IL PROCESSO DI CAMBIAMENTO IN UN’AZIENDA OSPEDALIERA note
Queste note sono estratte dalla più ampia relazione conclusiva del processo formativo che aveva accompagnato le fasi di dipartimentalizzazione di un’ Azienda Ospedaliera del Nord Italia coinvolgendo circa 51 persone tra Direttori e Staff di Dipartimento. “… FINALITÀ E OBIETTIVI La principale finalità del progetto è stata quella di promuovere ed accompagnare lo sviluppo manageriale dei Dipartimenti seguendoli durante il processo di dipartimentalizzazione. Per raggiungere queste finalità, sono stati definiti i seguenti risultati da perseguire: • Individuazione e definizione delle competenze chiave che dovevano essere padroneggiate al vertice di ogni Dipartimento per poter raggiungere gli obiettivi assegnati • Individuazione di alcuni semplici ma efficaci strumenti operativi da utilizzare a breve e che potessero costituire esempi e indicazioni per sviluppare successivamente l'insieme delle attrezzature necessarie per governare e gestire i Dipartimenti • Capitalizzazione e socializzazione del percorso fatto fra tutti i partecipanti e con la Direzione, al fine di ampliare la padronanza e la condivisione delle competenze, dei metodi e degli strumenti individuati, all’interno dei vari ruoli .
PERCORSO L’intervento si è sviluppato operativamente con un incontro iniziale, con il lavoro in parallelo dei gruppi di progetto, con la riunione conclusiva con la Direzione.
a) Workshop iniziale: a carattere residenziale, in cui sono state individuate e
condivise le caratteristiche dei nuovi ruoli di vertice dei Dipartimenti, declinati secondo gli elementi costituitivi (missione, visione, criticità, obiettivi) e le dimensioni (responsabilità, coordinamento, cambiamento). L'obiettivo è stato quello di evidenziare i punti fondamentali necessari per costruire un tragitto realisticamente percorribile nel processo di promozione del cambiamento. Il lavoro in sottogruppi e la discussione collegiale si sono coagulati in alcuni punti salienti : • La necessità di promuovere e guidare il cambiamento anziché subirlo adalberto geradini www.prendersicura.blogspot.com
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L'analisi del ruolo del management e degli staff del Dipartimento L'identificazione delle aree di opportunità e di difficoltà presenti nel cambiamento (ruoli, obiettivi, azioni da effettuare…) Sintesi dei risultati del lavoro di analisi e di miglioramento della mappa delle competenze approntata Questo ha consentito di programmare i lavori di ogni gruppo, indicando quale competenza specifica articolare e declinare, nonchè evidenziando obiettivi, risorse, criticità, punti di attenzione e tempistica.
b) Gruppi di progetto In ogni gruppo, a partire dal materiale fornito loro, i partecipanti hanno lavorato sia individualmente sia durante incontri con o senza la presenza della consulenza, preparando relazioni via via affinate, che sono confluite nella: • Descrizione della competenza e dei comportamenti principali •
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Punti di attenzione : gli elementi principali cui si deve prestare attenzione quando si vorrà tradurre in pratica la competenza. Sono gli snodi, i punti chiave attorno cui ruota la competenza e che consentono di padroneggiarla Problemi aperti : le aree non affrontate, non sviluppate o comunque le aree di criticità non risolte, che s'ipotizza di affrontare nel futuro, i possibili ostacoli. Strumentazione : sono la cassetta degli attrezzi, gli strumenti individuati e/o delineati, che facilitano e permettono di tradurre la competenza in azioni. c) Riunione conclusiva
La riunione conclusiva con la presenza della Direzione ha permesso di evidenziare e discutere alcuni nodi da sciogliere ancora presenti (rapporto tra responsabilità e autonomia assegnate, orientamento al lavoro individuale anziché di gruppo, accentramento/decentramento…), alcune leve di indirizzo (creare il senso d'urgenza, indicare direzione, priorità e velocità del cambiamento…), chiarire aspettative ed impegni reciproci (gestione ottimale delle risorse, programmazione effettiva, processo di condivisione e confronto su obiettivi e budget…).
ALCUNE CONSIDERAZIONI FINALI
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Queste righe non sono l'analisi del processo ma alcune riflessioni generali suggerite dall'osservazione della discussione e del lavoro dei partecipanti. Il tema Ormai da alcuni anni le organizzazioni complesse della Pubblica Amministrazione come il Sistema Sanitario, sono fortemente sollecitate, “bombardate”, affinché cambino. La pressione che viene esercitata in nome del contenimento dei costi, dell'ottimizzazione delle risorse, della razionalizzazione dei servizi, spesso si accompagna ad un giudizio fortemente negativo e svalutante del funzionamento di tutta l'organizzazione e delle persone che ne fanno parte. Ne deriva che alla richiesta di cambiamento formulata per adempiere ai dettati del contesto esterno ("lo impone la Legge, lo richiede il Mercato") e quindi "si cambia perché lo vogliono loro" si associa "e lo vogliono perché hanno visto che non siamo bravi, che siamo inefficienti". Si sottolinea solo un cambiamento imposto dall'alto su soggetti incapaci, anziché far leva anche sulla richiesta interna di mutamento, magari avanzata solo da una minoranza più proattiva. Una partenza in salita, che non utilizza le potenzialità presenti e la possibilità di cominciare dalle capacità dimostrate e dai successi che i soggetti hanno prodotto. Quest'approccio fa correre il rischio che le reazioni individuali al cambiamento si attestino sulla negazione (che suscita passività e mancanza di sostegno) e sulla resistenza (che accentua il rifiuto, la rabbia) ostacolando così il passaggio da queste fasi pur fisiologiche, alla sperimentazione e al coinvolgimento che generano accettazione e partecipazione attiva. Solitamente questo schema, che addita solo l'inefficienza interna, propone modelli esterni per lo più importati dal mondo aziendale, di cui esalta la coerenza intrinseca e la razionalità. La centratura viene posta soprattutto sulle variabili hard (strutture ed organigrammi) non tenendo in debita considerazione la specificità del contesto della Sanità della P.A., con la sua necessità di fronteggiare un sistema di attese complesso e contraddittorio, con processi meno semplici della produzione di beni e prodotti, con il fatto che la realizzazione del servizio si attua assieme al cliente, e che standardizzabile solo fino a un certo punto. Spesso si sottovaluta che in questo quadro, il cambiamento deve essere gestito sì con un approccio razionale e strutturato ma che si appoggi su un tessuto connettivo forte costituito dalle variabili soft, dalle persone, dalla loro motivazione e con un approccio euristico, esplorativo, che rinunci all’idea della bacchetta magica, la soluzione perfetta che sistema tutti i problemi. "…ogni accrescimento è un processo ininterrotto di demolizione di vecchie strutture e di costruzione di nuove. Ma non già una costruzione senza un piano, altrimenti ne viene fuori un carcinoma. Questi sono sempre i miei paragoni: se ci sono troppi elementi conservatori, ne viene fuori un fossile; se ci sono troppo pochi elementi conservatori, se troppa informazione viene buttata fuori bordo, ne viene fuori un mostro, una formazione cancerosa. •
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Nessuna delle due cose è bella… ci deve essere un equilibrio fra i due elementi… " Konrad Lorenz “Vivere è imparare” TEA 1993 Il processo Il processo formativo presenta alcune analogie con l'orieentering. Sport che permette alle persone, mediante l'uso di strumenti vari (bussola, mappe topografiche…) di tracciare un percorso che collega due punti su una mappa e poi percorrerlo. Il seminario iniziale, residenziale, ha consentito di identificare il territorio da attraversare, definire le rotte principali, concordare il Nord e impratichirsi con la strumentazione base (ruoli, missione, competenze…). Sovente usata, più o meno bene, nella formazione. Con il lavoro nei gruppi è iniziato il viaggio nel territorio, via via definendo meglio la mappa, scoprendo nuovi possibili percorsi e abbandonandone altri, verificandone la rispondenza con la quotidianità ("sì però nella realtà è un bel po' diverso"), riconoscendo l'importanza di alcuni segnali e ridimensionandone altri. La mappa delle competenze diventava al tempo stesso materia da modificare e strumento che dava ordine, che orientava nel procedere, che indirizzava l'azione. Questo processo, per alcuni cosciente e per altri un po’ meno, ha anche permesso di rivedere stereotipi, chiavi di lettura e di interpretazione del quotidiano ormai mummificati dagli automatismi e dalla routine e di mettere i partecipanti di fronte alla propria volontà di partecipare attivamente o di essere condotti al traino durante il percorso. Così come nell'orienteering quando è usata come tecnica di formazione, il raffronto con l'azione quotidiana lavorativa, la trasferibilità, ha consentito ed obbligato a riflettere sul tema del cambiamento, il cui procedere è spesso pensato e rappresentato in modo superficiale e sbrigativo come un processo lineare, in cui esistono solo rapporti semplici di causaeffetto: " … cambiamento …visto come se dovesse avvicinarsi a un tracciato stradale, meglio se autostradale: veloce, diretto, essenzialmente prevedibile. Con grande fatica sembra potersi sviluppare l'idea di un percorso contorto e accidentato, fatto non attraverso le linee più brevi, ma attraverso quelle possibili" A. Orsenigo “Cambiamenti organizzativi” in La progettazione sociale Quaderni di Animazione Sociale edizioni Gruppo Abele 1999 •
Questo induce a rinunciare a modelli generici prescrittivi e a ricercare logiche più specifiche che, pur situate in una coerente strategia definita dall'alto, lasciano la possibilità di agire a livello locale, autoattivando le risorse lì e subito. La parziale imprevedibilità degli effetti del cambiamento che è frutto di sinergie, di concomitanze e concatenazioni di cause differenziate, dell'interazione fra sottosistemi diversi, obbliga a non adagiarsi, a riflettere costantemente sulla responsabilità individuale di stabilire intenzioni praticabili ed agire con attenzioni perseveranti. adalberto geradini www.prendersicura.blogspot.com
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"…i cambiamenti nascono e crescono come erbacce nel giardino e non come pomodori nella serra…possono attecchire in parti diverse e imprevedibili nell'organizzazione, non necessariamente dove ci pare ovvio o dove seminiamo…piccoli cambiamenti locali diventano organizzativi quando pervadono l'organizzazione…" H. Mintzberg “Mintzberg on management”. The Free press 1989 fonte A. Orsenigo op. cit. Le persone Nei singoli il cambiamento, soprattutto se di ampia portata, suscita reazioni e resistenze che amplificano l’aspettativa di un sicuro impatto negativo in coloro che ne subiranno le dirette conseguenze ma anche la tendenza in quelli che non ne saranno i diretti destinatari, a ritenere comunque di doverne patire i costi. Queste tendenze interferiscono pesantemente con le dimensioni dei contratti personali e che riguardano l'aspetto formale, quello psicologico e quello sociale. La dimensione formale è legata alle richieste di prestazione così come sono definite nei documenti ufficiali tipo mansionario e contratti collettivi. Le persone valutano l'impatto del cambiamento su alcune dimensioni che definiscono il loro posizionamento nell'organizzazione: "Cosa ci si aspetta da me? Chi mi aiuterà? Come sarò valutato? Come sarà collegata la mia retribuzione rispetto alla valutazione?" L'atteggiamento individuale verso il cambiamento dipenderà anche da come verranno percepite le risposte a queste domande. La dimensione psicologica riguarda quegli aspetti impliciti tipo le aspettative e le emozioni che influenzano sentimenti come la fiducia e la lealtà e che orientano l'impegno personale di ciascuno verso gli obiettivi. Le persone valutano il cambiamento per quanto inciderà sull'impegno che viene richiesto loro, per quale soddisfazione ne trarranno e se ne vale la pena. La risposta queste domande implicite è funzione del rapporto di fiducia con il proprio " capo", a tutti i livelli. La dimensione sociale è la rappresentazione della cultura dell'azienda e della sua missione. Il cambiamento viene valutato in funzione di quanto altera o modifica la mission aziendale e di quanto i propri valori individuali coincideranno con quelli dell'organizzazione. Inoltre viene giudicato in base alla distanza fra ciò che viene dichiarato e ciò che viene agito, misurando la “credibilità” di chi si propone come sponsor e agente del cambiamento. Questi aspetti definiscono quello che viene chiamato il cambiamento culturale, legato al mutamento di norme e valori. Ma la cultura non è un aspetto che sia facilmente e rapidamente mutabile per cui tanti appelli e sforzi per mutare innanzi tutto i paradigmi mentali e i valori cadono nel vuoto "…perché la cultura è inafferrabile. Cambia soltanto dopo che si è riusciti a modificare i comportamenti personali, dopo che i nuovi •
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comportamenti cominciano a produrre qualche beneficio di gruppo per un certo periodo, dopo che è divenuta evidente per tutti la connessione fra le nuove azioni e il miglioramento delle prestazioni…" JP Kotter “Guidare il cambiamento” Etaslibri 1998 Inoltre un processo generatore di trasformazione ha altre fasi intermedie che, a partire dalla creazione della consapevolezza del cambiamento, passano per altri stadi che toccano le persone in modo più tangibile, tipo la responsabilizzazione personale, la produzione a breve e il consolidamento di un qualche successo concreto e visibile. Le nuove pratiche sono sempre soggette a regredire e il cambiamento culturale , dipendendo sempre e comunque dai risultati che produce, richiede uno sforzo di informazione e comprensione diffusa di ciò che sta accadendo giorno per giorno, affinché si sviluppi una leadership del cambiamento che non sia centralizzata solo nei vertici ma sia estesa a parecchi livelli gerarchici e organizzativi. "… niuna impresa, per minima che sia, può avere cominciamento e fine senza queste tre cose: senza sapere senza potere senza con amore volere…" anonimo fiorentino del 1300 …”
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