiedente la licenza; rna tale misura e stata ridotta ad un decimo dell' area a partire dal1 ° gennaio 1979: art. 4, ult. comma, legge 10/1977) (4). Con l'entrata in vigore del testa unico dell'edilizia, sono stati modificati i detti limiti all'edificazione nei Comuni sprovvisti di qualsiasi strumento urbanistico (art. 9 t.u. cit.). In ogni caso, sono consentiti gli interventi di manutenzione e di restauro degli edifici esistenti. Fuori del perimetro dei centri abitati, gli interventi di nueva edificazione non possono superare l'indice di 0,03 metri cubi per metro quadrate. A quanta pare, questa indice dovrebbe essere applicate a qualsiasi tipo di costruzione. Soltanto per l'edilizia produttiva si potrebbe, comunque, coprire un decimo dell'area di proprieta senza un limite di cubatura (rna la norma- essendo formulata in modo equivoco - ha data luogo a interpretazioni discordanti (s) (interventi di ristrutturazione edilizia sono comunque
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(1) Perla definizione dei detti interventi, v. !'art. 31 della legge 457 del 1978 (cap. XV, n. 3). La nozione di centro abitato non e precis~ta dalla legg~ e, pertan~o ~'Istat,, de:finendo centro abitato ,,['agglomerate di case continue, carattenzzato dall eststenza dt servizi o esercizi pubblici determinanti un luogo di raccolta, ove sogliono concorrer~ gli abitanti dei luoghi vicini, per ragione di culto, istruzione, affari, ~tc.», ha ~ettato 1 re:quisiti che occorre riscontrare per pater individuare uh. cent:~ abttato ..E~sl son~ ?au dal fatto che a) deve trattarsi di un gruppo di case; b) dt sel'VlZt od.ese~ctzt pub.bltct; c~ questi ultimi devono determinare un luogo ?i raccolta anc~e per glt abt~antl det luoght circostanti. Per la definizione del centro abttato secondo tl nuovo codtce della strada, cfr. infta, n. 3. (2) Cfr. T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 14 febbraio 1996, n. 24 .in Rassegna !A.R, 1996, I 1453. Per il riferimento alia «situnzione fattuale della zona••, m assenza d1 formale perimetrazione del centro abitato, v. Cons. Stato, Sez. IV, 5 aprile 2005 n. 1560, in Il Cons. Stato, 2005, I, 640.
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(3) Cfr. Cass., Sez. II, 29 agosto 1991, n. 9219, in Riv. giur. edilizia, 1992, I, 292. (4) Gli alberghi sono assimilabili all'edilizia residenziale, ai fini dell'applicabilita dei limiti in oggetto (cfr. T.A.R. Puglia, Leece, 18 settembre 1991, n. 557, in Rassegna T.A.R, 1991, I, 4036, con nota di richiami; Cass., Sez. II-ter, 14 dicembre 2002 n. 12360, in Guida al dir., 2003, n. 3, 102; v., pero, SPADEA, Note sull'albergo, ecc., in Riv. giur. edilizia, 1991, II, 105). Invece, nella nozione di «edifici produttivi» sono stati indusi talvolta «gli insediamenti di carattere commerciale, direzionale e turistico•• (tranne l'ipotesi di «tipo promiscuo») (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 15 marzo 1991, n. 262, in Riv. giur. edilizia, 1991, I, 625, e 2luglio 1993, n. 770, in Il Cons. Stato, 1993, I, 921; contra, Cass., Sez. II civ., 14 giugno 1997, n. 5368, iv~ II, 1578), nonche i locali utilizzati per l'esposizione o la vendita di autovetture e per deposito (T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 2 novembre 1994, n. 429, in Rassegna T.A.R., 1995, I, 322). Sulla nozione di «casa-albergo», cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 aprile 1986, n. 222, in It Cons. Stato, 1986, I, 526; nonche sui caratteri dell'attivita alberghiera v. Cons. Stato, Sez. V, 21 maggio 1999, n. 592, iv~ 1999, I, 866. Secondo la giurisprudenza il divieto di nuove opere nei centri abitati si estende anche agli edifici e complessi produttivi (T.A.R. Lazio, Sez. II, 14 agosto 1987, n. 1382, in Riv. giur. edilizia, 1988, I, 964). (5) Nel sensa dell'applicabilita all'edilizia produttiva del doppio limite (volumetrico e di superficie coperta), v. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 23 dicembre 2003 n. 15535; in sensa opposto T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 21 dicembre 2004 n. 19574. Qyesta seconda soluzione corrisponde ad un'interpretazione logico-sistematica del testa lcgislativo, determinate dal suggerimento - contenuto nel parere dell'Ad. gen. del Con-
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CAPITOLO X
conse.ntiti, a dete.rminate condizioni, qualora non sia state approvato un plano esecutrvo anche se prescritto dal piano generale). Attualn:ente la normativa richiamata - che fa salvi solo limiti piu restrittiVl eventualmente prescritti dalle leggi regionali (creando complessi problemi di applicazione delle norme regionali gia in vigore e perp.lessita di .l~gitti:nita costituzionale) - si applica fino all'approvazrone definrtrva dr uno strumento urbanistico comunale. II teste unico ha abrogate il 6° comma del citato art. 17, che stabiliva una particolare disciplina edilizia per alcune zone dei Comuni provvisti di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, cioe laddove tali piani consentono l'edificazione per volumi sup.eri?ri a tre metri cubi per metro quadrate ovvero per altezze supenon am. 25. In tal caso non potevano essere realizzati edifici con volumi od altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposite piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi all'intera zona e contenenti la disposizione planovolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa (6). Per quanto riguarda il calcolo dei volumi - ai fini dell'applicazione dei suindicati indici di edificabilita o di quelli contenuti in altre ~ormative di Iegge o di piano urbanistico - l'orientamento della giunsprudenza e nel sense di computare tutti i volumi utili, cioe, ad esempio, anche i volumi completamente. interrati che siano destinati ad abitazione o ad ufficio o ad altro analogo uso, che richieda Ia permanenza di persone (7). Non sono, invece, computabili i vani interrati destinati esclusivamente a cantine o, in genere, i cosiddetti volumi tecnic~ fra cui sono certamente inclusi quelli (compresi o meno
siglio di Stato, 29 marzo 2001 n. 3 - di unificare le lett. b) e c) di cui all'art. 4 Iegge 10/1977, per estendere agli edifici produttivi il requisito della Iocalizzazione fuori del per~me.tro dei ~en~i .abi~ati. Ma il Consiglio di Stato ha .ritenuto necessariamente applicabde d dopp1o hnnte m base alia lettera della Iegge (Sez. IV, 19 e 22 giugno 2006 n. 3650 e 3872). (6) La detta norma non fu ritenuta applicabile nel caso in cui Ia nuova costruzione ricada in zona gia edificata {T.A.R. Lombardia, Milano, 2 marzo 1996, n. 269, in Rnssegna T.A.R, 199?, I, 1822; T.A.R. Puglia, Leece, 3 luglio 1999, n. 759, iv4 1999, I, 3612; T.A.R. Campama, Napoli, Sez. II, 5 gennaio 1999, n. 49, iv4 1999, I, 1056). (7) Cfr. T.A.R. Veneto, 21 febbraio 1996, n. 232, in Rnssegna T.A.R, 1996, I, 1346; Cass., Sez. III pen., 14 luglio 1997, in Riv. giur. edilizia, 1998, I, 1046.
LIMIT! EDILIZI NEI COMUNI SPROVVISTI DI PIANO
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nella sagoma dell'edificio) strettamente necessari a contenere determinati accessori (ascensori, locali per impianti termici, gas, etc.)(s).
(8) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 maggio 2000 n. 2614, in Il Cons. Stato, 2000, I, 1146, che ha precisato Ia nozione di piano interrato Ia cui volumetria non e computabile ai fini degli standard urbanistici, includendo fra gli esempi anche i parcheggi; cosi anche T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 20 gennaio 2004 n. 647, in Rnssegna T.A.R, 2004, I, 1221; v. anche T.A.R. Lazio, Latina, 14 giugno 2001 n. 642 e 14 aprile 1997, n. 303, in Rmsegna T.A.R, 2001, I, 2225 e 1997, I, 1691; T.A.R. Lazio, Sez. II, 28 febbraio 1996, n. 413, iv4 1996,1, 809; Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 1982, n. 239, in Il Cons. Stato, 1982, I, 304; 23 marzo 1991, n. 329, iv4 1991, I, 468; T.A.R. Puglia, Bari, 2 aprile 1981, n. 66, in Rmsegna T.A.R., 1981, I, 1983; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 21 settembre 1982, n. 437, iv4 1982, I, 3130; T.A.R. Lombardia, Brescia, 20 dicembre 1982, n. 548, iv4 1983, I, 552 e 15 dicembre 1983, n. 897, iv4 1984, I, 958. V anche Cons. Stato, Sez. V, 13 maggio 1997, n. 483 e 8 settembre 1983, n. 367, in It Cons. Stato, 1997, I, 699, e 1983, I, 911, sull'esclusione dalIa nozione di volume tecnico di stenditoi; soffitte e locali di sgombero o comunque agevolmente adattabili ad usa abitativo (con£ Cons. giust. amm. Reg. sic., 22 ottobre 2003 n. 337, in It Cons. Stato, 2003, I, 2352; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 4 settembre 2003 n. 11318, in Rmsegna T.A.R., 2003, I, 4220; T.A.R. Lazio, Sez. II, 21 giugno 2004 n. 6016, iv4 2004, I, 2378 (sugli impianti tecnici i cui volumi sono realizzabili anche nel caso di vincoli di mera conservazione delle strutture esistenti); T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 8 ottobre 2004 n. 1855, ivi, 2004, I, 4102 (soffitti, stenditoi chiusi, Iacali di sgombero); T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 19 marzo 2002 n. 1431, ivi, 2002, 1, 2019; id., 17 giugno 2002, n. 3598, iv4 2002, I, 3075; Sez. II, 5 agosto 1999, n. 2194, in Rmsegna T.A.R., 1999, I, 4045; T.A.R. Liguria, Sez. I, 9 luglio 1998, n. 372, iv4 1998, I, 3174; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 15 ottobre 1998, n. 2358, ivi, 1998, I, 4382; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Balzano, 7 ottobre 1993, n. 197, ivi, 1993, I, 4538; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 16 dicembre '1992, n. 775, iv4 1993, I, 466; T.A.R. Sicilia, Catania, 17 febbraio 1996, n. 180, ivi, 1996, I, 1660; per Ia computabilita del sottotetto, «ancorche non sia suscettibile di utitizzazione abitativa••, v. T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 16 ottobre 1993, n. 465, ivi, 1993, I, 4660; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 22 dicembre 2000 n. 4844, iv4 2001, I, 663; T.A.R. Liguria, Sez. I, 7 giugno 2001 n. 661, ivi, 2001, I, 2839; T.A.R. Toscana, Sez. II, 4 ottobre 2002 n. 2358, iv4 2002, I, 4381; Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 1996, n. 287, in Il Cons. Stato, 1996, I, 422; v. in sensa contrario Cons. Stato, Sez. II, 23 giugno 2004 n. 1559/2000, ivi, 2005, II, 584; ancora sulla computabilita del volume sottotetto di altezza suscettibile di usa abitativo, v. T.A.R. Puglia, Leece, Sez. III, 15 gennaio 2005 n. 143, in Rmsegna T.A.R., 2005, I, 889. V. anche Cons. Stato, Sez. V, 28 dicembre 1983, n. 807, iv4 1983, I, 1340, sulla computabilita dei Iocali costruiti sui lastrico solare e collegati con scaletta interna agli appartamenti sottostanti; con£ T.A.R. Lombardia, Sez. I, Milano, 8 febbraio 1986, n. 93, in Rmsegna T.A.R., 1986, I, 1254; nella stesso sensa con riferimento aile superfici seminterrate destinate agli spazi di manovra delle auto per l'accesso ai box, cfr. T.A.R. Toscana, 16 aprile 1984, n. 209, ivi, 1984, I, 2158. E stato considerato volume tecnico: un abbaino a copertura dell'accesso sulla terrazza di un fabbricato {T.A.R. Veneto, 6 settembre 1985, n. 582, ivi, 1985, I, 3741); il volume destinato ad ospitare un carroponte (T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 5 settembre 2003
CAPITOLO X
LIMITI EDILIZI NEI COMUNI SPROVVISTI DI PIANO
Coerentemente la giurisprudenza ha precisato che nel compute del volume di un fabbricato devono essere inclusi tutti quegli spazi che sono suscettibili di una funzione complementare a quella abitativa o, in genere, che possano essere agevolmente destinati ad una funzione utile, come i sottotetti, gli stenditoi chiusi, i locali di sgombero, le verande coperte ed i porticati (peraltro, di consistenza tale da potersi ritenere un ampliamento dell'edificio) (9).
Per quanta riguarda in genere l' applicazione degli indici di fabbricabilita, si deve far riferimento alla superficie dell'area di proprieta destinata all' edificazione. Salva una diversa norma urbanistico-edilizia locale, e state affermato in giurisprudenza (non senza contrasti), che «ai fini della determinazione della volumetria prescritta per l'edificazione dalle norme urbanistiche e legittimo l' asservimento di aree della stesso proprietario, anche se non contigue, purche situate nella stessa zona e tra loro non distanti, venendo in rilievo piu che il criteria della contiguita, qu(;!llo della omogeneita dei terreni» (10).
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n. 7378, iv4 2003, I, 3682); inoltre, non produce cubatura un capannone parzialmente tamponato ai lati, con vincolo trascritto di non tamponatura dei portici e con destinazione agricola (T.A.R. Lazio, Sez. II, 30 gennaio 1993, n. 99, iv4 1993, I, 414) o una tencia amovibile che copra un cortile interne (T.A.R. Liguria, Sez. I, 10 gennaio 1996, n. 4, iv4 1996, I, 915); in senso contrario ove trattasi di superficie chiusa da almena tre lati (T.A.R. Sicilia, Catania, 30 settembre 1994, n. 2171, iv4 1994, I, 4230). Parimenti costituisce volume per l'intero corpo di fabbrica un sylos per autovetture, anche se aperto ai vari piani (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 29 luglio 1995, n. 662, iv4 1995, I, 4371). In particolare, anche il volume dei locali interrati deve essere computato nel calcolo della volumetria consentita, salvo che si tratti <
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assolvere una funzione di protezione degli accessi dell'edificio dagli agenti atrnosferici ovvero di temporaneo deposito di cose e stazionamento di persone - deve essere conteggiato nel volume del fabbricato «ove gti spazi perimetrati chiusi abbiano estensione superiore a quetli aperti» (tale definizione sembrerebbe escludere dal compute del volume il classico porticato di forma rettangolare aperto su tre lati). Sulla computabilita dei porticati v. anche T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 20 giugno 1984, n. 263, iv4 1984, I, 2577; T.A.R. Veneto, 8 agosto 1984, n. 304, iv4 1984, I, 3081. E stata considerata come ipotesi di aumento di volume utile Ia trasformazione di locali sottotetto in locali abitahili da T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 6 luglio 2000 n. 2678, iv4 2000, I, 4030. (10) Cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 20 settembre 1983, n. 499, in Rassegna T.A.R, 1983, I, 3190; id., Milano Sez. II, 1° aprile 1987, n. 96, iv4 1987, I, 1849; cfr. contra, Sez. V, 30 marzo 1994, n. 193, iv4 1993, I, 385; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 9 marzo 2000 n. 245, iv4 2000, I, 2413; v. anche Cons. Stato, Sez. V, 3 marzo 2003 n. 1172, in It Cons. Stato, 2003, I, 564. Successivamente, secondo il Consiglio di Stato (Sez. V, 23 marzo 2004 n. 1525, iv4 2004, I, 657), ai fini dell'assetvimento e necessaria che vi sia «un'ejfettiva e significativa vicinanza» tra i fondi da asservire ed illotto da edificare (sulla necessita, se non della contiguita delle aree, almena di una limitata separazione, v. T.A.R. Sardegna, 17 gennaio 2004 n. 45, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 1279; di contiguita parla, invece, T.A.R. Molise, 12 febbraio 2004 n. 64, iv4 2004, I, 1498). Inoltre, il detto asservimento richiede strumenti negoziali privatistici (atti d'obbligo, trascrizione, ecc). Sulla possibilita di accorpamento di due aree separate soltanto da una strada vicinale, v. Cons. Stato, Sez. V, 27 febbraio 1986, n. 147, iv4 1986, I, 184, o in genere da un tracciato stradale (id., 1° ottobre 1986, n. 477, iv4 1986, I, 1501; 19 marzo 1991, n. 291, iv4 1991, I, 443; 4 gennaio 1993 n. 26, iv4 1993, I, 51; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 21 gennaio 1994, n. 4, in Rassegna T.A.R., 1994, I, 1071; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 16 gennaio 1996, n. 15, iv4 1996, I, 1022). II Consiglio di Stato (Sez. V, 11 aprile 1991, n. 530, in It Cons. Stato, 1991, I, 687) ha anche precisato che l'asservimento della volumetria realizzabile su un lotto in favore di un altro, per consentire in quest'ultimo una maggiore edificabilita, e ammesso solo per Iotti aventi Ia medesima destinazione urbanistica, rna anche se si tratti di aree gia edificate (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 17 novembre 1999, n. 1604, in Rassegna T.A.R., 2000, I, 349) naturalmente computando i volumi esistenti.
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CAPITOLO X
Viceversa, nel case di due aree contigue appartenenti al medesimo proprietario, rna ricadenti in zone omogenee diverse, non e consentito realizzare su una delle dette aree tutto o parte del volume realizzabile sull'altra (11). D'altra parte, ai fini del compute della volumetria e rilevante il fatto oggettivo dell'utilizzazione edificatoria dell'area che ha l'_effetto di impedirne l'ulteriore edificazione oltre i limiti consentiti, mentre e ininfluente che la proprieta dell'area sia stata trasferita ad altri, che manchi qualsiasi forma di asservimento dell'area stessa e che l'edificio insista su una parte della proprieta originaria catastalmente clivisa (12). D'altra parte, e stata ammessa dalla giurisprudenza anche la «cessione di cubatura», cioe la possibilita - ai fini del compute della volumetria realizzabile in base al prescritto indice di edificazione - dell'asservimento anche di aree di proprieta di un terzo site nella medesima zona omogenea. Tale asservimento puc essere realizzato sia mediante un vera e proprio contratto tra le parti, sia mediante una semplice dichiarazione scritta del terzo presentata al Comune (13) (11) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, 7 giugno 2000 n. 4166, in Rassegna T.A.R, 2000, I, 3771. (12) Cfr. Cons. State, Sez. V, 7 novembre 2002 n. 6128, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 400; id., 10 febbraio 2000 n. 749, in It' Cons. Stato, 2000, I, 296; Sez. IV, 6 settembre 1999, n. 1402, in Riv. giur edilizia, 1999, I, 1386, con nota di richiami; Sez. V, 30 marzo 1998, n. 387, iv4 1998, I, 987; Sez. IV 15 luglio 1999, n. 1246, in Il Cons. Stato, 1999, I, 449; Sez. V, 15 ottobre 1986, n. 542, iv4 1986, I, 1530; T.A.R. Lombardia, Milano, 22 settembre 1995, n. 1133, in Rassegna T.A.R, 1995, I, 4528; T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 25. novembre 2002 n. 6571, iv4 2003, I, 442; T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 27 luglio 2004 n. 7478l iv4 2004, I, 1703; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 15 luglio 2004 n. 10239, iv4 2004, I; 3193; T.A.R. Lombardia, Brescia, 23 maggie 2005 n. 541, iv4 2005, I, 966. Nel compute dei volumi consentiti sono normalmente valutati anche i volumi esistenti prima dell'entrata in vigore del limite volumetrico da applicare {Cons. State, Sez. V, 29 novembre 1994, n. 1414, in It Cons. Stato, 1994, I, 1601; 28 febbraio 2001 n. 1074, iv4 2001, I, 396 {anche ave trattasi di particelle catastalmente diverse); 7 novembre 2002 n. 6128, iv4 2002, I, 2470; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 23 giugno 1995, n. 253, in Rassegna T.A.R, 1995, I, 3818; id., 24 luglio 2003 n. 650, iv4 2003, I, 3815; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 17 maggie 2004 n. 8776, ivi, 2004, I, 2562; id., Sez. V, 15 luglio 2004 n. 10239, iv4 2004, I, 3193; contra, id., 9 gennaio 1988, n. 7, iv4 1988, I, 891). Sulla computabilita anche dei preesistenti volumi abusivi oggetto di condone edilizio, v. Cons. State, Sez. V, 12 luglio 2004 n. 5039, in It Cons. Stato, 2004, I, 1531. (13) Cfr. Cass., Sez. II civ., 12 settembre 1998, n. 9081, in Il Cons. Stato, 1999, II, 218;
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(naturalmente l'area asservita resta come tale anche in case di successive trasferimento totale o parziale della proprieta}. Secondo la giurisprudenza (14), in mancanza di una diversa norma della strumento urbanistico, le zone di rispetto o in ogni case le parti di un lotto di cui si e sancita l'inedificabilita con norme di carattere generale attinenti all'assetto urbanistico (e, quindi non se destinate a strada privata o parcheggio di uso pubblico), debbono essere computate come utili ai fini degli indici urbanistici diretti a contenere la densita edilizia (volume, rapporto tra superficie edificata e superficie del terrene, altezze relative). .
2. La normativa transitoria in Campania Con la legge 20 marzo 1982 n. 17, la Regione Campania specifico ed integra i limiti all'edificazione nei Comuni sprovvisti di piano urbanistico, stabiliti dal suesposto art. 4 della legge 10 del1977. Le modifiche - generalmente meno restrittive - sono le seguenti: - all'interno dei centri abitati sono consentiti anche interventi di ristrutturazione degli edifici esistenti (v. art. 31, lett. d, legge 457 del 1978 ed oggi art. 3, lett. d, t.u. edilizia}, sempre perc senza au-·
id., 8 aprile 1998, n. 3642, iv4 1998, II, 1281; ampiamente, da ult., Cons. State, Sez. IV, 31 gennaio 2005 n. 217, iv4 2005, I, 85 e Cons. State, Sez. V, 26 giugno 2000 n. 3637, iv4 2000, I, 1521, e sulla revocabilita dell'atto unilaterale di asservimento v. Cons. State, Sez. V, 8 luglio 2002 n. 3778, iv4 2002, I, 1529; v. anche T.A.R. Sicilia, Catania, 23 settembre 1997, n. 1846, in Rassegna T.A.R, 1998, I, 4227. Sulla «cessione di cubatura••, v. CANGELLI, in Urbanistica e appatt4 2000, n. 11, 1165. Piu chiaramente il Consiglio di Stato (Sez. V, 12 luglio 2005 n. 3777, iv4 2005, I, 1223) ha precisato che, nell'ipotesi di frazionamento di un' area gia edificata, i proprietari delle varie parti in cui !a detta area e stata frazionata hanna a disposizione solo !a volumetria che eventualmente poteva ancora essere realizzata sull'intera area originaria e in proporzione della rispettiva quota di acquisto. (14) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 gennaio 1991, n. 44, in It Cons. Stato, 1991, I, 40; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 16 luglio 1993, n. 466, in Rassegna T.A.R, 1993, I, 3597. Sull'inapplicabilita dell'indice di edificazione alle aree destinate ad uso pubblico (strade private o parcheggi), cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 23 giugno 1998, n. 532, in Rassegna T.A.R, 1998, I, 3072; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 17 marzo 1998, n. 929, iv4 1998, I, 2017.
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menta delle volumetrie e delle superfici utili preesistenti (15); - all'esterno dei centri abitati, per le opere strettamente accessorie all'attivita agricola, e consentito un indice di fabbricabilita aggiuntivo (rispetto allo 0,03 mc/mq previsto per l'edilizia residenziale) pari a 0,07 mc/mq (in questa caso il rilascio del permesso di costruire e subordinate alla trascrizione, a cura del richiedente, di un atto che vincoli all'attivita agricola la destinazione dei fabbricati in progetto); - in ogni caso per le opere d'interesse pubblico, di cui all'art. 16 legge 765/1967 (v. cap. XXN, n. 12), gia esistenti al 30 marzo 1982, e consentita la realizzazione nel sottosuolo di opere accessorie (quali garage, sala convegno, ristorante, etc.), purche completamente interrate, e di attrezzature complementari (quali piscine, campi da gioco e simili), purche non comportino l'aggiunta di nuovi volumi; - le superfici coperte degli edifici o dei complessi produttivi non potranno superare un ottavo dell'area di proprieta (la legge 10/1977 prevedeva, invece, un decimo). Inoltre, la legge della Regione Campania n. 17 del 1982 esonera espressamente, dall'applicazione degli indicati limiti edilizi transitori, gli interventi volti alia realizzazione di edifici e strutture pubbliche od opere di urbanizzazione primaria e secondaria (verosimilmente anche private), di programmi per l'edilizia residenziale pubblica, nonche dei piani e degli interventi di cui alia legge statale per le zone terremotate (n. 219 del1981).
(15) La giurisprudenza penale comprende fra le opere interne, di cui all'art. 26 legge 47/1985, anche i soppalchi (come ,,fa divisione in due dell'altez.za di un vano••), in quanta «tak manufatto non determina ne un 'alterazione dei volumi preesistenti, ne !a costituzione di una nuova unita edilizia>> (cfr. Cass., Sez. III pen., 3 giugno 1994, n. 6573, in Il Cons. Stato, 1995, II, 84). Tale indirizzo giurisprudenziale sembra trascurare la rilevanza urbanistica di siffatti interventi - che possono accrescere notevolmente il peso insediativo ma comunque non sarebbe applicabile in presenza di norme, come quella richiamata nel testa, che vietano l'aumento delle superfici utili (v., pero, T.AR. Toscana, Sez. I, 7 febbraio 1997, n. 24, in Rassegna T.A.R, 1997, I, 1382). Fra le attrezzature realizzabili nei centri abitati sono stati compresi anche gli impianti 'di distribuzione dei carburanti (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 23 ottobre 2002 n. 6604, iv4 2002, I, 4428).
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La nuova legge della Regione Campania 22 dicembre 2004 n. 16 (come modificata dall'art. 9 della legge regionale 11 agosto 2005 n. 15) ha a sua volta modificato la citata legge 17/1982. Pertanto, secondo la nuova normativa, nei Comuni della Campania sforniti di strumento urbanistico generale (piano regolatore e programma di fabbricazione) devono essere applicati i seguenti limiti all'edificazione: a) nei centri abitati sono consentiti soltanto interventi di manutenzione, di restauro e di ristrutturazione, che non comportino aumenta delle volumetrie e delle superfici utili preesistenti; b) fuori dei centri abitati, per l'edilizia residenziale sono confermati i precedenti limiti volumetrici suindicati, mentre per i complessi produttivi e stabilito un limite di superficie coperta non superiore ad un sedicesimo dell'area di proprieta (ridotto ad un ventesimo a partire dalla fine dell' agosto 2007). c) fuori e dentro i centri abitati resta la suindicata possibilita di realizzare interventi pubblici ed opere di urbanizzazione primaria e secondaria, oltre a programmi di intervento territoriale e di recupero urbana, finanziati con risorse pubbliche o dell'Unione europea. . Pertanto, anche Ia nuova normativa regionale non risulta compatibde con le prescrizioni del testa unico dell'edilizia. Infatti, come si e accennato nel numero precedente, il testa unico dell'edilizia (art. 9), nella stabilire i limiti all'edificazione nei Comuni sprovvisti di piano, fa salvi solo «i piu restrittivi limiti .fissati dalle leggi regionali». Cio mette in discussione I' applicabilita della suesposta normativa della Regione Campania, con un prevedibile contenzioso anche davanti alia Corte costituzionale (CMTARESE MATTEUCCI, Riv. giur. urbanistica, 2003, II, 136; v. anche, PICOZZA, in If Cons. Stato, 2003, II, 1955). . P~raltro, pe: aree soggette a vincoli urbanistici di tipo espropnatlvo scadut1, I art. 38 della citata legge regionale 16/2004 dispone l'a~plicazione dei limiti all'edificazione previsti dall'art. 4 della legge reg10nale n. 17 del 1982, di cui, pen), il comma 2 e stato abrogate dall'art. 49 della stessa legge 16/2004. Pertanto, ai sensi dell'art. 44, comma 4, di quest'ultima legge (come modifi.cato dall'art. 9 della l.r. 15/2005), soltanto nei Comuni sprovvisti di strumento urbanistico vigente - e non sulle aree soggette a vincolo di tipo espropriativo scaduto - sono realizzabili fuori e dentro i centri abitati i suddetti
I;
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interventi pubblici o d'interesse pubblico (edifici pubblici, opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ecc.).
3. Parcheggi, distanze dalle strade ed altre zone di rispetto Occorre anche ricordare gli artt. 18 e 19 della legge-ponte che introdussero altre limitazioni, per la necessita di riservare nelle nuove costruzioni e nelle aree di pertinenza appositi spazi (coperti o scoperti) per parcheggi originariamente in misura non inferiore ad un metro quadro per ogni venti metri cubi di costruzione (con riferimento al volume abitabile e non anche ai servizi) (16). L'art. 2 della legge 24 marzo 1989, n. 122, recante disposizioni in materia di parcheggi, ha innalzato tale misura ad un metro quadrato
per ogni dieci metri cubi di costruzione. (16) V. Cons. Stato, Sez. N 3 febbraio 1992, n. 140, in Il Cons. Stato, 1992, I, 153 e 8 luglio 1980, n. 743, iv4 1980, I, 927; sulla necessita di tener conto anche dei volumi interrati (salvo che trattasi di volumi tecnici o destinati a parcheggio coperto), v. Cons. Stato, Sez. V, 15 febbraio 2001 n. 790, iv4 2001, I, 301; sull'inapplicabilita della norma nel caso di costruzione di nuovi stabilimenti industriali, v. M.A. SANDULLI, I parcheggi: profili urbanistic4 in Riv. giur. edilizia, 1997, II, 177. I detti parcheggi sono richiedibili soltanto quando l'intervento edilizio crei un quid novi rispetto all'edificio, sia pure in tutto o in parte, e non anche nell'ipotesi in cui sia previsto soltanto un riordino di collegamenti verticali ed orizzontali (T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 21 ottobre 1980, n. 226, in Rassegna T.A.R, 1980, I, 4301). L'obbligo del parcheggio e stato escluso anche nel caso di <
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E. di tutta evidenza l'importanza vitale di simile limitazione perle nostre citta tanto soffocate dal traffico (v. infra, cap. XX). Cio vale anche per la norma, di cui all' art. 9 della legge ora citata, che consente la costruzione di parcheggi pertinenziali sotterranei (sotto gli edifici o sotto aree libere vicine) anche in deroga alle norme urbanistico edilizie vigenti (17). Originariamente era previsto che i posti auto da realizzare in caso di nuove costruzioni dovessero essere legati con vincolo pertinenziale alla proprieta delle singole unita immobiliari. Pertanto, il venditore dei singoli appartamenti non poteva riservarsi la proprieta degli spazi destinati a parcheggio e l' acquirente della singola unita immobiliare non avrebbe potuto separare la proprieta della medesima dalla proprieta o comproprieta del parcheggio (18). Sennonche, l'art. 12, comma 9, della legge 28 novembre 2005 n. 246 ha eliminate i1 detto vincolo pertinenziale, in modo che sia il costruttore, sia i proprietari delle singole unita immobiliari possono vendere separatamente il posto auto e l' appartamento. Cio non vale per i parcheggi in deroga alle norme urbanistiche. Tale deroga si puo applicare solo ai fabbricati preesistenti alla legge citata, rna non puo riguardare i permessi di costruire per la realizzazione di edifici nuovi (19).
(17) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 luglio 1995 n. 1007, in Il Cons. Stato, 1995, I, 1060. La deroga alle norme urbanistiche (comprese queUe sulle distanze dai confini) puo essere consentita anche se il parcheggio e collocato in un cortile di pertinenza del fabbricato (Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2003 n. 599, iv4 2003, I, 257; T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 1o febbraio 2005 n . 874, in Rassegna T.A.R, 2005, I, 699); in ogni caso, la deroga non e consentita nel caso di nuovi edifici (T.A.R. Veneto, Sez. II, 12 maggio 2000 n. 1007, in Rassegna T.AR, 2000, I, 3180). E stata esclusa la possibilita della deroga ove trattisi di aree extraurbane (T.A.R. Toscana, Sez. III, 18 maggio 2004 n. 1453, iv4 2004, I, 2501) (v. infra, cap. XX). (18) Cfr., fra le altre, Cass., Sez. II civ., 27 dicembre 1994 n. 11188, in Il Cons. Stato, 1995, II, 702; rna v. anche Cass., Sez. II civ., 21 maggio 2003 n. 7963, iv4 2003, II, 1530 e Cass., Sez. un., 15 giugno 2005 n. 12793, in Il Consulente immobiliare, 2005, 1997, secondo cui il proprietario-costruttore dell'edificio poteva legittimamente riservarsi, o cedere a terzi, la proprieta degli spazi di parcheggio realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dalla Iegge. (19) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 1996, n. 621, in Il Cons. Stato, 1996, I, 883. Sull'esclusione della retroattivita dell'art. 12, comma 9, l. 246/2005 (citata nel testo), cfr. Cass., Sez. II civ., 24 febbraio 2006 n. 4264, secondo cui la nuova norma non eapplica-
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A tutela delle strade e della circolazione il nuovo Codice della strada (approvato con decreta legislative 30 aprile 1992, n. 285 e regolamento di attuazione, di cui al D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, modi£ dal D.P.R. 26 aprile 1993, n. 147 e dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610) ha stabilito le distanze minime dal confine stradale da osservare nelle nuove costruzioni, nelle demolizioni integrali e ricostruzioni o negli ampliamenti fronteggianti le strade. Tali norme prevalgono sulle eventuali incompatibili disposizioni stabilite dai piani urbanistici (2o). Rispetto aile prescrizioni di cui al d.m. 1 aprile 1968, n. 3518, e stata ampliata la classificazione delle strade, sono stati prescritti alcuni distacchi anche all'interno dei centri abitati e sono state stabilite norme particolari per la costruzione di muri di cinta. Fuori dei centri abitati (art. 4 codice strada) (21) le dette distanze minime sono le seguenti: m. 60 dalle autostrade; m. 40 dalle strade
extraurbane principali; m. 30 dalle strade extraurbane secondarie; m. 20 dalle strade locali; m. 10 dalle «Strade vicinali» (la definizione e classificazione delle strade suindicate sono contenute nell' art. 2 del citato decreta legislative 30 aprile 1992, n. 285) (22).
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bile aile costruzioni realizzate precedentemente, salvo che non siano iniziate le vendite delle singole unita immobiliari. (20) Cfr. Cons. Stato, Sez. N, 2 novembre 1993, n. 958, in It Cons. Stato, 1993, I, 1389; nel caso di ristrutturazione in tutto o in parte diversa dall'edificio preesistente, v. Cons. Stato, Sez. N, 23 dicembre 2002, n. 7275, iv~ 2002, I, 2783; sulla compatibilita di interventi per verde pubblico attrezzato, Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 1995, n. 1268, iv~ 1995, I, 1218. Secondo T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 25 ottobre 2001 n. 1022, in Rassegna T.A.R, 2001, I, 4236, le distanze dalle strade non si applicano alle strade sopraelevate. Sulle finalita della fascia di rispetto stradale e sulla utilizzabilita di tale fascia ai fini dell'applicazione degli indici di fabbricabilit:a, v. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 24 novembre 2000 n. 6595, iv~ 2001, I, 164; T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 14 novembre 2001n. 9347, iv~ 2001, I, 3971. Sull'applicabilita delle distanze prescritte in varie fattispecie, v. Cons. Stato, Sez. N, 18 ottobre 2002, n. 5716, in It Cons. Stato, 2002, I, 2270. Sulla misurazione della distanza dallimite della zona di occupazione dell'autostrada e 11on dal confine della propriet:a autostradale, T.A.R. Lazio, Sez. II, 21 luglio 2004 11. 7207, in Rassegna T.A.R., 2004, I, 2968. Cfr. anche Cass., Sez. II civ., 3 febbraio 2005 n. 2164, in It Cons. Stato, 2005, II, 996. (21) La delimitazione del centro abitato avrebbe dovuto essere deliberata dalle giunte comunali e11tro il 30 giugno 1993 (d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 4). La stessa legge cosl definisce il centro abitato (art. 3): <
co comunale (Cons. giust. amm. Reg. sic., 30 marzo 1995, n. 109, in It Cons. Stato, 1995, I, 449). (22) L'entrata in vigore delle nuove norme e subordinata alia delimitazione dei centri abitati ed alia classificazione delle strade (d. lgs. 10 settembre 1993, n. 360, art. 127). Secondo il T.A.R. Campania (Napoli, Sez. N, 19 febbraio 2004 n. 2233, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 1523), ai fini dell'estensione della fascia di rispetto stradale, in mancanza della classificazione della strada, bisogna far riferimento aile caratteristiche tipologiche della strada stessa. Gli artt. 97 sgg. del d. lgs. n. 112 del 1998 disciplinano la ripartizione - tra Stato, Regioni ed enti locali - delle funzioni in materia di viabilita e di programmazione e gestione delle strade, nonche il trasferimento al demanio delle Regioni e degli enti locali delle strade non comprese nella rete statale. Qyalche Provincia ha provveduto alia consegna coattiva delle strade provinciali ad alcuni Comuni aventi piu di diecimila abitanti, che avevano proweduto alia delimitazione del centro abitato. L'opposizione dei Comuni estata fondata anche sull'entita della popolazione (inferiore a 10 mila abitanti nel centro abitato di un Comune avente complessivamente piu di 10 mila abitanti). Su do si e pronunciato il T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 26 maggio 2000, n. 1632, inedita, con riferimento a! Comune di Massa Lubrense (circa 13 mila abitanti), ritenendo che il limite demografico di diecimila abitanti va riferito ai singoli centri abitati e non alla complessiva popolazione del Comune. Per le definizioni delle varie strade, cfr. art. 2, c. 3, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285: A - AUTOSTRADA: strada extraurbana o urbana a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almena due corsie di marcia, eventuale banchina pavimentata a sinistra e corsia di emergenza o banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso e di accessi privati, dotata di recinzione e di sistemi di assistenza all'utente lungo l'intero tracciato, riservata alia circolazione di talune categorie di veicoli a motore e contraddistinta da appositi segnali di inizio e fine; per !a sosta devono essere previste apposite aree con accessi dotati di corsie di decelerazione e accelerazwne. B - STRADA EX.TRAURBANA PRINCIPALE: strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almena due corsie di marcia e banchina pavimentata, priva di intersezioni a raso, con accessi alle proprieta laterali coordinati, contraddistinta dagli appositi segnali di inizio e fine, riservata alia circolazione di talune categorie di veicoli a motore; per eventuali altre categorie di utenti devono essere previsti opportuni spazi. Per !a sosta devono essere previste apposite aree con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione. C - STRADA EX.TRAURBANA SECONDARIA: strada ad unica carreggiata con almena una corsia per senso di marcia e banchine. D - STRADA URBANA DI SCORRIMENTO: strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almena due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchine pavimentate e marciapiedi, con le eventuali interse-
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Tuttavia, se l'edificazione fuori dei centri abitati avvenga nell'ambito di zone di espansione o di trasformazione urbanistica, in attuazione di piani urbanistici generali od esecutivi, le distanze minime prescritte sono le seguenti: m. 30 dalle autostrade; m. 20 dalle strade extraurbane principali; m. 10 dalle strade extraurbane secondarie (non sono prescritte distanze dal confine delle altre strade, salva naturalmente una diversa, piu restrittiva, disciplina da parte del piano urba~istico ). Nell'ambito dei centri abitati, sono prescritte le seguenti distanze: m. 30 dalle autostrade; m. 20 dalle strade urbane di scorrimento e, ove manchi qualsiasi strumento urbanistico, m. 20 dalle strade urbane di quartiere e m. 10 dalle strade locali. Per la costruzione di muri di cinta sono prescritte distanze minime minori, fuori e dentro i centri abitati (da 5 a 3 o 2 metri: v. art. 1, lett. b, 2-quater e lett. c, 4 c., D.P.R. 27 aprile 1993, n. 147). La detta normativa, per i Comuni sprovvisti di qualsiasi piano urbanistico (e, purtroppo, in Italia ce ne sono ancora alcune centinaia), potrebbe determinare qualche inconveniente, obbligando comunque l'arretramento di interventi edilizi consentiti (nuove opere di urbanizzazione o sostituzioni edilizie) rispetto all'allineamento dei fabbricati esistenti lungo le strade urbane di quartiere o le strade locali anche all'interno dei centri abitati. Ai sensi degli artt. 1 e 20 T.U. 8 dicembre 1983, n. 1740, il Prefetto e competente ad ordinare la demolizione delle costruzioni esegui-
zioni a rasa semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali estranee alia carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate. , E - STRADA URBANA DI QUARTIERE: strada ad unica carreggiata con almena due corsie, banchine pavimentate e marciapiedi; per la sosta sono previste aree attrezzate con apposita corsia di manovra, esterna alia carreggiata. F - STRADA LOCALE: strada urbana od extraurbana opportunamente sistemata ai fini di cui al comma 1 non facente parte degli altri tipi di strade. 4. E denominata <<Strada di servizio» la strada affiancata ad una strada principale (autostrada, strada extraurbana principale, strada urbana di scorrimento) avente la funzione di consentire la sosta ed il raggruppamento degli accessi dalle proprieta laterali alia strada principale e viceversa, nonche il movimento e le manovre dei veicoli non ammessi sulla strada principale stessa. AI fine di determinare l'appartenenza di una strada a! demanio comunale, v. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 5 marzo 2003 n. 523, in Rassegna T.A.R., 2003, I, 2241.
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te in violazione delle distanze dalle strade fuori dell'abitato (23). L'accertamento delle violazioni delle norme sulle distanze ddile sedi ferroviarie spetta aile Amministrazioni titolari degli esercizi ferroviari (cio vale in particolare per il divieto di concessioni a costruire ad una distanza, inferiore a quella prescritta, dalla piu vicina rotaia). Il D.P.R. 11 luglio 1980, n. 753 vieta di costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie ad una distanza, da misurarsi in proiezione orizzontale, minore di trenta metri dal limite della zona di occupazione della piu vicina rotaia (art. 49). Tale distanza e ridotta a sei metri lungo i tracciati delle tramvie, ferrovie metropolitane efunicolari e, comunque, a due metri dal ciglio degli sterri o dal piede dei rilevati (art. 51 e, per altre limitazioni, artt. 53, 54 e 60). Anche dal demanio marittimo o dal ciglio dei terreni elevati sul mare e prescritta una distanza minima di trenta metri (elevabile per speciali ragioni in determinate localita). In tale zona di rispetto l'esecuzione di nuove opere - eventualmente consentita dalla normativa urbanistico edilizia - e subordinata all'autorizzazione del Capo del compartimento marittimo (art. 55 Cod. navig.). II medesimo codice della navigazione (artt. 714 e 717 bis) prescrive determinate distanze delle costruzioni dal perimetro degli aeroporti (300 metri nelle direzioni di atterraggio, indicate da apposite mappe approvate con decreta del.Ministro dei trasporti). Sono, po~ vietati costruzioni, scavi e movimenti di terra ad una distanza inferiore a 10 metri dal piede degli argini di acque pubbliche (indicate da appositi elenchi, compilati dall'Ufficio del Genio civile, e definite dall'art. 1 del T.U. 2 dicembre 1993,n. 1775). Anche per i cimiteri e prescritta normalmente una zona di rispetto di 200 metri dal centro abitato (art. 28 legge 1° agosto 2002 n. 166), in cui e vietato eseguire nuove costruzioni. Tuttavia, il Consiglio comunale - previa parere favorevole della competente A.S.L.
(23) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 gennaio 1985, n. 1, in Il Cons Stato 1985 I 5· T.A.R. Sicilia, Catania, 13 ottobre 1994, n. 2265, in Rassegna T.A.R, 1994, I,.4685. •P:ral: tro, e stato ritenuto illegittimo l'ordine prefettizio di demolizione, ove sia mancata !a v~l~~azione ~ella situazi~ne di fatto e dell'interesse pubblico alla demolizione (T.A.R. Srcrha, Catama, 31 genna10 1995, n. 146, iv4 1995, I, 1418).
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puc approvare la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli gia esistenti ad una distanza inferiore .a 200 metri dal centro abitato (purche non oltre il limite di 50 metri), ave ricorrano determinate condizioni precisate dalla norma suindicata. Inoltre, in particolari casi e sempre previa parere favorevole dell'A.S.L. (da rilasciarsi entre il termine perentorio di due mesi dalla richiesta), il Consiglio comunale puc consentire la realizzazione di determinate opere pubbliche, attrezzature collettive, volumi tecnici e serre entre la detta zona di rispetto. In ogni caso, in tale zona sono consentiti l'ampliamento degli edifici esistenti nella percentuale massima del 10 per cento, i cambi di destinazione d'uso e, comunque, gli interventi di recupero, di cui aile lettere a), b), c) e d) dell'art. 31 legge 457 del 1978 (24). Sulle aree boscate percorse dal fuoco la legge 24 dicembre 2003 n. 350 vieta ogni edificazione, salvo che si tratti, nei Comuni provvisti di piano regolatore, di opere gia consentite in data precedente l'incendio.
l'articolo unico della legge 3 novembre 1952, n. 1902, che costituisce il testa fondamentale in materia, successivamente integrate e modificato da ulteriori provvedimenti. Cosi e stata ampliata la sfera di applicazione delle misure di salvaguardia originariamente previste in rapporto all'adozione dei piani regolatori generali e dei piani particolareggiati di esecuzione e successivamente allargata ai piani urbanistici in genere (25), Accanto a tale ampliamento spaziale se ne e avuto uno temporale per cui l'efficacia e stata protratta, secondo i casi, dai tre ai cinque anni decorrenti dalla data di deliberazione di adozione della strumento urbanistico o di una variante del medesimo (26), salva una diversa specificazione contenuta nella legislazione regionale, come nell'art. 10 della legge della Regione Campania 22 dicembre 2004 n. 16. Secondo questa norma le misure di salvaguardia non possono essere protratte per oltre cinque anni dalla data di adozione dei piani e per oltre tre anni dalla data di adozione delle varianti (ed e sospesa per cinque anni anche l'approvazione di strumenti di pianificazione non compatibili con sopraordinati piani o varianti adottati). Inoltre, a partire dal 1967 (1. 6 agosto 1967, n. 765, art. 3; 1. 1° giugno 1971, n. 291, art. 4), l'applicazione delle misure di salvaguardia, da parte dell'autorita Comunale, non e pit\ facoltativa, rna e obbligatoria senza possibilita di eccezione (oggi art. 12, c. 3 e 4, t.u.). La misura di salvaguardia ha scope esclusivamente cautelare, mirando ad evitare che - nel lung9 tempo necessaria per la formazione di un piano regolatore - la situazione urbanistica, in relazione al tempo dell'adozione del progetto di piano, possa risultare mutata, a seguito di avvenute edificazioni, rendendo cosi vano ed inattuabile il piano ancor prima della sua approvazione (27).
4. Le misure di salvaguardia L'istituto delle misure di salvaguard~a di cui non v'e traccia nella legge urbanistica del '42, venne, per la prima volta, in trod otto nel nostro ordinamento dall' art. 4 del d.l. 17 aprile 1948, n. 740, sui piani di ricostruzione. Ma l'applicazione piu estesa ed attuale dell'istituto si e avuta con (24)Le distanze prescritte devono essere rispettate indipendentemente dalle prev'isioni dei piani urbanistici, che possono prevedere zone di rispetto di maggiore entita (v. Cons. Stato, Sez. V, 7 maggio 1996, n. 519, in It Cons. Stato, 1996, 1, 834). Sulla possibilita di ampliare i cimiteri - rna non qi nuove costruzioni private - in deroga alia distanza minima di 200 metri, v. T.AR. Toscana, Sez. I, 15 aprile 2003 n. 1426, in Rassegna T.A.R., 2003, I, 2048; T.AR. Liguria, 13 maggio 2003 n. 626, iv4 2003, I, 2648; nonche sulla nuova procedura di cui a! D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (art. 57, c. 4), v. T.AR. Sicilia, Catania, Sez. I, 19 maggio 2003 n. 791, iv4 2003, I, 2909. Secortdo T.AR. Puglia, Bari, Sez. I, 10 giugno 2003 n. 2358, iv4 2003, I, 3453, Ia prescritta distanza e fissata rispetto ai centri abitati, rna non a fabbricati sparsi. Sulla non necessita del permesso di costruire all'interno dei cimiteri e sui piano regolatore cimiteriale, v. T.AR. Campania, Napoli, Sez. II, 4 giugno 2004 n. 9187, iv4 2004, I, 3168.
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(25) Le misure di salvaguardia non si applicano ai programmi pluriennali di attuazione in itinere (Cons. Stato, Sez. N, 14 ottobre 1982, n. 733, in It Cons. Stato, 1982, I, 1230), che, del resto, non sono piani urbanistici, ne alia variante di piano regolatore implicita nell'approvazione del progetto di opera pubblica ai sensi dell'art. 1 Iegge 1/1978 (Cons. Stato, Sez. V, 30 aprile 1997, n. 421, iv4 1997, I, 515); ne alle opere pubbliche comunali (T.AR. Puglia, Leece, Sez. I, 3 aprile 2002 n. 821, in Rassegna T.A.R., 2002, I, 2097). (26) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 aprile 1994, n. 275, in It Cons. Stato, 1994, I, 569; pel caso di variante di piano, v. Cons. Stato, Sez. V, 17 novembre 1994, iv4 1994, I, 1569. (21) Invece non sarebbe consentito costruire in conformita a! piano adottato rna in
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Tale finalici cautelare distingue le misure di salvaguardia, che hanna carattere sospensivo e temporaneo, dai provvedimenti di diniego del permesso di costruire, giacche, in virtu della legge di salvaguardia, l' autorita comunale puc e deve sospendere ogni determinazione sulle domande in contrasto con il piano adottato dal Consiglio comunale e non ancora approvato dalla Regione (o dall'Ente delegato), rna non puc per tale motive rifiutare il permesso (28). I provvedimenti di sospensione potrebbero anche avere come oggetto i lavori iniziati dopa il rilascio del permesso di costruire e nei limiti temporali suindicati. In questa ipotesi il provvedimento era di competenza del Prefetto (oggi del Presidente della Regione) e puc essere adottato a richiesta del Sindaco solo in casi eccezionali, cioe quando l'opera in corso possa gravemente pregiudicare l'attuazione del piano. Il Comune, invece, non puc sospendere opere gia autorizzate che risultino in contrasto con il piano successivamente adottato (29), Come si e detto, il fondamento delle misure di salvaguardia non consiste solo nell' adozione di un piano urbanistico, bensi nel contrasto tra l'attivita edificatoria di cui alla richiesta del permesso di costruire e le previsioni del piano adottato; contrasto che deve essere chiaramente indicate e che trova la sua legittimazione nella delibera comunale di adozione (3o). Peraltro le domande di permesso di co-
struire che possono essere sospese sono non soltanto queUe presentate successivamente all' adozione del piano, rna anche queUe pendenti a tale data, cioe presentate ancor prima della deliberazione di ado· zione della strumento urbanistico. La cessazione dell' efficacia delle misure di salvaguardia consegue logicamente all' approvazione del piano urbanistico, oppure quando la Regione (o l'Ente delegate) non ha approvato il piano e lo ha restituito al Comune per la rielaborazione (31). Comunque, qualora tale approvazione ritardi, le misure di salvaguardia non possono piu essere applicate alla scadenza del triennia dalla data della delibera del Consiglio comunale di adozione del piano urbanistico. Soltanto per i piani regolatori generali e particolareggiati il termine di applicabilicl delle misure di salvaguardia e protratto a cinque anni (sempre a partire dalla suddetta data), ove il Comune sia state diligente nell'inoltrare il piano alla Regione per l'approvazione (cioe l'abbia inoltrato prima che sia trascorso un anna dopa la pubblicazione della stesso piano seguita all' adozione; in Campania tutti i detti termini sono stati modificati nel sensa suesposto dalla legge regionale 16/ 2004). Naturalmente non possono essere protratti i termini di validita delle misure di salvaguardia nell'ipotesi che, pendendo queste, venga adottato un nuevo strumento urbanistico sostanzialmente identico a quello precedentemente adottato. Decorso il triennia o il quinquennio dalla lora emanazione l'autorita comunale ha l'obbligo di pronunciarsi sulle domande p€ndenti esaminandole alla luce della disciplina in vigore (e nell'ipotesi, quindi, che il piano adottato non sia state approvato dovra far riferimento allo strumento urbanistico precedente) (32).
contrasto con il piano urbanistico precedentemente approvato e, quindi, ancora in vigore o con Ia normativa vigente peri Comuni sprovvisti di piano (cio vale anche perle opere pubbliche previste dal piano adottato: Cons. Stato, Sez. N, 21 giugno 1984, n. 473, in It Cons. Stato, 1984, I, 706). (28) Cfr. T.AR. Campania, Napoli, Sez. N, 11 dicembre 2002 n. 7990, in Rassegna T.A.R., 2003, I, 797. Secondo una discutibile decisione del T.AR. Veneto, 12 ottobre 1990, n. 1049, iv4 1990, I, 4290, le misure di salvaguardia sono applicabili nei confr~nti sia del piano adottato dal Comune, sia delle proposte di modifica formulate dalla Regione in sede di approvazione del piano stesso. (29) II potere di sospensione di ogni determinazione da parte del Comune eriferito, dall'art. 4 della 1. 21 dicembre 1955, n. 1357, unicamente aile domande di licenza di costmzione: esso non si applica aile semplici richieste di voltura di una licenza (oggi permesso di costmire) regolarmente concessa: v. T.AR. Sicilia, 14 dicembre 1976, n. 513, in Rttssegna T.A.R., 1977, I, 651 (cio vale anche nel caso di una semplice proroga del permesso); T.AR. Molise, 12 marzo 2002 n. 187, iv4 2002, I, 2000. (30) A proposito delle motivazioni del contrasto tra la domanda di permesso ed il piano adottato, in qualche sentenza si legge che «la valutazione dell'incompatibilita tra
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manufatto progettato e previsione di piano deve essere effettuata con criteri rigorosi, comprendendovi anche le ipotesi in cui il contrasto sia soltanto potenziale, con riferimento aile successive fasi della pianificazione urbanistica» (Cons. Stato, Sez. V, 11 novembre 1977, n. 1007, in It Cons. Stato, 1977, I, 1685). Sull'inapplicabilita delle norme di salvaguardia nelle controversie tra privati, cfr. Cass., Sez. II civ., 22 ottobre 1997, n. 10369, iv4 1998, II, 219; nonche nell'ipotesi di ristmtturazione edilizia, v. Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 1999, n. 277, in Riv. giur. editizia, 1999, I, 787. (31) Cfi:. Gens. Stato, Sez. V, 6 novembre 1981, n. 542, in It Cons. Stato, 1981, I, 1249. (32) Cfr. Cons. Stato, Sez. II, 13 dicembre 1989, n. 857, in Il Cons. Stato, 1989, I, 178.
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Per il procedimento di adozione delle misure cautelare valgono le norme vigenti in materia di rilascio del permesso di costruire (cap. XXIV, n. 10). L' adozione delle misure di salvaguardia richiede idonea motivazione che avra per oggetto, principalmente, il contrasto tra il progetto presentato e le disposizioni del piano urbanistico in corso di approvaz10ne. Non dovra perc tale motivazione limitarsi all'enunciazione di tale contrasto, rna dovra specificare le ragioni del contrasto. Cosicche e illegittimo il provvedimento che sospende il rilascio del permesso di costruire, limitandosi a dichiarare l'esistenza del contrasto tra il progetto di costruzione e la normativa in corso di approvazione senza richiamare specificamente le norme di piano incompatibili con il progetto di costruzione.
CAPITOLO
XI
PIANI PARTICOLAREGGIATI
SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Formazione ed approvazione. - 3. Contenuto. - 4. Efficacia.
1. Premessa
Non mancano in dottrina e in giurisprudenza alcuni casi in cui si e ritenuto che i.detti termini di scadenza per l'applicabilita delle misure di salvaguardia siano stati abrogati dalla legislazione piu recente, nel sensa che esse siano sempre applicabili fino a quando il piano non sia definitivamente entrato in vigore oppure espressamente respinto dalla Regione; rna allo stato trattasi di opinione di assoluta minoranza (cfr., da ult., T.AR. Campania, Napoli Sez. V, 23 giugno 1992, n. 157, in Rassegna T.A.R., 1992, I, 3554; T.AR. Abruzzo, L'Aquila, 28 dicembre 1995, n. 800, iv4 1996, I, 589, con riferimento all'art. 4 Iegge 291/1971). Invece, per Ia conferma dell'indirizzo prevalente, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 1998, n. 1489, in Il Cons. Stato, 1998, I, 1585; T.AR. Lazio, Sez. II, 24 settembre 1996, n. 1726, iv4 1996, I, 3641, e T.AR. Campania, Napoli, Sez. I, 3 settembre 1996, n. 392, iv4 1996, I, 4239.
Il piano urbanistico comunale puc comprendere tutte le scelte per la determinazione dell'assetto del territorio comunale. Tuttavia, in sede di formazione di un piano comprendente l'intero territorio comunale, non e possibile attuare uno studio minuzioso delle singole scelte, senza correre il rischio di allontanare indefinitamente nel tempo 1' esecuzione delle direttive. Occorre, cioe, affidare a strumenti di esecuzione il compito di provvedere per singole zone all' attuazione delle direttive del piano general e. Q!testa funzione e svolta dai piani regolatori particolareggiati (e dagli altri piani urbanistici esecutivi introdotti dopo la legge urbanistica del 1942) (t), che sono redatti per limitate porzioni del territo(1) II Consiglio di State (Sez. IV, 7 novembre 2001 n. 5721, in Il Cons. Stato, 2001, I, 2439) ha precisato, che gli strumenti urbanistici legittimamente applicabili sono soltanto quelli previsti dalla Iegge, per nome, causa e contenuto. Cio serve a denunciare l'illegittimita della previsione, nelle norme di attuazione di alcuni piani regolatori generali, di piani esecutivi non previsti da alcuna Iegge (ad esempio, non meglio definiti cpiani di utilizznzionc••).
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SOMMARIO: 1. Finalita e caratteristiche. - 2. Procedura di approvazione. - 3. Di•· mensione e contenuto dei piani di zona. - 4. Attuazione del piano e suo inquadramento urbanistico. - 5. Localizzazioni nei Comuni sprovvisti di piano di zona. 1'.
l. Finalita e caratteristiche ,. Il secondo dopoguerra ripropose nel nostro Paese in forma piu nccentuata rispetto al passato il problema della carenza di abitazioni di tipo popolare. Cia accadde per l'ovvio fenomeno della stasi edilizia nel periodo bellico e per l'accentuato fenomeno dell'inurbament:o, cioe dell'emigrazione dalle campagne verso la citta, che ha carattcrizzato, in particolare, gli anni della ripresa economica. Il problema dell'edilizia economico-popolare e comune a quasi tutti i paesi europei, che lo hanna variamente affrontato, ricorrendo nd un sistema di acquisizione delle aree fabbricabili a basso costa. Nell'Italia prebellica il problema era stato affrontato in via genemle con i1 Testa Unico 28 aprile 1938, n. 1165, che, peraltro, disciplinava la materia avendo riguardo sia all'edilizia economica sia a quclla popolare, cioe distinguendo due fenomeni oggi costituenti un tutt'uno, quello dell'edilizia pubblica residenziale (oggi distinta nei due scttori, dell'edilizia sovvenzionata, che e a totale carico della Sta-
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to ed affidata ai Comuni ed agli Istituti Autonomi per le Case Popolari, e dell'edilizia agevolata, che e a parziale contribute pubblico ed e attuata anche da cooperative ed imprese private; sulle funzioni mantenute allo State in materia di edilizia residenziale pubblica, v. il d. lgs. n. 112 del1998, artt. 59 sgg.). II provvedimento legislative, che non fu inquadrato in un organico disegno urbanistico, aveva lo scope di agevolare ed incentivare l'edilizia economica e popolare anche mediante il finanziamento delle opere di urbanizzazione e mediante mutui ed agevolazioni a privati operanti nel settore. Ma ben presto le carenze tecnico-legislative, le difficolta organizzative ed economiche dei Comuni, il mancato inserimento delle disposizioni di Iegge in un organico ordinamento urbanistico resero insufficiente quella normativa, obbligando il legislatore ad emanare Ia Iegge 18 aprile 1962, n. 167, passata poi alia storia dell'urbanistica come Ia «167». In particolare si era constatato che numerosi enti costruivano, a totale o parziale carico delle State, edifici di abitazione in modo disordinato e fuori sia di un piano urbanistico, sia di un semplice progetto organico di interventi. Cio contribuiva non solo al crescente caos urbanistico, rna anche allo sperpero di denaro pubblico sia per i maggiori costi di acquisizione delle aree, sia per la necessita di opere di urbanizzazione (strade, fogne 5 allacciamenti idrici o elettrici, scuole, linee di trasporto, etc.), da realizzare in molte, e spesso lontane, direzioni. La Iegge «167» introdusse e discipline i cosiddetti piani di zona per l'edilizia economica e popolare, diretti alia costruzione di un quartiere coordinate di case economiche e relative attrezzature per le classi meno abbienti, con Ia previsione di speciali procedure predisposte per l'assetto e l'espropriazione delle aree comprese nel piano. La nueva Iegge, nata in risposta ad un'esigenza politico-sociale di notevole portata, aveva suscitate in un prime tempo grande entusiasmo nelle amministrazioni comunali, che venivano ad essere finalmente munite di un valido strumento per il reperimento delle aree a basso coste; rna ben presto, sia per Ia difficolta dell'acquisizione ed urbanizzazione delle aree, sia per il mancato intervento dell'edilizia privata nell'attuazione dei piani di zona, risulto una minore dispo-
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nibilita nei confronti della 167. D'altronde, anche Ia Iegge 22 ottobre 1971, n. 865 (nota come Iegge sulla casa), non risolse il problema della troppo lenta realizzazione degli adempimenti previsti e della sfiducia mostrata nei suoi confronti dall'imprenditore private. Ritornando alia Iegge 167, comunque, e agevole rilevare Ia profonda innovazione in essa contenuta e le importanti finalita perseguite. I piani di zona miravano, infatti, a consentire alia pubblica Amministrazione I' acquisizione delle aree ad un prezzo ridotto (inferiore cioe a quello di mercato: in particolare con l'introduzione della I. 865 del 1971 si valle individuare tale prezzo in quello - con vari correttivi - del cosiddetto valore agricola (di cui si e parlato in precedenza) delle aree da destinare alia costruzione di case economiche e popolari, nonche aile opere ed ai servizi complementari, urbani e sociali (sull'attuale situazione del problema relative al quantum dell'indennita di esproprio, v. cap. I, n. 7). In particolare, essi si propongono di evitare, a differenza delle precedenti disposizioni legislative, che l'edilizia residenziale pubblica si svolga in maniera episodica e frammentaria, e, soprattutto, avulsa da un piano di assetto almena dell'intero organismo urbane. La Iegge del 1962 a tale scope, infatti, non consente la predisposizione di un piano di zona che non sia inquadrato in uno strumento urbanistico piu vasto qual'e il piano regolatore generale o il programma di fabbricazione (sostituiti dalla Iegge della Regione Campania n. 16/ 2004 dal piano urbanistico CGmunale). Tale concetto fu ribadito anche dalla Iegge sulla casa del 1971, Ia quale prevede all'art. 3 che un piano di zona possa essere previsto anche in un piano regolatore generale adottato e trasmesso ai competenti organi per l'approvazione; in tale ipotesi il piano di zona e vincolante in sede di approvazione delle strumento urbanistico generale (!). Purtroppo, poi, i finanziamenti diretti a fronteggiare con la massima urgenza le difficolta economiche ed occupazionali, sono stati
(1) Peraltro, l'approvazione del piano di zona fu ritenuta illegittima, ai sensi della Iegge 167/1962, qualora- oltre a mancare il programma di fabbricazione- il p.r.g. sia stato solo adottato, rna non ancora approvato (Cons. Stato, Sez. N, 30 maggio 1983, n. 359, in Il Com. Stato, 1983, I, 513).
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accompagnati da nuove norme per la loro immediata utilizzazione. Si e cosi prevista la possibilita di nuovi insediamenti nell'ambito di piani di zona semplicemente adottati dal Comune e non ancora approvati oppure in zone residenziali di piani comunali anch'essi non ancora approvati, oppure addirittura su determinate aree scelte in variante degli strumenti urbanistici, con la immaginabile conseguenza di interventi assolutamente estranei a qualsiasi logica di sistemazione urbanistica unitaria e rispettosa dei valori culturali (sotto il profile paesistico, ambientale, agricola, etc.). Norme eccezionali furono poi previste dalla Iegge 219 del 1981 per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti dal terremoto del23 novembre 1980.
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re depositato nella Segreteria comunale per la durata di dieci giorni
com'u'nale, v. 1:~- nota 2 del precedente capitolo.
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3. Dimensione e contenuto dei piani di zona L'art. 3 della legge del 1962 prevedeva che l'estensione delle aree da includere nei piani di zona doveva essere determinata in relazione alle esigenze dell'edilizia economica e popolare e del suo prevedibile sviluppo per un decennia. Anche se il Ministero dei Lavori Pubblici, emanando la circolare illustrativa della 167, stabiliva che peril fabbisogno delle aree destinate all'edilizia economica dovesse considerarsi una percentuale del 50%, amplissima era la discrezionalita dei Comuni che stabilivano caso per caso (tenendo presente, cioe, ipotesi di sviluppo socio-economico diverse l'una dall'altra) il fabbisogno delle aree da includere nel piano. Ne la legge del 1962 prevedeva una opportuna specificazione delle tipologie edilizie, lasciando, quindi, il problema della distribuzione delle abitazioni subordinate allo sviluppo urbanistico delle singole zone comunali alle quali si assegnava il piano di zona. La legge sulla casa del 1971 (e successive modifiche), disciplinando ed innovando in maniera piu organica la materia, ha provveduto a chiarire i dubbi in questione. Infatti, estato stabilito che per il fabbisogno tipico di abitazioni a carattere economico e popolare deve essere presa in considerazione una estensione di aree che non ecceda quella necessaria a soddisfare il 70% del fabbisogno complessivo di edilizia abitativa nel periodo considerate (ne sia inferiore al 40% del detto fabbisogno). In altri termini, calcolato il fabbisogno di nuovi vani di abitazione per il successivo decennia, in relazione alla popolazione prevista ed ai vani gia esistenti (fissato un determinate rapporto abitante/vano), si puo formare un piano di
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zona che consenta la costruzione di un numero di vani non eccedente il 70% (ne inferiore al 40%) del fabbisogno di vani determinate con i criteri suddetti (s). Con cia il potere discrezionale dell'Amministrazione comunale viene ridimensionato. I piani precedentemente approvati con previsione di dimensionamento diversa restano in vigore, mentre si applica la nuova normativa alle ipotesi di aggiornamento o formazione ex novo dei piani di zona. La legge del 1971 ha altresi disposto, in deroga a quanta precedentemente stabilito dalla 167, che nel piano di zona possono essere comprese quelle aree sulle quaE insistano immobili la cui demolizione o trasformazione sia richiesta da ragioni igienico-sanitarie ovvero sia ritenuta necessaria per la realizzazione del piano (6). ~esta novita contenuta nella 1. 865 apri il discorso sui problema, fin allora avvertito e mai risolto, dell'emarginazione dal centro urbana delle aree destinate all'edilizia economica. Allo stato attuale, si dubita ancora se sia possibile estendere i piani di zona a interi quartieri gia edificati. Sembra piu esatta, dal punto di vista giuridico, la tesi negativa (7), anche se e auspicabile una
(5) Patte salve le percentuali indicate, le aree da includere nei piani di zona non sono solo necessarie alia costruzione di alloggi economici e popolari in senso stretto, potendo il piano soddisfare anche il bisogno di alloggi di tipo medio (v. Cons. Stato, Sez. IV, 20 giugno 1983, n. 441, in Il Cons. Stato, 1983, I, 653). II detto «dimensionamento•• del piano di zona non puc essere fondato su previsioni incerte e vaghe, bensi su dati concreti ed attuali (Cons. Stato, Sez. IV, 11 giugno 1992, n. 608, iv~ 1992, I, 741, che indica anche i criteri per l'accertamento delle residenze abitative; id., 20 gennaio 1994, n. 36, iv~ 1994, I, 15; v. anche id., 27 marzo 1995, n. 190, iv~ 1995, I, 324). Secondo il Consiglio di Stato (sez. IV, 25 luglio 2001 n. 4056, iv~ 2001, 1, 1696), !'incremento della popolazione rappresenta solo una componente del calcolo del fabbisogno abitativo, <
nuto conto del rinnovato modo di vivere della popolazione in re/azione all'evoluzione sociale in atto».
(6) Cfr. Cons. Stato, Sez. II, 16 maggio 1990, n. 1096, in Il Cons. Stato, 1993, I, 460. (7) II Consiglio di Stato ha ribadito che e illegittimo il piano per l'edilizia economica e popolare col quale il Comune si propane non tanto di provvedere alia creazione di nuovi insediamenti abitativi destinati alia parte meno abbiente della popolazione, quanta piuttosto di procedere a! risanamento o miglioramento abitativo di nuclei limitrofi gia esistenti (Sez. IV, 8 marzo 1983, n. 112, in Il Cons. Stato, 1983, I, 229; 22 di-
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nuova norma che preveda la detta possibilita, modificando altresi le disposizioni relative ai criteri di assegnazione degli immobili ristrutturati, in modo da pater provvedere alia conservazione del tessuto sociale esistente, cioe alia riassegnazione degli alloggi e delle botteghe ai precedenti insediati con canoni controllati. Passiamo ora all'analisi del contenuto di un piano di zona. Esso deve contenere: a) la rete stradale e la delimitazione degli spazi riservati ad opere ed impianti di interesse pubblico, nonche ad edifici pubblici con esclusione di quelli che, soddisfacendo esigenze di carattere generate, non necessitano di una particolare previsione nei nuovi nuclei residenziali; b) la obbligatoria suddivisione delle aree in lotti con indicazione della tipologia edilizia; c) la profondita delle zone laterali ad opere pubbliche la cui occupazione serva ad integrare le finalita delle opere stesse. ~esti elementi sana precisati mediante elaborati grafici che vengono allegati al piano, e cioe: a) planimetria in scala non inferiore di 1:10.000 con le previsioni del piano regolatore o del programma di fabbricazione e le relative precise indicazioni delle aree destinate all' edilizia economica e popolare; b) una planimetria in scala non inferiore a 1:2.000 sulla mappa ca tastale; c) gli elenchi catastali delle proprieta comprese nel piano; d) il compendia delle norme urbanistico-edilizie per l'esecuzione del p1ano; e) il rapporto illustrativo e la previsione di spesa. 11 piano di zona deve tener canto delle costruzioni esistenti al momenta del suo perfezionamento; pertanto, e illegittima la previsione del piano che considera un' area inedificata in contrasto con la situazione di fatto rappresentata dall' esistenza di una costruzione assentita nelle more dell'approvazione del piano medesimo (8). cembre 1983, n. 992, iv~ 1983, I, 1325); v., anche T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 24 dicembre 1993, n. 745, in Rassegna T.A.R, 1994, I, 601. (8) Cons. Stato, Sez. IV, 1° febbraio 1983 n. 45, in Il Cons. Stato, 1983, I, 112.
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4. Attuazione del piano e suo inquadramento urbanistico Sulla scorta del piano elaborate ed approvato (9) e mediante appositi programmi pluriennali di attuazione approvati dal Consiglio comunale (10), i Comuni ed i relativi Consorzi procedono alle espropriazioni delle aree, sia di quelle destinate alle infrastrutture, sia di quelle da impiegare nella costruzione delle case (per il prezzo di esproprio, v. cap. I, n. 7). Qyesta e, dunque, una delle principali differenze tra il regime giuridico di attuazione dei piani di zona rispetto a quello dei piani regolatori particolareggiati. In altri termini, per i piani di zona fu introdotto un regime pubblicistico, cioe dell'esproprio obbligatorio di tutte le aree incluse nel piano e non soltanto di quelle destinate ad infrastrutture pubbliche. Espropriate le aree, esse vengono assegnate dalla Giunta comunale agli enti pubblici, ad enti istituzionalmente operanti nel settore dell'edilizia economica e popolare (Istituti autonomi per le case popolari), a cooperative edilizie ad a privati (11), mediante concessione del diritto di superficie per un periodo di tempo non inferiore a sessanta e non superiore a novantanove anni, per la costruzione degli alloggi di tipo economico-popolare; nonche a cooperative edilizie o singoli privati con concessione in proprieta nei limiti di una quota non in-
(9) T.A.R. Emilia-Romagna, 9 giugno 1976, n. 357, in Riv. giur. edilizia, 1977, I, 114. (10) Q!iesti programmi sono previsti dall'art. 1legge 27 giugno 1974, n. 247 e avrebbero dovuto essere approvati dal Consiglio comunale (con delibera immediatamente esecutiva) entre sei mesi dall'approvazione del piano di zona (con Ia previsione, in case d'inerzia, dell'intervento sostitutivo da parte della Regione, mediante Ia nomina di.un Commissario ad acta, ex art. 2 Iegge cit.). Non si puo dire che tale normativa sia stata realizzata, con l'avallo della giurisprudenza dopo un maggior rigore iniziale (cfr. Cons. Stato, Sez. N, 3 dicembre 1990, n. 942, in It Cons. Stato, 1990, I, 1514; contra, id., 20 dicembre 1977, n. 1246, iv4 1977, I, 1896). (11) Sui requisiti soggettivi per l'edilizia agevolata, v., da ult., Ia Circolare del Min. ll.pp. 1° agosto 1995, n. 3825; in G. U. 26 agosto 1995, n. 199 e Lex, 1995, II, 355. Sui criteri di assegnazione delle aree in case di pluralita di istanze, v. Cons. Stato, Sez. V, 28 gennaio 1993, n. 193, in Foro amm., 1993, 140. Sui calcolo del fabbisogno di edilizia abitativa, v. Sez. N, 15 settembre 1998, n. 1156, in It Cons. Stato, 1998, I, 1268. Sulla competenza della Giunta comunale, v. T.A.R. Lombardia, Brescia, 19 dicembre 2001 n. 1629, in Rassegna T.A.R, 2002, I, 580.
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feriore al 20% e non superiore al 40%, in termini volumetrici, di quelle comprese nel piano di zona. La disciplina giuridica della cessione delle dette aree risulta modificata ed integrata dalle leggi 23 dicembre 1998, n. 448 (art. 31) e 30 aprile 1999, n. 136 (art. 7). La procedura di cessione del diritto di proprieta o del diritto di superficie ha luogo in base a convenzioni che indichino le caratteristiche tipologiche e costruttive degli edifici da realizzare, i termini di inizio e di ultimazione dei lavori, i canoni di concessione ed i prezzi di vendita, nonche, ovviamente, le sanzioni per l'inosservanza degli obblighi contrattuali. La legge prevedeva alcuni limiti alla disponibilita degli immobili costruiti su aree concesse in proprieta, che sana stati eliminati dalla legge 179 del1992 (art. 23). L'art. 2 della legge 23 dicembre 1986, n. 899, ha altresi previsto che gli immobili realizzati senza il contribute della Stato su aree in diritto di superficie o in diritto di proprieta, nell'ambito dei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, ivi compresi gli immobili con destinazioni non residenziali, possono essere ceduti ad enti pubblici, a societa assicurative, nonche ad altri soggetti pubblici e privati, anche in deroga a disposizioni legislative e statutarie. In tali casi e fatto obbligo agli acquirenti di locare le abitazioni esclusivamente a soggetti aventi i requisiti prescritti dalle convenzioni ed ai canoni ivi indicati. ~anto, infine, all'inquadramento urbanistico del piano in esame, esso andava considerate in relazione al piano regolatore generale ad al programma di fabbricazione. La Iegge 167 innovando, come abbiamo detto, la precedente lacunosa normativa, aveva stabilito che non puc consentirsi la predisposizione di un piano di zona che non sia inquadrato in uno strumento urbanistico piu vasto qual e il piano regolatore generale ad il programma di fabbricazione, cosi riconoscendo, allo strumento per 1'edilizia economica e popolare, una giusta funzione urbanistica. L'art. 3 della l. 167 non risolveva, perc, il problema dell'efficacia del piano di zona adottato, quando il piano regolatore generale era ancora in itinere. La Iegge del 1971, a sua volta innovando la materia,
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ha stabilito che i Comuni possono comprendere le zone destinate all' edilizia economico-popolare anche in un piano regolatore od in un programma di fabbricazione soltanto adottato e trasmesso ai competenti organi per l'approvazione (12); in tale ipotesi il piano di zona e vincolante in sede di approvazione del piano generale. La ratio di tale norma consiste nell'esigenza sempre piu pressante di accelerare il procedimento di approvazione del piano. E dubbio se la normativa suindicata (compresa l'approvazione di un piano di zona inquadrato nel piano urbanistico comunale in itinere) sia applicabile anche ove una legge regionale rechi una nueva procedura di approvazione dei piani urbanistici comunali. E dubbio, quindi, se valga ancora in tal caso l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui il piano di zona possa apportare varianti al piano comunale generale non solo per reperire aree da utilizzare per l'edilizia economica e popolare in zone non destinate all'edilizia residenziale, rna anche per modificare previsioni del piano generale o per eliminare eventuali lacune (13). Naturalmente anche in caso di soluzione affermativa, le dette varianti non potrebbero essere inserite nel piano generale come elementi autonomi ed episodici (14) e fermo restando - secondo la giurisprudenza (15) - che il piano di zona dovra risultare <<prevalentemente conforme» alle previsioni del piano generale. In ogni caso, anche per i piani di zona si dovrebbe applicare la norma della legge della Campania 16/2004 (art. 26), secondo cui non si considerano varianti del piano generale anche disposizioni ri-
levantemente diverse dalle previsioni del piano medesimo (v. capitola precedente, n. 3). Si tratta del resto di normativa sostanzialmente non diversa dalla legge statale sui piani di zona secondo cui le varianti che non incidono sul dimensionamento globale del piano e non comportano modifiche al perimetro, agli indici di fabbricabilita ed alle dotazioni di spazi pubblici o di uso pubblico o costituiscono adeguamento delle previsioni del piano agli standards urbanistici, sono approvate soltanto con deliberazione comunale.
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(12) T.A.R. Veneto, 11 novembre 1978, n. 917, in Rarsegna T.A.R, 1979, I, 123. ; (13) T.A.R. Puglia, 9 dicembre 1975, n. 162, in Rarsegna T.A.R., 1976, I, 667. Non costituisce variante Ia localizzazione del piano «167» su zone destinate da] piano regolatore generale a residenze private (Cons. State, Sez. IV, 7 luglio 2000 n. 3808, in Il Cons. Stato 2000, I, 1672). (14) V., peraltro, gli artt. 28 e 55 della Iegge 219 del 1981, secondo cui i piani di zona, per le esigenze della ricostruzione delle aree terremotate nel novembre 1980, patevane essere adottati anche in variante degli strumenti urbanistici vigenti. Sulla distinzione dei detti piani post-sismici dai piani di zona, di cui alia Iegge 167/1962 e successive modifiche, v. Cons. State, Sez. V, 20 gennaio 2004 n. 153, in It Cons. Stato, 2004, I, 65. (15) Cfr. Cons. State, Sez. IV, 27 marzo 1995, n. 190, in Il Cons. Stato, 1995, I, 324; per una maggiore possibilita di deroga del p.r.g. da parte del piano di zona, cfr. Cons. State, ad. plen., 3 luglio 1997, n. 12, in Edilizia e territorio, n. 42, 59.
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CAPITOLO
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PIAN! PER GLI INSEDIAMENTI PRODUITM :,
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SOMMARIO: 1. Finalita e contenuto. - 2. Procedura di approvazione e di attua-
zione. - 3. Insediamento di impianti produttivi in variante di strumenti urbanistici.
1. Finalita e contenuto , Abbiamo gia esaminato i piani delle aree di sviluppo industriale, introdotti nel 1957 per razionalizzare e incentivare l'industrializzazione del Mezzogiorno e delle zone depresse. Successivamente, per tutto il territorio nazionale, anche con altre finalita - e verosimilmente per estendere il regime dell'esproprio obbligatorio delle aree oltre le esigenze dell'edilizia residenziale pubblica - fu introdotto e disciplinato dall'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Iegge sulla casa) il piano per gli insediamenti produttivi. Esso appartiene alia categoria dei piani urbanistici attuativi, ossia di quelli che, nell'attuale ordinamento graduale dei piani, si trovano al quarto livello di pianificazione. Trattasi, cioe, di un altro tipo speciale di piano particolareggiato, che possono formare i Comuni dotati di piano generale (I).
(I) Per un documentato studio sui piano in esame, v. GRASSI, Il piano degli insediamenti produttivi: principi, esperienze e prospettive, in Riv. giur. edilizitJ, 1995, II, 165. Sulle finalita di politica economica del p.i.p., v. T.A.R. Toscana, Sez. I, 18 settembre 2001 n.
CA!'ITOLO Xlll
PIAN! PER GLI INSEDIAMENTI PRODUTTM
Le aree - quindi non anche gli edifici e verosimilmente non singale aree, rna intere zone o parti cospicue di esse (2) - da comprendere nei piani in esame sono delimitate, nell'ambito delle zone destinate ad insediamenti produttivi dai piani regolatori generali o dai programmi di fabbricazione vigenti (oggi piani urbanistici comunali), e destinate alia realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico (3). II contenuto dei piani per gli insediamenti produttivi e stabilito con riferimento aile norme riguardanti i piani di zona per l'edilizia economica e popolare e pertanto il progetto di piano deve prevedere: a) la rete stradale e la delimitazione degli spazi destinati ad opere ed impianti di pubblico interesse (4); b) la suddivisione in Iotti e la lore utilizzazione; c) l'ubicazione, la tipologia e le modalita costruttive dei vari edifici;
d) la relazione di spesa (5) e gli elenchi catastali delle proprieta comprese nel piano. Per la Campania, nei limiti di cui all'art. 30 Iegge 16/2004 vale ancora la citata Iegge regionale 20 marzo 1982, n. 14, titolo III, capo
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1372, in Rassegna T.A.R., 2001, I, 3742; T.AR. Liguria, Sez. I, 17 aprile 2003 n. 508, iv~ 2003, I, 2638. (2) Peraltro, in giurisprudenza si e ritenuto che il p.i.p. puc avere ad oggetto anche aree sulle quali insistono edifici nei quali e svolta attivita lavorativa (T.AR. Liguria 18 dicembre 1980, n. 673, in Rassegna T.A.R, 1981, I, 535): comunque dovrebbe trattarsi di un fatto eccezionale, dovendo in linea di massima comprendere zone libere da costruzioni (v., peraltro, Cons. Stato, Sez. IV, 22 ottobre 1993, n. 912, in Il Cons. Stato, 1993, I, 1223). (3) I p.i.p. non possono riferirsi ad interventi per l'attivita agricola, per !a quale !a Iegge non ha vista le stesse esigenze di carattere urbanistico (T.AR. Toscana, 23 aprile 1982, n. 160, in Rassegna T.A.R, 1982, I, 2109); invece, gli esercizi di ristorazione sono compresi tra gli impianti di carattere turistico (Cons. Stato, Sez. V, 30 ottobre 1997, n. 1209, in Il Cons. Stato, 1997, I, 1405; v. anche retro, cap. VII, nota 8, sulla definizione d'industria. II p.i.p. non puc essere esteso a tutte le aree destinate ad insediamenti produttivi dallo strumento urbanistico generale senza alcun accertamento previsionale della sviluppo che nell'ambito del territorio comunale avrebbero potuto avere le attivita produttive (Cons. Stato, Sez. IV, 8 febbraio 1986, n. 92, in II Cons. Stato, 1986, I, 151). II p.i.p. e stato ritenuto illegittimo, ove non sia stato preceduto da precisa istruttoria sui fabbisogno di aree da destinare ai detti insediamenti (Cons. Stato, Sez. IV, 1° aprile 1992, n. 354, iv~ 1992, I, 531; id., 21 novembre 1994, n. 919, iv~ 1994, I, 1495); e comunque esso deve rispondere a concrete prospettive di utilizzazione (Cons. Stato, Sez. IV, 22 ottobre 1993, n. 912, iv~ 1993, I, 1223; 6 giugno 2001 n. 3034, iv~ 2001, I, 1237; 26 settembre 2001 n. 5088, iv~ 2001, I, 2167). Sembra orientata in sensa contrario T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 15 novembre 2000 n. 4267, in Rassegna T.A.R, 2001, I, 304. (4) Anche i1 p.i.p. deve ottemperare alle disposizioni concernenti gli standard urbanistici (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 aprile 1989, n. 234, in If Cons. Stato, 1989, I, 438).
181
v.
In mancanza di un' espressa legislativa regionale, il piano degli insediamenti produttivi non puc recare modifiche del piano regolatore generale (6), ne, in tal case, puc essere adottato contestualmente alia deliberazione di variante del piano regolatore (7). La giurisprudenza ha precisato che il p.i.p. non costituisce tanto uno strumento di pianificazione urbanistica quanta piuttosto di politica economica, con la funzione di stimolare l'espansione produttiva e di incentivare le imprese offrendo lora le aree occorrenti ad un prezzo politico (8).
2. Procedura di approvazione e di attuazione Anche il procedimento di adozione ed approvazione, cosi come quello di attuazione, del piano ricalca in parte la procedura gia esaminata nella studio del piano di zona per l'edilizia economica e popolare. (5) E stata considerata legittima una previsione di spesa di larga massima riguardante !a fase iniziale del piano (Cons. Stato, ad. plen., 16 dicembre 1983, n. 26, in It Cons. Stato, 1983, I, 1281; Sez. IV, 22 ottobre 1993, n. 912, iv~ 1993, I, 1223; T.AR. Puglia, Leece, Sez. I, 28 febbraio 2000 n. 1535, in Rassegna T.A.R, 2000, I, 2078. Inoltre, e stata ritenuta necessaria !a motivazione della decisione di assoggettare determinati terreni a! p.i.p., sacrificando !'interesse dei privati proprietari (Cons. Stato, Sez. V, 4 ottobre 2000 n. 5310, iv~ 2000, I, 2149; Sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2818, iv4 2003, I, 1175). Sull'eccezionalita della strumento dei p.i.p. e sui relativo obbligo di motivazione, v. Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2004 n. 5501, iv~ 2004, I, 1666. (6) Cons. Stato, Sez. II, 11 febbraio 2004 n. 931, in Riv. giur. urbanistica, 2004, 470, con nota di GlOMI. In Campania, non costituiscono variante del piano comunale le modifiche del medesimo indicate dall'art. 26, comma 3, Iegge regionale n. 16 del 2004 (v. cap. X, n. 3). (7) T.AR. Toscana, Sez. I, 4 marzo 2003 n. 852, in Rassegna T.A.R, 2003, I, 2032. (8) Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2003 n. 6631, in It Cons. Stato, 2003, I, 2295; T.A.R. Veneto, Sez. I, 16 luglio 2003 n. 3790, in Rassegna T.A.R., 2003, I, 3760; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 6 marzo 2003 n. 2233, iv4 2003, I, 2113.
CAPITOLO XIII
PIAN! PER GLI INSEDIAMENTI PRODUTTM
Ai sensi della legge statale il progetto di piano e adottato con delibera del Consiglio comunale o dell'assemblea consortile (cia si verifica allorquando venga costituito tra i Comuni un consorzio per l'attuazione del piano). Gli elaborati grafici ed il progetto di piano vanno depositati nella Segreteria comunale e vi rimangono per un periodo di 10 giorni a libera visione del pubblico, comunicando l'avvenuto deposito mediante annuncio affisso all'Albo Pretoria ed inserito nel Foglio Annunzi Legali della Provincia. Nel termine di 20 giorni successive alla data di inserzione dell'avviso di deposito nel Foglio Annunzi Legali, i privati interessati possono presentare le loro opposizioni al Comune. Successivamente tutti gli elaborati, insieme al fascicolo delle opposizioni e controdeduzioni dell'ente locale, dovevano essere trasmessi (salva diversa Iegge regionale, come in Campania) alia Giunta regionale, che, udito il parere della Sezione Urbanistica, era competente all' approvazione o reiezione del piano, decidendo in pari tempo sulle opposizioni. In Campania la legge regionale n. 16 del 2004 ha stabilito che i piani urbanistici attuativi (pua) possono avere «valore e portata» anche dei piani delle aree da destinare ad insediamenti produttivi di cui alia Iegge 865/1971 e successive modifiche. Ma per tutti i pua ha stabilito la medesima procedura di approvazione, che e quella indicata al capitola precedente, riguardante i piani regolatori particolareggiati. Anche il p.i.p e adottato dalla Giunta Comunale e trasmesso alia Provincia per eventuali osservazioni. II piano stesso e depositato per trenta giorni presso la casa comunale e di cia deve essere data notizia su due quotidiani a diffusione regionale ed eventualmehte con ulteriori forme di pubblicita, in modo che nel detto termine di 30 gion{i chiunque possa presentare osservazioni od opposizioni al piano adottato. Su tali osservazioni od opposizioni la Giunta comunale (9) decide ed approva definitivamente il piano, dando atto della sua conformita al piano urbanistico comunale (e sempre nel rispetto
degli standard urbanistici). Mediante decreta sindacale, il piano approvato e pubblicato sui Bollettino ufficiale della Regione ed entra in vigore il giorno successive a quello della sua pubblicazione. Una volta approvato, il piano acquista valore di piano particolareggiato ed efficacia per died anni (10), II Comune od il Consorzio possono, entro il termine di validita del piano, procedere all' esproprio delle aree necessarie agli insediamenti produttivi, a seguito delle richieste ricevute dagli interessati e preferendo gli enti pubblici o a partecipazione statale secondo i programmi di sviluppo formulati dal CIPE (Comitate interministeriale per la programmazione economica). La cessione dell' area necessaria all'edificazione pua avvenire in proprieta o mediante concessione del diritto di superficie per un periodo di tempo illimitato sea favore di enti pubblici, e non inferiore a sessant'anni e non superiore a novantanove, se a favore di privati (11), E indubbio che l'elemento essenziale di tutto sia la celerita di attuazione del piano e delle procedure di assegnazione delle zone destinate agli insediamenti.
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(9) Cfr. Ia Iegge regionale 22 dicembre 2004 n. 16, artt. 26 e 27. Sulla legittimita costituzionale di questa attribuzione di competenza alia Giunta comunale, v. Ia nota 2 del precedente capitola X.
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(10) Secondo Ia giurisprudenza, dopo ·Ia scadenza del termine decennale, e illegittimo il diniego di concessione edilizia concernente un' area ricadente nell' ambito di un piano per insediamenti produttivi (T.A.R. Sardegna, 27 marzo 1995, n. 389, in Rarsegna T.A.R., 1995, I, 2765), ferma restando l'osservanza delle linee e delle prescrizioni del piano scaduto. Sull'inammissibilita della proroga del termine decennale, v. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 21 marzo 2002 n. 1502, iv4 2002, I, 2022. In materia divariante dei p.i.p., v. T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 25 settembre 2003 n. 1148, in Foro amm., 2003, I, 3069. Sulla decorrenza del termine d'impugnativa del p.i.p., nonche del valore di dichiarazione d'indifferibilita e d'urgenza e sulla non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento di occupazione d'urgenza delle aree, v. Cons. Stato, Sez. N, 17 settembre 2004 n. 6055, in Il Cons. Stato, 2004, I, 1885. (11) II Comune deve porre a carico dei cessionari gli esborsi affrontati per acquistare le aree e per eseguire le opere di urbanizzazione (Cons. Stato. ad. plen., 16 dicembre 1983, n. 26, cit.). Prima dell'art. 49, c. 17, Iegge 27 dicembre 1997, n. 449, il Comune era obbligato a cedere meta delle aree in diritto di superficie e meta in proprieta. Per Ia cessione in proprieta delle aree gia cedute in diritto di superficie, v. art. 11 Iegge 12 dicembre 2002 n. 273. Cfr. anche Cons. Stato, Sez. N, 22 maggio 2000 n. 2939, in Il Cons. Stato, 2000, I, 1307, secondo cui le aree espropriate entrano a far parte del patrimonio indispo11ibile del Comu11e e, qui11di, 11011 so11o soggette a retrocessio11e.
CAPITOLO XIII
PIANI PER GLI INSEDIAMENTI PRODUTTM
La finalita perseguita dal piano sarebbe vanificata laddove, attuando il piano, si ritardasse, per motivi di lentezza burocratica, la concessione delle aree espropriate a favore degli enti o dei privati che vogliono provvedere alla costruzione degli impianti. Percio si e ritenuto da alcuni necessaria affidare la realizzazione dei piani per gli insediamenti produttivi direttamente agli enti interessati o ad enti autonomi speciali. Gli enti locali potrebbero rimanere competenti ad eseguire la rete viaria, l'allacciamento delle zone urbanizzate e tutte quelle opere di infrastruttura necessarie ad armonizzare l'insediamento industriale con 1'esistente nucleo residenziale. Peraltro, anche l'attuazione di questi piani degli insediamenti produttivi potrebbe essere condizionata dal programma pluriennale di attuazione, di cui all'art. 13 della legge 10 del1977. E da escludere infine che le delibere comunali che disciplinano l'assegnazione delle aree incluse in un piano per gli insediamenti produttivi abbisognino di approvazione regionale, la quale puo essere necessaria eventualmente solo per lo strumento urbanistico adottato, e non anche per i concreti atti di gestione della stesso (12).
re, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari, i servizi di telecomunicazioni (art. 1, c. 1, lett. a, D.P.R. 7 dicembre 2000 n. 440). Ma, con il D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 (art. 5, come modi£ dal D.P.R. 7 dicembre 2000 n. 440), si e prevista una rapida procedura per realizzare impianti produttivi anche in variante degli strumenti urbanistici. A tal fine, devono concorrere le seguenti due condizioni: 1) mancanza nella strumento urbanistico comunale di aree destinate all'insediamento di impianti produttivi od insufficienza di tali aree in relazione ai progetti presentati (14); 2) conformita del singolo progetto di nuevo insediamento produttivo alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza dellavoro (1s). Qyalora si verifichino queste due condizioni, il responsabile del procedimento, con provvedimento motivate, puo convocare una conferenza di servizi, ai sensi dell'art. 14 legge 241/1990, come modi£ dall'art. 7legge 127/1997 (16). Della convocazione di questa conferenza deve essere data pubblico avviso, al fine di garantirne la piu ampia conoscenza; anche perche alla conferenza potrebbe partecipare qualunque soggetto pubblico o privata (persona fisica, ente, associazione o comitate), portatore
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3. Insediamento di impianti produttivi in variante di strumenti urbani-
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stici I1 decreta legislative 31 marzo 1998, n. 112 (artt. 23, 24 e 25) ha introdotto la cosiddetta procedura della sportello unico soprattutto allo scope di semplificare i procedimenti amministrativi necessari per avviare o sviluppare le attivita produttive (13). Q!Ieste comprendono le attivita di produzione di beni e servizi, ivi incluse le attivita agricole, commerciali e artigianali, le attivita turistiche ed alberghie-
(12) Cons. Stato, Sez. N, 24 marzo 1987, n. 168, in It Cons. Stato, 1987, I, 307. (13) Cfr. DAMONTE, Aspetti urbanistici della «procedura dello sportello unico perle attivita produttive11 ai sensi del D.PR 20 ottobre 1998, n. 447, in Riv. giur. edilizia, 2000, II, 51 sgg.; nonche MARTINETII, in Riv. giur. urbanistica, 2002, 470 sgg.; v. anche l'ampia sentenza del T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 20 gennaio 2004 n. 35, in Rmsegna T.A.R, 2003, I, 4059.
( 14) E stato rilevato in giurisprudenza, che talvolta la detta indagine va riferita a determinate zone, tenuto conto delle caratteristiche dell'opera in progetto (cfr. T.A.R. Abruzzo, !'Aquila, 3 aprile 2004 n. 383, in Rmsegna T.A.R, 2004, I, 507, riguardante una sala peril gioco del bingo, da realizzare in un centro storico). La motivazione richiesta dalla norma non occorre, ove trattisi di ampliamento di un insediamento esistente (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 28 gennaio 2005, iv~ 2005, I, 781). (15) Cfr. T.A.R. Abruzzo, Pescara, 20 maggio 2004 n. 453, in Rmsegna T.A.R, 2004, I, 2530. Secondo il T.A.R. Umbria (2 maggio 2002 n. 241, iv~ 2002, I, 2544) il soggetto promotore della procedura semplificata non deve essere necessariamente il gestore dell' opera in progetto. (16) L'autorita comunale non e obbligata ad accogliere l'istanza, ove non intenda investire della questione il Consiglio comunale ovvero convocare una Conferenza di servizi (T.A.R. Lombardia, Milano, 26 settembre 2002 n. 3819, in Rmsegna T.A.R., 2002, I, 3919). Sulla procedura della conferenza dei servizi e sui provvedimenti conseguenziali, v. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 25 marzo 2004 n. 1631, iv~ 2004, I, 526; v. anche T.A.R. Abruzzo, Pescara, 20 mnggio 2004 n. 453, iv~ 2b04, I, 2530.
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CAPITOLO XIII
di un interesse cui possa derivare un pregiudizio dalla realizzazione del progetto dell'impianto produttivo. A tale conferenza devono essere invitati a partecipare - con un congruo anticipo non inferiore a trenta giorni - rappresentanti di tutte le pubbliche Amministrazioni, aventi competenza in materia, cioe quelle che dovrebbero· adottare atti di autorizzazione, nulla osta o pareri sui progetto di costruzione o in materia di varianti al piano urbanistico (Regione, Provincia o Comunita montana, Sezione provinciale del C.T.R., autorita sanitaria, Vigili del Fuoco, ecc.). La conferenza dei servizi precede all'istruttoria del progetto ed il verbale finale di approvazione sostituisce tutti i detti pareri, nulla osta e vari atti di assenso. Qyalora tale approvazione avvenga a maggioranza si dovra operare ai sensi del comma 3-bisdell'art. 17 della legge 127/1997. In tal case bisognera comunicare la detta approvazione al Presidente del Consiglio dei. Ministri ove l' Amministrazione dissenziente sia una amministrazione statale oppure al Presidente della Regione negli altri casi. In questa ipotesi, l'approvazione a maggioranza diventera operativa, qualora - entre 30 giorni dalla ricezione della comunicazione il Presidente del Consiglio dei Ministri (previa delibera del Consiglio) od il Presidente della Regione (previa delibera del Consiglio regionale) non ne abbiano disposto la sospensione. In ogni caso, qualora il progetto approvato dalla conferenza dei servizi contrasti con lo strumento urbanistico vigente, bisognera provvedere alla pubblicazione per 30 giorni del progetto ai sensi della vigente legge urbanistica ed il Consiglio comunale si dovra pronunciare definitivamente nei successivi trenta giorni, tenendo CO~;ItO delle osservazioni ed opposizioni eventualmente presentate (17). Qyesta deliberazione del Consiglio comunale conclude la procedura di variante del piano regolatore, senza. bisogno di alcun ulteriore provvedimento. Non e richiesta nemmeno l'approvazione della
(17) Secondo il T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 16 dicembre 2004 n. 8606, in Rnssegna T.A.R., 2004, I, 3379, !a procedura ex art. 1 e 5 D.P.R. 447/1998 sarebbe inapplicabile in caso di contrasto con gli indici di zona.
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Regione, le cui attribuzioni sono fatte salve dalle norme sulla conferenza dei servizi (art. 1, c. 1, lett. K, D.P.R. 440/2000). Peraltro, con la sentenza 22 giugno 2001 n. 205, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita costituzionale dell'art. 25, comma 2, lett. g, del d.lgs. 112/1998, nella parte in cui prevede che, ove Ia conferenza dei servizi registri un accordo sulla variazione della strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente il Consiglio comunale~ anche quando vi sia il dissenso della Regione. Peraltro, la questlone va adeguata alla disciplina regionale del procedimento di approvazione del piano urbanistico comunale.
i:
CAPITOLOXN
PIAN! DI LOTTIZZAZIONE I>,
SOMMARIO: 1. Divieto di lottizzazione. - 2. II concetto di lottizzazione. - 3. Mi-
sure per la prevenzione e la repressione delle lottizzazioni abusive. - 4. Procedimento per l'approvazione del piano di lottizzazione. - 5. Lottizzazione ad iniziativa comunale.
1. Divieto di lottizzazione Alia fine del secolo scorso i proprietari delle aree non comprese nei piani regolatori o in quelli di ampliamento - previsti dalla Iegge del 1865 - procedevano direttamente alia divisione dell'area in Iotti fabbricabili. Per le zone compres-e entre i detti piani, presentavano, invece, all'autorita comunale il progetto per la sistemazione delle aree offrendone la parziale cessione in cambio dell'impegno da parte del Comune di urbanizzarle. Ben presto, pero, le difficolta di natura economica e l'evolversi delle esigenze urbanistiche mutarono, da un lato, il contenuto delle convenzioni - non piu soltanto cessione di aree, rna anche assunzioni per i privati degli oneri di urbanizzazione - dall'altro comportarono l'introduzione del diritto per i privati di lottizzare le aree non comprese nell'ambito di un piano urbanistico. Attraverso numerose e varie modifiche ed integrazioni, si giunse alia Iegge 17 agosto 1942, n. 1150, la quale (art. 28) detto le norme per I' attuazione della lottizzazione delle aree fabbricabili. La Iegge del '42 prevede varie ipotesi di lottizzazione: quella cosiddetta «incorporata» nel piano particolareggiato (I' art. 13 della leg-
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CAPITOLO XN
ge stabilisce infatti che nel contenuto dei piani particolareggiati puo essere compresa anche la suddivisione in lotti di aree fabbricabili); la lottizzazione «obbligatoria» (o d'ufficio), in cui !'invito alla lottizzazione parte dall'autorita comunale (infra, n. 5), e la lottizzazione facoltativa. Q¥est'ultima e quella che oggi viene comunemente defimta lottizzazione o piano di.lottizzazione. I piani di lottizzazione - cosi come previsti dalla legge citata avrebbero potuto essere un utile strumento di disciplina e di razionalizzazione degli interventi edilizi sui territorio se fossero stati inseriti nell'ambito degli altri strumenti di pianificazione introdotti dalla stessa legge. . . Ma, come e noto, i piani regolatori generali ed i programm1 d1 fabbricazione furono raramente approvati per vari decenni e ancora oggi i piani particolareggiati sono approvati in numero limitato. In questo quadro, le lottizzazioni ad iniziativa priva~a assu.nser? la dimensione di interventi edilizi su singole aree per 11 ragg1ung1mento di fini eminentemente speculativi. Si disse, infatti, in sede di discussione parlamentare della «legge-ponte» del 1967, che le lottizzazioni erano state lo strumento giuridico per distruggere qualsiasi . forma di pianificazione. Ecco perche questa legge cerco di reagire al detto incontrollato fenomeno stabilendo anzitutto un divieto assoluto di lottizzazione a ' ' scopo edilizio nei Comuni sprovvisti di qu~lsia~i piano urbani~tico, cioe privi sia di piano regolatore generale, s1a d1 programma d1 fabbricazione (oltre alle limitazioni stabilite anche per il rilascio di singale concessioni edilizie nei detti Comuni).
2. Il concetto di lottizzazione Purtroppo la «legge-ponte» del 1967.- nel vietare qualsiasi lottizzazione delle aree fabbricabili nei Comuni sprovvisti sia di piano regolatore generale, sia di programma di fabbricazione - non ha fornito nessuna definizione del concetto di lottizzazione. Era facile quindi prevedere che in pratica sarebbero sorte gravi difficolta per stabilire quando una o piu concessioni edilizie (rilasciate ad uno o piu richiedenti e relative alla medesima zona) com-
PIAN! DI LOTTIZZAZIONE
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portassero di fatto la realizzazione di una lottizzazione (vietata nei Comuni sprovvisti di piano oppure assoggettata a particolari oneri e procedure nei Comuni forniti di un piano approvato). Per colmare la detta carenza legislativa, anzitutto il Ministero dei LL.PP., con la nota circolare illustrativa della legge-ponte (n. 3210 del 1967) cerco di definire il concetto di lottizzazione, rilevando fra l'altro che costituisce lottizzazione non il mero frazionamento dei terreni, rna qualsiasi utilizzazione del suolo che, indipendentemente dal frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralita di edifici a scopo residenziale, turistico o industriale e conseguentemente comporti la predisposizione delle opere di urbanizzazione occorrenti per le necessita primarie e secondarie dell'insediamento. Naturalmente - a parte che le circolari ministeriali non possono integrare le leggi rna rappresentano in questo caso semplicemente una interpretazione non vincolante della legge stessa - la riportata definizione ministeriale lascio larghi margini d'incertezza per risolvere i casi concreti. Pertanto, per cercare di interpretare meglio la norma legislativa in questione, fu necessaria tener presente I' orientamento della giurisprudenza amministrativa in merito, anche perche - nel caso di controversie tra pubblica Amministrazione e privati o privati tra loro (in sede di impugnativa dei provvedimenti amministrativi) - e il giudice amministrativo a decidere. Secondo l'indirizzo ancora dominante di tale giurisprudenza, si configura una lottizzazione di fatto, quando - mediante i1 rilascio di uno o piu permessi di costruire (non importa se alla stessa persona o a piu richiedenti, ne se contestualmente o in date successive) - sia autorizzato per la prima volta l'asservimento all'edilizia (a scopo residenziale, industriale, commerciale, turistico, ecc.) di una zona non ancora urbanizzata e quando per effetto del nuovo insediamento sia necessaria realizzare nuove opere di urbanizzazione primaria e secondaria (che non si riducano pero soltanto ai semplici allacciamenti delle nuove costruzioni aile reti infrastrutturali gia esistenti) (r).
(1) Cons. Stato, Sez. V, 10 giugno 1982, n. 527, in Il Cons. Stato, 1982, I, 864; 1° feb-
CAPITOLO XIV
PIAN! Dl LOTTIZZAZIONE
Si e detto anche che si ha lottizzazione quando si crea una nuova maglia del tessuto urbana preesistente, quando cioe questa viene mutato nelle sue linee principali, rna non quando trattasi di interventi di completamento ricadenti su aree comprese in una zona gia urbanisticamente delineata. Per converso, non si e riconosciuto carattere lottizzatorio ai nuovi interventi edilizi ricadenti in una zona gia parzialmente edificata e gia sufficientemente urbanizzata (2).
Peraltro, anche in base al suddetto orientamento giurisprudenziale restavano pericolosi margini di incertezza, che soltanto una nuova legge poteva eliminare.
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braio 1995, n. 162, iv4 1995, I, 197; 16 marzo 1995, n. 409, iv4 1995, I, 360; T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 14 giugno 2003 n. 3992, in Rassegna T.A.R., 2003, I, 3491. (2) Cfr., ad esempio, sulla detta articolazione dell'intervento, Cons. Stato, Sez. V, 7 giugno 1983, n. 214, in It Cons. Stato, 1983, I, 716; Sez. N, 9 novembre 1993, n. 980,_iv~ 1993, I, 1400; 27 gennaio 1978, n. 98, in Riv. giur. editizia, 1978, I, 81, con nota d1 nchiami; sulla configurabilita di una lottizzazione non tanto per !a previsione di opere di urbanizzazione, bensi perche l'intervento costituisce, gia nel momenta ideativo, una strutturazione edilizia unitaria, nuova ed estranea a! tessuto urbanistico preesistente, v. T.A.R. Lazio, Sez. II, 29 settembre 1982, n. 781, in Rassegna T.A.R., 1982, I, 2764; e stata considerata lottizzazione abusiva !a costruzione di un parcheggio per automezzi pesanti in zona non urbanizzata (Cass., Sez. III pen., 30 aprile 2004 n. 20390, in Il Cons. Stato, 2005, II, 330). D'altra parte, estata ammessa l'impossibilita di concepire Ia lottizzazione - anche se prescritta dalle norme di zona - ove trattasi di un edificio ricadente in un comparto gia edificato e completamente urbanizzato (Cons. Stato, Sez. N, 18 novembre 1980, n. 1078, in It Cons. Stato, 1980, I, 1531; Sez. V, 18 gennaio 1993, n. 98, iv4 1993, I, 55· 26 settembre 1995, n. 1351, iv4 1995, I, 1240; Sez. V, 19 luglio 2001 n. 3993, iv4 20tH I, 1675; 24 settembre 2001 n. 4993, iv4 2001, I, 2124; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. 16 settembre 2003 n. 11416, in Rassegna T.A.R, 2003, I, 4228; id., 15 maggio 2003 n. 5832, ivi, 2003, I, 2762; id. 2 agosto 2001 n. 3736, ivi, 2001, I, 3416; 2 marzo 2000 n. 596, iv4 2000, I, 2672; 22 dicembre 1999 n. 3283, iv4 2000, I, 825; Cass., Sez. I civ., 12 gennaio 2000 n. 277, in Il Cons. Stato, 2000, II, 671); viceversa un interv~nto edilizio di rilevante consistenza in zona priva di opere di urbanizzazione va assoggettato a piano esecutivo anche se non prescritto dalle norme del piano ~eg?latore (Cons. S~ato, Sez. V, 7 settembre 2000 n. 4741, iv4 2000, I, 1995). E stato attr1bu1to carattere lottizzatorio anche all'intervento in zona parzialmente utbanizzata, ove si ponga l'esigenza di raccordo col preesistente aggregate abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione (Cons. Stato, Sez. V, 8 ottobre 2002 n. 5321, in Il Cons. Stato, 2002, I, 2153; 15 febbraio 2001 n. 790, iv4 2001, I, 301; 27 ottobre 2000 n. 5756, iv4 2000, I, 2334; 7 gennaio 1999, n. 1, ivi, 1999, I, 54; id., 7 maggio 1991, n. 772, iv4 1991, I, 936; 4 maggio 1995, n. 699, iv4 1995, I, 706; Sez. N, 15 maggio 1995, n. 336, iv4 1995, I, 630; v. anche Sez. V, 10 novembre 1992, n. 1221, iv4 1992, I, 1584; 31 dicembre 1993, n. 1398, ivi, 1993, I, 1634; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 2 luglio 1999, n. 1908, in Rassegna T.A.R., 1999, I, 3519). La necessita del piano di lottizzazione estata affermata anche per Ia costruzione di un unico edificio « urbanisticamente rilevante, sotto il profilo delle dimen-
iv,
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sioni» (T.A.R. Veneto, Sez. II, 26 ottobre 1993, n. 651, in Rassegna T.A.R, 1993, I, 4554). Analogamente e stato rilevato che «quanto piu l'interventv e rilevante per le dimensioni dell'edificio o degli edifici progettati, e quindi per il numero degli abitanti o per le attivita da insediare, tanto piu occorre tendenzialmente una preventiva pianificazione» (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 4 dicembre 2000 n. 4519, iv4 2001, I, 648). Piu recentemente estato ritenuto illegittimo il diniego di concessione edilizia per mancanza del piano di lottizzazione, quando !'area sia urbanizzata e manchi una rigorosa valutazione del nuovo insediamento rispetto alia situazione generale del comprensorio (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 19 novembre 2001 n. 1351, iv4 2002, I, 289). Uno stato di sufficiente urbanizzazione della zona, che renda superflua Ia pianificazione di dettaglio, estato ritenuto equivalente all'operativita di un piano attuativo (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 4 novembre 1999, n. 2888, in Rassegna T.A.R, 2000, I, 285; T.A.R. Calabria, Catanzaro, 13 luglio 1999, n. 950, iv4 1999, I, 3666; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 8 maggio 1998, n. 1456, iv4 1998, I, 2706; T.A.R. Lazio, Sez. II, 27 aprile 1998, n. 695, iv4 1998, I, 1705; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 21 marzo 1995, n. 137, iv4 1995, I, 2510; Sez. II, 26 aprile 1995, n. 285, iv4 1995, I, 3172; v. anche retro, cap. IX, nota 8). Inoltre (Cons. Stato, Sez. N, 10 settembre 1996, n. 1208, in Il Cons. Stato, 1996, I, 1311), e stata ribadita Ia non necessita del piano di lottizzazione, quando !'area interessata econtigua a zona edificata e prowista di opere di urbanizzazione primaria, considerate che !a lottizzazione e preordinata ad assoggettare !'area ad un processo di urbanizzazione idoneo a conferirle un nuovo assetto (con particolare riferimento alle opere di urbanizzazione relative alia viabilita, v. T.A.R. Sicilia, Catania, 3· ottobre 1997, n. 1971, in Rassegna T.A.R, 1997, I, 4596; id., Sez. I, 25 febbraio 2004 n. 438, iv4 2004, I, 1616, in un caso di sopraelevazione in una zona urbanizzata). V., peraltro, Cons. Stato, Sez. V, 17 maggio 2000 n. 2874, in Il Cons. Stato, 2000, I, 1265, secondo cui - oltre alia sufficienza delle opere di urbanizzazione primaria - «e necessaria anche che !'area presenti il requisite obiettivo dell'attitudine a! completamento del disegno urbanistico-edilizio del piano». Secondo il Consiglio di Stato (Sez. V, 25 ottobre 1997, n. 1189, in Il Cons. Stato, 1997, I, 1403), Ia stima della sufficienza delle opere di urbanizzazione spetta alia valutazione discrezionale della pubblica Amministrazione. (v. anche T.A.R. Calabria, Catanzaro, 18luglio 1999, n. 950, cit.; e T.A.R. Lazio, Sez. II, 22 ottobre 1999, n. 1970, in Rassegna T.A.R., 1999, I, 4245, con riferimento anche aile dimensioni dell'opera). Qresta valutazione, perc, deve essere concretamente evidenziata, indicando le concrete, ulteriori esigenze di urbanizzazione indotte dalla nuova costruzione (Cons. Stato, Sez. V, 14 febbraio 2003 n. 802, in Il Cons. Stato, 2003, I, 309); T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 19 novembre 2003 n. 13696, iv4 2004, I, 339; 8 ottobre 1999, n. 2595, iv4 1999, I, 4951 e 17 gennaio 2000 n. 31, iv~ 2000, I, 1437; T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 29 settembre 2000 n. 7649, iv~ 2000, I, 4370, secondo cui l'Amministrazione «deve congruamente evidenziare le concrete ed ulteriori esigenze di urbanizzt~zione indotte dalla nuova costruzione••). Inoltre, il Consiglio di Stato (Sez. IV, 29 aprile 2000 n. 2562, in Il Cons. Stato, 2000, I, 1063; conf. T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 4 mnrzo 2004 n. 2081, in Rassegna T.A.R., 2004, I, 1366), ha affermato che !a detta equi-
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CAPITOLO XIV
Purtroppo, la legge 47 del 1985 (recepita dall'art. 30 t.u. edilizia del 2001) non ha risolto compiutamente il problema, indivi~uando la lottizzazione abusiva nell'ipotesi di «opere che comportmo trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni» in violazione della normativa urbanistica o senza la prescritta autorizzazione. Infatti sarebbe assurdo qualificare come lottizzazione qualsiasi intervent~ avente rilevanti conseguenze sotto il profile urbanistico od edilizio (che sarebbero ipotizzabili anche in casi di semplice trasformazione di fabbricati gia esistenti). Pertanto e ancora necessaria un'interpretazione integrativa del teste legislative, per la quale verosimilmente resta valido l'indirizzo giurisprudenziale riportato in precedenza. . . Invece, la normativa richiamata ha risolto, con maggrore chrarezza l'altra controversa ipotesi di lottizzazione abusiva, individuata taivolta nella vendita frazionata dei terreni senza l'esecuzione di opere. Infatti si configurano come lottizzazione abusiva anche il «frazioname~to e la vendita, o atti equivalenti, del terrene in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione ~n relazion.e alla n~~r~ del terrene e alla sua destinazione secondo gh strumentl urbamstrcr, il numero, l'ubicazione o l'eventuale previsione di opere di urba~iz zazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncmo in modo non equivoco la destinazione a scope edificatorio». valenza tra pianificazione esecutiva e stato di a~eguata .urb~nizzazione e. configurabile ove si riscontri l'esistenza di opere di urbanizzaztone pnmana e seco.n~a~1a almena ne~ le quantita minime prescritte dalla normativa sugli standard urbamst1cr (m~ tale ~ecl sione lascia perplessi, perche in tal modo si potrebbe pretendere l'approvaz10~e d1 un piano di lottizzazione anche per edificare su un lotto residua e co~~letamente mtercluso in un'area gia completamente edificata). In senso ancora restntttvo, v. anche Cons. Stato Sez. N 7 novembre 2001 n. 5721, iv~ 2001, I, 2439; nonche 3 novembre 2003 n. 6833: iv4 2003, I, 2454; Secondo cui bisogna far riferimento all'i~tero comprens?rio ~he dovrebbe essere pianificato dal piano urbanistico a~ativo; anz1, per super~re 1obbhgo del piano attuativo, estato affermato che !'area da ed1ficare deve essere 1un.1ca .a nonessere stata ancora edificata in una zona integralmente interessata da costruz10m e dotata delle opere di urbanizzazione (Cons. Stato, Sez. V, 3 marzo 2004 n. 1013, ~v4 2004, I, 512); v. anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 12 giu~o 2003 n. ?546, 1.n Ras~egna T.A.R., 2003, I, 3396; e, per superare !a necessita della preVla approvaz10ne d1 un p1ano particolareggiato, v. T.A.R. Latina, 18 settembre 2003 n. 742, iv4 2003, I, 3711 (v. anche rctro, cap. IX, nota 5).
PIAN! DI LOTTIZZAZIONE
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Naturalmente, anche l'applicazione di questa definizione nei casi concreti potra dar luogo a qualche incertezza, rna ormai l'interprete ha molteplici elementi di riferimento per individuare le ipotesi di predisposizione di lottizzazioni abusive mediante la vendita frazionata dei terreni. E chiaro, ad esempio, che una vendita di numerosi piccoli lotti di terrene a vari acquirenti (tanto piu se non agricoltori), farebbe configurare la detta fattispecie legislativa di lottizzazione abusiva (3).
(3) La Corte di Cassazione, Sez. II, con !a sentenza 2 febbraio 1988. n. 949, ha esaminato il disposto della Iegge 47/1985 (oggi art. 30 t.u. edilizia), affermando che: «La lottizzazione, che si configura come uno strumento tecnico-urbanistico diretto alla formazione di nuovi complessi edilizi attrezzati a fini residenziali e non come semplice frazionamento e trasferimento dei suoli aventi diversa destinazione attuale, va definita come abusiva, a norma dell'art. 18 Iegge 28 febbraio 1985, n. 47, quando vi sia inizio di opere che comportino trasformazione urbanistica (o edilizia) dei terreni, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici (e delle leggi statali e regionali) ovvero senza autorizzazione, come pure nell'ipotesi di predisposizione della stessa mediante il frazionamento e Ia cessione in Iotti del terreno sempre che, in relazione alia natura di questo ed alia sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici (o altri riferimenti), denuncino non equivocamente la destinazione a scopo edificatorio; pertanto non configura detta ipotesi, ne di conseguenza e nulla per illiceita della relativa causa, Ia promessa di vendita di parte di un fondo che, ancorche analoga ad altri atti di disposizione di ulteriori frazioni dello stesso, non faccia· riferimento, ne preveda infrastrutture di urbanizzazione, comportando Ia mera alienazione di suolo priva di rilievo urbanistico senza assumere funzione prodromica di una lottizzazione••. Nello stesso senso, v. T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 8 settembre 1998, n. 1390, in Rassegna T.A.R, 1998, I, 3561 (sulla necessita che alia vendita frazionata segua qualche attivita materiale). In generate, con ampi richiami, sulla nozione di lottizzazione abusiva, v. Cons. Stato, Sez. IV, 30 giugno 2005 n. 3531, in Riv. giur. edilizia, 2006, I, 157. Sulla insufficienza della presenza di una strada in terra battuta, cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 18 gennaio 1993, n. 53, in Rassegna TA.R., 1993, I, 408, che esclude anche !a configurabilita di una lottizzazione nell'ipotesi di vendita frazionata di un terreno, ove manchino le concorrenti caratteristiche richieste dall'art. 18, comma 1, Iegge 47/1985 (v. anche T.A.R. Lazio, Sez. II, 25 marzo 1996, n. 544, iv4 1996, I, 1228). E stato anche ritenuto, che - ai fini dell'individuazione di una lottizzazione abusiva, di cui all'art. 18, c. 1, Iegge 47/1985 - a! frazionamento di un terreno in Iotti debba seguire qualche attivita materiale «ulteriore rispetto alia mera recinzione della proprieta» (T.A.R. Toscana, Sez. II, 4 agosto 2000 n. 1830, ivi, 2000, I, 4460), Per un caso di esclusione di lottizzazione abusiva. (vendita frazionata a parenti stretti), v. T.A.R. Lazio, Sez. VI-bis, 25 gennaio 2002 n. 695, iv~ 2002, I, 517). Sui criteri di individuazione di una lottizzazione negoziale, che puo tradursi anche nella vendita di un solo lotto, cfi·. Cass., Sez. III pen., 30 a.prile 1994, n. 4954, in ll Cons.
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CAPITOLO XN
3. Misure per la prevenzione e la repressione delle lottizzazioni abusive Per bloccare il fenomeno delle lottizzazioni abusive, Ia Iegge prescrive anche che, agli atti tra vivi di trasferimento dei terreni deve essere allegate, a pena di nullita, il certificate di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l'area interessata. Q!lesto certificate deve essere rilasciato dal Comune entro 30 giorni ed ha validita per un anno (salvo varianti della normativa urbanistica) (4).
Stato, 1994, I, 1691, e anche in caso di semplice contratto preliminare, id., 22 marzo 2000 n. 3668, iv4 2000, II, 1709. Per Ia definizione di ipotesi di lottizzazione abusiva negoziale e lottizzazione abusiva materiale, v. Cons. Stato, Sez. IV, 5 agosto 2003 n. 4465, iv4 2003, I, 1684; T.A.R. Toscana, Sez. III, 8 marzo 2005 n. 1004, in Rassegna T.A.R., 2005, I, 1499; ~· ru:che T.A.R: Lazio, Sez. II-ter, 13 ottobre 2003 n. 8327, iv4 2003, I, 4121, su una vend~ta dt nu~eros1 Iotti anche di superficie estremamente ridotta; nonche T.A.R. Campama, Napoh, Sez. II, 17 giugno 2004 n. 9561, iv4 2004, I, 3178; cfr., invece, s~lla inconfigurabi~ita di una lottizzazione negoziale abusiva, Cass., Sez. II civ., 17 febbrato 2004 n. 3004, m Il Cons. Stato, 2004, II, 1161; sull'insufficienza del semplice frazionamento in Iotti inferiori a~l~ misura minima prescritta dal p.r.g., v. Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 2004 n. 6810, wz, 2004, I, 2173; T.A.R. Lazio, Sez. II, 30 marzo 2005 n. 2205, in Rassegna T.A.R •. 2~05, I, 1020; id., 16 marzo 2005 n. 1879, iv4 2005, I, 1010; v. anche, con qualche dtstmguo, T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 22 febbraio 2005 n. 140, iv4 2005, I, 1191. Sulla confi~rabilita di una lottizzazione abusiva negoziale, anche in ipotesi di vendita di terreni di superficie superiore a diecimila metri quadrati, v. Cass., Sez. III pen., 6 aprile 1996, in Riv. giur. edilizia, 1996, I, 1118; 11 gennaio 1999, n. 216, in Il Cons. Stato, 1999, II, 1161; Cons. Stato, Sez. V, 20 aprile 2001 n. 2411, in Riv. giur. edilizia, 2001, I, 639; v., per<), T.A.R. Lazio, Sez. !I-ter, 21 febbraio 2001 n. 1365, in Rassegna T.A.R, 2001, I, 816. La Corte di Cassazione, a Sezioni penali unite (8 febbraio 2002 n. 5115, in Edilizia e territorio, 2002, n. 8, 8 sgg.) ha ritenuto che il reato di lottizzazione abusiva si configura anche in presenza di un'autorizzazione a lottizzare rilasciata in contrasto con la normativa urbanistica vigente. (4) Dall'agosto 1993 i notai c~e ricevono. atti o. ~utentichin? s.critture private a~enti ad og~etto trasferim~nti di terrem ovver~ dt eserc1z1 tommerctah devon? co.mum~~re, entro d mese success1vo a que!lo della sttpula, al questore del luogo ave e ubtcato limmobile, i dati relativi aile parti contraenti, o lora rappresentanti, al bene compravenduto e al prezzo indicate. La natura di lottizzazione di un'operazione ~on e esclusa dalla pattizia con la quale I'acquirente dichiari di essere al corrente che d terrene, catastalmente censito come agricola, non fa parte di lottizzazione autorizzata e non puo essere utilizzato a scopo edilizio (cfr. Cass., Sez. II civ., 5 gennaio 1988, n. 44, in Guida al diritto, 1998, n. 8, 76).
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In caso di mancato rilascio del certificate, sara sufficiente una dichiarazione sostitutiva da parte dell'alienante (o del condividente). Naturalmente, il rispetto delle condizioni stabilite per evitare Ia nullita degli atti di trasferimento dei terreni e per ottenere l'approvazione del trasferimento catastale non esclude Ia possibilita di configurare nella vendita frazionata di un terreno l'ipotesi della lottizzazione abusiva, consistente nella predisposizione della trasformazione urbanistica di cui si edetto in precedenza. In tal caso sono applicabili ai trasgressori le sanzioni penali, di cui all'art. 44, lett. c, t.u. edilizia (v. cap. XXV, n. 3) e lo stesso giudice penale dispone la confisca dei terreni in oggetto (che sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune, con la relativa trascrizione nei registri immobiliari). Q!lalora si verifichi l'altra ipotesi di lottizzazione abusiva - cioe di effettiva realizzazione senza autorizzazione di opere rappresentanti un intervento di tipo lottizzatorio nei sensi indicati al precedente n. 2- il Comune ordina Ia sospensione dei lavori (con la conseguente immediata incommerciabilita dei terreni in questione), previo avviso dell'inizio del procedimento (s). Se, nei successivi novanta giorni, il Comune non ritiene di revocare l'ordine di sospensione, le aree lottizzate sono acquisite di diritto al patrimonio comunale. Cia significa che, nel caso di lottizzazione abusiva, i trasgressori non possono evitare la perdita della proprieta delle aree, ne con una domanda di concessione in sanatoria, ne con la demolizione delle opere abusive (6). In caso di inerzia del Comune, deve provvedere in via sostitutiva
La Corte costituzionale, con sentenza 26 gennaio 2004 n. 38 (in Guida al diritto, 2004, 9, 26) ha riconosciuto Ia legittimita costituzionale dell'art. 18 Iegge 47/1985, laddove non prevede Ia possibilita di porre rimedio alia nullita prescritta mediante un successive atto cui sia allegata un valido certificate di destinazione urbanistica. (5) Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 11 setttembre 2002 n. 4811, in Rassegna T.A.R., 2002, I, 4020. (6) Sull'ammissibilita di un'autorizzazione a lottizzare in sanatoria (sia pure senza l'effetto dell'estinzione del reato, ai sensi dell' art. 20, lett. c, e 22 della Iegge 47 del 1985), v. Corte cost., 21 aprile 1994, n. 148, in Il Cons. Stato, 1994, II, 565; v. anche Cass., Sez. III pen., 21 febbraio 2003 n. 8557 e Cons. Stato, Sez. IV, 30 giugno 2005 n. 3531, cit. alIa nota 3.
CAPITOLa XIV
PIAN! DI LOTTIZZAZIONE
il Presidente della Giunta regionale e, in mancanza, il giudice penale - come nell'ipotesi di predisposizione di lottizzazione abusiva - dispone a favore del Comune la confisca dei terreni e delle opere abusivamente costruite.
sima con le esigenze di pianificazione ad iniziativa pubblica, sia l'opportunita, razionalita e congruita delle scelte urbanistiche operate (9). Gia la legge 47 del 1985 aveva demandato alia legge regionale la semplificazione del procedimento, eliminando la necessita dell'approvazione da parte della Regione (w). Cio in Campania era stato gia realizzato, mediante la delega allo stesso Comune e il successive semplice «controllo di conformita» da parte della Provincia o della Comunicl montana, ai sensi della legge regionale 20 marzo 1982 n. 14. Poi, la legge regionale n. 16 del 2004 ha stabilito che tutti i piani urbanistici attuativi (lottizzazione compresa) siano adottati dalla Giunta comunale e trasmessi alia Provincia per eventuali osservazioni. II piano stesso e depositato per trenta giorni presso la casa comunale e di cio deve essere data notizia su due quotidiani a diffusione regionale ed eventualmente con ulteriori forme di pubblicita in modo che nel detto termine di 30 giorni chiunque possa presentare osservazioni ed opposizioni al piano adottato. Su tali osservazioni od opposizioni la Giunta comunale decide ed approva definitivamente il piano, dando atto della sua conformita al piano urbanistico comunale (e sempre nel rispetto degli standard urbanistici). In ogni ca-
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4. Procedimento per l'approvazione del piano di lottizzazione Come si e accennato, la lottizzazione di un terreno a scopo edilizio puo essere autorizzata soltanto nei Comuni gia provvisti di uno strumento urbanistico generale. In tal caso il privata che intenda procedere alia lottizzazione di un appezzamento di terrene presenta all'Amministrazione comunale un piano di lottizzazione che, naturalmente, deve essere conforme alia normativa edilizia vigente e rispettare gli standard urbanistici (7). Qyalora l'area interessata dalla lottizzazione sia di proprieta di piu persone, e necessaria la partecipazione di tutti i proprietari dell' area e non soltanto di alcuni, anche se proprietari di gran parte della medesima (s). Invece, in Campania- secondo l'art. 27 della legge regionale n. 16 del 2004 - sembra che pure un piano di lottizzazione possa essere presentato non necessariamente da tutti i proprietari delle aree comprese nel progetto di piano, rna anche· soltanto dai proprietari rappresentanti il cinquantuno per cento del complessivo valore imponibile delle dette aree, con la successiva possibilita dell'esproprio delle aree dei proprietari che non abbiano aderito all'iniziativa. Spetta all'autorita comunale valutare sia la rispondenza del piano di lottizzazione alia normativa edilizia vigente e la compatibilita del mede-
(7) Sugli elaborati occorrenti in Campania, v. L.R. 20 marzo 1982, n. 14, titolo III, cap. III. La giurisprudenza amministrativa ha escluso la'competenza dei geometri, per la redazione dei piani di lottizzazione e, in genere, per l'attivita di progettazione urbanistica a qualunque livello (Cons. Stato, ad. gen., par. 20 aprile 1973, n. 13, in It Cons. Stato, 1973, I, 1552). (8) Cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 19 novembre 1994, n. 535, in Rmsegna T.A.R., 1995, I, 212; T.A.R. Lombardia, Brescia, 23 marzo 1996, n. 366, iv4 1996, I, 1864; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 7 giugno 2001 n. 846, iv4 2001, I, 3069.
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(9) T.A.R. Liguria, 24 marzo 1977, n. 121, in Rmsegna T.A.R, 1977, I, 1690. In particolare la giurisprudenza ha precisato che l'approvazione di un piano di lottizzazione non e atto dovuto, rna costituisce s~mpre espressione di un potere discrezionale dell'autorita competente (Cons. Stato, Sez. N, 2 marzo 2001 n. 1181, in It Cons. Stato, 2001, I, 545; 2 marzo 2004 n. 957, iv4 2004, I, 499); v. anche T.A.R. Sardegna, 31 dicembre 2002 n. 1938, in Rmsegna T.A.R, 2003, I, 929. (10) Peraltro, secondo l'art. 89 del testo unico sull'edilizia, nelle zone sismiche prima dell'approvazione di un piano di lottizzazione il Comune deve chiedere il parere del competente ufficio tecnico regionale. Anche in questo caso, come per i piani urbanistici generali e particolareggiati, il detto parere s'intende reso in sensa negativo se l'ufficio regionale non risponde entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta (norma assai discutibile). Nelle localita soggette a vincolo paesistico il piano di lottizzazione dovrebbe ottenere anche l'autorizzazione paesistica (cap. XXI), che potrebbe essere negata con il rilievo, ad esempio, dell'eccessivo sviluppo planovolumetrico degli insediamenti previsti (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 27 febbraio 1993, n. 156, in Rmsegna T.A.R., 1993, I, 1540). La necessita dell'autorizzazione paesistica per l'approvazione dei piani di lottizzazione estata ribadita dal Consiglio di Stato (Sez. VI, 2 marzo 2000 n. 1095, in It Cons. Stato, 2000, I, 497), secondo cui anche tale autorizzazione deve essere comunicata all'autorita ministeriale ai sensi della legge 431/1985 (v. MAsr, in Riv. giur. editizin, 2000, I, 634).
CAPITOLO XIV
PIAN! DI LOTTIZZAZIONE
so, sussiste il preciso obbligo del Comune di provvedere sulla domanda di autorizzazione alla lottizzazione di terreni (11). Ove l'autorita comunale intendesse negare la licenza di lottizzazione occorre che tale provvedimento sia fornito di congrua motivazione e sia esente da vizi; in particolare, cioe, occorre che la P.A. dichiari quali norme siano in contrasto con il progetto presentato. Per il rilancio dell'edilizia, la legge 30 aprile 1999, n. 136, ha stabilito che l'approvazione da parte dei Consigli comunali dei piani attuativi di iniziativa privata deve intervenire entro novanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza o dall'eventuale successiva acquisizione dei necessari preventivi pareri o nulla osta (come l'autorizzazione paesistica) (art. 22, comma 1). L'infruttuosa scadenza di tale tennine consentirebbe all'interessato di chiedere al presidente della Giunta regionale la nomina di un commissario ad acta (art. 22, c. 5). L'autorizzazione a lottizzare e anche subordinata alla stipula della convenzione da approvarsi dal Comune e da trascrivere a cura del proprietario lottizzante (12). Con essa viene previsto, tra l'altro (13):
a) la cessione gratuita entro termini stabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria ed eventualmente secondaria; b) l'assunzione a carico del proprietario degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria; c) termini non superiori a dieci anni entro i quali deve essere ultimata l'esecuzione delle opere di urbanizzazione; d) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi deriyanti dalla convenzione (ad esempio una fideiussione bancaria o deposito cauzionale di somma a garanzia). Costituiscono opere di urbanizzazione primaria(I4): - le strade residenziali; - gli spazi di sosta o parcheggio; - le fognature; - le reti idriche ed elettriche, la rete di distribuzione del gas; - la pubblica illuminazione; - gli spazi di verde attrezzato (in prossimita ed al servizio delle abitazioni). Le opere di urbanizzazione secondaria sono, invece, quelle costituenti infrastrutture sociali del nuovo insediamento, e cioe: - asili nido, scuole materne e dell'obbligo; - complessi per l'istruzione superiore all'obbligo; - mercati di quartiere;
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(11) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, 12 settembre 1997, n. 1500, in Rmsegna T.A.R., 1997, I, 3949, secondo cui I'Amministrazione comunale deve pronunciarsi entro 30 giorni dalla domanda, ai sensi degli artt. 2 e 3 Iegge '7 agosto 1990, n. 241; T.A.R. Lazio, Sez. I, 18 settembre 1995, n. 1590, in Rmsegna T.A.R., 1995, I, 4098; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 27 luglio 1995, n. 566, iv4 1995, I, 4288. Peraltm, il Consiglio di Stato (Sez. N, 24 ottobre 1997, n. 1223, in Il Cons. Stato, 1997, I, 1364) ha riconosciuto un potere discrezionale dell'autorita amministrativa di valutare I'opportunita di approvare il piano di lottizzazione (cosi anche T.A.R. Abruzzo, Pescara, 11 luglio 1998, n. 495, in Rmsegna T.A.R., 1998, I, 3311; v. perc, in sensa contrario, Cons. Stato, Sez. N 15 ottobre 1999, n. 1589, in Il Cons. Stato, 1999, I, 1569). (12) La mancanza della stipula o della trascrizione della convenzione esclude I'effkacia e I'operativita della lottizzazione (Cons. Stato, Sez. V, 1 febbraio 1989, n. 82 e 27 dicembre 1988, n. 863, in Il Cons. Stato, 1989, I, 146 e 1988, I, 1638; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 28 ottobre 1997, n. 2648, in Rmsegna T.A.~, 1997, I, 4494). Estato anche affermato che rientra nella competenza del dirigente e non del Consiglio comunale I'adozione dei provvedimenti di gestione delle lottizzazioni edilizie, ai sensi dell'art. 51, comma 3, Iegge 142/1990 (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 19 novembre 2001 n. 1364, iv4 2002, I, 290). (13)Per !a Campania v. !a Iegge regionale 20 marzo 1982, n. 14, titolo III, capo III. Nella convenzione di Iottizzazione possono essere inserite, nell'ambito dell'autonomia negoziale che !a caratterizza, disposizioni liberamente elaborate, purche non contrastanti con !a funzione propria della convenzione stessa (ad esempio un'obbligazione ag-
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giuntiva riconducibile alia funzione di urbanizzazione) (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 22 giugno 2000 n. 1141, in Rmsegna T.A.R, 2000, I, 4191). Secondo il Consiglio di Stato, !a convenzione di lottizzazione efrutto dell'incontro di volonta delle parti contraenti nell'esercizio dell'autonomia negoziale retta dal codice civile. Pertanto, il privata non puc evitare I'adempimento di impegni assunti nella convenzione, come il pagamento di contributi di urbanizzazione maggiori di quelli astrattamente previsti dalla Iegge (cfr. Cons. Stato, Sez. N, 28 luglio 2005 n. 4015, in Edilizia c terr., 2005, n. 37, 51). (14) Cfr. Iegge 29 settembre 1964, n. 847, art. 4, modi£ dall'art. 44 della Iegge 22 ottobre 1971, n. 865. Tra le opere di urbanizzazione secondaria sana stati inclusi, ad e6Cmpio, i campi da tennis (T.A.R. Basilicata, 4 agosto 1987, n. 223, in Foro amm., 1988, 2596) e gli edifici di culto dei testimoni di Geova (T.A.R. Veneto, Sez. II, 11 maggio 1987, n. 401, iv4 1988, 959). Invece, e stata negata !a natura di opera di urbanizzazione Rccondaria ad un centro fisioterapico privata (Cons. Stato, Sez. V, 19 maggio 1998, n. 626, in Riv. giur. edilizia, 1998, I, 1221).
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CAPITOLO XIV
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delegazioni comunali; centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie; aree verdi di quartiere; chiese ed altri edifici religiosi; impianti sportivi di quartiere. A seguito della legge 10 del 1977 sul regime dei suoli, l'entita degli oneri di urbanizzazione, anche ai fini delle convenzioni di lottizzazione, deve essere determinata applicando le tabelle parametriche approvate dal Consiglio comunale sulla base della relativa delibera regionale. Le somme pagate per i detti oneri (rna non -il valore delle aree cedute) (15) verranno sottratte dal contributo dovuto per il rilascio delle singole concessioni edilizie (oggi permessi di costruire). Una volta approvato il piano di lottizzazione, si puc procedere alla sua attuazione. L'edificazione delle aree comprese nel piano e subordinata al rilascio del permesso di costruire ed alla osservanza della eventuale ulteriore disciplina urbanistica vigente nella zona. Non sempre, perc, un piano di lottizzazione, regolannente approvato - pur rappresentando la relativa convenzione un contratto di natura patrimoniale - costituisce presupposto inderogabile per il rilascio del permesso di costruire, soprattutto alla luce della gia richiamata evciluzione giurisprudenziale, che ha ritenuto la lottizzazione non piu una prelicenza edilizia. In altri termini, l'approvazione di un piano di lottizzazione non comporta un vero e proprio diritto dei titolari della licenza di lottizzazione ad ottenere il rilascio dei singoli permessi di costruzione dei fabbricati previsti dal piano. Infatti, non si puc escludere che una nuova legge possa introdurre nuove limitazioni alla facolta di edificare incompatibili con il piano di lottizzazione approvato (si pensi ad esempio ad alcune leggi regionali che hanno introdotto il divieto di qualsiasi costruzimi.e, per un determinato periodo di tempo, lungo una fascia costiera. Anche l' art. 1-quinquies della legge 431 del 198? sulla tutela del paesaggio ha bloccato per alcune zone l'attuazione di piani di lottizzazione gia approvati).
(15) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 settembre 1998, n. 1348, in Il Cons. Stato, 1998, I, 1303; id., 10 giugno 1998, n. 807, iv4 1998, I, 908.
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Inoltre, come la giurisprudenza ha espressamente ammesso, anche un nuovo piano urbanistico comunale puc introdurre, per la zona compresa nel piano di lottizzazione approvato, una diversa disciplina contrastante con le previsioni della medesima lottizzazione. In tal caso la giurisprudenza richiede soltanto che la modifica di ufficio della lottizzazione approvata sia rigorosamente motivata con specifiche ragioni di interesse pubblico, da parte del nuovo piano urbanistico comunale (16), D'altra parte, l'approvazione del piano di lottizzazione non impone l'obbligo a carico dellottizzante della sua esecuzione; quest'ultimo potra, quindi, abbandonare il progetto e ripresentare o meno nuova domanda all'autorita comunale (salvi gli obblighi assunti con la convenzione stipulata) (17).
(16) Cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 23 febbraio 2004 n. 1667, in Rarsegna T.A.R., 2003, I, 4413; vedi anche Cons. Stato, Sez. N, 11 maggio 1982, n. 278 e 28 aprile 1981, n. 374, in Il Cons. Stato, 1982, I, 629 e 1981, I, 404, secondo cui «l'esistenza di un piano di lottizzazione, a! pari di ogni altro strumento urbanistico, anche di grado superiore, non e di ostacolo ad una successiva pianificazione generale del territorio (o a sue varianti} e, quindi, puo essere superata da nuovi strumenti urbanistici che dispongono in senso difforme; tuttavia I'Amministrazione deve motivare ampiamente ed in modo rigoroso le ragioni per cui le nuove scelte urbanistiche facciano ritenere superati gli interventi lottizzativi precedentemente attuati». Sulle conseguenze, v. Cass., Sez. I, 30 gennaio 1985, n. 580, in Riv. giur. edilizio, 1985, I, 426, e Sez. un., 5 marzo 1993, n. 2669, in Foro it., 1993, I, 3308. . (17) Sull'ipotesi di inadempimento degli obblighi previsti dalla convenzione, v. Cons. Stato, Sez. N, 4 aprile 1991, n. 231, in Il Cons. Stato, 1991, I, 580 e sull'esecuzione coattiva dei detti obblighi, v. Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 1991, n. 300, iv4 1991, I, 447; v. anche Cons. Stato, Sez. N, 3 novembre 1998, n. 1412, iv4 1998, I, 1711; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 7 febbraio 2003 n. 82, in Rarsegna T.A.R, 2003, I, 1520. II Consiglio di Stato (Sez. V, 20 marzo 2000 n. 1509, iv4 2000, I, 632) ha anche precisato che !a scadenza della convenzione non fa venir meno gli obblighi nascenti dalla medesima con riferimento a! mantenimento anche per il futuro della sistemazione edilizia prevista per !'area Iottizzata; peraltro, le prestazioni a contenuto patrimoniale sono assoggettate alia prescrizione decennale di cui all'art. 2934 c.c. (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 14 febbraio 2004 n. 597, in Rarsegna T.A.R, 2004, I, 1548). Le controversie relative alla convenzione sono devolute alia giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Cons. Stato, 4 gennaio 1993, n. 14, iv4 1993, I, 44). La Corte di Cassazione (Sez. II, 11 febbraio 1994 n. 1384, iv4 1994, II, 940) ha precisato che l'adempimento dell'obbligazione di realizzare le opere di urbanizzazione - assunto con Ia convenzione di Iottizzazione - puo essere preteso dal Comune, ma non dagli aventi causa dal lottizzatore, resisi acquirenti di singoli Iotti di terreni edificati.
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CAPITOLO XIV
Nel silenzio della Iegge, deve ritenersi applicabile al piano di lottizzazione il termine di validita decennale stabilito dalla Iegge urbanistica per i piani regolatori particolareggiati (18), In ogni caso il termine di scadenza di una lottizzazione convenzionata decorre dalla data di stipula della convenzione (19), Dopa la scadenza del detto termine rimangono pienamente vincolanti le disposizioni urbanistiche del piano di lottizzazione (2o). Va rilevato, infine, che gia la Iegge 1150 del1942 (art. 28) prevede Ia possibilita che il Comune solleciti i proprietari alia formazione di un piano di lottizzazione e, in mancanza, decida di provvedervi d'ufficio e poi - in caso di mancato accordo con i proprietari - di procedere all' espropriazione delle aree. In Campania, la Iegge regionale 16/2004 stabilisce la possibilita che il Comune provveda alia formazione anche del piano di lottizzazione in caso di inadempimento da parte dei privati, a cia obbligati dagli atti di programmazione degli interventi (art. 25 l.r. cit.) approvati dal Consiglio comunale, che hanna valore ed effetti del programma pluriennale di attuazione di cui all'art. 13 della Iegge 10/1977 (v. cap. XVI) (21),
CAPITOLOXV
IL RECUPERO EDILIZIO·ED URBANISTICO
SOMMARIO: 1. Consider.~ioni intr~~uttive. - 2. Zone di recupero e piani di recuper~. - 3.. Defi~~zwne degh mterventi di recupero. - 4. Piani di recupero ~e1. c.entn sto~1c1. - 5. Rapporto tra il piano di recupero e gli strumenti' urban~st~c1 generah. - 6. Alluvione di strumenti per il recupero edilizio ed urb~msttco. I program~i integrati d'intervento. - 8. I programmi integratt nella Regt~ne. Campama. - 9. I programmi di riqualificazione urbana. 10. I programmt dt recupero urbana. - 11. I programmi di riabilitazione urbana.
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1. Considerazioni introduttive
(18) Cons. Stato, Sez. V, 12 ottobre 2004 n. 6527, in ll Cons. Stato, 2004, I, 2091; Sez. IV, 25 luglio 2001 n. 4073, iv4 2001, I, 1702. Cfr. T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 30 dicembre 1994, n. 1014, in Rossegna T.A.R., 1995, I, 707; T.A.R. Sardegna, 18 agosto 2003 n. 10331 ivi, 2003, I, 3957. (19) Cfr. T.A.R. Liguria, Sez. I, 27 maggio 1995, n. 169, in Rossegna T.AR, 1995, I, 3021; v. anche retro, nota 12. (20) Cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 30 maggio 2002 n. 4925, in Rossegna T.A.R., 2002, I, 2321; T.A.R. Sardegna, 18 agosto 2003 n. 1033, iv4 2003, I, 3957. (21) Secondo il Consiglio di Stato (Sez. IV, 14 ottobre 1997, n. 1194, in Guida al diritt:o, 1997, n. 45, 125) !a mancata inclusione in un programma pluriennale di attuazione none di ostacolo all'approvazione di un piano di lottizzazione.
II titolo N della 1. ~· 457 del 5 agosto 1978, conosciuta generalmente come le~ge su.l pr~o decennale per l'edilizia, costitui il prima ~oncreto ~e~t.atrvo dr offnre una risposta organica agli innumerevoli mterrogatrvr m materia di recupero edilizio. Con l'unica eccezi?n~ della discipl~na speciale appositamente appr~vata nel 1973 per II nsanamento dr Venezia e della sua laguna, il legrslatore aveva sempre preferito considerare in maniera indifferenz.iata ~li in:erventi di nueva edificazione e quelli di recupero del patnmomo esrstente degradato. Tale identificazione - oltre che arbitrari~ :- si e ma?i~estata gravemente discriminante, e quindi nociva, per glr mterventr dr recupero, ai quali non erano sufficienti come nor~ lo sar:bbero ~gg~, ac~enl'l;i occasionali o menzioni implicite nelle drverse srstemaz10n1 legrslat1ve che sono seguite.
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CAPITOLO XY
Il divario tra consapevolezze (ed esigenze) emergenti e strumenti inadeguati ha condotto, nei primi anni sessanta, a pasticci interpretativi a cui va riconosciuto il merito di aver coagulato, con le polemiche, l'attenzione degli amministratori e degli appartenenti ad organi politici, rna che, di contra, hanna condotto inevitabilmente al moltiplicarsi del contenzioso, ~i faticosi compromessi, agli onerosi slittamenti dei programmi, talvolta imponenti, varati da alcuni Comum. La stessa Iegge Bucalossi del 1977 dedico soltanto alcune disposizioni, anticipatrici rna di margine, aile esigenze dell'edificato, senza sottrarsi, peraltro, aile suggestioni riduttrici che hanna per molti anni identificato i problemi del recupero del patrimonio esistente con quelli di una specifica e ben connotata porzione di esso, vale a dire i centri storico-artistici. II titolo N della legge citata fu diretto a saldare una frattura tra il crescente fabbisogno di una disciplina di settore ed il perdurare della disattenzione legislativa. Lo fa in misura complessivamente modesta, con qualche contraddizione e non poche imprecisioni, rna senza perdere di vista l'obiettivo principale dell'organicita, almena tendenziale, del sistema proposto, dove esigenze urbanistiche, aspetti finanziari, profili operativi, nomenclature edilizie, misure fiscali traguardano il fine complessivo della incentivazione degli interventi di recupero nel settore. Qyalche passo in avanti fu fatto con la legge 17 febbraio 1992, n. 179 (e successive modifiche), recante norme per l' edilizia residenziale pubblica. Ma la realizzazione su vasta scala del recupero del patrimonio edilizio esistente sembra ancora lantana, anche se - pure a livello della Comunita Europea - si registra un notevole impegno politico e finanziario per la riqualificazione urbana e ambientale (infr'a, nota 18).
IL RECUPERO EDIL!ZIO ED URBANIST!CO
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nell' ambito del piano urbanistico vigente, le zone ove si rende opportune il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico con delihera del Consiglio comunale. Col medesimo atto consiliare, o con uno successive, neUe surriferite zone possono essere individuati i singoli immobili o i complessi edilizi, per i quali il rilascio del permesso di costruire e subordinate alia formazione dei piani di recupero. Nelle «zone di recupero» non assoggettate a piano di recupero si attuano, di norma, gli interventi edilizi consentiti dagli strumenti urbanistici generali. Tuttavia, 1' art. 14 della citata legge 179 del 1992 (come modificato dall'art. 9, comma 2, del t.u. edilizia del 2001) - anche se gli strumenti urbanistici subordinano ogni intervento all' approvazione di strumenti attuativi (1) - consente egualmente neUe dette zone di recupero, per singole unita immobiliari, gli interventi di manutenzione, restauro e ristrutturazione edilizia, di cui all'art. 31 legge 457/ 1978 (v. numero seguente). Inoltre, sono consentiti gli interventi di ristrutturazione edilizia, che riguardano globalmente uno o piu edifici, anche se modifichino fino al 25 per cento le destinazioni preesistenti, purche il concessionario si impegni, con atto trascritto a favore del Comune ed a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alia percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il Comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazion'e ai sensi della legge 10/1977 e successive modifiche. I
piano) particolareggiato con contenuto tipico di strumento riguardante il recupero dell'esistente (e potrebbero avere ad oggetto anche un solo edificio). Pertanto, sarebbe illegittimo un piano di recupero riguar-
2. Zone di recupero e piani di recupero
(1) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 29 novembre 1997, n. 2044, in Rassegna T.A.R., 1998, I, 88. In Campania per I'individuazione delle aree d'intervento v. !a Iegge
La citata Iegge 457/78 ha disciplinato l'intervento sui patrimonio edilizio esistente, affidando ai Comuni il compito di individuare le condizioni di degrado (art. 27, 1° comma). I Comuni individuano,
regionale 18 gennaio 1983, n. 15. Sulla Iegittimita del piano di recupero Iimitato ad un singolo compendia immobiliare, v. Cons. Stato, Sez. N, 19 aprile 2000 n. 2336, in ll Cons.· Stato, 2000, I, 1021. Invece, sull'illegittimita di piani di recupero riguardanti un'area quasi completamente inedificata, v. Cons. Stato, Sez. N, 31 maggio 1999, n. 925, iv4 1999, I, 816.
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CAPITOLO XV
IL RECUPERO EDILIZIO ED URBAN!STICO
dante un'area quasi completamente inedificata e non immobili degradati (nota 1). Nel case di iniziativa privata, i proprietari degli immobili e di aree comprese nelle zone di recupero, che rappresentano, in base all'imponibile catastale, almena i tre quarti (in Campania il cinquantuno per cento) del valore degli immobili interessati, possono presentare una proposta di piano di recupero. In deroga alle vigenti norme del Codice Civile (artt. 1120, 1121 e 1136, c. 5), gli interventi di recupero relativi ad un unico immobile composto da piu unita immobiliari possono essere disposti dalla maggioranza dei condomini che comunque rappresenti almena la meta del valore dell'edificio (art. 15legge 179/1992). La proposta di piano di recupero e adottata con delibera del Consiglio comunale, cui seguono la pubblicazione e le controdeduzioni del Consiglio sulle eventuali opposizioni (2). Le leggi regionali recano modifiche dell'indicato procedimento di approvazione e pubblicazione dei piani di recupero. In Campania, la legge regionale n. 16 del 2004 (artt. 26 e 27) stabilisce per i piani di recupero la medesima disciplina riguardante tutti i piani attuativi, indicata per tali piani nei capitoli precedenti. L'adozione e accompagnata da una convenzione tra il Comune e i privati ai sensi dell'art. 8, comma 5, della legge-ponte 765/67 inerente alia lottizzazione, cioe con gli oneri di urbanizzazione a carico dei privati.
Ma i piani di recupero possono anche essere di iniziativa dei Comuni e devono realizzarsi sempre nell'ambito delle zone assoggettate ai piani di recupero. Per l'adozione e la successiva approvazione valgono le norme citate riguardo ai piani di recupero di iniziativa dei privati. Una volta approvati, possono essere realizzati dai privati singoli o riuniti in consorzio, da cooperative edilizie, dai condomini, da imprese di costruzione, dagli istituti autonomi case popolari, etc., ai sensi dell' art. 13 della legge 179 del 1992. Inoltre, i piani di recupero possono essere attuati anche dai Comuni, direttamente o mediante apposite convenzioni con i soggetti suindicati, nei seguenti casi: 1) per gli interventi che essi intendono eseguire direttamente per il recupero del patrimonio edilizio esistente, nonche limitatamente agli interventi di rilevante interesse pubblico, con interventi diretti (3); 2) per l'adeguamento delle urbanizzazioni; 3) per gli interventi da attuare mediante cessione volontaria, espropriazione od occupazione temporanea, previa diffida nei confronti dei proprietari delle unita minime di intervento, in case di inerzia dei medesimi, o in sostituzione dei medesimi nell'ipotesi di interventi assistiti da contribute. La diffida puo essere effettuata anche prima della decorrenza del programma pluriennale di attuazione nel quale il piano di recupero sia state eventualmente incluso. E in facolta del Comune delegare in tutto o in parte con apposita convenzione l'esercizio delle sue competenze all'istituto autonomo per le case popolari competente per territorio o al relative consorzio regionale o a societa miste aile quali partecipi anche il Comune. Per le aree comprese in zone assoggettate a piani di recupero non si possono attuare gli interventi consentiti nelle altre zone di recupero. Qlalora la delibera del Consiglio comunale di approvazione dei piani di recupero non sia assunta entre tre anni dall'individuazione delle zone assoggettate ai suddetti piani, ovvero non sia divenuta esecutiva entre un anne dalla predetta scadenza, l'individuazione decade ad ogni effetto. Trascorsi questi tre anni, durante i quali non sono possibili interventi di alcun genere, le aree comprese nelle zone sog-
(2) La competenza del Consiglio comunale era stata espressamente prevista dall'art. 15 della Iegge 11 febbraio 1994, n. 109, ad integrazione dell'art. 32, lett. b, Iegge 142/1990, in cui eusata !a piu generica formulazione di «piani territoriali ed urbanistici>>. Poiche !a Iegge 2 giugno 1995, n. 216 ha modificato il citato art. 15 tornando alla formulazione riportata, parte della dottrina ha ritenuto che !a competenza ad approvare i piani di recupero spetti alla Giunta comunale. Ma !a telenovela legislativa e proseguita conla Iegge 127 del1997, che riprodusse il citato art. 15 della Iegge 109/1994, e poi con !'art. 4, c. 2, della Iegge 415 del1998, che ha abrogate !a detta norma della Iegge 127 del 1997, ripristinando l'originaria formulazione dell'art. 32, c. 2, lett. b, Iegge 142 del1990. Cia nonostante, ediffusa l'opinione, secondo cui l'approvazione dei piani di recupero, come in genere dei piani urbanistici esecutivi, e di competenza dei Consigli comunali (naturalmente, salve differenti norme legislative regionali, come !'art. 26 della !. r. della Campania, riferito nel testo) (cfr., peraltro, in senso contrario, T.A.R. Calabria, Catanzaro, 9 novembre 1999, n. 1332, in Rassegna TA.R., 2000, I, 425; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 24 giugno 2002 n. 3725, iv4 2002, I, 3088).
(3) Cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, 15 gennaio 1996, n. 54, in Rassegna T.A.R., 1996, 1,1087.
CAPITOLO XV
IL RECUPERO EDILIZIO ED URBANISTICO
gette ai piani di recupero rientrano a far parte delle aree comprese semplicemente nelle zone di recupero, rendendo possibili gli interventi previsti per queste ultime. Infatti, l'individuazione delle zone di recupero non esoggetta a termini di efficacia (4).
queUe eventualmente difformi dei regolamenti edilizi e delle norme tecniche di attuazione degli strumenti urbanistici. Analogo rapporto di sovraordinazione esiste tra le disposizioni della legge statale e queUe contenute in precedenti leggi regionali, che dovranno, se difformi, essere adeguate aile prime. In altri termini, se un piano urbanistico consente determinati interventi di recupero in una determinata zona (ad es., restauro, manutenzione straordinaria, o, invece, ristrutturazione edilizia), per stabilire quali opere edilizie sono concretamente consentite, bisogna fare riferimento - per quanto riguarda l'edilizia abitativa residenziale alle seguenti definizioni, di cui al citato art. 31, come modificato dall'art. 3 t.u.: a) interventi di manutenzione ordinaria: quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e queUe necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti (s); b) interventi di manutenzione straordinaria: le opere o le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonche per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unita immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso (6) (la giurisprudenza e orientata a ritenere possi-
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3. Definizione degli interventi di recupero Come si e accennato al numero precedente, l'individuazione da parte del Consiglio comunale delle zone di recupero segna l'ambito spaziale nel quale e possibile seguire una serie di interventi anche ove questi fossero vietati - in assenza del piano particolareggiato. Sono ammessi: 1) interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione concernenti sia singoli alloggi che interi immobili; 2) interventi di restauro e ristrutturazione non convenzionati che possono interessare esclusivamente opere all'interno delle singole unita immobiliari destinate alia residenza con il mantenimento della destinazione d'uso. Operazioni del genere potranno riguardare anche singole unita. immobiliari non destinate alia residenza. In questo caso l'obbligo del mantenimento della precedente destinazione non deve essere osservato; 3) interventi di restauro e ristrutturazione edilizia convenzionata ai sensi dell'art. 9, lettera b, della legge 28 gennaio 77, n. 10, riguardante interi edifici nella loro globalita, comunque destinati a residenza. Trattasi degli interventi di recupero definiti aile successive lettere a), b), c) e d). Qpesti interventi so no consentiti anche nell' ambito delle zone vincolate alla redazione dei piani di recupero, qualora entre tre anni dalla individuazione non sia stata assunta la delibera di approvazione del piano da parte dell'autorita comunale. Le definizioni degli interventi di recupero, contenute nell'art. 31 legge 457/ 1978 e integrate dall'art. 3 del testo unico sull'edilizia, prevalgono su
(4) Cfr. Cons. Stato, Sez. N, 25 settembre 1992, n. 789, in It Cons. Stato, 1992, I, 1071.
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(5) V. T.A.R. Lombardia, 6 luglio 1988, n. 589, in Rttssegna T.A.R., 1988, I, 2659. Per le opere da realizzare nell' ambito di stabilimenti industriali, una circolare del Ministero dei Lavori Pubblici (Dir. gen. urb., Div. I, 16 novembre 1977, n. 1918) definisce con larghezza gli interventi rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria (comprese baracche amovibili e tettoie di protezione dei mezzi meccanici). In generale, secondo il Consiglio di Stato (Sez. V, 26 gennaio 2000 n. 338, in It Cons. Stato, 2000, I, 108), le definizioni di cui alia Iegge 457 del 1978 - riportate nel testo - si riferiscono soltanto all'edilizia abitativa residenziale, sia pubblica che privata, e non so no applicabili a manufatti non abitativi. Secondo T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 28 aprile 1998, n. 821, in Rttssegna T.A.R., 1998, I, 2414, il cambio di finitura di percorso pedonale da cemento a porfido rientra nella nozione di manutenzione ordinaria. Anche !a sostituzione di infissi di legno con nuovi infissi caratterizzati da materiali (e quindi da sagome) rispondenti a!l'evoluzione tecnologica rientra tra le opere di manutenzione ordinaria (T.A.R. Lazio, Sez. II, 9 maggio 2005 n. 3438, iv4 2005, I, 1376). (6) Cfr. Cons. State, Sez. V, 23 gennaio 1984, n. 64, in It Cons. Stato, 1984, I, 49; 16 maggio 1989, n. 295, iv4 1989, I, 663 (sulla inconfigurabilita della manutenzione straordinaria nel caso di mutamento della destinazione d'uso); v. anche Sez. N, 22 ottobre
CAPITOLO XV
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IL RECUPERO EDILIZ!O ED URBANISTICO
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bili siffatti interventi anche in zone vincolate all'inedificabilita assoluta) (7):
3 1 !' 1994 n 807 iv~ 1994, I, 1077; 11 aprile 1993, n. 921, iv~ 1993, I, 1225; Slez: V, 2d ug lOso dt' t'ra~for~azione di un magazzino in 567 · · 1995 I 533 re auvo a un ca . n __ 1995, n. , zvz, ' , b' d'1 M'l S z II 24 novembre 1986, n. 324, m LV~segna locali abitativi; T.A.R. Lam ar . ai- /an~ ~: r' 6 dicembre 2000 n. 1301, iv~ 2001, I, T.A.R, 1987, I, 173 e T.A.R. Fnu 1- .eneZla ~u.ta~ . . . vo di aviment~ creazione
593 (per l'ipotesi di spostamento. dt tra~ezzlt !~term, )~mTnA.o R ~io Sez. II 2 aprile t z ne dt sea e mterne , · · • ' . . · · · · · . . · · · · · all'interno del madi nuovt servtzt tgtemCl, cos ru 10 .. 1997 I 1620 (realizzaztone dt un servtzto tgtemco 1997, n. 592, tvt, . nto e dt' sentiero pedonale); Cons. Stato, ·c · t ,dei' mun. d'1 contemme 870 nufatto e nta~tmen It C S. to 1991 I 729 e 29 novembre 1984, n. • Sez. V, 23 apnle 1991, n. 644,~n d' ~ns..ta io febbr;io 1999, n. 40, in Rassegna T.A.R., iv4 1984, I, 1410; T.~R. ~m a~. res~ta,. dei volumi e delle superfici delle singole 19~9, 1323. \Pe~· 1es~lustOL:~ L a teraz~~~~nazione d'uso); T.A.R. Campania, l':lap.ol~, umta tmmobtha~L e dt mod;fc~le. ~~~~~ I 1498 (esclusione della demolizione e npnstl~ 1 Sez. II.I. 6 1 1 A Milano Sez. II, 8 giugno 1984, n. 241, no de1 mun penmet.ra • · ·. · . . . .· 11 . za sostanziale contenuto m19 84 I 1570 (inc!us1one del npnstmo d1 pa~tL ~ro ate, senT 20 settembre 1984 • • rispetto al preeststente . T•A•R~ . .oscana,· del tutto distrutto• . ' novativo stato d~11' ed1ficw)· . . 1984 I 340 1 (la ricostruz1one d1 un manuLatto. qu~st . . n. 1101, r.v.t, , ' .. . .· d. tenzione straordmana, 1n quanta tale nompleta nei suoi elementi fondamennon puo nentrare tra glt mterventt 1 man.u . 1' · ten a di una costruztone co z10ne presuppone es1s ~ .1 fu 10 . nale)· TAR Marche 6 settembre 1984, tali e avente gia una propna a~tonom a . nz . ' .' · ·f. T A.R 'Lazio Sez. I, 6 lu-
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f~bbra~o ~_9r-·)· ~ ~vi.amb;rdia,
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n. 320, iv4 1984, I•. 3~19 (rifac ment~ so;~e ~~~.l~~~. ~~\7 :Uarz~ 1989, n. 418, ~v~ glio 1995, n. 603, evr, 1~95, I, 3558),_ T. . . ·enere i ali di una rete metalltca 1989 I 1149 (cordolo dt cementa alto 20 em. per sost p 174 .. 1997 L 2021 ' ' . C · s lerna 20 marzo 1997, n. • evz, ' di recinztone); T.A.R. ampan~a, a ' t erimetrale di edificio preesistente come (sull'apertura di un vano-porta.m ~na pare elt t Sez V 1o marzo 1993, n. 301, in It opera di manutenzione stral~rdman~); Co~lsile :o~~e di ~anutenzione straordinaria ai Cons. Stato, 1993, L 343 (su a estens!One e . 1996 n 29 z'vi 1996 I 38 (sull'incon. · ') Co Stat0 Sez. V 9 gennato , · • ., • ' · volumt tecmct; ns. ' . . d' na tettoia di ampia superficte • 1 figurabilita della manutenzione strao~dmana ned~s;ro}o:da alterazione della distribuaperta su tre lati; ~ella stess.o s~nso, m ~~ ~s~ 1 << ania Salerno, 2 dicembre 1996, n. zione interna dell'mtero ed1fiC10», cfr. . . . . amp el 'caso di una tettoia amovibile
Rassegn~ T~.R··/ 9r· i\,6 i~ ~b~~af~n;~d3
931, in nn. 897, iv4 2003, I, 1584; nonche T.A.R. Campama, apo t, b ez.1999 n 1431 in Il Cons. Stato, 1999, I, 1610, riguardante , co ertura a terrazza e conseguente auCons. Stato, Sez. V, 12 otto re . ' .
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la sostitud.ziofe di dJ!'edificio; id., luglio n. men to 1 vo ume .de ate o ere di manutenztone straor mana. 1 iv~ 1992, I, 922). Invece,. sono state co~st r t dl un edificio da tempo immemorabde ripristino di un p~zzo eststent~ nel sefmterra dell'acqua (T.AR. Campania, Salerno, e l'installazione dt un serbatoto per accumu o I 4213
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9
30 settembre 1998, n. 563, in :mse~ \~~ ~ ~7 3 in 1assegna T.A.R, 1994, L 4702, (7) Cfr. T.A.R. Sardegna,del tetto otto dr~1 un e~rfi ·a ricadente in zona destinata a verde riguardante il rifacimento 1 ct ,
6
c) interventi di restauro e di risanamento conservative (s): quelli ripubblico. Addirittura e stata ritenuta compatibile con il vincolo di rispetto cimiteriale la fedele demolizione e ricostruzione, con le medesime caratteristiche, di un fabbricato ricadente nella detta fascia di rispetto (T.AR. Sicilia, Catania, 31 ottobre 1994, n. 2396, iv4 1994, I, 4698).
(8) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 luglio 1994, n. 807, in It Cons. Stato, 1994, I, 1077. La distribuzione di volumi e superfici allo scopo di creare una pluralita di appartamenti in un contesto di conservazione della stesso organismo edilizio e qualificabile come restauro (Cons. Stato, Sez. V, 12 marzo 1992, n. 211, iv4 1992, I, 436). Nella stesso sensa T.A.R. Liguria, Sez. I, 24 marzo 1993, n. 114, in Rassegna T.A.R., 1993, I, 1881, secondo cui va pero conservata l'identita dell'edificio nella sua struttura complessiva, che si ritiene mutata quando si passi da un fabbricato unifamiliare, come la tipica casa padronale inserita in contesto storico, ad un fabbricato plurifamiliare (v. anche nota 9). Per un'ampia nozione di restauro, comprendente anche qualche possibilita di <<spostamento o aumento di volume••, v. T.AR. Campania, Napoli, Sez. I, 10 febbraio 2000 n. 410, iv4 2000, I, 1994 (solo massima); che, invece, ha anche escluso dalla nozione di restauro la modifica dei volumi e delle superfici delle singole unita immobiliari (Sez. II, 4 ottobre 1999; n. 2565, iv4 1999, I, 4945). Sull'esclusione dell'ipotesi di semplice restauro, nel caso di recupero di un vecchio casale parzialmente crollato, v. T.A.R. Lazio, Sez. II, 27 gennaio 1994, n. 77, iv4 1994, I, 508. Sull'ammissibilit:a che gli interventi di restauro comportino anche la realizzazione di nuove destinazioni d'uso compatibili con gli elementi tipologici, formali e strutturali del fabbricato, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre 1995 n. 1280, in Foro amm., 1995, 1861. Invece, e Stato escluso che l'esecuzione di opere di rifinitura di un edificio non completato possa qualificarsi come intervento di restauro o di ristrutturazione (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 10 maggio 2001 n. 2043, inedita, ma poi annullata da Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 2004 n. 2142, in It Cons. Stato, 2004, I, 823 gia citata, e T.A.R. Valle d'Aosta, 25 gennaio 1995 n. 3, in Rassegna T.A.R, 1995, I, 1091). Per altre ipotesi di restauro, cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 10 marzo 1994, n. 290, iv4 1994, I, 1334; Cons. Stato, Sez. V, 11 novembre 1994, n. 1269, in It Cons. Stato, 1994, I, 1558; T.A.R. Lombardia, Brescia, 13 ottobre 1997, n. 890, in Rassegna T.A.R, 1997, L 4351 (su un'ipotesi di demolizione e ricostruzione delle strutture interne di un fabbricato); T.A.R. Toscana, Sez. I, 7 febbraio 1997, n. 21, in Rttssegna T.A.R, 1997, I, 1382 (in un caso di realizzazione di un soppalco); T.A.R. Liguria, Sez. I, 10 giugno 1997, n. 248, iv4 1997, I, 3115 (in un caso di modestissimo incremento di volume per migliorare un servizio igienico); T.A.R. Molise, 8 ottobre 1997, n. 198, iv4 1997, I, 4471 (sulla realizzazione di una tettoia-pensilina; con£, in termini, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 1 ottobre 2003 n. 12224, iv~ 2003, I, 4711). Sulla non riconducibilita dell'apertura di balconi alla nozione di restauro e di risanamento conservative, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 luglio 1995, n. 1004, in It Cons. Stato, 1995, I, 1060; cosi anche per la copertura di un terrazzo in coppi in precedenza a cielo aperto (Cons. Stato, Sez. V, 6 giugno 1996, n. 660, iv4 1996, L 893), per la sostituzione di muri portanti e opere interne dirette a modificare la destinazione d'uso (Cons. Stato, Sez. V, 6 luglio 2002 n. 3728, iv4 I, 1522), per la realizzazione di un campo da tennis (Cons. Stato, Sez. V, 8 giugno 1997, n. 704, in Riv. giur. editizitr, 1997, I, 944) e per l'aggiunta di scale interne prima non esistenti, con ac-
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CAPITOLO XV
volti a. conservare l'organismo edilizio e ad assicurare la funzionalita mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi,dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dall'esigenza dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all' organismo edilizio; d) interventi di ristrutturazione edilizia (9): quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverse dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per 1'adeguamento alla normativa antisismica. cessi spostati e di nuove dimensioni (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 21 gennaio 1999, n. 163, in Rassegna T.A.R, 1999, I, 892). · Sulle norme tecniche per il cons.olidamento degli edifici in muratura, v. il D.M. LL.PP. 9 gennaio 1987, in G.U. 19 giugno 1987, n. 141, suppl. ord., ed in Lex, 1987, n. 17, 1355. (9) La definizione riportata nel testo e stata introdotta dall' art. 3 del testo unico in materia edilizia 6 giugno 2001 n. 380, come modificato dal d.lgs. 27 dicembre 2002 n. 301. Nell'originaria definizione contenuta nel testo unico era stata recepita la nozione di ristrutturazione edilizia gia oramai affermata in giurisprudenza, comprendente anche l'ipotesi di demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbri~to sulla ~tessa area di sedime e senza modifiche della sagoma, del volume e, talvolta, der prospettl preesistenti (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 26 settembre 2000 n. 5093, in Il Cons. Stato, 2000, I, 2058; 5 marzo 2001 n. 1246, iv4 2001, I, 585;.Sez. IV, 5 luglio 2000 n. 3735, iv4 2000, I, 1637; ecc.). La nuova definizione- mantenendo ferma la conservazione del volume e della sagoma preesistenti - ha escluso l'obbligo di ricostruire sulla medesima area di sedime e con materiali eguali a quelli del fabbricato demolito. Sulla nuova definizione di ristrutturazione edilizia introdotta dal t. u., v. la Circolare Min. Infrastrutture e trasporti 7 agosto 2003 n. 4174/316/26, in Riv. giur. edilizia, 200~, III, 31 sgg.; per un'ampia rassegna di dottrina e di giurisprudenza sulla nuova defimzione di ristrutturazione edilizia, v. ANTONIAZZI, in Riv. giur. urbanistica, 2004, II, 64 sgg. (adde T.A.R. Liguria, Sez. I, 1° luglio 2005 n. 999, in Rassegna T.A.R, 2005, I, 1252);
IL RECUPERO EDILIZIO ED URBANISTICO
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e) interventi di nuova costruzione: quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite aile lettere precedenti. Trattasi di una integrazione del citato art.
cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 2004 n. 2142, in Il Cons. Stato 2004 I 823 che si riferisce al completamento, dopo la scadenza della concessione edilizia, di ~n fabbricato realizzato soltanto a! rustico; id., 14 marzo 2005 n. 1047, iv4 2005, I, 445. Sulla nozione di sagoma v. T.A.R. Basilicata, 17 ottobre 2002 n. 628, in Rassegna T.A.R., 2002, I, 4469; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 15 dicembre 2003 n. 5820, iv4 2?0~, I: 62~; Pret. Tolmezzo, 17 aprile 1998, in Riv. giur. edilizia, 1998, I, 1086, con nota dt nchramr. Non mancano sentenze, che - prima del testo unico - hanno esteso la nozione di ristrutturazione edilizia a interventi recanti piccoli aumenti di volume e di superficie (T.A.R. Liguria, Sez. I, 24 giugno 1998 n. 288, in Rassegna T.A.R, 1998, I, 3160; v. anche T.A.R. Lazio, Sez. II, 28 settembre 1999 n. 1756, iv4 1999, I, 3789; id., Sez. II-bis, 20 luglio 2001n. 6470, in Guida at diritto, 2001, n. 35, 34). · In ogni caso, deve sussistere un rapporto di conseguenzialita temporale, che non e configurabile nell'ipotesi in cui I' opera risulti demolita molto tempo prima, al punto da non potersi considerare Ia stessa esistente sui piano urbanistico (Cons. Stato, Sez. V, 3 aprile 2000 n. 1906, in Il Cons. Stato, 2000, I, 858; 9 ottobre 2002 n. 5410, iv4 2002, I, 2171; 1° dicembre 1999, n. 2021, iv4 1999, I, 2084; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 12 novembre 2003 n. 1578, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 196; T.A.R. Liguria, sez. I, 3 ottobre 2000 n. 1022 e 29 marzo 1999, n. 148, iv4 2000, I, 5187 e 1999, I, 1894; T.A.R. Emili~-Romag~a, Parma, 12 marzo 1997, n. 101, iv4 1997, I, 1868; v. anche T.A.R. Campama, Napoh, Sez. II, 21 novembre 2003 n. 13793, iv4 2004, I, 344, ove Ia ricostruzione <
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CAPITOLOXV
31 legge 457/1978, introdotta dall'art. 3 del testa unico. Tale categoria di interventi edilizi e corredata da un'elencazione esem-
turazione, che consenta il ripristino della sagoma e dei volumi preesistenti (Cons. State, Sez. V, 18 agosto 1997, n. 917, in I/ Cons. Stato, 1997, I, 1061). Secondo il T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 14 dicembre 1983, n. 434, in Rttssegna T.A.R., 1984, I, 640, nel caso di concessione di ristrutturazione (senza indicazione delle modalita da seguire e delle parti da demolire) sarebbe consentita anche !a demolizione dell'intero fabbricato, purche il fabbricato non risulti diverse dal preesistente per ubicazione, struttura ed aspetto esterno (Cons. State, Sez. V, 1° dicembre 1992, n. 1408, in ll Cons. Stato, 1992, I, 1789, che richiede quantomeno il rispetto della medesima tipologia e sagoma; T.A.R. Pescara, 14 febbraio 1989, n. 64, in Rttssegna T.A.R, 1989, I, 1380; T.A.R. Lombardia, Brescia, 8 settembre 1994, n. 505, iv4 1994, I, 4000). Estate qualificato intervento di ristrutturazione edilizia !a demolizione e ricostruzione di un edificio fatiscente, con !a sola conservazione di parte dei muri perimetrali (Cons. State, Sez. V, 21 dicembre 1984, n. 958, in Il Cons. Stato, 1984, I, 1522). Costituisce ristrutturazione anche l'intervento diretto a restaurare edifici ad uso agricolo e le abitazioni degli agricoltori per realizzare miniappartamenti, mediante !a sostituzione di parti strutturali esterne e la realizzazione di servizi igienici e angoli di cottura in ognuna delle nuove unita abitative (Cons. State, Sez. V, 7 marzo 1987, n. 165, iv4 1987, I, 330; con£ T.A.R. Liguria, Sez. I, 5 febbraio 1994, n. 84, in Rttssegna T.A.R., 1994, I, 1455). Invece, e stata qualificata come nueva edificazione la trasformazione di un capannone industriale in un fabbricato (sia pure di pari volume) destinate ad uffici ed attivita commerciali (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 23 gennaio 2003 n. 197, in Riv. giur. edilizitt, 2003, I, 545). Secondo il Cons. giust. amm. Reg. Sic., interventi del tipo suindicato possono andare anche oltre illimite delle standard di cui a! d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 e con il solo limite del rispetto della precedente cubatura del fabbricato stesso (27 marzo 1987, n. 90, in Il Cons. Stato, 1987, I, 470). La giurisprudenza si e anche affermata nel sense di escludere l'applicazione dei parametri edilizi prescritti per l'applicazione in una determinata zona, ove trattasi di intervento di ristrutturazione edilizia, cioe non in tutti i casi di sostituzione edilizia, rna solo nell'ipotesi di «fedele>> demolizione e ricostruzione di un fabbricato preesistente (Cons. State, Sez. V, 28 maggie 2004 n. 3452, in Cons. Stato, 2004, I, 1146; T.A.R. Puglia, Leece, 9 settembre 1989, n. 692, in Rttssegna T.A.R, 1990, I, 1222; T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano 30 settembre 1995, n. 203, iv4 1995, I, 4555, sulla necessita di osservare le norme vigenti in caso di ricostruzione del fabbricato; v. pero pill avanti). Sulla demolizione e ricostruzione di fabbricati preesistenti, anche ai fini delle conseguenze penali, v. Cass., Sez. III pen., 16 maggie 1990, in Riv. giur. edilizitt, 1991, I, 255, con nota di M.A. SANDULLI, in cui si riporta !a giurisprudenza secondo !a quale !a demolizione e ricostruzione di un edificio soggiace aile norme vigenti a! memento della ricostruzione (ove questa non sia fedele: Cons. State, Sez. V, 9 febbraio 1996, n. 144, in ll Cons. Stato, 1996, I, 199; adde id., 14 novembre 1996, n. 1359, iv4 1996, I, 1729, ove il fabbricato ricostruito corrisponda integralmente, per volumi, altezza, fisionomia architettonica, all'opera demolita); T.A.R. Veneto, Sez. II, 11 aprile 2000 n. 898, iv4 2000, I,
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plificativa, che risolve anche alcune questioni discusse a proposito della necessita della concessione edilizia (oggi permesso di costruire). L'elenco eriportato piu avanti al cap. XXN, n. 4.
2535; Cass., Sez. II civ., 12 giugno 2001 n. 7909, in ll Cons. Stato, 2001, II, 1496; sull'espressa esclusione dell'applicazione delle disposizioni urbanistiche sopravvenute nel caso di fedele sostituzione edilizia di fabbricati preesistenti, v. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 24 gennaio 2001 n. 36, in Rttssegna T.A.R, 2001, I, 1094; T.A.R. Molise, 22 novembre 2001 n. 552, iv4 2002, I, 256; T.A.R. Abruzzo, !'Aquila, 7 giugno 2004 n. 752, iv4 2004, I, 3138, in tema di sopravvenute norme sulle distanze. V. anche T.A.R. Veneto, Sez. II, 17 maggie 1991, n. 435, in Rttssegna T.A.R, 1991, I, 2381; cfr., peraltro, in sense contrario, Corte cost. 26 giugno 1991, n. 296, in Il Cons. Stato, 1991, II, 1043 e Cass., Sez. III pen., 2 aprile 1997, n. 3981. Verosimilmente, questo indirizzo giurisprudenziale dovrebbe essere esteso aile ulteriori ipotesi di ristrutturazione edilizia configurabili in base alla pill ampia definizione introdotta dal d.lgs. 27 dicembre 2002 n. 301 (cioe a tutti i casi di demolizione e ricostruzione con !a stessa volumetria e sagoma, naturalmente senza che sia aggravate il contrasto con !a disposizione sopravvenuta: Cass., Sez. II civ., 18 aprile 2003 n. 6317, in Guida al dir., 2003 n. 24, 62; id., 12 maggie 2003 n. 7257, in Edil e Terr., 2003 n. 23, 35); v., peraltro, T.A.R. Campania, Salerno, 29 dicembre 2005 n. 2597, in Rttssegna T.A.R, 2004, I, 769. Sulla riconducibilita a! concetto di ristrutturazione anche della totale modifica dei prospetti, con l'eliminazione dei balconi e !a modifica delle aperture, v. Cons. State, Sez. V, 8 agosto 2003 n. 4593, in Il Cons. Stato, 2003, I, 1699 (v. anche T.A.R. Liguria, Sez. I, 4 novembre 2004 n. 1516, iv4 2005, I, 169, secondo cui !a costruzione di un balcone in aggetto sulla facciata rappresenta un'opera di ristrutturazione edilizia). Sull'applicabilita della disciplifia prevista per le nuove costruzioni, nel caso di interventi di ristrutturazione di un immobile diverse per volumi o anche solo per !a sagoma (a parita di volumi), v. Cons. State, Sez. V, 7 settembre 2004 n. 5867, iv4 2004, I, 1837, nota; v. anche T.A.R. Puglia, Sez. III, 22 luglio 2004 n. 3206, in Riv. giur. edilizitt, 2004, I, 1808, secondo cui occorre il permesso di costruire nel caso di aumento del numero dei piani a parita di volume e sagoma preesistenti. L'abbassamento di un solaio e !a creazione di nuove unita immobiliari non costituisce intervento di restauro bensi di ristrutturazione edilizia (T.A.R. Veneto, Sez. II, 27 aprile 1991, n. 365, in Rttssegna T.A.R, 1991, I, 2378; T.A.R. Toscana, Sez. III, 9 settembre 1998, n. 313, iv4 1998, I, 4141); nello stesso sense, nel caso di installazione di vetrata su u11 porticato gia esistente sui terrazzo dell' appartame11to, T.A.R. Lazio, Sez. II, 11 febbraio 1994, 11. 151, iv4 1994, I, 1011, e T.A.R. Lombardia, Milano, 24 giugno 1996, 11. 843, iv4 1996, I, 3113 e, nel caso di apertura di una finestra, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 15 gennaio 1999 n. 85, iv4 1999, I, 1059 o dell'installazione di un balco11e, T.A.R. Liguria, Sez. I, 24 gennaio 2002 n. 63, iv4 2001, I, 3936. Per un'estensione (che sembra troppo ampia) delle nozioni di restauro e di ristrutturazione edilizia, cfr. Cons. State, Sez. V, 26 maggie 1992, n. 464, in ll Cons. Stato, 1991, I, 772.
CAPITOLOXV
IL RECUPERO EDILIZIO ED URBANISTICO
f) interventi di ristrutturazione urbanistica: quelli intesi a sostituire
cemente di restauro, si propane il fine della conservazione, assegna alia zona una destinazione compatibile con i caratteri della medesima. In tale zona vanno evitati uffici, che richiamino malta pubblico e sono da preferirsi invece imprese commerciali, banche, sedi di attivita culturali e cosi via (DI STEFANO, II recupero dei valor~ Napoli, 1979). In ogni caso va ripetuto che il citato art. 3 t.u. provvede a definire il contenuto dei vari tipi di intervento, senza perc modificare nei casi specifici la possibilita di costruire: cioe gli interventi ammessi sono e saranno soltanto quelli consentiti dalle norme urbanistico-edilizie vigenti nella zona interessata. Allo stato attuale, sono scarsi i piani urbanistici esecutivi approvati per la riqualificazione dei centri storici, a causa di molteplici e diverse difficolta. Anzitutto - nonostante i criteri affermati nelle diverse carte internazionali del restauro (dalla carta di Atene, alia dichiarazione di Amsterdam, al documento di Granada, alia Carta di Washington) - permane un forte contrasto tra i tecnici sulla configurazione dei tipi d'intervento ammissibili nei centri storici. Di fronte alla giusta tendenza diretta a differenziare gli interventi in relazione aile varie parti del centro storico aventi differenti caratteristiche, non mancano colora che sostengono con vigore la necessita di limitare gli interventi al semplice restauro dei singoli edifici per l'intero centro storico. Ma le difficolta maggiori sono connesse, in prima luogo, all'obiettiva complessita del problema della rigenerazione dei centri storici, speciabnente ave questi siano di grandi dimensioni (oggi si fa riferimento all'intera «citta storicamente consolidata») e presentino una forte concentrazione di popolazione, prevalentemente in precarie condizioni economiche. In questi casi - non essendo ipotizzabile, in via di massima, che il piano sia attuato con danaro pubblico - e difficile individuare i meccanismi opportuni per realizzare gli interventi, conciliando l'esigenza del profitto imprenditoriale con quella della salvaguardia degli abitanti meno abbienti, particolarmente in ordine alia prevalente richiesta di permanenza nel centro storico. In secondo luogo, manca la capacita di decidere da parte degli organismi politici ed amministrativi competenti. Ecco perche si e registrata la tendenza di soggetti privati (prevalentemente del mondo imprenditoriale, a capitale pubblico o privata) ad elaborare proposte di intervento nei centri storici, con la speranza di
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l'esistente tessuto urbanistico edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale. Come si e detto, le precedenti definizioni prevalgono su eventuali diverse definizioni dei medesimi interventi contenute nella normativa urbanistico-edilizia locale. E bene sottolineare, perc, che i detti interventi sono possibili solo qualora siano consentiti dalla normativa vigente. In altri termini, qualora un piano urbanistico consentisse interventi di ristrutturazione edilizia in una determinata zona, la legge precisa quali lavori possono essere eseguiti; ma se tali interventi non sono ammessi dal detto piano, la legge non consente certo di superare il piano e di eseguire egualmente i detti interventi.
4. Piani di recupero nei centri storici Il recupero del centro storico si fonda su un'analisi storica, ambientale, artistica, di modo che i piani di recupero non si possono paragonare a dei semplici piani particolareggiati, i quali tengono canto della produzione, dell' economia, dei costi dei terreni e delle costruzioni. I vecchi centri non sempre possono essere adibiti ad attivicl terziarie, per poco spazio da destinare a parcheggi, e per le dif.. ficolta che si presentano nella circolazione dei veicoli. In siffatta situazione potrebbe verificarsi la tendenza a raderli al suolo o a trasformarli radicalmente. Sono tuttora praticati due tipi di rinnovamento urbana. L'uno consiste nella demolizione di parte di edifici esistenti e nella utilizzazione dei suoli con nuovi edifici, spazi verdi e nuove strade. Q!lesto intervento e da escludere nei centri antichi anche se la legge non lo proibisce, poiche la legge vigente sugli standard urbanistici vieta soltanto l'aumento della densita edilizia preesistente nel centro storico. Il secondo .tipo di. intervento, ·che e templi-
E stato considerate intervento di ristrutturazione anche la tamponatura di due porte interne ad una villa al fine di realizzare due distinte unita abitative (T.A.R. Toscana, Sez. II, 25 ottobre 1994, n. 349, in Rmsegna T.A.R., 1994, I, 4497}.
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CAPITOLO XY
smuovere l'inerzia delle pubbliche Istituzioni (lo). Nuovi strumenti urbanistici esecutivi, come i programmi integrati d'intervento (infra, n. 6) potrebbero sollecitare ed agevolare l'iniziativa pubblica e privata. . , . Talvolta, in luogo di procedere all'approva~10?-e ed. all ~ttuaz.lOne di siffatti piani esecutivi, sono approvate ultenon leggr reg10nah per l'individuazione dei centri storici e per la disciplina di nuove procedure d'intervento nei medesimi (ad esempio, legge Regione Campania 18 ottobre 2002 n. 26). D'altra parte, e crescente la tendenza a stabilire dettagliatamente negli strumenti urbanistici general~ gli .interve.nti di. r~cupero consen~ titi sui singoli fabbricati ricadent1 ner centn stoner (nel P.R..G. dr Napoli sono state disciplinate 53 tipologie di. i~tervento~. -r:al~ rmpostazione e apparsa dirigistica, astratta e ideahsttca e, qumdr, mattuabile e fonte di abusivismo piccolo e grande. In ogni caso, bisognerebbe realizzare un principia di un~ta. ur?anistica, superando l'attuale regime di separazione t~a la drscrplma urbanistica e gli strumenti di tutela dei beni culturah, tenuto canto che spesso i problemi dei centri storici si possono risolvere a~che con interventi fuori dai centri stessi (D'ANGELO, nel Manuale det beni cultural~ a cura di Assini, ed. Cedam, 2000). A tal fin~ e ins~ffi ciente il testa unico delle leggi in materia di beni culturah e ambrentali, 29 ottobre 1999, n. 490, anche come sostituito dal ~odice dei beni culturali approvato con i1 decreta legislativo .22 genna10 20~4 n. 42. Se poi fosse approvata la modifica di tale codrce, secondo cur anche i centri storici possono essere inseriti nell'elenco delle bellezze d'insieme, si potra accentuare l'attuale regime di separazione tra la
(10) Uno dei tentativi piu approfonditi e pi~ noti fu compiu~o .dalla.S?cieta di studi per il centro storico di Napoli, con i due volum1 Il Regno del Posszbtle, edtz10ne II Sole-24 ore, 1988. d .d . '1 18 1 r Un disegno di legge governativo. (p,resen~to a.lla Carner~ e1 eputatl 1 u~ I? 1997) propose nuove norme per le «Cltta sto:tc~e>> m una logt~ ~alesemente centrahstlca e contraria all'unificazione degli strumentl dt tutela del t7rntono. nel ~u~ c~mpless~. La legge 20 febbraio 2006 n. 77 disciplina un sistema dt accord1 e.dt p1~m d1 ge~tlO ne di interventi per la salvaguardia dei siti inseriti nella lista del patnmomo mondtal~, posti sotto la tutela dell'UNESCO (senza pero alcuna modifica delle competenze prevtste dal codice dei beni culturali).
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disciplina urbanistica dei detti centri e gli strumenti di tutela dei bee culturali, risultando estesa la tutela paesistica anche ar centn stessr.
~i amb~ental~
5. Rapporto trail pz'ano di recupero e gli strumenti urbanz'stici generalz' II pi~ impor~ante problema interpretativo derivante dalla legge in esame nguarda Il rapporto tra i piani di recupero ed il sovraordinato strumento urbanistico comunale. E frequ~nte che que~to piano urbanistico generale preveda, per una de~ermmata zona pul. o meno ampia, una disciplina almena in parte dr carattere programmatico, cioe destinata ad essere specificata da un piano attuativo. . Ad esemp~o, spesso lo strumento urbanistico generale, per determmate zone m tutto o in parte inedificate, stabilisce determinate limitazioni edilizie (indice di fabbricabilita territoriale cioe esteso all'intera zona; percentuali delle diverse utilizzazioni delie aree, come attrezzature e servizi pubblici, strade ed edificazioni; indicazioni delle destinazioni d'uso ammesse; ecc.), subordinando i relativi interventi. alia previa approvazione di un piano urbanistico attuativo. Dr fronte a disposizioni del tipo indicato, appare evidente la diffico~t~ .di fo~mazi~ne di piani di recupero aventi ad oggetto complessi edrhzr costttuentt una parte (talvolta minima) dell'intera zona cui avrebbe dovuto essere esteso normalmente un diverso piano attuativo. Anzitutto, nei casi di piani di recupero di singoli edifici 0 di gruppi di edifici, non e concretamente possibile (ne avrebbe comunque se~so ai fini .di un organico assetto del territorio) rispettare la normatr:a sulle drverse percentuali fissate per I'edificazione o per le strade, prazze e servizi pubblici. Es.cludendo, dunque, la soluzione astratta (e, in linea di massima, para~rzzante. almena ai fini dell'approvazione dei piani di recupero) consrstente 111 una regolare variante integrativa delle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali, resta il delicato problema d.el ~onten~to de! ~iano di recupero in relazione aile dette disposizxom del pxano dr hvello superiore. A questa fine sembra illuminante la comparazione (v. in nota)
CAPITOLO XV
IL RECUPERO EDILIZIO ED URBANISTICO
del testa legislative con quello dei vari documenti preparatori nchiamati in precedenza (11). Sulla base di tale comparazione sembra legittimo sostenere che il piano di recupero possa contenere disposizioni almena integrative della normativa dello strumento urbanistico generale e, quindi, possa avere sostanzialmente anche valore di «variante integrativa» del medesimo (oltre che contenuto ed efficacia di piano regolatore particolareggiato). ~esta conclusione sembra confermata dall'art. 27 della stessa legge: infatti, mentre il primo comma non appare determinante ai fini della questione in esame (riguardando l'individuazione delle zo-
ne di recupero «nell'ambito degli strumenti urbanistici generali»), significativo e invece il quarto comma, secondo cui <
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(11) a) AII'art. 6 del testa predisposto dalla Commissione ministeriale (costituita con il D.M. LLPP., 9 giugno 1977, n. 4099) si Iegge: «il piano di recupero - che ha valore di piano particolareggiato - diviene pienamente efficace, sempreche non sia in contrasto con lo strumento urbanistico generate, dopa Ia deliberazione del Consiglio comunale... » (1 o comma); <
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immobili non assoggettati al piano di recupero e comunque non compresi in questo, si attuano gli interventi edilizi che non siano in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici generali». ~esta norma - a differenza di quanta prescritto per i piani di recupero - stabilisce espressamente che nelle zone di recupero «non assoggettate a piano di recupero» sono consentiti gli interventi edilizi ammessi dalle (cioe non contrastanti con le) previsioni degli strumenti urbanistici generali. Pertanto, sembra naturale ritenere che i piani di recupero possano consentire interventi edilizi di maggiore portata rispetto a quelli ammessi nelle altre zone di recupero e, quindi, non soltanto quelli «non contrastanti con gli strumenti urbanistici generali». Resta, dunque, il problema della definizione degli interventi realizzabili mediante i piani di recupero, che eventualmente possono eccedere i limiti degli interventi specificamente consentiti dallo strumento urbanistico generale. In mancanza di una espressa norma legislativa in tal senso, non sembra possibile sostenere che i piani di recupero possano prevedere interventi specificamente vietati da una disposizione dello strumento urbanistico generale (12). Pertanto, ad esempio, un piano di recupero non potrebbe legittimamente prevedere destinazioni d'uso espressamente vietate dal piano sovraordinato (salva naturalmente la modifica della normativa del medesimo, con il regolare procedimento di variante). Viceversa, la rilevata possibilita di sganciare i piani di recupero dalla semplice funzione di strumento meramente attuativo del piano generale (cioe in tutto come il piano regolatore particolareggiato) fa
(12) Sulla necessita che il piano di recupero rispetti le previsioni del piano regolatore generale, v. Cons. Stato, Sez. V, 12 marzo 1992, n. 214, in Riv. giur. edilizia, 1992, I, 724; Cass. Sez. II civ., 13 ottobre 2000 n. 13639, in It Cons. Stato, 2001, II, 23; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 29 maggio 1999, n. 458, in Rassegna T.A.R, 1999, I, 2700; T.A.R. Veneto, Sez. I, 31 marzo 1998, n. 407, iv4 1998, I, 1853. Viceversa, sulla possibilita che il piano di recupero modifichi un piano regolatore particolareggiato, v. T.A.R. Lazio, Sez. II, 26 novembre 1990, n. 2118, iv4 1990, I, 4165; v. anche Cons. Stato, Sez. V, 13 febbraio 1990, n. 154, in Foro amm., 1990, 389.
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CAPITOLO X:V
ritenere che i1 piano di recupero medesimo non sia vincolato dalle disposizioni della strumento urbanistico generale, che possano definirsi «programmatiche», cioe non suscettibili di immediata applicazione (come, ad esempio, le norme sulle percentuali di utilizzazione delle aree). In ogni caso si ritiene che la funzione del piano di recupero consista comunque nella riutilizzazione del patrimonio edilizio esistente e che, quindi, siano esclusi incrementi volumetrici o aggiunta di nuovi edifici (13). In altri termini, questa limite appare connaturale alle finalita dei piani di recupero.
(13) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez II, 16 maggio 1991, n. 763, in Rassegna T.A.R, 1991, I, 2298; T.A.R. Valle d'Aosta, 25 maggio 1990, n. 41, iv4 1990, I, 2506 (che fa salvi nuovi volumi purche «Strettamente al servizio del gia edificato, che s'intende risanare••); T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 10 settembre 2003 n. 3248, iv~ 2003, I, 4252, secondo cui il piano di recupero non puo prevedere incrementi volumetrici; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 1° dicembre 1994, n. 593, iv4 1995, I, 748; id., Sez. II, 7 ottobre 1997, n. 2468, iv4 1997, I, 4478; TAR. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 16 gennaio 2001 n. 19, iv4 2001, I, 1078; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 18 settembre 2002 n. 4016, ivi, 2002, I, 4059; T.A.R. Lombardia, Brescia, 9 dicembre 2002 n. 2216, ivi, 2003, I, 698.
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CAPITOLO
XXII
LA LEGGE Q_UADRO SULLE AREE PROTETTE
SOMMARIO: 1. Finalita ed ambito della legge. - 2. Organi istituzionali e programmazione nazionale. - 3. Misure di salvaguardia. - 4. Istituzione dei par. chi nazionali ed Ente parco. - 5. Piano e regolamento del parco. - 6. Parchi •"l · r·1. · · naturar·1 regrona
.1.
1. Finalita ed ambito della Iegge
La legislazione sulla tutela del paesaggio, di cui al precedente capitola, ha finalita prevalentemente conservative, cioe di tutela passiva delle localita vincolate, ed e limitata a terreni od edifici aventi valore estetico o tradizionale. · Finalmente, con la Iegge quadro sulle aree protette 6 dicembre 1991, n. 394, si tende a promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione di tutto il patrimonio naturale del paese (!). Costituiscono le aree naturali protette tutti quei territori, che sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, in quanta comprendenti specie animali o vegetali, singolarita geologiche, formazioni paleontologiche, valori scenici e panoramici, etc., di rile-
(I) Cfr. TULUMELLO, Profili di tutela dci parcbi nella Iegge quadro sulle aree protette, in Il Cons. Stato, 1992, II, 773 sgg.; MADDALENA, La Iegge quadro sulle aree protette, in Riv. trim. tlir. pubbL, 1992, 468.
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CAPITOLO XXII
LA LEGGE QUADRO SULLE AREE PROTETTE
vante va!ore naturalistico ed ambientale. Fra le aree protette sono c~mpres1 an:he quei territori, per i quali sia comunque opportune d1fendere o ncostituire gli equilibri idraulici ed idrogeologici. ~ a~ee ~aturali prote.tte sono distinte in parchi nazionali e regional! ed m nserve natural!, statali o regionali. I parchi nazionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, Iacuali o marine, che contengono uno o piu ecosistemi intatti o parzialmente alterati, di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, educativi o ricreativi. I. parcl~i regionali so.no pure costituiti dalle dette aree, rappresentantt un sistema omogeneo di rilevante valore naturalistico, artistico e tradizionale, compreso in una o piu regioni Iimitrofe. Anche le riserve naturali sono costituite da aree terrestri fluviali lacuali o marine, che contengono una o piu specie naturali~ticamen~ te rilevanti della flora e della fauna, e che possono essere statali o regionali in base alia rilevanza degli interessi in essa rappresentati. . La. su.esr~osta cl~ssi~cazione. dimostra che mancano ancora precisi cnten dt dtfferenziaztone tra 1 parchi nazionali e regionali, nonche tra i parchi e le riserve naturali (2).
· 2. Organi istituzionali e programmazione nazionale Per la gestione della legge in esame, e stato istituito il Comitato per le aree naturali protette, presieduto dal Ministro dell'ambiente e costituito da altri cinque Ministri e da sei presidenti di Regione o Provincia autonoma. Sulla base della Carta della natura, predisposta dai servizi tecnici nazionali ai sensi della legge 183/1989 sulla difesa del suolo, il 'comitate identifica Ie linee fonda men tali dell' assetto del terri to rio con riferimento ai valori naturali ed ambient~li (che so no poi adottate con decreta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita Ia Con-
2 ( )
Anche per alcuni tentativi di classificazione in sede internazionale, v. AsSINI
Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1997, 870 sgg.
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ferenza unificata Stato, Regioni ed enti locali, di cui all' art. 7 della legge 59 del 1997). I1 d.lgs. 112 del 1998 (art. 76 sgg.) ha soppresso il programma triennale per le aree naturali protette, distinguendo i compiti di rilievo nazionale e le funzioni conferite alle Regioni ed agli enti locali.
3. Misure di salvaguardia In caso di necessita ed urgenza il Ministro dell'ambiente e le Regioni, secondo le rispettive competenze, possono indi:iduare .aree d~ proteggere ai sensi della presente legge e adottare su d1 esse m1sure d1 salvaguardia. . . . . . In tali aree ed in quelle provvisonamente delimitate a1 fim dell'istituzione dei parchi, possono essere vietati fuori dai centri edificati (di cui all'art. 18 legge 865/1971) e, talvolta, in casi eccezionali, anche all'interno dei medesimi, sia ogni attivita edilizia, sia danneggiamenti della fauna e delle specie ~ege.tali selva.tiche~ ~ia. in gen~r~ mutamenti della morfologia del terntono e degh equ1hbn ecolog1c1 ed idraulici (ad esempio, misure di questa tipo sono state disposte con ordinanza ministeriale, con riferimento alle aree provvisoriamente delimitate ai fini della costituzione dei parchi nazionali). L'inosservanza delle suddet~e disposizioni comporta la riduzione in pristino dei luoghi e l'eventuale ricostituzione delle specie vegetali ed animali danneggiate. Cio viene disposto con decreta del Ministro dell'Ambiente o dell'autorita di gestione a spese dell'inadempiente (con la responsabilita solidale, in caso di opere edili, anche del direttore dei lavori). Come si vede, sia pure per affrontare esigenze pubbliche rilevanti, continuano a sovrapporsi organi e procedure operanti sui medesimi territori, senza alcun coordinamento. L'osservazione vale anche per le «linee fondamentali dell'assetto del territorio», di cui si e detto al precedente n. 2. Tali direttive potranno avere rilievo nell'attuazione delle norme di cui alla legge in esame, rna non sarebbero vincolanti nella formazione degli strumenti urbanistici, a partire dai piani territoriali regionali.
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LA LEGGE QUADRO SULLE AREE PROTETTE
Purtroppo, trattasi di un altro esempio di un ordinamento legislative scoordinato e settoriale, spesso costituito da leggi complesse ed articolate, che frequentemente restano largamente inattuate.
Per l'eventuale istituzione di altri parchi la Iegge indica anche come prioritarie altre dieci localita (fra cui i manti Terminio e Cervialto ed il Partenio). Anche per l'istituzione di parchi marini o riserve marine, la Iegge fornisce l'indicazione prioritaria di 26 localita (fra cui, in Campania, pen~ola della Campanella ed isola di Capri; isola di Ischia, Vivara e Procida; S. Maria di Castellabate). La gestione dei parchi nazionali e affidata ad un Ente parco, che ha personalita di diritto pubblico ed e sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'ambiente. La sede dell'Ente parco deve essere stabilita seguendo il principia della territorialita (art. 9, comma 1, Iegge 394/ 1991) (4), Fra gli organi dell'Ente, sono compresi il Presidente, nominata con decreta del Ministro dell'ambiente, ed il Consiglio direttivo, formate dal presidente e da dodici componenti, di cui quattro designati dalle associazioni di protezione ambientale e da Istituti di alta cultura e cinque designati dalla Comunita del parco (oltre a tre rappresentanti ministeriali). Q!Iesta Comunita e un altro importante organa dell'Ente parco, costituito dai presidenti delle Regioni, delle Province e delle Comunita montane interessate e dai Sindaci dei Comuni nei cui territori sono comprese le aree del parco. La Comunita del parco ha funzioni consultive e propositive ed il suo parere e obbligatorio (anch~ se non vincolante), fra l'altro sul piano e sul regolamento del parco. Secondo 1'art. 78 del d.lgs. 112 del 1998, la gestione delle riserve statali, non collocate nei parchi nazionali, sara affidata a Regioni od enti locali con atto di indirizzo e coordinamento, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni.
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4. Istituzione dei parchi nazionali ed Ente parco I parchi nazionali sono istituiti e delimitati in via definitiva con decreta del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell' Ambiente, sentita la Regione (3), Frequentemente nella delimitazione dei confini del parco si scontrano due opposte tendenze, dirette rispettivamente a restringere al massimo l'ampiezza del parco od a comprendere in questa anche interi centri urbani. Q!Iesto secondo orientamento sembra originate piu dalla sfiducia verso la pianificazione urbanistica e dal tentative di imporre, attraverso altra via, maggiori vincoli agli interventi sul territorio. Sarebbe, invece, opportune puntare sull'unificazione della pianificazione territoriale, considerando l'istituto dei parchi naturali non una fonte di vincoli sui territorio, bensi uno strumento si di salvaguardia, rna anche di gestione di aree di straordinario valore naturalistico, scientifico e ricreativo (di qui la necessita di comprendere nel parco prevalentemente aree di proprieta pubblica). La Iegge 394/1991 ha gia indicate le localita per l'istituzione di sei nuovi parchi nazionali, alla cui perimetrazione provvisoria si e provveduto con ordinanza del Ministro dell' Ambiente del 4 dicembre 1992 (Cilento e Vallo di Diana, Gargano, Gran Sasso e Monti della Laga, Maiella, Val Grandee Vesuvio).
(3) II decreto presidenziale rappresenta un atto di programmazione generale che, quindi, e sottratto all'applicazione degli artt. 7 e 10 Iegge 241/1990 (T.A.R. Lazio, Sez. II, 9 aprile 1997, n. 632, in Rdssegna T.A.R, 1997, I, 1624). V. anche T.A.R. Lazio, Sez. !Ibis, 5 maggio 1998, n. 758, iv4 1998, I, 1709, secondo cui, ai fini della perimetrazione dell'area del parco, il parere della Regione e obbligatorio, rna non vincolante, e Ia consultazione dei Comuni non e prevista. Inoltre, tale perimetrazione concreta un'attivita tecnico.
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5. Piano e regolamento del parco L'Ente parco predispone il piano del parco entre 6 mesi dalla sua istituzione, ai fini della tutela dei valori naturali ed ambientali del (4) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 19 dicembre 1997, n. 1863, in Rdssegna T.A.R., 1997, I, 1724.
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territorio in esso compreso. II piano suddivide il territorio nelle seguenti quattro zone in base al diverso grado di protezione: a) riserve integrali (conservazione dell'ambiente nella sua integrita); b) riserve generali orientate (soltanto opere di manutenzione delle costruzioni esistenti; utilizzazioni produttive tradizionali e realizzazione delle infrastrustrutture strettamente necessarie}; c) aree di protezione (manutenzione e restauro delle costruzioni esistenti; attivita agro-silvo-pastorali secondo gli usi tradizionali; pesca; produzione artigianale di qualita); d) aree di promozione economica e sociale (zone parzialmente gia antropizzate; attivita compatibili con le finalita del parco e dirette al miglioramento della vita socio-culturale delle collettivita locali, nonche al miglior godimento del parco da parte dei visitatori). II piano predisposto dall'Ente parco e adottato dalla Regione entro quattro mesi, sentiti gli enti locali. II piano adottato e depositato per quaranta giorni presso le sedi dei Comuni, delle Comunita montane e delle Regioni interessate. Chiunque puc prenderne visione ed estrarne copia. Entro i successivi quaranta giorni chiunque puc presentare osservazioni scritte, sulle quali l'Ente parco esprime il proprio parere entro trenta giorni. Entro centoventi giorni dal ricevimento di tale parere la Regione si pronuncia sulle osservazioni presentate ed emana il provvedimento definitive di approvazione. Qyesto deve essere emanato d'intesa sia con l'Ente parco, sia - limitatamente a quanta concerne le dette aree di promozione economica e sociale - con i Comuni interessati (in caso di disaccordo decide, in via definitiva, il Consiglio dei Ministri). Purtroppo, i detti termini posti per l'esercizio delle competenze della pubblica Amministrazione sono destinati ad essere largamente inosservati, secondo una prassi verificatasi in tanti altri casi. Peraltro, la legge prevede un sistema di interventi sostitutivi da parte del Ministro dell'ambiente (spesso anche gli interventi sostitutivi sono stati attesi e si attenderanno invano). Ad ogni modo, il piano del parco - che e suscettibile di varianti mediante la medesima suindicata procedura - dovra essere aggiornato con identica modalita almena ogni di~ci anni. Di particolare rilievo e la norma, secondo cui il piano del parco ha effetti di dichiarazione di pubblica utilita e di urgenza per gli in-
terventi in esso previsti e sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione (s). Cia significa, cioe, che sui territorio del parco sara operante un unico piano territoriale, cioe il piano del parco, che prevale su tutti gli altri piani (sia urbanistici, sia paesistici, sia socio-economici), rna restava indefinite il rapporto con i piani di bacino (rna v. ora cap.
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III). II piano del parco - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sui Bollettino Ufficiale della Regione- e immediatamente vincolante nei confronti delle amministrazioni e dei privati. Contestualmente all'approvazione del piano del parco (e, comunque, non oltre sei mesi da tale approvazione), l'Ente parco deve adottare il regolamento del parco, per disciplinare l'esercizio delle attivita consentite entro il territorio del parco stesso. · Fra l'altro, il regolamento disciplina: Ia tipologia e le modalita di costruzione di opere e manufatti autorizzabili; lo svolgimento di attivita artigianali, commerciali, agro-silvo-pastorali, sportive, ricreative, educative, di ricerca scientifica, etc.; il soggiorno e Ia circolazione del pubblico. II regolamento del parco e approvato dal Ministro dell'ambiente, sentita Ia Consulta tecnica e preyio parere degli enti locali interessati (entro 40 giorni dalla richiesta) e comunque d'intesa con le Regioni e le Province autonome interessate. II regolamento entra in vigore novanta giorni dopo Ia sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e prevale sui regolamenti comunali.
(5) La Iegge Regione Campania 1° settembre 1993, n. 33 aveva erroneamente stabilito un rapporto articolato di sovraordinazione tra piano del parco e piani urbanistici comunali (art. 19), attribuendo altresi a! piano del parco funzioni proprie della strumentazione urbanistica (v. anche artt. 21 e 22). In materia v. FAMIGLIEm, I parchi naturnli in Campania, in L 'ordinamento urbanistico in Campania, a cura di D'ANGELO, Cedam, 1995, 139 sgg. Successivamente, !a Iegge regionale 22 dicembre 2004 n. 16 (art. 18) prevede che il piano territoriale di coordinamento provinciale potrebbe avere anche valore e portata di piano territoriale del parco ai sensi della Iegge 394/1991 previa intesa con l'amministrazione statale competente. Su un caso di attivazione di discarica di rifiuti nel parco nazionale del Vesuvio, v. Cons. Stato, Sez. VI, 16 novembre 2004 n. 7472, in Il Cons. Stato, 2004, I, 2424.
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II rilascio di concessioni od autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco e subordinate al preventive nullaosta dell'Ente parco. Tale nulla osta s'intende rilasciato, ove sia inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla richiesta. Cia vale anche per iLrilascio delle autorizzazioni edilizie (dimostrando ancora la mancanza di coordinamento con la legislazione urbanistica (6), che imponeva al Sindaco di provvedere entre lo stesso termine perentorio di sessanta giorni sulle domande di concessione edilizia; rna oggi il problema e sostanzialmente superato per l'intervenuta modifica della procedura per il rilascio del permesso di costruire). In ogni caso, i provvedimenti di permesso di costruire - mancando o meno il nulla osta dell'Ente parco - devono rispettare le disposizioni del piano e del regolamento del parco. L'art. 30 della Iegge 394/91 ha introdotto nuovi illeciti per violazioni nelle aree protette, con relative sanzioni (arresto e ammenda).
Tali principi prevedono fra l'altro: a) la partecipazione degli enti locali al procedimento di istituzione dell'area protetta, soprattutto in sede di redazione di un documento di indirizzo (analisi territoriale, perimetrazione, obiettivi); b) pubblicita degli atti principali; c) partecipazione degli enti locali alia gestione dell'area protetta; d) l'adozione di regolamenti delle aree medesime. Le Regioni istituiscono parchi naturali regionali e riserve naturali regionali, utilizzando soprattutto i demani ed i patrimoni forestali delle regioni e degli enti locali. Sulla base dei principi suindicati e del detto documento di indirizzo, sara Ia Iegge regionale ad istituire i parchi naturali regionali, a definirne la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia, nonche ad individuare il soggetto per la gestione del piano e ad indicare gli elementi del piano e del regolamento del parco. L' organizzazione amministrativa sara stabilita, per ciascun parco naturale regionale, con apposite statuto. L' organismo di gestione del parco provvede alia formazione ed all'adozione sia del piano del parco, sia di un piano pl uriennale economico e sociale per la promozione delle attivita compatibili. Ambedue questi piani sono approvati dalla Regione. Pure il piano del parco regionale ha valore anche di piano paesistico e di piano urbanistico e sostituisce tutti siffatti piani di qualsiasi livello (compreso, quindi, il piano territoriale di coordinamento, mentre resterebbe subordinate al piano di bacino, ove esistente). E verosimile che gli enti locali porranno qualche resistenza all'attuazione dell'esaminata Iegge quadro sulle aree protette, per una malintesa tutela della propria autonomia istituzionale. Si puc sperare che prevalga !'interesse della comunita nel suo complesso, tenuto anche conto delle misure di incentivazione, previste dalla stessa Iegge (art. 7), che attribuisce priorita, nella concessione di determinati finanziamenti statali e regionali, ai Comuni ed alle Province, il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, entre i confini di un parco naturale regionale.
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6. Parchi naturali regionali La Iegge 394 del 1991 stabilisce anche i principi fondamentali, cui le Regioni si devono attenere nell'istituzione dei parchi naturali regionali e, in genere, nella disciplina delle aree protette regionali (7).
(6) Cfr. TULUMELLO, op. cit., 776. Sulla necessita di tre distinti provvedimenti per gli interventi nei parchi (permesso di costruire, autorizzazione paesistica e nulla· osta dell'Ente parco), v. Cass. pen., Sez. III, 12 maggio 2003 n. 20738, in Il Cons. Stato, 2004, II, 198. Sulla necessita in ogni caso del preventive nulla osta dell'Ente parco, v. Cass., Sez. III pen., 13 febbraio 2004 n. 5863, iv4 2004, II, 1788. (7) Sulla protezione della natura nell'ordinamento regionale, v. AsSINI, op. cit., 886, sgg.; per !a Campania v. Ia Iegge regionale 1° settembre 1993, n. 33, il cui art. 6 e stato dichiarato incostituzionale, nella parte in cui limitava Ia partecipazione degli enti locali a! procedimento di istituzione delle aree protette (Corte cost., 14 luglio 2000 n. 282, in Riv. giur. edilizia, 2000, I, 705). Sull'istituzione di parchi regionali, v. !a Iegge della Regione Campania 7 ottobre 2003 n. 17, cui ha fatto seguito !a delibera della Giunta regionale 11 novembre 2005 n. 1532 (in B.U.R.C. 28 novembre 2005 n. 62), che reca le «linee guida per l'istituzione del sistema dei parchi urbani d'interesse regionab.
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SOMMARIO: 1. Natura giuridica della Iicenza e della concessione edilizia. - 2. Introduzione ed estensione dell'obbligo della licenza edilizia. - 3. La concessione edi, lizia nella Iegge n. 10 del 1977. - 4. II permesso di costruire nel testo unico sull'edilizia. - 5. La denuncia di inizio attivita (d.i.a.). - 6. La procedura per Ia d.i.a. e le sanzioni in caso di trasgressioni. - 7. Trasformazione della destinazione d'uso. - 8. Immobili d'interesse storico o artistico. - 9. Soggetti legittimati a richiedere il permesso di costruire. - 10. Procedimento per il rilascio del permesso di costruire. - 11. Forma, pubblicita ed impugnazione. - 12. Permesso di costruire in deroga. - 13. Permesso di costruire condizionato. - 14. Le varianti. 15. Permesso in sanatoria.- 16. Voltura.- 17. Annullamento del permesso.- 18. Decadenza. - 19. Diritti dei terzi. - 20. Contributi per ii rilascio del permesso. 21. Permesso di costruire gratuito. - 22. Barriere architettoniche.
1. Natura giuridica della licenza e della concessione edilizia Come si e vista nel prima capitola (n. 3), con la legge n. 10/1977 la licenza edilizia fu trasformata in «concessione». La licenza edilizia rientrava nella categoria degli atti di autorizzazione, che sono quelli diretti a rimuovere un ostacolo all'esercizio di un diritto che appartiene al richiedente (cioe il diritto di edificare). Trattavasi, altresi, di un controllo preventive da parte dell'autorita comunale sulla conformita del progetto di costruzione alia normativa urbanistico-edilizia vigente. Pertanto, il rilascio della licenza non escludeva ogni responsabilita del titolare della medesima, qualora questa risultasse in contrasto
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con una qualsiasi disposizione vigente (di Iegge, di piano o di regolamento edilizio). In altri termini, costruire dopo aver avuto la licenza edilizia, toglie il pericolo dell'applicazione delle sanzioni penali previste per chi costruisce senza licenza (salvo che per alcuni Magistrati penali, che pretendono di considerare inesistente un permesso di costruire da essi giudicato illegittimo), rna non esclude Ia possibilicl dell'annullamento delle stesso o da parte del giudice amministrativo (su ricorso di un private controinteressato) o di ufficio, da parte della Regione (o dell'ente delegate) o della stessa autorita comunale che l'ha rilasciato. Intervenuto l'annullamento, come si vedra, saranno applicate le sanzioni amministrative stabilite per le costruzioni abusive. Con la legge n. 10, al posto della licenza edilizia fu introdotta la concessione per le ragioni indicate nel prime capitola. L'intenzione e stata forse quella di dimostrare che il diritto di edificare non spetta piu al proprietario del suolo, rna alia collettivita, in quanto la «concessione» viene tradizionalmente considerata un atto traslativo o costitutivo, nel sense cioe che la pubblica Amministrazione si spoglia di un diritto gia suo e lo trasferisce al private (concessione di linea ferroviaria o di area demaniale). In altri termini, con Ia concessione edilizia (oggi permesso di costruire), il Comune trasferirebbe al proprietario del suolo il diritto di edificare in conformita alia normativa urbanistica, facendo pagare un prezzo, consistente nei detti contributi previsti dalla Iegge 10/
1977. Senonche molti pensarono che sostanzialmente, rispetto alia licenza edilizia, era cambiato soltanto il nome, oltre al pesante onere dei contributi da pagare (cioe che la licenza edilizia da gratuita e diventata onerosa). Cio si desume, ad esempio, dal rilievo che la concessione edilizia doveva essere data dall'autorita comunale al proprietario dell'area con le modalita, con la procedura e con gli effetti gia previsti per le licenze edilizie, e che, inoltre, tale concessione era irrevocabile e trasferibile ai successori o aventi causa (1),
(1) Su cia v. cap. I, n. 3.
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II teste unico delle norme in materia edilizia (partie. art. 10) ha sostituito la concessione edilizia con il «permesso di costruire». Ma anche in tal caso e sostanzialmente cambiato soltanto il nome, come del resto e connaturale alia natura dei testi unici, aventi precipuamente una funzione compilativa e di coordinamento delle disposizioni vigenti. La nueva dizione e diretta anche a prende~e. atto ~he la facolta di edificare rientra ancora nel contenuto del dmtto d1 proprieta sulle aree fabbricabili, per il cui eserciz~o occorr~ s~lo u.n'autorizzazione e non una concessione della pubbhca Ammtmstraztone.
2. lntroduzione ed estensione dell'obbligo della licenza edilizia Fino al 1935 - salve eventuali diverse prescrizioni contenute in piani regolatori o regolamenti edilizi comunali - per peter costruire non era necessaria l'autorizzazione comunale. Con il d.l. 25 marzo 1935, n. 640, fu introdotto l'obbligo di chiedere tale autorizzazione a tutti colore che intendevano «fare nuove costruzioni, ovvero modificare od ampliare quelle esistenti». Tale disposizione fu raccolta, con maggiori dettagli, dall' art. 31 della Iegge urbanistica generale del 1942, che impose l'obbligo della licenza edilizia comunale «a chiunque intenda compiere nuove costruzioni edilizie o ampliare o modificare la struttura o 1'aspetto nei centri abitati e, dove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione». Pertanto, in linea di massi.ma, fin~ a~ 1967 non e stata necessaria la licenza edilizia per costru1re fuon de1 cent;i abitati (2) (cioe, come ha detto la giurisprudenza, fuori dei principali nuclei urbani e di queUe zone che, distinte e se~~r~te dai medesimi, costituiscono comunque un raggruppamento .edthzto, anche senza raggiungere la consistenza di una frazione o d1 una borgata). La legge-ponte del 1967- oltre ad estendere l'obbligo della licenza edilizia all'intero territorio comunale - ha previsto espressamente la
(2) Cfr. T.A.R. Campania, Salerno, 26 maggio 1993, n. 338, in Rassegna T.A.R, 1993, I, 2775.
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qualora !a zona presenti un sufficiente stato di urbahiz-
smontabili o addirittura mobili, con cui si e tentato di superare lo scoglio della necessita della Iicenza edilizia e, quindi, quello piu grave di rispettare le norme urbanistico-edilizie, che eventualmente impedivano qualsiasi costruzione nella zona interessata. , . Si sono registrate (e si registrano ancora) numerose iniziative dirette a sfruttare il progresso tecnologico e l'evoluzione dell'attivita produttiva per aggirare l'ostacolo della necessita delle autorizzazioni a costruire: dal capannone smontabile e dalla baita in legno, alia casa prefabbricata fino alia «casa automobile». In fondo - hanno ragionato produttori e consumatori - anche una casa vasta e confortevole si puo oggi montare su ruote capaci di trasportarla agevolmente da un luogo ad un altro: chi potra accusarci di aver eseguito una «costruzione» se, in ogni memento, sotto gli occhi dell'autorita piu severa, potremmo portarci a passeggio Ia casa, cioe il presunto oggetto del reato di costruzione abusiva? · ·Fortunatamente Ia giurisprudenza e parte della dottrina non so no cadute nel tranello e, in via di massima, hanno risposto adeguatamente. Si e concluso che anche le costruzioni costituite da dementi prefabbricati e le stesse «case mobili» incidono sull'assetto urbanistico e sull'equilibrato sviluppo del territorio e, quindi, hanno bisogno del permesso di costruire, nel rispetto della normativa vigente per I' edificazione nella localita. · Tuttavia, e stato precisato che. cio non vale in tutti i casi, bensi quando l'installazione di un «prefabbricato» o di una «Casa mobile» postula una durata temporale rilevante, cioe ove trattasi di un ins~ diamento permanente o temporaneo, rna non assolutamente provvrsorio o precario (s); e siffatta permanenza o precarieta (che non va
(~) In ~ens~ affer~ativo: conso~ida~ento ~elle fonqazioni di un fabbricato pericolante, .reahzzazrone d~ una vera?dma m vetn e plastica; apertura di una porta sulla pubbhca strada; amphamento dr una strada; costruzione di una balconata a! posto di al~ne finestre; ampia ~ettoia all'esterno di.un edificio; recinzioni; piscine anche scoperte, attrac~? per natantr; pall one pressostatrco; ecc. Invece, fu escluso I' obbligo della lice~za. ed.rhzra, ad esempro, .Pe~: baracche per ca.ntieri edili; pompe e serbatoi per distr·i~uton ?r carburante; lavon dr scavo per estrazrone di ghiaia; ripristino di due pilastri r~gge~tl un ca~cello, casualmente abbattuto; scavi per !a ricerca di acque minerali; opere d1 argmatura dr un corso d'acqua per creare invasi chiusi a fini di itticoltura; ecc.
(5) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 maggio 1982, n. 424, in It Cons. Stato, 1982, I, 670; 6 maggio 1991, n. 732, iv4 1991, I, 931; v. anche id., 15 luglio 1983, n. 329, iv4 1983, I~ 763, relativa ad un pallone pressostatico utilizzato stagionalmente per !a copertura dr una piscina; 24 febbraio 1996, n. 226, iv4 1996, I, 235, relativa ad una rivendita stagionale di alimenti e bevande; 24 febbraio 2003 n. 986, iv4 2003, I, 394 (con una sola massima) su un chiosco prefabbricato per attivita commerciale. II T.A.R. Lazio, Sez Il-ter, 27 settembre 2000 n. 7564, in Rassegna T.A.R, 2000, I, 4368, ha individuate Ia precarieta in opere realizzate per fini specifici e cronologicamente delimitati. Cfr. anche T.A.R. Campania, Salerno, 26 maggio 1993, n. 339, ivi, 1993, I, 2775, riguardante un box me-
necessita della licenza anche per interventi di demolizione delle costru~ion~ esiste~ti e per opere di urbanizzazione del terrene (come Ia reahzzazwne dr strade private). La stessa Iegge (art. 10; oggi art. 12 t.u. cit.) ha stabilito che Ia Iicenza edilizia (oggi permesso di costruire) ein ogni caso subordinata all'esistenza ~ell~, opere. ,di ~rbanizzazione primaria (salvo che il Comune abbra gra prevrsto dr attuarle nel successive triennia od il private. richi~dente si impegni a realizzarle contemporaneamente alla costruzrone m progetto). La detta disciplina vale anche nelle zone con ?pere ~i urbanizzazi?ne primaria insufficienti o parziali (3). L estensr?ne .dell'obbhg.o della Iicenza edilizia e Ia genericita delle formule legrslatrve determmarono in concreto Ia difficolta di stabilire per ~uali oper~ fosse o meno necessaria Ia licenza edilizia (4). Oggr, come sr vedra piu avanti, e stato introdotto un nuovo siste~a di controllo preventive sull'attivita edilizia (permesso di cos~r~ue. e denuncia di inizio attivita), per cui i precedenti orientamentr gmnsprudenziali e dottrinali in ordine alia necessita della autorizzazione e~ilizia. van~10.verificati alia luce delle nuove norme vigenti. Tuttavra- ar fim dr affermare l'obbligo del permesso di costruire - sembra ancora valido I'indirizzo affermatosi in tema di costruzioni (~) <;::fr.. Cons .• ~tato,.Se~. V, 23 luglio 1994, n. 793, in It Cons. Stato, 1994, I, 1066, sr ~rfens~e al.I rpotesr dr strade residenziali di estensione Iimitata o aventi solo rete rdnca, .rllumr~azr?r:e o fognatura, nonche in assenza totale di ogni infrastruttura sec~ndan~; m~ d drmer;o di c?nce~sione edilizia, perche !a zona si considera non dotata dr sufficrentr o~ere dr urbamzzazrone, deve specificate quali opere e in che misura si ri-
~h~
tengono carent,r. (T.A.R. Veneto,. 1~ giugno 1?97, n. 1020, in Rassegna T.A.R., 1997, I, 3095): Invece, I mtervento urbamstlco preventrvo non occorre - anche ove sia prescritto dal. prano
regola~ore generale -
z~rone, che equrvale all'operativita di un piano attuativo (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 25 grugno 1997, n. 430, iv4 1997, I, 3333). Su cio v. retro, cap. XIV, nota 2.
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CAPITOLO XXIV
confusa con la stagionalita) deve risultare da dati obiettivi e precipuamente dalla osservazione delle caratteristiche costruttive e del suolo sui quale trovasi il manufatto. Ad esempio, la «non precarieta» dell'opera e, quindi, la necessita dell'osservanza delle norme urbanistico-edilizie sono state desunte da una delle seguenti circostanze: spianamento 0 sbancamento del terrene; costruzione di tina platea di cementa per l'appoggio del manufatto; l'apertura di un idoneo passe carrabile; la creazione di opere fognarie; l'attacco alia rete idrica, elettrica, etc.; la creazione di recinzioni e di opere ornamentali (vialetti, aiuole, vasche, piscine, etc.); il disboscamento della vegetazione, e cosi via (6), La precarieta dell'opera e evidente, invece, per le case mobili al servizio di circhi, per i padiglioni di esposizioni fieristiche, per aule scolastiche mobili, e cosi via. La concessione «in precario» e ammissibile anche in casi diversi da quelli suindicati, qualora cia sia previsto dal piano regolatore e
tallico prefabbricato adibito ad autofficina meccanica; T.A.R. Basilicata, 7 luglio 2003 n. 687, iv4 2003, I, 3516 (manufatto non infisso a! suolo, ma destinate ad un'utilizzazione per~urante nel tempo). In particolare, sulla distinzione tra Ia precarieta e Ia stagionalita dell.opera, ~fr. Cass. pen., Sez. III, 22 agosto 2000 n. 9143, in Guida al diritto, 2001, n. 8, 97; rd., 9 drcembre 1998, n. 12890, in It Cons. Stato, 1999, II, 1155 (struttura fermata da pali in legno e copertura, destinata a ristorante stagionale); Cass., Sez. III, pen., 12 mar~o 2004 n. 11880, ivi 2004, II, 2215; T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 27 marzo 1999, n. 377, m Rassegna T.A_.R, 1999, I, 2162 (cabine balneari), nonche T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, 8 maggro 1999, n. 161, iv4 1999, I, 2466 e T.A.R. Liguria, Sez. I, 8 giugno 1998, n. 251, iv4 1998, I, 3155. Una delle case mobili tipo caravan, attrezzata ad usa di abitazione, che - nonostante Ia sua idoneita ad essere trainata per i piccoli spostamenti ed a velo~ita assai ridotta - sia essenzialmente destinata, per le sue obiettive caratteri~tiche tecmche, a soddisfare esigenze abitative prolungate nel tempo, rientra nel concetto di costruzione e richiede, quindi, apposita concessione edilizia (T.A.R. Valle d'Aosta, 27 gennai~ .1983, n. 8, in Rassegna T:A.R, 1983, I, 881; T.A.R. Piemonte, 24 gennaio 1983, n. 84, zvt, 1983, I, 85; T.A.R. Lazro, Sez. II, 7 marzo 1983, n. 206, iv4 1983, I, 1066; in gen~ral.e, v. Cons. State, Sez. V, 23 gennaio 1995, n."97, in It Cons. Stato, 1995, I, 52). Per Ia grunsprudenza penale, v. Cass., Sez. III, 3 luglio 1992, in Riv. oiur. edilizia, 1993 I 441. o' ' 6 ( )
Con riferimento alia temporanea recinzione di un terrene, necessaria per il solo periodo di installazione di un determinate impianto, v. T.A.R. Lazio, Latina, 26 marzo 1983, n. 97, in. Rassegna T.A.R, 1983, I, 1109. Secondo Cons. State, Sez. V, 2 maggie 2001 n. 2471, m It Cons. Stato, 2001, I, 1049, !'opera e precaria quando e destinata a soddisfare scapi cronologicamente delimitati, anche se di alcuni anni.
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nei limiti previsti da quest'ultimo (7). Essenziale, dunque, e la destinazione del manufatto in questione: ecce perche anche per i veicoli tipo «roulette» bisognera verificare se per case non fossero destinati per una collocazione permanente (B) in una determinata localita con la presenza di circostanze del tipo suindicato.
3. La concessione edilizia nella legge n. 10 del1977 Secondo la legge n. 10/1977 «ogni attivita comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi e la esecuzione delle opere e subordinata a concessione da parte del Sindaco».
(7) Cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 28 settembre 1994, n. 1281, in Rassegna T.A.R., 1994, I, 4180. Sarebbe, invece, illegittimo un permesso «in precario», rilasciato in contrasto con le norme urbanistiche vigenti, sulla base del solo impegno del costruttore di rimuovere in futuro i manufatti contrastanti con le norme medesime (cfr. Cons. State, Sez. V, 11 marzo 1995, n. 363, in It Cons. Stato, 1995, I, 352). (B) Cfr., per il case di roulettes, adibite ad abitazion.e, T:A.R. Piemonte, ~2 febbraio 1983, n. 134, in Rassegna T.A.R., 1983, I, 1118; T.A.R. Lrguna, Sez. I, 3 m~ggro 1999, n. 202, iv4 1999, 1, 2545; 12 marzo 1993, n. 82, iv4 1993, 1, 1878 e l3 gennaro 1995, n. 31, iv4 1995, I, 1168. Sulla necessita della concessione edilizia per bungalow-roulettes installati in un campeggio, cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 7 agosto 1993, n. 346, iv4 1993, I, 3742; peril case di opere amovibili come le serre, id., Sez. III, 7 gennaio 200~ n. 4, iv4 2004, I, 1156; in sensa contrario nel case di roulette con tenda antistante, destmata a zona di ristoro, v. T.A.R. Campania, Salerno, 26 maggio 1994, n. 277, iv4 1994, 1, 2776. In generale, !a giurisprudenza penale ha insistito sui rilievo che, per affermare Ia precarieta dell'opera, occorre che Ia costruzione sia, sin dall'origine, oggettivamente destinata a servizio di un bisogno temporaneo, cioe che esista !a certezza che, soddisfatta Ia transitoria necessita, Ia costruzione sara rimossa (Cass. pen., 25 gennaio 1982, in Riv. pen., 1983, 105; id., 21 aprile 1982, iv4 1983, 524). . . In altri termini, a nulla rileva l'eventuale precaneta strutturale del manufatto m quanto non si traduca in uso per fini contingenti e specifici (Cons. State, Sez. V, 11 febbraio 2003 n. 696, in Cons. State, 2003, I, 277; Cass., Sez. III pen., 13 novembre 2002 n. 38073, iv4 2003, II, 786); nello stesso sensa, con riferimento ad un manufatto adibito a canile, v. T.A.R. Toscana, Sez. III, 13 aprile 2005 n. 1596, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 1338.
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All'inizio, si poteva dire che la concessione edilizia era necessaria, in via di massima, in tutti i casi in cui sussisteva l'obbligo della licenza dopa la legge-ponte del1967 (9).
(9) Vedi note precedenti e nota 25. I precedenti giurisprudenziali riportati in nota talvolta risultano contrastanti e si possono prevedere anche in futuro un'oscillazione ed un' evoluzione della giurisprudenza, legate anche aile peculiari caratteristiche dei singoli casi. Sulla necessita della concessione per realizzare una recinzione con pali di cementa e rete metallica, cfr. T.A.R. Toscana, 24 ottobre 1980, n. 978, in Rassegna T.A.R, 1980, I, 4341; per Ia realizzazione di un portico con strutture in legno cfr. T.A.R. Lazio, Latina, 27 settembre 1982, n. 263, iv4 1982, I, 2775. Invece sulla non assoggettabilita all'obbligo della concessione di mere utilizzazioni del terreno (ad es., deposito di rottami e autovetture usate), v. Ia medesima sentenza. Per altri esempi - oltre quelli richiamati nel testo v., sulla necessita della concessione edilizia: T.A.R. Sardegna, 30 luglio 1997, n. 1125, in Rassegna T.A.R., 1997, I, 3820 (tettoia infissa stabilmente sui terreno e aperta su tutti i lati peril ricovero di autoveicoli); T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 20 giugno 2005 n. 5151, ivi, 2005, I, 1815 (invaso con argine artificiale e recinzione); id., Sez. !-quater, 4 giugno 2005 n. 4389, iv4 2005 I, 1785 (veranda in alluminio e vetri); T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 2 dicembre 2004 n. 18027, ivi, 2005, I, 528 (tettoia amovibile); T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 6 marzo 2003 n. 114, ivi, 2003, I, 2025 (tettoia di notevoli dimensioni, a cui per Ia sua entita non si puo attribuire natura pertinenziale); Cons. Stato, Sez. II, par. 10 novembre 2004 n. 3523/2002, in !l Cons. Stato, 2005, II, 341 (ricovero per autovettura con copertura in legno e laterali in graticci); T.A.R. Trentino-Alto Adige, Balzano, 21 luglio 1997, n. 295, iv4 1997, I, 3609 (installazione di pannelli solari); T.A.R. Campania, Salerno, 2 giugno 1997, n. 341, ivi, 1997, I, 3312 (piattafonna in cementa su cui venga appoggiato un bombolone peril metana); T.A.R. Piemonte, 24 gennaio 1983, n. 69, iv4 1983, I, 869 (box in Iamiera destinato al ricovero di attrezzi agricoli, anche se non infisso saldamente a! suolo); T.A.R. Basilicata, 29 dicembre 1982, n. 221, iv4 1983, I, 702 (vasca per l'allevamento di pesci su scala industriale); T.A.R. Lombardia, Milano, 9 novembre 1982, n. 1085, ivi, 1983, I, 146 (tettoia in legno destinata a soddisfare esigenze stabili); T.A.R. Piemonte, 17 marzo 1981, n. 184, ivi, 1981, I, 1583 (installazione di un binario ferroviario da parte di un soggetto privata su un terreno di sua proprieta); T.A.R. Lombardia, Milano, 4 marzo 1981, n. 229, ivi, 1981, I, 1607 (installazione sui suolo di un serbatoio di stoccaggio di ossigeno liquido di notevoli dimensioni); T.A.R. Lombardia, Brescia, 31 dicembre 1983, n. 923, ivi, 1984, I, 964 (posa in opera di un cancello); Cass., Sez. III pen., 11 ottobre 1983, n. 8078/1162, in !l Cons. Stato, 1984, II, 670 (muro di contenimento alto tre metri e lungo metri 35); in genere per i muri di contenimento, v. T .A.R. Lazio, Sez. li-ter, 4 novembre 2000 n. 8923, in Rassegna T.A.R., 2000, I, 5054; contra, T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 12 marzo 2001, n. 106, ivi, 2001, I, 1764); T.A.R. Piemonte, Sez. I, 26 aprile 2004 n. 680, iv4 2004, I, 2403 (sulla non necessita della concessione edilizia per muri di contenimento diretti ad evitare smottamenti o frane); Cons. Stato, Sez. V, 10 ottobre 1984, n. 714, in !l Cons. Stato, 1984, I, 1191 (chiosco destinato a! servizio di un distributore di carburante); T.A.R. Veneto, 26 settembre 1985, n. 644, in Rassegna T.A.R, 1985, I, 3748 (griglia su un fossa, costituita da due spalle in muratura con sovrastanti travi in lamiera e ferro); T.A.R. Emilia-Romagna,
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CAPll'OLO XXIV
.., Tuttavia, la citata legge 10/1997 intese estendere l'obbligo de~la concessione a casi di interventi, che, pur non comportando la reahzzazione di volumi edilizi, in qualche modo modifichino sens.ibilmente la situazione dei luoghi: ecco perche si e ritenuta necessana la concessione edilizia per opere per le quali in precedenza si tendeva ·'
Sez. II Bologna, 5 ottobre 1990, n. 394, ivi, 1990, I, 4307; IS luglio 1994, n. 464, ivi, 1994, I, 3150 (capanno da pesca posto su galleggiante ancorato ~ collegato. a terra); T.A.R. Liguria, Sez. I, 6 maggio 1991, n. 322, ivi, 1991, I, 2394 (cabme b~lnean); ~.A.R. Toscana, Sez. I, 27 gennaio 1994, n. 11, iv4 1994~ I, 1136; ~.A.R..Ca~pam~, ~apoh, Sez. V, 28 dicembre 1994, n. 530, ivi, 1995, I, 774 (edt~ola per.nvendt.ta gtornah); td., Sez. N, 15 ottobre 1999, n. 2680, ivi, 1999, I, 4962 (tettma-deposltO costttuente volu~e); Se~. v! 6 settembre 1999, n. 1015, in !l Cons. Stato, 1999, I, 1330 (vasca di notevoli dtmenstom antincendio e per irrigazione); id., 6 aprile 1998, n. 415, iv4 1998, I, 585 (antenna alta 8 metri per stazione radio); cosl, in genere, C::ons. Stato,. Sez: ~· 26 settembre 2~03, n. 5502, iv4 2003, I, 2003 e, per un'antenna dt telecomumcaztom, T.A.R. Campama,. Napoli, Sez. N, 23 dicembre 2003 n. 15556, in Rassegn~ TA ..R., 2004, 756); plat~a dt cal~ cestruzzo ospitante all'interno una fossa per Ia nparaztone degh automezzt pesantl (Cass., Sez. III pen., 8 agosto 2003 n. 33002, in !l Cons. Stato, 2004, II, 865); paV!mentazione in battuto di cementa (T A.R. Piemonte, Sez. I, 2 febbraio 2005 n. 208, m Rassegna T.A.R, 2005, I, 1029); Cons. Stato, Sez. V, 11 novembre ~004 n. 7324, i~i, 2~04, I, ,2366 (spargimento di ghiaia su un'area, preordinato alia modtfica della destmaz10ne d uso); con£ Cass. pen., Sez. III, 19 febbraio 2004 n. 6930, iv~ 2004, II, 1996; nella stesso sensa: T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 17 marzo 2000 n. 1041.• m Rassegna TA.R., 2000, I, 27~1)! Cons. giust. amm. Reg. sic. 18 marzo 1998, n. 166, m !l Cons. S~to, 1998, I, 490 .Cass1 d.1 recinzione di notevoli dimensioni); Cass. Pen., Sez. III, 27 gennato 2000 n .. 859, m G~t da al diritto, 2000, n. 8, 90 (coperture di lastrico solare con. tetti a falde); td:, 2? lugho 2000 n. 8521, iv4 2000, 8, 97 (portico in cementa armata dt mq. 250 costrutto mtorno ad una villa); id., 4 agosto 1999, n. 9912, in !l Cons. Stato, .2?00, II, 500 (strada la~ga 4 metri e lunga 150 metri); id., 20 novembre 1998, n. 12002, t~t, 1999, II, 897 CI.aghetti per un campo di golf); TA.R. Emilia-Romagna, Parma, 17 apnle 2000 n. 229, ~ J?t:ssef!l:a TA.R, 2000, I, 3222 e Bologna, 4 aprile 2000 n. 43~, iv4 200.0, I, 2577 (stazwm rad10 base per sistemi di telefonia mobile); T.A.R. Cam~ama, Napoh, ~~z .. I, 6 s~ttemb~e ~002 n. 4675, ivi, 2002, I, 4015 (antenna, senza opere lll mur~tura, vlSlblle ~a1 luogh1 ctrcostanti; contra, per un'antenna per radioamatore, T.A.R. Ptemonte, 21 dtcemb.r~ 2002 n. 2157, ivi, 2002, I, 3732); TA.R. Campania, Salerno, 22 ottobre 1999, n. 462, zvz, 1999, I, 5024 (box da adibire a cabina balneare); T.A.R. Toscan~, S~z. III, 10 settembre 1~99, n. 425, ivi, 1999, 1, 4398 (tettoia in plastica sorretta da pal.I d1 legno);.T.A.R. Calabna, Catanzaro, 23 giugno 1999, n. 815, ivi, 1999, I, 3653 (p1attafo~ma. m .ce~ento armata); T.A.R. Piemonte Sez. I, 10 giugno 1999, n. 400, ivi, I, 3173 (tmptantl dt. acquac~ltura)~ T.A.R. Campania, Sez. III, 25 gennaio 1999, n. 126, iv4 .19.99, I, 1066 (pav~mentaz10n~ dt terreno per renderlo adatto a parcheggio in zona .Paests~ca); .r.A.R.. ~z.!O, Sez. ~I-bts, 5 settembre 2003 n. 7406, ivi, 2003, I, 3685 (stoccagg10 stablle dt matenah m aree vmcola-
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CAPITOLO XXIV
IL PERMESSO DI COSTRUIRE
generalmente ad escludere l'obbligo della licenza edilizia (aree di servizio per Ia distribuzione del carburante, camping, e cosi via).
Inoltre, Ia Iegge 10/1977 ha escluso espressamente (art. 9, lett. c) Ia necessita della concessione a costruire per le opere di manutenzione ordinaria (cosi oggi art. 6 t.u. cit.). Tale norma abbraccia, ad esempio, la sostituzione di pavimenti, di infissi, di manti di copertura, di rivestimenti interni e cosi via, nonche la realizzazione di impianti di riscaldamento, elettrici, idrici, telefonici, etc., per la parte in cui non richiedono Ia costruzione di volumi (sia pure volumi tecnici) necessari per tali impianti (ad es., locale caldaia). La Corte di Cassazione, in sede penale, ha escluso la necessita della concessione edilizia per la costruzione di un soppalco diretto ad ottenere una duplice utilizzazione del vane, in quanta non si tratterebbe d~ll'esecuzione di volumi edilizi e tanto meno di nuovi organismi edilizi (tO). Ma in tal case bisognera provvedere alia denuncia di inizio attivita. E state escluso l'obbligo della concessione per il rifacimento di manti stradali, per l'esecuzione dei lavori diretti alia coltivazione agricola, compresa la messa a dimora (11) od il taglio di alberi (12) (sal-
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te); T.A.R. Toscana, Sez. I, 19 dicembre 1997, n. 659, iv4 1997, I, 599 (balconi); T.A.R. T?scana~ Se~. II~ •. 13 ~.ru;zo 200~. n .. 496, iv~ 2001, I, 1777 (frazionamento di un corpo
dt fabbnca m pm umta tmmobdtan); T.A.R. Lazio, Sez. II, 9 febbraio 2004 n. 1224, iv4 2004, I, 1005 (aumento unita abitative); T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 17 marzo 2000 n. 744, iv~ 2000, I, 2686 (serbatoi); T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Balzano, 12 maggio 2000 n. 131, iv~ 2000, I, 3169 (tende solari su strutture metalliche infisse al suo1?); T.A.~ E~ilia Romagna, Parma, 17 aprile 2000 n. 229, iv~ 2000, I, 3222 (antenne ncetrasm1ttent1 montate su tralicci di rilevanti dimensioni; contra, T.A.R. Abruzzo, 3 ottobre 2000 n. 772, iv~ 2000, I, 5227, sull'installazione di antenne trasmittenti radiotelevisive, incluse le relative cabine di servizio); T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 23 maggio 2000 n. 593, iv4 2000, I, 3472 (invasi, dighe e vasche di scolo); T.A.R. Veneto, Se~. II, 28 luglio 2000 n. 1404, iv~ 2000, I, 4423 (destinazione di un capannone industnale a supermercato); T.A.R. Marche, 28 luglio 2000 n. 1230, iv~ 2000, I, 4471 (antenna saldamente ancorata a! suolo e visibile dai luoghi circostanti); T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 2 ottobre 2000 n. 7748, iv~ 2000, I, 4739 (recinzione in muratura con sovrastante r7te metal.lica); ~.A.R. Marche, 29. settembre 2000 n. 1371, iv4 2000, I, 4884 (trasformaZlOne radtcale dt terreno erboso m area attrezzata); T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 20 otto~r~ ~003 n. ~2922, i.v~ 2003, I, 4720 (sbancamento e ripianamento del terreno); T.A.R. Stctha, Catama, 12 dtcembre 2001 n. 2414, iv4 2002, I, 809 (tettoia con pilastri in ferro e copertura in lamiera); Cass., Sez. III pen., 14 marzo 2000 n. 3107, in It Cons. Stato, 2000, II, 2273 (campo da golf); id., 27 marzo 2000 n. 3879, iv4 2000, II, 2275 (trasformazione di balcone in veranda). An~he le ?pere ed~lizie ordinate da una sentenza del giudice civile sono soggette a concess10ne dt costruz10ne (Cons. Stato, Sez. V, 18 ottobre 1985, n. 324, in It Cons. Stato, ~ 985, I, 1122). Estr:-ta invece esclus~ ltf necess~ta de_tla. concessio~e edilizia anche nei seguenti cast: antenne parabohche (T.A.R. Fnuh-Venezta Gmha, 6lugho 1999, n. 876, in Rassegna T.A.R., 1999, I, 3332); normale struttura di recinzione (T.A.R. Veneto, Sez. II, 13 luglio 1998, n. 1401, iv~ 1998, I, 3135); divisione in due dell'altezza di un locale commerciale si da realizzare un soppalco (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 23 dicembre 2003 n. 15559, iv~ 2004, I, 756; id., 24 giugno 1998, n. 2102, iv4 1998, I, 3343 e Salerno, 27 agosto 1998, n. 850, iv4 1996, I, 3880; con£ Cass., Sez. III pen., 16 febbraio 1990 in ·Foro it., 199~, II, ~27; Pret. Mi~ano, 12 maggio 1983, in Riv. giur. edilizia, 1984, I, 440); tettoia pertmenz.tale (T.~R. Pt~monte, S~. I, 21 .~aggio 1~98, n. 34?, in Rassegna T.A.R, 1998, I, 2~~5); mstallazt?ne dt un con tamer all mterno d1 un canttere per uso ufficio (T.A.R. Basthcata, 2 magg10 2000 n. 253, iv4 2000, I, 3443); 'trasformazione interna di un esercizio commerciale (T.A.R. Lazio, Sez. !I-ter, 26 ottobre 2000 n 8690 iv4 2000 I 4799)· pontile galleggiante privo di strutture murarie (T.A.R. Liguri~, Sez. 3 ottob;e ZOOO n: 1023, iv~ 200~, I, 5187); chiusura con vetrate di un preesistente portico (T.A.R. Abruzzo, Pesca:a, 1~ dtcem?:e. 1997, n. ?03, !v4 1~97, I, 673, che ritiene necessaria una semplice autonzzaz10ne eddtzta); semphce ptsta dt campagna (T.A.R. Sicilia, Palermo, 1° dicembre 1982, n. 906, iv4 1983, I, 716); trivellazione per l'esecuzione di saggi geognostici (sent. prec. cit.); lavori di dragaggio (nelle specie della foce centrale di un lago: T.A.R. Campania, Sez. Napoli, 18 gennaio 1983, n. 6, iv4 1983, I, 977); rifacimento di una tet-
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toia su un cortile interno con materiale diverso da quello precedente (T.A.R. Piemonte, 22 febbraio 1983, n. 145, iv4 1983, I, 1120); installazione di una tenda parasole (T.A.R. Basilicata, 15 dicembre 1983, n. 341, iv~ 1984, 1, 707 e T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 28 maggio 1984, n. 271, iv4 1984, I, 2234); muro di contenimento di modestissime dimensioni (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 7 maggio 1984, n. 135, iv~ 1984, I, 2037); muro di recinzione con blocchetti di cementa di altezza non superiore ad un metro e mezzo (Cass., Sez. III pen., 26 maggio 1988, n. 2094, in Sett. Giur., 1989, III, 5); muretto di modeste dimensioni ed armatura in ferro su un solaio (Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 1991, n. 547, in It Cons. Stato, 1991, I, 694); tendone sorretto da telaio metallico per copertura stagionale di tavoli (T.A.R. Liguria, 2 giugno 1992, n. 266, in Rassegna T.A.R, 1992, I, 3367); Ia recinzione in legno e rete metallica, che non causi impedimenti alia viabilita e non alteri l'estetica dell'immobile recintato (Cons. Stato, Sez. V, 21 ottobre 1985, n. 343, in ll Cons. Stato, 1985, I, 1129; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 23 febbraio 1995, n. 70, in Rassegna T.A.R, 1995, I, 1812); cancello in ferro (Cons. Stato, Sez. II, 27 ottobre 2004 n. 1823/2003, in It Cons. Stato, 2005, II, 162); mezzo carrato provvisorio per telefonia celIulare (Cons. Stato, Sez. II, 7 aprile 2004 n. 1455/2003, iv4 2005, II, 135). (10) Cass., Sez. III pen., 28 marzo 1990, n. 414, in Il Cons. Stato, 1990, II, 1860. (11) Cfr. T.A.R. Veneto, 30 gennaio 1981, n. 36, in Riv. giur. editizia, 1981, I, 879, relativa all'implantazione di un pioppeto; T.A.R. Umbria, 22 ottobre 1985, n. 517, in Rassegna T.A.R, 1985, I, 4271. (12) Cfr., per il taglio del bosco, T.A.R. Lazio, Sez. II, 23 febbraio 1983, n. 148, in Rrmegna T.A.R., 1983, I, 814; v. anche, in generale, T.A.R. Lombardia, Milano, 18 dicembre 1982, n. 1350, ivi, 1983, I, 523; per la costruzione di un canale di bonifica, per spianamenti, scavi e riporti, v. Cons. Stato, Sez. V, 23 gennaio 1984, n. 69, in It Cons.
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CAPITOLO XXIV
va la questione delle serre gia controversa in giurisprudenza e diversamente disciplinata da alcune norme regionali) (13), nonche, infine, per lo scarico di una modesta quantita di terra (14) o per la trivellazione di un pozzo (15). Invece - esteso in genere l'obbligo di concessione per tutte le opere di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale anche per la costruzione degli elettrodotti o per l'apertura di miniere, cave e torbiere dovrebbe essere richiesta la concessione da parte del Sindaco (ove non trattasi di amministrazioni statali o enti istituzionalmente competenti: v. cap. XIX, n. 4) (16): novita importante,
Stato, 1984, I, 53. Invece, per Ia configurabilita del reato di costtuzione senza concessione in caso di lavori di avvallamento e spianamento del terrene, abbattimento di alberi ed eliminazione del sottobosco, v. Cass., Sez. III pen., 19 ottobre 1988, n. 129, iv4 1989, II, 632. Tuttavia, estata ritenuta necessaria Ia concessione edilizia anche per interventi limitati all'interno di un fabbricato esistente, che comportino un aumento di unita abitative T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 4 giugno 1996, n. 467, in Rarsegna T.A.R, 1996, I, 3367). (13) V., Cons. Stato, Sez. V, 10 giugno 1985, n. 238, in It Cons. Stato, 1985, I, 707, sulla necessita della concessione edilizia per una serra costituita da teli di plastica sorretti da strutture portanti in ferro e ancorate ai muri perimetrali di un cortile (id., 25 novembre 1988, n. 760, iv4 1988, I, 1425; T.A.R. Toscana, Sez. II, 26 maggio 1994, n. 186, in Rarsegna T.A.R., 1994, I, 2629; T.A.R. Veneto, ~ez. II, 16 dicembre 1997, n. 1751, iv4 1997, I, 530). (14) Nella specie, con innalzamento del livello del suolo di circa mezzo metro (Cons. Stato, Sez. V, 18 novembre 1982, n. 791, in II Cons. Stato, 1982, I, 1372). (15) Cfr. T.A.R. Sicilia, Catania Sez. II, 15 ottobre 1987, n. 775, in Rarsegna T.A.R, 1987, I, 4338. (16) Cfr. T.A.R. Sicilia, Catania Sez. II, 30 novembre 1988, n. 1250, in Rarsegna T.A.R, 1989, I, 1477; cfr. T.A.R. Campania, Napoli, 21 settembre 1982, n. 480, iv4 1982, I, 3160, sulla necessita della concessione edilizia per i lavori di scavo ed estrazione di qualsiasi genere, anche se di modesta entita, essendone esclusi solo i semplici movimenti di terra che non implicano in alcun modo l'utilizzazione del terrene; v. anche, per impianti di irrigazione, Cons. Stato, Sez. V, 10 giugno 1982, n. 524, in It Cons. Stato, 1982, I, 863; per movimenti di terra ai fini di urbanizzazione del terrene, v. Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 1981, n. 717, iv4 1981, I, 1462; per le miniere, v. Cons. Stato, Sez. V, 5 marzo 1983, n. 73, iv4 1983, I, 259. E stata ritenuta Ia necessita della conces~ione edilizia per Ia realizzazione di un tendone parasole che, mediante pali di legno, msista su una piattaforma di notevoli dimensioni (T.A.R. Lazio, Sez. II, 18 novembre 1985, n. 2692, in Rllssegna T.A.R, 1985, I, 4050, con£ da Cons. Stato, Sez. V, 20 giugno 1987, n. 397, in It Cons. Stato, 1987, I, 810), nonche per lo spostamento di sede di un trasmettitore televisivo costituito da una gru alta quindici metri e da un box in lamiera
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ove si considerino i notevoli guasti all'ambiente naturale spesso arrecati dalle opere in questione. Ma la giurisprudenza prevalente ha escluso la necessita della concessione edilizia per l'attivita di coltivazione di una cava (17). Invece, la concessione edilizia e stata ritenuta necessaria per i manufatti e gli impianti occorrenti per la coltivazione della cava e non puc essere rilasciata prima della relativa autorizzazione regionale (18), . ::, E stato altresi ritenuto che il potere urbanistico del Comune s1 estende anche al mare territoriale prospiciente la terraferma, ogniqualvolta sia realizzata un'opera che per la distanza dalla spiaggia. s~a idonea a causare un'apprezzabile alterazione dello stato de1 luogh1 m cui risiede la popolazione comunale (ad esempio, una scogliera collegata con la terraferma) (19). . .. . Invece, talvolta e stata esclusa la necessita della concessione edlhzia per le costruzioni private all'interno dei cimiteri, ritenendo sufficiente la verifica, da parte dell'autorita comunale, della conformita per gli attrezzi (f.A.R. Trentino-Alto Adige, Balzano, 19 gennaio 1995, n. 2, in Rarsegna T.A.R, 1995, I, 1149). (17) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24 marzo 1998, n. 349, in Il Cons. ~tato, 19?9, I, .398, che ritiene illegittima anche Ia disposizione del p.r.g. recante l'~~bhgo dell autonzzazione o concessione edilizia per l'apertura di una cava; T.A.R. Basthcata, 25 marzo 2002 11 • 267, in Rarsegna T.A.R., 2002, I, 2107; T.A.R. Veneto, 5 giugno 2000 n. 1171, iv4 2000, I, 3826; T.AR. Lombardia, Brescia, 3 agosto 1998, n. 722, iv4 1998, I, 3657; T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 15 gennaio 1998, n. 32, iv4 1998, I, 974; Cons. Stato, Sez. N,.4 febbraio 1997, n. 83, in Il Cons. Stato 1997, I, 178; ad. plen., 12 ottobre 1991, n. 8, 111 Riv. giur. edilizin, 1992, I, 127 e Cass., Sez. un. pen., 18 giugno 1993, iv4 ~994, I, 4~5; con nota di NOVARESE; in sensa contrario, Cass. pen., Sez. III, 15 genna10 1993, tVt, 1993 I 194 con nota di richiami anche della precedente contrastante giurisprudenza penaie.' Per ~uanto riguarda gli elettrodotti dell'ENEL, cfr. T.A.R. Valle d' Aosta, .10 aprile 1990, n. 25, in Rarsegna TA.R., 1990, I, 1927; T.A.R. Veneto, Sez. I, .18 magg10 1994, n. 550, iv4 1994, I, 2534 (non necessita della concessione). In Campama, per le cave, v. Ia Iegge regionale 13 dicembre 1985, n. 54, partic.. a~tt. 19, 35 e ~6. . . (18) Cfr. RAIMONDI, in L 'ordinamento urbanesttco della Regzone Campanea, a cura dt G. D'Angelo, Cedam, 1995, II, 208. (19) Cfr. T.A.R. Toscana, 20 settembre 1984, .n..1101, ~n. Rars~gna ~A.R, 19~4, I, 3401 (secondo cui ii Sindaco puo adottare le sanztom ammt~tstrattve net confront! delle opere eseguite sui mare territoriale); con£ T.A.R. Campama, Salerno, Sez. II, 12 febbraio 2001n. 109, iv4 2001, I, 1391. . . Sull' estensione del controllo comunale agli interventi edilizi dei privati sul demamo della Stato, v. Cons. Stato, Sez. VI, 31 agosto 2004 n. 5723, in Il Cons. Stato, 2004, I, 1687.
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CAPITOLO XXIV
del progetto al regolamento di polizia mortuaria ed al piano regolatore cimiteriale (2o). Nella giurisprudenza penale sull'obbligo della concessione edilizia di cui alla legge 10/1977, la risposta affermativa si trova, ad esempio, anche per la costruzione di silos (21) e la realizzazione di campi sportivi (22) (salvi oggi i casi soggetti soltanto a D.I.A.). Come si dira nel numero successive, il testa unico dell' edilizia ha sostituito la concessione edilizia con il permesso di costruire. In base alla nueva normativa, le opere per le quali occorre il permesso di costruire coincidono prevalentemente, rna non sempre, con quelle soggette a concessione edilizia (23).
(20) Cfr. T.A.R Toscana, Sez. II, 3 maggio 1994, n. 176, in Rassegna T.A.R, 1994, I, 2627; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 14 dicembre 1989, n. 534, ivi, 1990, I, 759; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 6 aprile 2000 n. 304, ivi, 2000 I, 2908; in sensa contrario T.A.R. Piemonte, Sez. I, 23 luglio 1998, n. 539, ivi, 1998, I, 3613. Sulla necessita del permesso di costruire per !a realizzazione di strutture funerarie in ambito cimiteriale, v. T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 23 febbraio 2005 n. 208, ivi, 2005, I, 1151. (21) V. Cass., Sez. III pen., 17 giugno 1980, n. 468, in Il Cons. Stato, 1981, I, 210~ riguardante silos costruiti con pannelli verticali prefabbricati, uniti tra !oro e montat1 su una platea di calcestruzzo. (22) V. Cass., Sez. III pen, 17 giugno 1980, n. 541, in Il Cons. Stato, 1981, I, 210, relativa a campi da gioco di calcio o per bocce. (23) Ad esempio, occorre il permesso di costruire per l'installazione delle antenne per telefonia mobile (Cons. Stato, Sez. VI, 18 maggio 2004 n. 3193 e 19 ottobre 2004 n. 6779, in Il Cons. Stato, 2004, I, 1090 e 2169) o di insegne o tabelle pubblicitarie di rilevanti dimensioni (Cass., Sez. III pen., 11 febbraio 2004 n. 5328, ivi, 2004, II, 1787). E' stato anche precisato che il permesso di costruire una stazione radio base non, puo esse:re negato per il superamento dei limiti di altezza prescritti con riferimento a manufattl di rilievo urbanistico ed edilizio (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 18 gennaio 2005 n. 71, in Rassegna T.A.R., 2005, I, 773). Sulla necessita del permesso. di cos~ruire nel caso ?i trasformazione di un' area di circa mq. 70 da agricola a parchegg10 medtante !a messa m opera di ghiaia, v. Cass., Sez. III pen., 19 febbraio 2004 n. 6930, in Il Cons. Stato, 2004, II, 1996. Sull'esclusione della necessita del permesso di costruire nel caso di una «sovrastruttura in pali e murali in legno a due falde spioventi realizzata in sopraelevazione ad un preesistente pergolato in un fonda agricola••, v. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 2 luglio 2004 n. 9876, in Rassegna T.A.R., 2004, I, 1720; invece sulla necessita del permesso per costruire una tettoia incidente sensibilmente sull'assetto edilizio preesistente, id., Sez. N, 10 maggio 2005 n. 5765, ivi, 2005,,I, 2024.
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4. It permesso di costruire nel testo unico sutl'edilizia Il citato testa unico sull'edilizia, entrato in vigore il 30 giugno 2003 (d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, modi£ dal d.lgs. 27 dicembre 2002 n. 301), ha anzitutto ridotto a due gli atti di assenso all'attivita edilizia, sopprimendo la semplice «autorizzazione editizia». Infatti, i titoli abilitativi rimasti sono soltanto il <
(24) V. MURRA, La denuncia di inizio attivita in materia edilizia, in Il Cons. Stato, 2002, II, 317.
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CAPITOLO XXIV
del progetto al regolamento di polizia mortuaria ed al piano regolatore cimiteriale (2o). Nella giurisprudenza penale sull'obbligo della concessione ed~~i~ia di cui alla legge 10/1977, la risposta affermativa si trova, ad esemp10, anche per la costruzione di silos (21) e la realizzazione di campi sportivi (22) (salvi oggi i casi soggetti soltant~ a D.I.A.).. , .. . Come si dira nel nmnero successive, d teste umco dell ed1hz1a ha sostituito la concessione edilizia con il permesso di costruire. In base alla nueva normativa, le opere per le quali occorre il permesso di costruire coincidono prevalentemente, rna non sempre, con queUe soggette a concessione edilizia (23).
(20) Cfr. T.A.R Toscana, Sez. II, 3 maggio 1994, n. 176, in Rflssegna T.A.R, 1994, I, 2627; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 14 dicembre 1989, n. 534, iv4 .1990, I, 759; T.~R. Calabria, Reggio Calabria, 6 aprile 2000 11. 304, iv4 2000 I, 2908; m senso contrano T.A.R. Piemonte, Sez. I, 23 luglio 1998, n. 539, iv4 1998, I, 3613. Sulla necessita del permesso di costruire per la realizzazione di st.rutt-ure fu11erarie .it~ ambito cimiteriale, v. T.A.R. Campania, Salemo, Sez. II, 23 febbrato 2005 11. 208, Wt, 2005, I, 1151. . (21) V. Cass., Sez. III pen., 17 giugno 1980, n. 468, ~11 ~~ Co~s: Stato, 1981, I, 210! nguardante silos costruiti con pannelli verticali prefabbncatt, umtt tra loro e montatt su una platea di calcestruzzo. . . . (22) V. Cass., Sez. III pen, 17 gtUgno 1980, n. 541, mil Cons. Stato, 1981, I, 210, relativa a campi da gioco di calcio o per bocce. . . ,. . (23) Ad esempio, occorre il permesso dt costrutre per lmstallaztone delle antenne per telefonia mobile (Cons. Stato Sez. VI, 18 maggio 2004 n. 3193 e 19 ottobre 2004 n. 6779, in Il Cons. Stato, 2004, I, Hl90 e 2169) o ~i insegne o tabell; pubblicitarie di rile: vanti dimensioni (Cass., Sez. III pen., 11 febbrato 2004 n. 5328, zvr, 2004, II, 1787). E stato anche precisato che il permesso di costruire una stazione radio base non puc esse:re negato per il superamento dei limiti di altezza presc~itti con riferimento a .manufattt di rilievo urbanistico ed edilizio (T.A.R. Lombardta, Mtlano, Sez. I, 18 ge11natb 2005 n. 71, in Rassegna T.A.R., 2005, I, 773). Sulla necess~ta del pennesso. di cos~ruire nel caso ~i trasformazione di un'area di circa mq. 70 da agncola a parcheggto medtante la messa m opera di ghiaia, v. Cass., Sez. III pen., 19 febbraio 20~4 n. 69~0, in Il Cons: Stato, 2004, II 1996. Sull'esclusione della necessita del permesso dt costrutre nel caso dt una «sovrast~uttura in pali e murali in legno a due falde spioventi realizzata i~ soprael~azione ad un preesistente pergolato in un fondo agricola», v. T.A.R. Campama, Napolt, Sez. II, 2 luglio 2004 n. 9876, in Rassegna T.A.R, 2?0.4, I, 1720; i~vece sulla .n.e~essita d~l perme~so per costruire una tettoia incidente senstbtlmente sull assetto edtltzto preeststente, td., Sez. N, 10 maggio 2005 n. 5765, iv4 2005,), 2024.
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4. II permcsso di r.YJSti'UhY! 1u!l testo unico su!!'cdilizia Il citato testa unico sull'edilizia, entrato in vigore il 30 giugno 2003 (d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, modi£ dal d.lgs. 27 dicembre 2002 n. 301), ha anzitutto ridotto a due gli atti di assenso all'attivita edilizia, sopprimendo la semplice «autorizzazione edilizia». Infatti, i titoli abilitativi rimasti sono soltanto il «permesso di co~ struire» - che sostanzialmente e il nuevo nome della concessione edilizia- e la «denuncia di inizio attivita» (24). Il riordino e la semplificazione della normativa hanno risolto espressamente alcune questioni, che in precedenza erano state decise dalla giurisprudenza gia richiamata a proposito della necessita della concessione edilizia. N aturalmente non c' e una norma specifica per ogni fattispecie e, 'quindi, la giurisprudenza richiamata potrebbe ancora servire come orientamento per stabilire la necessita o meno del permesso di costruire. Il teste unico - utilizzando anche i richiamati indirizzi giurisprudenziali - indica con notevole specificazione gli interventi edilizi subordinati a permesso di costruire. Ai sensi dell'art. 10, comma 1, sono subordinati a permesso di costruire (salva, in qualche case, la possibilita di ricorrere in via alternativa, alia denuncia di inizio attivita): a) gli interventi di nueva costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverse dal precedente e che comportino aumento di unita immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici ovvero, limitatamente agli immobili compresi neUe zone omogenee A (i cosiddetti centri storici}, comportino mutamenti della destinazione d'uso. In ogni case, la legge regionale dovra stabilire se e quando i mutamenti della destinazione d'uso degli immobili debbano essere o
(24) V. MURRA, La denuncia di inizio attivita in materia edilizia, in Il Cons. Stato, 2002, II, 317.
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meno subordinati a permesso di costruire o a denuncia di inizio ittivita. La norma riportata diventa malta piu specifica, ave si considerino le definizioni degli interventi edilizi contenute nell'art. 3 del testa umco. In particolare, Ia lettera e) di tale norma - inesistente nell'art. 31 della Iegge 457 del 1978 (retro, cap. XV, n. 3) - elenca una serie di opere definite «interventi di nuova costruzione» e, quindi, subordinate a permesso di costruire ai sensi del citato art. 10. Infatti, sana considerati «interventi di nuova costruzione»: 1) Ia costruzio'ne di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanta previsto aln. 6; 2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune; 3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato; 4) l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione; 5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulettes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee; 6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alia zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nueva costruzione, ovvero che comportino Ia realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale; 7) Ia realizzazione di depositi di merci o di ·materiali, Ia realizzazione di impianti per attivita produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua Ia trasformazione permanente del suolo inedificato. La riportata normativa ha, quindi, risolto espressamente alcune delle questioni gia decise dalla giurisprudenza indicata in precedenza a proposito della necessita della concessione edilizia. In particolare, e
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prescritto I' obbligo del permesso di costruire anche per realizzare tralicci per impianti radio o servizi di telecomunicazioni, nonche per le cosiddette case mobili. Riguardo aile opere pertinenziali, possono ancora sorgere varie perplessita, potendo ritenersi, ad esempio, che non necessiterebbero di permesso di costruire in tutti i casi in cui il volume non superi il 20 per cento del volume dell'edificio principale. E augurabile, quindi, che le norme di attuazione degli strumenti urbanistici - cui Ia stessa Iegge rinvia - precisino con chiarezza quali interventi pertinenziali siano soggetti a permesso di costruire. In ogni case, neUe zone dichiarate d'interesse paesistico, resta ferma la necessita dell'autorizzazione paesistica ai sensi del codice dei beni culturali (d.lgs. 24 gennaio 2004 n. 42).
5. La denuncia di inizio attivita (D.lA.) Negli ultimi anni si e realizzata una tendenza a semplificare le procedure amministrative relative al controllo preventive sull'attivita edilizia, anche per porre rimedio ai gravi ritardi da parte delle Amministrazioni comunali nell'esame dei progetti di nuovi interventi edilizi. Gia Ia Iegge 23 dicembre 1996' n. 662 introdusse rilevanti novita in materia, consentendo in particolare la realizzazione di determinate opere mediante Ia semplice preventiva comunicazione al Comune. Ma Ia schizofrenia, che spesso caratterizza Ia normativa (legislativa ed amministrativa) in materia - e che si puo nobilitare, definendola «necessita di mediazione tra opposti orientamenti» - rese incerto e sottoposto a molte limitazioni il detto nuevo istituto della denuncia di inizio attivita (d.i.a.). Invece, in proposito, con il nuovo teste unico sull'edilizia, sana stati fatti notevoli passi in avanti. Anzitutto, I' art. 6 elenca gli interventi edilizi, che possono essere liberamente realizzati (salve espresse norme urbanistico-edilizie m diverse sense e nel rispetto del citato codice dei beni culturali). Essi sono: a) interventi di manutenzione ordinaria;
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CAP!TOLO XXIV
b) interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sago rna dell' edificio; · c) opere temporanee, per attivi~a di ricer~a ~el sottosuolo che abbiano carattere geognostico o s1ano esegmte m aree esterne al centro edificato. Per quanta attiene alla denuncia di inizio at:ivit~ fortunatamente scompaiono alcune condizioni previste dalla leg1sl~z10ne pre~edente. La nuova disciplina risultava molto piu semphce, rna p01, con le modifiche introdotte dal decreta legislative 27 dicembre 2002 n. 301, non si e resistito alla tentazione di complicare. Ad esempio, la d.i.a. e consentita non solo pe~ gli. interventi. di manutenzione straordinaria e restauro, rna anche, m v1a alternat1va, per gli interventi di ristrutturazione edilizia soggetti a permesso di costruire ai sensi dell' art. 10, lett. c (25). La legge della Regione Campania 28 novembre 20?~ n. 19 (~om~ modi£ dalla legge regionale n. 16 del 2004) ~ler:ca ~1.1 ~ntervent1 ed~ lizi subordinati a d.i.a., fra cui le ristrutturaz10m ed1l1Z1e, compren~l ve della demolizione e della ricostruzione, con la stessa volumetna, superficie e sagoma dell'edificio preesiste~te.. . . . La d.i.a. e consentita anche per le vanantl a permess1 d1 costruu~, che non modifichino, fra l'altro, i volumi, la sagoma (26 ) e la destlnazione d'uso. (25) Sulla d.i.a., a seguito del t.u. dell'edilizia, v. M.A. SANDULLI, D~nuncia di inizio attivitd, in Riv. giur. edilizia, 2004, II, 121 sgg., in cu~, fra l'altr~, si cons.tdera non tassa~ tivo, rna meramente esemplificativo, il quadro degh mtervent1 soggettl a permesso d1 costruire. . d 11 1 · Sulla d.i.a. per gli interventi di sostituzione edilizia senza modtfica e a vo u~etna e della sagoma (!a cui mancanza non determina illecito penale), v. Cass., Sez. III pen., 4 novembre 2002 n. 36539, in Il Cons. Stato, 2003, II, 784. . La d.i.a. - relativa ad un intervento edilizio che incide anch~ sulla parte comune ~1 un edificio (come facciata e mura portan.ti).- va presenta~a. congmntamente dal propnetario dell'unita interessata e dal condomm10 (T.A.R. Emtha Romagna, Bologna, Sez. II, 17 marzo 2004 n. 393, in Rarsegna T.A.R., 2004, I, 120). . . (26) Sulla nozione di sagoma e sull'esclusione di nuove aperture recant1 superfic1 sporgenti, v. Cass. pen., Sez. III, 27 marzo 1?98 n. 3~49, in Il Cons. Stato, 1998, II, 1675; v. anche T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 1° lugho 1998, m Rarsegna T.AR: 1998, I, 3397. E sufficiente !a procedura della d.i.a.: per l'installazione .di un cancello 111 fer~o~ sorretto da due pali pure in ferro(T.A.R. Lazio, Sez. li-ter, 9 gmgno 2004 n. 5519, wz, 2004, I,
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Inoltre, la d.i.a. consentita anche nel caso di immobili d'interesse storico-artistico o paesistico, dopo il rilascio delle relative autorizzazi_oni ai sensi del codice dei beni culturali (art. 22 t.u., c. 6). E espressamente consentita la d.i.a. anche per la realizzazione dei parcheggi pertinenziali in deroga, previsti dall'art. 9 della legge 122 del1999 (art. 137 t.u., c. 3). Tuttavia, anche la nuova normativa fa e fad. sorgere numerosi dubbi d'interpretazione. Ad esempio, sono soggette a permesso di costruire le opere di urbanizzazione primaria e secondaria (non realizzate dai Comuni), rna non le pertinenze (salvo norme tecniche diverse degli strumenti urbanistici) (27). Allora - pur trattandosi di opere di urbanizzazione 2357); per !a realizzazione di impianti con tecnologia U.M.T.S. con potenza in singola antenna non superiore a 20 Watt (T.A.R. Marche, 28 giugno 2004 n. 782, iv~ 2004, I, 3126); per !a costruzione di una concimaia (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 15 giugno 2004 n. 1421, iv~ 2004, I, 325). (27) Nella giurisprudenza si ritrova una vasta casistica sulla nozione di <<jJertinenza••, che, ai fini urbanistici, e spesso distinta dal concetto di pertinenza secondo il codice civile (T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 18 novembre 1998, n. 593, in Rarsegna T.A.R., 1999, I, 204; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 30 dicembre 1997, n. 672, iv~ 1998, I, 657, che esclude il garage dalla nozione di pertinenza; su cia, peraltro, distingue Cass. pen., Sez. III, 11 giugno 1999, n. 7542, in Guida al diritto, 1999, n. 7, 93). Ad esempio, e stata considerata tale !a recinzione pasta a servizio di un edificio (Cons. Stato, Sez. II, par. 13 novembre 1991, n. 358, in Il Cons. Stato, 1993, I, 145; Sez. V, 9 ottobre 2000 n. 5370, iv~ 2000, I, 2178; T.A.R. Basilicata, 29 gennaio 1996, n. 20, in Rarsegna T.A.R., 1996, I, 1083; T.A.R. Campania, Salerno, 7 aprile 1995, n. 228, iv~ 1995, I, 2560). Cia e stato affermato anche per una tettoia in legno realizzata davanti all'ingresso di un esercizio pubblico (T.A.R. Trentino-Aldo Adige, Trento, 7 ottobre 1993, n. 304, iv4 1993, I, 4529), per una piscina prefabbricata, di dimensioni normali, annessa ad un fabbricato ad uso residenziale (Cons. Stato, Sez. V, 13 ottobre 1993, n. 1041, in Riv. giur. edilizia, 1994, I, 382) e per una scala esterna aperta (T.A.R., Sicilia, Catania, 23 ottobre 1996, n. 1865, in Rarsegna T.A.R., 1996, I, 4748). Nella stesso sensa, per !a realizzazione di una tettoia adibita a ricovero di autovettura e di un piccolo manufatto destinato a deposito di bombole di gas, cfr. T.A.R. Veneto, Sez. II, 6 settembre 1993, n. 577, in Rarsegna T.A.R, 1993, I, 4085, nonche per !a realizzazione di tettoie a protezione di macchinari o della rampa di accesso ad un garage, cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 30 dicembre 1993, n. 1719, iv~ 1994, I, 64, e T.A.R. Trentino-Alto Adige, 2 marzo 1994, n. 32, iv4 1994, I, 1920. E stata ritenuta sufficiente l'autorizzazione sindacale (e, quindi, oggi Ia d.i.a.) anche: per !a pavimentazione di uno spazio esterno all'edificio (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N 15 ottobre 1999, n. 2680, iv4 1999, I, 4962); per un essiccatoio di sementi (Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 1998, n. 315, in Riv. giur. edilizia, 1998, I, 743); per una scala d'accesso a! piano superiore di un'abitazione e portico sottostante di 25 metri quadrati (Cass. pen, Sez. III,
CAPITOLO XXIV
IL PERMESSO DI COSTRUIRE
dovrebbe essere consentita la d.i.a. per realizzare parcheggi pertinenziali, una piscina od un campo sportive a servizio di determinati
fabbricati, anche se comportino la costruzione di nuovi volumi non superiori al 20 per cento del volume dell'edificio principale (naturalmente se consentiti dagli strumenti urbanistici vigenti) (28), L'art. 15, comma 3, del t.u., consente l'utilizzo della d.i.a. anche per l'ultimazione di opere oggetto di un permesso di costruire dopo la scadenza ~el termine di validita del medesimo qualora le opere ancora da ult1mare «rientrino tra quelle realizzabili mediante d.i.a. », Tale norma crea seri problemi interpretativi ed applicativi, anche perche il precedente comma 2 prevede genericamente che entro il «termine di ultimazione)) dell'opera autorizzata, questa debba essere «completata))' mentre l'art. 4 della legge 10/1977 richiedeva che entro il detto termine l'opera doveva essere «abitabile o agibile)), Pertanto ~e il «comple~amento)) dell'opera dovra tornare ad intendersi (come si mtendeva pnma della legge 10/1977) come «completamento al rustico)) dell'opera autorizzata - quale parte dell'intervento ancora da realizzare dovra essere oggetto di d.i.a. e quale no? Tuttavia le maggiori novita e le maggiori complicazioni introdotte dal decreto legislative 301/2002 (la cosiddetta super d.i.a.) riguardano la possibilita di eseguire mediante d.i.a. anche interventi di nueva costruzione, purche un piano urbanistico attuativo contenga,
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23 giugno 1999, n. 8142, in Guida al diritto, 1999, n. 7, 92); per un servizio igienico di un'abitazione (T.A.R. FriuliVenezia Giulia, 27 aprile 1999, n. 539, in Rassegna T.A.R, 1999, I, 2524); per una recinzione metallica e cancello scorrevole (T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 21 aprile 1999, n. 212, iv4 1999, I, 2588); per una recinzione di dimensioni limitate (T.A.R. Lazio, Sez. I-quater, 13 giugno 2005 n. 4782, iv4 2005, I, 1796); per l'installazione di una tenda parasole (T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 19 febbraio 1998, n. 225, iv4 1998, I, 868); per Ia demolizione e ricostruzione di una veranda con diversi materiali (T.A.R. Lazio, Sez. II, 4 ottobre 1993, n. 1115, iv4 1993, I, 3908 e 18 ottobre 1993, n. 1237, iv4 1993, I, 3940). In genere, sulla nozione di pertinenza, come «opera di limitata consistenza strettamente accessoria ad altre opere principali e necessarie ad assicurare a queste ultime h. prevista dotazione urbanistica ovvero una migliore fonzionalita», cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 11 dicembre 1993, n. 706, iv4 1994, I, 600; nonche T.A.R. Campania, Salerno, 7 aprile 1995, n. 226, iv4 1995, I, 2559, che da rilievo «all'impossibilitli di un'autonoma utilizznzione dell'opera rispett,() al bene principale••; cosi anche T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 14 giugno 2003 n. 1022, iv4 2003, I, 3556. In ogni case, secondo il Consiglio di State (Sez. V, 30 novembre 2000 n. 6358, in Il Cons. Stato, 2000, I, 2540), il rapporto pertinenziale non esonera egualmente dalla necessita della concessione edilizia, qualora !'opera in progetto occupa aree e volumi diversi rispetto alia res principalis (tranne i casi di manufatti di modeste dimensioni, tali da non alterare in modo significative l'assetto del territorio). Nelle stesso sense, nel case di una legnaia separata dall'edificio principale, T.A.R. Abruzzo, !'Aquila, 16 dicembre 2000 n. 940, in Rassegna T.A.R, 2001, I, 629; v. anche T.A.R. Piemonte, Sez. I, 14 febbraio 2001 n. 296, iv4 2001, I, 1232, che considera pertinenze le tettoie realizzate in adiacenza ad un fabbricato, rna non un porticato aperto (v. anche id., 12 giugno 2002 n. 1205, iv4 2002, I, 2885). Non costituisce pertinenza, sotto il profile urbanistico, un locale destinate a garage (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 19 aprile 1994, n. 193, iv4 1994, I, 2676), un silos situate all'interno di un oleificio (Cons. State, Sez. V, 18 aprile 2001 n. 2325, in Il Cons. Stato, 2001, I, 949) ed anche per Ia trasformazione di un posto-auto in garage chiuso dotato di bagno e stata ritenuta necessaria Ia concessione edilizia (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 16 maggie 1996, n. 195, iv4 1996, I, 2547; contra, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 5 settembre 1985, n. 458, iv4 1985, I, 3711). Occorreva, invece, una semplice autorizzazione per Ia realizzazione, all'interno di uno· stabilimento industriale, di una tettoia, di una canna fumaria, di un nuevo vane e di una cella frigorifera (T.A.R. Campania, Salerno, 3 ottobre 1994, n. 521, iv4 1994, I, 4574); nonche per le opere di recinzione di un'area demaniale (T.A.R. Sicilia, Catania, 27 ottobre 1994, n. 2382, iv4 1994, I, 4697). Viceversa, la giurisprudenza penale ha ritenuto necessaria la concessione edilizia: per la realizzazione di un solaio soprastante a pilastri in cemento armato, ancorche privi di tamponatura (Cass., Sez. III pen., 6 luglio 1994, n. 7613, in Il Cons. Stato, 1995, II, 304); per la sostituzione della copertura a lastrico solare con un tetto a falde (Cass., Sez. III
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pen., 21 giugno 1994, n. 1447, iv4 1995, II, 297; id., 27 gennaio 2000 n. 859 iv4 2000 II ' 14~1); per la realiz~azione di un volu~ integrative, come l'ampliamento cli una cu~in~ edtficando parte dt una terrazza (Cass., Sez. III pen., 10 febbraio 2001 n. 3988, in Guida al diritto, 2001, n. 18, 94). Non occorre, comunque, alcun controllo amministrativo ove si tratti di opera irrilevante sotto il profile urbanistico ed edilizio (ad esempio, vid~oci tofono: T.A.R. Veneto, Sez. II, 24 luglio 1992, n. 622, iv4 1992, I, 3984). V. anche retro, nota 9. (28) Ad esempio, e stata esclusa la compatibilita con la normativa urbanistica nel case di realizzazione di una pista per go-kart in una zona classificata agricola dal piano rego~a~o.r~ (Cass., S~z. III pen., 26 .aprile 1996 n. 1316, in Il Cons. Stato, 1997, II, 654). La poSS!bthta della d.t.a. per Ia reahzzazione di una piscina fu esclusa da Cass., Sez. III pen., 29 novembre 2000 n. 12288, in Guida al diritto, 2/2001, 91). E stata ammessa la facolta d~ realizzare recinzi?ni anche su aree soggette a vincoli espropriativi (T.A.R. f;o~~a.rd~a, Sez.. II, 27 lugho 2005. n. 3435, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 2098). Per I edt!l~!a t.nd~strtale, ~ono .s~te c~nstderate «interne» le opere eseguite entre il perimetro degh tmptantl o d~gh stabthmen~l (Circe!. Min.ll.pp. 30.7.1985, n. 3357/25). Per 1 soppalch1, come oper~ mterne, anche se destinati alia pennanenza di persone, v. Ca~s., Sez. III pen., ~6 febbra10 1990, in Foro it., 1990, II, 527; T.A.R. Lazio, Sez. II, 17 maggto 1996 n. 962, m Rassegna T.A.R, 1996, I, 2282; id., 8 agosto 1996 n. 1474, ivi, 1996, I, 2995.
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CAPITOLO XXN
IL PERMESSO DI COSTRUIRE
per I' area da edificare, <<precise disposizioni planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive». Stranamente in questa caso la sussistenza di tale condizione deve essere dichiarata dal Consiglio comunale, mentre la d.i.a. e comunque consentita, qualora l'edificio in progetto «sia
Spesso, invece, alcuni uffici comunali utilizzano il detto termine per formulare richieste dilatorie di chiarimenti o di documenti o per negare, comunque, la possibilita della d.i.a. (una delle tante manifestazioni della schizofrenia diffusa nell'attivita delle istituzioni pubbliche). La d.i.a. ha validita per tre anni e l'interessato ha l'obbligo di comunicare al Comune la data di ultimazione dei lavori. Nei casi in cui alia d.i.a. segue l'esecuzione dei lavori, il progettista od un tecnico abilitato deve emettere un certificate di collaudo finale, che attesti la conformita dell'opera al progetto presentato. II testa unico (art. 29, c. 3) si riferisce anche aile responsabilita del tecnico che renda dichiarazioni non veritiere, richiamando gli artt. 359 e 481 del codice penale sulle responsabilita dei professionisti, che esercitano un servizio di pubblica necessita. Inoltre, nel caso di dichiarazioni non veritiere e prevista anche l'irrogazione delle sanzioni disciplinari da parte del competente ordine professionale. L'art. 37 t.u. prevede anche sanzioni amministrative (rna nessuna sanzione penale) per l'esecuzione di opere soggette a d.i.a., in assenza o in difformita dalla medesima. Trattasi di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immo.bile conseguente alla realizzazione delle opere stesse e comunque non inferiore a 516 euro (comma 1). Qyesta misura minima della sanzione si applica in caso di d.i.a. effettu'ata quando le opere sono gia in corso di esecuzione (e, forse, gli interessati riterranno conveniente pagare 516 euro per fare pili presto) (29).
in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni planovolumetriche» (per gli interventi in Campania, v., nella stesso sensa, l'art. 2 della legge regionale 28 novembre 2001 n. 19, lett. e) e d). In ogni caso, resta ferma la possibilita di una diversa disciplina regionale e l'interessato ha sempre la facolta di rinunciare alla d.i.a. e chiedere il permesso di costruire, per il cui rilascio e previsto un termine di 60 giorni (art. 20, comma 10-bis, t.u.). Ove trattasi di opere per le quali si puo utilizzare la d.i.a., non si applicherebbero comunque le sanzioni penali stabilite dall'art. 44 t.u. per le opere subordinate a permesso di costruire.
6. La procedura per la d.i.a. e le sanzioni in caso di trasgressioni Secondo l'art. 23 t.u. la d.i.a. deve essere presentata dall'interessato allo sportello unico del Comune, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato, con gli eventuali opportuni elaborati progettuali. In tale relazione il progettista deve asseverare la conformita delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonche il rispetto delle norme di sicurezza ed igienico-sanitarie. Inoltre, la d.i.a. deve essere corredata dall'indicazione dell'impresa a cui s'intende affidare i lavori, nonche del codice fiscale del ptoprietario dell'immobile, del progettista e della detta impresa (1. 30 dicembre 2004 n. 311). I lavori indicati possono essere iniziati soltanto trenta giorni dopa la presentazione della d.i.a., con gli allegati prescritti. Qyesto termine dovrebbe consentire agli uffici comunali di verificare l'esistenza di tutte le condizioni per utilizzare la procedura della d.i.a. (fermo restando il potere-dovere del Comune di intervenire sui piano sanzionatorio anche dopa la scadenza del detto termine nel caso che l'opera non possa essere realizzata con la d.i.a.).
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(29) Cfr. T.A.R. Veneto, Sez. II, 17 settembre 1999, n. 1448, in Rassegna T.A.R, 1999, I, 4355, secondo cui !a denuncia dopa l'inizio dei lavori comporta l'irrogazione della sanzione pecuniaria, ma non consente all'autorita comunale di ordinare !a sospensione dei lavori ed il ripristino della stato dei luoghi. Sulla possibilita dell'intervento sanzionatorio dopa !a scadenza del termine seguente !a d.i.a., cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 27 giugno 2005 n. 8707, iv~ 2005, I, 1268; id., 3 novembre 2004 n. 16275, ivi, 2005, I, 197; T.A.R. Lazio, Sez. II-ter, 22 dicembre 2004 n. 17195, iv~ 2005, I, 126; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 18 aprile 2003 n. 484, iv~ 2003, I, 2644; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 19 novembre 2003 n. 1608, ivi, 2004, I, 200; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 17 giugno 2004 n. 9530, iv~ 2004, I, 1344; id., Salerno, Sez. II, 3 maggie 2004 n. 311, ivi, 2004, I, 2582; invece, sui carattere perentorio del termine entro il quale I' Autorita comunale puc inibire l'esecuzione dei Iavori comunicati con Ia d.i.a., v. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 5 marzo 2003 n. 344, ivi, 2003, I, 1903; Cons. Stato, Sez. V, 29 gennaio
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CAPITOLO XXIV
Peraltro, il comma 4 della stesso art. 37 prevede una sanzione pecuniaria da 516 a 5164 euro (in relazione all'aumento di valore dell'immobile), ave l'intervento realizzato risulti conforme alia disciplina urbanistico-edilizia vigente sia al momenta della realizzazione dell'intervento, sia al momenta della presentazione della domanda di sanatoria (e la norma non pare coordinata con il comma 1). La norma citata prevede particolari disposizioni per gli interventi di restauro eseguiti in assenza di d.i.a. su immobili vincolati o nei centri storici.
2004, n. 308, in Riv. giur. edilizia, I, 971. Secondo il T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 22 marzo 2004 n. 247, in Rassegna T.A.R., 2004, I, 2134, ove sia sufficiente !a d.i.a., l'omessa denuncia puo essere sanzionata con le sole sanzioni pecuniarie. Sulla tutela del terzo nei confronti della d.i.a., v. BERRA, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 575, e CIRILLO, in Il Cons. Stato, 2003, II, 2468 sgg.; nonche Cons. Stato, Sez. VI, 16 marzo 2005 n. 1093, iv~ 2005, I, 452; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 4 maggio 2005 n. 1359, in Rassegna T.A.R., 2005, I, 654; T.A.R. Veneto, Sez. II, 20 giugno 2003 n. 3405, in Edilizia e Terr., 2003, 11. 27, 33. Sull'annullabilita della d.i.a. 11011 co11sentita, dopo !a scadenza del termine di 30 giorni, cfr. M.A. SANDULLI, op. cit., 132 sg.; T.A.R. Liguria, Sez. I, 25 marzo 2004 n. 289, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 1940; in senso conu·ario sembra qrientato T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 17 giugno 2004 n. 9530, iv~ 2004, I, 1347; id., Sez. II, 27 giugno 2005 n. 8707, iv~ 2005, I, 1268. Per l'esclusione dell'autonoma impugnabilita della d.i.a. con ricorso al giudice amministrativo, cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 7 ottobre 2003 n. 4504, in Rassegna T.A.R, 2003, I, 4600; id., Brescia, 23 luglio 2004 n. 1321, in Riv. giur. edilizia, 2004, I, 1774, con nota di E. BoscoLO. Data !a non impugnabilita della d.i.a. da parte dei privati controinteressati, a costoro non resta che chiedere a! Comune di i11tervenire e reprimere gli abusi e poi, in caso di inerzia, ricorrere contra il silenzio del Comune ex !lrt. 21-bis, c. 1, Iegge 1034 del1971 per mancato esercizio del potere di vigilanza (v. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 17 ottobre 2005 n. 3819, in Edilizia e Territorio, 2005, n. 46, 12 e 46 sgg.). Secondo Cass., Sez. III pen., 21 maggio 2003 n. 22589, in Il Cons. Stato, 2003, II, 398, nel caso di interventi soggetti a d.i.a. in zona soggetta a vincolo sono applicabili le sanzioni penali ove fossero eseguiti in assenza o in totale difformita dalla denuncia stessa. Le sanzioni penali, di cui all'art. 44 tu.- per lavori in assenza o in totale difformita dalla d.i.a. - sono applicabili anche nell'ipotesi di alternativita fra d.i.a. e permesso di costruire (Cass., Sez. III pen., 9 gennaio 2004 n. 280, iv4 2004, II, 1589}. Sulle responsabilita penali dei professionisti in caso di d.i.a., v., MELCHIONDA, in Riv. giur. urbanistica, 2004, II, 100 sgg.; sui pagamento degli oneri contributivi nei casi di d.i.a., v. DAMONTE in Riv. giur. edilizia, 2004, II, 97.
IL PERMESSO
DI COSTRUIRE
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7. Trasformazione della destinazione d'uso Qyalche dubbio puo sorgere anche perle ipotesi di trasformazione della destinazione d'uso degli immobili esistenti (3o), fino a quando, con legge regionale, non saranno stabiliti criteri, modalita e controlli cui dovranno essere assoggettati i mutamenti delle destinazioni d'uso degli immobili (art. 10, c. 2, t.u.). Allo state attuale, la modifica della destinazione d'uso di un fabbricato, accompagnata da opere edilizie, e assoggettata al controllo preventive del Comune. Secondo l'art. 10, comma 1, lett. c, del testa unico, occorre il permesso di costruire per tutte le ristrutturazioni edilizie, comportanti il mutamento della destinazione d'uso di im-
(30) II mutamento di destinazione d'uso giuridicamente rilevante e solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13 febbraio 1993, n. 245, in Il Cons. Stato, 1993, I, 188} ovvero «non richiede concessione il mutamento di destinazione d'uso all'interno della stessa categoria, non comportando aggravio di carichi urbanistici>> (T.A.R. Sicilia, Catania, 25 maggio 2000 n. 1024, in Rassegna T.A.R., 2000, I, 3547; T.A.R. Lazio, Sez. II-ter, 18 maggio 2001 n. 4245, iv4 2001, I, 2147). Siffatto mutamento e stato escluso nell'ipotesi di passaggio all'uso per uffici dall'uso alberghiero (ritenuto «uso produttivo commerciale direzionale e non residenziale») (cfr. Cass., Sez. VI pen., 1° ottobre 1992, n. 9588, in Sett. giur., 1993, n. 9, 107} oppure nel caso di mutamento del tipo di attivita industriale (Cons. Stato, Sez. V, 21 dicembre 1992, n. 1547, in Riv. giur. edilizia, 1993, I,·412}. Estato, invece, ritenuto rilevante il mutamento della destinazione d'uso da capanno11e industriale a supermercato (Cons. Stato, Sez. V, 17 febbraio 1999, n. 167, in Guida al diritto, 1999, n. 2, 131} e da albergo a residence (T.A.R. Toscana, Sez. III, 4 febbraio 1998, n. 17, in Rassegna T.A.R., 1998, I, 1425}; v. anche sulla distinzione tra albergo e convitto, assimilato all'edilizia residenziale, T.A.R. Toscana, Sez. III, 21 novembre 1998, n. 386, iv~ 1999, I, 255. E stata, altresl, ritenuta inammissibile !a realizzazione di una multisala cinematografica in una zona qualificata «artigianale e industriale>> (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, ord. 22 marzo 2000 n. 960, iv~ 2000, I, 1581}. Piu volte Ia giurisprudenza ha ritenuto indifferente l'utilizzazione di un appartamento come abitazione o come studio professionale, ricomprendendo, nel concetto di residenziale, entrambi gli utilizzi (T.A.R. Lazio, Sez. II-ter, 22 marzo 2001 n. 2306, in Rassegna T.A.R., 2001, I, 1203; id., 18 maggio 2001 n. 4241, iv~ 2001, I, 2146; id., 2 marzo 2002 n. 1603, iv~ 2002, I, 1321; T.A.R. Sardegna, 24 agosto 1993, n. 1056, iv~ 1993, I, 3878, che richiama alu·e sentenze del giudice amministrativo}. Per un'ampia rassegna in materia, v. Gurzzr, Il mutamento della destinazione d'uso, in Riv. giur. edilizia, 1994, II, 51 e MARTINETTI, Rilevanza giuridico-urbanistica del mutamento di destinazione d'uso meramente funzionale, iv~ 1997, II, 57 sgg.; v. anche T.A.R. Valle d'Aosta 20 marzo 2000 n. 89, in Rassegna T.A.R., 2000, I, 2442 (sui criteri per individuare Ia destinazione d'uso precedente).
CAPITOLa XXIV
IL PERMESSO Dl COSTRUIRE
mobili ricadenti nei «centri storici». Invece, e sufficiente la d.i.a. ave si tratti di interventi di manutenzione straordinaria o di restauro. Naturalmente, non saranno permesse le opere dirette a cambiare la destinazione d'uso ave quella in progetto non fosse consentita dalla normativa urbanistico-edilizia vigente. Cio, invece, in mancanza di una legge in diverse sensa, e possibile nel caso di modifica della destinazione d'uso che non sia accompagnata da opere edilizie (oppure da semplici opere di manutenzione ordinaria), nonostante che puo avere notevoli riflessi urbanistici: si pensi all'ipotesi di trasformazione in abitazioni di determinati fabbricati destinati ad attivita. terziarie o quaternarie ed ai conseguenti riflessi sulle opere di urbanizzazione necessarie o viceversa all'altra ipotesi di realizzazione di nuovi grandi magazzini o di importanti sedi bancarie e simili, che comporterebbero altri problemi, ad esempio di trasporto o di parcheggio. Nelle ipotesi in esame, non sembra possibile sostenere la necessita del permesso di costruire, che presuppone l'esecuzione di opere (31).
Peraltro, non sarebbe legittimo il marchingegno di ottenere prima i1 permesso di costruire per trasformare un fabbricato in una destinazione d'uso consentita e poi, senza ulteriori opere, realizzare una destinazione d'uso vietata nella zona dalla normativa vigente (32). Di qui deriva la necessita che le Regioni provvedano in conformita al t.u., che demanda alia legge regionale di assoggettare a permesso di costruire od a d.i.a. i mutamenti di destinazione d'uso degli immobili, anche se non accompagnati da opere edilizie (cioe, «connessi o non connessi a trasformazioni.fisiche»: art. 10, c. 2, cit.). Allo stato attuale, resta, pero, il problema di evitare anzitutto la realizzazione di destinazioni d'uso contrastanti con la normativa urbanistica vigente. Trattasi di un problema di controllo, che potrebbe essere affidato ad un pit\ ampio usa dei poteri in materia di licenza di agibilita. Inoltre, un rimedio potrebbe consistere, in sede di edilizia convenzionata, nella creazione di un obbligo di natura civilistica
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(31) Secondo !a Corte costituzionale (31 dicembre 1993, n. 498, in Il Cons. Stato, 1993, II, 2147), !'art. 25, ultimo comma, Iegge 47 del 1985 ha implicitamente abrogate ogni norma regionale, che prevedeva il rilascio di una concessione edilizia per il mutamento di destinazione d'uso senza opere edilizie. Q!lesta Iegge e stata modificata dall'art. 2, comma 60, n. 20, Iegge 662/1996, che ha demandato a nuove leggi regionali di stabilire quali mutamenti dell'uso degli immobili sono soggetti a concessione e quali ad autorizzazione. Sulla Iibera possibilita di mutare !'usa degli immobili senza opere edilizie v. anche T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 26 novembre 2003 n. 4303, in Rtrssegna T.A.R, 2004, I, 378; T.A.R. Marche, 17 luglio 2003 n. 907, iv4 2003, I, 3797; T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Balzano, 7 ottobre 2004 n. 440, iv4 2004, I, 4003 (che si riferisce ad «opere significa~ive e determinanti» peril nuovo usa); T.A.R. Toscana, 9 febbraio 1979, n. 84, in Ri11. giur. edilizia, 1979, I, 164; T.A.R. Lazio, Sez. II, 24 settembre 1980, n. 667, in Rassegna T.A.R., 1980, I, 3495; T.A.R. Lombardia, Milano, 20 gennaio 1983, n. 36, iv4 1983, I, 895; id., 25 novembre 1982, n. 1134, iv4 1983, I, 157; T.A.R. Basilicata, 6 dicembre 1982, n. 128, iv4 1983, 1, 685; T.A.R. Veneto, 2 febbraio 1984, n. 41, iv4 1984, I, 1298; contra, T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 12 aprile 2005 n. 2676, iv4 2005, I, 1327; T.A.R. Lombardia, Brescia, 21 ottobre 1980, n. 331, iv4 1980, I, 4236; id., 15 luglio 1980, n. 269, in Riv. giur. edilizia, 1981, I, 515, con altri richiami; T.A.R. Lazio, Sez. I, 31 marzo 1981, n. 212, iv4 1981, I, 871. I! Consiglio di Stato (Sez. V, 14 maggie 2003 n. 2586, in Il Cons. Stato, 2003, I, 1129; 3 febbraio 1999, n. 98, iv4 1999, I, 200; Sez. N, 28 luglio 1982, n. 525, iv4 1982, I, 836; 19 giugno 1985, n. 232, iv4 1985, I, 655) ha nettamente affermato che il mutamento del-
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!a destinazione d'uso di un immobile urbano, non accompagnato da lavori, non esoggetto a concessione o autorizzazione edilizia comunale (contra, T.A.R. Piemonte, 21 ottobre 1982, n. 585, in Rassegna T.A.R., 1982, I, 3345, sulla trasformazione da sala cinematografica ad esercizio commerciale). Q!Ialche dubbio potrebbe far sorgere un'altra sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V, 9 maggio 1983, n. 146, in Il Cons. Stato, 1983, I, 524), secondo cui prima dell'entrata in vigore della Iegge 10/1977 era legittimo il mutamento di destinazione d'uso di un sottotetto da sgombero in mansarda abitabile, operata senza interventi edilizi in senso proprio (tali non potendosi ritenere !a pavimentazione, il rivestimento delle pareti e !a posa dell'impianto di illuminazione). La soluzione puo ritenersi esatta in mancanza di altri lavori (come apertura di porte o finestre) e, quindi, ave non trattasi di trasformazione di una soffitta che rappresentava sostanzialmente un volume tecnico; rna in tal caso !a medesima soluzione dovrebbe valere anche dopa !a Iegge 10/1977, salve le limitazioni indicate pit.! avanti nel testa. L'opinione esposta trova conferma in Cons. Stato, Sez. V, 28 gennaio 1997, n. 77, in Riv. giur. edilizia, 1997, I, 553, che sembra affermare !a necessita della concessione edilizia, qualora il mutamento di destinazione d'uso senza opere edilizie abbia comportato !a trasformazione di un <
CAPITOLO XXN
IL PERMESSO DI COSTRUIRE
opportunamente trascritto (rimedio che si potrebbe studiare di restendere in via generale). Peraltro, nel caso di realizzazione di una nueva destinazione d'uso contrastante con Ia normativa urbanistica vigente, potrebbe ritenersi applicabile Ia sanzione penale dell'ammenda, di cui all'art. 44, lettera a, del t.u., trattandosi di un'ipotesi d'inosservanza degli strumenti urbanistici, anche in mancanza di opere edilizie (33). Invece, non possono applicarsi le sanzioni amministrative (34), ne sarebbe legittima Ia revoca del permesso di costruire !'immobile trasformato nella destinazione d'uso. Resta, infine, l'ipotesi che Ia normativa vigente consenta piu destinazioni d'uso e che quindi anche Ia nueva destinazione realizzata (senza opere edilizie) sia consentita (35). In questo caso puo porsi. soltanto un problema di contribute per gli oneri relativi, cui dovrebbe partecipare ogni «attivita» comportante trasformazione urbanistica: una soluzione trovasi nell'ultimo comma dell'art. 19 t.u., riguardante Ia modifica, nel decennia, di destinazioni d'uso agevolate. Negli altri casi non si potrebbe pretendere il pagamento di alcun contribute. La disciplina potra essere diversa, ave sara attuata la riportata norma di cui all'art. 10, comma 2, t.u., che demanda la questione alIa Iegge regionale. L'art. 2 della Iegge della Regione Campania 28 novembre 2001 n. 19 (come modificato dall'art. 49 della legge regionale n. 16 del 2004) conferma che il mutamento della destinazione d'uso senza opere,
permessi di costruire i mutamenti di destinazioni d'uso con opere, che incidano sulla sagoma dell'edificio o sui volumi e sulle superfici, nonche tutti i mutamenti di destinazione d'uso nelle zone agricole (zone E). Naturalmente le nuove destinazioni d'uso devono essere consentite dalla normativa vigente.
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«nell'ambito di categorie compatibili alle singole zone territoriali omogenee», e Iibera. Inoltre, secondo Ia medesima norma, sono soggetti a
(33) Cfr. Cass., Sez. un. pen., 17 luglio 1982, n. 6, in It Cons. Stato, 1982, II, 1218, che, perc, e precedente alia Iegge 47/1985. (34) Cfr. T.A.R. Veneto, 4 giugno 1981, n. 423, in Rass.egna T.A.R, 1981, I, 2625. (35) Cons. Stato, Sez. V, 14 ottobre 1992, n. 1005, in It Cons. Stato, 1992, I, 1322. Con Ia sentenza n. 73 del 1991, Ia Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita della disposizione contenuta nella Iegge urbanistica della Regione Veneto, che assoggettava indiscriminatamente ad autorizzazione onerosa tutti i mutamenti di destinazione d'uso realizzati senza opere edilizie (art. 76, comma 1, punto 2, Iegge 61/1985). I.e Regioni, come ha sottolineato Ia Corte, non possono con propria Iegge stabilire un obbligo generalizzato di acquisire una preventiva autorizzazione a! mutamento. In tal senso, potra ora provvedere Ia Iegge regionale.
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8. lmmobili d'interesse storico o artistico Con decreta del Presidente della Repubblica 22 aprile 1994, n. 368 (oggi art. 33 codice dei beni culturali d.lgs. n. 42 del 2004), sono state stabilite norme particolari per gli interventi di restauro e manutenzione straordinaria degli immobili d'interesse architettonico, archeologico, artistico e storico. Si tratta degli immobili, di proprieta pubblica o privata, vincolati ai sensi della Iegge 1° giugno 1939, n. 1089 (oggi codice cit.), sulla tutela delle case d'interesse artistico o storico. Secondo Ia nueva normativa, per i beni di proprieta non statale, il competente Soprintendente ha la facolta di stabilire quando e come si deve procedere a lavori di restauro o di manutenzione straordinaria dei detti beni, volti a garantirne Ia conservazione (su segnalazione o meno degli interessati). La relativa relazione tecnica del Soprintendente deve essere notificata al proprietario, possessore o detentore del bene, unitamente all'ingiunzione di trasmettere allo stesso Soprintendente, entre trenta giorni, un progetto esecutivo degli interventi in conformita alla detta relazione tecnica. Nel ricevere il progetto esecutivo, il Soprintendente nei successivi trenta giotni lo approva con o senza modifiche e notifica tale approvazione al proprietario (possessore o detentore) ed al Comune competente. Qyest'ultimo, sempre nel termine di trenta giorni, puo esprimere un parere motivate non vincolante. II proprietario (possessore o detentore) dovra eseguire i lavori in conformita al progetto approvato od aile eventuali modifiche, che evidentemente il. Soprintendente potrebbe disporre a seguito del parere del Comune (che, quindi, per i detti beni ha perso il suo potere di autorizzazione edilizia). Qyalora il proprietario (possessore o de-
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CAPITOLa XXIV II. I'HilMHSSO Dl COSTRUIRE
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tentore) di~hiari ~i no~ pater far fronte (in tutto o in parte) aile spese necessane per 1 dett1 mterventi di restauro o manutenzione il Soprin.tendente P?trebbe predisporre una perizia tecnica per I' ass,unzione (m tutto o m parte) dell'onere finanziario a carico del Ministero peri beni eJe attiv!~a cultu.rali, con il conseguente obbligo di apertura al pubbhco dell1mmobrle (secondo modalita concordate con gli interessati).
mine, il richiedentc puo proporre ricorso avverso il silenzio ~ell'AI? ministrazione al tribunale amministrativo regionale, che decided. 111 camera di consiglio, con sentenza succinta~ente I?otivata. entre trenta giorni dalla scadenza del termi~e per. rl ?eposito del r~corso, uditi i difensori delle parti che ne facc1ano nchiesta (art. 21-bzs Iegge 6 dicembre 1971 n. 1034 e successive modificazioni).
E chiaro che - data la limitatezza delle risorse finanziarie - resta ferma la norma (art. 32 codice b.c.), che prevede la facolta del Minis~ro di im~orre, a ~arico del proprietario, l'esecuzione degli intervent1 necessan per ass1curare la conservazione ed impedire il deterioramento del bene vincolato.
9. Soggetti legittimati a richiedere il permesso di costruire
Infine, p~r i detti beni di proprieta della State, gli interventi di restauro e d1 manutenzione straordinaria avrebbero dovuto essere di c?~peten~a .del Min~stero per i beni e le attivita culturali (36) e non pm del Muustero de1 lavori pubblici (oggi delle infrastrutture e dei trasporti). . J?ive~·sa e la procedura qualora il proprietario privata, di sua iniZlatlva, mtenda eseguire determinate opere su un immobile vincolato. . In tal caso, il ~roprietario deve sottoporre il progetto all' approvaz~one. della Sopnntendenza, che deve provvedere entre centoventi gtorni, da.lla presentazi?n~ dell~ richiesta (art. 22 codice b.c.), salva la
facolta dt ~hiedere chianmenti o elementi integrativi. In tal caso il detto termme resta sospeso fino al ricevimento della documentazione da parte della Soprintendenza. . Anche ove la Soprintendenza decida di procedere ad accertamenti dL natura .te.cnic~ il. termi?e esospeso per non piu di trenta giorni. In tu~t1 1 c.asi, ai se~s1 ~el citato art. 22, comma 4, trascorso questa termu:e di trenta giorm senza che la Soprintendenza abbia provveduto, l'mteressato puo notificare alia medesima una diffida a provvedere nei successivi trenta giorni. Decorso inutilmente tale ter-
L' . . d' ' I· . entrata m vigore 1 quest u t1ma norma e stata ripetutamente differita fino a! 3L dt:embre .1,99~ (d.!. 20 settembre 1996, n. 491, art. 13, che none stato convertito e non nsulta p1u retterato). (36)
Secondo I' art. 11, 1° comma, del t.u., il permesso di costruire e data «al proprietario dell'immobile o a chi abbia tito~ per rich~~derlo». Salve le eventuali specificazioni con Iegge reg10nale, g~a la legg~ 10 del1977- rispetto al regime precedente riguarda~te ~a hcenza edtlizia - intendeva limitare i casi di legittimazione a nchiedere la con. . cessione a costruire (37). In particolare, non sembrava piu sufficiente avere la ~em~hce dlsponibilita dell'area, per effetto di un ~nanda,to ~el propnetano o del cosiddetto «asservimento», da parte dt quest ultimo, d1 tutta o parte dell'area occorrente per la costruzione in progetto, sulla base della normativa urbanistico-edilizia vigente. . .. La lettera della nueva Iegge, le implicazioni relative alle P?ss1bll~ convenzioni tra il Comune ed il concessionario, le norme e gb effettl concernenti la trasferibilita delle concessioni sembravano giustificare l'opinione affermata, che poi e stata discussa 0 almena limitata in . . . , . . giurisprudenza (v. nota 37). . 01Iindi, legittimato a rich1edere 11 permesso di costrUire e pnnc~ palmente chi abbia un diritto reale sull'i~mobi.le oggett? de!la nchiesta: dal proprietario al titolare di un dmtto di superficte, d1 enfiteusi, di usufrutto, di servitu, etc., nei limiti delle diverse facolta spet-
(37) E sufficiente che tale legittimazione esista a! mome~to del rilascio della concessione, non essendo necessaria al momenta della presentaz10ne della doman~a (Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 1991, n. 111, Il Cons. Stato, 1991, I, 197). Sulla suffictenza d.el~ !a semplice disponibilita dell'area, v. Cons. St~to, Sez. V, 28 set~e~bre 1993, n. 965, tvz, 1993, I, 1125; T.AR. Veneto, Sez. II, 17 maggto 1991, n. 447, tvz, 1991, I, 2382; T.AR. Trentino-Alto Adige, Trento, 27 febbraio 1995, n. 60, iv4 1995, I, 1655).
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IL PERMESSO DI COSTRUIRE
tanti al titolare. Tuttavia, uno specifico «titolo)) potrebbe averlo anche chi non sia titolare di un diritto reale, bensi per effetto di un'flltra norma o di un idoneo provvedimento amministrativo, come, ad esempio, illocatario di un immobile (in virtU. dell'art. 1577 cod. civ. per le opere urgenti di straordinaria manutenzione), l'affittuario coltivatore diretto (ex art. 14 e 16 legge 11/1971) per miglioramenti dei fabbricati rurali oppure il concessionario di beni demaniali o chi sia stato autorizzato all'occupazione d'urgenza di un immobile per l'esecuzione di determinate opere (e forse anche il promissario di un contratto preliminare di compravendita) (3s). Poi la giurisprudenza ha ritenuto che la concessione a (oggi permesso di) costruire puc essere richiesta da tutti colora aventi titolo anche in base alle leggi civili, cioe anche in virtu di un rapporto obbligatorio, in modo che le opere in progetto non risultino effettuate contra la volonta del soggetto (di regola il proprietario) legittimato in via primaria a chiedere la concessione (39).
Per le costruzioni delle amministrazioni statali v. il capitola XIX. Per le opere realizzate direttamente dai Comuni, i pareri della Commissione edilizia comunale e dell'Ufficiale Sanitaria sono stati ritenuti presupposti di legittimita anche delle deliberazioni comunali che hanna sostanzialmente valore ed efficacia di permesso di costruire (4o). L'art. 7, lett. c, t.u. ha stabilito che le norme sul controllo preventive sull'attivita edilizia non si applicano alle opere pubbliche dei Comuni deliberate dal Consiglio comunale ovvero dalla Giunta comunale, assistite dalla validazione del progetto, ai sensi dell'art. 47 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 (cioe il responsabile del procedimento dovra ottenere, fra l'altro, una relazione del progettista abilitato che attesti la conformita del progetto alle prescrizioni urbani-
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(38) Cfr. Cons. Stato, Sez. N, 11 giugno 2002 n. 3253, in Riv. amm. Rep. itaL, 2003, I, 67, ove il promittente compratore sia effettivo possessore dell'area; T.A.R. Campania, Sez. Salerno, 13 gennaio 1983, n. 21, in Rassegna T.A.R., 1983, I, 983 e T.AR. Lazio, Sez. II, 4 novembre 1997, n. 1762, iv4 1997, I, 4248, per l'ipotesi di autorizzazione all'occupazione d'urgenza; T.AR. Marche, 28 giugno 2004 n. 784, iv4 2004, I, 3132, per l'esecuzione di opere di manutenzione straordinaria da parte di locatari ed affittuari. Si e ritenuto in giurisprudenza che il contratto preliminare di vendita costituisce titolo valido, alia stregua dell'art. 4 Iegge 28.1.1977, n. 10, ai fini dell'attribuzione della disponibil~ta del terrene e del conseguente diritto ad edificare (cfr. Cons. Stato, Sez. N, 27 apnle 2005 n. 1947, in Riv. giur. editizia, 2005, I, 1530; Cons. Stato, Sez. VI, 3 dicembre 2004 n. 7847, in It Cons. Stato, 2004, I, 2578; Cons. giust. amm. Reg. sic. 26 settembre 1994, n. 309, iv4 1994, I, 1270; T.AR. Veneto, Sez. II, 5 febbraio 1991, n. 92, in Rassegna T.A.R, 1991, I, 1347; T.AR. Molise, 25 ottobre 1982, n. 193, iv4 1982, I, 3558; T.AR. Umbria, 19 gennaio 1999, n. 22, iv4 1999, I, 1006; contra, Cons. Stato, Sez. N, 23 settembre 1998, n. 1173, in It Cons. Stato, 1998, I, 1274; T.AR. Campania, Napoli, Sez. N, 11 settembre 2002 n. 4810, in Rassegna T.A.R, 2002, I, 4020; T.AR. Calabria, Catanzaro, 13 aprile 2000 n. 392, iv4 2000, I, 2884}. Sulla mancanza di disponibilita quando Ia proprieta sia limitata da diritti reali di godimento che ostacolano hi possibilita di edificare, v. Cons. Stato, Sez. N, 22 giugno 2000 n. 3525, iv4 2000, I, 1476. (39) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 1994, n. 1200, in Il Cons. Stato, 1994, I, 1367; tuttavia e stata ritenuta illegittima !a concessione edilizia rilasciata impersonalmente in capo agli eredi dell'originario istante (T.AR. Liguria, Sez. I, 21 febbraio 2003 n. 213, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 1305, con nota di M.C. SPENA}. E stata ritenuta legittima Ia concessione edilizia rilasciata ad uno solo dei comproprietari dell'area (T.AR. Basilica-
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ta, 18 ottobre 1994, n. 273, in Rassegna T.A.R, 1994, I, 4640; T.AR. Campania, Salerno, Sez. II, 2 ottobre 2001 n. 1206, iv4 2001, I, 4177; contra, T.A.R. Toscana, Sez. I, 13 dicembre 1994, n. 534, iv4 1995, I, 654}; v. anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 13 gennaio 1995, n. 6, iv4 1995, I, 1290 e T.A.R. Lombardia, Milano, 21 luglio 1995, n. 970, iv4 1995, I, 4170, sulla legittimazione dell'affittuario, in mancanza di opposizione da parte del proprietario. II singolo condomino e legittimato ad eseguire opere, che incidono su parti comuni deii'edificio, rna strettamente pertinenti alia sua unita immobiliare, sotto i profili funzionale e spaziale (Cons. Stato, Sez. V, 8 novembre 1998, n. 1583, in Riv. giur. editizia, 1999, I, 356}. In genere suiia eventuale legittimazione del comproprietario, v. Cons. Stato, Sez. V, 15 mm;o 2001 n. 1507, in Riv. giur. editizia, 200.1, I, 677, con nota di richiami in varia sensa; cosi anche id., 24 settembre 2003 n. 5445, m Il Cons. Stato, 2003, I, 1987, ove sussista un pactum fiduciae tra tutti i comproprietari (con£ T.AR. Campania, Napoli, Sez. N, 16 aprile 2004 n. 6215, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 2359; contra, id., Sez. II, 27 maggio 2005 n. 7295, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 1662; v. anche, in generale, T.A.R. Abruzzo, !'Aquila, 7 maggio 2003 n. 233, iv4 2003, I, 2687}; suiia mancanza di legittimazione del proprietario del terrene, soggetto a servit:U (T.A.R. Puglia, Leece, Sez. I, 23 settembre 2003 n. 6198, iv4 2003, I, 4264}; v. anche T.A.R. Basilicata, 18 dicembre 2002 n. 1011, in Rassegna T.A.R, 2003, I, 855. Sulla mancanza di legittimazione nel caso di titolare del diritto di uso di un bene per taluni periodi, v. Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2001 n. 2882, in Il Cons. Stato, 2001, I, 1209. La legittimazione e stata negata anche a! tecnico autorizzato alia presentazione del progetto di costruzione (Cons. giust. amm. Reg. Sicilia, 22 aprile 2002 n. 204, iv4 2002, I, 944). Suiia competenza dei geometri, v. T.AR. Campania, Salerno, Sez. I, 17 novembre 2004 n. 2016, in Rassegna T.A.R., 2005, I, 224. (40) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22 giugno 1979, n. 340, in It Cons. Stato, 1979, I, 1038; Cons. Stato, Sez. II, 30 maggio 1984, n. 936, iv4 1987, I, 638; T.A.R. Toscana, Sez. I, 13 aprile 1990, n. 329, in Rassegna T.A.R, 1990, I, 2134.
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CAPITOLO XXIV
II. 1'111\MitSSO Ill COSTilU!l\U
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stiche ed edilizie, nonche l'esistenza dei nulla osta di conformita aile norme di sicurezza, sanitarie, ambientali e paesistiche). r
gionale stabiliscc talvol t.n una divcrsa disciplina, come ad es., la legge della Regione Campania 7 gcnnaio 1983 n. 9). Inoltre, secondo I' art. 20, c. 1, t.u. la domanda deve essere corredata anche «da un'autocerti-
10. Procedimento peril rilascio del permesso di costruire
ficazione circa la conformita del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in cui il progetto riguardi interventi di edilizia residenziale ovvero la verifica in ordine a tale conformita non comporti valutazioni tecnico-discrezionali» (e qui la norma si complica, per i dubbi che potra de-
La legge 662 del1996 (all'art. 2, comma 60) modificc radicalmente la procedura per il rilascio delle concessioni edilizie, eliminando la possibilita del silenzio-assenso, rna puntando su termini perentori (raddoppiati per i Comuni con piu di centomila abitanti) ed, in caso di inosservanza, sui ricorso al commissario ad acta. Indubbiamente il silenzio-assenso era poco ambito per l'incertezza conseguente e per le responsabilita temute dai professionisti chiamati a certificare Ia conformita del progetto alia normativa vigente. Tuttavia, la nuova procedura lascic ancora perplessi, sia sotto il profilo della mancata soluzione del problema relativo agli altri provvedimenti (pareri, autorizzazioni e nulla osta) necessari per l'esecuzione delle opere edilizie, sia in ordine alia nomina ed all'operativita dei tanti commissari regionali, cui si dovrebbe ricorrere. II nuovo testo unico ha recepito la normativa suindicata tendendo perc a semplificare le procedure, soprattutto ove l'attivita edilizia sia subordinata ai pareri ed aile autorizzazioni di diverse Amministrazioni. A tal fine, l'art. 5 T.U. prevede la costituzione da parte delle amministrazioni comunali di uno «sportello unico per l'edilizia», che diverrebbe l'unico interlocutore del cittadino interessato all'esecuzione di un determinate intervento edilizio. A questa ufficio devono essere presentate dai soggetti legittimati le domande di permesso di costruire (oltre le d.i.a., le richieste .dei certificati di agibilita, ecc.). Le norme edilizie locali specificano piu dettagliatamente le modalita di presentazione delle domande ed i documenti da produrre a corredo di essa, nonche gli eventuali oneri che dovranno essere assolti presso la cassa del Comune (oltre ai contributi di costruzione). Nella stesura della domanda dovra essere indicato anche ilnome del direttore dei lavori, che puc identificarsi o meno nella persona del progettista (per i moltissimi Comuni dichiarati sismici la legge re-
terminare). Ricevuta la domanda del permesso di costruire, lo sportello per l'edilizia, entro dieci giorni, comunica al richiedente il nominative del responsabile del procedimento. Normalmente si tratta di un tecnico comunale, che ha i seguenti compiti: a) provvede all'istruttoria della pratica e solo una volta - entro quindici giorni dalla presentazione della domanda - puc richiedere motivatamente all'interessato documenti integrativi; b) entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, puc richiedere, illustrandone le ragioni, modifiche di modesta entita del progetto presentato. Evidentemente deve trattarsi di modifiche richieste dalla necessita di un completo adeguamento del progetto a norme urbanistico-edilizie vigenti. Altrimenti - se si trattasse del potere del tecnico comunale di imporre determinate scelte progettuali - la norma sarebbe illegittima ed incerta; c) acquisisce, avvalendosi dello sportello unico, i prescritti pareri degli uffici comunali (compre~o eventualmente il non piu obbligatorio parere della commissione edilizia) e tutti gli altri pareri eventualmente richiesti nel singolo caso che non siano stati gia allegati dal richiedente (oltre al parere dell'ASL, e dei Vigili del Fuoco, gli atti di assenso dell'ufficio tecnico regionale per le zone sismiche ai sensi dell'art. 94 t.u., dell'amministrazione militare, del direttore della circoscrizione doganale, del Capo del compartimento marittimo, dell'amministrazione preposta alia tutela dei beni culturali, dell'autorita in materia di vincoli idrogeologici o di servitu viarie, ferroviarie, portuali ed aeroportuali, dell'autorita competente in materia di aree naturali protette o di aree di sviluppo industriale). A questa fine, l'ufficio comunale puc convocare una conferenza di servizi, ai sensi dell'art. 14 legge 241/1990 e successive modifiche
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CAPITOLO XXIV
(cap. XXVI), in modo da riunire intorno ad un unico tavolo le di~erse autorita competenti nel singolo caso. .·. Normalmente il responsabile del procedimento deve formulare una proposta di provvedimento entre sessanta giorni dalla presentazione della domanda. Tuttavia, questa termine: a) nel caso di richiesta di documenti integrativi comincia a decorrere dalla presentazione dei medesimi; b) nel caso della detta richiesta di modifiche del progetto di modesta entita e sospeso fino all'esito della richiesta; c) e condizionato dall'esito della detta conferenza di servizi. Pertanto, dopo la scadenza del detto termine di sessanta giorni il dirigente od il responsabile dell'ufficio comunale - entre quindici giorni dalla proposta del responsabile del procedimento ovvero dall'esito della conferenza di servizi - deve adottare il provvedimento finale sulla domanda del permesso di costruire (41), I suindicati termini assegnati al responsabile del procedimento sono raddoppiati per i Comuni con piu di 100.000 abitanti, «nonche
per i progetti particolarmente complessi secondo fa motivata risoluzione del responsabile del procedimento» (e quest'ultima eun'altra norma incerta e discutibile). Qyalora nei termini suddetti non sia state adottato il provvedimento finale, l'interessato puo tentare di rimediare in due modi. Anzitutto, puo ricorrere al Tribunale amministrativo regionale centro il silenzio-rifiuto del Comune, con la prospettiva di una sentenza di annullamento di tale provvedimento tacite e, quindi, immotivato. In tal caso, il Comune e ancor piu tenuto a provvedere e rischia di dover risarcire il danno arrecato per il ritardo (ove sia consentito il rilascio del richiesto permesso di costruire). Inoltre, l'interessato - con atto notificato o trasmesso in piego raccomandato con avviso di ricevimento - puo richiedere allo sportello unico che il dirigente od il responsabile dell'ufficio si pronunci entre quindici giorni. Decorso inutilmente anche questa termine, l'interessato puo chiedere al Presidente della Regione (o all'ente dele(41) II T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 29 novembre 1999 n. 1808, in Rnssegna T.A.R, 2000, I, 357, ha ritenuto irrilevante che il provvedimento sia firmato, oltre che dal dirigente dell'U.T.C., anche dal Sindaco.
IL I'ERMESSO DI COSTRUIRE
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gato) la nomina di un com111issario ad acta che provveda nel termine di sessanta giorni (42), Anche centro il silenzio-rifiuto dell'organo regionale si puo ricorrere al Tribunale amministrativo (con legge regionale puo essere diversamente disciplinato l'esercizio dei detti poteri sostitutivi: art. 13, c. 2, t.u.) (43). Secondo l'art. 20, c. 2, t.u. l'esame delle domande di permesso di costruire si svolge secondo l'ordine cronologico di presentazione. Il permesso di costruire deve essere rilasciato qualora ovviamente il progetto non sia in contrasto con la normativa vigente alla data
(42) Anche leggi regionali preesistenti in materia si dovrebbero ritenere egualmente applicabili (cfi·. D'ANGELO, L 'ordinamento urbanistico della Regione Campania, Padova, Cedam, 1995, 66 sgg.). L'art. 4, comma 2, della Iegge della Regione Campania 28 novembre 2001 n. 19 stabilisce che !a nomina del commissario ad acta dev'essere richiesta a! presidente della Provincia o della Comunita montana per i Comuni interamente montani. Stranamente tale Iegge regionale reca alcune modifiche marginali del procedimento per il rilascio del permesso di costruire disciplinato dal teste unico: il nominative del responsabile del procedimento dev'essere comunicato a! memento della presentazione della domanda; non e prevista Ia possibilita per l'ufficio Comunale di richiedere modifiche di modesta entita del progetto presentato; il responsabile del procedimento deve formulare !a propasta di provvedimento entro dieci giorni dalla scadenza del termine di sessanta giorni per l'istruttoria; non e previsto il raddoppio dei termini per i Comuni con piu di centomila abitanti e per i progetti particolarmente complessi; il commissario ad acta deve provvedere nel termine di trenta giorni dalla nomina. (43) E stato affermato che I'autorita comunale potrebbe anche annullare d'ufficio !a concessione edilizia eventualmente rilasciata dal Commissario (cfr. MENGOLI, in Riv. amm. Rep. itaL, 1997, n. 1, 49 e 52). Invece, !a giurisprudenza e giustamente orientata in sensa contrario, ritenendo che !a nomina del Commissario determina l'arresto del potere comunale a provvedere, con !a conseguenza che l'autorita comunale non puo riappropriarsi del potere di tutela dell'interesse pubblico, rna puo solo impugnare !a concessione edilizia rilasciata dal Commissario ad acta (Cons. Stato, Sez. V, 6 ottobre 1999, n. 1332, in Il Cons. Stato, 1999, I, 1599; 14luglio 1997, n. 826, iv~ 1997, I, 1041; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 14 maggie 1999 n. 1336, in Rnssegna T.A.R., 1999, I, 2749; Sez. IV, 6 aprile 2000 n. 936, iv~ 2000, I, 2724; sul potere dell'Amministrazione comunale di provvedere sulla domanda di concessione edilizia fino alla data dell'insediamento del Commissario ad acta, v. T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 26 giugno 2002 n. 5883, iv~ 2002, I, 1673). Naturalmente !a nomina del Commissario presuppone solo l'accertamento dell'inerzia del Comune e non anche della legittimita del rilascio della concessione (Cons. State, Sez. V, 6 dicembre 1999, n. 2067, in Il Cons. Stato, 1999, I, 2103).
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CAPITOLO XXIV
IL PERMESSO DI COSTRUIRE
del rilascio (44). L'eventuale provvedimento di diniego non puo e~se re motivato genericamente, rna deve indicare la disposizione inccimpatibile con la domanda presentata (45), Parimenti e illegittimo il di-
niego in vista della futura espropriazione del terreno, quando non sia stato emanato il provvedimento di dichiarazione di pubblica utilita dell' opera (46), Per il rilascio di qualsiasi permesso di costruire (salvo quanta e stabilito dall'art. 13 della legge 10/1977 sui programmi pluriennali di attuazione) occorre che la zona sia fornita delle opere di urbanizzazione primaria o che, quanta meno, sia gia stata prevista l'attuazione da parte del Comune delle predette opere nel successivo triennia ovvero risulti l'impegno degli interessati ad attuarle contemporaneamente alia costruzione per la quale e richiesto il permesso (art. 12, c. 2, t.u.) (47). Si considerano «opere di urbanizzazione primaria» tutte quelle indispensabili per assicurare le condizioni di vita, cioe tutte le infrastrutture per l'insediamento degli abitanti sotto il profilo sia igienico che della viabilita e della sicurezza. Piu precisamente, l'art. 4 della legge 29 settembre 1964, n. 846, stabilisce che sono opere di urbanizzazione primaria le strade residenziali, gli spazi di sosta e di parcheggio, le fognature, la rete idrica, la rete di distribuzione di energia elettrica, la pubblica illuminazione e gli spazi di verde attrezzato (v. cap. XIV, n. 4). Contra il provvedimento di diniego l'interessato puo ricorrere al Tribunale amministrativo regionale entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento (48),
4 ( 4) Secondo il Consiglio di Stato (Sez. V, 5 luglio 1991, n. 999, in Il Cons. Stato, 1991, I, 1159), la legittimita della concessione edilizia va esaminata con riferimento alle norme urbanistiche (in sensa stretto, ossia queUe relative alla disciplina dell'insediamento abitativo ~el territorio), vigenti a! momenta in cui I'Amministrazione prowede, ~entre I~ regolant_
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(46) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 11 aprile 1995, n. 571, in Il Cons. Stato, 1995, I, 534 (ovviamente il diniego e legittimo se !'area e destinata a sede di un'opera pubblica, in base ad un vincolo urbanistico ancora vigente); v., peraltro, T.A.R. Calabria, Catanzaro, 12 maggie 1999, n. 672, in Rassegna T.A.R., 1999, I, 2912. (47) La sufficienza delle opere di urbanizzazione va rilevata con riferimento all'area da edificare e non alia zona in cui questa ricade (TAR. Liguria, Sez. I, 15 ottobre 1998, n. 435, iv4 1998, I, 4451) eva valutata all'attualita e non con richiami a dati anche di un anna precedente (TAR. Lazio, Sez. II-bis, 2 settembre 1999, n. 1674, iv4 1999, I, 3787). Sulla legittimita del diniego di concessione edilizia per !a mancanza dell'impianto fognario nella zona, v. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 16 giugno 1997, n. 928, iv4 1997, I, 3037; invece, e stata ritenuta sufficiente l'esistenza di un passaggio pedonale (Cons. Stato, Sez. V, 25 maggie 1998, n. 683, in Il Cons. Stato, 1998, I, 893). (48) II Consiglio di Stato (Sez. V, 5 marzo 2001 n. 1250, in Il Cons. Stato, 2001, I, 604) ha negate a! progettista [a legittimazione a ricorrere contra il prowedimento comunale di diniego di concessione edilizia a causa di presunti errori progettuali, fatta salva l'azione di risarcimento danni davanti a! giudice civile per i1 danno morale subito. Nel caso di annullamento del diniego in sede giurisdizionale, e prevalente l'opinione
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CAPITOLa XXIV
Nel mare magnum del nuovo ordinamento conseguente aile leggi delegate sui decentramento amministrativo, si trova anche Ia pos~ibi Iita di procedure speciali per I'autorizzazione a realizzare costruzioni destinate a determinati usi. Cic, ad esempio, e stato previsto per gli insediamenti produttivi dal d. Igs. 31 marzo 1998, n. 112. Secondo questa normativa (art. 24 sgg.) Ia Iegge regionale puc istituire uno «sportello unico», cioe puc essere regolamentato un unico procedimento amministrativo ai fini dell'autorizzazione all'insediamento di attivita produttive. Fra I'altro, il previsto regolamento dovra prevedere Ia possibilita di autocertificazioni da parte del richiedente in caso di ritardo nel rilascio degli atti di assenso prescritti, salva Ia necessita del permesso di costruire. Tuttavia, qualora il progetto contrasti con le previsioni di uno strumento urbanistico, sara regolamentato il ricorso alia conferenza di servizi, che potra proporre la necessaria variante al Consiglio comunale, che decided, pronunciandosi anche sulle opposizioni presentate nella stessa conferenza o successivamente ai sensi della legge urbanistica generale (v. retro, cap. XIII, n. 3).
che l'autorita competente deve provvedere applicando !a disciplina vigente alia data di notifica della sentenza di annullamento del diniego, purche questa sia stata notificata tanto a! difensore quanta a! Sindaco personalmente (Cons. Stato, Sez. N, 15 febbraio 2002 n. 924, in It Cons. Stato, 2002, I, 345; v. anche Cons. Stato, Sez. N, 2 giugno 2000 n. 3177, in Guida at diritto, 2000, 32, 55; Sez. V, 13 novembre 1995, n. 1551, in It Cons. Stato, 1995, I, 1531 e 8 gennaio 1998, n. 53, iv4 1998, I, 49; e piu recentemente Sez. V, 16 settembre 2004 n. 6052, in Riv. giur. editizia, 2005 I, 303; T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 25 maggie 2004 n. 4859, in Rarsegna TA.R, 2004, I, 2338; v. anche, con una riserva, T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 23 giugno 2001 n. 5596, iv4 2001, I, 2198). Peraltro, ii Consiglio di State ha dichiarato che <
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11. Forma, pubblicita ed impugnazione II provvedimento di permesso di costruire non e assoggettato ad una forma particolare; e sufficiente che esprima in forma esplicita ed in modo non equivoco la volonta di rilasciare il permesso. E necessaria che esso sia data per iscritto. Anche la semplice lettera del Sindaco, che comunicava all'interessato il parere favorevole della Commissione edilizia, equivaleva a rilascio della licenza edilizia: questa ipotesi era stata inizialmente estesa dalla giurisprudenza anche alia concessione edilizia, allorquando risulti evidente, dal contesta della comunicazione, che l'autorita comunale non intenda discostarsi dal predetto parere, a nulla rilevando che I'Amministrazione stessa richieda contestualmente alcuni adempimenti fra cui il pagamento del contributo per oneri di urbanizzazione (49). Ma poi la giurisprudenza ha mutate indirizzo, ritenendo la comunicazione del parere favorevole della commissione edilizia improduttiva degli effetti concessori, che discendono solo da un provvedimento sindacale completo di tutti gli elementi formativi della concessione (compresa la determinazione dei relativi contributi) (so). Invece, la comunica(49) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 febbraio 1990, n. 208, in Riv. giur. editizia, 1990, I, 565; T.A.R. Campania, Napoli, 9 luglio 1980, n. 483, in Rarsegna T.A.R, 1980, I, 3312; T.A.R. Liguria, Sez. I, 22 aprile 1992, Q.. 189, ivi, 1992, I, 2719; T.A.R. Sardegna, 23 dicembre 1988, n. 1467, iv4 1989, I, 762; T.A.R. Calabria, Catanzaro, 2 dicembre 1988, n. 522, iv4 1989, I, 716; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 16 dicembre 1988, n. 653, iv4 1989, I, 472; Cons. Stato, Sez. V, 8 maggie 1981, n. 157, in Il Cons. Stato, 1981, I, 525; 7 giugno 1983, n. 216, iv4 1983, I, 717; 23 marzo 1985, n. 167, iv4 1985, I, 295, sull'irrilevanza del mancato rilascio formale del titolo; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 28 gennaio 1983, n. 36, in Rarsegna T.A.R, 1983, I, 967; T.A.R. Lazio, Sez. II, 5 ottobre 1987, n. 1600, iv4 1987, I, 3648, secondo cui il rilascio del modulo di concessione e un atto dovuto; 19 novembre 1986, n. 2298, iv4 1986, I, 3956; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Balzano, 29 maggie 1995, n. 121, iv4 1995, I, 2986; T.A.R. Campania, Salerno, 27 gennaio 1983, n. 45, iv4 1983, I, 991; T.A.R. Lazio, Latina, 31 gennaio 1983, n. 27, iv4 1983, I, 466; T.A.R. Veneto, 3 dicembre 1982, n. 910, iv4 1983, I, 559; T.A.R. Liguria, 17 febbraio 1983, n. 114, ivi, 1983, I, 1170; TA.R. Marche, 16 febbraio 1984, n. 57, ivi, 1984, I, 1344. Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 giugno 1987, n. 381, in It Cons. Stato, 1987, I, 794 (sull'obbligo di inizio dei lavori entro un anno dal passaggio in giudicato della sentenza del TA.R. che afferma Ia natura di concessione della comunicazione del parere favorevole della commissione edilizia). (50) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 29 luglio 2003 n. 4325, in It Cons. Stato, 2003, I, 1637; id., 12 novembre 2002, n. 6256, iv4 2002, I, 2490; 24 aprile 2000, n. 2424, ivi, 2000, I, 1032; Sez. IV, 23 novembre 1999, n. 1730, iv4 1999, I, 1834; Sez. V, 29 settembre 1999,
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zione da parte dell'autorita comunale del parere negative della Corp.missione edilizia equivale a diniego della concessione (51). Tali oriclntamenti devono ritenersi validi, allo state attuale, anche per il permesso di costruire. n. 1205, iv4 1999, I, 1399; Sez. N, 12 dicembre 1997, n. 1409, iv4 1997, I, 1674; Sez. V, 9 dicembre 1996, n. 1492, iv4 1996, I, 1921; 19 febbraio 1996, n, 211, iv4 1996, I, 213; 16 novembre 1994, n. 1512, iv4 1994, I, 1212; 30 marzo 1994, n. 199, iv4 1994, I, 564; 16 settembre 1993, n. 895, iv4 1993, I, 1107 (<<e mero atto informativo !a comunicazione del parere della commissione edilizia»); 8 settembre 1992, n. 775, iv4 1992, I, 1093; T.A.R. Friu!i-Venezia Giulia 22 aprile 2003 n. 156, in Rassegna T.A.R., 2003, I, 2630; T.A.R. Toscana, Sez. I, 14 ottobre 2003 n. 5347, iv4 2003, I, 4672; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 12 maggie 2004 n. 8704, iv4 2004, I, 2560; T.A.R. Latina, 11 gennaio 2002 n. 13, in Rassegna T.A.R, 2002, I, 523; v. anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 15 aprile 2002 n. 2112, iv4 2002, I, 2043; 15 novembre 2002 n. 7199, iv4 2003, I, 379; Salerno, 12 novembre 1993, n. 562, iv4 1994, I, 279, secondo cui occorre che !a comunicazione sia completa di tutti gli elementi formativi, compresa l'indicazione dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 8 aprile 1994, n. 436, iv4 1994, I, 1723, secondo cui la comunicazione sindacale dovrebbe anche indicare 1'ammon tare dei contributi); T.A.R. Toscana, Sez. II, 25 ottobre 1994, n. 349, iv~ 1994, I, 4497; T.A.R., Trentino-Alto Adige, Balzano, 4 febbraio 1997, n. 45, iv4 1997, I, 1327; contra, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 23 marzo 2002 n. 1194, iv4 2002, I, 1865. Secondo T.A.R. Marche 8 luglio 2003 n. 890, iv~ 2003, I, 3358, !a comunicazione del parere favorevole della commissione edilizia equivale a rilascio della concessione a costruire, ove rechi anche la quantificazione degli oneri concessori e gli altri adempimenti meramente esecutivi. Nella stesso sensa anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 30 aprile 2004 n. 7689, iv~ 2004, I, 2551, qualora la comunicazione del parere favorevole non rechi «alcuna limitazione sostanziale» (con£ id., 29 luglio 2004 n. 10859, iv4 2004, I, 3525). Successivamente il Consiglio di Stato (Sez. N, 30 giugno 2005 n. 3601, in www.giustizia-amministrativa.it), pur rifacendosi alia suindicata giurisprudenza prevalente, ha ritenuto che - qualora dalla comunicazione del parere favorevole della commissione edilizia si deduca che !'organa comunale competente abbia implicitamente rna sicuramente fatta propria tale determinazione - resta precluso ogni ordinaria riesame ,della domanda del permesso di costruire. Conseguentemente il rilascio del relative documento formale diventerebbe un atto esecutivo e dovuto a contenuto ricognitivo, che conterra gli elementi secondari occorrenti (quali Ia determinazione degli oneri dovuti e l'indicazione dei termini di inizio e fine lavori). (51) Cfr. T.A.R. Marche, 24 ottobre 1997, n. 1019, in Rassegna T.A.R, 1997, I, 4459; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 2 luglio 2004 n. 9873, iv4 2004, I, 3186 (contra, T.A.R. Friuli Venezia Giulia 22 aprile 2003 n. 156, iv4 2003, I, 2630). La detta comunicazione negativa e stata ritenuta immediatamente impugnabile (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 27 marzo 2003 n. 3054, iv~ 2003, I, 2145). Sulla normativa applicabile dopa Ia notifica della sentenza di annullamento del diniego, v. T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 25 agosto 2004 n. 8081, iv4 2004, I, 3412.
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Rilasciato il permesso, l'autorita comunale dovra dare pubblicita al suo provvedimento mediante affissione nell'Albo Prete rio per quindici giorni consecutivi, a far data dal prime giorno non festive successive al rilascio (art. 10 legge urb.; art. 20, comma 7, t.u.). ~ante alia pubblicita, la sua omissione non costituisce un vizio del provvedimento, non essendo la pubblicita un elemento essenziale di formazione dell'atto, preordinata com'e allimitato scope di dare conoscenza al pubblico dell'avvenuto provvedimento (pubblicita-notizia). L'innovazione apportata dalla «legge-ponte» - secondo cui chiunque puo prendere visione presso gli uffici comunali della licenza edilizia e dei relativi atti di progetto - e diretta essenzialmente ad assicurare un piu immediate e diffuse controllo dei cittadini sull' attivita edilizia, tendente alia tutela del pubblico interesse, specie nell'ipotesi che un permesso di costruire sia state rilasciato in dif.. formita dallo strumento urbanistico o dalla legge. ~esto cosi diffuse ed efficace controllo, tendente essenzialmente alia repressione degli abusi edilizi, da la possibilita a qualsiasi cittadino interessato (52) - danneggiato dall'esecuzione del progetto autorizzato - di proporre eventuale ricorso avverso il permesso di costruire. II ricorso deve essere proposto al Tribunale Amministrativo Regionale entre 60 giorni dalla piena conoscenza del provvedimento (l'onere della prova di tale conoscenza e a carico del controinteressato titolare del permesso, rna essa si presume qualora la costruzione
(52) Non puo ricorrere qualsiasi cittadino, bensl <
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sia stata ultimata almena al rustico) (53). La giurisprudenza ha successivamente precisato che la piena conoscenza del permesso di c()struire va rapportata al concreto svolgersi della situazione di fatto ih relazione alia violazione delle norme urbanistiche, pasta a base del ricorso al giudice amministrativo (54).
12. Permesso di costruire in deroga Passiamo ad esaminare varie ipotesi che attengono piu propriamente a vicende modificative o estensive di rapporti cui il permesso di costruire si riferisce. Ci occuperemo cosi del permesso in deroga, del permesso condizionato, della variante, del permesso in sanatoria, della voltura, dell'annullamento e della decadenza. Per permesso in deroga s'intende quello rilasciato dall' auto rita comunale nell' esercizio di quei poteri che le consentono di derogare aile norme ordinarie del regolamento edilizio o del piano regolatore, se e nei limiti in cui cia sia espressamente ed eventualmente previsto dallo stesso regolamento o piano regolatore. Peraltro il permesso «in deroga)) presuppone I'esercizio di quei poteri discrezionali in sense proprio in ordine all'opportunita di accordare o meno quanta richiesto e non e quindi configurabile nel case in cui si faccia applicazione di una norma che consente il superamento dei normali indici di altezza degli edifici sulla base di predeterminati criteri afferenti a valutazioni di carattere esclusivamente tecnico (55). (53) Cfr. Cons. State, Sez. V, 15 giugno 1998, n. 834, in It Cons. Stato, 1998, I, 926; 30 marzo 1998, n. 381, iv4 1998, I, 409 (fatta salva !a possibilita di provare una conoscenza precedente da parte di chi eccepisce !a tardivita); 23 maggie 2000 n. 2983, iv4 2000, I, 1316; 6 marzo 2002 n. 1345, iv4 2002, I, 532, e Cons. giust. amm. Reg. sic. 20 dicembre 1988, n. 227, iv4 1988, I, 1725 (con riferimento all'ultimazione dei lavori). (54) Cfr. Cons. State, Sez. V, 17 gennaio 1994, n. 29, in Il Cons. Stato, 1994, I, 33; 12 ottobre 1995, n. 1407, iv4 1995, I, 1359. Sulla decorrenza del termine per impugnare a partire dal completamento dell'opera, «a meno che non si deducano l'assoluta inedificabilita dell'area o analoghe censure, nel qual caso ri.sulta su.lficiente Ia conoscenza detl'iniziativa in corso», v. T.A.R. Sardegna, 16 dicembre 2003 n. 1737, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 861. (55) Cfr. Cons. State, Sez. V, 20 ottobre 1982, n. 740, in Il Cons. Stato, 1982, I, 1237; 26 luglio 1984, n. 579, iv4 1984, I, 868. Sulla necessita della motivazione del diniego di CO!J.Cessione in deroga, v. T.A.R. Sardegna, 4 novembre 1993, n. 1333, in Rassegna
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La legge ha limitate i casi in cui e legittimo prevedere la possibilita di rilascio del permesso di costruire in deroga, stabilendo che i detti poteri possono essere esercitati limitatamente ai casi di edifici e di impianti pubblici o di interesse pubblico (art. 14 t.u.). Ne deriva che le deroghe non sono ammesse per impianti ed edifici privati, a meno che non venga riconosciuto ad essi una particolare rilevanza in rapporto all'interesse pubblico (56). La circolare ministeriale 28 ottobre 1967, n. 3210, contiene la seguente esemplificazione della suddetta nozione, contenuta nella norma citata: «Sono edifici ed impianti pubblici quelli appartenenti ad enti pubblici e destinati a finalita di car
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zano - enti pubblici o privati - siano destinati a finalita di carattere generale, sotto l'aspetto economico, culturale, industriale, igienic~, religiose, etc.: es., conventi, poliambulatori, alberghi, impianti turistici, biblioteche, teatri, silos portuali, etc.». E stato controverso in giurisprudenza se anche le destinazioni di zona prescritte dai piani urbanistici potessero essere oggetto di deroga, pur trattandosi di edifici pubblici o d'interesse pubblico. L'art. 14, comma 3, t.u. ha precisato che la deroga- nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza- puo riguardare esclusivamente i limiti di densita edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme di attuazione dei piani urbanistici, fermo restando in ogni caso il rispetto dei relativi limiti inderogabili stabiliti dal d.m 1444/1968 sugli standard urbanistici. In tal modo e stata drasticamente limitata la possibilita di permessi in deroga. Non solo e stata esclusa la derogabilita delle destinazioni d'uso di zona, rna non sono derogabili gli standard urbanistici di cui agli artt. 7, 8 e 9 d.m. 1444 del 1968; pertanto, ove siffatti limiti coincidono con quelli adottati dal piano urbanistico, e sempre impossibile il permesso di costruire in deroga. Q1tanto al procedimento, il permesso viene sempre rilasciato dall'autorita comunale che, perc, deve promuovere una decisione preventiva del Consiglio Comunale, che e da ritenersi vincolante. Q1lesta procedura deve essere seguita anche nel caso di provvedimento di diniego del permesso in deroga (57). Dopo la delibera consiliare, deve essere seguito il suesposto procedimento per il rilascio del permesso di costruire (art. 20, comma 10, t.u.). Diversamente da quanta si ritiene per le concessioni in sanatoria, in virtu di «condono edilizio», i permessi in deroga possono incidere sui diritti dei terzi, che non possono far valere l'osservanza delle di-
sposizioni urbanistiche derogate (comprese quelle in materia di distanze legali) (5s).
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(57) Cfr. T.A.R. Basilicata, 29 dicembre 1983, n. 353, in Rassegna T.A.R, 1984, I, 711. Sulla possibilita di una concessione in deroga, rilasciata anche in sanatoria, cfr. T.A.R. Lombardia, Milano Sez. I, 8 marzo 1990, n. 157, iv~ 1990, I, 1932; T.A.R. Sardegna, 5 aprile 2000 n. 322, iv~ 2000, I, 2950; in senso contrario, v. Cons. Stato, Sez. V, 30 agosto 2004 n. 5622, in It Cons. Stato, 2004, I, 1674; v., perc, il commentario a! tu. dell'edilizia, a cura di M.A. SANDULLI, ed. Giuffre, 2004~207.
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13. Permesso di costruire condizionato ~
La condizione e un avvenimento futuro ed incerto al verificarsi del quale viene subordinata l'efficacia di un atto. Nel caso del permesso di costruire, la condizione puo essere imposta dalla P.A. o in ossequio a sopravvenute nuove esigenze urbanistiche o edilizie, ovvero nelle ipotesi in cui appaiono necessarie modifiche del progetto di costruzione, che - pur non in aperto contrasto con la normativa vigente - ha bisogno di una diversa articolazione. E al verificarsi della condizione (cosi alla modificazione del progetto nei punti indicati dalla pubblica Amministrazione) che il permesso di costruire diviene efficace: ed e in quel momenta, a seconda delle modalita previste, che puo procedersi all'esecuzione dell'opera (59). In ogni caso, la condizione deve essere espressa con il richiamo alle ragioni (pubblico interesse, norme di legge, regolamento, piano regolatore) che ne hanna resa necessaria l'apposizione. In altri termini, in sede di rilascio del permesso di costruire, l' Amministrazione comunale non puo pretendere di acquisire particolari vantaggi non previsti da norme vigenti (come la cessione gratuita di aree) o imporre particolari adempimenti · non prescritti dalle norme vigenti (come il preventive pagamento dei contributi di costruzione) (6o).
(58) Cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 9 febbraio 1996, n. 29, in Rassegna T.A.R, 1996, I, 1551. (59) Cfr., infra, n. 18. (60) Cfr. Cons. State, Sez. V, 24 marzo 2001 n. 1702, in It Cons. Stato, 2001, I, 759; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 2 luglio 1999, n. 466, in Rassegna T.A.R., 1999, I, 3602; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 24 dicembre 1993, n. 755, in Rassegna T.A.R., 1994, I, 602; T.A.R. Lazio, Sez. II, 18 settembre 1996, n. 1677, iv~ 1996, I, 3636; T.A.R. Veneto, 29 dicembre 1982, n. 969, iv~ 1983, I, 575; T.A.R. Sardegna, 31 gennaio 1986, n. 39, iv~ 1986, I, 1221 e 5 novembre 1986, n. 610, iv~ 1987, I, 385; T.A.R. Lombardia, Brescia, 14 febbraio 1989, n. 137, iv~ 1989, I, 1271; T.A.R. Basilicata, 27 febbraio 1988, n. 13, iv~ 1988, I, 1335. V. anche Cons. State, Sez. II, par. 11 ottobre 1995, n. 2335/94, in It Cons. Stato, 1998, I, 317, che ha dichiarato l'illegittimita di una clausola apposta ad una con-
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CAPITOLO XXIV
~ando la condizione comporta modifiche sostanziali al progetto, non puo parlarsi di condizione, bensi di diniego di quel permJ·sso ed eventualmente di rilascio di un nuovo permesso. D'altra parte, la condizione elegittimamente imposta solo quando- oltre ad essere formulata in termini sufficientemente precisi (61) - i limiti ed i vincoli da essa richiamati siano di lieve entita e non modifichino sostanzialmente il progetto, ovvero qualora sia fondata su una determinata disposizione di legge, di piano regolatore o di regolamento edilizio. Sarebbe pertanto illegittima, per esempio, la condizione di spostare l'ubicazione dell'immobile da costruire in considerazione del fatto che nella zona prescelta sia prevista la costruzione di una strada qualora non esista il piano regolatore o un piano di lottizzazione che contenga tale previsione (lo stesso vale nell'ipotesi di una condizione diretta ad imporre un determinate arretramento del fabbricato od un limite di altezza non previsti da alcuna disposizione vigente; egualmente - in presenza del nulla osta della competente Soprintendenza per la totale demolizione e ricostruzione di un edificio soggetto a vincolo - fu ritenuta illegittima la concessione edilizia nella parte in cui conteneva la condizione che sia conservato parzialmente l'edificio) (62).
cessione edilizia con Ia quale il privata rinuncia all'eventuale indennita di espmprio (con il conseguente annullamento della sola clausola). (61) Cfr. Cons. Stato, Sez. N, 15 luglio 1993, n. 712, in !l Cons. Stato, 1993, I, 872, che ha ritenuto illegittima Ia concessione con Ia prescrizione per il privata di presentare
<<jJer l'approvazione una soluzione architettonica che consenta di ottenere migliori allineamenti con l'edificio retrostante». V anche T A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, 28 novembre 1994, n. 500, in Rassegna T.A.R., 1995, I, 161. , (62) Cfr. T.AR. Sicilia, Catania, 28 maggie 1984, n. 538, in Rassegna T.A.R, 1984, I, 2410. E stata ritenuta legittima Ia licenza edilizia rilasciata sotto Ia condizione che il soggetto autorizzato acquisisca il diritto di accesso (nella specie controverso) a! costruendo edificio (Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 1980, n. 946, in !l Cons. Stato, 1980, I, 1550); v. anche T A.R. Lombardia. Milano, Sez. II, 18 febbraio 1984, n. 77, in Rassegna T.A.R., 1984, I, 1279, sull'illegittimita della sola condizione; invece e stato ritenuto che I'illegittimita della condizione eventualmente apposta produce l'invalidita della concessione nella sua interezza, qualora debba considerarsi Ia causa determinante del provvedimento (T.A.R. Trentino-Alto Adige, Balzano, 8 maggie 1996, n. 120, iv4 1996, I, 2475). Peraltro, secondo T.A.R. Veneto, 29 gennaio 2000 n. 271, iv4 2000, I, 1371, e in facolta dell' Amministrazione ricorrere agli strumenti della convenzione e della fideius-
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14. Le varianti Rilasciato dall'autorita comunale un permesso di costruire, prima dell'inizio dei lavori o durante il corso degli stessi, il titolare del permesso potra avere interesse a richiedere delle varianti. La giurisprudenza ritiene che trattasi di «Variante» e non di nuovo permesso soltanto se il nuovo progetto di costruzione riguarda uno o piu particolari, per i quali involge solo modifiche qualitative o quantitative di limitata consistenza e di scarsissimo valore rispetto al complesso dell'edificio, in modo che la costruzione possa considerarsi ancora regolata dal primo permesso, che conserva intatta la sua efficacia ex tunc per quella parte del progetto che non risulta modificata (63), sione a! fine di garantire I'adempimento degli obblighi assunti dal privata con Ia concessione edilizia. (63) Cfr. TA.R. Puglia, Bari, Sez. I, 24 giugno 2004 n. 2709, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 3220; v. anche TA.R. Campania. Napoli, 12 novembre 1980, n. 1005, in Rassegna T.A.R., 1981, I, 269, che considera poi nuova ed autonoma licenza quando nel nuovo progetto subiscono sensibili mutamenti Ia volumetria o l'altezza dei fabbricati, ovvero quando il nuovo progetto si concreta in una radicale revisione delle originarie previsioni, o quando Ia nuova autorizzazione e tale da condurre alia ristrutturazione dell'edificio inizialmente progettato, o ancora quando gli dementi innovativi proposti non sono contenuti in limiti tali da non incidere sulla conformazione e sulla natura dell'edificio o sui suoi aspetti qualificanti (id., Sez. N, 4 aprile 2000 n. 916, iv4 2000, I, 2722; v. anche T.A.R. Veneto, 29 settembre 1982, n. 687, iv4 1982, I, 3094, relative a! cambia di destinazione- da garage a Iaboratorio- di porzione di fabbricato, con modifica dell'accesso; T.AR. Puglia, Leece, 12 febbraio 2002 n. 739, iv4 2002, I, 1594). Per il Consiglio di Stato (Sez. V, 10 luglio 1982, n. 614, in Il Cons. Stato, 1982, I, 879), Ia <
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IL PERMESSO DI COSTRUIRE
Anche la richiesta di variante - tranne i casi minori di varianti r soggette a d.i.a. (n. 5) - seguira lo stesso iter di un nuevo permesso, in quanta trattasi di un provvedimento confermativo solo per le parti non variate del permesso originario, mentre einnovative per quelle che si vogliono modificare (64). L'autorita comunale, all'atto della richiesta di variante, e tenuta ad esaminare la domanda per vedere se sussistono impedimenti normativi e, con la medesima procedura stabilita per il rilascio del permesso, accoglie o respinge la richiesta, sia in parte che per intero (6s). Q!talora il progetto gia approvato e del quale si chiede il permesso in variante risultasse in contrasto con la normativa sopravvenuta, la variante puc essere rilasciata se le relative modifiche del progetto originario non aggravino il contrasto del medesimo con le disposizioni sopravvenute (ad es., se dopa il rilascio del permesso di costruire un edificio di 15 metri di altezza, entra in vigore una norma che limita a 10 metri l'altezza massima degli edifici nella zona, e legittimo il rilascio di una variante, che non comporti alcun aumento dell'altezza dell'edificio, rna che preveda, ad esempio, una diversa distribuzione interna o una modifica planimetrica delle facciate) (66). AI diniego della variante il titolare del permesso o clara inizio ai lavori rispettando il progetto originario (o li ultimera nel case di lavori gia iniziati) o dovra rifare il progetto per avere un nuevo permesso (naturalmente uniformandosi alia disciplina vigente).
licenza edilizia o in difformita da questa. La ratio di tale provvedimento consisteva nella inopportunita di sacrificare sempre Ia costruzione eseguita, quando la stessa, pur mancando la preventiva autorizzazione, non contrastasse con la disciplina urbanistica. Trattandosi percic di licenza, sia pure posteriore alia costruzione, la sanatoria doveva essere concessa dal Sindaco, previa parere della Commissione edilizia, sempre che la costruzione non contrastasse con Ia normativa urbanistica vigente al momenta del rilascio. La licenza edilizia in sanatoria non era subordinata dal Comune al pagamento di penali, in quanta la Iegge non lo prevedeva; essa perc lasciava salvi i diritti dei terzi e non escludeva l'applicazione delle sanzioni penali previste dalla Iegge per chi costruisce senza licenza o in difformita dalla stessa (67). Poi - sostituita la licenza edilizia con la concessione - la possibilita della sanatoria fu rimessa in discussione. II testa della Iegge 10/ 1977 sembrava dare questa risposta: le concessioni in sanatoria sono possibili solo per le varianti che non modifichino Ia sagoma, le superfici utili e la destinazione d'uso, oltre, naturalmente, a non contrastare con Ia normativa vigente. Negli altri casi, invece, pur mancando egualmente il contrasto con la normativa vigente, la modifica della sagoma o una diversa destinazione d'uso avrebbero comportato comunque Ia necessita della sanzione (demolizione o sanzione pecuniaria pari al doppio del valore della parte dell' opera realizzata in difformita). Q!testa soluzione apparve aberrante. Sembrc invece che la norma in questione (l'art. 15, 12° comma, Iegge 10) si limitasse semplicemente ad escludere l'applicabilita di qualsiasi sanzione amministrativa nei casi contemplati (68), per i quali si prevede, in linea di massi-
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15. Permesso in sanatoria Prima della legge del 1977 sul regime dei suoli, Ia sanatoria era un rimedio tendente a sanare le situazioni di costruzioni sorte 0 senza zione dell'edificio>> (Cons. Stato, Sez. V, 2 aprile 2001· n. 1898, in Il Cons. Stato, 2001, I, 883; 22 gennaio 2003 n. 249, iv4 2003, I, 78; 3 agosto 2004 n. 5429, iv4 2004, I, 1639). (64) Sulla natura confermativa della variante, v. Cons. Stato, Sez. V, 29 gennaio 1982, n. 67, in Il Cons. Stato, 1982, I, 36. (65) Sull'obbligo di provvedere sulla domanda di variante negli stessi termini prescritti in ordine alle domande di concessione edilizia, v. T.A.R. Campania, Salerno, 18 luglio 1995, n. 388, in Rassegna T.A.R, 1995, I, 4358. (66) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 1995, n. 184, in Il Cons. Stato, 1995, I, 206.
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(67) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 8 luglio 1977, n. 755, in Riv. giur. edilizia, 1977, I, 456, con nota di richiami; T.A.R. Campania, 6 giugno 1978, n. 605, iv4 1979, I, 182. Sulla non necessita del consenso dei comproprietari, nel caso di sanatoria per opere abusivamente realizzate da un condomino, che incidano su muri perimetrali nella parte corrispondente a! piano di proprieta del trasgressore, v. Cons. Stato, Sez. V, 9 ottobre 2003 n. 6032, in Il Cons. Stato, 2003, I, 2163. (68) Fra questi casi Ia giurisprudenza ha esduso, ad esempio, l'ipotesi di chiusura di un portico, comportando la modifica delle superfici utili e della destinazione d'uso. Nei casi in esame, invece, il Sindaco aveva l'obbligo, e non la mera facolta, di rilasciare
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IL PERMESSO DI COSTRUIRE
ma, l' assenza di lesione di qualsiasi interesse pubblico. In precedenza, anche in questi casi - prima del rilascio di una licenza di varia{lte in sanatoria ed in mancanza della relativa domanda - sarebbe stata legittima l'adozione dei poteri repressivi di competenza della autorita comunale. Ma tale novita non sembrava comportare il divieto di provvedere su una eventuale domanda di concessione in sanatoria presentata dall'interessato per qualsiasi tipo di abuso. Naturalmente, in tal caso, il Sindaco poteva provvedere al rilascio della concessione se l' opera abusiva (in tutto o in parte) fosse risultata pienamente conforme alla normativa urbanistico-edilizia vigente (e fatto salvo, altresi, il pagamento dei relativi contributi) (69). Cio deriva anche dai principi generali sulla conservazione dei valori giuridici e dalla considerazione dell'assurdita della demolizione di un'opera per la quale, poi, il giorno dopa, la stessa Amministrazione comunale non avrebbe potuto negare la concessione a costruire (70). Senonche la legge 47 del 1985 nel dare un colpo di spugna sul passato, sanando quasi ogni abuso, stabili norme piu severe per l' avvemre. Infatti, secondo l'art. 13 (oggi art. 36 t.u.) il responsabile dell'abuso (o l'attuale proprietario dell'immobile) puc ottenere il permesso in sanatoria quando l'opera eseguita risulti conforme alla disciplina
urbanistica ed edilizia vigente non solo al momenta di presentazione della domanda di sanatoria (prima al momenta del rilascio della concessione in sanatoria), bensl anche al momento della realizzazione dell'opera. In altri termini, la sanatoria sarebbe oggi possibile solo per chi costruisca senza permesso, ma in conformita alla normativa urbanistico-edilizia (7!). Sulla domanda di permesso in sanatoria si forma il
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l'approvazione a sanatoria delle varianti di cui a! citato comma 12 (T.A.R. Lornbardia, Milano, 5 novembre 1983, n. 1489, in Rmsegna T.A.R, 1984, I, 157). (69) Cfr. T.A.R. Toscana, 7 giugno 1978, n. 285, in Rmsegna T.A.R, 1978, I, 3408; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila., 25 giugno 1980, n. 173, iv~ 1980, I, 3273; T.A.R. Piemonte, 7 febbraio 1983, n. 96, iv~ 1983, I, 1113; T.A.R. Umbria, 18 dicernbre 1981, n. 423, iv~ 1982, I, 567; T.A.R. Lombardia, Milano, 5 novernbre 1983, n. 1489, iv4 1984, I, 157; contra, T.A.R. Abruzzo, Pescara, 29 gennaio 1980, n. 6, iv~ 1980, I, 1091. Secondo T.A.R. Campania, Sez. Salerno, 27 gennaio 1983, n. 52, iv4 1983, I, 991, il rilascio della concessione edilizia in sanatoria costituisce non gia un obbligo, bensi una facolta discrezionale dell'arnministrazione, che presuppone comunque Ia previa presentazione di apposita domanda da parte dell'interessato. (70) In tal senso, v., per tutti, FOLLIERI, Proflli problematici della concessione edilizia in sanatoria, in Riv. giur. edilizia, 1978, II, 239. Cfr. T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 15 ottobre 1980, n. 377, in Rmsegna T.A.R, 1980, I, 4377; T.A.R. Lornbardia, Milano, 6 maggio 1982, n. 243, iv4 1982, I, 1973; cfr. Cons. Stato, ad. plen., 16 rnaggio 1974, n. 5, in II Cons. Stato, 1974, I, 697; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 10 dicernbre 1983, n. 1608, in Rassegna T.A.R, 1984, I, 562.
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(71) Ma secondo varie sentenze, anche dopo !a Iegge 47/85, e possibile !a concessione in sanatoria per opere contrastanti con Ia norrnativa vigente all'atto dell'esecuzione, rna conforrni alle disposizioni sopravvenute (v. Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2004 n.• 3431 e 21 ottobre 2003 n. 6498, in II Cons. Stato 2004, I, 1143 e 2003, I, 2268, secondo cui !'art. 13 e diretto a impedire l'applicabilita di disposizioni urbanistiche successive alla presentazione della dornanda di sanatoria; con£ T.R.G.A. Trentino Alto Adige Bolzano, 21 aprile 2005 n. 155, in Rmsegna T.A.R, 2005, I, 1915; T.A.R. Toscana, Sez. II, 3 novernbre 1989, n. 972, in Rassegna T.A.R, 1990, I, 243; con£ T.A.R. Umbria, 16 ottobre 2000 n. 800, iv~ 2000, I, 5221, in presenza «di mutato quadro di valenza pubblica, rispetto a! quale le opere abusive si collochino in una prospettiva di armonica compatibilita»; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 4 maggio 2000 n. 507, iv4 2000, I, 3109; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 11 gennaio, 2001 n. 101, iv4 2001, I, 1012; T.A.R. Lombardia, Brescia, 18 settembre 2002 n. 1176, iv4 2002, I, 2252); contra, T.A.R. Piemonte, Sez. I, 20 aprile 2005 n. 1094, iv4 2005, I, 1848. Per un'arnpia rassegna di giurisprudenza sulla controversa questione. v. G!AVAZZI, in Riv. giur. urbanistica, 2004, I, 40 sgg.; cfr. anche VINTI, Laccertamento di conformita... , iv4 2004, II, 137 sgg. In tal caso resterebbero fermi solta.nto 1'incornrnerciabilita dei beni, !a sanzione pena.le e, nell'ipotesi di sanatoria parziale, quella amministrativa (cfr. Pretura di Pizzo Calabro 18 febbraio 1987, in Riv. giur. edilizin, 1987, I, 539, con nota di richiami). L'opinione, peraltro, sernbra discutibile. E vera invece che !a Iegge 47/85 (come il t.u.) consente il rilascio della concessione in sanatoria anche per opere non pit\ conforrni alla disciplina urbanistica, purche tale conforrnita sussista a! rnomento della presentaziohe della dornanda, oltre che all'atto della costruzione (Cons. Stato, .Sez. V, 13 febbraio 1995, n. 238, in Il Cons. Stato, 1995, I, 217; Cass., Sez. III pen., 18 rnarzo 2002 n. 11149, iv4 2002, II, 1556, e 13 gennaio 2003 n. 740, secondo cui e i!legittimo anche il provvedirnento di sanatoria subordinate a.ll'esecuzione di specifici interventi diretti a rendere !'opera conforme agli strumenti urbanistici). Sulla necessita della cosiddetta doppia conformita, v. anche T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 1° aprile 2003 n. 620, in Rmsegna T.A.R., 2003, I, 1943; id., Brescia, 23 giugno 2003 n. 870, iv4 2003, I, 3246; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 30 giugno 2003 n. 7931, iv4 2003, I, 3418. In ogni caso !a c.d. doppia conformita e necessaria ai fini dell'estinzione del reato di costruzione abusiva (Cass., Sez. III pen., 17 maggio 2005, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 1366). E stato anche affermato che - in caso di opera abusiva, rna conforme alla normativa urbanistica sopravvenuta - l'a.rnrninistrazione comunale puo applicare !a sanzione pecuniaria e non !a dernolizione (T.A.R. Veneto, 23 dicernbre 1996, n. 2200, in Rassegna T.A.R, 1997, I, 559). In ogni caso, nei rapporti privati vale Ia norrnativa pit\ favorevole sopravvenuta e, quindi, Ia responsabilita per danni sara lirnitata ai danni rnaturati pro tempore fino a.ll'entrata in vigore della nuova normativa (cfr. Cass., Sez. II civ., 2 dicembre 1995, n. 12458, iv4 1996, II, 708). Sull'ammissibilita del rilascio di concessione edilizia in sanatoria con prescrizioni, v. FODERINI, in Riv. giur.
CAPITOLO XXIV
IL PERMESSO DI COSTRUIRE
silenzio-rifiuto dopa 60 giorni dalla presentazione (72), anche dopa le nuove norme sul procedimento di rilascio del permesso di costruire
(art. 36, c. 3, t.u.) (73). Contra questa silenzio-rifiuto l'interessato puo ricorrere al giudice amministrativo ed ottenerne l'annullamento - per violazione dell'obbligo di indicare specificamente le norme che ostano al rilascio del permesso di costruire - con il conseguente dovere dell'autorita comunale di provvedere esplicitamente sulla domanda di permesso in sanatoria «con adeguata motivazione» (74).
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edilizia, 1999, II, 121 ss. Nelle zone soggette a vincolo paesistico nel caso del procedimento di sanatoria ex art. 13 cit., puc essere rilasciata anche l'autorizzazione paesistica in via postuma (Cons. Stato, Sez. VI, 16 novembre 2000 n. 6130, in Il Cons. Stato, 2000, I, 2471); v. anche id., 31 agosto 2004 n. 5723, iv4 2004, I, 1687, che non comporta l'ammissibilita dell'autorizzazione paesistica in sanatoria, oggi esclusa dal nuovo codice dei beni culturali. Anche per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria e stata ritenuta l'insufficienza della domanda presentata da uno solo dei comproprietari (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 27 maggie 2005 n. 7295, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 1662). (72) Anche questo silenzio-rifiuto e stato ritenuto illegittimo, per difetto di motivazione (cfr. Cons. Stato, Sez. II, par. 2 marzo 1994, n. 1255/93, in Il Cons. Stato, 1996, I, 108; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 5 settembre 1989, n. 415, in Rassegna T.A.R., 1989, I, 4038; T.A.R. Liguria, Sez. I, 8 novembre 1991, n. 612, iv4 1992, I, 223; T.A.R. Lazio, Latina, 1° febbraio 1995, n. 110, iv4 1995, I, 1067, che rileva anche !a violazione dell'obbligo di provvedere, che fa capo a! Comune; T.A.R. Veneto, 25 gennaio 1995, n. 103, iv4 1995, I, 1152; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 21 novembre 2001 n. 4926, iv4 2002, I, 267; id., 22 dicembre 2000 n. 4825, iv4 2001, I, 662 e 17 maggio 2000 n. 1410, iv4 2000, I, 3350; anche per altri profili, v. partie. T.A.R. Molise, 9 dicembre 1994, n. 327, iv4 1995, I, 723). Parlano, invece, di silenzio-rigetto T.A.R. Liguria, 11 gennaio 1990, n. 3, iv4 1990, I, 1087; T.A.R. Campania, Sez. I, 30 marzo 1990, n. 265, iv4 1990, I, 2222; T.A.R Marche, 18 dicembre 1992, n. 777, ivi, 1993, I, 597; T.A.R. Lazio, Sez. II, 22 aprile 1988, n. 264, ivi, 1988, I, 1462, rna cia comporta solo !a decorrenza del termine decadenziale di 60 giorni per ricorrere (T.A.R. Lazio,' Sez. II, 11 marzo 1996, n. 471, iv4 1996, I, 1217). II T.A.R Veneto, Sez. II, 16 febbraio 1991, n. 114 (iv4 1991, I, 1350) ha ritenuto illegittimo il diniego di concessione edilizia in sanatoria motivate genericamente, confermando a pill forte ragione l'illegittimita del silenzio-rifiuto (v. anche T.A.R. Lazio, Sez. II, 4 marzo 1991, n. 437, ivi, 1991, I, 1185 e T.A.R. Liguria, 5 febbraio 1991, n. 60, iv4 1991, I, 1364; T.A.R. Campania, Salerno, 31 agosto 1993, n. 460, iv4 1993, I, 3753; T.A.R. Lazio, Sez. II, 17 dicembre 1994, n. 1549, iv4 1995, I, 60; nonche Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno 1994, n. 654, in Il Cons. Stato, 1994, I, 806, sulla necessita della preventiva decisione sulla domanda di sanatoria ai fini del procedimento di applicazione delle misure repressive). Sulla violazione dell'art. 2 Iegge 7 agosto 1990, n. 241, nel caso di omesso provvedimento sulla domanda di concessione in sanatoria ex art. 13 1. 47/1985, cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 19 ottobre 1995, n. 1572, in Rassegna T.AR, 1995, I, 4472. Sull'equiparazione del silenzio deli'Amministrazione ex art. 13 Iegge 47/85 all'ipotesi di silenzio-rifiuto, prevista dall'art. 31legge 1150/1942, cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 18 gennaio 1992, n. 7, pubbl. con massima su un altro aspetto in Rassegna T.A.R, 1992, I, 1053; T.A.R. Calabria, Catanzaro, 2 maggie 1995, n. 426, iv4 1995, I, 3319; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 16 maggie 1996, n. 206, iv4 1996, I, 2655. Per una sentenza sui rapporto tra concessione in sanatoria e misure di salvaguardia, v. Cons. Stato, Sez. N, 20 maggie 1992, n. 547, in Il Cons. Stato, 1992, I, 716. Anche dopo !a formazione del silenzio-rifiuto sulla domanda di sanatoria, permane l'obbligo dell'Amministrazione di pronunciarsi in modo esplicito sulla domanda (T.A.R. Cam-
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pania, Napoli, Sez. N, 6 aprile 2004 n. 4119, in Rassegna T.A.R, 2004, I, 2041). Sull'impugnabilita del silenzio non per difetto di motivazione, rna per il suo contenuto di rigetto, v. T.A.R. Campania, Sez. N, 12luglio 2004 n. 10077, ivi, 2004, I, 3190. (73) Con riferimento alla Iegge 493 del 1993, cfr., T.A.R. Lazio, Sez. II, 15 gennaio 1996, n. 162, in Rassegna T.A.R., 1996, I, 423, e 11 marzo 1996, n. 471, ivi, 1996, I, 1217; Cass. Pen., Sez. III, 30 marzo 1995, n. 6198, in Il Cons. Stato, 1996, II, 1026. Tuttavia, e stata esclusa !a formazione del silenzio-rifiuto dopo !a scadenza del detto termine di 60 giorni, nel caso di mancanza del nulla osta paesistico in zona sottoposta a! relative vincolo (1. 1497/1939 e succ. mod.) (Cons. giust. amm. Reg. sicil., 20 dicembre 1996, n. 477, iv4 1996, I, 2022; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 29 aprile 1996, n. 112, in Rassegna T.A.R., 1996, I, 2593). Anzi lo stesso Tribunale, con sentenza in pari data n. 111 (loc. cit.) ha affermato che in tal caso il Sindaco puc ingiungere !a demolizione dell'immobile, nonostante !a pendenza della domanda di concessione. (74) Invece, secondo T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 24 maggie 4006, n. 5747, il silenzio-diniego puc essere annullato non per difetto di motivazione, rna solo perche infondato in base alla normativa vigente (con£ id., Sez. III, 11 novembre 2005, n. 18225, in Riv. giur. edilizia, 2006, I, 434, con altri richiami). Nel senso del testo, cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 23 novembre 1999, n. 2998, in Rassegna T.A.R, 2000, I, 304; 19 ottobre 1999, n. 2689, ivi, 1999, I, 4967; 25 marzo 1999, n. 865, iv4 1999, I, 2072; T.A.R. Lazio, Latina, 17 dicembre 1999, n. 1057, ivi, 2000, I, 82; 17 settembre 1998, n. 975, ivi, 1998, I, 3611; T.A.R. Valle d'Aosta, 19 febbraio 1999, n. 32, ivi, 1999, I, 1286. Sulla necessita del parere (non vincolante) della Commissione edilizia comunale, v. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 20 luglio 2000 n. 2889, ivi, 2000, I, 4492. La giurisprudenza ha anche precisato che !a presentazione della domanda di concessione in sanatoria fa venir meno !'interesse alia decisione del ricorso avverso il precedente ordine di demolizione, perche anche in caso di diniego della sanatoria, dovra essere adottato un nuovo provvedimento repressive (Cons. Stato, Sez. V, 4 agosto 2000, n. 4305, in Il Cons. Stato, 2000, I, 1832; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 25 novembre 1999, n. 3059, iv4 2000, I, 312 e Sez. III, 13 dicembre 1999 n. 3158, iv4 2000, I, 813; T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 22 maggio 1998, n. 985, iv4 1998, I, 2311); contra, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 27 maggio 2005 n. 7305, ivi, 2005, I, 2042, secondo cui !a presentazione della domanda di sanatoria paralizza solo momentaneamente il provvedimento repressive (ordine di demolizione), che riprende nuovamente vigore dopo !a formazione del diniego (silenzioso o esplicito) sulla domanda (anche se !a reviviscenza degli effetti sanzionatori e subordinata all'esito dei ricorsi eventualmente proposti avverso il diniego tacito od il rigetto della domanda di sanatoria). Secondo il T.A.R. Basilicata, 23 maggio
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IL PERMESSO DI COSTRUIRE
CAPITOLO XXIV
In Campania, la legge regionale 22 dicembre 2004 n. 16 (art. 439 prevede che (dopa la scadenza del detto termine di 60 giorni) il presidente della Giunta regionale - previa diffida al Comune di pronunciarsi con provvedimento espresso sulla domanda di sanatoria richieda l'intervento sostitutivo della Provincia. In ogni caso, l'Amministrazione comunale non puo procedere all' applicazione delle misure repressive per un' opera abusiva prima di essersi pronunciata sulla eventuale domanda di permesso in sanatoria (75). . Nel caso di permesso in sanatoria - a titolo di oblazione - si paga d contribute in misura doppia (e quindi in misura intera nel caso di permesso gratuito) (76). Nell'ipotesi di intervento realizzato in parziale difformita, l'oblazione e calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso. II rilascio in sanatoria non estingue i reati previsti dalle norme in materia di tutela del paesaggio (77). Il permesso in sanatoria puc essere richiesto comunque fino alla materiale esecuzione delle sanzioni amministrative irrogate (78).
20.0S.n. 426, iv4 2005, I, 2098, Ia domanda di sanatoria non determina l'improcedibilita del ricorso avverso Ia relativa ordinanza di demolizione. (75) Cfr. T.A.R. Campania.. Napoli, Sez. N, 4 novembre 1999, n. 2889, in Rassegnd T.A.R, 200.0, I, 286; 11 febbrru.o 1999, n. 369, iv4 1999, I, 1477. Nel caso di diniego del permesso d1 costruire in sanatoria, non e prevista !a sospensione del relative procedimento penale anche se l'interessato abbia impugnato il diniego davanti al giudice amministrativo (Cass., Sez. III pen., 23 maggio 2003 n. 22823, in Il Cons. Stato, 2004, II, 399). (76).Sul calcolo del contt:ibuto nel caso di opere non complete, cfr. Cons. State, Sez. V, 26 ~1ugno 1996, n. _799, 111 ll Cons. ~tato, 1996, I, 939. Secondo il T.A.R. Campania ~N~poh.• Sez. III, 9 apnle 2004 n. 4235, m Riv. giur. ediliz;.a, 2004, I, 1789), in alcuni casi 11 nlasc10 del permesso di costruire deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento a determinati controinteressati. (77) Cfr. Corte cost., ord. 21 luglio 2000 n. 327, in Il Cons. Stato, 2000, II, 1261; Cass., Sez. III pen., 3 agosto 2000 n. 8778, in Guida al diritto, 2000, n. 8, 97. La concessione in sanatoria non estingue i reati concernenti le costruzioni in zone sismiche previsti dalla Iegge 64/1974 e successive modifiche (Cass., Sez. III pen., 9 giugno 2003, n. 24853; in Il Cons. Stato, 2004, II, 402). Sull'equiparaz~one dell~ costruzioni abusive a quelle legittime dopa Ia conclusione della procedura d1 sanatona (anche per condono edilizio), v. la Circolare Min. infrastrutture e trasporti, 7 agosto 2003 n. 4174/316 126, in Riv. gt'ur. edilizitJ, 2004 III 33 sg . precedenza, v. vT.A.R. Liguria, Sez. I, 11 maggie ' '2000 n.• ( 78) Cfir. art. 36, c. 1, t.u.; m
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16. Voltura Come per la licenza o la concessione edilizia, anche il permesso di costruire puo essere trasferito da un soggetto ad un altro, continuando ad avere un carattere reale e non personale (art. 11, c. 2, t.u.). Per aversi la voltura, occorre che chi abbia acquistato titolo per ottenere il permesso (ad esempio, avendo ottenuto la proprieta dell'area da edificare) ne faccia domanda al Comune, dimostrando il proprio «titolo» (79). L'autorita comunale ha l'obbligo di pronunciarsi sulla domanda di voltura e deve provvedere al rilascio, dopa aver verificato l'idoneita del titolo presentato dal richiedente (e ave naturalmente il permesso non sia gia scaduto) (so). La voltura non comporta pertanto un nuovo permesso, rna presuppone un permesso gia rilasciato di cui cambi solo l'intestatario (ne il Comune puo pretendere un ulteriore pagamento di contributi) (81). Non essendo un nuovo permesso, la voltura puo essere rilasciata anche se siano sopravvenute norme che non consentirebbero piu il rilascio del permesso originario; parimenti la voltura non modifica i termini di decadenza del permesso originario, ne sana gli eventuali vizi del medesimo (82).
505, in Riv. giur. edilizia, 2000, I, 1156, con nota favorevole di DAMONTE, in cui altri richiami. (79) La voltura, cioe, non e automatica con il semplice trasferimento della proprieta dell'area (Cons. State, Sez. V, 14 novembre 1980, n. 932, in Il Cons. Stato, 1980, I, 1541); in sensa contrario sembra orientata T.A.R. Abruzzo, Pescara, 15 febbraio 1983, n. 58, in Rassegna T.A.R., 1983, I, 1218 (sui trasferimento della concessione unitamente al suolo). Q!talora un permesso di costruire sia state rilasciato ad un soggetto non proprietario dell'area da edificare, elegittima la voltura a favore del proprietario, che sana anche la precedente illegittimita (Cons. Stato, Sez. V, 10 luglio 2000 n. 3854, in Il Cons. Stato, 2000, I, 1701). (SO) Cfr. TA.R. Campania, Salerno, 10 luglio 1998, n. 395, in Rassegna T.A.R., 1998, I, 3373; TA.R. Lazio, Latina, 12 giugno 1981, n. 109, iv4 1981, I, 2095; T.A.R. Lombardia, Brescia, 17 ottobre 1988, n. 852, iv4 1988, I, 3747 (atto dovuto). (81) Cfr. Cons. State, Sez. V, 28 ottobre 1988, n. 616, in Il Cons. Stato, 1988, I, 1223. (82) Cfr. T.A.R. Valle d'Aosta, 28 febbraio 1992, n. 19, in Rassegna T.A.R, 1992, I, 1384.
CAPITOLO XXIV
IL PERMESSO DI COSTRUIRE
E controverso, se chi costruisce con permesso intestato ad altri, prima di averne ottenuto la voltura, debba essere equiparato ~ chi costruisce senza permesso (83).
un permesso, quando fosse denunciate il contrasto non gia con Ia normativa vigente, rna con norme urbanistiche non ancora operanti (ad esempio, piano regolatore non ancora approvato) (84) o sopravvenute. In virtU del principia che «utile per inutile non vitiatur», il permesso di costruire puo ritenersi suscettibile di un annullamento soltanto parziale, che colpisce, cioe, quella sola parte che risulti invalida per contrasto con le norme vigenti (85), Peraltro, anche in tale ipotesi l'invalidita deve essere considerata globale, quando il permesso, privata della parte invalida, non presenti piu alcun interesse.
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17. Annullamento del permesso Secondo l'art. 4 della Iegge 10 del 1977 (art. 11, c. 2, t.u.), il permesso di costruire e irrevocabile, nel sensa che l'autorita comunale non puo ritirare il permesso gia rilasciato per motivi di merito, cioe riconducibili ai poteri tecnico-discrezionali ad essa spettanti in matena. Invece, il permesso, se e stato rilasciato illegittimamente - cioe violando una norma legislativa od amministrativa - puo essere annullato anche dallo stesso ufficio che l'ha rilasciato (cosiddetto potere di autotutela spettante alia pubblica Amministrazione). II potere di annullamento, esercitandosi su di un atto invalido, non puo trovare limitazioni nell'esistenza di diritti medio tempore sorti sulla base dell'atto (perche questa, invalido, non era idoneo a produrne). Per quanta attiene al permesso di costruire, l'annullamento di esso per riconosciuta illegittimita puo provenire dall'autorita comunale che l'ha rilasciato, dall'autorita di controllo in materia urbanistica (cioe dal Presidente della Regione o dell'ente delegato e con Ia procedura di cui all'art. 39 t.u.), dal giudice amministrativo eventualmente adito da un controinteressato. In Campania, Ia Iegge regionale 22 dicembre 2004 n. 16 (art. 49) ha nuovamente assegnato alla Regione la competenza in materia di annullamento dei permessi di costruire illegittimi, prima delegata alia Giunta provinciale dall'art. 6, comma 2, della Iegge regionale 20 marzo 1982 n. 14. L'~nnul lamento, trovando Ia sua causa nell'illegittimita dell'atto, non puo essere legittimamente deciso quando il permesso non risulti in contrasto con una disposizione vigente al momenta del rilascio. Cosi, ad esempio, sarebbe illegittimo un provvedimento di annullamento di
(83) In sensa negative v. AsSINI, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1997, 573; contrd, Cass., Sez. III pen., 8 gennaio 1976, in Giust. pen., 1977, II, 52.
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(84) E stato ritenuto illegittimo l'annullamento di una concessione edilizia per l'esecuzione di opere in difformita (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 31 dicembre 1983, n. 1633, in Rassegna T.A.R, 1984, I, 568) o per mancato versamento dei contributi per il rilascio (T.A.R. Sicilia, Catania, 9 dicembre 1983, n. 832, iv4 1984, I, 746; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 10 dicembre 1983, n. 1561, iv4 1984, I, 552). Sulla legittimita dell'annullamento per inesatta (e determinante) rappresentazione della stato dei luoghi, Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 1999 n. 431, in Il Cons. Stato, 1999, I, 654; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 11 luglio 2003, n. 1111, in Rassegna T.A.R., 2003, I, 3563; sull'illegittimita dell'annullamento d'ufficio <
CAPITOLO XXIV
IL l'ERMESSO DI COSTRUIRE
Il permesso puc essere annullato anche qualora questa sia state rilasciato su falsa o non idonea documentazione e in conseguen~a all'organo concedente siano sfuggiti determinati fatti, che, se fossei'o stati rilevati, non ne avrebbero consentito il rilascio. Tale ritiro del permesso dovrebbe aver luogo, comunque, con la motivazione in ordine all'incidenza determinante che gli elementi di fatto, prospettati dalle parti, hanna avuto sull'emissione dell'atto. L'annullamento di un permesso di costruire - previa assolvimento delle incombenze di cui alia Iegge 241/1990, cioe previa avviso dell'avvio del procedimento (86)- deve seguire la procedura occorrente per il rilascio (compreso l'eventuale parere della Commissione edilizia comunale) (87) e deve essere notificato al titolare del permesso con invito a sospendere le opere eventualmente in corso.
Peraltro, secondo Ia Corte di Cassazione, ove il giudice amministrativo avesse annullato per vizi di legittimita l'annullamento d'ufficio della concessione edilizia, il concessionario poteva ricorrere al giudice civile contra la pubblica Amministrazione per il risarcimento del danno (mentre cia non era possibile nel caso di annullamento giurisdizionale di un diniego illegittimo di concessione edili, zia) (88).
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(86) Cfr. Cons. State, Sez. V, 23 aprile 1998, n. 474, in Riv. giur. edilizia, 1998, I, 984; T.A.R. Lazio, Sez. II, 9 febbraio 1996, n. 339, in Rttssegna T.A.R, 1996, I, 793; T.A.R. Toscana, Sez. I, 26 aprile 2005 n. 1877, iv~ 2005, I, 1967; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 19 novembre 2004 n. 16900, iv4 2005, I, 211; id., 11 settembre 2002 n. 4867, iv4 2002, I, 4025; 13 giugno 2000 n. 2031, iv4 2000, 1, 3979; 14 settembre 2001 n. 4154, iv4 2001, I, 3771; 7 agosto 2002 n. 4593, iv~ 2002, I, 3585; 1° marzo 2003 n. 1936, iv~ 2003, I, 2088; 16 marzo 2004 n. 2967, iv4 2004, I, 2029; 26 maggie 2004 n. 8981, iv4 2004, I, 2571; 7 giugno 2004 n. 9262, iv4 2004, I, 3170; contra, T.A.R. Campania, Salerno, 30 luglio 1996, n. 805, iv4 1996, I, 3872; cfr. Cons. State, Sez. V, 26 maggie 1997, n. 560, in Il Cons. Stato, 1997, I, 723, secondo cui l'avviso di avvio del procedimento non puc essere legittimamente dato nella fase conclusiva (nella stesso sensa id., 5 giugno 1997, n. 606, in Riv. giur. edilizia, 1998, I, 394). (87) Cfr. Cons. State, Sez. V, 24 ottobre 1980, n. 872, in Il Cons. Stato, 1980, I, 1357; 8 ottobre 1992 n. 977, iv4 1992, I, 1314; 12 gennaio 1979, n. 13, in Riv. giur. edilizia, 1979, I, 68; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 16 maggie 1991, n. 781, in Rttssegna T.A.R., 1991, I, 2301; T.A.R. Calabria, Catanzaro, 25 maggie 1991, n. 303, iv4 1991, I, 2643; sulla non necessita del parere della Commissione edilizia, allorche l'annullamento sia fondato soltanto su motivi giuridici (come l'assenza di un presupposto di leggl:), v. T.A.R. Sicilia, Catania, 18 aprile 2005 n. 672, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 1340). II provvedimento di annullamento d'ufficio deve indicare !'interesse pubblico, concreto ed attuale, alia rimozione della concessione, specialmt;nte dopo molto tempo dal rilascio (v. fra le altre, Cons. State, Sez. V, 1° marzo 2003, n. 1150, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 970, con nota di CHINELLO; id., 13 marzo 2000, n. 1311, in Il Cons. Stato, 2000, I, 552; 25 giugno 2002 n. 2634, iv~ 2002, I, 1437; Sez. N, 14 luglio 1997, n. 709, iv4 1997, I, 1000; Sez. V, 6 aprile 1991, n. 454, iv4 1991, I, 666; 16 ottobre 1989, n. 641, iv~ 1989, I, 1193; 12 novembre 1984, n. 775, iv4 1984, I, 1400; T.A.R. Campania, Salerno, 30 aprile 1991, n. 106, in Rttssegna T.A.R., 1991, 1, 2534 e 18 luglio 1994, n. 395, iv4 1994, 1, 3801, in caso di annullamento dopo un anno dal rilascio); T.A.R. Campania,
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Napoli, Sez. N, 12 luglio 2004 n. 10091, iv4 2004, I, 3191; T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 19 aprile 2005 n. 2868, iv4 2005, I, 1335 (dopa tre anni dal rilascio); T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 12 aprile 2005 n. 533, iv4 2005, I, 1594 (dopo due anni dal rilascio); T.A.R. Lombardia, Brescia, 9 novembre 1998 n. 883, iv4 1999, I, 90 (ove i lavori siano gia stati intrapresi); T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 28 novembre 1997, n. 597, iv4 1998, I, 241; v., peraltro, con qualche limitazione, Cons. Stato, Sez. V, 9 maggie 2000, n. 2648, in Il Cons. Stato, 2000, I, 1176; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 31 marzo 2000 n. 887, in Rttssegna T.A.R., 2000, I, 2716. Talvolta, e stato ritenuto che la detta motivazione e necessaria anche se sia trascorso poco tempo dal rilascio della concessione, ma risulti che il titolare abbia posto affidamento sui titolo ed iniziato i lavori (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 10 agosto 1993, n. 397, in Rttssegna T.A.R., 1993, I, 3715); cosi anche Cons. State, Sez. V, 12 novembre 2003 n. 7218, in It Cons. Stato 2003, I, 2508, quando era trascorso circa un anna dal rilascio. Tuttavia, la giurisprudenza del Consiglio di State resta discorde sui punta. Mentre alcune decisioni ritengono che l'annullamento d'ufficio di una concessione edilizia puc essere legittimamente motivate solo con il riferimento ai vizio di legittimita della concessione (considerate !'interesse pubblico in re ipsa: cfr. Sez. V, 14 novembre 1995, n. 1567, in It Cons. Stato, 1995, I, 1537; 26 novembre 1994, n. 1382, iv4 1994, I, 1583; 30 luglio 1993, n. 803, iv4 1993, I, 933), la stessa Q!Iinta Sezione ha, invece, ritenuto necessaria una ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti (18 aprile 1996, n. 446, in Riv. giur. edilizia, 1996, I, 978). Estata esclusa la necessita della valutazione dell'interesse pubblico all'annullamento, nel caso che Ia concessione edilizia sia stata rilasciata a seguito di un'erronea rappresentazione (dolosa o colposa) dei fatti da parte del privata richiedente (Cons. State, Sez. V, 12 ottobre 2004 n. 6554, in It Cons. Stato, 2004, I, 2101; T.A.R. Lombardia, Brescia, 24 febbraio 2003 n. 281, in Rttssegna T.A.R., 2003, I, 1468; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 25 maggio 2005 n. 843, iv~ 2005, I, 2062; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, 10 dicembre 2003 n. 2625, iv~ 2004, I, 680; contra, T.A.R. Lazio, Sez. II, 27 gennaio 2004 n. 798, iv~ 2004, I, 589). Sull'irrilevanza del rilascio da parte del Comune del certificate di destinazione urbanistica, v. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 28 novembre 2003 n. 1965, iv~ 2004, I, 436; per un' opinione minoritaria sulla possibilita di sospendere lavori autorizzati prima dell'annullamento del permesso di costruire, v. T.A.R. Sicilia, Catania, 18 aprile 2005 n. 672, in Riv. giur. edilizia, 2005, I, 1340. (88) Cfr. Cass., Sez. un. civ., 20 aprile 1994, n. 3732, in Il Cons. Stato, 1994, II, 1300; Sez. I, civ., 1° settembre 1997, n. 8297, in Sett. giur., 1997, II, 1565; T.A.R. Lazio, Sez. II, 27 marzo 1995, n. 567, in Rttssegna T.A.R., 1995, I, 1545. Invece, a seguito dei decreti legislativi richiamati nel testa, dal 1° luglio 1998 (ma la nuova normativa non vale per i
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A seguito del decreto legislative 31 marzo 1998, n. 80 (in G. U. 8 aprile 1998, n. 82, suppl.), anche la giurisdizione in materia e stat"a 1! estesa in via esclusiva al giudice amministrativo (art. 35). La costruzione per la quale sia stata annullato il permesso e che sia iniziata o proseguita dopo la notificazione del provvedimento di annullamento deve considerarsi a tutti gli effetti priva di permesso. Aile opere realizzate sulla, base di permesso annullato si applicano determinate sanzioni amministrative (demolizione o sanzione pecuniaria; v. art. 38 t.u.).
Peraltro, secondo l'art. 50 della legge 203/1982, sui contratti agrari, la decorrenza dei termini fissati nella concessione edilizia (oggi permesso di costruire) rimane sospesa qualora il terrene da edificare sia in possesso dell'affittuario, colono o mezzadro, e si sia iniziata la procedura di rilascio forzoso, fino all'effettivo rilascio. La decadenza del permesso avviene ipso jure per la decorrenza dei ·termini e, quindi, l'atto con cui l'autorita comunale ne riconosce la decadenza ha fu11zione dichiarativa con esclusione di qualsiasi apprezzamento discrezionale (91). Trascorso il detto periodo di validita del permesso, ove
18. Decadenza Come la licenza edilizia, anche il permesso di costruire non puo · avere validita superiore ad un anno, nel sense che se entre tale termine i lavori non abbiano avuto inizio, il pennesso cessera di esistere (89) (art. 15 t.u.). Si tratta in effetti di un termi11e massimo di efficacia che puo essere eve11tualmente ristretto, rna 11011 ampliato dal regolamento edilizio locale. La decorrenza del termine esospesa qualora cause di forza maggiore determini11o una situazione di impossibilita oggettiva di eseguire dei lavori (ad esempio, ordine di sospensione da parte di una autorita amministrativa (9o) od una pubblica calamita). giudizi pendenti) - per !a competenza attribuita in via esclusiva a! giudice amministrativo - si potrebbe sostenere anche il diritto a! risarcimento nel caso di diniego illegittimo di concessione edilizia, qualora il danno sia dimostrabile. (89) II termine annuale di validitl della concessione edilizia (oggi permesso di costruire) decorre non gia dalla data di emanazione (detta anche rilascio) del provvedimento, ma da quella di ritiro dell'atto, cioe della presa in consegna da parte dell'intel'essato del relativo documento (Cons. Stato, Sez. IV, 26 ottobre 1982, n. 677, in Il Cons. Stato, 1982, I, 1211; T.A.R. Marche, 24 febbraio 1983, n. 21, in Rarsegna T.A.R, 1983, I, 1205). Tuttavia e stato ritenuto che !a concessione comincia ad esistere dal momenta della sua esternazione in forma scritta e prima della sua· comunicazione all'interessato, con il conseguente obbligo di consegna a! medesimo dopo che il provvedimento sia stato emesso nella forma predetta (Cons. Stato, Sez. V, 30 settembre 1983, n. 413, in Il Cons. Stato, 1983, I, 917). (90) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 settembre 1998, n. 1354, in Il Cons. Stato, 1998, I, 1307, che ritiene interrotto e non sospeso il termine nel caso di factum principis. La giurisprudenza ha ritenuto causa di forza maggiore anche !a morte del titolare dell'impresa
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appaltatrice (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 12 febbraio 1987, n. 243, in Rarsegna T.A.R, 1987, I, 892) od il mancato rilascio del nulla osta idrogeologico da parte della Regione (Cons. Stato, Sez. V, 15 marzo 1991, n. 252, in Il Cons. Stato, 1991, I, 423); in ogni caso deve trattarsi di ipotesi di forza maggiore oggettivamente non imputabili a! titolare della concessione (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 27 marzo 2003 n. 3052, in Rarsegna T.A.R., 2003, I, 2144; v. anche T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, 11 giugno 2004 n. 220, iv4 2004, I, 3045); invece, in sensa meno restrittivo, T.A.R. Liguria, Sez. I, 1° luglio 2005 n. 999, iv4 2005, I, 1252. E stata esclusa !a causa di forza maggiore, nel caso di mancato spostamento di linea elettrica da parte dell'Enel (Sez. V, 10 novembre 1993, n. 1147, iv4 1993, I, 1436; contra, v. Cass., Sez. un. pen., 25 marzo 1993, in Riv. giur. edil, 1994, I, 661); nonche nel caso di sequestra del cantiere da parte del giudice penale (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 21 gennaio 2000 n. 182, in Rarsegna T.A.R, 2000, I, 1457; Salerno, Sez. II, 11 aprile 2002 n. 293, iv4 2002, I, 2057); v., perc, nota 94. (91) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 febbraio 1991, n. 139, in Il Cons. Stato, 1991, I, 231, e 21 ottobre 1994, n. 1239, iv4 1991, I, 1489; T.A.R. Basilicata, 23 maggio 2003 n. 471, in Rarsegna T.A.R., 2003, I, 2846; v., peraltro, sulla necessita di un'esplicita pronuncia di decadenza, T.A.R. Abruzzo, Pescara, 13 febbraio 1987, n. 56, in Rarsegna T.A.R, 1987, I, 1453; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 20 aprile 2004 n. 370, iv4 2004, I, 2676; T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Trento, 9 maggio 2003 n. 174, iv4 2003, I, 2597; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 23 marzo 2004 n. 3073, iv4 2004, I, 2032, che ritiene obbligatorio l'avviso dell'inizio del procedimento. La decadenza del permesso di costruire puc essere dichiarata solo quando il presupposto del mancato inizio dei lavori o del mancato compimento nei termini prescritti risulti accertato direttamente, mediante ispezione, o attraverso l'acquisizione di dementi probatori univoci e convergenti, che non lasciano margine di dubbio, con conseguente esigenza di maggior rigore istruttorio, quando sussista un lungo lasso di tempo tra il momenta del rilascio del permesso e quello della pronuncia amministrativa, ovvero quando !a costruzione risulti ultimata (Cons. Stato, Sez. V, 13 febbraio 1981, n. 50, in Il Cons. Stato, 1981, I, 142). Nel caso in cui il titolare della concessione non presenti !a prescritta dichiarazione di inizio dei lavori (che comporta per il Comune !'onere di dimostrare l'eventuale falsitl) incombe sui concessionario !'onere di provare il fatto capace di evitare !a decadenza (Cons. Stato, Sez. VI, 6 maggio 1998, n. 652, iv4 1998, I, 951; Sez. V, 15 aprile 1983, n. 131, iv4 1983, I, 410; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 15 novembre 1999, n. 2924, in Rarsegna T.A.R., 2000,
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non risulti provato l'inizio dei lavori, il permesso non puo essere ~1teriormente utilizzato. Per l'inizio dei lavori deve intendersi non gta l'effettiva costruzione del fabbricato, rna il compimento di opere o anche di semplici attivita preliminari (sbancamento, picchettamento, scavo di fosse di fondazione, etc.) che dimostrino la effettiva e seria volonta di edificare (non opere fittizie, rna lavori oggettivamente occorrenti per l'esecuzione della costruzione approvata) (92).
I, 289; e Sez. N, 4 aprile 2001 n. 1534, iv4 2001, I, 1881; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 5 febbraio 2002 11. 434, iv4 2002, I, 1400; T.A.R. Valle d'Aosta, 19 giug11o 1998, 11. 87, iv4 1998, I, 3022). A tal fine e stato escluso che possa ritenersi sufficiente Ia conclusione di un contratto d'appalto o le dichiarazioni rese da soggetti terzi (T.A.R. Toscana, Sez. III, 15 luglio 1999, n. 382, iv4 1999, I, 3406). Invece, le opere intraprese devono dimostrare un'effettiva volonta del concessionario di realizzare Ia costruzione autorizzata (T.A.R. Lombardia, Brescia, 1 giugno 1999, n. 487, iv4 1999, I, 3214, che ha ritenuto insufficiente il semplice sbancamento del terrene; con£ T.A.R. Lazio, Sez. II-ur, 14 maggio 2003 n. 4196, iv4 2003, I, 1887; T.A.R. Basilicata, 5 luglio 2004 n. 600, iv4 2004, I, 3247; T.A.R. Puglia, Sez. III, 22 luglio 2004 n. 3206, in Riv. giur. edilizia, 2004, I, 1808; T.A.R. Toscana, 2 dicembre 1999, iv4 2000, I, 773; T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 17 gennaio 2002 n. 480, iv4 2002, I, 496; Cons. Stato, Sez. N, 3 ottobre 2000 n. 5242, in Il Cons. Stato, 2002, I, 2142). Piu esattamentc l'cffcttivo inizio dei lavori e stato valutato non in assoluto bensi in relazione all' entita dell' opera (per un edificio di sette piani non so no state ritenute i~onee a concretare l'inizio dei lavori le attivita di carattere preparatorio, come l'allesttmento del cantiere, l'esecuzione di movimenti di terra e Ia realizzazione di un plinto: cfr. Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 1983, n. 131, cit.; T.A.R. Liguria, Sez. I, 29 marzo 2004 n. 301, in Rttssegna T.A.R, 2004, I, 1940; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 20 aprile 2004 n. 370, iv4 2004, I, 2676). Nel caso di concessione per Ia costruzione di piu corpi di fabbrica, non si presume Ia rinuncia del titolare a realizzare l'intero progetto e non puo essere dichiarata Ia decadenza della concessione per avere il titolare stesso ottenuto l'agibilita del primo corpo di fabbrica ultimate, senza avere ancora iniziato i lavori del secondo (T.A.R. Piemonte, 22 febbraio 1983, n. 139, in Rttssegna T.A.R, 1983, I, 1119); v. anche Cons. Stato, Sez. V, 4 novembre 1983, n. 529, in Il Cons. Stato, 1983, I, 1187 e 6 ottobre 1986, n. 495, 'iv4 1986, I, 1515. Legittimamente il Sindaco (oggi il dirigente comunale) dichiara Ia decadenza di una concessione di ristrutturazione di un edificio se !'immobile sia successivamente crollato (T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 2 dice111;bre 1991, n. 382, in Rttssegna T.A.R, 1992, I, 743). La richiesta di proroga, presentata prima della scadenza del termine finale, impedisce Ia decadenza, qualora sia intervenuto il provvedimento di proroga, anche se assunto a termine scaduto (T.A.R. Liguria, Sez. I, 19 dicembre 2000 n. 1314, iv4 2001, I, 596). Secondo il T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 3 luglio 2001 n. 1308, iv4 ~00.1, I, 3095,. ai ~~i della pr?roga «e irrilevanu una normativa sopravvenuta, cbe non puiJ mcidere su attt. validz ed efficacz al momento deUa sua entrata in vigore••. (92) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, q ottobre 1996, n. 1227, in Il Cons. Stato, 1996, I, 1504; T.A.R. Toscana, Sez. III, 22 giugno 2004 n. 2290, in Rttssegna T.A.R, 2004, I, 3111. V.
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e
La giurisprudenza stata concorde nel ritenere che non sono necessari ai fini della dichiarazione di decadenza della concessione edilizia, ne il parere della Commissione edilizia comunale, ne i1 previo contraddittorio con l'interessato. Per quanto riguarda il termine di ultimazione dei lavori - una volta che erano stati iniziati entro un anno dal rilascio della licenza edilizia- l'art. 31, penultimo comma, della legge urbanistica stabiliva che un tale termine sussiste soltanto qualora siano successivamente approvate disposizioni urbanistiche che non consentirebbero piu il rilascio di quella licenza (in tal caso i lavori dovevano essere ultimati entro tre anni dall'inizio; trascorso questa termine la licenza perdeva ogni efficacia). Da cio deriva che, in mancanza di norme sopravvenute non esisteva un termine di decadenza della licenza edilizia ai fini 'della ultimazione dei lavori. In ogni caso, si riteneva generalmente per «Ultimazione dei lavori» l'esecuzione delle strutture essenziali dell'edificio (strutture portanti e coperture), con la possibilita quindi di eseguire i lavori di completamento e di rifinitura anche dopo la scadenza del termine di ultimazione dei lavori autorizzati. Per quanta riguarda, invece, la concessione edilizia, la legge n. 10/1977 stabili un termine generale di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere abitabile o agibile (93), non superiore a tre anni, che puo essere prorogate solo per fatti estranei alla volonta del concessionar~o, che siano sopravvenuti a ritardare i lavori durante la lora esecuzwne (94). . anche Ia nota precedente. Sull'applicazione del jus superveni~ns qualora i lav~ri non siano gia iniziati, v. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 13 maggto 2003 n. 781, m Rttssegna T.A.R., 2003, I, 2896. (93) Mentre Ia mancanza di intonaci in una costruzione destinata ad abita~i~ne non consente di ritenerla ultimata (per ragioni di sanita abitativa), detta carenza emmfluente nel caso di edificio destinate ad uso di magazzino (Cass., Sez. I pen., 23 marzo 1994, n. 581, in Il Cons. Stato, 1994, II, 1517). (94) E stato considerate fatto estraneo alia volonta del concessionario anche l'impossibilita, dopo il dissequestro penale, di riprendere i lavori per Ia necessita di definire nuove condizioni contrattuali perle opere date in appalto (Cons. Stato, Sez. V, 1° marzo 1993, n. 300, in Il Cons. Stato, 1993, I, 343). Sembra che l'autorita comunale abbia ['obbligo di pronunciarsi sulla domanda di proroga pr~sentata pr~ma dell~ sc~d~nza del termine di validita della concessione edilizia, per cut e stato ntenuto dlegtttlmo ['ordine di demolizione di opere edilizie abusive adottato senza che sia stata prima valu-
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CAPITOLa XXIV
IL PERMESSO DI COSTRUIRE
Pertanto, la giurisprudenza penale ha ritenuto che, ave si verifichino tali fatti (anche se costituenti casi di forza maggiore), la proraga della concessione non e automatica, rna deve essere ottenuta dall'Amministrazione comunale (9s). I1 testa unico (art. 15), nel recepire la precedente normativa - con riferimento al permesso di costruire, che ha sostituito la concessione edilizia - ha precisato che il termine triennale per ultimare i lavori decorre dall'inizio dei medesimi e che entro questa termine finale «l'opera deve essere completata» (cioe non si dice piu che deve essere abitabile o agibile, inducendo a ritenere il ritorno ad un completamento al «rustico» dell'opera autorizzata). Un periodo piu lungo per l'ultimazione dei lavori puo essere concesso esclusivamente in considerazione della mole dell'opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in piu esercizi finanziari. Qyalora i lavori non siano ultimati nel termine stabilito, il concessionario deve presentare istanza diretta ad ottenere un nuovo permesso; in tal caso questa concerne la parte non ultimata (96), sal-
vo che le relative opere siano realizzabili mediante d.i.a. ar sensr dell' art. 22 t. u. Secondo l'art. 15, comma 4, del testa unico dell'edilizia il permesso di costruire decade, qualora risulti incompatibile con disposizioni urbanistiche sopravvenute, salvo che i lavori siano gia iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio (97).
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tata l'istanza di proroga (T.A.R. Calabria, Catanzaro, 9 febbraio 1995, n. 154, in Rasse-
gna T.A.R., 1995, I, 1978). Tuttavia, l'autorita comunale avrebbe solo !a facolta e non l'obbligo di concedere la proroga del termine di ultimazione dei lavori ove si verifichino i_fat~ ~ndicati nel testo (T.A.R. Basilicata, 26 giugno 1995, n. 368, iv4 1995, I, 3966); rna d dtmego della proroga non puo prescindere dall'esame e dalla contestazione dei fatti costituenti l'inadempimento del concessionario richiedente !a proroga (T.A.R. Toscana. Sez. III, 21novembre 1998, 11. 391, iv4 1999, I, 256) . . ~: secondo la Corte di Cass~io.n: (Se~. 1, .1~ settembre 1997, n. 8297, in Riv. giur. ediltzta, 1998, I, 285), nel caso d1 dtmego dlegtttuno di proroga (annullato dal giudice amministrativo), i1 soggetto danneggiato puo ottenere il risarcimento del dan no senza dover fornire la prova della specifica colpa della pubblica Amministrazione. Sulla rideterminazione dei contributi di urbanizzazione in sede di proroga, cfr. T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, 19 luglio 1996, n. 256, iv4 1996, I, 3708. Sull'illegittimita dell'ordine di demolizione di opere eseguite dopo la scadenza del termine triennale di ultimazione, quando tale scadenza non sia stata previamente ed espressamente dichiarata. cfr. T.A.R. Abruzzo, Pescara, 29 gennaio 2000 n. 47, iv4 2000, I, 1426. Secondo il T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 8 febbraio 2001n. 88, iv4 I, 1387, il Comune, nel disporre la proroga, deve valutare se I'opera autorizzata sia legittima o meno. (95) Cass., Sez. un. pen., 23 aprile 1993, n. 4, in It Cons. Stato, 1993, II, 2210. (96) La giurisprudenza ha ritenuto che le opere di completamento di un edificio realizzato soltanto nelle strutture essenziali (verticali ed orizzontali) siano inquadrabili nel-
19. Diritti dei terzi
La salvezza dei diritti dei terzi nel rilascio della licenza come della concessione edilizia e stato un principia indiscutibile e generalmente il relative documento lo ha previsto espressamente. Attualmente, l'art. 11, c. 3, del testa unico conferma che il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi. Tale permesso non crea un nuovo diritto. La pubblica Amministrazione che lo rilascia deve verificare che non vi siano violazioni delle norme di Iegge, di piano o di regolamento attinenti alia disciplina urbanistica. II provvedimento, percio, non pregiudica affatto la possibilita che un terzo, titolare di un diritto derivante da patti privati, si opponga alia realizzazione dell' opera autorizzata. Pertanto - a parte l'eventuale ricorso al giudice amministrativo avverso i permessi edilizi illegittimi - il privata che si ritiene leso in un proprio diritto, potra opporre azioni dinanzi alla magistratura ordinaria per la tutela del diritto soggettivo leso dalla costruzione inla nozione degli interventi di ristrutturazione edilizia e non abbisognino di un nuovo permesso di costruire (Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 2004 n. 2142, in It Cons. Stato, 2004, I, 823). La Iegge n. 10/1977 pose, infine, un termine di ultimazione dei lavori anche per le licenze edilizie rilasciate prima della sua entrata in vigore e per le quali non fosse previsto espressamente tale termine; tutte le licenze furono fatte salve, purche i lavori fossero completati entre il 31 dicembre 1985, cosi da rendere gli edifici abitabili o agibili. (97) Secondo il Consiglio di Stato, Sez. V, 28 giugno 2000 11. 3638, in It Cons. Stato, 2000, I, 1523, !a sospensione dei termini decadenziali del permesso di costruire, indicata nelle note precedenti, e applicabile anche nell'ipotesi della decadenza per !a sopravvenienza di nuove previsioni urbanistiche (indirizzo che appare fondato con riferimento al termine di ultimazione dei lavori, rna discutibile in ordine a! termine per l'inizio dei lavori stessi).
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CAPITOLO XXN
IL PERMESSO DI COSTRUIRE
trapresa dal terzo e pretend ere sia la demolizione (quando la legge lo preveda come possibile), sia il risarcimento del danno. Ai sensi liell'art. 872 del codice civile il privato danneggiato da una costruzi~ne contrastante con una qualsiasi norma vigente ha diritto (anche se !'opera sia stata autorizzata dall'autorita amministrativa competente) ad ottenere il risarcimento dei danni e la stessa demolizione dell' opera nel caso e per la parte in cui risultino violate determinate norme che stabiliscono una distanza minima tra le costruzioni od un distacco minimo dal confine di proprieta (indipendentemente dall'esistenza di una costruzione frontistante). In altri termini, il soggetto danneggiato da una costruzione contrastante con una determinata disposizione urbanistico-edilizia vigente ha diritto di ottenere dal giudice civile la condanna del trasgressore alia demolizione dell'opera (o della parte di essa) illegittima (qualora risulti violata una norma sulle distanze tra le costruzioni o dal confine) ovvero al risarcimento del danno, ove sia stata violata una qualsiasi altra prescrizione (anche recante il divieto assoluto di costruire o limiti di altezza, di volume, ecc.) (9s). Pertanto, si ha dirit-
to alia demolizione dell'opera abusiva, anche se di fatto il danno subito dalla violazione di una norma sulle distanze legali risulti assai inferiore a quello derivante dalla violazione di una norma diversa.
98 • ( ) Cfr. Cass., Sez. II civ., 13 ottobre 2000 n. 13639, in I! Cons. Stato, 2001, II, 23; 18 gmgno 1999, n. 6093, in Guida al diritto, 2000, 2, 45; id., 28 novembre 1998, n. 12103, in Riv. giur. edilizia, 1999, I, 482; id., 30 ottobre 1998, n. 10850, in Sett. giur., 1999, II, 190, nel caso di violazione di una norma sulle distanze da una costruzione contrastante anche con Ia destinazione di zona. Secondo Ia Corte di Cassazione (Sez. II civ., 12 marzo 2002 n. 3564, in Guida a! diritto, 2002, n. 13, 9), Ia tutela ripristinatoria non viene meno qualora risulti violata Ia distanza prescritta dal codice civile, nel caso di violazione di una norma urbanistica recante un divieto assoluto di edificare e, quindi, priva di una prescrizione sulle distanze. Invece non puo essere fatta valere Ia violazione di una disposizione di piano urbanistico soltanto adottata, anche se sana applicabili le c.d. misure di salvaguardia, (cfr. CELESTE, Limiti legali alia proprieta... , in Riv. giur. edilizio, 2004, II, 30; cui si rinvia anche per.I'~sa~e ?el regim: probatorio ?elle relative controversie tra privati: op. cit., 38 sgg). Su1 hmltl d1 eventual! accertamentl da parte del Comune dell'esistenza di diritti di terzi controinteressati, v. T.A.R. Lombardia, Brescia, 23 maggio 2005 n. 541, in Rtlssegna T.A.R., 2005, I, 966; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 16 febbraio 2005 n. 256, iv4 2005, I, 1217. Nel caso di violazione delle distanze legali, Ia Corte di Cassazione (Sez. II civ., 30 gennaio 2003 n. 1513, iv4 2003, 6, 32) ha individuate anche una responsabilita del progettista e del direttore dei lavori. Infatti, secondo Ia sentenza citata, se dall' edificazione di una costruzione in violazione delle norme sulle distanze legali sia derivato l'obbligo del committente della riduzione in pristino, sussiste il diritto di rivalsa del committente
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20. Contributi per il rilascio del permesso di costruire II rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di due contributi, commisurati l'uno all'incidenza degli oneri di urbanizzazione e l'altro al costo di costruzione (art. 16 t.u.). L'ammontare del prima contribute e stabilito con deliberazione del Consiglio comunale, sulla base di tabelle parametriche definite dalla Regione per classi di Comuni in relazione: all'ampiezza ed all'andamento demografico dei Comuni; aile caratteristiche geografiche dei Comuni; aile destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti; ai limiti e rapporti minimi inderogabili di cui agli standard urbanistici. Ai fini, dunque, del rilascio del singolo permesso di costruire, il Comune dovra determinare- applicando le tabelle approvate- l'importo del contribute da pagare all'atto del rilascio del permesso (tale contribute deve essere pagato indipendentemente dall'esistenza delle opere di urbanizzazione al momento di presentazione della domanda di permesso; in ogni caso dovra essere pagato il contribute dovuto alia data di rilascio del permesso e, su richiesta dell'interessato, puc essere rateizzato) (99). nei confronti del progettista-direttore dei lavori, qualora l'irregolare ubicazione della costruzione sia conforme al progetto e non sia stata impedita dal professionista medesimo in sede di esecuzione delle opere, in quanta il fatto illecito, consistente nella realizzazione di un edificio in violazione delle distanze legali rispetto a! fonda del vicino, e legato da un nesso causale con il comportamento del professionista che ha predisposto il progetto e diretto i lavori. (99) Cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 26 novembre 1999, n. 1580, in Rtlssegna T.A.R, 2000, I, 370. E stato escluso l'obbligo del contribute di urbanizzazione in caso di ricostruzione di edificio se non eaumentato il carico urbanistico originario (T.A.R. Trentino-Alto Adige, Balzano, 12 ottobre 1995, n. 212, in Rtlssegna T.A.R, 1995, I, 4841; T.A.R. Umbria, 9 maggio 1996, n. 185, iv4 1996, I, 2577; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 23 maggio 1997, n. 375, iv4 1997, I, 2651, sui pagamento dei contributi in caso di ristrutturazione peri volumi aggiuntivi e peri locali dei quali emutata Ia destinazione). Con
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IL PERMESSO DI COSTRUIRE
CAPITOLO XXIV
A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso puc obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urba-
riferimento alia sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 23 gennaio 2004 n. 174, in Il Cons. Stato, 2004, I, 102, estate sostenuto che per gli interventi di sostituzione edilizia a parita di volume, di sagoma e di superficie utile edovuto soltanto il contributo commisurato al. costa di costruzione (BASILE, in Edilizia e territorio, n. 5 del 2004, 21 sgg.). Sull'obbhgo del pagamento del contributo di urbanizzazione nel caso di trasformazione dell'uso dell'immobile da agricola a residenziale, v. Cons. Stato, Sez. V, 27 settembre 2004 ~· 6289~ in !l C~n:· Stato, 2~0~, I, 1921~ e nell'ipotesi di suddivisione di un capannone 111~ustnale 111 dlC!assette umta produtttve, v. T.AR. Liguria, Sez. I, 29 marzo 2004 n. 302, 111 Rttssegna T.A.R, 2004, I, 1941; sull'obbligo del pagamento del contributo di ~rbanizzaz.io?e nel caso di frazionamento di un'unita immobiliare per aumento del canco urbamsttco, Cons. Stato, Sez. N, 29 aprile 2004 n. 2611, in Riv. giur. edilizia, 2004, I, 1800. Nessun contributo e dovuto nel caso di mutamento della destinazione d'uso senza opere e ~enza aumento del carico urbanistico (T.A.R. Lazio, Sez. II-bir, 17 maggio 2005 n. 3844, 111 Rttssegna T.A.R , 2005, I, 1753). II pagamento dei contributi determinati dal. Co11;une n~11 costi~ui~ce acquiescenza ad un'errata o comunque non legittima quanuficazwne de1 medes1m1 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 luglio 1995, n. 993, in Il Cons. Stato, 1995, I, 1056. La relativa azione davanti a! giudice amministrativo puc essere attivat~ nei normali termini di prescrizio11e). Viceversa, l'obbligo di pagamento dei contribuu - che sorga a! momenta del rilascio della concessione - si prescrive alia scadenza del termine decennale, di cui all' art. 2946 cod. civ. (T.A.R. Toscana, Sez. III, 8 settembre 1999, n. 412, in Rttssegna T.A.R, 1999, I, 4396; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. N, 24 maggio 1999, n. 1396, iv~ 1999, I, 2760; T.A.R.Marche, 30 aprile 1999, n. 542, iv~ 1999, I, 2660; T.A.R..Calabria,. Reggio Calabria, 12 gennaio 2001 n. 25, iv~ 2001, I, 1091; T.~~· Campama, Napoh, Sez. N, 18 marzo 2003 n. 2636, iv~ 2003, I, 2125, secondo cm, 111vece, !a prescrizione del contributo commisurato a! costa di costruzione decorre dallo .scad ere dei 60 giorni dalla data di ultimazione delle opere (conf. id., Sez. II, 31 maggw 2004 n. 664, iv~ 2004, I, 2599); sui momenta iniziale di decorrenza del termine ai sen~i dell'art. 2935 cod. civ., v. T.A.R. Lombardia, Milano, 29 settembre 1995, n. 1167, ~n Rttssegna T.A.R, 1995, I, 4530). Invece, secondo T.AR. Calabria, Catanzaro, 6 ~ebbra1? .1996,. n. 179, iv~ 1996, I, 1603, il termine di prescrizione decorre da guando I Ammtmstrazt~ne (che ne ha fatto espressa riserva nell' atto concessorio) non ha provveduto a quanuficare ed a fissare le modalita di pagamento del contributo. In caso di costruzione con diverse destinazioni d'uso, legittimamente il Comune determina i contributi in base ai parametri stabiliti per Ia categoria di destinazione prevalente (Cons. Stato, Sez. V, 30 ottobre 1997, n. 1208, in It Cons. Stato, 1997, I, 1405). Sull'obbligo del pagamento dei due contributi in caso di lavori di trasformazione di locali necessari per mutare !a destinazione d'uso da capannone a locale di vendita all'ingrosso, v. T.A.R. Marche, 18 aprile 1997, n. 244, in Rttssegna T.A.R, 1997, I, 2617. Nel caso di variante edilizia il pagamento di maggiori oneri edovuto solo nel caso di un aume11to del carico urbanisti~o (Co~s. ~tat~, Sez. V, 20 giugno 2001n. 3251, in It Cons. Stato, 2001, I, 1376). Secondo !I Constgho dt Stato (Sez. V, 23 gennaio 2004 n. 200, iv~ 2004, I, 104), il Con-
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nizzazione con le modalita e le garanzie stabilite dal Comune (lOo) e conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del Comune. Ogni cinque anni i Comuni dovrebbero provvedere ad aggiornare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, in conformita alle relative disposizioni regionali, in relazione ai prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale. I1 secondo contribute e commisurato al costa di costruzione per i nuovi edifici ed e determinate periodicamente dalle Regioni con ri. ferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata, defi. niti dalle stesse Regioni ai sensi della legge 457/1978 (art. 4, c. 1. lett.
g). Con lo stesso provvedimento sono identificate classi di edifici con caratteristiche tipologiche superiori a queUe considerate dalla ci. tata legge per le quali sono determinate maggiorazioni del detto ca. sto di costruzione in misura non superiore al 50%.
sorzio a.s.i. puc essere gravato dell' onere relativo aile opere di urbanizzazione seconda. ria. (100) La competenza spetta agli organi collegiali del Comune e non a! Sindaco (Cons. Stato, Sez. V, 15 gennaio 1993, n. 64, in It Cons. Stato, 1993, I, 54; secondo il T.AR. Lombardia, Milano, 11 settembre 1996, 11. 1351, in Rttssegna T.A.R, 1996, I, 4117, Ia competenza spetta alia Giunta comunale); sulla competenza del Consiglio co. munale in ordine alia determinazione. ed all'aggiornamento delle tariffe per l'applica. zione del contributo concessorio, v. T.AR. Lombardia, Milano, Sez. II, 20 agosto 1998, n. 1988, iv~ 1998, I, 3650. II contributo per opere di urbanizzazione (senza distinzione tra primaria e seconda· ria: T.A.R. Toscana, Sez. III, 11 marzo 2004 n. 679; iv~ 2004, I, 1963 e 11 agosto 2004 n. 3181, iv~ 2004, I, 3497) puc essere pagato, anche per intero, mediante !a realizzazionedi siffatte opere direttamente dal concessionario con le modalita e garanzie stabilite dal Comune (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 2 ottobre 1998, n. 2303, iv~ 1998, I, 4379; oppure in proporzione aile opere realizzate (T.A.R. Liguria, Sez. I, 8 giugno 1998, n. 213, iv~ 1998, I, 3152; cfr. anche T.AR. Campania, Salerno, Sez. II, 11 giugno 2002 n. 459, iv~ 2002, I, 3109). Tale scomputo puc avvenire anche dopa Ia scadenza del piano di lottizzazione per le opere gia realizzate dai lottizzati (T.AR. Veneto, Sez. II, 9 luglio 1999, n. 1159, iv~ 1999, I, 3320). E stata ritenuta illegittima 1'imposi-ione di oneri con· tributivi aggiuntivi a titolo di monetizzazione delle aree standard non cedute per l'urbanizzazione secondaria (T.AR. Lombardia, Milano, Sez. II, 17 giugno 1999, n. 2209, iv~ 1999, I, 3204). Sulla possibilita della scomputo anche in mancanza di accordo con il Comune, v. T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 22luglio 2003 n. 6570, iv~ 2003, I, 3170; con· traT.A.R. Toscana, Sez. III, 14 settembre 2004 n. 3782, iv~ 2004, I, 3798.
CAPITOLO XXIV
IL PERMESSO DI COSTRUIRE
II contribute per ottenere il permesso di costruire comprende ~na quota di detto costa, variabile dal 5 al 20 per cento, quota che viene determinata dalla Regione in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della lora destinazione e ubicazione. ~esto contribute none dovuto per gli interventi su immobili di proprieta statale (art. 17, c. 4, t.u.), nonche per le costruzioni destinate ad attivita industriali o artigianali dirette alia trasformazione di beni ed alia prestazione di servizi (per le quali, pero, si deve tener canto anche dell'incidenza delle opere necessarie al trattamento ed allo smaltimento dei ritiuti solidi, liquidi e gassosi (da stabilire con delibera del Consiglio comunale: art. 19, c. 2, t.u.). Invece, nel caso di costruzioni destinate ad attivita turistiche, commerciali e direzionali o allo svolgimento di servizi, il contribute di costruzione e pari ad una quota non superiore al 10 per cento del costa documentato di costruzione, da stabilirsi, in relazione ai diversi tipi di attivita, con deliberazione del Consiglio comunale (art. 19, c. 2, t.u.). ~alora le suindicate destinazioni d'uso vengano moditicate nei dieci anni successivi all'ultimazione dei lavori, il contribute di costruzione e dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione (art. 19, c. 3, t.u.) (101), Nel caso, poi, di interventi su editici esistenti il costa di costruzione e determinate in relazione al co~to degli interventi stessi cosi come individuati dal Comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso (ovviamente nessun contribute e dovuto per gli interventi gratuiti, di cui al numero seguente). L'ammontare di questa secondo contribute e determinate all'atto del rilascio del permesso ed e corrisposto in corso di opera con le modalita e le garanzie stabilite dal Comune e, comunque, non o~tre sessanta giorni dalla ultimazione delle opere.
Le somme pagate al Comune a titolo di contribute per il rilascio del permesso sono ripetibili se il permesso non sia stato utilizzato (102) (compresi tutti i casi di decadenza o di annullamento del permesso). Puo essere chiesta la restituzione anche della parte di contribute pagata in piu del dovuto. Gli obblighi di pagamento dei contributi si trasmettono agli eredi del debitore, cioe del titolare del permesso, e non agli acquirenti a titolo particolare dell'immobile (103). D'altra parte, l'erronea determinazione del contribute (che il proprietario del fonda vicino non elegittimato ad impugnare davanti al giudice amministrativo) non determina l'illegittimita del permesso cui il contribute stesso si riferisce (1o4). Pur nel silenzio del testa unico, i proventi del contribute di costruzione dovrebbero essere versati dai Comuni in un canto corrente
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(101) II pagamento di questo contribute non e doVu.to per la prescritta dotazione minima di parcheggi (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 7 marzo 2000 n. 1707, iv4 2000, I, 2452). Secondo il T.A.R. Lazio (Sez. II bis, 18 febbraio 2005 n. 1410, iv4 2005, I, 743) il contribute di urbanizzazione e dovuto anche nel caso di modifiche della destinazione d'uso (nella specie da agricola a commerciale) anche senza nuove opere edilizie, ove comportino un maggiore carico urbanistico. Le agevolazioni previste dall'art. 10 1. 10/1977 a favore degli edifici industriali e artigianali non si applicano agli impianti sportivi (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 25 maggio 2005 n. 1100, iv4 2005, I, 1881).
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(102) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 giugno 1995, n. 894, in Il Cons. Stato, 1995, I, 783; 1° ottobre 1982, n. 690, iv4 1982, I, 1214; T.A.R. Lombardia, Milano Sez. I, 3 maggio 1986, n. 96, in Rmsegna T.A.R, 1986, I, 2204; id. Brescia, 18 aprile 1994, n. 195, iv4 1994, I, 2485; T.A.R. Marche, 26 gennaio 1995, n. 32, iv4 1995, I, 1206. Sulla possibilita di ripetizione del contribute pagato, v. Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 1987, n. 24, in II Cons. Stato, 1987, I, 50; 22 febbraio 1988, n. 105, iv4 1988, I, 169; T.A.R. Liguria, Sez. I, 26 marzo 1991, n. 220, in Rmsegna T.A.R, 1991, I, 1803. V. anche Cons. Stato, Sez. V, 31 ottobre 1992, n. 1145, in II Cons. Stato, 1992, I, 1358 e 5 giugno 1997, n. 591, iv4 1997, I, 734, sui diritto agli interessi legali alia data della domanda di restituzione, rna non alia rivalutazione monetaria (con£ T.A.R. Molise, 28 aprile 1995, n. 106, in Rmsegna T.A.R., 1995, I, 3136; T.A.R. Toscana Sez. III, 8 novembre 2000, n. 2283, iv4 2001, I, 227; T.A.R. EmiliaRomagna, Parma, 7 aprile 1998, n. 149, iv4 1998, I, 1918; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 11 agosto 2003 n. 11227, iv4 2003, I, 3864 e Sez. II, 30 aprile 2004 n. 7683, iv4 2004, I, 2550). Sull'applicazione del termine decennale di prescrizione per [a ripetizione del contribute ingiustamente pagato v. Cons. Stato, Sez. V, 6 dicembre 1999, n. 2056 e 15 aprile 1999, n. 433, in Il Cons. Stato, 1999, I, 2101 e 655 o per !a richiesta del contribute non pagato, id., 4 agosto 2000 n. 4302, iv4 2000, I, 1832. (103) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 marzo 1996, n. 294, in II Cons. Stato, 1996, I, 425; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 6 maggio 2005 n. 5559, in Rmsegna TA.R, 2005, I, 2023; sulla prescrizione quinquennale delle sanzioni pecuniarie per il ritardato pagamento dei contributi, v. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 9 ottobre 1996, n. 634, in Rmsegna T.A.R, 1996, I, 4668; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 1° luglio 2003 n. 766, iv4 2003, I, 3443; invece il termine di prescrizione e decennale per lo stesso T.A.R. in sent. 18 gennaio 2000 n. 173, iv4 2000, I, 1481; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 22 novembre 2000 n. 1439, ivi, 2001, I, 390, relativa anche a! dies a quo. (104) Cfr. Cons. Stnto, Sez. V, 20 giugno 1983, n. 254, in Il Cons. Stato, 1983, I, 737.
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CAPITOLO XXN
IL PERMESSO Dl COSTRUIRE
vincolato presso la tesoreria comunale e sono destinati alia realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, aL risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, all'a&tuisizione delle aree da espropriare per la realizzazione dei programmi pluriennali, nonche a spese di manutenzione del patrimonio comunale (art. 49, comma 7, Iegge 27 dicembre 1997, n. 449).
legge attribuisce un significate piu ampio all'espressione agricoltura tale da comprendere due tipi di attivita; ossia l'attivita essenzialmente agraria (quali sono Ia coltivazione del fonda, Ia silvicoltura e l'allevamento del bestiame) e le attivita agrarie dirette alia trasformazione e alienazione dei prodotti del fonda (queste ultime contenute entre certi limiti, altrimenti sono soggette a permesso oneroso). b) Interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari. Non e state precisato se il 20% si riferisca al volume o alia superficie utile, anche se quest'ultima ipotesi appare preferibile. Per una classificazione degli immobili che possono usufruire dell'agevolazione, ci si potrebbe riferire alnumero limitate dei vani e all'esistenza di una sola cucina (106). Gli interventi sono subordinati aile prescrizioni di Iegge e degli strumenti urbanistici. c) Gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, nonche le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici. (107).
21. Permesso di costruire gratuito Nel rilasciare il permesso di costruire, il Comune esonera il richiedente dal pagamento del contribute di costruzione nei seguenti casi (art. 17, n. 3, t.u.): a) Opere da realizzare neUe zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fonda e delle esigenze dell'imprenditore agricola a titolo principale, ai sensi dell'art. 12 della Iegge 9 maggie 1975, n. 153. Per definire l'imprenditore agricola bisogna riferirsi all'articolo 2135 c.c., in cui e considerate imprenditore agricola colui che esercita una attivita diretta alia coltivazione del fonda, alia silvicoltura, all'allevamento del bestiame e attivita connesse. ~esto articolo va messo in relazione con l'art. 2082 c.c. che qualifica imprenditore colui che esercita professionalmente una attivita economica organizzata al fine della produzione e della scambio di beni o di servizi, onde e imprenditore agricola ogni soggetto di diritto che esercita in nome proprio, professionalmente, cioe abitualmente, una attivita agricola organizzata, o gestisce a mezzo di dipendenti il fonda proprio, o lo concede a mezzadri o a coloni. Sono anche imprenditori agricoli l'enfiteuta e l'affittuario del fonda altrui. L'attivita agraria puo essere esercitata oltre che da una persona fisica, da piu persone fisiclie (impresa collettiva) o da una persona giuridica privata (societa) (105). La
(105) Cfr. Cons. giust.
amm. Reg. Sic., 21 novembre 1997, n. 537, in ll Cons. Stato, 1997, I, 1615. Sulle condizioni per I'esenzione dal pagamento dei contributi ai sensi dell'art. 9, lett. a, Iegge 10/1977, v. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 3 ottobre 2005 n. 1533, in Riv. giur. edilizia, 2006, I, 193; T.A.R. Abruzzo, !'Aquila, 8 ottobre 2003 n. 842, in Rttssegna T.A.R., 2003, I, 4699; T.A.R. Toscana, Sez. III, 16 aprile 2004 n. 1161, iv4 2004,
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I, 2493; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 29 maggie 2005 n. 793, iv4 2005, I, 2134; sull'esclusione dell'agriturismo dall'attivita agricola oggetto dei benefici in esame, v. T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 27 marzo 2003, iv4 2003, I, 1420. (106) Cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 7 settembre 1999, n. 770, in Rttssegna T.A.R, 1999, I, 4330 (ove trattasi dell'esigenza di un solo nucleo familiare); T.A.R. Marche, 12 febbraio 1998, n. 250, iv4 1998, I, 1440·(secondo cui il beneficia einapplicabile nel case di mutamento della destinazione d'uso). Sull'applicabilita dell'esenzione solo ove si tratti dell'esigenza di un solo nucleo familiare, T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 1° luglio 2004 n. 367, iv4 2004, I, 3097. (107) Cfr. T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 5 luglio 1984, n. 216, in Rttssegna T.A.R, 1984, I, 2644 (edificio realizzato per finalita pubbliche da soggetti privati). L' esenzione e stata esclusa: per gli immobili, destinati ad uffici di un istituto di credito di diritto pubblico (T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 23 giugno 1984, n. 324, iv4 1984, I, 2780); peri Iacali parrocchiali adibiti ad uso di bar e cucina o dati in locazione per abitazione (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 2 dicembre 1993, nn. 543 e 542, iv4 1994, I, 551); per un immobile destinate ad ospitare una nueva sede dell'INAIL (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 9 febbraio 2004 n. 653, iv4 2004, I, 1422); per una cappella cimiteriale di una Confraternita (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 3 maggie 2005 n. 788, iv4 2005, I, 2152); per un impianto destinate alia conservazione di cereali da parte di un consorzio agrario (Cons. State, Sez. V, 6 ottobre 2000 n. 5323, in ll Cons. Stato, 2000, I, 2153 ); v. anche Cons. State, Sez. V, 4 marzo 1985, n. 134, in ll Cons. Stato, 1985, I, 283, sui complessi termali; 30 giugno 1987, n. 427, iv4 1987, I, 822 (attrezzature ENEL); invece, per T.A.R. Lazio,
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IL PERMESSO DI COSTRUIRE
d) Le opere da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamita. Si puo fare riferi-
menta anche ad opere costruite da privati, opere di edilizia abitativa non pubblica o installazioni industriali, artigianali, previste dalle norme o provvedimenti richiamati dalla legge (108). Qyesto principia di gratuita del permesso e stato confermato per tutte le opere eseguite in dipendenza del terremoto del novembre 1980 (art. 56, 6° comma, legge 219 del1981). e) Interventi relativi aile fonti rinnovabili di energia ed al risparmio di energia, nel rispetto delle norme urbanistiche e di tutela dei beni culturali e ambientali (art. 17, comma 3, lett. e, t.u.). f) II nostro ordinamento giuridico e caratterizzato da un enorme ed imprecisato numero di leggi che non trova riscontro in nessun altro Paese. Spesso il testa di queste leggi e anche incerto od equivoco. Fra queste e compresa la legge 1 marzo 1994, n. 153, che ha esonerato dal pagamento degli «oneri concessori» la volumetria destinata alia costruzione di sale cinematografiche (norma che non risulta abroga· ta dal testa unico).
l Sez. II-bir, 26 ottobre 2000 n. 8678, in Rassegna T.A.R., 2000, I, 4797, l'esenzione eapplicabile nel caso di opere dirette a realizzare un interesse di carattere generale, anche se eseguite da un ente privata; nella stesso sensa, per servizi accessori ad un edificio di cuito, T.A.R. Calabria, Catanzaro, ~ez. II, 13 marzo 2002 n. 604, iv4 2002, I, 2131. Sono esenti dai contributi le costruzioni di strade e parcheggi (T.A.R. Lazio, Sez. II, 2 marzo 1988, n. 366, in Rassegna T.A.R., 1988, I, 1037 e T.A.R. Toscana, Sez. III, 19 febbraio 1999, n. 17, iv4 1999, I, 1439, con riferimento ai parcheggi obbligatori); le opere di realizzazione della rete elettrica da parte dell'ENEL (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 10 giugno 2003 n. 2359, iv4 2003, I, 3453); un centro fieristico realizzato da parte del Consorzio A.S.I. (T.A.R. Abruzzo, !'Aquila, 25 febbraio 2003 n. 55, ivi, 2003, I, 1559); le opere realizzate da una societa concessionaria di servizi aeroportuali e destinate a! patrimonio pubblico dopo Ia scadenza della concessione (T.A.R. Liguria, Sez. I, 7 settembre 2004 n. 1422, iv4 2004, I, 3789); un edificio dell'ENEL trasformato da residenziale in uffici (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 7 settembre 2004 n. 800, iv4 2004, I, 3812). Secondo Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 1992, n. 46 e 19 settembre 1995, n. 1313, in It Cons. Stato, 1992, I, 66 e 1995, I, 1226, l'esenzione dai contributi presuppone che !'opera di pubblico interesse sia realizzata da un ente pubblico e non da soggetti privati. In tal sensa, piu recentemente, Cons. Stato, Sez. V, 10 maggio 1999, n. 536, iv4 1999, I, 860 e 19 maggio 1998, n. 617, iv4 1998, I, 883; 3 aprile 2000 n. 1901, iv4 2000, I, 855, sull'esclusione di un impianto di distribuzione di carburanti; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 16 ottobre 1997, n. 692, in Rassegna T.A.R., 1997, I, 4307, sull'esclusione di una casa di ricoveto per anziani costruita da un'opera diocesana di assistenza; T.A.R. Veneto, Sez. II, 5 dicembre 1992, n. 947, iv4 1993, I, 517, nel caso di costruzione di un edificio da adibire a scuola privata (cosi T.A.R. Sardegna 11 marzo 1994, n. 150, iv4 1994, I, 2299). Invece, Ia medesima quinta Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto applicabile l'esenzione dal contribute per le opere destinate alia gestione di un complesso aeroportuale (4 maggie 1998, n. 492, in Riv. giur. editizia, 1998, I, 938) od allo sfruttamento del bacino carbonifero del Sulcis (8 giugno 1998, n. 777, in It Cons. Stato, 1998, I, 903 ); per l'esenzione nel caso di realizzazione di capannone portuale destinate alia gestione del traffico commerciale, v. T.A.R. Liguria, Sez. I, 21 gennaio 2000 n. 37, in Rassegna T.A.R. 2000, I, 1384. Per l'esenzione di immobile ristrutturato per Ia vendita all'INAIL, cfr. T.A.R. Toscana, Sez. III, 22 settembre 1999, n. 450, in Rassegna T.A.R., 1999, I, 4401; v. anche T.A.R. Toscana, Sez. II, 28 dicembre 1992, n. 607, iv4 1993, I, 569, che ha ammesso il diritto all'esenzione'nel caso di costruzione di un'opera assistenziale da parte di un soggetto avente natura privata (Congregazione delle sorelle dei poveri). Per l'esenzione dai contributi delle case di riposo per anziani gestite da un ente morale, cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 6 aprile 1994, n. 168, iv4 1994, I, 1917; nonche per I' ampliamento della casa parrocchiale, cfr. T.A.R. Toscana, Sez. III, 9 dicembre 1996, n. 559, iv4 1997, I, 620 e, in genere, per gli edifici di culto, cfr. Cons. Stato, Sez. I, 27 giugno 2001 n. 536/98, in It Cons. Stato, 2001, I, 2571. La gratuita della concessione a costruire impianti sportivi non pubblici e stata ammessa solo per gli impianti realizzati dagli enti istituzionalmente competenti in materia sportiva (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 14 maggie 1994, n. 316, iv4 1994, I,
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2460). In genere, estata esclusa Ia gratuita ove si tratti di opere - sia pure d'interesse generale - realizzate da un soggetto privata che operi con finalita di lucro (T.A.R. Lombardia, Milano, 20 febbraio 1995, n. 220, iv4 1995, I, 1623; id., 8 maggio 1995, n. 687, iv4 1995, I, 2946), ma non quando il privata agisca per canto di un ente pubblico, cui !'opera sia riferibile (T.A.R. Lombardia, Milano, 5 giugno 1995, n. 800, iv4 1995, I, 3591; sui casi di opere realizzate «per canto di un Ente pubblico», v. Cons. Stato, Sez. V, 29 settembre 1997, n. 1067, in It Cons. Stato, 1997, I, 1227). V. anche Cons. Stato, Sez. V, 21 gennaio 1997, n. 69, in It Cons. Stato, 1997, I, 61, secondo cui l'esenzione dal contribute presuppone che !'opera d'interesse generale sia realizzata da un Ente pubblico, salvo che trattasi di opera di urbanizzazione eseguita da soggetto privata in attuazione di una specifica indicazione contenuta nella strumento urbanistica (conf. T.A.R. Lazio, 5 novembre 1996, n. 1978, in Rassegna T.A.R., 1996, I, 4389; T A.R. Emilia Romagna, Sez. II, 18 luglio 2000 n. 736, ivi 2000, I, 4438). E stato escluso !'onere del contribute perle Fondazioni, in quanta tendono a! soddisfacimento di interessi privatistici e comunque di un numero limitate di persone (Cons. Stato, Sez. V, 12 luglio 2005 n. 3774, in Il Cons. Stato, 2005, I, 1222). Parimenti, estato escluso che le Onlus possano beneficiare dell'esonero del contribute concessorio, poiche non possono essere qualificate come enti istituzionalmente competenti (Cons. Stato, Sez. V, 11 gennaio 2006 n. 51, in Edilizia e Terr., 2006, n. 3, 17). (108) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 gennaio 2004 n. 174, in It Cons. Stato, 2004, I, 102, secondo cui Ia gratuita del permesso di costruire va estesa anche ai casi di ricostruzione in altro sito, a parita di volume e di destinazione d'uso, di edificio espropriato e distrutto per realizzare un'opera pubblica.
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CAPITOLO XXIV
II. l'llRMESSO DI COSTRUIRE
22. Barriere architettoniche
f. Con Ia Iegge 9 gennaio 1989, n. 13 (modif. dall'art. 24 Iegge 5 febbraio 1992, n. 104), contenente «Disposizioni per favorire il superamento e I' eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati», fu esteso al comparto privata l'obbligo finora previsto solo per le opere pubbliche (109). La normativa recepita dal t.u. (artt. 77 sgg.) prevede espressamente che i progetti relativi alia costruzione di nuovi edifici privati od alia ristrutturazione di interi edifici, ivi compresi quelli di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata e agevolata, devono contenere l'eliminazione delle barriere architettoniche garantendo l'accessibilita, l'adattabilita e la visitabilita degli edifici, secondo le prescrizioni tecniche stabilite con decreta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (110). (109) E stata ritenuta illegittima l'aggiudicazione di un appalto per Ia realizzazione di un centro sportive, ove il relative progetto si ponga in contrasto con le prescrizioni del capitolato speciale in tema di abbattimento delle barriere architettoniche (Cons. State, Sez. V, 4 dicembre 1990, n. 816, in Riv. giur. edit;z;.a, 1991, I, 411). Sulla portata dell'art. 9 Iegge 13/1989, v. T.A.R. Molise, 28 giugno 2001 n. 191, in Rassegna T.A.R., 2001, I, 2903. (110) Con il D.M. LL.PP. 14.6.89 n. 236 fu emanate il regolamento di attuazione dell'art. 1 della I. 13/89, che contiene le prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilita, I' adattabilita e Ia visitabilita degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata. II decreta contiene il campo di applicazione e le definizioni principali. Le norme si applicano: agli edifici privati di nueva costruzione, residenziali e non, compresi quelli di edilizia residenziale convenzionata; agli edifici di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, di nueva costruzione; alia ristrutturazione di edifici intesa come categoria di intervento definita a[ titolo N, art. 31 lettera d), della Iegge n. 457/78; agli spazi esterni di pertinenza di tutti i suddetti edifici. . Vengono definiti i tre concetti di accessibilita, visitabilita e adattabilita sui quali si basa Ia normativa, nel modo seguente: - per accessibilita si intende Ia possibilita, anche per persone con ridotta o impedita capacita motoria o sensoriale, di raggiungere l'edificio ele sue singole unita immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia; - per visitabilita si intende Ia possibilita, anche da parte di persone con ridotta o impedita capacita motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almena un servizio igienico di ogni unita immobiliare. Sana spazi di relazione il soggiorno o pranzo dell'alloggio e quelli dei luoghi di lavoro, servizio ed incontro, nei quali il cittadino entra in rapporto con Ia funzione ivi svolta;
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La legge (art. 77, c. 3, t.u.) pone quattro condizioni che comunque devono essere rispettate nella progettazione: - accorgimenti tecnici idonei alia installazione di meccanismi per l'accesso ai piani superiori ivi compresi i servoscala; - idonei accessi aile parti comuni degli edifici e aile singole unita immobiliari; almena un accesso in piano (rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento); - l'installazione, nel caso di immobili con piu di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini. AI progetto deve essere allegata la dichiarazione del professionista abilitato di conformita degli elaborati alle disposizioni in materia. Le opere rivolte all'abbattimento delle barriere possono essere realizzate su edifici esistenti, in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, fermi restando, pero, i limiti fissati dal codice civile ove fra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto uno spazio di uso comune. La Iegge prevede, fra l'altro, che le delibere condominiali aventi per oggetto innovazioni riguardanti l'abbattimento delle barriere architettoniche sono approvate con le maggioranze di cui all'art. 1136, secondo e terzo comma, del c.c. e non con quelle piu elevate dell'art.
- per adattabilita si intende Ia possibilita di modificarne nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacita motoria o sensoriale. Per quanta concerne l'obbligo di realizzare i tre requisiti sopra definiti, Ia normativa si esprime nel modo seguente. L'accessibilita deve essere garantita per gli spazi esterni e Ie parti comuni degli edifici, per almena il 5% degli alloggi previsti negli interventi di edilizia residenziale sovvenzionata, per gli ambienti destinati ad attivita sociali, per gli edifici sedi di aziende soggette alia normativa sui collocamento obbligatorio. La visitabilita deve essere garantita per ogni unita immobiliare (quindi, nel caso di edilizia abitativa, per ogni alloggio), con alcune puntualizzazioni per categoric di unita immobiliari (alloggi, sedi di attivita ricettive, sedi di culto, ecc.). La adattabilita deve essere garantita per tutte le unita immobiliari, nelle parti e componenti perle quali non sia gia richiesta Ia visitabilita e/o l'accessibilita. Negli edifici residenziali unifamiliari e in quelli plurifamiliari privi di parti comuni, esufficiente che sia soddisfatto il solo requisite della adattabilita.
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CAl'l1'0LO XXIV
1120 c.c. prima necessarie (111), salva la possibilita di realizzare alcune opere anche nel caso di rifiuto del condominia (art. 78, c. 2, t.u.). Particolari disposizioni sono stabilite dall'art. 82 t.u. per gl[•,edifici pubblici e privati aperti al pubblico.
(Ill) Peraltro, nemmeno con delibera condominiale si possono consentire innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino (Cass., Sez. II civ., 25 giugno 1994, n. 6109, in Giur. itaL, 1995, I, 405). Tuttavia, in mancanza della delibera dell'assemblea condominiale, i portatori di handicap, entro tre mesi dalla richiesta, hanno facolta di realizzare a proprie spese i servoscala e altre strutture agevolmente rimoyibili, nonche ampliare porte di accesso.
CAPITOLO
XXVII
RAPPORT! DI VICINATO NELLE COSTRUZIONI
SOMMARIO: 1. Distanze legali. - 2. Luci e vedute.
1. Distanze legali
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Le distanze tra le costruzioni rappresentano un limite all'esercizio del diritto della proprieta e vengono regolate dalla legge sia per eliminare le possibili liti che potrebbero sorgere tra proprietari di fondi contigui, sia per ragioni di igiene e di estetica. Qtesti motivi hanna indotto il legislatore a regolamentare in modo specifico il problema delle distanze. Negli articoli 873 e seguenti del codice civile, fino a giungere all'art. 899, ·sono regolate le distanze tra le costruzioni, nonche per le piantagioni, per gli scavi, per i fossi e per le siepi e dagli artt. da 900 a 907 le distanze delle luci e delle vedute. Le costruzioni, quando non siano in aderenza o in appoggio, devono essere paste ad una distanza non minore di tre metri tra lora o a quella diversa (sempre comunque maggiore) prevista dalle norme edilizie locali. Qtindi le norme locali integrano queUe del codice, nel sensa che le norme rimangono sempre queUe del codice stesso, rna laddove si legge la distanza di tre metri deve invece leggersi quella maggiore prevista dal regolamento edilizio o dal piano regolatore, che, come si e indicato al Cap. IX (standards urbanistici), fuori dei centri storici deve prescrivere una distanza tra le costruzioni non minore di metri 10. Nel caso di costruzione ad una distanza inferio-
CAPITOLO XXVII
RAPPORT! DI VICINATO NELLE COSTRUZIONI
re a quella prescritta, il trasgressore puo essere condannato alla demolizione della parte di costruzione sita a distanza non regolamentare, anche se l'opera sia stata autorizzata dall'Autorita amministrativa (su cio v. retro, cap. XXN, n. 19). La distanza tra le costruzioni e prevista dallegislatore senza precisare chi dei due proprietari finitimi debba sacrificare il proprio spazio per assicurarla. Finisce, cosi, per acquistare rilevanza il c.d. criteria della prevenzione, nel sensa cioe che chi costruisce per prima risulta avvantaggiato (rna ora spesso i regolamenti edilizi contengono una normativa che assicura la ripartizione del sacrificio in misura eguale tra i due proprietari di fondi finitimi, prescrivendo una determinata distanza dai confini) (!). Secondo la norma del codice, chi costruisce per prima puo portare la propria costruzione fino al confine o arrestarla prima di esso. 11 secondo edificante potra, a seconda della scelta del prima, arrivare anch'egli fino al confine (costruendo in appoggio o in aderenza), oppure tenere la propria costruzione ad una distanza di tre metri dall'altra (salvo una distanza maggiore fissata dalle norme locali). Qyando chi ha costruito per prima ha pasta il suo edificio ad una distanza dal confine minore di un metro e mezzo, il secondo potra egualmente raggiungere con la propria fabbrica la costruzione preesistente, costruendo a sua volta in appoggio o in aderenza (2). Percio il prima costruttore, se vuole evitare che il
secondo edifichi in appoggio o in aderenza, deve costruire ad almena un metro e mezzo dal confine (od alla meta della maggiore distanza prescritta dalle norme locali). Con il rispetto di eguale distanza da parte del secondo costruttore si otterra cosi quella distanza di tre metri che la legge ha previsto. E pacifica che l'acquisto della comunione del muro di fabbrica derivante dalla possibilita di costruire in appoggio potra essere impedito dalla esistenza di diritti incompatibili con essa, come un diritto di servitu, che sarebbe neutralizzato dalla costruzione in appoggio. Cosi pure se tra i due fondi vi e una striscia di terrene di proprieta di un terzo non si potra acquistare la comunione rna dovra osservarsi la distanza legale (3).
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(1) Secondo !a giurisprudenza, il principia della prevenzione, nei rapporti tra privati, opera anche nel caso che !a prima costruzione sia stata realizzata abusivamente (Cass. civ., Sez. II, 2 agosto 1995, n. 8476, in Il Cons. Stato, 1996, II, 228; v. anche nota 3). Sulla disapplicazione (ai sensi dell'art. 5 Iegge 10 marzo 1865 n. 2248, all. E) delle disposizioni dei piani urbanistici, recanti illegittimamente distanze tra le costruzioni inferiori a quelle prescritte dal d.m. sugli standard, cfr. retro, cap. VIII, nota 1. II criteria della prevenzione si applica anche quando una norma urbanistica locale prevede sia una distanza dal confine, sia !a possibilita dell'aderenza (Cass., Sez. II civ., 28 novembre 1998, n. 12103, in Riv. giur. edilizia, 1999, I, 482). In questi casi, il primo costruttore puo costruire alla prescritta distanza dal confine oppure sui confine, rna non ad una distanza dal confine inferiore a quella prescritta (Cass., Sez. II civ., 5 ottobre 2000 n. 13286, in Urbanistica e appalti, 2001, 190; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 10 giugno 2003 n. 734, in Rassegna T.A.R, 2003, I, 3305), (2) L'art. 879 del codice civile esenta gli edifici demaniali e quelli d'interesse storico-artistico dalla comunione forzosa del muro. Peraltro, !a giurisprudenza ha precisato che gli edifici demaniali non sono sottratti all'osservanza delle distanze legali (Cons. State, Sez. V, 3 novembre 2000 n. 5907, in Il Cons. Stato, 2000, I, 2415).
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(3) Cfr. Cass., Sez. II civ., 22 ottobre 2004 n. 20606, in Edil e territ., 2004, n. 49, 35. Secondo !a giurisprudenza, in tema di distanza tra costruzioni con profile verticale a linea spezzata (a zig-zag), chi per primo edifichi sui confine !a parte inferiore della propria costruzione (nella specie il pianterreno) non puo, nel proseguimento dell'opera, realizzare-piani superiori arretrati in misura inferiore all'intero distacco legale dal confine, e in ogni caso non puo impedire a! vicino, che costruisca in aderenza o con appoggio a detta parte inferiore, di innalzare !a propria costruzione perpendicolarmente, anche con !a creazione di intercapedini (Cass., Sez. II civ., 20 luglio 1999, n. 7762, in Sett. giur., 1999, II, 1820; id., 28 gennaio 1985, n. 449, iv4 1985, II, 596). La distanza legale va sempre individuata con riferimento alla base dell'edificio preesistente, per cui nel caso di arretramenti ai piani superiori il secondo costruttore frontistante non puo avanzare i piani superiori ad una distanza inferiore rispetto alla detta base (Cass., Sez. II civ., 20 febbraio 2003 n. 2570, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 1150: v. anche Cass., Sez. II, 12 gennaio 2005 n. 400, iv4 2005, I, 1172, sull'obbligo, in caso di sopraelevazione, di rispettare i limiti di distanza, dal confine o tra le costruzioni, che siano soprawenuti rispetto all'edificio sottostante, nonche - nel caso di fabbricato posto sui confine - sull'impossibilita di sopraelevare ad una distanza dal medesimo inferiore alia meta del prescritto distacco tra le costruzioni, anche in mancanza di un edificio frontistante). Nel caso di terreni separati da un'area intermedia di proprieta di un terzo o in comune, v. Cass., Sez. II civ., 23 maggie 2002 n. 7525, in Guida al dir., 2002, n. 29, 66; id., 17 gennaio 2003 n. 627, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 1154. Secondo i! T.A.R. Lombardia, Sez. II, 28 aprile 1998, n. 809, in Rassegna T.A.R, 1998, I, 2413, quando le norme di attuazione di un piano regolatore prescrivono una determinata distanza delle costruzioni dal confine in relazione all'altezza della costruzione medesima, bisogna far riferimento all'altezza massima dell'edificio in progetto e senza tener conto degli arretramenti degli ultimi piani. V. anche Cass. civ., Sez. II, 9 novembre 1999, n. 12443, in Sett; giur., 2000, II, 270, secondo cui - qualora il piano regolatore prescrive un distacco delle costruzioni dal confine, salva !a possibilita di costruire in aderenza ai fabbricati gia edificati sui confine - non e consentito costruire sui confine anche per quella parte del medesimo «priva di opere edificatorie». Per il caso di norma che·prevede una distanza tra le costruzioni e dal confine, ammettendo !a possibilita dell'aderenza, v. Cons. Stato, Sez. V, 13 gennaio
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CAPITOLO XXVII
Le distanze dovranno misurarsi dagli sporti pili avanzati di ci~ scun edificio: cosi, se ambedue le facciate avranno balconi, la misu! razione dovra farsi dal punto pili sporgente di questi (non si tiene conto, invece, di cornicioni, tubazioni, davanzali delle finestre, e cosi via) (4). In giurisprudenza e stato affermato che le distanze fra le co2004 n. 46, in Riv. giur. edilizia, 2004, I, 725, che dichiara anche !a competenza del giudice amministrativo, nel caso di ricorso avverso un permesso di costruire per violazione delle norme sulle distanze legali. Per le rientranze orizzontali, v. Cons. State, Sez. V, 24 novembre 1990, n. 792, in It Cons. Stato, 1990, I, 1400; e Cass., Sez. II, 15 dicembre 1993, n. 12419, in Sett. giur., 1994, n. 14; 15 gennaio 1997, n. 342, in Riv. giur. edilizia, 1997, I, 702. Sulla possibilicl di costruire verso il confine lunge una linea spezzata, v. T.A.R. Marche, 14 novembre 2003 n. 1353, in Rttssegna T.A.R., 2004, I, 284. (4) Cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 19 gennaio 2004 n. 6, in Rttssegna T.A.R, 2004, I, 1109; T.A.R. Lazio, Sez. !I-bis, 27 maggie 2003 n. 4754, iv4 2003, I, 2491; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 17 giugno 2002 n. 3598, in Rttssegna T.A.R, 2002, I, 3075; Cass., Sez. II civ., 10 giugno 1998, n. 5719, in Sett. giur., 1998, II, 1459 (che si riferisce a «balconi di apprezzabile profondita, ampiezza e consistenza,); Cons. State, Sez. V, 19 marzo 1996, n. 268, in II Cons. Stato, 1996, I, 415; Cass. civ., Sez. II, 26 gennaio 2005 n. 1556, in Riv. giur. editizia, 2005, I, 1142; 24 ottobre 1989, n. 4322, in II Cons. Stato, 1990, II, 64; (in sense contrario, nel caso di «sporti di limitata enticl, che non incidono sui volume e sulla superficie coperta», v. T.AR. Lombardia, Brescia, 4 settembre 2001, n. 771, in Rttssegna T.A.R, 2001, I, 3705). Non e soggetta alia normativa sulle distanze I' esecuzione di una rampa carrabile a ridosso del confine, ma interrata e non sporgente dal terrene (T.A.R. Lazio, Sez. II, 3 maggio 1994, n. 562, in Rttssegna T.A.R, 1994, I, 1749). Invece, Ia distanza va misurata da una tettoia su una piattaforma di cementa armata, su pilastri di ferro, di notevole mole (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 7 novembre 1994, n. 525, iv4 1995, I, 207; con£ Cass., Sez. II civ., 24 maggie 1997, n. 4639, in II Cons. Stato, 1997, II, 1398; in generale, sulla rilevanza delle tettoie ai fini della misurazione delle distanze, v. Cass., Sez. II civ., 30 ottobre 2003 n. 16358, in Edilizia e Territorio, 2003, 47, 135), nonche da un barbecue, ritenuto elemento costruttivo di completamento dell'edificio (Cass., Sez. II civ., 29 agosto 1997, n. 8240, iv4 1997, II, 2088) e dal muro di contenimento di un terrapieno, che ha prodotto un dislivello (Cons. Stato, Sez. V, 26 giugno 2000 n. 3637, iv4 2000, I, 1521); in genere, e stata considerata costruzione, rilevante ai fini delle distanze legali, anche un terrapieno, se creato artificialmente a! si sopra dellivello medic del piano di campagna originario (Cass., Sez. II civ., 11 novembre 2003 n. 1695, in Guida at diritto, 2003, dossier Hi, 39); v. anche Cass., Sez. II, 15 giugno 2001 n. 8144, secondo cui, ai fini dell'applicazione delle distanze legali, il muro di sostegno costituisce costruzione. Sull'inapplicabilicl dei limiti di distanza nel caso di pali in cementa realizzati a sostegno di una tettoia, v. T.A.R. Abruzzo, 8 giugno 2001 n. 390, in Rttssegna T.A.R, 2001, I, 2888; invece, sull'applicabilicl della disciplina delle dis~anze aile tettoie, purche di carattere non precario, v. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 14 maggto 2003 n. 715, iv4 2003, I, 2552. Per altri richiami, v. CELESTE, Limiti legati della propieta.. ., in Riv. giur. editizia, 2004, II, 34 sg.
Ri\l'l'ORTI DI VICINATO NELLE COSTRUZIONI
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struzioni sono inapplicabili aile parti di costruzione non emergenti dal terreno anche se di dimensioni notevoli e dotate di destinazione autonoma, in quanto non si formano dannose intercapedini con i fabbricati alieni frontistanti (5). Secondo la giurisprudenza, le distanze tra le costruzioni non si misurano in modo radiale, bensi in modo lineare, in quanta la legge e diretta ad evitare intercapedini dannose (6) (mentre, salvo una norma espressa in diverso senso, l'altezza si misura dal piano di campagna con riguardo a tutti i lati della costruzione) (7). N el caso di sopraelevazione di preesistenti fabbricati, non si puo derogare aile distanze minime prescritte dalla normativa di zona, anche nell'ipotesi di allineamento col sottostante corpo di fabbrica (8). (5) Cfr. Cass., Sez. II, 4 dicembre 1995, n. 12489, in Guida a! diritto, 1996, 7, 94; 1° marzo 1995, n. 2343, in II Cons. Stato, 1995, II, 1571; 21 dicembre 1992, n. 13529, in Riv. giur. editizia, 1993, I, 1039; 1° luglio 1996, n. 5956, in Sett. giur., 1996, II, 1298, riguardante Ia costruzione di un campo da tennis; Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 1981, n. 604, in It Cons. Stato, 1981, I, 1261; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 2 giugno 1984, n. 163, in Rttssegna T.A.R, 1984, I, 2528; T.A.R. Marche, 9 giugno 1988, n. 313, iv4 1988, I, 2759; T.A.R. Lombardia, Sez. I, Milano, 20 dicembre 1988, n. 428, iv4 1989, I, 516 (riguardante una piscina completamente interrata); invece i limiti di distanza sono applicabili nel caso di locali artificialmente interrati per effetto del riporto di terra (T.A.R. Piemonte, 23 novembre 2000 n. 1243, iv4 2001, I, 147). La giurisprudenza ha anche precisato che l'obbligo di rispettare i limiti di distanza tra i fabbricati stabiliti dagli strumenti urbanistici sussiste anche quando esiste un precedente fabbricato abusive (Cons. giust. amm. reg. sic., 1° giugno 1993, n. 226, in It Cons. Stato, 1993, I, 795). V. poi Corte cost., 18 aprile 1996, n. 120, ivi, 1996, II, 648. (6) Cfr. Cass., Sez. II civ., 25 giugno 1993, n. 7048, in It Cons. Stato, 1993, II, 1919 e 24 maggio 1997, n. 4639, iv4 1997, II, 1398. Peraltro, sull'obbligo di osservare le prescritte distanze dal confine anche se Ia costruzione non supera in altezza il dislivello tra il fondo su cui insiste e quello a confine, v. Cass. civ., Sez. II, 10 novembre 1998, n. 11280, in It Cons. Stato, 1999, II, 560. Sui concetto di costruzioni frontistanti, v. CELESTE, op. cit., 33; sulla osservanza della distanza minima con riferimento ad ogni punto dei fabbricati. v. T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 19 gennaio 2004 n. 6, in Rttssegna T.A.R., 2004, I, 1109; sull'inapplicabilita della distanza nel caso di fabbricati disposti ad angola senza parti contrapposte, v. T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, 29 luglio 2004 n. 270, iv4 2004, I, 3463. (7) Cfr. T.A.R. Marche, 28 luglio 1995, n. 392, in Rttssegna T.A.R., 1995, I, 4276; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 25 febbraio 1999, n. 126, iv4 1999, I, 1271; id., 13 giugno 2001 n. 1317, iv4 2001, I, 2753. (8) Cfr. Cass., Sez. II civ., 26 gennaio 2001 n. 1108, in Guida at diritto, 2001, n. 8, 63; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 1° agosto 2002 n. 447, in Rttssegna T.A.R, 2002, I, 3539; T.A.R. Lazio, Sez. II, 27 marzo 1995, n. 557, in Rttssegna T.A.R, 1995, I, 1543. Invece,
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RAPPORT! Dl VICINATO NELLE COSTRUZIONI
CAPITOLO XXVII
Invece, nell'ipotesi di demolizione e fedele ricostruzione (sepza aumento di volume e senza modifica della superficie occupata) O.on sono applicabili le norme sulle distanze stabilite per le nuove costruzioni, salva un' espressa norma in sense contrario prevista dagli strumenti urbanistici (9). La costruzione in aderenza puo essere fatta valere non soltanto rispetto al muro esistente sui confine, rna anche rispetto al muro distante meno di un metro e mezzo dal confine stesso. I muri di cinta sono esonerati dall'obbligo delle distanze (10) proprio perche non sono considerati delle vere e proprie costruzioni, rna solo mezzi di demarcazione della linea di confine. Si intende per muro di cinta, comunque, quel muro che recinge una determinata proprieta separandola da queUe vicine: possono essere messi sui confine o a cavallo delle due proprieta; in linea di massima la loro altezza non potra superare i tre metri. Alcuni edifici non sono assoggettati alia possibilita di costruzione in appoggio o in aderenza e piu precisamente quelli appartenenti al demanio pubblico o soggetti allo stesso regime (11), nonche gli edifici aventi interesse storico, archeologico o artistico. Tale esenzione viene giustificata dal principia della inalienabilita di detti beni.
sull'inapplicabilita delle norme sulle distanze tra le costruzioni nel caso di demolizione e ricostruzione sullo stesso sedime, cfr. T A.R. Piemonte, Sez. I, 10 febbraio 2000 n. 145, iv4 2000, I, 1810; T.A.R. Toscana, Sez. II, 28 marzo 1996 n. 178, iv4 1996, I, 1975 (con riferimento aile distanze di cui al D.M. 1444 del1968); v. anche nota seguente. (9) Cfr., Cons. State, Sez. V, 8 settembre 2003 n. 5032, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 1528, con nota di richiami; T.A.R. Umbria, 28 dicembre 2000 n. 1075, in Rttssegna T.A.R, 2001, I, 619; Cass., Sez. II civ., 26 ottobre 2000 n. 14128, in Edilizia e Territorio, 2000, n. 44, 37, secondo cui in ogni caso i limiti di distanza fra le costruzioni devono essere applicati per le parti eccedenti le dimensioni dell' edificio originario. (10) Cfr. Cass., Sez. II, 15 gennaio 1997, n. 342, in Sett. giur., 1997, n. 10, II, 350. In sensa contrario, per i muri di cinta tra i fondi a dislivello, che assolvono anche all'ulteriore funzione di contenere la scarpata oil terrapieno, v. Cass., Sez. II, 23 aprile 1997, n. 3511, in Guida a! diritto, 1997, n. 20, 47; v. anche la distinzione di cui a T.A.R. Sardegna 9 marzo 2000 n. 233, in Rttssegna T.A.R, 2000, I, 2946. Sui criteri di misurazione dell'altezza di edifici in declivio, v. T A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 5 luglio 2004 n. 2843, iv4 2004, I, 3224. (11) Sull'applicabilita delle norme sulle distanze ai beni demaniali, v. Cons. State, Sez. V, 3 novembre 2000 n. 5907, in II Cons. Stato, 2000, I, 2415.
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Si ha costruzione in aderenza quando i due mUI;i di fabbrica, del tutto autonomi, combacino senza che tra essi sussista alcuna intercapedine neppure di pochi centimetri .(12). ~ co.ntrario ?er costru~ zione in appoggio si intende Ia costruz10ne m ~Ul ~no .de1 du~ ~un di fabbrica sia comune ad entrambe le costruz10m. Gh attuah Slstemi di costruzione rendono normale Ia possibilita della costruzione in aderenza ed improbabile invece l'appoggio. La distanza da osservarsi per Ia costruzione di pozzi o cisterne non puo essere inferiore a 2 metri dal confine, mentre invece le tubazioni di acqua o di gas ad un metro e mezzo dal confine, ed ancora per i fossi e per i canali la distanza deve essere pari alia loro profondita. II rispetto delle anzidette distanze non e previsto per i beni demaniali. Pertanto, ove, ad esempio, Ia P.A. abbia autorizzato lo scavo di un fosso su una strada pubblica a confine di un fondo di proprieta privata, il proprietario non puo chiedere che sia ripristinato lo state dei luoghi. Diversa regolamentazione vale per le piantagioni e le distanze varieranno a seconda della loro grandezza. Per gli alberi d'alto fusto (noci, castagni, pini, platani, etc.) (13) la distanza e di 3 metri dal c~n fine, per quelli di non alto fusto e che non superano l'altezz~ d1 3 metri la distanza e di un metro e mezzo dal confine, mentre mvece per le piantagioni di altezza piu modesta (viti, piante da frut~o alte non piu di m. 2,50, siepi vive, etc.) la distanza dal confine e d1 mezzo metro. L'art. 890 del codice civile prescrive anche distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi (14).
(12) Sono ammissibili, invece, mere anomalie edificat.orie, quali le irregolarita del.Ia superficie del muro di uno dei due edifici (Cass., Sez. II c1v., 20 marzo 1996, n. 2871, !l1 Guida a! diritto, 1996, 23, 73). (!3) Sulla nozione di albero ad alto fusto v. Cass., Sez. II civ., 21 novembre 2000 n. 15016.
(14) II titolare di un'attivita pericolosa (nella specie, im~ian.to di gas .propellente
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quido) non puo pretendere che non siano rilasciate concess10m a costrum su un terreno confinante (Cons. State, Sez. V, 25 gennaio 2003 n. 346, in II Cons. Stato, 2003, I, 95).
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Fig. 1.- Ache costruisce per prima, colloca il suo manufatto sui confine C-C1. B puo chiedere Ia comunione del tratto a-b del muro A, a norma dell' art. 874; oppure dovra allontanarsi di m. 3,00 dal muro fronteggiante di A, ponendo il muro di fabbrica della sua abitazione sulla linea c-d. Puo ancora B costruire sullo stesso confine C-C1 in aderenza, a norma dell' art.
877. Fig. 2. -A costruisce per prima a meno di un metro e mezzo dal confine C-C1. B, che non vuole acquistare Ia comunione del muro a-b di A, ne costruire in aderenz~ (pagando in ogni caso il valor.e della striscia di suolo intermedio di proprieta del vrct.no) deve allontanare Ia fabbnca costruenda di quanta occorre per raggiungere Ia dtstanza legale di m. 3, o quella maggiore stabilita dai regolamenti locali. In questa caso B potra aprire finestre sui suo muro di fabbrica c-d mentre A non puo farlo, non trovandosi alla distanza minima dal confine, stabilita per 1'apertura delle vedute.
Fig. 3. - Se A, costruendo per prima, colloca il muro ab del suo manufatto a m. 1,50 dal confine, B puo costruire alla stessa distanza dal medesimo confine, rna non puo rendere comune il muro di A Esistendo una normativa locale che prescrive il rispetto di una distanza dim. 10 tra le costruzioni, per potersi verificare il caso in figura occorre che A abbia costl'uito inizialmente il muro a-b a m. 5 dal confine, per cui B puo collocarsi a distanza di m. 10 dal muro a-b di A e quindi a m. 5 dal confine C-C1.
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. Fig. 4. - Se A costruisce il suo manufatto col fronte verso il confine rappresentato dalla linea spezzata a-b-c-d-e-f, B, che a sua volta vorra costruire, puo rendere comune il tratto di muro a-b, potra costruire a 1,50 metri di distanza dal tratto c-d e sui confine nel tratto frontistante Ia linea e-f. Secondo alcuni, invece, non dovra oltrepassare Ia linea h-m, che equella che consente a! fronte del futuro manufatto di B di mantenersi a distanza minima di m. 3,00 in tutte le direzioni da quella del vicino A (v., pero, retro, nota 6). L'esistenza o meno di un muro di cinta sui confine C-C1, non modifica i criteri di distanza innanzi detti. Nei soli tratti in cui Ia costruzione di B si trovera a distanza uguale o maggiore di m. 1,50 dal confine C-C1, B potra aprire delle vedute (art. 905).
In tutti i casi suesposti vale il precedente rilievo per l'ipotesi che le norme locali prescrivano una distanza tra le costruzioni maggiore di tre metri.
2. Luci e vedute Alla stregua di quanto avviene di solito nei rapporti di huon vicinato, la regolamentazione legale delle luci e delle vedute tende a contemperare la necessita di garantire l'aria, la luce e, per il prospetto, il godimento di una certa visuale, con la necessita oltretutto importante di preservare i proprietari contigui da quelle interferenze dirette ed indirette che, pur costituendo normale esercizio del proprio diritto dominicale, impedirebbero, se fossero conseguite, la coesistenza ed il
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CAPITOLO XXVII
RAPPORT! DI VICINATO NELLE COSTRUZIONI
contemporaneo esercizio di piu diritti di proprieta, topograficamente condizionati. ( Gli artt. 900-907 c.c. raggruppano una serie di norme sempre rientranti nella disciplina del buon vicinato, che regolano le luci e le vedute. A) Le vedute o prospetti consentono di guardare sui fondo del vicine; questa facolta puo essere esercitata sia in forma piu limitata, e cioe col guardare rimanendo dall'interno di una finestra, sia in modo ampio, ossia con lo sporgere il capo al di la del vano e guardare agevolmente, senza I' ausilio di mezzi come scale, sgabelli, etc., ai lati dell'apertura (15). Rientrano pertanto tra le vedute le finestre, i balconi, le terrazze con parapetti di altezza e profondita normali. La veduta, a sua volta, puo essere: diretta, obliqua o laterale. Si ha la prima quando la zona del fondo vicino su cui si esercita la veduta e compresa tra le perpendicolari omologhe alia linea del muro in cui si apre la veduta, tracciate a partire dalle estremita della veduta; si ha veduta obliqua, quando la veduta si esercita al di la delle dette perpendicolari; si ha la veduta laterale quando la zona del fondo vicino su cui la veduta si esercita si trova sulla stessa linea del muro in cui si apre la veduta. Per poter aprire vedute dirette, finestre o balconi, verso il fondo del vicino, si deve rispettare una distanza minima di un metro e mezzo dal confine o quella maggiore prescritta dalle norme edilizie locali (o comunque pari alia meta della distanza prescritta tra le costruzioni). La distanza si misura dalla faccia esterna del muro su cui si aprono le vedute o, se si tratta di terrazze o lastrici o se vi sono sporti, tra le !oro linee esterne o piu sporgenti, e il confine del fondo vicino;
dalla ringhiera del parapetto al confine, se si tratta di balconi o di altri sporti (16). Se non sono state osservate le distanze il proprietario confinante puo sempre chiedere la chiusura delle aperture (balconi, finestre) o la demolizione dell'opera nel termine massimo di 20 anni per impedire la eventuale costituzione di servitu per usucapione (possibile, in qualche caso, nel piu breve termine di 10 anni). L' obbligo di osservare la distanza legale cessa quando tra i due fondi vi e una via pubblica, mentre vale anche se sia interposta una strada privata od un tratto di terrene costituente servitu di passaggio (17). La distanza minima da rispettare per l'apertura di vedute laterali od oblique, e di settantacinque centimetri, misurata dal piu vicino lato della finestra o dal piu vicino sporto (in questo caso la distanza sara pari ad un quarto della distanza tra le costruzioni prescritta dalle norme locali). Per queste vedute e prescritta una distanza minore rispetto aile vedute dirette, che e giustificata dalla minore soggezione che esse esercitano sui fondo del vicino. Se per convenzione o usucapione si sia acquistato il diritto di aprire o tenere aperte vedute o prospetti sui fondo del vicino, questi non puo fabbricare a distanza inferiore di tre metri (art. 905) e tali distanze bisogna anche osservarle perle vedute laterali od oblique.
(15) Su queste caratteristiche della veduta, cioe di u11'apertura nel muro, che consenta di guardare anche obliquamente e lateralmente, cfr. Cass., Sez. un. civ., 28 novembre 1996, n. 10615, in Guida al diritto, 1996, n. 51, 24, e Sez. II civ., 21 dicembre 1999, n. 14369, iv4 2000, n. 6, 72; v. anche T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 15 marzo 1999, n. 228, in Rttssegna T.A.R., 1999, I, 1879, a! fine di individuare i casi in cui deve essere applicata Ia distanza minima tra «pareti finestrate>>, · Sulla possibilita di considerare una porta come veduta (!a cosiddetta <<porta finestra••), v. Cass., Sez. II civ., 13 gennaio 2006 n. 499, in Edit. e Territ., 2006, n. 4, 16.
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(16) Nell'ipotesi in cui una veduta sia aperta nella faccia interna di un muro perimetrale e cioe nel fonda dell'incasso parziale di un muro, !a distanza di m. 1,50 prevista dall'art. 905 cod. civ. per l'apertura di vedute verso il fonda del vicino deve misurarsi dalla faccia esterna del muro e non da quella interna. Viceversa, nell'ipotesi di arretramento del muro perimetrale e cioe nel caso che l'incasso del muro anziche essere parziale si estenda a tutta l'altezza del muro dal piano di calpestio sino dall'estremita superiore, avendosi una vera e propria rientranza nell'originaria costruzione, !a distanza di m. 1,50 deve essere misurata dalla faccia esterna del muro arretrato nel quale siano aperte le vedute (cfr. Cass. civ., Sez. II, 25 giugno 1994, n. 6120, in Sett. giur., 1994, II, 978). (17) Cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 19 gennaio 1996, n. 8, in Rttssegna T.A.R., 1996, I, 1067.
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CAPITOLO XXVII
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Ia Figura 1
B) Le luci sono aperture che consentono unicamente il passaggio di aria e luce e possono essere aperte sui fonda del vicino, solo se sono osservati tutti i requisiti contenuti nella norma in esame, e cioe: a) inferriata; b) grata fissa; c) I' altezza rispetto al proprio suolo; d) l'altezza dal suolo del vicino. a) La legge non prescrive le caratteristiche e le dimensioni dell'inferriata, rna ne precisa la funzione, cioe quella di garantire la sicurezza del vicino; ovviamente maggior sicurezza potra essere data solo se 1'ampiezza degli interstizi non consentira il passaggio di una persona, anche di giovane eta, attraverso l'inferriata. b) Anche per la grata non e prescritta una forma speciale, rna le sue maglie devono avere una dimensione non maggiore di tre centimetri quadrati. c) Altezza dal proprio suolo: l'altezza e stabilita in 2 metri e mezzo se l'apertura e a piano terreno, in 2 metri se e pasta nei piani superiori (cioe due metri dal pavimento). La ragione delle differenti altezze si puc spiegare col fatto che dalle aperture di un locale a pianterrene le possibilita di arrecare disturbo al vicino sono maggiori. · d) Altezza dal suolo vicino: la legge dispone che le aperture siano ad una certa altezza dal suolo sui quale guardano. ~esta altezza edi 2 metri e mezzo dal suolo del vicino (18), a meno che non si tratti di
(18) La luce diventa illegittima anche se !a detta altezza viene ridotta successivamente all'apertura della luce, a seguito dell'elevazione della costruzione del vicino (Cass., Sez. II civ., 10 marzo 1997, n. 2127, in Guida al diritto, 1997, n. 20, 47).
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locali in tut:t:o o in pnrtc sott:crmnci, per cui la condizione dei luoghi non consentc di osscrvarc tale altczza. ~esta deroga in via eccezionale e voluta per ragioni di igiene e per una migliore utilizzazione delle proprieta. Un'apertura non avente i caratteri di veduta o di prospetto, in quanta non da la facolta di affacciarsi e di guardare sui fonda vicino, e considerata come luce irregolare, e quindi soggetta al regime delle luci anche se non sono state osservate le prescrizioni stabilite dalla legge (grata fissa, inferriata, etc.). Il vicino puc sempre ottenere di coprire il vano privo della qualita di veduta, ave intenda e possa costruire in appoggio o in aderenza. Egli inoltre ha il diritto di esigere che l'apertura sia resa conforme aile prescrizioni dettate dalla legge per le luci. Le luci possono essere aperte dal proprietario del muro contiguo al fonda altrui proprio perche non occorre per tali luci il rispetto di alcuna distanza dal fonda del vicino. Il diritto che ha il proprietario di aprire tali luci non crea una servitu, rna costituisce una estrinsecazione del diritto di proprieta. La facolta che si esercita eperc condizionata, nel sensa che essa sussiste sempre che il vicino non costruisca a sua volta un edificio o un qualsiasi manufatto in appoggio o in aderenza. In tal caso la facolta di tenere aperta una luce viene meno perche incontra illimite del diritto altrui. Se perc si acquista la comunione del muro, senza appoggiarvi la costruzione (o non si costrul.sca in aderenza) non si ha diritto di chiedere che le luci vengano chiuse. Invece, come si edetto, nel caso di appoggio effettivo al muro reso comune o di costruzione in aderenza al muro stesso, si ha il diritto di chiudere le luci che sono state aperte. La giustificazione della norma appare evidente, perche se il vicino fosse sempre tenuto a rispettare le luci esistenti nel muro stesso, sarebbe soggetto ad un diritto di servitu. Se tale servitu non esiste, gli e data la facolta di chiedere che le luci siano chiuse.
CAPITOLO XXVII
RAPI'ORT! DI VICINATO NELLE COSTRUZIONI
Qyando si e acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fonda del vicino, il proprietario di questa non puo fabbricare a distanza minore di tre metri dalla veduta (19). Tale distacco, che non applica ave sia interposta una via pubblica, si misura in modo radia'~ le (2o).
Dalla finestra ab si esercita sui fonda B una veduta diretta il cui campo e delimitate dalle due perpendicolari omologhe condotte dagli stipiti a e b verso il confine C-C 1· La perpendicolare condotta dallo stipite a, che e quello piu vicino al confine, deve avere lunghezza non minore dim. 1,50.
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Figura 2 C'
Nella figura in esame il fonda B si presenta con angola ottuso verso la finestra a-b del fonda A. In conseguenza, dalla finestra si esercitano due specie di vedute: una veduta obliqua che deve distanziarsi almena m. 0,75 dal fonda B, secondo la tratteggiata a-C 1; e una veduta diretta che deve distanziarsi di almena m. 1,50, secondo la tratteggiata perpendicolare alia linea del muro partendo dallo stipite a della finestra. La veduta si esercita dalla finestra a-b, aperta verso il fonda B nel muro del fabbricato A che eoblique al confine C-C 1.
(19) Spetta al giudice di merito stabilire, se tettoie o tendaggi fissi costituiscono costruzioni, che devono rispettare Ia distanza di tre metri sotto Ia soglia della veduta (Cass., Sez. II civ., 6 novembre 2003 n. 16687, in Guida a! diritto, 2003, dossier 10, 39). (20) Cfr. Cass., Sez. II civ., 25 giugno 1993, n. 7048, in II Cons. di Stato, 1993, II, 1919.
Figura 3
A ha acquistato la servitu di veduta diretta dalla finestra ab aperta direttamente sui confine C-C 1 verso il fonda B. La costruzione in figura eseguita da B dista m. 3,00 in linea obliqua dalla soglia b della veduta. La costruzione, oltre che violare l'intercapedine minima di m. 3,00 stabilita dall'art. 873, c~e q~i"non interessa, viola l'articolo 907, perche non osserva la ~i;s"f~nztr di ffi:·'3, in sensa orizzontale, dal muro in cui eaperta la veduta.