L'ACQUA CENNI STORICI Il primo chimico che ottenne la sintesi dell’acqua fu Henry Cavendish, che provocò l'esplosione di una miscela di idrogeno e aria. Il significato e l'importanza dell'esperimento, tuttavia, vennero compresi del tutto solo successivamente, grazie alle ricerche del chimico francese Antoine-Laurent Lavoisier, il quale suggerì che l'acqua fosse un composto contenente idrogeno e ossigeno. Nel 1804 il chimico francese Joseph-Louis Gay-Lussac e il naturalista tedesco Alexander von Humboldt dimostrarono che essa è costituita da idrogeno e ossigeno nella proporzione di due volumi a uno, stabilendo quindi la formula H2O e con essa la vera natura del composto. La maggior parte dell'idrogeno contenuto nell'acqua che si trova in natura ha peso atomico 1; tuttavia nel 1932 il chimico statunitense Harold Clayton Urey scoprì che nell'acqua è presente, nella concentrazione di una parte su 6000, ossido di deuterio, un composto di formula D2O, comunemente detto acqua pesante. Tracce di trizio, l'isotopo dell'idrogeno di peso atomico 3, furono rilevate nel 1951 dal chimico statunitense Aristid Grosse.
L'ACQUA E LA VITA L'acqua costituisce una frazione compresa tra il 50 e il 90 % del peso corporeo degli organismi viventi, potendo raggiungere in alcuni invertebrati marini addirittura il 95 % del peso totale. Il protoplasma cellulare è una soluzione colloidale macromolecolare in cui l'acqua rappresenta l'elemento disperdente; grassi, carboidrati, proteine, sali e altre sostanze chimiche vengono disciolte e trasportate in soluzione acquosa, e ciò permette le numerose reazioni chimiche indispensabili per i cicli fisiologici. Il sangue degli organismi animali e la linfa delle piante sono costituiti prevalentemente da acqua, che ha la funzione di trasportare le sostanze nutritive e di rimuovere i prodotti di rifiuto. L'acqua svolge inoltre un ruolo fondamentale nel metabolismo delle cellule, prendendo parte a diverse reazioni di idrolisi. L'acqua ha sul nostro pianeta un ciclo costante, che ha inizio con l'evaporazione dai 1
suoli e dalla vegetazione, dalla superficie degli oceani, dei laghi e in generale di tutti i corpi idrici presenti sulla terraferma. L'umidità atmosferica prodotta dall'evaporazione condensa in nubi, che successivamente restituiscono l'acqua alla superficie terrestre sotto forma di precipitazioni: pioggia, neve e grandine. Le precipitazioni ripristinano continuamente l'umidità del suolo e rialimentano le falde acquifere sotterranee, ma soprattutto, attraverso il deflusso superficiale di ruscelli, torrenti e fiumi, restituiscono l'acqua al mare, chiudendo così il ciclo. La disciplina che studia la distribuzione dell'acqua sulla superficie terrestre in tutte le fasi del ciclo è l’idrologia.
STATI DI AGGREGAZIONE
L'illustrazione mostra in forma estremamente semplificata il diagramma di stato dell'acqua in funzione della pressione e della temperatura. In corrispondenza del punto triplo, vale a dire alla temperatura di 0,01 °C e alla pressione di 610,6 Pa, le tre fasi solida, liquida e gassosa coesistono. L'acqua è l'unica sostanza che si trova in natura nei tre stati di aggregazione: solido, liquido e gassoso. Allo stato solido è presente sotto forma di ghiaccio, nella neve, nella grandine, nella brina e nelle nubi; allo stato liquido si trova sotto forma di pioggia e rugiada, ma soprattutto ricopre i tre quarti della superficie terrestre costituendo oceani, mari, laghi e fiumi; allo stato gassoso, infine, è presente come nebbia e vapore ed è il principale costituente delle nuvole. La quantità di vapore presente nell'atmosfera viene espressa per mezzo del tasso di umidità relativa, calcolato come 2
il rapporto tra la quantità di vapore acqueo presente a una determinata temperatura e il valore massimo possibile nelle stesse condizioni termiche. Per effetto della gravità, l'acqua filtra attraverso il terreno e le rocce nel sottosuolo, dove va a costituire la falda che alimenta i pozzi e le sorgenti dei corsi d'acqua.
APPROVIGIONAMENTO E DISTRIBUZIONE DI ACQUA
Approvvigionamento e distribuzione di acqua Insieme delle tecniche e dei sistemi di trasporto e distribuzione dell'acqua destinata a uso domestico, industriale e irriguo. Il consumo d'acqua a persona in Italia varia in media tra gli 80 litri al giorno dei piccoli centri abitati e i 600 litri al giorno dei nuclei urbani maggiori, ma varia sensibilmente anche nel corso della giornata e nei diversi periodi dell'anno. Per ottenere acqua igienicamente sicura per l'uso quotidiano dei vari utenti sono necessari grossi impianti di trattamento.
PROVENIENZA DELL'ACQUA L'acqua potabile si ottiene in massima parte dalla pioggia. Sono rarissimi i casi in cui l’acqua piovana viene utilizzata in modo diretto; fanno eccezione alcune piccole isole, dove la pioggia costisce l'unica fonte d'acqua potabile. L'acqua piovana in parte scivola sul suolo, in parte penetra nel terreno, attraversando gli strati porosi fino a raggiungere uno strato impermeabile, dove si raccoglie formando le falde acquifere (acqua freatica o artesiana), da cui derivano pozzi e sorgenti, che danno origine a laghi 3
e corsi d'acqua. L'acqua freatica scioglie le sostanze minerali solubili con cui viene a contatto nel percorso sotterraneo, arricchendosi di sali di varia natura ma anche di sostanze inquinanti, nel caso venga a contatto con fognature o scarichi industriali. Le acque vengono catturate con un sistema di dighe e affluiscono per gravità oppure vengono pompate all'impianto di distribuzione locale. La qualità dell'acqua proveniente da queste fonti varia molto a seconda della profondità e delle caratteristiche idrogeologiche della zona. Le acque di superficie in genere sono più torbide e contengono più batteri di quelle sotterranee, le quali, invece, contengono sostanze chimiche disciolte in concentrazioni talvolta elevate. Vista l’importanza che l’acqua riveste sia in ambito domestico che industriale, prima di procedere alla captazione delle acque è indispensabile condurre approfondite ricerche idrogeologiche che permettano di progettare opere di presa e di purificazione adeguate alla condizione specifica. Le aziende idriche sono soggette al rispetto dei requisiti previsti per le acque potabili, che nel caso dell'Italia coincidono con quelli della normativa comunitaria. In tutti gli stati più progrediti sono in vigore normative severe che stabiliscono i valori massimi di composti chimici e batteri ammessi per considerare potabile l'acqua trattata.
TRATTAMENTO I sapori e gli odori sgradevoli vengono eliminati dall'acqua mediante aerazione. I batteri vengono distrutti tramite aggiunta di piccole parti per milione di cloro, e il caratteristico gusto di questo elemento viene a sua volta eliminato mediante l’aggiunta di solfito di sodio. La durezza eccessiva, che rende l'acqua inutilizzabile per molti usi industriali, viene ridotta con calce penta o idrata, oppure mediante un processo di scambio ionico con l'impiego di zeolite come sostanza addolcente. Le sostanze organiche e minerali in sospensione vengono eliminate con il dosaggio di un agente flocculante e precipitante, ad esempio il solfato di alluminio, prima della sedimentazione e della filtrazione. Per garantire un corretto livello igienico l'acqua potabile viene talvolta sottoposta a fluorurazione .
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TRATTAMENTI DELLE ACQUE Insieme dei processi a cui viene sottoposta l’acqua prelevata in natura per essere resa adatta all’uso domestico e industriale. Tali processi permettono di conformare le proprietà chimiche e fisiche dell’acqua a determinati parametri igienico-sanitari e tecnologico-impiantistici stabiliti dalle legislazioni locali. A seconda della fonte a cui viene attinta, l’acqua può avere caratteristiche diverse. Quella prelevata da invasi superficiali (laghi, fiumi, torrenti) risente in misura considerevole dell’inquinamento di natura antropica: può quindi contenere corpuscoli in sospensione, colloidi (responsabili dell’eventuale torbidità), una componente organica rappresentata da batteri, virus, alghe e funghi, e sostanze inquinanti dovute perlopiù all’uso di pesticidi ed erbicidi chimici. L’acqua prelevata da pozzo, invece, è in media meno inquinata; giova infatti della naturale azione filtrante che subisce attraversando gli strati permeabili del suolo nel suo cammino dalla superficie alla falda; d’altra parte, presenta più facilmente concentrazioni elevate di sali disciolti, passati in soluzione durante la fase di percolazione e infiltrazione attraverso le rocce.
TIPI DI TRATTAMENTI In Italia, la maggior parte dell’acqua destinata a uso potabile o industriale viene prelevata da pozzo. A seconda degli usi a cui è destinata, viene sottoposta a una serie di trattamenti volti alla rimozione dei corpuscoli in sospensione, alla disinfezione, all’eliminazione di sostanze inquinanti e all’inibizione del suo potere corrosivo e incrostante. Tali trattamenti possono essere di natura diversa; si distinguono quindi 5
trattamenti di tipo fisico, di tipo chimico e di tipo chimico-fisico. In genere, un impianto di trattamento acque è composto di una sequenza di macchinari diversi, ciascuno deputato a uno specifico trattamento; lo schema più comune prevede che dapprima l’acqua venga sottoposta a disinfezione, quindi a filtrazione, ad eventuale dissalazione e infine a trattamenti anticorrosivi e antincrostanti.
DISINFEZIONE Particolarmente importanti per le acque destinate a uso potabile sono i trattamenti di disinfezione, finalizzati all’eliminazione di batteri, virus, alghe, muffe, funghi e protozoi patogeni. Esistono sostanzialmente due metodi di disinfezione: il primo, quello tradizionale, consiste nell’aggiunta di un prodotto chimico ad azione germicida; l’altro, più recente, nel trattamento dell’acqua con radiazione ultravioletta. Nel trattamento di disinfezione chimica, i prodotti più utilizzati sono il cloro (sotto forma di ipoclorito, cloro gassoso o biossido di cloro) e l’ozono. Il primo viene generalmente utilizzato come disinfettante ad azione prolungata, che garantisce la copertura da possibili infezioni dell’acqua in tutta la rete di distribuzione; il secondo – l’ozono – vanta un potere disinfettante superiore a quello del cloro, ma ha lo svantaggio di decadere rapidamente e di dover comunque essere rimosso per legge, prima della distribuzione; per questo, l’ozono deve essere prodotto in loco, sul sito di disinfezione, e non è in grado di garantire un’azione duratura. Il sistema più promettenmte di disinfezione è in ogni caso quello dell’irraggiamento con luce ultravioletta. Questa, a lunghezze d’onda comprese tra 253 e 254 nm, ha il potere di uccidere i batteri danneggiandone il DNA. Regolando il tempo di esposizione, si eliminano anche i batteri più resistenti. Il trattamento va eseguito a valle di un trattamento di filtrazione, che renda l’acqua limpida, adatta a essere irraggiata efficientemente da una lampada UV.
SEDIMENTAZIONE E FILTRAZIONE Dopo la disinfezione, si procede alla rimozione dei corpuscoli presenti in sospensione nell’acqua, siano essi di natura organica o inorganica. La tecnica di sedimentazione prevede che l’acqua venga stipata in una vasca e trattata con una sostanza detta flocculante, capace di aggregare i corpuscoli in fiocchi (flocculi) di dimensioni sufficienti a sedimentare sul fondo. Nel caso in cui i fiocchi non siano sufficientemente pesanti da cadere per effetto della gravità, l’acqua flocculata viene successivamente sottoposta a filtrazione meccanica. Esistono diversi sistemi di filtrazione, il più comune dei quali prevede il passaggio attraverso letti di sabbia (quarzite) di granulometrie selezionate, per rimuovere particelle di calibro diverso. 6
L’acqua può essere fatta percolare attraverso i filtri per gravità, oppure essere forzata all’interno dei filtri in pressione. Per eliminare il cloro in eccesso e taluni inquinanti di natura organica si usano filtri a carbone attivo, che depurano l’acqua attraverso il processo dell’adsorbimento. La filtrazione viene applicata anche per ridurre la concentrazione di ferro e manganese. Questi elementi non arrecano danno alla salute, ma conferiscono all’acqua un aspetto e un odore sgradevoli. Per poter essere rimossi vengono dapprima ossidati, in modo da essere inglobati in composti chimici insolubili (per il ferro, idrato ferrico, Fe(OH)3), poi vengono filtrati. Gli agenti ossidanti più utilizzati sono permanganato di potassio, ipocloriti, ozono e biossido di cloro, che hanno il vantaggio di fungere parallelamente anche da disinfettanti.
DISSALAZIONE Nel caso di acqua salmastra o acqua di mare, al trattamento di filtrazione si fa seguire quello di dissalazione. La tecnica di dissalazione più diffusa sfrutta il principio dell’osmosi inversa. Per osmosi inversa si intende un processo contrario a quello spontaneo che si verifica tra due soluzioni acquose di concentrazione diversa, separate da una membrana semipermeabile. L’osmosi fa fluire l’acqua della soluzione meno concentrata verso quella più concentrata, fino al raggiungimento dell’equilibrio. L’osmosi inversa consiste invece nell’applicazione di una pressione alla soluzione concentrata, per forzare il passaggio dell’acqua verso la soluzione meno concentrata. Per l’acqua di mare, sono necessarie pressioni dell’ordine dei 50-60 bar.
TRATTAMENTI ANTI-INCROSTANTI E ANTICORROSIVI La sequenza di trattamenti si conclude in genere con gli interventi volti a ridurre il potere corrosivo e quello incrostante dell’acqua. Entrambi dipendono perlopiù dal contenuto in sali di durezza (calcio e magnesio); in particolare, il potere incrostante è alto per alte concentrazioni di sali; quello corrosivo, al contrario, per basse concentrazioni. La concentrazione di calcio e magnesio va quindi regolata in modo da equilibrare i due effetti.
ADDOLCIMENTO Un tempo la tecnica utilizzata per la riduzione dei sali di durezza (addolcimento) era di tipo chimico; oggi è stata superata dall’impiego di resine a scambio ionico. Si tratta di materiali capaci di operare la sostituzione di determinati ioni presenti in soluzione 7
nell’acqua con altri ioni precedentemente fissati alle resine. Il carico salino rimane complessivamente inalterato, ma cambiano le specie chimiche: gli ioni ceduti dalle resine sono più solubili, e quindi meno incrostanti. In pratica, l’acqua viene fatta passare su un letto di resine in forma di sferette del diametro di circa 1 mm ciascuna; periodicamente, le resine vanno rigenerate, mediante il trattamento con una soluzione che restituisce gli ioni persi nello scambio. L’addolcimento e la dissalazione dell’acqua possono essere effettuate anche mediante tecniche di osmosi inversa.
DEGASAZIONE Il potere corrosivo dell’acqua può dipendere anche dalla presenza di sostanze gassose, quali ossigeno, anidride carbonica e acido solfidrico. L’acqua viene fatta cadere dall’alto all’interno di apposite torri di degasazione, e insufflata di aria dal basso, in modo che i gas in essa contenuti vengano “strippati”.
CONDIZIONAMENTO CHIMICO Al termine della sequenza di trattamenti, si usa aggiungere all’acqua sostanze ad azione antincrostante e anticorrosiva, per proteggere le tubazioni. Tali sostanze, naturalmente, non devono in alcun modo alterare la potabilità dell’acqua. In genere si aggiungono prodotti a base di polifosfati o fosfo-silicati, che impediscono la precipitazione dei sali di durezza e quindi le incrostazioni; contemporaneamente, questi stessi prodotti creano una pellicola sottile sulle pareti interne delle tubazioni, impedendo il contatto dell’acqua con il metallo e quindi prevenendo la corrosione.
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Bacino idrografico Il bacino di drenaggio, o bacino idrografico, è un'area entro la quale si distribuisce l'acqua delle precipitazioni destinata a confluire in un unico fiume. La parte di acqua che non viene restituita direttamente all'atmosfera per mezzo dell'evaporazione o della traspirazione delle piante trova la sua strada verso il corso d'acqua principale formando ruscelli e canali o infiltrandosi nel sottosuolo dove scorre a livello della falda freatica.
INQUINAMENTO DELLE ACQUE L'inquinamento chimico dei corsi d'acqua è uno dei problemi ambientali più critici. Le sostanze inquinanti possono avere origine puntuale o non puntuale, a seconda che provengano da sorgenti ben identificabili quali fabbriche, raffinerie e tubi di scarico, o diffuse e non localizzabili, quali deflussi superficiali di derivazione agricola o rigurgiti di liquami dalle fognature. Si stima che l'inquinamento delle acque mieta ogni anno circa 10 milioni di vittime in tutto il mondo. Inquinamento delle acque Contaminazione dell'acqua causata dall'immissione di sostanze quali prodotti chimici e scarichi industriali e urbani, che ne alterano la qualità compromettendone gli abituali usi. Inquinamento delle acque L'inquinamento chimico dei corsi d'acqua è uno dei problemi ambientali più critici. Le sostanze inquinanti possono avere origine puntuale o non puntuale, a seconda che provengano da sorgenti ben identificabili quali fabbriche, raffinerie e tubi di scarico, o diffuse e non localizzabili, quali deflussi superficiali di derivazione agricola o rigurgiti di liquami dalle fognature. Si stima che l'inquinamento 9
delle acque mieta ogni anno circa 10 milioni di vittime in tutto il mondo.
PRINCIPALI INQUINANTI Alcuni dei principali inquinanti idrici sono: le acque di scarico contenenti materiali organici che per decomporsi assorbono grandi quantità di ossigeno; parassiti e batteri; i fertilizzanti e tutte le sostanze che favoriscono una crescita eccessiva di alghe e piante acquatiche; i pesticidi e svariate sostanze chimiche organiche (residui industriali, tensioattivi contenuti nei detersivi, sottoprodotti della decomposizione dei composti organici); il petrolio e i suoi derivati; metalli, sali minerali e composti chimici inorganici; sabbie e detriti dilavati dai terreni agricoli, dai suoli spogli di vegetazione, da cave, sedi stradali e cantieri; sostanze o scorie radioattive provenienti dalle miniere di uranio e torio e dagli impianti di trasformazione di questi metalli, dalle centrali nucleari, dalle industrie e dai laboratori medici e di ricerca che fanno uso di materiali radioattivi.Anche il calore liberato nei fiumi dagli impianti industriali e dalle centrali elettriche attraverso le acque di raffreddamento può essere considerato un inquinante, in quanto provoca alterazioni della temperatura che possono compromettere l’equilibrio ecologico degli ecosistemi acquatici e causare la morte degli organismi meno resistenti, accrescere la sensibilità di tutti gli organismi alle sostanze tossiche, ridurre la capacità di autodepurazione delle acque, aumentare la solubilità delle sostanze tossiche e favorire lo sviluppo di parassiti.
EFFETTI DELL'INQUINAMENTO IDRICO Le sostanze contaminanti contenute nell'acqua inquinata possono provocare innumerevoli danni alla salute dell'uomo e all'equilibrio degli ecosistemi. La presenza di nitrati (sali dell'acido nitrico) nell'acqua potabile, ad esempio, provoca una particolare condizione patologica nei bambini che in alcuni casi può condurre alla morte. Il cadmio presente in certi fanghi usati come fertilizzanti può essere assorbito dalle colture e giungere all'uomo attraverso le reti alimentari; se assunto in dosi elevate, può provocare forti diarree e danneggiare fegato e reni. Tra gli inquinanti più nocivi per l'uomo vi sono alcuni metalli pesanti, come il mercurio, l'arsenico, il piombo e il cromo. Gli ecosistemi lacustri sono particolarmente sensibili all'inquinamento. L'eccessivo apporto di fertilizzanti dilavati dai terreni agricoli può avviare un processo di eutrofizzazione, cioè di crescita smodata della flora acquatica. La grande quantità di alghe e di piante acquatiche che si viene a formare deturpa il paesaggio, ma soprattutto, quando si decompone, consuma l'ossigeno disciolto nell'acqua, rende asfittici gli strati più profondi del lago e produce odori sgradevoli. Sul fondo del 10
bacino si accumulano sedimenti di varia natura e nelle acque avvengono reazioni chimiche che mutano l'equilibrio e la composizione dell'ecosistema (quando le acque sono molto calcaree si ha, ad esempio, la precipitazione di carbonato di calcio). Un'altra fonte di inquinamento idrico è costituita dalle cosiddette piogge acide, che hanno già provocato la scomparsa di ogni forma di vita da molti laghi dell'Europa settentrionale e orientale e del Nord America.
FONTI DI INQUINAMENTO: PROBLEMI E SOLUZIONI Gli inquinanti delle acque provengono soprattutto dagli scarichi urbani e industriali, dai processi di percolazione, dai terreni agricoli e dalle aziende zootecniche. Le acque di scarico urbane e industriali rappresentano una delle fonti principali di inquinamento idrico. Finora l'obiettivo primario dei programmi di smaltimento degli scarichi urbani è stato quello di ridurre la concentrazione delle sostanze solide in sospensione, dei materiali organici, dei composti inorganici disciolti (soprattutto quelli contenenti fosforo e azoto) e dei batteri nocivi presenti nei liquami immessi negli impianti di depurazione, per potere, poi, scaricare le acque depurate nell'ambiente. Da qualche tempo, tuttavia, una maggiore attenzione viene rivolta anche al delicato problema del trattamento e dello smaltimento dei fanghi che si producono nei processi di depurazione. Nei moderni depuratori i liquami passano attraverso tre fasi distinte di trattamento. La prima, detta trattamento primario, comprende una serie di processi fisici o meccanici di rimozione dei detriti più grossolani, di sedimentazione delle particelle in sospensione e di separazione delle sostanze oleose. Nella seconda fase, detta trattamento secondario, si ossida la materia organica dispersa nei liquami per mezzo di fanghi attivi o filtri biologici. La terza fase, il trattamento terziario, ha lo scopo di rimuovere i fertilizzanti per mezzo di processi chimico-fisici, come l'adsorbimento su carbone attivo. In ogni fase vengono prodotte notevoli quantità di fanghi, il cui trattamento e smaltimento assorbe il 25-50% dei costi di impianto e di esercizio di un comune depuratore. Gli scarichi industriali contengono una grande varietà di inquinanti e la loro composizione varia a seconda del tipo di processo produttivo. Il loro impatto sull'ambiente è complesso: spesso le sostanze tossiche contenute in questi scarichi rinforzano reciprocamente i propri effetti dannosi e quindi il danno complessivo risulta maggiore della somma dei singoli effetti. La concentrazione di inquinanti può essere ridotta limitandone la produzione all'origine, sottoponendo il materiale a trattamento preventivo prima di scaricarlo nella rete fognaria o depurando completamente gli scarichi presso lo stesso impianto industriale, recuperando, eventualmente, le sostanze che possono essere reintrodotte nei processi produttivi. I fertilizzanti chimici usati in agricoltura e i liquami prodotti dagli allevamenti sono ricchi di sostanze organiche (contenenti soprattutto azoto e 11
fosforo) che, dilavate dalla pioggia, vanno a riversarsi nelle falde acquifere o nei corpi idrici superficiali. A queste sostanze si aggiungono spesso detriti più o meno grossolani che si depositano sul fondo dei bacini. Pur contenendo spesso organismi patogeni, i liquami di origine animale vengono scaricati a volte direttamente sul terreno e da qui sono trasportati dall'acqua piovana nei fiumi, nei laghi e nelle falde sotterranee. In questo caso, per limitare l'impatto degli inquinanti si possono adottare semplici soluzioni, come l'uso di bacini di decantazione o di vasche per la depurazione dei liquami.
INQUINAMENTO MARINO L'inquinamento del mare è dovuto alle immissioni accidentali o intenzionali di petrolio e oli combustibili, all'apporto di sostanze inquinanti trasportate dai corsi d'acqua e agli scarichi degli insediamenti costieri. Questi ultimi, in particolare, contengono ogni sorta di contaminanti (metalli pesanti, sostanze chimiche tossiche, materiale radioattivo, agenti patogeni) e spesso sono all'origine di epidemie di tifo, colera, salmonellosi e altre malattie infettive. Gli inquinanti vengono trasportati dalle correnti marine lungo le coste e in alto mare, a media e lunga distanza. Ovviamente, la contaminazione dei mari varca le frontiere delle acque territoriali dei singoli stati ed è oggetto di trattati internazionali che mirano a limitarne l'entità.
IQUINAMENTO DA IDROCARBURI Perdite di petrolio in mare Le perdite di petrolio in mare costituiscono un notevole problema per l'ambiente, contro il quale poco o nulla si può fare a posteriori. Essendo immiscibile con l'acqua, il petrolio si sparge in superficie coprendo aree notevoli fino a raggiungere le coste. Evitando gli interventi chimici che possono danneggiare ulteriormente gli ecosistemi marini e costieri, si cerca di rimediare localmente con apposite reti.
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Il petrolio e gli oli combustibili riversati in mare formano sulla superficie dell'acqua pellicole oleose che, impedendo l'assorbimento dell'ossigeno atmosferico, provocano morie di organismi marini. Nel petrolio, inoltre, sono presenti anche idrocarburi aromatici che possono costituire un grave pericolo per la salute dell'uomo, al quale giungono attraverso la catena alimentare marina. La fonte dell'inquinamento, in questo caso, è data dai riversamenti di grandi quantità di greggio dalle petroliere coinvolte in incidenti, dal deliberato rilascio di piccole quantità di derivati del petrolio da navi di vario tipo e dalle perdite di petrolio che si verificano nel corso delle operazioni di trivellazione presso le piattaforme petrolifere marine. Si calcola che per ogni milione di tonnellate di petrolio trasportate via mare, una tonnellata vada dispersa a causa di riversamenti di varia natura. Il pericolo maggiore è rappresentato dagli incidenti che non di rado interessano le superpetroliere. Nel 1978 la petroliera Amoco Cadiz riversò in mare, al largo delle coste francesi, 1,6 milioni di barili di greggio; nel 1979 dal pozzo petrolifero Ixtoc I, nel golfo del Messico, fuoriuscirono 3,3 milioni di barili. I 240.000 barili di greggio riversati dalla Exxon Valdez nella baia di Prince William, nel marzo del 1989, si estesero in tutta l'insenatura formando una macchia oleosa di ben 6770 km2 che compromise l'esistenza di molte specie marine e danneggiò gravemente non solo gli ecosistemi locali, ma anche l'attività di pesca nella zona. Viceversa, i 680.000 barili di greggio riversati dalla Braer lungo le coste delle isole Shetland nel gennaio del 1993 furono subito dispersi dal moto ondoso, poiché al momento dell'incidente il mare era in burrasca. I milioni di barili di petrolio riversati nel golfo Persico nel corso della guerra tra Iran e Iraq, nel 1983, e della guerra del Golfo, nel 13
1991, hanno causato gravi danni all'intero bacino e compromesso l'esistenza di interi ecosistemi marini.
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