Il lavoro non sarebbe stato possibile senza il contributo, la collaborazione e le idee di: P. Anfossi, M. Battistrada, C. Benvenuto, A. Bignone, S. Bruzzone, A. Casalino, V. Cenzuales, F.De Paoli, E. Giudice, M.Palomba, S. Lantieri, S. Lenzi, M. Masetti, M. G. Monticelli, C. Pistarino, F. Rahne, V. Robert, E. Robert, P. Scotto, C. Serra, C. Severini, R. Solari, F. Tinella, A. Topazio, F. Valerio, E. Vecchi. Si ringrazia inoltre A. Bruno, F. Barchi, G. Busca G. Fassio, A. Gatto, A. Natale, M. Nolaschi, F. Pampolini, A. Sasso, S. Sinagra, I. Valenti, P. Villa. Un ringraziamento particolare Carlo Raggi per il particolare incoraggiamento Si ringraziano inoltre tutte le le Amministrazioni Pubbliche e le aziende operanti nel campo dei trasporti per il materiale fornito.
Ove non indicato, le fotografie sono state fornite dagli autori di questo documento; restiamo comunque a disposizione per eventuali dimenticanze o errori. Questo documento • stato realizzato grazie alla collaborazione delle Associazioni Italia Nostra (piazza Fontane Marose n¡ 6 Tel. 010 542763) Pro Natura (via Brigata Liguria n¡ 9 Tel. 010 591983) WWF Liguria (vico Casana n¡ 9 Tel. 010 267312)
Presentazione Le associazioni ambientaliste hanno sempre posto particolare attenzione ai numerosi e specifici interventi riguardanti le infrastrutture di comunicazione, le aree per la sosta, le attrezzature per i trasporti, soprattutto quando tali interventi concernevano ambiti di notevole valore paesistico-ambientale storico ed architettonico, specie se vincolati ai sensi di legge. Lo dimostrano le battaglie condotte a Genova contro la bretella autostradale Voltri - Rivarolo, il sottopasso di Caricamento, i numerosi parcheggi proposti dal P.U.P. della ÒLegge TognoliÓ, le strade a Sant'Ilario, ecc. Nella seconda metˆ degli anni ottanta, mentre cresceva nel paese una coscienza ambientalista, venivano emanati nel campo della tutela dell'ambiente e del paesaggio provvedimenti pi• organici ed aggiornati (Legge n¡431/1985 detta ÒLegge GalassoÓ, ed i successivi DD.MM., Legge 349/1986, il P.T.C.P. approvato dalla Regione Liguria nel 1990 ed altri). Ci˜ avveniva quasi in concomitanza all'insorgere, sul fronte della mobilitˆ, di maggiori problematiche e forti criticitˆ, che si cercava di risolvere coll'approntamento di leggi e regolamenti tesi a meglio disciplinare i vari aspetti di tale materia (D.P.R. n¡ 203/1988, legge n¡ 122/1989, ovvero la giˆ citata ÒLegge TognoliÓ, D.lgs. n¡ 285/1992, ecc.). Conseguentemente si intensificavano le prese di posizione di associazioni ecologiste, culturali e di comitati di cittadini, improntate alla necessitˆ di considerare in termini pi• complessivi e coordinati le diverse componenti del "sistema mobilitˆ", quasi come un piano da costruire con il consenso di tutti gli interessati per un effettivo miglioramento della qualitˆ della vita. Ci˜ comportava per le nostre associazioni l'esigenza di valutare e correlare pi• strettamente gli atti della pianificazione urbanistica, di quella paesistico - ambientale, della tutela dell'ambiente, con le politiche ed i provvedimenti assunti nella materia dei trasporti, delle infrastrutture, dei parcheggi e cos“ via. D'altra parte bisognava tener conto anche dei mutamenti cui andava incontro l'economia e la vita della comunitˆ genovese, che veniva trasformandosi da societˆ fondata e sostenuta in gran parte da attivitˆ industriali e portuali ad un'altra basata sullo sviluppo di pi• aggiornate forme di terziario, delle cosiddette tecnologie avanzate, dei servizi alle persone e di un turismo finalmente recuperato ad un ruolo pi• qualificato e produttivamente incisivo. Le azioni portate di conseguenza avanti dalle associazioni si sono fondate sulla constatazione che il cittadino genovese, nei suoi spostamenti quotidiani, settimanali ecc., risultava meno abitudinario di prima e che assieme ad esso bisognava considerare anche il turista o il forestiero con le sue specifiche esigenze, per cui ne scaturiva una domanda di mobilitˆ pi• articolata ed efficiente, nonchŽ meglio diffusa nel tempo. Di conseguenza in questi ultimi anni le associazioni hanno avviato studi e ricerche, hanno mantenuto rapporti con esperti, enti ed organizzazioni, anche operanti
all'estero, hanno intensificato le iniziative contro interventi ritenuti deleteri per un sistema di mobilitˆ sostenibile ed integrato, al servizio della collettivitˆ e non del singolo automobilista. Tutto ci˜ ha permesso di accumulare un notevole bagaglio di idee, esperienze e pubblicazioni che, razionalizzato e composto come un'ipotesi di "piano generale della mobilitˆ", o quantomeno di pre-piano, viene ora presentato sotto forma di documento in cui sono indicati obiettivi, si danno suggerimenti, vengono proposte soluzioni ai numerosi problemi che affliggono la mobilitˆ nell'ambito urbano genovese. Per risolvere tali problemi, la nostra proposta indica un percorso che, fermo restando la necessitˆ di ridurre la domanda di mobilitˆ soprattutto verso il centro (o i vari centri) della cittˆ, provvedendo a dotare le aree pi• esterne e i quartieri periferici dei servizi e delle attrezzature indispensabili perchŽ diventino realmente autosufficienti, individua in una mobilitˆ che abbia un impatto inferiore sull'ambiente un obiettivo essenziale da raggiungere. I collegamenti necessari nelle diverse direzioni e per ogni tipo di spostamento dovranno essere garantiti in massima parte tramite il trasporto pubblico, mentre quello veicolare privato dovrˆ essere ridotto, ponendo diverse forme di limitazioni alla circolazione ed alla sosta. Un punto fondamentale del documento consiste nella necessitˆ di potenziare, ripristinare o introdurre ex-novo mezzi di trasporto meno inquinanti, quali il filobus, il tram, gli impianti speciali come ascensori e funicolari, che si ritiene assurdo non utilizzare in una cittˆ con le caratteristiche morfologiche e territoriali quali ha Genova. Tutti questi mezzi si integrano molto facilmente con un sistema di pedonalizzazione, individuato fra le prioritˆ da perseguire in ogni parte della cittˆ, cos“ da costruire un'effettiva rete di collegamento. Queste pagine sono il frutto dell'impegno di molti mesi: • quindi inevitabile che alcune cose che noi proponiamo possano essere state in qualche misura superate dall'evolversi della situazione. Sapevamo di correre questo rischio, d'altronde non era possibile, data la mole del lavoro, procedere ad un continuo aggiornamento. Pensiamo in ogno caso che ci˜ non sia qualcosa che incida sulla sostanza e sugli obiettivi complessivi della nostra proposta. Ovviamente, il documento che presentiamo non pu˜ essere esaustivo di tutti i problemi di mobilitˆ della cittˆ. Singole problematiche verranno quindi affrontate da allegati monotematici, giˆ in fase di elaborazione, che verranno in seguito prodotti. In tal modo si ritiene di poter tener vivo l'interesse sulla materia, di ottenere una partecipazione pi• diffusa sul territorio, di confrontarsi e discutere in un continuo dibattito e verifica di quanto viene man a mano proposto, progettato e realizzato sul fronte della mobilitˆ.
Federico Valerio Presidente di Italia Nostra
Cosa • questo documento Il documento che viene di seguito presentato ha voluto analizzare la "mobilitˆ" nella sua completezza. Attraverso gli elementi fondamentali che la compongono si • cercato di capire quale tipo di mobilitˆ fosse in atto nel territorio genovese, quali soluzioni potessero essere inserite in un contesto di ampia sostenibilitˆ ambientale e di ricercare le soluzioni in grado di utilizzare il pi• possibile lÕesistente attraverso lÕottimizzazione dello stato di fatto e la riscoperta di alcune forme di mobilitˆ per cos“ dire "dimenticate".
A chi • rivolto Il nostro tentativo • stato quello di realizzare un documento finalizzato ad aprire un dibattito nella nostra cittˆ, dove la divulgazione di alcuni concetti base potesse aiutare il cittadino a capire meglio i problemi della mobilitˆ e nel contempo permetterci di proporre alle Amministrazioni, attraverso diverse soluzioni, uno strumento utile alla programmazione ed allo sviluppo della mobilitˆ nel comprensorio genovese. Il titolo "Verso un Piano della Mobilitˆ" non • stato scelto a caso; pianificare la mobilitˆ non • oramai solamente auspicabile, ma assolutamente necessario.
La struttura del documento LÕanalisi dei singoli elementi della mobilitˆ (pedonalitˆ, impianti di risalita, il servizio pubblico ecc.) ha chiarito lo stato di fatto, le relazioni fra gli stessi elementi ed il loro rapporto col territorio. Da questa analisi sono nate alcune proposte che hanno guardato come prima cosa ad ottimizzare il pi• possibile quanto giˆ era sul territorio, per poi approfondire in fasi successive qualche previsione, anche con ipotesi di nuove infrastrutturazioni. Utile supporto al testo sono le immagini e le cartografie inserite; tali strumenti aiutano a comprendere meglio la mobilitˆ attuale e quella da noi proposta. A questa prima fase si aggiungeranno, scanditi nel tempo, una serie di allegati che approfondiranno ogni singolo argomento richiamando l'attenzione sia dei cittadini che delle Amministrazioni locali. Le pagine di questo documento sono quindi anche la base per gli allegati successivi ed hanno il compito di fornire i concetti fondamentali che hanno guidato le nostre scelte. Nella nostra analisi abbiamo guardato anche a soluzioni giˆ adottate da molte cittˆ italiane ed europee, non tanto come modello lontano ed irraggiungibile, ma come esempi corretti di gestione della mobilitˆ, molti dei quali ampiamente applicabili alla nostra cittˆ.
Premessa
Premessa Cittˆ senza Confini La porzione di territorio su cui viviamo, nonotante si faccia di tutto per dimenticarlo, porta ancor oggi i segni lasciati, secolo dopo secolo, dal lento evolversi della natura e soprattutto dallÕ evoluzione umana che, sovrapposta a molti altri linguaggi, ha connotato lo stato attuale del paesaggio. Il maggior rispetto della natura, in quanto elemento non ancora pienamente controllabile, ha portato in passato a conservare equilibri ambientali in modo maggiore che oggi, forse anche per una pi• netta definizione dei confini urbani ed extraurbani. L'urbanistica attuale ha smarrito la conoscenza diretta del territorio, abituata, troppo spesso, a considerare le mappe dei piani regolatori o degli estratti catastali pi• veritieri dello stesso spazio naturale. Cos“ la memoria • andata smarrita trasformando le naturali asperitˆ in quote altimetriche e banalizzando gli spazi umani con burocratici confini catastali. DÕaltro canto sono andate perse anche le peculiaritˆ che distinguevano le aree urbane da quelle extraurbane; suddivisione che oggi, nei piani urbanistici, assume aspetti a volte grotteschi. Tutto sembra riassumersi nella definizione di
Territorio urbano o Centro abitato, che guarda caso, spesso non coincidono. Il Piano territoriale di coordinamento paesaggistico esclude da apposite normative paesistico - ambientali il Territorio urbano (TU), cos“ come anche il PUC (Piano urbanistico comunale) limita i suoi effetti entro i confini amministrativi del Comune, mentre lo stesso Piano urbano del traffico impone le proprie direttive a centri abitati delimitati. LÕurbanistica moderna dunque • sempre pi• vicina ad un controllo territoriale prettamente amministrativo e poco rapportato alle reali esigenze ambientali e di chi vi vive.
LÕevoluzione ottocentesca della cittˆ La data del 1825 segna per Genova una sorta di spartiacque urbanistico. Il ÒProgetto per aumentare le abitazioni nella cittˆ di GenovaÓ del Barabino iniziava a prendere forma portando con sŽ un nuovo modo di gestire e governare la cittˆ: Ç...la crescita e gli obiettivi non appartengono pi• alle necessitˆ degli abitanti, ma alle necessitˆ dei capitali investiti...È1. In veritˆ, giˆ il progetto del 1808 dellÕingegnere napoleonico RoussignŽ per lÕadeguamento della strada 14, aveva queste intenzioni, miranti a risolvere i problemi di comunicazione indotti dalla presenza nella cittˆ del porto, ma il proget-
1 - E. Poleggi, ÒUn patrimonio riconoscibile della cittˆ storicaÓ, da I grandi Monasteri, (corso per insegnanti di ItaliaNostra) 1994/95.
Carlo Barabino, ÒProgetto per aumentare le abitazioni nella cittˆ di GenovaÓ, 1825, Collezione topografica del Comune di Genova, VII, 29/1, n¡ inventario 1849.
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Premessa
to del Barabino, come giˆ detto, apre definitivamente la strada agli interventi futuri che tenderanno, dopo via Garibaldi e via Balbi, a creare un nuovo centro politico e commerciale oltre che verso uno sviluppo collinare destinato, soprattutto nel secolo successivo, a modificare pesantemente lÕimmagine della cittˆ. Gli oltre 16 milioni dell'epoca investiti per il piano del Barabino, indicano proprio questa nuova maniera di reinvestire i capitali da parte della borghesia genovese, dove via Assarotti, via Caffaro, Circonvallazione a Monte (strada di passeggio per carrozze, non dimentichiamolo) e gli interventi di Carignano, rappresentano una vera e propria presa di possesso territoriale. Questo indirizzo proseguirˆ con la demolizione in epoca moderna di interi quartieri popolari come Piccapietra e via Madre di Dio, carichi di storia ed ancora pieni di vita, che sarˆ strumento per l'espulsione dei ceti bassi dalla cittˆ da parte della nuova borghesia prima, ed un sacrificio al mito anglosassone della ÒcityÓ poi. L'industria faceva il suo pesante ingresso nei comuni limitrofi di Ponente, (da Sampierdarena a Voltri), favorita anche dallÕarrivo della ferrovia, mentre la collocazione di grandi servizi pubblici nei quartieri di San Fruttuoso, Marassi, Foce e Staglieno porterˆ da li a poco all'annessione amministrativa di tali Comuni. Non • un caso che il Ponente genovese veda, nel decennio 1861 - 1871, un incremento della
popolazione considerevole Ñ se rapportato alla stazionarietˆ del Comune di Genova Ñ indotto dalle nuove attivitˆ industriali. Nascono quindi necessitˆ amministrative e nuove suddivisioni del territorio; le scelte politiche ed i capitali investiti guidano ed indirizzano lo sviluppo cittadino. Attorno al 1876, con la munifica donazione alla cittˆ da parte del Duca di Galliera, il porto sblocca il suo immobilismo venendo ampliato nelle sue dimensioni. La collina di San Benigno comincia ad essere un impedimento allo sviluppo verso Sampierdarena, ma soprattutto per la prima volta un nuovo termine compare nel lessico storico-culturale genovese: attraversamento. Nascono cos“ la carrettiera Carlo Alberto (1835 - 1866) destinata ad assolvere i collegamenti con il porto e lÕattraversamento del centro, ed il taglio di via XX Settembre, lÕallora via Giulia, che con la via Carlo Felice riusc“ a rendere possibile la penetrazione veloce al nuovo centro cittˆ. Col nuovo secolo sono da ricordare oltre allÕinizio dei riempimenti a Sampierdarena (1929), la completa elettrificazione delle ferrovie in ambito portuale e soprattutto lÕarrivo di un nuovo mezzo di trasporto: lÕautomobile. Tra il 1932 ed il 1935 si costruisce la camionale Genova - Serravalle Scrivia ed il relativo raccordo elicoidale a Sampierdarena.
Genova negli anni sessanta; (Archivio fotografico di Italia Nostra).
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Premessa
Problemi attuali di mobilitˆ Genova, storicamente, non ha mai avuto fino allÕespansione in epoca moderna, viabilitˆ di attraversamento. Le stesse vie Garibaldi e successivamente via Cairoli e via Balbi (rispettivamente strada Nuova, Nuovissima e del Guastato), non erano vie di attraversamento, ma di penetrazione, oltre che di rappresentanza. Gli sviluppi ottocenteschi e della ferrovia, lÕespansione urbana nel '900, condannano sempre di pi• Genova ad uno sviluppo nastriforme, nellÕambito del quale tutti i piani regolatori che si sono succeduti fino ad oggi individuano strade per lÕattraversamento della cittˆ. Tali ipotesi hanno finito per˜ per scontrarsi con una realtˆ territoriale antitetica a tali progetti, ed anche con problematiche economiche di non facile superamento: si pensi solo allÕipotesi di una continuazione della direttrice di via XX Settembre verso Ponente che avrebbe comportato in pratica la distruzione di gran parte della cittˆ antica, oltre a rendere necessari imponenti lavori di sbancamento per pareggiare i dislivelli. Fortunatamente certi sogni, che ipotizzavano "avenues" di attraversamento del centro cittadino, sono naufragati, permettendo la salvezza della cittˆ antica. Rimane per˜ aperto il problema di un centro cittadino solo parzialmente predisposto per la viabilitˆ veicolare, ed • in particolare via XX Settembre a soffrire di questo problema: tale via avrebbe, in teoria, una spiccata funzione viabilistica e le stesse dimensioni (22 metri, misura Òfuori scalaÓ rispetto al resto delle vie cittadine) lo testimonierebbero. Ad aggravare la situazione ha contribuito la creazione della cosiddetta "grande Genova", avvenuta durante il ventennio, che ha messo le basi per la nascita di un informe agglomerato edilizio della lunghezza di oltre 25 chilometri. Lo stesso Piano del Traffico del 1995, ancora vigente, ammette in qualche misura, ad esempio, il fallimento della politica urbanistico - viabilistica perseguita dagli inizi del Ô900 ad oggi, impostata soprattutto sull'asse centrale di attraversamento via XX Settembre - Corvetto - Zecca - Balbi - Principe. In generale, a scala cittadina, questo tipo di sviluppo, evidentemente fallimentare, ha prodotto, paradossalmente, invece che una riesamina dei modi e contenuti dello sviluppo urbano, unÕansia viabilistica che tuttora risulta vincente e dominante. Sfortunatamente, siccome non cÕ• pi• spazio, ad essere sacrificate per la realizzazione di nuove infrastrutture viarie non potranno che essere in gran parte le ultime aree non ancora edificate. Una cosa che vogliamo dimostrare • che il problema nella nostra cittˆ non • la mancanza di strade larghe, ma anzi, la presenza di strade Òfuori scalaÓ in un ambito territoriale di scala inferiore. é proprio la presenza di ambiti stradali troppo ampi, ma inseriti in un territorio che non • in grado di ospitarne altri, a determinare i forti flussi di traffico esistenti, in un contesto in cui la politica urbanistica ha indotto un bisogno di mobilitˆ. Lo dimostrano alcuni esempi nel centro storico come via San Lorenzo, che ancora oggi, a oltre un secolo dalla sua realizzazione, si presenta come una ferita aperta allÕinterno del tessuto antico. Il taglio ottocentesco ha contribuito non poco alla marginalizzazione del centro storico a est di esso, accentuandone lÕimpoverimento e la presenza del traffico privato ha determinato un forte stato di degrado della via. Altro esempio di intervento incoerente con la scala dimensionale della cittˆ • stata la realizzazione delle attuali viale Brigata Bisagno - viale Brigate Partigiane. In esse si assommano due errori; il primo • quello di aver creato uno spazio artificiale, sottraendolo al Bisagno per assegnarlo alla percorrenza veicolare, il secondo Ñ che • anche conseguenza del primo Ñ • che tale spazio risulta di cesura per la cittˆ stessa, non meno di quanto lo fosse il Bisagno. Non a caso rappresenta uno dei punti di maggior sofferenza cittadina.
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Premessa
Il sistema territoriale genovese La nostra cittˆ, come evidenziato oramai da molteplici scritti e studi sul tema, ha una connotazione territoriale molto particolare: su una sottile striscia di terra, da Nervi a Voltri, ha visto nei secoli svilupparsi, soprattutto a Ponente, tutta una serie di nuclei abitati che hanno vissuto, sino alle annessioni alla Ògrande GenovaÓ del 1874 e del 1926, di vita propria. Ancor oggi lÕuso di dire Çandiamo a GenovaÈ per spostarsi in centro, soprattutto a Ponente, • un chiaro segno di una radicata ed ancora oggi viva autosufficienza dei vecchi Comuni soppressi. ÇMemoria urbana e identitˆ storico - culturale dei centri, non sono quindi solo valori dÕimmagine, ma prefigurano precise matrici "strutturali", che sono determinanti, anche nellÕipotesi di interpretazione e pianificazione dellÕarea metropolitana genoveseÈ2. Su questo tessuto si inseriscono dunque scelte che negli anni hanno modificato il territorio (vedi la grande industria statale che nel dopoguerra ha investito a Genova e nel nord Italia) nel tentativo molteplice di creare una cittˆ monocentrica prima, policentrica poi. L'attuale assetto amministrativo, che ha suddiviso il territorio genovese in nove Circoscrizioni, evidenzia ancor pi• come tali suddivisioni abbiano tenuto poco conto dei reali pesi storico - cul-
turali della struttura territoriale. Un esempio viene dalla Circoscrizione centro ovest, formata dalle antiche localitˆ di Sampierdarena e San Teodoro; luoghi che, sino ad un secolo fa, erano separati da una collina (San Benigno) e che, esattamente come allora, vivono come se questa barriera fosse ancora presente. Le attuali divisioni amministrative sono per˜ figlie della politica e delle scelte iniziate giˆ nel 1874, quando si cominci˜ a suddividere il territorio genovese secondo gli interessi economici della prima borghesia industriale, suddivisione che doveva arrivare sino ai giorni nostri. Il Ponente e la val Polcevera dovevano avere una connotazione industriale e portuale; il Centro, costretto a dialogare con il centro storico, funzioni direzionali e residenziali; il Levante si sarebbe qualificato per funzioni turistico - residenziali e la val Bisagno veniva dedicata ai servizi. Da quel momento in poi le strutture insediative prevalentemente lineari, generate dai percorsi di fondovalle del Ponente e della val Polcevera, vedono poco a poco riempirsi gli spazi vuoti dall'industria, che tende cos“ a rafforzare l'immagine di un'unica grande cittˆ. Nel Levante, dove l'orografia territoriale e i compiti ad esso assegnati portano ad una maggiore conservazione degli spazi naturali e di
2 - C. Gattorna; ÒTrasformazioni della struttura Policentrica della cittˆÓ, da Polis n¡ 4, anno I, pag 36.
ÒSchema strutturale delle infrastrutture di comunicazioneÓ; estratto mappale tratto dal PTC (Piano territoriale di coordinamento) della Provincia di Genova.
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conseguenza liberi, viene ad essere predominate il carattere turistico-abitativo che era stato punto di forza soprattutto del Ponente cittadino. Per quel che ci riguarda, anche la mobilitˆ ha subito queste differenziazioni. Nel Ponente, come del resto nella val Polcevera, nonostante i massicci interventi residenziali pubblici, e di cui bisognerebbe dire altro, si • ingenerato una sorta di "esaurimento" della mobilitˆ all'interno dei quartieri stessi. Molti degli spostamenti infatti iniziano e si concludono nellÕambito della stessa circoscrizione o in aree direttamente a contatto; la destinazione primaria non • il centro cittˆ ed i nuovi quartieri gravano prevalentemente sui nuclei di fondovalle. Nel Levante questo non • successo: la ricerca dei servizi che qui sono maggiormente carenti ha portato gli abitanti ad effettuare spostamenti con maggior assiduitˆ verso il centro. Questa situazione era evidente giˆ nello studio portato avanti dall'Ansaldo dieci anni fa3; situazione che i pochi studi successivi sembrano confermare.
Le previsioni Urbanistiche Per poter al meglio configurare le nostre proposte ed i loro effetti sul territorio abbiamo dovuto confrontare le stesse, oltre che con le leggi ed i decreti a carattere nazionale, con gli atti legislativi ed amministrativi che Regione, Provin-
cia e Comune hanno elaborato (o sono in itinere). In campo urbanistico a livello regionale sono stati quindi esaminati oltre alla Legge urbanistica n¡ 36/1997, il PTCP (Piano territoriale di coordinamento paesaggistico) unitamente ai provvedimenti ed alle circolari emanate dalla Regione per la sua applicazione, nonchŽ il Piano della Costa nella stesura cos“ come adottata dalla Giunta regionale nel febbraio del 1999. A livello provinciale abbiamo fatto riferimento al PTC (Piano territoriale di coordinamento) che indica fra le proprie strategie la Çriorganizzazione delle relazioni tra le strutture territoriali con la prefigurazione della costituzione di una rete di infrastrutture stradali di collegamento fra le stesse strutture e di contenuto sviluppo al fine di tendere alla sostituzione dellÕattuale sistema ad aste, in modo da diversificare le possibilitˆ di circolazione sul territorio ed ottenere direttrici di transito che distribuiscano i flussi di traffico e superino le criticitˆ dovute allÕattuale presenza di passaggi obbligati, specie nelle aree urbane a pi• elevata densitˆÈ4. Nel piano si ritovano quindi le indicazioni progettuali per la riorganizzazione delle reti infrastrutturali, terrestri e non, con particolare riguardo alle infrastrutture stradali considerate come elementi prioritari. A livello Comunale il PRG (Piano regolatore generale) ed il PRP (Piano regolatore portuale)
3 - Ansaldo Trasporti Spa, Transystem Spa: ÒPiano direttore della mobilitˆ urbanaÓ, 2¡ Fase; Genova, luglio 1989. 4 - PTC; Òsintesi della descrizione fondativa degli obiettivi e della struttura del pianoÓ; capo 1 art 2, settembre 1997.
PRG di Genova; ÒZone di trasformazioneÓ; estratto del foglio della zona di trasformazione n¡9/6 cos“ come evidenziata nella versione adottata dal Comune di Genova.
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hanno formato oggetto delle nostre attenzioni portato a sviluppare alcune considerazioni circa ed entrambi fissano le linee guida per un rinno- l'insufficienza delle previsioni urbanistiche e della pianificazione territoriale nel campo della movo o un aggiornamento infrastrutturale. bilitˆ. Tale insufficienza deriverebbe, a parere nostro, dalle carenze proprie delle leggi e soUrbanistica e mobilitˆ In Italia la legge n¡ 765 del 1967, attraverso i prattutto dalla pochezza delle indicazioni prodotcorrelati decreti ministeriali, poneva per la prima te dagli strumenti urbanistici, sia nella fase di volta in risalto la necessitˆ di tener conto dei cri- elaborazione che a seguito della loro approvateri di pianificazione urbanistica indotti dalle zione. Ci˜ vale in particolare nel caso di Genova e del suo PRG, ove i numerosi e diversi problenuove condizioni del traffico urbano. Alcuni principi per la salvaguardia della rete mi della mobilitˆ sono stati impostati senza il neextraurbana Ñ DM 1404/68 Ñ ed il problema cessario coordinamento, proposti in modo disordella sosta Ñ DM 1444/68 Ñ sono stati per an- ganico per molte delle aree da riqualificare e ni gli unici timidi passi verso una gestione, che senza la dovuta definizione per alcune zone deavrebbe potuto dare all'urbanistica, oltre al stinate a nuovi interventi. In altri termini quello che si vorrebbe ottenere Piano regolatore, nuovi strumenti di intervento • che al momento di elaborare la descrizione nel campo delle infrastrutture viarie. Questa necessitˆ, attraverso anche il nuovo fondativa del PUC Ñ cos“ come richiesto dalla Codice della Strada, ha portato a creare uno legge regionale n¡ 36/1997 Ñ il quadro delle costrumento di attuazione quale il PUT (Piano ur- noscenze da utilizzare, le analisi e le indagini da bano del traffico) che, in un arco di tempo bien- condurre sul territorio facciano emergere le dinale, mira ad intervenire sullo stato di fatto e al sfunzioni, i limiti e gli inconvenienti in atto cui quale si aggiungono piani per il risparmio ener- sono sottoposte le persone che devono muovergetico e per l'abbattimento dell'inquinamento si e chiarire quindi le soluzioni per porvi effettivamente rimedio. acustico e dell'aria. Il PRG ed il PUT erano dunque due strumenti Questo dopo aver verificato la sostenibilitˆ Ñ e che non avevano effettivi elementi di raccordo: non solo sotto l'aspetto prettamente ambientaci˜ vale in massima parte anche per il PUC, il leÑ degli elementi del "sistema mobilitˆ", attraPiano urbanistico comunale, che ha sostituito il verso la programmazione degli spostamenti che PRG a norma della recente legge regionale n¡ deve effettuare il cittadino da casa al luogo di lavoro, verso le attrezzature per il tempo libero e 36/1997. Tale legge infatti prevede l'articolazione del- cos“ via. Questo vuol dire che nella fase successiva di l'attivitˆ di pianificazione ai tre livelli di competenza, regionale, provinciale e comunale e si li- sviluppo del piano, cio• quando si definiscono mita ad assegnare ai tre enti il compito, gli obiettivi da raggiungere, non ci si debba limirispettivamente, di Çdefinizione... delle infra- tare ad indicare come tali quantitˆ, dimensioni e strutture per la mobilitˆÈ Ñ per il PTR Ñ di fis- lunghezza dei tracciati viari, di aree per la sosta sare Çl'organizzazione complessiva della viabi- ed il parcheggio, di attrezzature per i mezzi di litˆ sovracomunale e delle altre infrastrutture per trasporto pubblici ecc., ma, applicando altres“ il la mobilitˆÈ Ñ per il PTC Ñ e di Ç individuare il metodo di comparazione costi benefici, si sistema complessivo delle infrastruttureÈ Ñ per facciano derivarli comunque tutti da valutazioni qualitative, dalle quali vengano fatte emergere il PUC. Peraltro la stessa Legge regionale introduce per prestazioni e funzionalitˆ degli interventi fra di tutte le previsioni di intervento nel campo della loro correlati. In tal modo, quando al termine del processo mobilitˆ una verifica preventiva, tramite lo studio di sostenibilitˆ ambientale che, se non altro, do- formativo del PUC si dovrˆ pervenire alla definivrebbe garantire di evitare eccessivi impatti sul zione della sua struttura, il disegno sul territorio territorio delle infrastrutture viarie per il trasporto delle componenti del sistema mobilitˆ si dovrˆ configurare come il prodotto strettamente cone la sosta. I richiami ed i confronti di cui sopra ci hanno seguente alle scelte innanzi espletate e dovrˆ Pagina 12
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quindi indicare gli interventi pi• idonei ed efficaci a garantire che i movimenti delle persone, ricondotti allo stretto indispensabile per quanto • ammesso dalla descrizione fondativa, avvengano nel rispetto delle esigenze della collettivitˆ, di risparmio energetico, di tutela dell'ambiente e del paesaggio extraurbano, nonch• di rivitalizzazione delle aree urbane degradate dal traffico autoveicolare, che dovrˆ essere fortemente ridotto. Quindi Ñ e quasi a chiusura di questo cerchio di passaggi logici Ñ ci˜ non potrˆ che avvenirefavorendo l'uso di mezzi, collegamenti e percorsi i pi• adatti a conseguire le finalitˆ precedentemente citate. Delineato questo iter dimostrativo di come trattare il tema mobilitˆ nell'elaborazione del PUC, si deve ammettere che lo stesso • s“ indispensabile per colmare le lacune sopra riscontrate, ma non • comunque sufficiente (nŽ forse potrebbe esserlo) a raggiungere l'obiettivo che ci siamo posti.
Nei fatti non • esistito fino ad ora uno strumento tecnico-urbanistico che indichi chiaramente le strategie della mobilitˆ sul territorio comunale ed extra comunale nelle parti che lo interessano; uno strumento, cio•, che funzioni da "ponte" fra la programmazione dei piani urbanistici e la attivitˆ dei piani del traffico. Il Piano generale della mobilitˆ che noi proponiamo (e che chiameremo sinteticamente PGM) dovrebbe appunto colmare questo vuoto, dando maggior senso anche al Piano urbano del traffico, che tradurrebbe in termini attuativi ed operativi quanto espresso dal "PGM". Un Piano generale della mobilitˆ avrebbe quindi un compito importantissimo per la programmazione degli interventi sul territorio, soprattutto perchŽ indicherebbe il come ed il perchŽ i pedoni, i mezzi pubblici e le automobili si muovono sul territorio e quale • il modo ottimale di farli muovere.
Un evidente esempio di mancata correlazione tra urbanistica e pianificazione della mobilitˆ: l'Aurelia bis nei pressi del cimitero di Valle Armea (Sanremo). Dal n¡ 301 del bollettino di Italia Nostra (fotografia di Renato Tavanti).
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Capitolo 1 Idee per un piano della mobilitˆ
Idee per un piano della mobilitˆ
Idee per un piano della mobilitˆ Il problema della mobilitˆ • indubbiamente complesso, perchŽ tocca lÕessenza stessa "dellÕidea di cittˆ"; lÕorganizzazione spaziale dellÕorganismo urbano • infatti fortemente vincolata dalla mobilitˆ ÇAnche se la mobilitˆ non • di per sŽ un fine, essa costituisce una condizione necessaria dello sviluppo armonico della cittˆÈ1. Garantire una buona mobilitˆ a una cittˆ significa quasi sempre assicurare una situazione ambientale dove inquinamento e stress si riducono fortemente. Come condizione iniziale per potere entrare nel merito • necessario chiarire subito i significati che stanno dietro alla parola mobilitˆ, proprio per non confonderla, come molte volte si • portati a fare, con viabilitˆ. Questa • una distinzione importante: la mobilitˆ ha a che vedere su come e perchŽ si muovano le persone e le cose su un territorio. Esistono infatti tanti modi di spostarsi; tutti assieme creano una forma di mobilitˆ generale che si pu˜ distinguere in: Mobilitˆ Privata (auto, moto, bicicletta e le gambe del pedone) Mobilitˆ Pubblica (treno, metropolitana, tram, filobus,autobus, pulmini, ascensori, funicolari ecc.). A queste si aggiunge una forma ibrida di mo-
bilitˆ privata ad uso pubblico, cio• i taxi. La mobilitˆ pubblica ha comunque una caratteristica ovvia: quella di essere prettamente collettiva e di fornire un rendimento superiore al mezzo privato: ovvero, a paritˆ di spazio occupato, trasporta molte pi• persone. Nelle aree urbane sono ovviamente da preferirsi i mezzi pubblici, gli unici in grado di soddisfare le intense esigenze di movimento determinate da una grande massa di persone concentrate in uno spazio ridotto qualÕ• quello urbano. La mobilitˆ automobilistica e motoveicolare deve essere in grado di inserirsi come tassello nellÕinsieme della mobilitˆ generale per coprire gli spazi pi• adatti alla sua funzione; in linea di massima nelle aree in cui la densitˆ abitativa risulta assai debole. Questo naturalmente non esclude un trasporto collettivo. Un posto a parte merita la bicicletta, dato che non ha un ambito preferenziale, come del resto il mezzo a due ruote motorizzato, il quale pu˜ essere alternativo allÕautomobile ma ha comunque una ricaduta ambientale e sociale negativa. La mobilitˆ pedonale, che molte volte si tende a sottovalutare o addirittura a dimenticare, occupa un ruolo importantissimo nella cittˆ, sia per il recupero dei centri storici che per il rapporto diretto dellÕuomo con lo spazio urbano costruito.
1 - Introduzione di Jean-Bernard Racine a: ÒTraffico urbano, qualitˆ della vita e Sistema CittˆÓ ; Bologna, 1988.
ÇPer tutti coloro che a Zurigo sono in giro per la cittˆÈ: cos“ cita il libretto informativo di Zurigo ÒMobil in ZŸrichÓ sulla mobilitˆ cittadina.
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PerchŽ poi le persone si muovano rappresenta lÕaltra parte del problema, ed • legata ad esigenze di lavoro, di svago, alla necessitˆ di servizi, ecc. Sarebbe compito di un piano generale della mobilitˆ, da un lato fornire i mezzi migliori e pi• sostenibili per lÕecosistema urbano per garantire la mobilitˆ alle persone, dallÕaltro realizzare i servizi (intesi nella visione pi• ampia possibile) e gli strumenti che eventualmente possano soddisfare e frenare la domanda stessa di mobilitˆ. é chiaro che questÕultima parte del problema, che potrebbe essere sicuramente quella pi• innovativa, • anche quella che si presenta pi• ricca di incognite. Crediamo che ben pochi, allo stato attuale, siano in grado di prevedere i riflessi futuri dello sviluppo delle comunicazioni telematiche, e dello stesso tele-lavoro. QuestÕultimo, cos“ come la tele-medicina, le teleconferenze, internet e pi• in generale lÕinformatica, potrebbero rivoluzionare le dinamiche della mobilitˆ, movimentando lÕinformazione al posto delle persone che queste informazioni cercano o possiedono. Se tali mutamenti avranno per˜ riflessi evidenti nella "quantitˆ" degli spostamenti, quanto meno nel medio periodo, • difficile a dirsi. é possibile che li abbiano nella "qualitˆ" degli spostamenti stessi, evidenziando sempre di pi•
un fenomeno giˆ attualmente piuttosto evidente, ovvero quello della progressiva indifferenziazione tra spostamenti sistematici2 e non, o anche solo pi• banalmente tra fascie di punta e di morbida, fenomeno peraltro giˆ evidenziatosi con la progressiva dismissione della grande industria. Stando ad alcuni studi recenti, (le ricerche in questo campo sembrerebbero essere comunque poche) per il momento non si potrebbe parlare di una diminuzione degli spostamenti complessivi legati ad una diffusione delle tecnologie informatiche, e, addirittura, cÕ• chi ipotizza un aumento degli spostamenti legati proprio a questa diffusione3. Nella elaborazione di questo documento si • preferito tentare un approccio maggiormente tradizionale, rischiando certamente cos“ di eseguire un lavoro meno originale. Non ce la siamo per˜ sinceramente sentiti di affrontare il problema da una angolazione che presuppone tutta una serie di trasformazioni sociologiche, economiche, tecnologiche, per cui, quella che era la nostra modesta competenza in campo trasportistico, sarebbe risultata inadeguata. Tuttavia, pur non essendo stato imperniato il nostro lavoro sulle cause degli spostamenti, (e quindi solo in parte sulla ricerca di soluzioni che li frenino), tale aspetto • stato considerato. Il no-
2 - Con questa definizione si intendono gli spostamenti inseribili in un sistema fisso ricorrente, ad esempio gli spostamenti giornalieri per raggiungere il posto di lavoro; gli spostamenti non sistematici sarebbero quindi quelli non legati a tali esigenze, molto pi• difficilmente inquadrabili in un sistema. Si potrebbe anche parlare di spostamenti obbligatori e di spostamenti facoltativi. 3 - Si veda a tal proposito, ÒCittˆ senzÕautoÓ a cura del gruppo Verdi al parlamento europeo, 1990.
Una delle pagine Web del comune di Genova.
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stro sforzo • stato infatti quello di creare un modello di mobilitˆ che sia comunque compatibile con la drastica riduzione degli spostamenti sistematici, ed anche in previsione di un aumento della mobilitˆ, per cos“ dire, "virtuale", telematica. Se la mobilitˆ riguarda il problema degli spostamenti complessivi, la viabilitˆ riguarda le strade, o quantomeno un modello di mobilitˆ specificatamente legato alla automobile. Ci˜ che • viabilitˆ o traffico • un sottoinsieme degli aspetti della mobilitˆ, o, se si preferisce, un sintomo rispetto ad un cattivo funzionamento della mobilitˆ stessa. Ci˜ che • certo, • che parlare in termini di viabilitˆ, o impiegare come sinonimi i due termini, significa ridurre tutto il problema degli spostamenti ad una questione autoveicolare, in cui al massimo potranno anche entrare i mezzi pubblici, se trattasi di bus, e magari come soggetto potenzialmente negativo, in quanto necessitante di maggior spazio di carreggiata. Una visione viabilistica porta inevitabilmente gli amministratori pubblici, al momento della pianificazione, verso la definizione di nuova viabilitˆ, cio• di nuove strade. Non a caso, mancando una visione della mobilitˆ, il "leitmotiv" della pianificazione in ambito locale • stato caratterizzato, e continua a essere carat-
terizzato, da una costante proposta di interventi, in certi casi massicci, di realizzazione di infrastrutture viarie. Da pressochŽ tutte le parti la realizzazione di nuovi assi stradali viene presentata come unica via risolutrice per il superamento dei gravi problemi di mobilitˆ. Tale scelta si • evidenziata materialmente negli anni passati nei cospicui investimenti effettuati a favore delle infrastrutture per il mezzo privato, sottovalutando, se non dimenticando, il trasporto collettivo, ed ignorando, in buona sostanza, le altre componenti prima citate.
Quattro punti per un Piano della mobilitˆ Cosa dovrebbe prevedere un piano generale della mobilitˆ? Esso, per cominciare, non potrebbe che partire da alcune irrinunciabili considerazioni. 1) La mobilitˆ privata • un fenomeno con forti valenze negative se preponderante nellÕambito complessivo della mobilitˆ. Un rapporto di squilibrio porta, per tutta una serie di implicazioni ambientali, (inquinamento atmosferico, acustico, impatto sul territorio, costo sociale, economico ecc.) a determinare il collasso della cittˆ. 2) La mobilitˆ pubblica deve essere favorita come cardine essenziale della mobilitˆ urbana. Il trasporto pubblico ha un minor impatto sul ter-
Sopra: La mobilitˆ pi• diffusa a Genova ancora nel 1600 per chi poteva permetterselo: la portantina. (Particolare di una stampa dell'epoca, raffigurante via Garibaldi in proporzioni distorte). A destra: via Garibaldi negli anni '70, quando era ancora inserita in una logica di attraversamento viario cittadino.
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ritorio, • meno inquinante, garantisce in modo maggiore il diritto alla mobilitˆ, ha un costo sociale minore ed • quindi globalmente meno gravoso per la collettivitˆ. 3) Le infrastrutture legate alla mobilitˆ privata, quali esse siano, deturpano generalmente il territorio in maniera molto pi• grave di quelle legate al trasporto pubblico, in quanto si diffondono sul territorio pi• disordinatamente rispetto alle prime. Ci˜ non toglie che una singola infrastruttura per il trasporto pubblico possa essere di grave impatto per il territorio. 4) Il Piano della mobilitˆ dovrˆ essere calato nel territorio, e dovrˆ affrontare complessivamente tutte quelle che sono le componenti della mobilitˆ, tendendo ad una integrazione ed a un interscambio tra le varie forme di mobilitˆ, con il privilegio, ovviamente, di quelle a minor impatto ambientale: • infatti necessario, proprio per lÕampiezza del problema che interessa lÕintera cittˆ, trattarlo in modo globale.
Le componenti della mobilitˆ Mobilitˆ pedonale La mobilitˆ pedonale • una componente fondamentale nella complessitˆ degli spostamenti urbani. Genova possiede un tessuto viario storico esteso a tutta la cittˆ, dove le cr•uze, che hanno valenze squisitamente pedonali, ancora oggi
conservano una propria logicitˆ e organicitˆ, tale da farle risultare concorrenziali in tantissimi casi rispetto alla mobilitˆ pedonale delle strade ordinarie, ed in non pochi casi competitive nei confronti della percorrenza veicolare. Attualmente avremmo ben 301 km di percorsi pedonali (compreso allÕinterno di tale computo anche il centro storico) contro 593 rotabili. Quindi, stando a tali dati, il 34% delle strade cittadine • essenzialmente pedonabile4. Giˆ solo questo basterebbe a far capire lÕimportanza di un reale recupero di tale patrimonio. Mobilitˆ ciclistica Anche la mobilitˆ ciclistica viene spesso ignorata nelle ipotesi correnti, probabilmente in base alla solita serie di luoghi comuni per cui Genova non sarebbe orograficamente adatta alle bici. LÕaffermazione non • naturalmente del tutto infondata, ma • anche sbagliato porla come dogma e, in quanto tale, ritenerla immune da riconsiderazioni. Il punto •: se si considera lÕuso della bicicletta un problema oggettivo, legato allÕorografia della cittˆ, allora potrebbe essere comunque prevista una minima rete di percorsi ciclabili in val Bisagno, in val Polcevera, sullÕasse PonenteLevante, in quelle zone dunque, dotate di pendenza minima e pressochŽ pianeggianti, sia attraverso la realizzazione ex - novo di percorsi ciclabili, sia attraverso lÕuso, con eventuali inter-
4 - Dati desunti da ÒFunicolare pi• ascensore per via Donaver, proposta di trasporto innovativo per il quartiere di S.FruttuosoÓ, da Omnibus, trimestrale di informazione AMT, n.13, 1982.
Alcuni esempi di mobilitˆ.
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venti di regolamentazione della sosta o della mobilitˆ veicolare, di taluni percorsi storici. Rimarrebbero escluse le zone collinari, ma in un ottica di integrazione bici - impianti di risalita anche tali aree sarebbero in qualche maniera coperte. Se • un problema "culturale" si dovrebbero analizzare le cause che incidono su questo preconcetto. Mobilitˆ via mare Il trasporto via mare potrebbe essere unÕaltra opzione interessante nel sistema complessivo della mobilitˆ, specialmente in un'ottica di mobilitˆ ad uso dei turisti. Facendo riferimento al pi• recente documento pianificatorio, cio• il PRG cittadino non ci pare se ne parli con il necessario approfondimento, (se ne accenna nella carta 1:25.000, ÒFerrovie e trasporto pubblico in sede fissaÓ). Esso avrebbe ovviamente bisogno di una sia pur minima infrastrutturazione, approdi ed interscambio con il trasporto pubblico, quindi di un notevole approfondimento in ambito di pianificazione. Mobilitˆ privata auto/motociclistica Pur non rappresentando ancora adesso la maggioranza degli spostamenti che avvengono in ambito urbano, si • conquistata via via spazi sempre pi• ampi, grazie a politiche che lÕhanno incentivata ed incoraggiata, determinando un degrado urbano sempre pi• grave.
Risulta inevitabile dunque che non si possa prescindere da interventi che riducano in maniera molte forte questa fascia di mobilitˆ. Per quel che riguarda la mobilitˆ motociclistica, la si • vista per troppo tempo erroneamente come una mobilitˆ quasi a impatto zero. La realtˆ • invece che lÕunico vantaggio che offre • il minor ingombro stradale, in cambio di una maggiore rumorositˆ, un potenziale potere inquinante che pu˜ essere diverse volte superiore a quello di un autoveicolo (almeno per quel che riguarda i motori a due tempi) una forte percentuale di incidentalitˆ che si traduce, evidentemente, in un maggiore costo sociale. LÕapparente vantaggio del minor ingombro viene annullato dalla possibilitˆ, anche questa sostanzialmente incoraggiata, di poter collocare tale mezzo in ogni luogo, contribuendo alla degrado ed al soffocamento dello spazio urbano. Mobilitˆ pubblica In questa rientra tutta la mobilitˆ effettuata attraverso i mezzi pubblici, siano essi treni, autobus, tram, metropolitane, impianti speciali o altro e nei centri urbani rappresenta lÕasse portante della mobilitˆ, e sta ritornando ad esserlo anche in quei centri (come talune metropoli nordamericane) che credevano di poterne fare a meno, mentre da sempre • uno dei servizi essenziali e maggiormente incoraggiato nelle cittˆ che hanno a cuore la qualitˆ del vivere ur-
A sinistra: un'immagine delle cosiddette "Fronti basse", ovvero il tratto di mura secentesche che circondavano la cittˆ a est, in corrispondenza del Bisagno, demolite nell'800. In quasi tutte le cittˆ europee in questo periodo (si pensi a Vienna, con la realizzazione del Ring) vengono demoliti in parte o totalmente gli antichi bastioni per la realizzazione di viali, spianate, ecc. Tuttavia, nel caso genovese, non si pu˜ non pensare alla perdita monumentale subita dalla cittˆ, soprattutto se si fa un confronto con l'esistente. A destra: l'area come si presenta attualmente.
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bano. Anche nelle nostre ipotesi di indirizzi per un Piano generale della mobilitˆ per Genova essa rappresenta e dovrˆ sempre pi• rappresentare il cardine della mobilitˆ. Mobilitˆ collettiva gestita da privati In essa rientra sostanzialmente il servizio Taxi, che ha sicuramente un futuro nellÕintegrare il ruolo del servizio pubblico; esso soffre tuttavia delle controindicazioni del trasporto privato, ovvero basso indice di trasportabilitˆ, costi che resteranno sempre piuttosto elevati, impatto inquinante identico a quello del traffico privato; ha invece come vantaggio il suo ruolo collettivo e la maggiore flessibilitˆ rispetto al trasporto pubblico. Il suo ruolo non potrˆ chiaramente essere sostitutivo del servizio pubblico, ma deve essere sicuramente agevolato, affinchŽ diventi unÕalternativa per quella fascia di utenza che difficilmente potrˆ o vorrˆ lasciare il mezzo privato per salire su un bus.
Mobilitˆ delle merci Il trasferimento delle merci nella cittˆ • un problema non indifferente, in quanto comporta sovente la saturazione dei piccoli spazi cittadini da parte di camion, furgoni, e talvolta articolati, durante le operazioni di carico e scarico. Non • naturalmente qualcosa di cui siano completamente responsabili gli addetti al trasporto; spesso ci˜ accade per la mancanza o, ancora pi• spesso, per lÕinaccessibilitˆ degli spazi che sarebbero necessari per svolgere tali operazioni. Tutte le componenti precedentemente elencate, ulteriormente approfondite ed elaborate, dovrebbero concorrere alla formazione di un progetto di mobilitˆ che possa regolare e tenere in equilibrio tutte le variabili possibili, attuali e future, portando ad un sistema che garantisca a tutti il diritto ad una mobilitˆ gradevole, intervenendo altres“ per orientare i flussi di mobilitˆ, ed eventualmente prevenirli.
Linee generali per un piano di mobilitˆ alternativa Un principio base per poter ottenere un miglioramento della mobilitˆ diventa quello di spostare una consistente quota di utenza dal trasporto privato a quello collettivo (questÕultimo, per tutta una serie di ragioni, non sempre rispondente alle esigenze di mobilitˆ delle persone) e verso quello ciclo-pedonale. A breve e medio termine dunque, lÕunica opzione veramente sostenibile per una risoluzione dei problemi della mobilitˆ non potrˆ che essere un forte riequilibrio dei fondi disponibili verso massicci investimenti a favore di una mobilitˆ ambientalmente sostenibile, ponendo come prioritˆ: - un sempre pi• marcato uso urbano della ferrovia; - la reintroduzione in cittˆ di tranvie leggere a rete protetta; - nuove realizzazioni di funicolari, cremagliere, ascensori; - un piano delle cordolature a sostegno dei mezzi pubblici; - riorganizzazione della viabilitˆ; - riorganizzazione del servizio di vigilanza; - ridefinizione del servizio AMT; - riqualificazione della mobilitˆ pedonale; - corsie a favore della mobilitˆ ciclabile; - interventi a carattere urbanistico. Tra le linee guida della nostra proposta, mettiamo il realismo economico, ovvero la consapevolezza di una scarsa disponibilitˆ finanziaria generale, per ottenere il massimo risultato con il minimo degli investimenti. Infatti il senso di quello che proponiamo, o meglio la sua funzione, • quella di fornire unÕipotesi di pianificazione della mobilitˆ in qualche misura flessibile, che quindi, fatte salve alcune condizioni irrinunciabili ed alcuni interventi inderogabili, possa essere applicato e portare comunque dei benefici anche se applicato solo parzialmente.
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Capitolo 2 La ferrovia
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Le infrastutture esistenti Il nodo di Genova possiede una rete ferroviaria piuttosto ampia, che in parte risulta essere impiegata considerevolmente, in parte sottoutilizzata, ed in parte quasi dismessa. In maniera sintetica possiamo individuare tre assi; uno costiero, da Voltri a Nervi, che a sua volta, per funzioni e capacitˆ andrebbe suddiviso in quello da Voltri a Brignole ed in quello da Brignole a Nervi, coincidenti con le linee Genova - Ventimiglia e Genova - La Spezia; un asse interessante la val Polcevera, pi• complesso, in cui si trovano differenti linee, con impieghi diversi e funzioni in parte dedicate (per fare un esempio la linea succursale dei Giovi, cio• via Mignanego, utilizzata dai treni passeggeri a lunga percorrenza, e la linea via Busalla-Isola, impiegata per il trasporto locale). Abbiamo poi un terzo asse, rappresentato dalla linea per Acqui Terme, originante dalla val Polcevera. Un caso a parte • rappresentato dalla linea del Campasso, di cui pi• approfonditamente si parlerˆ in seguito. A tutto ci˜ si devono aggiungere le varie connessioni collÕambito portuale, e un intervento di un certo respiro quale la bretella da Pegli per Borzoli, in fase di realizzazione. Nel corso degli ultimi anni la rete ferroviaria genovese ha visto un sempre pi• forte utilizzo nellÕambito del trasporto urbano, venendo incontro ad una domanda che si faceva sempre pi• pressante, concretizzando cos“ almeno in parte progetti e proposte che erano stati fatti nel corso degli anni per un impiego nella mobilitˆ cittadina della rete ferroviaria.
Ipotesi e proposte Le linee ferroviarie attualmente in uso dovranno essere utilizzate al massimo delle loro potenzialitˆ, aumentando la cadenza dei convogli, in particolare in val Polcevera (attualmente distante dalle frequenze giˆ esistenti sulle altre tratte) nel Ponente, nel Levante, ed anche nella linea per Acqui Terme. Ma quali sono le potenzialitˆ della rete genovese? I parametri che determinano la potenzialitˆ di una linea ferroviaria sono diversi, connessi alla presenza o meno di doppio binario (uno
per direzione), alla tecnologia adottata per gli impianti di segnalazione, al tipo di convogli circolanti, alla disponibilitˆ di parchi merci per lÕinstradamento dei treni, ecc. Sembrerebbero peraltro essere frequenti le controversie tra tecnici su questo argomento. Non raro • inoltre che cose ritenute tecnicamente impossibili si rendano successivamente fattibili, grazie a miglioramenti tecnologici o semplicemente in virt• di modifiche del regolamento, o per ulteriori altre motivazioni (per fare un esempio, la realizzazione di nuovi binari a Brignole sembrerebbe fosse ritenuta impossibile fino a qualche anno fa). C'• poi chi contesta da un punto di vista matematico le stesse formule di calcolo delle potenzialitˆ di una linea. Dalla lettura di diversi testi sullÕargomento, • emersa da parte nostra la convinzione che, a determinate condizioni, vi siano ancora discreti margini "tecnici" di espansione del servizio. Oltre allÕaspetto dellÕaumento quantitativo dellÕofferta vi • quello, per cos“ dire, "qualitativo". In questÕultimo rientra la necessitˆ di realizzare diverse nuove fermate ad uso del traffico locale un poÕ su tutte le linee. Senso di questi interventi • quello di aumentare lÕofferta di trasporto ferroviario urbano in particolare a favore di quella che • la domanda di percorso medio - lungo (ovvero dai 3 - 4 km in su). LÕobiettivo • quello di una ulteriore "metropolitanizzazione" delle linee ferroviarie, tenendo per˜ conto che la ferrovia non dovrˆ tentare una forzata sostituzione del trasporto pubblico di superficie, (come sembrerebbe ipotizzare qualche amministratore locale), perchŽ altrimenti, in questo caso, si correrebbe il rischio di avere solamente un trasferimento di utenza dal bus al treno, e non dal mezzo privato al mezzo pubblico. Una maggiore metropolitanizzazione comporta anche un certo equilibrio di offerta sulle varie tratte, con il progressivo superamento ad esempio, della dicotomia ancora esistente tra il percorso Voltri - Brignole e quello Brignole -Nervi, per arrivare ad un impiego di Brignole in funzione puramente di fermata equivalente alle altre per quanto riguarda il trasporto metropolitano, ed una maggiore presenza di treni Voltri - Nervi e viceversa, effettuanti tutte le fermate.
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La nostra proposta parte da unÕanalisi del nodo ferroviario rispetto a quelle che sono le linee in uso, ma anche riguardo a quelle che potrebbero avere un impiego pi• proficuo. Si sono cos“ fatte diverse considerazioni che hanno portato alla elaborazione di due ipotesi, che possono essere viste come fasi successive lÕuna dellÕaltra o ipotesi differenti tra loro. In tutte e due le ipotesi/fasi configurate, comunque, non sono previsti interventi infrastrutturali forti, e la scelta di uno o dellÕaltro scenario comporta una maggiore o minore riorganizzazione del servizio e una maggiore o minore ristrutturazione della pianificazione complessiva delle stazioni e delle fermate. Nella nostra proposta, infatti, si ragiona su mutamenti minimi della situazione attuale a livello delle infrastrutture: si ipotizzano, ad esempio, spostamenti delle stazioni o fermate giˆ esistenti solamente in un caso e, comunque, non sono ipotizzati interventi infrastrutturali (come passanti o bretelle, per fare un esempio, da realizzare ex - novo), e laddove si prospetti un intervento rivoluzionario rispetto allÕassetto attuale, lo si ipotizza attraverso il reimpiego di linee sottoutilizzate, nel principio di un basso livello di investimenti. Ipotesi A (1a Fase) Mantenimento dellÕassetto attuale, con la rea-
lizzazione di nuove fermate. Ipotesi B (2a Fase) Intervento di ripensamento della rete ferroviaria nella bassa val Polcevera, con il reimpiego della linea del Campasso e realizzazione lungo questÕultima linea di alcune fermate che vanno ad aggiungersi a quelle giˆ ipotizzate nelle ipotesi precedenti. Contemporaneo a questo intervento, lÕeventuale impiego, attraverso treni che facciano la linea Ponente - val Polcevera, del viadotto su via Degola. Questo scenario • lÕunico veramente "forte", in quanto pu˜ mettere in discussione la localizzazione attuale della stazione di Rivarolo, e pone problemi di integrazione con la linea metropolitana. Nel tentativo di meglio spiegare gli interventi, abbiamo proceduto in una suddivisione territoriale tra area centrale, Ponente, val Polcevera, Levante e linea per Acqui Terme. L'area centrale l'area centrale da noi individuata comprende il territorio fra Principe ed il parco merci di Terralba. Per questÕarea prevediamo una serie di interventi di cui i pi• significativi riguardano la realiz-
Il parco ferroviario di Genova - Terralba. A sinistra: il luogo dove potebbe essere realizzata la fermata terminale di Terralba. A destra: il luogo dove ipotizzare la fermata di San Martino.
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zazione di nuove fermate. Ñ Ipotesi di fermata a Terralba: una fermata per la zona di Terralba potrebbe trovare collocazione a una distanza che pu˜ andare dagli 800 metri a circa 1,4 chilometri dalla stazione di Brignole, e rappresenterebbe un tassello importante, in quanto baricentrica con i quartieri di San Fruttuoso, San Martino e parte di Albaro. Una collocazione pi• vicina Brignole accentuerebbe il servizio verso lÕarea centrale di San Fruttuoso, ma non sarebbe semplicissimo; inoltre renderebbe molto pi• complesso il collegamento con la zona universitaria. Nel caso che la stazione sia prevista il pi• possibile a levante, essa servirebbe maggiormente lÕarea di San Martino. In questo caso la fermata si potrebbe creare in corrispondenza dellÕinizio delle gallerie. Si pu˜ certamente ipotizzare anche una stazione sotterranea, con lÕallargamento della galleria, ma rappresenta una soluzione assai pi• costosa, quindi da prevedere in tempi successivi.
CÕ• da dire che una stazione in galleria sarebbe in immediata connessione, attraverso la realizzazione di eventuali ascensori a piano inclinato, opere di un certo costo, con lÕuniversitˆ e lÕospedale, e, attraverso il passaggio interno sottostante corso Gastaldi, o attraverso passerella sopraelevata, permetterebbe un veloce raggiungimento della casa dello studente e delle fermate bus allÕincrocio con via Corridoni. Dai ragionamenti precedentemente effettuati scaturiscono quindi due ipotesi: per la zona di San Martino - Universitˆ - Albaro ipotizzeremmo la fermata in corrispondenza di corso Gastaldi, inizialmente a raso con scalette per raggiungere corso Gastaldi e via Tripoli; successivamente, con lÕapertura di un terzo fornice per una lunghezza di un centinaio di metri, o con lÕallargamento degli spazi comunali giˆ esistenti sotto corso Gastaldi, la realizzazione di una fermata sotterranea collegata con la zona universitaria attraverso impianti di risalita, che potrebbero essere anche solo semplici scale mobili. Il dislivello esistente tra il piano dei binari e
Il parco ferroviario di Genova-Terralba In alto a destra: veduta cartografica della zona dove verrebbe collocata la fermata di S. Martino. A sinistra, sopra e sotto, due vedute dell'area.
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corso Gastaldi va dai 20 ai 25 metri, dislivello considerevole, indubbiamente, giustificabile per˜ in una struttura di tipo ferroviario, in unÕarea cos“ importante (il tempo medio di accesso ai binari sarebbe di circa 2 minuti). Per la zona di San Fruttuoso - Terralba si potrebbe considerare lÕipotesi di utilizzare 2 binari di testa che attualmente terminano in corrispondenza di piazza Terralba (a circa 30 metri dallÕingresso verso la piazza dello scalo merci) come fermata terminale e di partenza dei treni che, invece di fare (ad esempio) il tragitto Busalla - Brignole, farebbero quello Busalla Terralba. Le uscite sarebbero in corrispondenza dellÕingresso principale dello scalo merci, attraverso una scala con il ponte di Terralba, ed anche verso via Casoni. I binari che potrebbero essere impiegati risultano essere tuttora elettrificati e sembrerebbero usati scarsamente dallo scalo merci. Si tratta naturalmente di studiare un piano che non comprometta la funzionalitˆ e la produttivitˆ dello scalo che, ancorchŽ non eccessiva, mantiene una sua importanza, e di studiare una soluzione che non crei interferenze con i binari di accesso al deposito locomotive. La presenza di due fermate, una per la zona di San Martino, unÕaltra per San Fruttuoso, consente di dividere i flussi e riuscire ad accontentare tutte e due le zone, in quanto, altrimenti, con una sola fermata che cerchi di venire incontro alle diverse utenze si finirebbe forse col non dare soluzioni ottimali per nessuna. Si potrebbe, in questa ipotesi, far terminare i regionali che attualmente terminano a Brignole a Terralba e far passare i metropolitani che debbono proseguire verso Nervi passando direttamente sui binari pi• interni, e farli cos“ fermare nellÕipotizzata fermata passante di San Martino. Le distanze risultano pienamente accettabili giˆ per una struttura di tipo ferroviario; la fermata di San Martino disterebbe circa 1,2 - 1,4 chilometri da Brignole, quella di Terralba 1,2 chilometri circa. Ñ Riorganizzazione del nodo di Brignole: lÕipotesi che proponiamo • di assegnazione, in misura maggiore di quanto non sia adesso, di una serie di binari contigui destinati essenzialmente
al trasporto locale, ai treni regionali e a quelli metropolitani. Avremmo cos“ un ulteriore tassello nellÕintegrazione del treno nel trasporto pubblico urbano. LÕutenza imparerebbe abbastanza presto che una certa serie di binari sono destinati alla mobilitˆ locale, usufruendo in modo ancora pi• immediato ed agevole dellÕuso del treno. I treni metropolitani o regionali provenienti da Genova - Principe sotterranea con destinazione oltre Brignole si immetterebbero, attraverso il passante di recente realizzazione, in galleria, per giungere a Brignole lungo un tragitto che possa portare ad una serie di binari prestabiliti, che non necessariamente dovranno essere quelli pi• esterni di recente realizzazione (attualmente spesso destinati al trasporto locale) e potrebbero essere invece quelli pi• interni. Le motivazioni di tale scelta non sono solo da ricercarsi in un miglior rapporto con il pubblico. La scelta di dedicare una serie di binari al trasporto metropolitano e regionale potrebbe rendere tecnicamente pi• facile la connessione e soprattutto la realizzazione della fermata di San Martino, evitando ulteriori intersezioni con il traffico a lunga percorrenza. I treni merci dovrebbero anchÕessi essere fatti transitare nei binari dedicati alla lunga percorrenza. Si tratta di fare scelte, ed in questo caso di privilegiare in misura maggiore il trasporto locale rispetto a quello a lunga percorrenza, assegnandogli in qualche misura dei tragitti preferenziali. I treni che si attesteranno a Terralba potranno invece essere indirizzati a Brignole attraverso i binari pi• esterni o attraverso quelli che meglio si presteranno allo scopo. Ñ Apertura di Brignole verso la val Bisagno e parte di San Fruttuoso: un intervento che si ritiene importante • quello dellÕ "apertura" della stazione verso la val Bisagno, mutando quindi gli equilibri attuali, che vedono Brignole gravitare verso la Foce ed il centro cittˆ, e la ferrovia porsi come barriera tra il "centro" e "la periferia". In questÕottica potrebbe essere interessante ipotizzare la continuazione del sottopassaggio di ponente che dallÕatrio della stazione porta ai
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binari fino a via Canevari, per permettere un accesso pi• rapido ai binari stessi da parte dellÕutenza a monte della ferrovia, che attualmente risulta costretta a percorrere integralmente il sottopasso di Borgo Incrociati per poi entrare in stazione. Eventuali problemi di sicurezza impongono naturalmente una verifica dellÕipotesi proposta; un altro problema pu˜ essere costituito dalla presenza dellÕascensore di nuovo impianto in fondo al sottopassaggio FS verso i binari. LÕalternativa (o un'aggiunta) a questa ipotesi pu˜ essere quella dellÕapertura di un varco dal sottopassaggio pedonale di Borgo Incrociati, verso il sottopassaggio di servizio ai binari, che comporterebbe un scavo non eccessivo, circa una cinquantina di metri, consentendo, oltre che ad un collegamento pedonale pi• rapido, anche ad uno maggiormente diretto tra lÕascensore di via Imperia - corso Montegrappa e la stazione di Brignole. A seconda delle disponibilitˆ finanziarie pu˜ essere sviluppato un progetto pi• o meno rilevante. Quale che sia il progetto migliore, la direzione dovrebbe essere comunque quella da noi indicata.
La ferrovia urbana a Ponente Facendo riferimento alla stagione invernale 1998 - 1999, abbiamo un offerta sulla tratta tra Voltri e Brignole di complessivi 49 treni, (esclusi gli Intercity ed Eurostar) in un arco della giornata che va dalle 7:00 alle 21:00, di cui 45 effettuano tutte le fermate presenti sul percorso, i rimanenti ne saltano qualcuna o, in un caso, partono da Sestri. Offerta pi• o meno equivalente abbiamo in direzione opposta. Dei treni transitanti in direzione Brignole, 21 sono regionali provenienti da Savona, 22 metropolitani in partenza da Voltri, pi• 1 da Sestri, i rimanenti diretti che fanno alcune fermate. Considerando come punto di riferimento Sestri, che risulta essere la localitˆ maggiormente servita, usufruendo anche dei diretti e del metropolitano avente origine dalla sua stazione, abbiamo una media delle frequenze corrispondente a 16 minuti, con diversi momenti, tuttavia, sempre nellÕarco dalle 7:00 alle 21:00, in cui le attese sono superiori ai 20 minuti, ed alcuni momenti alla mezzÕora, fino ad arrivare ad un salto di 49 minuti. Se tali frequenze venissero equiparate a quelle pi• diffuse, ne avremmo che la frequenza me-
In alto a destra: la fermata del Terminal Traghetti potrebbe trovare collocazione in parte in sotterraneo. A sinistra, alto e basso: la zona di San Benigno a Sampierdarena: l'area dove realizzare una ipotetica fermata ferroviaria.
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dia diventerebbe di 14 minuti circa, con la possibilitˆ, se non di un vero e proprio cadenzamento, almeno di una maggiore regolaritˆ, elemento di non poca attrattiva per lÕutente. La nostra ipotesi • quindi quella di "regolarizzare" lÕorario, riducendo a 15 minuti le frequenze attualmente dai 20 minuti in su, e con ulteriori aggiustamenti collaterali, senza tuttavia sconvolgere completamente lÕassetto dellÕorario. Tale intervento comporterebbe lÕintroduzione di 11 nuovi treni; si passerebbe quindi dagli attuali 49 a 60, per un aumento complessivo delÕofferta corrispondente ad un 22% in pi• rispetto ad oggi. Con tale ipotesi i tempi massimi di attesa risulterebbero intorno ai 17 minuti, presenti alcune volte nellÕarco della giornata, arrivando ad una frequenza media di meno di 14 minuti. Nuove fermate a Ponente sulla linea litoranea sono da realizzarsi a Palmaro, Pegli Lido, Fiumara, San Benigno e Terminal traghetti . Il costo di realizzazione di una fermata pu˜ anche essere basso se si prevede una dotazione minima di marciapiedi pensilina, qualche panchina, ecc. Si consideri ad esempio, che la fermata di Costa di Sestri, peraltro piuttosto gradevole, ha avuto un costo di circa 7/800 milioni. Alcune delle nuove fermate potrebbero avere un costo doppio o anche triplo rispetto ai costi sostenuto per la fermata della Costa, in quanto ci trove-
remmo di fronte ad un doppio marciapiede, e, soprattutto alla necessitˆ di realizzare un sottopassaggio pedonale. Tuttavia, anche nella peggiore delle ipotesi, saremmo su costi comunque bassi rispetto al beneficio che se ne avrebbe. La ferrovia urbana a Levante La ferrovia a Levante, da Nervi a Brignole e viceversa • il tratto che pu˜ presentare maggiori vincoli per un eventuale aumento della cadenza dei treni. Tali vincoli sono legati alla contemporanea presenza dei treni a lunga percorrenza e merci, i cui transiti, con tutta probabilitˆ, saranno destinati ad aumentare nei prossimi anni. Analizzando lÕorario dellÕinverno 1998 - 1999, lungo la tratta in questione, in una fascia oraria dalle 7:00 alle 21:00, in direzione Genova, abbiamo 48 treni passeggeri (esclusi gli Intercity e Eurostar) di cui 35 sono metropolitani o regionali effettuanti tute le fermate, 13 Diretti o IR che saltano Quinto, Quarto e Sturla. La ripartizione tra regionali e metropolitani, • in favore dei treni metropolitani, che sono 23, di cui uno da Recco, contro i 12 regionali. Situazione analoga, per quantitˆ e modalitˆ di servizio, abbiamo in direzione levante. Per un utente in attesa a Nervi, che • complessivamente la localitˆ meglio servita (vi fermano infatti anche alcuni treni a lunga percor-
Sopra e a fianco: la fermata di Costa di Sestri.
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renza) la frequenza media di attesa di un treno per recarsi direttamente a Brignole, • di circa 17 minuti. Nel caso di un attesa alla stazione di Quinto o Quarto o Sturla, tale tempo medio sale a circa 23 minuti. La nostra ipotesi sarebbe quella di aumentare lÕofferta di treni metropolitani in maniera tale da poter scendere sotto i 20 minuti di attesa media per le fermate da Quinto, Quarto e Sturla, intervenendo su tutte le fasce orarie al di sopra dei 20 minuti, integrando la frequenza con lÕinserimento di nuovi treni, e intervenendo anche sulla regolaritˆ dei passaggi. La cosa non • semplice, in quanto vi sono margini piuttosto stretti di intervento, stante la presenza dei treni a lunga percorrenza e dei merci. Attraverso lÕinserimento di 9 - 10 treni in pi•, si avrebbe un aumento dellÕofferta su Nervi pari a 58 treni, contro i 48 attuali, per un aumento percentuale di un poÕ pi• del 20%, arrivando ad una frequenza media di 14 minuti. Tale aumento di offerta per Quinto, ad esempio, sarebbe un poÕ meno del 30%, si passerebbe infatti da 35 a 45 treni. Resta da vedere che ruolo assegnare a questi nuovi treni; infatti, se • vero che da e per Recco abbiamo una domanda che sembrerebbe essere consistente, • anche vero che la grossa pressione del traffico privato sul centro cittˆ proviene proprio dalla fascia di levante che va da Sturla -
Quarto fino al centro; occorrerebbe dunque intervenire su tale fascia con unÕaumento dellÕofferta di trasporto ferroviario. (Si tenga presente che giˆ da ora esiste unÕutenza che usa il treno per andare da Sturla in centro cittˆ; lÕobbiettivo dovrebbe quindi essere di acquisirne di nuova, sottraendola al mezzo privato). Peraltro, nellÕottica di una "metropolitanizzazione", occorrerebbe, almeno in teoria, uniformare il massimo possibile lÕofferta di treni in tutta la cittˆ, evitando la presenza di fermate di "serie B" e fermate di "serie A", specialmente nellÕipotesi di realizzazione di nuove fermate lungo il percorso, le quali nella nostra ipotesi, oltre tutto, verrebbero realizzate tra Sant'Ilario e Quarto. Occorre in definitiva una valutazione molto attenta sulla ripartizione. Dei nove, dieci treni in pi•, tre o quattro potrebbero essere dei "super metropolitani", in servizio tra Quarto e Sampierdarena. La scelta ricade su Quarto poichŽ possiede un ulteriore binario, di "precedenza", che Sturla non possiede. La scelta pu˜ anche ricadere su Quinto, ma in questo caso • necessaria la ricollocazione di un binario sul sedime esistente, oggi abbandonato. Tale intervento potrebbe essere comunque opportuno per alleggerire la linea. Per quel che riguarda nuove fermate, proponiamo il recupero della fermata di Sant'Ilario, la realizzazione della fermata di Cattaneo (in
La ferrovia a levante e, a destra, la zona a Quinto in cui ricollocare eventualmente un binario tronco.
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Una fermata potrˆ essere collocata in via prossimitˆ di Murcarolo e di corso Europa e lÕinizio di Nervi, ed infine di Bagnara, tra Quarto e Cantore, in corrispondenza dellÕaccesso autostradale (parzialmente in sotterranea e in gran Quinto. parte in trincea, con il riuso di spazi giˆ esistenLe nuove fermate sarebbero dunque tre. ti). Tale fermata sarˆ di servizio per lÕunitˆ Urbanistica di San Bartolomeo del Fossato, Il reimpiego della linea del Campasso La linea merci del Campasso • una linea fer- comprendente un bacino di utenza di oltre roviaria, forse sconosciuta ai pi•, che dalla zona 10.000 persone, di cui una buona parte potrebdi Rivarolo, attraverso la zona del Campasso be gravitare su di essa, e per chi arriva dallÕausbuca nella parte pi• interna di Sampierdarena tostrada, che potrˆ cos“ connettersi con la staper poi congiungersi a Santa Limbania, nei zione Principe e la metropolitana per pressi di Dinegro, con la linea costiera che rag- raggiungere lÕarea del Porto Antico, lÕAcquario e giunge Principe sotterranea. Tale linea • attual- pi• in generale la parte a mare del centro storimente utilizzata per transito merci e movimenta- co. Se venisse poi realizzato un ascensore verso zione vagoni. La linea del Campasso pu˜ diventare una linea il promontorio, sarebbe possibile catturare anutilissima a servizio della parte interna di che tale bacino di utenza. UnÕaltra fermata potrebbe essere prevista in Sampierdarena e di parte della val Polcevera, purchŽ vengano realizzate alcune fermate e se corrispondenza di Villa Scassi (integralmente in ne ridefinisca il ruolo nellÕambito della rete ad sotterranea) con connessione pedonale con lÕascensore attraverso la galleria esistente, ed, uso urbano del nodo di Genova. Le fermate dovranno essere non pi• di 3 o 4, eventualmente, con il riutilizzo dellÕaltra galleria per arrivare ad un compromesso tra velocitˆ di antiaerea con imbocco da via Botteri. La realizzazione della fermata in corrispondenza di Villa servizio e offerta allÕutenza.
La linea del Campasso presso la scalinata dei Landi. In alto a sinistra: cartografia che evidenzia lo spazio destinato alla fermata.
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Scassi • opera dai costi decisamente superiori rispetto alle altre fermate ipotizzate, in quanto comporta la realizzazione ex-novo della struttura, non la semplice ristrutturazione di spazi esistenti, ma potrebbe risultare importante in quanto il suo bacino di utenza non sarebbe limitato a Sampierdarena alta, ma a tutta lÕarea centrale di Sampierdarena. Tale intervento sarebbe comunque da realizzarsi in un secondo tempo. Una terza fermata verrebbe ad essere in corrispondenza di via Dei Landi, con il reimpiego degli spazi giˆ esistenti all'aperto fra le due gallerie. Tale intervento parrebbe essere quello meno oneroso, e permetterebbe un accesso agevole a tutta la zona di Sampierdarena alta, in un contesto di altissima densitˆ edilizia. Infine si prevederebbero una quarta e quinta fermata, in corrispondenza dell'attuale frabbicato di stazione di Campasso sud e a Certosa in prossimitˆ della fermata della metropolitana. Resta in parte da definirsi la possibilitˆ di una fermata in prossimitˆ di Rivarolo, in quanto la linea del Campasso si inserisce nella linea lenta dei Giovi dopo la stazione di Rivarolo, con cui non cÕ• quindi connessione fisica diretta. Il riutilizzo della linea merci del Campasso ad uso trasporto pubblico, con la realizzazione di nuove stazioni a Sampierdarena, rappresenta un ipotesi molto pi• interessante, ed economica, di quella di un lontanissimo e costosissimo prolungamento del metr˜ a Sampierdarena.
Ci teniamo peraltro a sottolineare che lÕimpiego ad urbano di tale tratta non • un qualcosa che nasce dal nulla, ma unÕipotesi giˆ avanzata nel lontano 1968 dallÕIngegnere Piciocchi1 nellÕambito di un progetto di uso metropolitano del nodo ferroviario genovese, che, forse per una certa miopia politica dei nostri passati governanti, abbagliati dal sogno della realizzazione di una linea metropolitana ex - novo, venne considerata poco interessante. Restano naturalmente diverse cose da definire: in primo luogo il ruolo da assegnare a tale tratta nel complessivo nodo di Genova, ed in particolare rispetto alla val Polcevera. Vi • poi anche la questione del materiale rotabile: i mezzi che dovrebbero percorrere la linea del Campasso dovrebbero essere dei convogli di lunghezza ridotta rispetto a quelli ordinariamente impiegati per il trasporto locale, infatti, gli spazi non sono sufficienti per treni di dimensioni ordinarie; il problema si presenta in parte per la fermata di San Bartolomeo del Fossato - San Benigno, ma soprattutto per quella ipotizzata in corrispondenza di villa Scassi, dove, allargare la galleria per una lunghezza sufficiente ad ospitare i marciapiedi di banchina di un regolare convoglio regionale locomotiva pi• convogli, farebbe lievitare di molto i costi di realizzazione . UnÕaltra motivazione • nella modesta distanza delle stazioni, (tra la fermata dei Landi e quella di villa Scassi - Cantore vi sarebbero poco pi• di
Ò
1 - ÒLa metropolitana di Genova: un esempio di soluzione a basso costo attuabile in poco tempoÓ; da Ingegneria Ferroviaria, aprile 1968.
Sopra: il sottopassaggio di via Cantore che porta all'ascensore per l'ospedale e, a destra, la linea del Campasso presso l'imbocco della sopraelevata da via Cantore. Si noti il binario a sinistra, che • quello che porta verso Santa Limbania.
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400 metri, poco pi• di 500 tra la fermata di villa Scassi e San Bartolomeo del Fossato - San Benigno), che impone lÕuso di motrici con maggior ripresa e minor spazi di frenatura. Ma ci˜, come si vedrˆ, si renderˆ comunque necessario per gran parte dei treni circolanti su tutta la tratta urbana. La linea del Campasso presenta infine come inconveniente che nella galleria da San Benigno fino allÕuscita nei pressi di Santa Limbania, in area portuale, • a binario unico. é comunque un tratto piuttosto breve, intorno ai 700 metri, per cui riteniamo che attraverso sistemi di regolazione si possa far fronte al problema, il che non esclude un eventuale raddoppio se vi sia la disponibilitˆ finanziaria per la realizzazione. Resta fermo un punto: lÕipotesi base, suscettibile di integrazione, di linea val Polcevera Principe via Campasso • comunque giˆ di per sŽ realizzabile con investimenti di pochi miliardi. La ferrovia Urbana in val Polcevera Il discorso sulla ferrovia urbana in val Polcevera • in parte connesso con il reimpiego della linea del Campasso: in base ai ragionamenti prima effettuati ne deriverebbe uno schema in cui parte dei treni, con caratteristiche maggiormente metropolitane (con partenze da Pontedecimo o da Busalla) passerebbe via Campasso, i restanti regionali che provengono da Arquata ed oltre farebbero integralmente la linea lenta dei Giovi, quella cio• che percorrono normalmente adesso i regionali. Il reimpiego della linea del Campasso • comunque previsto in una fase successiva, nella quale se ne potrˆ meglio definire il ruolo; giˆ da ora, al di lˆ di future scelte per la linea del Campasso, (che riguarderebbero comunque solamente la tratta di percorrenza tra Bolzaneto e Sampierdarena), nella linea attualmente in uso bisognerebbe arrivare ad una frequenza giornaliera di treni almeno simile a quella attualmente disponibile a levante. LÕofferta attuale non • infatti soddisfacente: abbiamo in sostanza (prendendo in esame il periodo invernale 1998 - 1999, nella fascia che va dalle 7:00 alle 21:00 dal luned“ al venerd“), nella tratta da Pontedecimo a Sampierdarena Ñ che • in pratica fino a Brignole Ñ 22 treni, di cui 9
metropolitani (6 da Busalla 1 da Pontedecimo) i restanti regionali, di cui 5 da Alessandria, 2 da Novi, 5 da Arquata, 3 da Ronco. Passaggi equivalenti abbiamo anche in direzione Pontedecimo. I treni che percorrono questa linea fermano in tutte le stazioni tra Pontedecimo e Sampierdarena. Dato saliente della linea vecchia dei Giovi • quella di non avere commistione tra treni a lunga percorrenza (che transitano via Mignanego) e i regionali: questo • un elemento che potrebbe comportare meno problemi dal punto di vista dellÕaumento dei treni in transito. In ogni caso, nella situazione attuale di 22 treni, siamo di fronte ad un treno di media ogni 36 minuti (!), che non •, indubbiamente, una media molto alta. Inoltre abbiamo che, anche allÕinterno della fascia oraria 7 - 21, vi sono momenti della giornata in cui lÕattesa diventa di un ora, in due casi di 1h e 30 minuti, e addirittura nella fascia di calma mattinale, di 2 ore. é evidente che "buchi" simili sono quelli che, anche al di lˆ delle frequenze delle ore maggiormente di punta, fanno la differenza tra un servizio ferroviario metropolitano appetibile e un servizio regionale "residuale" per chi non ha la possibilitˆ di utilizzare il mezzo privato. Le nostre proposte sono sostanzialmente tre: una minimale, consistente in un intervento di integrazione della frequenza, una seconda identica nellÕintegrazione, pi• un aumento in alcune fasce orarie (punta mattinale, meridiana, primo pomeriggio e serale) ed infine una terza, pi• consistente, di riorganizzazione del servizio attraverso cadenzamento a 15 - 20 minuti. LÕipotesi minimale prevede come intervento fondamentale lÕintegrazione, attraverso lÕintroduzione di nuovi treni, delle fasce prive di treni, introducendo un cadenzamento a 30 minuti; intervento sulle frequenze superiori a 30 minuti nelle altre fasce, con lÕintroduzione di treni. Questa ipotesi non altererebbe particolarmente lÕassetto attuale dellÕorario, e pi• che intervenire sulla domanda di punta, porterebbe a garantire un cadenzamento, che in parte giˆ esiste, a 30 minuti lungo gran parte dellÕarco della giornata. Con tale ipotesi, che comporterebbe lÕintroduzione di altri 8 treni, da 22 si passerebbe a 30 minuti con un aumento quantificabile in oltre il
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30%. La frequenza media tra due treni passerebbe da 36 a 27 minuti. Bisogna per˜ rammentare che il miglioramento complessivo sarebbe nellÕarco della giornata tra le 7:00 e le 21:00, con benefici modesti rispetto allÕofferta nelle altre fasce non toccate dallÕintegrazione, in cui i tempi medi di attesa diminuirebbero solo di poco. LÕipotesi media prevede un intervento ulteriore, rispetto allÕipotesi minimale anche su altre fasce, portando i tempi di attesa tra convoglio e convoglio a 15 minuti in punta mattinale, portandolo a 20 minuti nella maggior parte dei momenti in cui • a 30 minuti, portando a 30 minuti le fasce orarie che originariamente erano a 120 minuti e 60 minuti. Complessivamente, con questa ipotesi, si integra il servizio con 12 - 13 nuovi treni, per un offerta complessiva di 32 - 33 treni, pari ad un incremento intorno al 45%. LÕipotesi forte prevederebbe una totale riorganizzazione del servizio, introducendo un cadenzamento a 20 minuti per le fasce che sono attualmente a 30 o pi•, e a 15 minuti in punta mattinale, fascia meridiana, e serale dalle 17:00 alle 20:00. QuestÕultima ipotesi, assai pi• delle precedenti prevede una completa riorganizzazione del servizio non solo su scala metropolitana, ma regionale ed extra regionale. Se quindi il grosso dellÕofferta dovrebbe essere da Busalla e oltre, attraverso nuovi treni metropolitani, la riorganizzazione del servizio dovrebbe interessare anche il servizio regionale da Alessandria, tenendo peraltro conto che sia Novi, che Arquata, e Ronco usufruiscono di connessione con servizio a lunga percorrenza, ed • Busalla, in realtˆ, con il suo comprensorio, Savignone, Sarissola, ecc. ad essere penalizzata dalla situazione attuale. DÕaltronde, • anche vero, che, per incrementare adeguatamente il numero di treni circolanti, non si pu˜ farlo in presenza di tratte eccessivamente lunghe. Anche in questo caso, dunque, cos“ come per la tratta del levante, va fatta unÕattenta valutazione su come incrementare il servizio. Con lÕipotesi forte, si arriverebbe ad una frequenza media media 17,5 minuti, per un totale di 48 treni, (24 in pi• rispetto allÕofferta attuale)
per un aumento quantificabile in oltre il 50% in pi• rispetto ad oggi. Per quel che riguarda nuove fermate, esse sono da realizzarsi a San Quirico, che diventa fondamentale in vista della sciagurata ed oramai quasi completata espansione edilizia ed a Teglia; un ulteriore fermata sarebbe da realizzarsi tra Sampierdarena e Rivarolo, di servizio anche per lÕarea di Campi, (sia pure dallÕaltra parte del Polcevera) che sarebbe di utilizzo anche per i treni da e per Acqui Terme. QuestÕultimo intervento sarebbe da realizzarsi indipendentemente dalla sorte che potrebbe toccare alla stazione di Rivarolo. La linea Acqui Terme - Genova La linea di Acqui Terme interessa una direttrice che non si pu˜ propriamente definire metropolitana, in quanto • tangente allÕabitato genovese. La domanda potenziale • inferiore a quelle delle altre linee; peraltro la stessa offerta • piuttosto debole. NellÕarco tra le 7:00 e le 21:00, i treni transitanti da Acquasanta in direzione Brignole (dal luned“ al venerd“, 1998 - 1999) risultano essere 9, di cui solo tre effettuano tutte le fermate tra Acquasanta e Sampierdarena (gli altri saltano la localitˆ Granara, sopra Pegli). La frequenza media tra treno e treno • di circa 90 minuti (!) con tempo minimo di attesa di 40 minuti, ma con momenti in cui, tra due treni, passano oltre due ore. é evidente che, in queste condizioni, le eventuali potenzialitˆ, non solo metropolitane, della tratta, non possono essere, a nostro parere, nemmeno verificate. Si consideri, ad esempio che lÕapertura della fermata della Costa di Sestri, ha in qualche ma niera attratto utenza, che per˜ non pu˜ crescere con il mantenimento di frequenze simili. La nostra ipotesi • quella di fornire quantomeno la sicurezza della presenza di treni lungo tutto lÕarco della giornata, (eliminando la fasce vuote), impostando quindi un cadenzamento fisso a 60 minuti, salvo per la fascia mattinale di punta, per quella meridiana e per quella serale, in cui si passerebbe a 30 minuti. Si arriverebbe quindi a 18 treni, contro i 9 attuali, per un aumento percentuale del 100 %. Attualmente tutti i treni effettuano il percorso da Acqui Terme a Brignole; • da verificare se
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sia opportuno intensificare la frequenza dei regionali, oppure non convenga istituire dei metropolitani che partano da localitˆ intermedie. Per quel che riguarda lÕorganizzazione del servizio, ci sembra opportuno rivalutare Granara come fermata, quantomeno ad uso 'turistico', ristabilendo lÕarresto di tutti i treni presso la localitˆ. Nuove fermate potrebbero essere realizzate in numero di due, una sarebbe quella giˆ citata di Certosa-Campi, in comune con la linea ferroviaria urbana della val Polcevera, lÕaltra riguarderebbe Fegino, all'estremitˆ est della galleria di Borzoli. Assetto regionale o assetto metropolitano? Va indubbiamente approfondito che tipo di ruolo attribuire alla ferrovia, se maggiormente urbano o suburbano - regionale. Due possono essere gli elementi in gioco: a) valutazione della domanda; b) volontˆ di modifica della stessa. Il primo punto (a) contempla unÕanalisi della potenziale o attuale domanda, e lÕaumento di offerta seguirebbe le tendenze dellÕutenza, la differenza sarebbe quindi solamente di ordine quantitativo. Anche se apparentemente semplice, unÕanalisi di questo tipo non pu˜ essere affrontata superficialmente. Il punto (b) affronta la questione secondo una visione che, ancor prima che trasportistica, • urbanistica, se non addirittura filosofica, perchŽ va ad incidere su quello che sono gli equilibri tra il capoluogo e lÕhinterland, sullÕidea stessa di cittˆ e di comprensorio urbano. Infatti non sono solo le infrastrutture a modificare lÕassetto del territorio, ma anche, sia pure a tempi non brevi, i servizi. Decidere un assetto a priori del servizio ferroviario significa orientare le trasformazioni socioeconomiche, incoraggiarle o disincentivarle. In mancanza di dati certi, e di una visione chiara dellÕidea di cittˆ che si vuole, Ñ che potrebbe comunque definirsi maggiormente con lo sviluppo o meno dellÕarea metropolitanaÑ lÕipotesi pi• semplice rimane quella di una estensione quantitativa del servizio, mantenendo inalterate le percentuali di suddivisioni dei treni, o anche attraverso una verifica sulla pressione
veicolare autostradale nei confronti della cittˆ, orientando il servizio in maniera da renderlo concorrenziale rispetto allÕautovettura. Assetto futuro del nodo di Genova Ñ il materiale rotabile: con lÕassetto da noi prospettato si avrebbe un aumento del numero delle fermate (si passerebbe nellÕambito della rete metropolitana dalle attuali 20, compreso Vesima, a 33 considerando quelle del Campasso, 35 se si considerano quella ipotizzate a Fegino e a Certosa - Campi. Eccezion fatta per la fermata di Fiumara, che si troverebbe a soli 500 metri dalla stazione di Sampierdarena, e la cui funzione non sarebbe tuttavia costante, ma verrebbe attivata solo in occasione di manifestazioni connesse al nuovo uso dell'area e della possibile costruzione del nuovo Palasport, tutte le fermate ipotizzate si troverebbero ad una distanza fra di loro uguale o superiore ai 700 metri. Questo evita di snaturare la rete genovese, che • comunque una rete ferroviaria, e perchŽ non • obiettivo della nostra ipotesi di trasformare la ferrovia in un metr˜, ma di creare un sistema trasportistico di ferrovia urbana che, come detto allÕinizio, sia complementare al trasporto pubblico di superficie. Un aumento delle fermate, se significa nuova potenziale utenza, vuol per˜ dire possibili elementi negativi per lÕefficienza del servizio, in primo luogo per quel che riguarda la velocitˆ commerciale e di conseguenza ulteriore congestione delle linee. Quanto detto, se non dovrebbe essere un problema particolare per parte della val Polcevera e per la linea per Acqui Terme, lo • molto di pi• per il Levante ed anche per il Ponente. Dunque, per poter sopportare un nuovo carico sulle linee, ed anche per garantire un servizio maggiormente "metropolitano", • necessario ricorrere a materiale rotabile con maggiori standard di accelerazione e decelerazione, per far si che i tempi di percorrenza, anche con lÕistituzione di nuove fermate non crescano, ma anzi, se possibile, diminuiscano. LÕacquisto di quattro cosiddetti TAF (Treni ad alta frequentazione) recentemente fatto dalla Regione, potrebbe andare nel senso di quanto da noi detto; si tratta infatti di veicoli con stan-
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dard di accelerazione e decelerazione molto elevati, dalle caratteristiche quasi equivalenti a quelle di convogli metropolitani. é tuttavia evidente che quattro treni per tutta la regione, rispetto al parco veicoli complessivo del nodo di Genova rappresentano ben poca cosa. Inoltre, essendo veicoli a due piani e muniti di solamente due porte per lato per vagone, hanno tempi di incarrozzamento non brevi, senza contare che il costo di tali veicoli • molto elevato (13 miliardi lÕuno2). Riteniamo dunque che, pur essendo corretta da un punto di vista teorico la scelta dei TAF, si debbano seguire anche altre strade per garantire maggiori standard di velocitˆ commerciale, e viste le scarse finanze disponibili, facendo in qualche maniera di necessitˆ virt•. Ci˜ si potrebbe anche ottenere con una diminuzione dei "moduli" cio• delle singoli parti che costituiscono un convoglio ferroviario o anche sullÕesempio dei mezzi circolanti sulla tratta del passante ferroviario di Napoli. I treni pi• diffusi nella nostra cittˆ ad uso del trasporto locale, sono strutturati secondo lo schema motrice - rimorchi intermedi - motrice, con le due motrici contemporaneamente in uso, in funzione di trazione e di spinta. Il numero dei rimorchi potrebbe essere ridotto, a scapito della capienza complessiva che passerebbe da circa 800 persone a meno di 400 in
caso di totale eliminazione degli stessi, ma se ne avrebbe un minor peso, e, di conseguenza, maggiori prestazioni nelle accelerazioni e decelerazioni3. La minor capienza verrebbe compensata da un aumento complessivo dei treni disponibili. Va considerato che in diverse fasce orarie il treno ha una frequentazione buona ma spesso non sufficiente a occupare tutti i posti disponibili, e solo in alcune fasce orarie il treno risulta veramente affollato. Si pu˜ anche ricorrere, come • stato fatto a Napoli, alla "ristrutturazione" degli interni, diminuendo il numero dei posti a sedere, sostituendoli con sedili simili a quelli in uso nei convogli delle metropolitane, ed il conseguente aumento di quelli in piedi. é per˜ da vedere se questo verrebbe gradito dalle persone che il treno lo utilizzano, infatti significa viaggio in piedi per molti, e, se seduti, sicuramente con minor comoditˆ rispetto a quanto accade ora. (Senza contare che per alcuni lÕidea di prendere un treno • pi• attraente rispetto a quella di prendere qualcosa di simile ad una metropolitana). Un treno • spesso pi• gradevole di un convoglio di metr˜, che ha in sŽ lÕidea di frequentazione massiccia, di promiscuitˆ, ecc. Andrebbe quindi fatta una mediazione tra varie esigenze, che porti ad una maggiore capienza interna con una contenuta riduzione di posti
2 - Fonte: Proposta di deliberazione della Giunta regionale avente ad oggetto: ÒPiano di intervento per gli investimenti nel settore dei trasporti pubblici locali. Legge 18 giugno 1998, n. 194Ó . 3 - I convogli a cui si fa riferimento sono le cosiddette ALE 801/940, impiegate nella composizione motrice + 2 rimorchi + motrice. Con la riduzione a 1 dei rimorchi, o addirittura a nessuno, si avrebbe un aumento delle prestazioni considerevole; i posti offerti, ovviamente, si dimezzerebbero.
un TAF (Treno ad alta frequentazione) e, a destra, una ALE 801 in transito alla periferia di Roma (foto tratta da la rivista I Treni, n.152, sett. 94). La presenza di convogli dotati di grande accelerazione potrebbe essere una soluzione per un uso urbano della ferrovia a Genova. Tuttavia, non • detto che la soluzione ottimale stia nei TAF.
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a sedere. Oltre alla soluzione dellÕimpiego di treni a moduli ridotti, quindi attraverso lÕimpiego di elettromotrici sgravate in parte o completamente dei rimorchi intermedi, unÕipotesi meno economica, ma ugualmente percorribile potrebbe essere rappresentata dallÕacquisto di elettromotrici, (anche usate) con alimentazione a 3.000 volt, (compatibile con quella ferroviaria), equivalenti a quelle in uso su alcune linee di metr˜, italiane e non. Questa soluzione porterebbe indubbi vantaggi, tra i quali la presenza di un numero elevato di porte, che consentirebbe tempi minori di incarrozzamento, accelerazioni uguali a quelle di un metr˜, piano di calpestio ad altezza dei marciapiedi ecc. con il modesto svantaggio di un minor comfort di viaggio. é probabile che anche lÕacquisto su ordinazione di tale materiale (in caso non sia pi• impiegabile materiale rotabile giˆ in uso in altre realtˆ perchŽ fuori produzione) con la progettazione ad hoc di convogli impiegabili nella tratta urbana di Genova, venga a costare, a conti fatti, considerevolmente di meno rispetto allÕacquisto dei TAF. Per concludere, unÕultima ipotesi da poter prendere in considerazione per aumentare la cadenza dei treni Ñ forzando in qualche maniera quelli che sono i "vincoli" della rete Ñ potrebbe essere quella di diminuire la cosiddetta distanza di blocco, che un poÕ pi• volgarmente potremmo chiamare la distanza di sicurezza tra un treno e lÕaltro, e che • attualmente commisurata rispetto ad una rete in cui transitano treni a lunga percorrenza. Abbiamo esposto tale ipotesi in quanto, in una visione di metropolitanizzazione della ferrovia, occorre a nostro parere intervenire su aspetti differenti. Tuttavia tale ipotesi pu˜ presentare non poche incognite dal punto di vista della sicurezza. Interventi di riorganizzazione del servizio NellÕobiettivo di un servizio ferroviario urbano risulta importante una parziale riconsiderazione della filosofia del servizio stesso. NellÕintroduzione si • detto della necessitˆ di considerare Principe, e soprattutto Brignole, come fermate equivalenti alle altre presenti sulla
rete. La situazione attuale • invece che la maggior parte dei treni, (anche i metropolitani Voltri Nervi), effettua soste a Brignole che sono di gran lunga superiori a quelle comprensibili rispetto ad un maggior tempo di incarrozzamento determinato dallÕimportanza della stazione. Si pensi che dei treni Voltri - Nervi, solo due fanno 1 minuto di sosta a Brignole: tutti gli altri hanno tempi di sosta che vanno dai 3 ai 9 minuti. é chiaro che tempi di attesa simili continuano a rendere poco attraente lÕuso del treno per chi debba, ad esempio, attraversare lÕarea centrale, o addirittura per chi, anche solo da Principe debba recarsi nel Levante o viceversa. Un servizio cos“ configurato, anche percettivamente, • distante dallÕidea di una ferrovia urbana: i tempi sono ancora quelli di un servizio locale, se non addirittura quelli della lunga percorrenza. Un intervento generale di riduzione dei tempi di sosta alle fermate urbane potrebbe contribuire ad un servizio maggiormente rapido. Stando agli orari commerciali in visione al pubblico, i tempi di sosta non sarebbero meno di 1 minuto; • tanto, se raffrontato con i 20 secondi, ed anche meno, di sosta dei convogli delle metropolitane. Per˜ il convoglio di un metr˜ pu˜ contare su tutta una serie di caratteristiche strutturali che contribuiscono a tempi di ingresso molto pi• rapidi. Se, per ipotesi, i tempi di "incarrozzamento" attuali venissero dimezzati, giˆ solo nella tratta Voltri - Brignole, si avrebbe un guadagno di tempo di 3,5 minuti. La riduzione dei tempi di sosta pu˜ essere un ulteriore tassello della ÒmetropolitanizzazioneÓ, in un una filosofia di velocizzazione del servizio imposto anche dallÕaumento del numero delle fermate. ÑI riflessi sullÕarea tra Sampierdarena e Terralba a seguito delle nostre proposte: giˆ ora, nella tratta centrale che va dalle stazioni di Sampierdarena e Brignole, transitano (inverno 1999 - 2000, 7:00 - 21:00, luned“ - venerd“) dalla stazione di Sampierdarena in direzione di Brignole, 87 treni, che si riducono a 81 se si
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escludono i diretti che, pur facendo tutte e tre le fermate, non ne fanno altre prima e dopo. Nel computo non rientrano i diretti e gli IR che effettuano il tragitto Sampierdarena - Principe e non arrivano a Brignole; 81 treni al giorno, dalle 7:00 alle 21:00 significano, in linea teorica, circa un treno ogni 10 minuti; in linea teorica, appunto, perchŽ non vi • alcuna forma di cadenzamento effettivo. Si ha cos“ come risultato che vi sono diversi treni che a Sampierdarena arrivano pressappoco allo stesso orario, da direzioni differenti, e momenti di vuoto di oltre 20 minuti. La mancanza di regolaritˆ nel passaggio dei treni nellÕarea centrale • uno dei fattori che contribuisce a non rendere appetibile un uso della ferrovia per lÕattraversamento dellÕarea che va da Sampierdarena a Brignole. NellÕambito della prima fase o ipotesi A, con lÕincremento delle varie linee da noi ipotizzato, avremmo che nellÕarea tra Sampierdarena e Brignole da 81 (87) treni, si passerebbe a 81 pi• 9 da Acqui, pi• 12 da val Polcevera Ñ ipotesi media Ñ pi• 11 da Ponente; quindi un totale di 113 (119). La media di attesa teorica tra treno e treno nellÕarea centrale passerebbe intorno ai 7 minuti, equivalenti a quelli di altri ÒpassantiÓ di cittˆ europee. Con la realizzazione delle fermate di San Benigno e Terminal Traghetti, ma soprattutto con quella di San Martino e Terralba, si avrebbe un passante ferroviario urbano per lÕarea centrale che nulla avrebbe da invidiare a quelli di molte realtˆ in Europa. é chiaro che un cadenzamento o perlomeno una maggior regolarizzazione dei transiti in area centrale presuppone evidentemente la riorganizzazione degli orari dei treni delle linee da Ponente, dalla val Polcevera e da Acqui Terme, oltre che da levante, per evitare il pi• possibile la sovrapposizione, che si manifesta soprattutto a Sampierdarena verso levante. Anche per quel che riguarda gli orari • quindi ipotizzabile un percorso per fasi: inizialmente intervenendo sulle singole direttrici, ponente, val Polcevera, levante con aumenti delle frequenze, integrazioni ecc., per arrivare gradualmente ad una definizione complessiva degli orari che porti, se non ad un vero e proprio cadenzamento,
che potrebbe essere in alcune fasce orarie in parte superfluo, quantomeno ad una "regolarizzazione" dellÕofferta, che permetta di usufruire compiutamente dei miglioramenti del servizio anche nelÕarea centrale, in particolare per quelle che sono le ore di maggior frequentazione. Con lÕavvio della successiva fase di impiego della linea del Campasso e lÕeventuale introduzione di treni effettuanti il tragitto val Polcevera Ponente, sarebbe ovviamente necessario un ulteriore riassetto dellÕorario. Le nuove (e vecchie) fermate: collocazione e caratteristiche generali La collocazione delle vecchie fermate Nella nostra ipotesi, come si • detto, non si • ipotizzato (a parte il caso di Rivarolo da verificare nella fase di reimpiego della linea del Campasso) nessun spostamento delle fermate o stazioni esistenti; tuttavia • opportuno fare qualche riflessione sulle attuali collocazioni. Le stazioni genovesi non sempre risultano essere collocate nella migliore delle posizioni rispetto allÕabitato; si veda ad esempio il caso di Voltri; la sua collocazione, in parte traslata verso est dal punto di vista degli accessi, successivamente allÕintervento sulla rete avvenuto negli anni sessanta/settanta, risulta un poÕ decentrata rispetto al nucleo urbano storico di Voltri, anche se in posizione migliore per parte dellÕabitato del CEP Ñ Voltri 2 Ñ e in diretta connessione non solo con la linea 1 AMT, ma anche rispetto al 101, al 199, ecc., essendo sottostante lÕincrocio tra via Voltri e via Ventimiglia; per contro lÕaccessibilitˆ della stazione stessa non • ottimale, occorre infatti percorrere un sovrappasso e diverse scale. La stazione di Rivarolo • in una posizione molto buona rispetto allÕabitato, per˜, essendo collocata pi• a nord, non intercetta la linea per Acqui Terme; risulta in compenso troppo a sud rispetto allÕinnesto della linea del Campasso nella linea "lenta" dei Giovi. Per quel che riguarda Cornigliano, si parla da diverso tempo di spostamento della stazione stessa: la sua posizione appare in effetti decentrata rispetto allÕabitato, tuttavia • in diretto contatto con via Cornigliano e le linee 1 - 2 - 3, ed un suo spostamento va quindi valutato attentamente.
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La stazione di Quarto sembra essere in una posizione in parte marginale; risulta un poÕ poco centrale rispetto al nucleo del quartiere, anche se abbastanza vicino alla strada litoranea. In generale la collocazione delle fermate risulta migliore a Ponente, meno buona a Levante. La stazione di Nervi • senzÕaltro ottimamente collocata rispetto ai parchi ed alla passeggiata, per un uso quindi, "turistico", meno buona la sua funzionalitˆ per lÕabitato; a ci˜ potrebbe rimediare la realizzazione delle fermate di Sant' Ilario e Cattaneo. Vi sono poi alcune ipotesi di spostamento delle attuali stazioni, si veda il caso di Prˆ, e Sestri, sulle quali va aperta una riflessione approfondita, in quanto si avrebbe un decentramento delle stazioni stesse rispetto allÕutenza. La questione di una valutazione sulla migliore collocazione delle fermate esistenti, merita peraltro uno studio apposito, che, nel nostro caso, troverˆ spazio di approfondimento nellÕallegato specifico destinato alle infrastrutture ferroviarie. Ñ Criterio di collocazione delle nuove fermate: il criterio seguito per ipotizzare le nuove fermate si • basato sul raggiungimento di equilibrio tra la ricerca di possibile nuova utenza, anche in previsione di avviati, anche se non necessariamente auspicabili sviluppi insediativi o industriali, e il tentativo di non scendere mai sotto i 700 metri di distanza tra una stazione - fermata e lÕaltra, per mantenere in ogni caso il carattere "ferroviario" della rete. Le varie collocazioni sono state ipotizzate anche tenendo conto di possibili nuovi assetti delle fermate esistenti, in modo che, comunque, non si vada a compromettere migliori collocazioni future. In merito ad altre fermate da noi previste, non si • in qualche caso, volutamente tenuto conto di progetti in corso di elaborazione, in quanto li si riteneva o ininfluenti per il sistema di trasporto ferroviario urbano o di previsione particolarmente lontana nel tempo. Si • fatta in generale una valutazione sulla densitˆ abitativa, ma si • ritenuto in qualche caso proporre nuove fermate anche laddove non vi fosse apparentemente un contorno edificato sufficiente (per esempio nel caso della fermata di Fegino) se questo poteva garantire una connessione attualmente debole.
Ñ caratteristiche generali delle nuove fermate ed interventi sulle esistenti: le fermate ferroviarie, sia quelle esistenti che quelle ipotizzate, devono porsi in misura maggiore come punto di riferimento per la cittˆ, e questo riguarda non solo gli aspetti infrastrutturali (esempio le eventuali connessioni con il trasporto pubblico), ma anche quelli legati alla "visibilitˆ" delle stesse, dal punto di vista dellÕinformazione ai cittadini, dei servizi, ecc. Con il venir meno parziale o totale del presenziamento delle stazioni, queste si sono trasformate in un luogo, in cui, se va bene, si trovano affissi gli orari, e nei quali, in ogni caso, manca qualsiasi tipo di servizio, anche quelli che dovrebbero essere essenziali, come le emettitrici di titoli di viaggio: non parliamo poi di indicatori che segnalino lÕarrivo dei treni; fortunatamente sono ancora attive le campanelle di segnalazione (leopolder), che in qualche maniera perlomeno avvisano del passaggio di un treno (bisogna poi vedere se • quello che si sta aspettando). Occorrerebbe dunque intervenire sulle fermate esistenti non presenziate collocando emettitrici, posto di telefono, WC pubblico automatico tabellone indicatori dei treni in arrivo, orologio, oltre ad una sistemazione un poÕ pi• gradevole degli orari, in apposite bacheche illuminate. Occorrono quindi interventi che alzino anche da un punto di vista qualitativo il servizio, evitando possibilmente spese in attrezzature elettroniche sofisticate e di conseguenza delicate. Le fermate - stazioni ferroviarie dovrebbero porsi come punto di riferimento per la cittˆ: quindi andrebbero collocati gli orari anche esternamente alle fermate stesse, in corrispondenza delle fermate bus pi• vicine, o anche semplicemente al di fuori della struttura, in maniera che lÕeventuale utente non debba necessariamente entrarvi, ma possa giˆ dallÕesterno sapere lÕorario di passaggio dei treni. Pannelli segnalatori potrebbero essere collocati esternamente per indicare arrivi e partenze. Resta un ultimo fattore riguardante lÕinformazione; dovrebbe essere maggiormente curata la segnaletica indicante la stazione o fermata della ferrovia, eventualmente anche con segnaletica ad hoc, e posizionata in punti strategici rispetto in particolar modo alla mobilitˆ pedonale ed al
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trasporto pubblico, in maniera da consentire un pi• rapido ed agevole accesso ai treni. é vero che lÕutente abituale sa benissimo dovÕ• la fermata e spesso anche che ora vi siano i treni, ma una maggiore visibilitˆ • anche un segnale psicologico che significa: la ferrovia cÕ•, ed • un bene comune, non un corpo estraneo che toglie spazio alla cittˆ. Un pi• facile raggiungimento delle fermate ferroviarie • peraltro necessario anche a favore di eventuali turisti in visita nella nostra cittˆ, e se in qualche maniera gli intendimenti sembrerebbero essere quelli di incrementare il turismo, una maggiore informazione sui servizi della cittˆ diventa essenziale. Resta poi lÕimportante questione dellÕaccessibilitˆ delle fermate, rispetto a quella che • la loro dimensione architettonica. La configurazione delle stazioni attuali, strutturate appunto come stazioni, in una logica di luogo in cui si entra, si fa il biglietto, si va al binario ecc., risulta superata dalle nuove esigenze di un uso pi• urbano del treno, risultando spesso un vincolo ad un veloce accesso ai binari. Occorrono dunque interventi strutturali, in primis lÕapertura di accessi ulteriori verso pi• parti della cittˆ: • infatti frequente che la stazione abbia un accesso unico, risultando quindi "impermeabile" ad altre parti della cittˆ. Sarebbe poi necessaria la collocazione di scale mobili, nei molti casi in cui la ferrovia corre in
rilevato, soprattutto a levante, o altre infrastrutture di risalita, Ñ utili per la fermata della Costa di Sestri Ñ e la graduale realizzazione di strutture a servizio dei disabili. In qualche caso occorre intervenire riadeguando sottopassaggi di servizio che risultano inadeguati per dimensioni rispetto ai flussi di utenza attuale (ed •, ad esempio, il caso di Sestri Ponente). Un altro elemento importante • quello dei marciapiedi, che, al contrario delle convenzionali banchine ferroviarie, dovrebbero essere ad unÕaltezza superiore, per diminuire al minimo il dislivello tra marciapiede e convoglio, analogamente a quanto • stato in parte fatto per i binari 8 e 9 di Brignole, e come • giˆ da tempo realtˆ sulla Mentone - Nizza delle SNCF o sulla Milano - Saronno delle FNM. LÕintervento andrebbe fatto non solo per le nuove fermate, ma anche nelle vecchie stazioni, in cui andrebbe eseguito un progressivo innalzamento, ove possibile e non confligga con il transito dei treni merci, dei marciapiedi. La ferrovia e i "tempi" della cittˆ Analizzando gli orari dei treni transitanti in ambito genovese, emerge chiaramente un dato: lÕofferta di treni che durante i giorni feriali, dal luned“ al venerd“, bene o male, soddisfa almeno una parte della domanda, cala in misura considerevole il sabato, e drasticamente la domenica
La stazione di Quinto al mare.
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e nei giorni festivi. La mobilitˆ delle persone, (ammesso che cali il sabato e la domenica e non si differenzi solamente rispetto agli altri giorni), non cala in misura cos“ considerevole da giustificare una riduzione simile del servizio; di fatto nei giorni festivi scompaiono i treni metropolitani. Per fare qualche esempio, si pensi che nella tratta Brignole - Nervi, il numero dei treni complessivi passa dai 53 dei giorni feriali a 30 del sabato e 25 del festivo; la domenica si ha quindi meno della metˆ dei treni di un giorno feriale. In particolare, il numero dei treni che effettuano tutte le fermate tra Brignole e Nervi scende da 33 a 10 nei festivi. Analoghe considerazioni valgono per le altre tratte. (Si vedano, in proposito, i grafici). "Metropolitanizzazione" del servizio significa anche superare differenze che oramai da diverso tempo vanno attenuandosi: le persone escono e si muovono anche per motivi differenti da quelli lavorativi, e di questo • necessario rendersi conto nellÕorganizzazione del servizio. Le differenze andrebbero quasi completamente superate per quel che riguarda il sabato, giorno in cui dovrebbe esserci una disponibilitˆ di treni pressochŽ equivalente a quella dei normali giorni feriali.
Per quel che riguarda la domenica, tenuto conto che spesso la tendenza • di uscire dallÕambito cittadino, il rafforzamento del servizio dovrebbe essere minore, tale per˜ da avvicinarsi allÕofferta attuale del sabato. Ferrovia e trasporto pubblico di superficie Quale deve essere una possibile ipotesi di assetto del trasporto di superficie rispetto alle fermate ferroviarie? La nostra ipotesi parte dal presupposto che la ferrovia debba assolvere un ruolo importante, ma non sostituivo del trasporto di superficie. Occorre tener presente, infatti, che in non pochi settori del Comune e dellÕAMT si accarezza lÕidea di ridurre drasticamente il servizio di superficie, ipotizzando un travaso di utenza verso il treno. Questa idea piace per vari motivi, intanto economici, Ñ soprattutto da parte dellÕAMT che intravede la possibilitˆ di un taglio notevole di corse, quindi di turni, di personale, ed in conclusione di costi Ñ tutto ci˜ indipendentemente dai bisogni della cittadinanza, che sembrano a volte essere poco presenti nelle scelte dellÕAzienda. Il Comune spinge di suo, per analoghi motivi, ma anche per una sostanziale insensibilitˆ nei
Confronto transito treni Tratta Brignole - Nervi
Tratta Voltri - Brignole
70 65 60 55 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0
tutti i treni (compresi quelli
tutti i treni (compresi quelli
che non fermano tra Brignole e
53
Nervi)
33
30 14
luned“-
treni che effettuano tutte le fermate
sabato
25 10
numero treni transitanti
numero treni transitanti
treni che effettuano tutte le fermate
festivi
70 65 60 55 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0
che non fermano tra Brignole e Nervi)
luned“venerd“
venerd“
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sabato
festivi
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confronti degli utenti, forse perchŽ non hanno un gran peso elettorale, tenuto oltre tutto conto che il mezzo pubblico deve spesso sottrarre spazio alla sosta veicolare, che invece • diventata, anche grazie alla cassa di risonanza offerta dai mezzi di comunicazione locali, una sorta di strumento di gestione del consenso. Coerente con tale visione • lÕipotesi di attestamento massiccio (e indiscriminato) di numerose linee nei pressi delle stazioni o fermate ferroviarie, di cui sia parla giˆ da tempo. Se • evidente che una buona integrazione tra i vettori presuppone anche una politica di questo tipo, • altrettanto evidente che essa debba essere condotta nellÕottica di un miglioramento del servizio pubblico, non in quella del risparmio economico, o ancora peggio per accontentare alcune categorie di cittadini, ovviamente non utenti. Lo spostamento di linee e percorsi bus, • sovente affrontato con colpevole leggerezza ed approssimazione. Quale dovrebbe essere un modello di integrazione? 1) considerare il treno come complementare al trasporto di superficie, quindi la presenza del vettore ferroviario non esclude la necessitˆ di percorsi protetti per il trasporto pubblico; anzi, a maggior ragione essi vanno realizzati, per impedire che via sia solo uno spostamento di utenza, mentre lÕobbiettivo • la diminuzione del traffico privato, e per far ci˜ • necessario fornire un servizio affidabile e diversificato. Quindi niente di pi• sbagliato della politica, giˆ attuata in alcuni casi dallÕAMT, che a X treni aggiunti corrispondono X bus tolti. La ridefinizione del servizio pu˜ esserci al massimo in senso qualitativo, non quantitativo. 2) ipotizzare attestamenti di una linea solo dopo unÕattenta verifica dei movimenti di utenza della linea stessa. Gli investimenti necessari Per quantificare gli investimenti sulle infrastrutture abbiamo fatto alcune valutazioni sui costi degli interventi previsti nella nostra ipotesi. La realizzazione di nuove fermate rappresenta
lÕaspetto pi• saliente della nostra proposta. I riferimenti a disposizione per poter fare delle stime sono quelli relativi al collegamento pedonale tra Principe sotterranea e la fermata del metr˜ di Principe, quantificato in 6 miliardi4, e lÕintervento di realizzazione della fermata della Costa di Sestri per cui sarebbero stati spesi intorno ai 700 - 800 milioni. Considerando tuttavia che lÕintervento della Costa di Sestri riguarda una linea a binario unico e che non ha comportato la realizzazione di sottopassi pedonali, si pu˜ ipotizzare un costo medio di una fermata, comprensiva di eventuale doppio marciapiede e sottopasso pedonale, intorno ai 4 miliardi. Tale costo potrˆ lievitare nel caso di una fermata quale quella di San Martino, per cui • necessaria la realizzazione di scale mobili, ascensori e scalinate, ed ancor di pi• se la sua collocazione fosse in sotterraneo (con la realizzazione di un terzo fornice ferroviario) per cui ai costi della fermata si aggiungerebbero quelli della galleria. I costi sarebbero sicuramente inferiori nel caso della fermata tronca di Terralba, per la realizzazione della quale non si dovrebbe avere un costo superiore di quello avutosi per la fermata della Costa di Sestri. Un costo inferiore ai quattro miliardi ipotizzati come cifra media si avrebbe in alcuni altri casi, vedi fermata dei Landi, dove sarebbe necessario realizzare alcune scalinate, e nel caso di San Benigno costiera, dove si dovrebbero realizzare scalinate, ma si potrebbero impiegare in parte sottopassaggi giˆ esistenti. In totale quindi, anche eseguendo tutti gli interventi previsti, arriviamo a 187 miliardi, ovvero, qualche miliardo in pi• di quanto sta costando 1 km di metropolitana a Genova! Volendo limitare gli interventi veramente fondamentali esclusivamente alle nuove fermate, si arriverebbe a 72 miliardi di spesa nella peggiore delle ipotesi, pi• altri 10 per vari interventi di adeguamento delle stazioni, e, nel caso sia necessaria la realizzazione di un terzo fornice a Terralba, ulteriori 20 miliardi. In ogni caso, si arriverebbe a circa 100 miliardi, che, anche se possono sembrare molti,
4 - In questo caso la fonte • il Comune di Genova, dal testo dei PIM, (Piani integrati per la mobilitˆ) 1998 - 1999.
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Schema degli interventi Nuove fermate
Costo stimato
1 Sant' Ilario 2 Cattaneo 3 Bagnara 4 San Martino 5 Terralba 6 Terminal traghetti 7 San Benigno costiera 8 San Benigno Campasso 9 Landi Campasso 10 Campasso sud 11 Certosa Campasso 12 Fiumara 13 Pegli Lido 14 Palmaro 15 Certosa - Campi 16 Fegino 17 Teglia 18 San Quirico Totale
2 miliardi 2 miliardi 5 miliardi 10 miliardi 4 miliardi 6 miliardi 4 miliardi 6 miliardi 3 miliardi 4 miliardi 4 miliardi 3 miliardi 2 miliardi 2 miliardi 4 miliardi 3 miliardi 4 miliardi 4 miliardi 72 miliardi
(uguale cifra ipotizzando un costo medio di 4 miliardi per fermata)
Ulteriori investimenti sul nodo di Genova Intervento
costo stimato (o verificato)
passaggio pedonale Principe FS - metr˜ revisione linea del Campasso passaggio pedonale Brignole - Borgo Incrociati nuova fermata di Rivarolo terzo fornice a Terralba raddoppio linea del Campasso (600 m.) Interventi vari di adeguamento5 fermate realizzazione terzo binario a Quinto Totale
6 miliardi 2 miliardi
(giˆ finanziato) (ipotesi nostra)
5 miliardi 10 miliardi 20 miliardi
(ipotesi nostra) (ipotesi nostra) (ipotesi nostra)
60 miliardi
(ipotesi nostra)
10 miliardi
(ipotesi nostra)
2 miliardi 115 miliardi
(ipotesi nostra)
5 - intendendosi con ci˜, lÕinstallazione di scale mobili, innalzamento dei marciapiedi, collocazione di tabelloni indicatori, emettitrici, servizi igienici automatici, vario arredo, ecc.
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nellÕeconomia complessiva della cittˆ non rappresentano un'onere insostenibile, essendo diluiti in differenti interventi realizzabili in tempi diversi. Di certo, non sarebbero soldi mal spesi. Il problema a questo punto • capire chi potrebbe finanziare questi interventi: a nostro parere devono farsi carico di questi investimenti gli Enti locali, Regione in primis, ma anche il Comune • benissimo in grado di fare la sua parte, realizzando almeno qualcuna delle fermate ipotizzate. Peraltro parrebbe che, tra gli indirizzi futuri del Governo vi sia quello di impiegare i fondi recuperati attraverso la rottamazione per finanziare metropolitane, tranvie, ecc. Se il nodo ferroviario genovese potesse essere equiparato ad una rete metropolitana, potrebbe rientrare nei finanziamenti previsti. Le prioritˆ Volendo stabilire delle prioritˆ di intervento, nellÕambito delle fasi previste, si dovrebbe dare a nostro parere prioritˆ agli interventi di realizzazione di fermata a Pegli Lido, a Fiumara, a San Benigno, a Campi, a San Quirico a Terralba e Cattaneo. Le prioritˆ stanno nella necessitˆ di dare risposta a modifiche urbanistiche che sono in corso Ñ San Quirico, Fiumara, Campi Ñ o che potranno aversi in un successivo futuro (come per San Benigno, con lÕipotizzato trasferimento delle strutture comunali) o per lÕampiezza del bacino di utenza Ñ Pegli Lido e Cattaneo Ñ o, infine, per lÕimportanza per cos“ dire "strategica" Ñ San Martino e Terralba. Abbiamo tenuto fuori dalle prioritˆ lÕipotesi di Palmaro, in quanto legata allo spostamento della Ferrovia di cui si parlerˆ pi• avanti. Contemporaneamente agli interventi citati occorrerebbe intervenire su alcune stazioni per i citati interventi di adeguamento (cominciando intanto da quelli meno onerosi, relativi ai servizi per lÕutenza). Stabilire delle prioritˆ di intervento non significa, evidentemente, che gli altri interventi siano superflui, ma solamente che • comunque necessario stabilire una "scaletta degli interventi", che presuppone, avviati i primi interventi, di avviare i successivi.
Ipotesi su cui occorre fare alcune riflessioni Per quel che riguarda alcuni interventi in progetto da parte della civica Amministrazione, ad es. lo spostamento a mare della ferrovia a ponente, o lo spostamento della stazione di Sestri, ecc., • necessario fare alcune considerazioni. Gran parte di questi interventi vedono il trasporto ferroviario come soggetto passivo della situazione, e il punto di vista della mobilitˆ complessiva come lÕultimo preso in considerazione in questi progetti. Lo spostamento a mare della ferrovia a Prˆ, ad esempio, • determinato dalla necessitˆ di liberare lÕaffaccio a mare della delegazione. Tuttavia, tale spostamento, sicuramente oneroso, comporterˆ anche un allontanamento della struttura ferroviaria dallÕutenza. Alcuni sostengono che ci˜ sarˆ positivo anche da questo punto di vista, in quanto permetterˆ la realizzazione di una area di sosta di interscambio. é bene ricordarsi che qualsiasi intervento che comporti un allontanamento dallÕutenza, rappresenta comunque un danno. In quanto allÕ interscambio, si continua ad affidargli compiti inadeguati, riponendo in esso eccessive aspettative, in una visione di tali strutture slegata da un ragionamento complessivo sugli spostamenti. Va detto, in questo senso, che la realizzazione di aree di sosta • una forma indiretta di pianificazione di un ruolo residuale del trasporto pubblico delle linee collinari, (essendo nei fatti unÕ agevolazione dellÕutenza "automunita", ed • tutto da vedere se chi prende lÕauto la lasci dopo qualche chilometro per prendere il treno). Lo spostamento a mare della stazione di Sestri Ñ previsto dal nuovo PRG Ñ • un intervento che si pu˜ ritenere analogo al precedente, anche se con minori implicazioni rispetto allÕutenza, ma, anche in questo caso, il movente non • un miglioramento in favore della mobilitˆ pubblica, ma anzi, di tipo viabilistico, per permettere lÕallargamento di via Menotti quindi per un miglior transito autoveicolare; insomma, siamo perfettamente in linea con la filosofia che • causa della grave situazione di mobilitˆ a Genova, ovvero pensare prima alla viabilitˆ e poi alla mobilitˆ, e comunque mai al trasporto pubblico!
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Va detto infine che tale intervento ha comunque un costo non indifferente, rendendosi necessaria la demolizione e la ricostruzione di una Stazione. Dello spostamento della stazione di Cornigliano in parte si • giˆ detto: lo riteniamo un intervento da valutare con molta attenzione: se • vero che la stazione attuale • in qualche misura decentrata, cÕ• per˜ da dire che • in diretto collegamento con linee di trasporto pubblico: 1 - 2 - 3 - 4 aventi una frequenza elevata,
pi• alcune altre linee; qualunque sia la futura localizzazione, risulterebbe slegata dal trasporto pubblico di superficie ed occorrerebbe quindi lÕintroduzione di una linea afferente, che dovrebbe avere caratteristiche di elevata frequenza (dellÕordine di 3 - 4 minuti al massimo). LÕintervento dello spostamento di Cornigliano, o realizzazione di fermata potrebbe essere interessante a queste condizioni. Si • in grado di garantire un tale servizio?
Nelle due pagine seguenti: le ipotesi di futuro assetto del trasporto ferroviario urbano: Ipotesi A (o prima fase) a pag 46, Ipotesi B (o seconda fase), con la riattivazione della linea del Campasso, nella pagina successiva.
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Capitolo 3 Il trasporto pubblico di superficie
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Premessa Nel dicembre 1995 veniva presentato a Genova il ÒLibro bianco sulla mobilitˆÓ, documento a cura del Gruppo di studio per il Piano Regolatore, indicante quelle che erano le linee guida dellÕAmministrazione Comunale in tema di mobilitˆ. é interessante notare che su quaranta pagine di documentazione solamente sei pagine scarse riguardavano i mezzi pubblici. Ancor pi• sorprendente era che al ruolo dellÕAMT venisse dedicata non pi• di una facciata. Tutto questo rientra evidentemente nel clima, creatosi specialmente negli ultimi anni, che ha avvalorato la tesi del trasporto pubblico come ÒingombroÓ per la cittˆ, e avente come logica conseguenza quella di una subordinazione della mobilitˆ pubblica a quella privata; vale la pena ricordare che anche se ora tutti (o perlomeno molti) dicono di rimpiangere i tram, essi furono eliminati nella nostra cittˆ senza troppi complimenti. Pur rientrando questo in una tendenza europea degli anni passati, a Genova fu assecondata con particolare zelo, e una delle principali motivazioni era che essi ostacolavano la viabilitˆ privata. Anche nel Piano regolatore generale (PRG), il pi• recente documento pianificatorio cittadino, il trasporto pubblico non ha che una funzione secondaria, quasi riempitiva dei vuoti lasciati dalla viabilitˆ privata, venendovi dedicato ben poco spazio rispetto a quello dedicato alla mobilitˆ privata, al di lˆ delle affermazioni di principio rispetto alla prioritˆ che avrˆ il trasporto pubblico nella Genova del futuro. Il nuovo PRG fa propri gli orientamenti del giˆ citato Libro bianco sulla mobilitˆ e facendo riferimento alle cifre contenute in questÕultimo documento, abbiamo i seguenti dati: degli investimenti generali previsti per interventi sulla mobilitˆ cittadina (per un ammontare di 3795 miliardi) ben 2945 sono a sostegno della viabilitˆ privata, pi• 75 miliardi per la realizzazione di parcheggi, e solo il rimanente, ovvero 3795 - 2945 = 850, a sostegno di infrastrutture per il trasporto pubblico.
Di questi 850 miliardi quasi la metˆ • assorbita dalla metropolitana, le "briciole" rimangono per altri interventi. Bisogna poi tenere conto che le infrastrutture viarie previste nel Libro bianco sono solo una parte di quelle previste nel nuovo PRG. Questi dati sono piuttosto eloquenti e le cifre, con il balletto di miliardi, appaiono in generale talmente esorbitanti da aver fatto dubitare della loro veridicitˆ persino l'allora Assessore allÕUrbanistica Sandro Nosengo Ñ nonostante provenissero dal Comune stesso Ñ quando furono da noi citate nel corso di una audizione 1. I problemi della mobilitˆ non si risolveranno mai finchŽ rimarrˆ una sperequazione tra gli interventi a favore della mobilitˆ pubblica e quelli a sostegno della mobilitˆ privata, risultante sempre vincente sul piano degli investimenti. Eppure dovrebbe essere oramai chiaro a tutti che offrire sempre nuovi spazi alla motorizzazione privata non pu˜ che portare allÕalimentazione di una spirale perversa, in cui a nuovi spazi offerti alle auto corrisponde una sempre maggiore dipendenza nei confronti di questÕultime, la successiva saturazione degli spazi stessi, con la necessitˆ di realizzare ulteriori nuove infrastrutture, in una condizione di necessitˆ di sempre maggiori investimenti nel tempo. Non ha d'altronde quasi fondamento lÕasserzione che nuove strade favoriscano il trasporto pubblico: fare una nuova strada, e poi successivamente farvi passare il mezzo pubblico, vuol dire solo adeguare il mezzo pubblico alle esigenze del trasporto privato, il che metterˆ sempre il primo in una condizione di subordine, perchŽ un percorso che pu˜ essere ottimale per il traffico privato, pu˜ non esserlo per il trasporto collettivo. é risaputo, d'altronde, che linee maggiormente onerose per l' AMT sembrerebbero essere quelle collinari, e ci˜ vale specialmente per i quartieri di nuova realizzazione, laddove una sensata programmazione urbanistica avrebbe inserito degli impianti di risalita in sede fissa, che hanno un costo di gestione pi• basso, a fronte di un servizio pi• efficiente, rispetto ad un autobus che debba inerpicarsi per una strada.
1 - Il riferimento • relativo alla seduta della Commissione Urbanistica del Comune di Genova in data Giovedi 6 Febbraio 1996, nella quale furono audite le Associazioni Ambientaliste, ed appunto in tale occasione, al sentir citare le cifre contenute nel Libro Bianco, vi fu un sentimento di incredulitˆ da parte dellÕallora Assessore allÕUrbanistica.
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Questa premessa, che potrebbe apparire un poÕ fuori tema rispetto allÕargomento della gestione del trasporto pubblico, era invece a nostro parere necessaria per sottolineare un punto fondamentale: il trasporto pubblico ha finito per diventare un corollario di tutta una serie di decisioni prese a monte, e la stessa AMT • risultata essere soggetto spesso passivo di decisioni politico - urbanistiche a cui ha dovuto volente o nolente piegarsi, o a cui forse non ha saputo opporsi con la necessaria fermezza, (anche se non risultavano essere le migliori possibili), trovandosi poi gestore di situazioni decisamente negative. Un ruolo maggiormente attivo dellÕAMT In particolar modo in questi ultimi anni, lÕAzienda di trasporto, invece di pianificare linee di sviluppo e di espansione del servizio, impostando una politica che aumenti lÕattrattivitˆ del trasporto pubblico per catturare nuova clientela, ha spesso subito, come giˆ si • detto, decisioni politiche. Poco inoltre • stato fatto dallÕAzienda per chiedere, ad esempio, corsie protette, quando basta ascoltare qualche autista o leggere interventi di funzionari dellÕAzienda per rendersi conto che • un tipo di intervento ritenuto prioritario. Quando poi si sono posti problemi di bilancio, lo strumento principale • stato quello di ridurre il servizio. Ci˜ che • mancata principalmente • la pianificazione, sia da parte della Civica Amministrazione che da parte dellÕAzienda, e ne • prova il
fatto che in questi anni ci si sia imbarcati in determinati progetti non per una visione lungimirante o per un progetto complessivo e a lungo termine del servizio, ma perchŽ cÕerano di volta in volta i finanziamenti, o imput politici. Quella che poteva essere unÕ ipotesi di passante tranviario, o comunque di metr˜ leggero con ampie parti in superficie, si • trasformato, perchŽ cÕera la possibilitˆ di finanziamenti pi• consistenti, in un metr˜ che di leggero ha ben poco, salvo lÕutilitˆ, ed in compenso dai costi quasi equivalenti a quelli di una metropolitana "pesante". Discorso simile pu˜ essere fatto per lÕaltrobus, che ha necessitato anni di sperimentazione; uguale metodo • stato seguito per la reintroduzione del filobus: non si • scelto il ritorno a questo mezzo di trasporto dopo unÕattenta pianificazione: lo si • fatto soprattutto perchŽ cÕerano i finanziamenti. Questo modo di procedere, evidentemente, non • il pi• corretto possibile. Stesso approccio sembra esserci stato pi• recentemente per la questione del People-Mover. A guidare il tutto non • stato uno studio approfondito su quale fosse il miglior vettore di trasporto per la val Bisagno, ma una decisione aprioristica, originata da una indicazione politica, basata sul fatto che quella fosse la migliore soluzione per la vallata. In questo caso (anche se non solo per quello) a guidare le scelte ha contribuito una valutazione economica di corto respiro, indipendente quindi da valutazioni complessive di pianifica-
Il filobus a Genova.
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zione del trasporto pubblico, in cui il miraggio del Project financing ha probabilmente distolto da un giusto percorso di elaborazione progettuale. Ñ Il trasporto pubblico genovese • cos“ scadente? prima di domandarci se lo sia o no effettivamente, occorrerebbe prendere atto che mediamente • percepito come tale. A formare questo giudizio concorrono diversi fattori; il principale elemento negativo sembrerebbe essere quello delle attese troppo lunghe alle fermate, almeno stando ad un recente sondaggio televisivo2. Curiosamente il fattore del traffico e delle corsie gialle scarsamente rispettate, sembra invece ritenuto marginale. Il trasporto pubblico sembra uscire male dallÕopinione dei genovesi; eppure al di lˆ di tutto la nostra cittˆ si colloca al quarto posto per viaggi/anno per abitante tra tutte le cittˆ italiane, dopo Milano, Trieste e Roma, davanti quindi a metropoli come Torino e Napoli, di numero di abitanti considerevolmente maggiore e davanti anche a Bologna, Firenze, Palermo (si noti che La Spezia risulta al 7¡ posto 3). Non si pu˜ dÕaltronde negare che in diverse tratte lÕofferta • considerevole: allora perchŽ giudizi spesso critici? é sicuramente difficile rispondere a questa domanda; • probabile che lÕutente tenda mediamente a mescolare pi• elementi negativi, comesovraffollamento, attese, traffico, scarsa pulizia dei mezzi, rumorositˆ, ecc. Questo giudizio, tuttavia, ha in sŽ qualcosa di positivo: significa che, in qualche misura, il genovese si aspetta molto dal trasporto pubblico, che il cittadino • propenso al suo uso, e la disaffezione e lÕemorragia di utenti • un fenomeno che pu˜ essere invertito. Per contro vuole anche dire che, a fronte di unÕofferta complessiva al di sopra della media italiana, essa non • comunque ancora sufficiente, e non • rispondente alla domanda della cittadinanza. Il trasporto pubblico • cos“ scadente dunque? Si e no; lo • in alcune tratte, lo • in certe fasce
orarie, lo • in molte situazioni perchŽ i mezzi rimangono intrappolati nel traffico; lo • soprattutto quando lÕutente ha necessitˆ di effettuare degli interscambi, meno nel caso di un percorso diretto: insomma, la domanda necessita di una risposta articolata. La velocitˆ commerciale • il problema principale, anche se forse non viene percepito coscientemente dallÕutenza, ma un altro problema che si somma al primo • che lÕassetto del servizio non si • adeguato ad una domanda di mobilitˆ che • cresciuta e si • modificata considerevolmente, soprattutto nellÕultimo decennio.
Una politica di rilancio del trasporto pubblico In che modo pu˜ essere effettuata una politica di rilancio del trasporto pubblico, cio• di incremento di nuova utenza Ñ sottratta al mezzo privato Ñ aumento della velocitˆ commerciale, miglioramento qualitativo del servizio, ecc., con soddisfazione anche degli utenti abituali oltre che evidentemente di quelli futuri? La strategia per ottenere questo deve ovviamente presupporre interventi tra loro coordinati. Le ipotesi di futuro riassetto della rete, non possono non essere viste nellÕambito di tutta una serie di interventi strutturali che influiscono sulla velocitˆ commerciale, e questi interventi devono avere una spinta decisa da parte della Civica Amministrazione, anche se • necessario che vengano richiesti con energia dallÕAzienda. LÕarea di intervento che compete in prevalenza allÕAMT • quella che riguarda la gestione del servizio, nella qualitˆ del servizio stesso, con una politica tariffaria che attragga nuova utenza e incentivi la "fedeltˆ", attraverso unÕadeguata informazione al pubblico, ecc; verso un trasporto pubblico, insomma, che diventi realmente rispondente alle necessitˆ degli utenti. Ipotesi di riassetto della rete Un poÕ di storia del servizio offerto dallÕAMT La situazione attuale • figlia delle trasformazioni, pi• o meno coerenti, che si sono succedute nei decenni passati: • bene quindi ricostruire, a grandi linee, la storia del trasporto pubblico ur-
2 - Realizzato da Canale 8 nellÕottobre 1999; da tale sondaggio risulta essere il principale motivo di lamentela rispetto al trasporto pubblico per il 40% le attese troppo lunghe, per il 25 % il serale, e a parimerito con il 10 % diverse altre motivazioni, tra cui il mancato rispetto delle corsie gialle, ecc. 3 - Fonte: ÒAmbiente e politica dei trasportiÓ (op.cit.) elaborazione dati tratti da Tuttotrasporti passeggeri, novembre 1997. A titolo di esempio si citano i dati di Zurigo, con 471 viaggi/anno, contro i 210 circa di Genova (medesima fonte).
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bano almeno a partire dal dopoguerra. Negli anni immediatamente successivi al conflitto, la rete tranviaria venne integralmente ripristinata, ma sin dai primi anni cinquanta cominciarono progressive soppressioni dei percorsi centrali: le linee, in genere, venivano convertite al filobus, con lÕeccezione di certi percorsi periferici (San Francesco dÕAlbaro, Borgoratti, via Sturla). In questo modo, giˆ nel 1960, il tram operava esclusivamente sulle quattro direttrici di forza, con capolinea centrale a piazza Caricamento. Negli anni successivi anche la rete filoviaria fu progressivamente ridotta e le ultime linee superstiti furono soppresse nel 1973; proprio in quellÕanno intervenne la grande riforma del servizio, che istitu“ la tariffa oraria ed elimin˜ le cosiddette linee rapide4 (popolarmente dette "celeri"). Pertanto la rete attuale ricalca, almeno nella maggior parte delle linee centrali, la rete tranviaria del primo dopoguerra; le integrazioni riguardano soprattutto i nuovi insediamenti sorti negli anni cinquanta e sessanta: San Francesco da Paola, via Bari, via Vesuvio, Oregina, Marassi, Quezzi, Camaldoli ecc. In questo periodo vengono istituiti i primi collegamenti periferici (San Carlo di Cese, Panigaro, Coronata, Murta, Begato, Cimitero della Castagna, via Burlando, Sant' Eusebio, San Cosimo di Struppa, Fontanegli, San Desiderio, Apparizione, Sant' Ilario). Diventa particolarmente significativa lÕevoluzione della rete negli ultimi venticinque anni, cio• dalla riforma del 1973 ad oggi. Si nota una costante crescita delle relazioni periferiche, soprattutto laddove si sono creati nuovi e massicci insediamenti abitativi, sorti per lo pi• in zone collinari: la CaÕ Nova a Palmaro (quattro linee), Pegli Tre, Pegli Due, villa Gavotti, Pian di Forno a Sestri, Begato, Belvedere, Granarolo, Sant' Eusebio, Quarto Alto e Costa degli Ometti. In altri casi le estensioni sono state sollecitate dagli abitanti di insediamenti preesistenti, fino allora non dotate di trasporto pubblico. é il caso, questo, di Crevari, Fiorino, Acquasanta, Testa di Cavallo (presso Borzoli), Cremeno, Morego, San Biagio, Preli ecc. Ci˜ a significare che, malgrado una motorizzazione privata in continua crescita, la richiesta di trasporto pubbli-
co si • mantenuta elevata; forse anche una maggiore familiaritˆ con strumenti di sensibilizzazione e di pressione sulle pubbliche Amministrazioni ha fatto si che i "desiderata" dei residenti di localitˆ mai servite trovassero in qualche misura riscontro. Le note negative sono rappresentate dalla soppressione, nel 1991, di un prezioso servizio notturno, di cui rimangono due linee scarsamente efficienti anche se frequentate, dal considerevole ridimensionamento del servizio serale nel suo complesso, sia sulle linee di forza che su alcune linee periferiche, e da una progressiva riduzione dellÕofferta, in termini di frequenza, che incide paradossalmente sulle relazioni pi• frequentate oltre che su quelle secondarie. LÕattuale assetto della rete • coerente con il servizio del dopoguerra, quando la mobilitˆ e le funzioni economico - produttive della cittˆ erano ben altra cosa rispetto ad oggi: basti pensare allÕalienazione delle attivitˆ commerciali correlate al piccolo cabotaggio nel bacino del Porto vecchio, il declino del traffico mercantile convenzionale e della cantieristica, lÕabbandono o il minor peso di diversi poli industriali non pi• competitivi (raffineria ERG, Italsider, Ansaldo); in altre parole, • venuta meno lÕesigenza di soddisfare i bisogni dellÕutenza pendolare fra periferia ed aree industriali e portuali, mentre, viceversa, con la terziarizzazione spinta dei centri urbani, • cresciuta notevolmente la micromobilitˆ "intra-moenia", cio• definita allÕinterno di confini spazio - temporali pi• circoscritti (per esempio nelle fasce di calma ed in aree centrali e pericentrali) che ha caratteri di estrema flessibilitˆ, con il travaso di mobilitˆ al di fuori delle ore di punta, nel progressivo superamento dello stesso concetto di fascia oraria, e con lÕattenuarsi delle differenze di esigenza di mobilitˆ tra giorni feriali ed il sabato ed anche festivi. A queste nuove esigenze il trasporto pubblico dovrebbe rispondere con un servizio adeguato nella quantitˆ di servizio erogato, flessibile per quel che riguarda la capacitˆ di rispondere alla domanda, e capillare. Quale modello per la rete futura? Il mezzo di trasporto recentemente potenziato e che ha ulteriormente messo in discussione le
4 - che, come suggerisce il termine, erano rapide in quanto non effettuavano tutte le fermate.
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valenze della rete AMT • il treno. Questo potenziamento, (avvenuto in maniera veramente significativa a partire dal 1995, anno di entrata in vigore del biglietto / abbonamento integrato, in corrispondenza di un considerevole aumento dellÕofferta) ha portato molti a ritenere necessario ridefinire il ruolo delle linee di trasporto urbano, in particolare quelle a ponente o a levante parallele alla costa, nellÕipotesi di un ridimensionamento se non addirittura della loro scomparsa. Occorre dire ancora una volta che, se si vuole un effettivo spostamento di utenza dal mezzo privato a quello pubblico, • necessaria la complementarietˆ tra treno e bus, anche su percorsi che sembrerebbero in concorrenza. Quanto detto non esclude una qualche ridefinizione delle linee, che potrebbe risultare opportuna nellÕottica di una sempre migliore integrazione tra i due mezzi, ma tende a sottolineare, ancora una volta, i differenti ruoli che devono svolgere il treno ed il trasporto pubblico di superficie. L'interscambio e le rotture di carico Un modello di rete in cui il treno assume un ruolo prioritario • un modello ove di conseguenza anche linee secondarie dovrebbero attestarsi nei pressi delle fermate ferroviarie. Un modello, quindi, in cui si prevede almeno una "rottura di carico", probabilmente con molte
pi• linee circolari, presumibilmente pi• brevi, e, in un certo senso, in antitesi con lÕassetto attuale. Un modello simile • in grado di garantire le esigenze attuali di mobilitˆ? Vi sono cittˆ europee in cui il modello dellÕinterscambio • efficiente, ad esempio Zurigo, ma nella cittˆ svizzera lo • a determinate condizioni: oltre lÕ80 % dei percorsi sono riservati, esiste in pressochŽ tutta la cittˆ una semaforizzazione che accorda la preferenza al mezzo pubblico, oltre la metˆ del parco mezzi • tranviario ed in grado di garantire puntualitˆ (rispettata al secondo) grazie ad un sistema di controllo centralizzato, vi sono efficienti nodi di interscambio, ecc. Tutte cose di cui al momento la nostra cittˆ • sprovvista. é un dato di fatto che attualmente, nel momento in cui si debba fare anche solo un cambio di bus, si incorre in forti perdite di tempo. Se il trasporto pubblico a Genova • inefficiente, lo • proprio nelle situazioni in cui si debbano fare percorsi che rendano necessari uno o pi• trasbordi. Naturalmente ci˜ dipende non solo dai tempi di attesa tra mezzo e mezzo, ma anche per gli ostacoli che si frappongono lungo il percorso, causando accumulo di ritardo, per una non efficiente (se non quasi inesistente) interrelazione tra linea e linea, e infine anche per la completa
Alcuni luoghi di interscambio a Zurigo.
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mancanza di una politica della mobilitˆ pedonale, che rende disagevole anche lÕeffettuare i percorsi a piedi intercorrenti tra fermata e fermata. Il modello attuale genovese •, in buona sostanza, un modello che non prevede lÕinterscambio. Tale modello ha comunque qualche pregio, quindi occorrerebbe una profonda riflessione prima di dichiararlo superato, anche perchŽ molto del travaso di utenza dal bus verso il treno • stato una conseguenza del peggioramento della velocitˆ commerciale del mezzo pubblico di superficie, che si trova ingolfato in una situazione di traffico in alcuni casi apocalittica, dovuta alla quasi assenza di interventi di protezione del percorso, aggiunta alla consistente riduzione complessiva dellÕofferta avvenuta negli ultimi anni. In momenti di scarso traffico e soprattutto in orario serale, i tempi di percorrenza si riequilibrano a favore del mezzo pubblico di superficie, che inoltre pu˜ contare su una maggiore capillaritˆ. Ñ Prima gli interventi infrastrutturali, poi le razionalizzazioni: la realizzazione di corsie riservate e protette, almeno nelle direttrici di forza, pu˜ intanto chiarire meglio il senso di questÕultime: infatti, tutti i ragionamenti su un futuro assetto delle rete sono viziati dalla scarsa competitivitˆ del trasporto pubblico dovuta al traffico, non necessariamente ad una intrinseca inefficienza di assetto della rete. Solo una volta fatti questi interventi si pu˜ fare un corretto esame complessivo della rete di trasporto pubblico, senza attribuire un beneficio improprio a determinati cambiamenti. La nostra proposta per un futuro assetto della rete • quindi quella che prima di intervenire sulla rete occorre la certezza dei transiti. Ipotizzare un politica di interscambio, in particolare tra bus e bus, senza le condizioni che la rendano appetibile Ñ si ricordi quanto detto per Zurigo Ñ equivale, in realtˆ, ad offrire un servizio peggiore di quello esistente. Viene messa in rilievo pi• volte, ad esempio, la presunta sovrabbondanza di mezzi in transito in via XX settembre, e da pi• parti si invoca una riduzione dei passaggi. Tali affermazioni soffrono della mancanza di una visione un poÕ pi• allargata, in quanto si dimentica, innanzi tutto, che i mezzi non girano af-
fatto vuoti e quindi esiste una domanda di trasporto. Questa prima valutazione dei bisogni dellÕutenza, che dovrebbe essere il primo elemento da prendere in esame, viene del tutto ignorata. In secondo luogo ci si concentra sulla "sovrapposizioneÓ dei mezzi, senza che si faccia un minimo tentativo per chiarirne la causa, dovuta, in misura non indifferente, alla mancanza di un percorso continuo riservato e protetto che garantisca tempi costanti di percorrenza, alla compresenza di mezzi che ad un certo punto si debbano svincolare dalla corsia preferenziale, con lÕelemento aggiuntivo di una semaforizzazione quantomeno penalizzante per il trasporto pubblico. Se questi fattori non verranno presi in adeguata considerazione si faranno degli interventi che risolvendo un problema ne creeranno un altro. In conclusione: quanto detto non vuol essere il rifiuto di qualsiasi cambiamento, dato che pu˜ essere ipotizzata una ridefinizione dei transiti, ma occorre innanzi tutto tenere in considerazione gli elementi a cui si • fatto riferimento, e successivamente aver presente che un conto • trovare vie di accesso al centro differenti, ridistribuendo i transiti dei mezzi pubblici tra via Serra e galleria Colombo, (riprendendo quindi in parte alcune ipotesi del PUT 1995), un altro, ben peggiore, • attestare le linee a Brignole, costringendo lÕutente ad un ulteriore interscambio. Il discorso fatto per le linee in area centrale • valido, ad esempio, anche per la linea 1: si pu˜ ragionare finchŽ si vuole sulla necessitˆ di dividerla in due tronconi, sul superamento di una linea cos“ lunga, ecc., ma se il vero problema • che il mezzo pubblico non ha un suo spazio, rimanendo invischiato nel traffico, il ragionamento su una ridefinizione della linea • quasi accademico. é possibile fare comunque alcuni interventi di razionalizzazione, che, in ogni caso, non compromettano eventuali futuri assetti? In parte s“, ma si deve procedere gradualmente, verificando attentamente la rispondenza dellÕutenza prima di porre in atto cambiamenti pi• consistenti. é comunque evidente, a nostro parere, che un complessivo ripensamento del servizio offerto,
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sia in termini di rete che di tipo di servizio, dovrebbe essere affrontato con la necessaria cautela, e potrebbe anche portare a modifiche non necessariamente cos“ rilevanti nellÕassetto della rete. Infatti, se • cambiato sicuramente il modo di muoversi, ed • innegabile che in diverse zone della cittˆ siano avvenuti rivolgimenti di carattere urbanistico che hanno giˆ prodotto o produrranno modifiche anche dei centri attrattori di mobilitˆ, (San Benigno, Terminal Traghetti, Fiumara, Campi, San Quirico), • anche vero che in non poche altre, a funzioni industriali o portuali sono succedute o succederanno funzioni di tipo turistico - direzionali (area Silos, Darsena, Porto antico) non venendo meno, quindi, lÕattrattivitˆ delle aree stesse, ma solo il tipo di utenza. Spunti in merito ad una riorganizzazione del servizio stesso potrebbero essere forniti dalle indicazioni espresse dal PUT Ñ varato dalla precedente Amministrazione ed attualmente in corso di revisione Ñ che miravano a progressive restrizioni del traffico privato in centro, stornando lo stesso sulla direttrice a mare (via Gramsci - corso Quadrio - corso Saffi). Una parziale riorganizzazione potrebbe poi riguardare alcune linee, attraverso parziali modifiche dei percorsi, solo a patto per˜ che il cambiamento ne migliori la velocitˆ commerciale, attrraverso anche lÕattestamento di alcune linee che giˆ adesso hanno il capolinea nelle vicinanze di stazioni o fermate FS, immediatamente a ridosso della stazione stessa. LÕestensione della rete genovese, rimarchevole rispetto alla media nazionale, • una preziosa risorsa da valorizzare, ed anzi, una delle chiavi di volta della mobilitˆ urbana in un contesto ambientale che dovrˆ precludere la definizione di nuovi spazi per le automobili, e che potrebbe rappresentare uno straordinario banco di prova per strategie alternative di mobilitˆ, in cui gli spostamenti pedonali occupino un ruolo di primissimo piano. In questÕottica andrebbero fatte valutazioni per ipotizzare collegamenti fino ad ora inesistenti, perchŽ legati ad un assetto di rete di un certo tipo. Con le considerazioni sopra effettuate, si • voluto offrire qualche motivo di riflessione per af-
frontare un argomento estremamente complesso come quello del riassetto della rete, su cui, al di lˆ di tutto, la stessa Azienda AMT sembra essersi mossa recentemente non sempre in una visione coerente, ma anzi, sembrando quasi procedere per timidi tentativi, con lÕatteggiamento di chi tira il sasso e poi nasconde la mano (si pensi ad esempio ai capolinea della linea 19, da piazzale Kennedy spostato a Tommaseo e poi nuovamente riportato a piazzale Kennedy, o al percorso modificato del 43, da levante con lÕistituzione del collegamento con lÕUniversitˆ, intuizione non da poco ma rivelatasi non soddisfacente per la farraginositˆ del percorso, e soppresso comunque prima della possibilitˆ di una valutazione obiettiva del gradimento dellÕutenza). Ci˜ che secondo noi rientra in un percorso auspicabile • a grandi linee quello di una progressiva estensione della rete aerea filoviaria, attraverso una prosecuzione oltre Sampierdarena allÕinterno dellÕarea Fiumara ed a levante la sua estensione verso San Martino, in prospettiva dellÕelettrificazione della linea 18. é poi unÕipotesi percorribile quella di una linea filoviaria come preparatoria, in val Bisagno, di una tranvia. Le qualitˆ del filobus potranno trovare riscontro attraverso il suo impiego anche in linee acclivi, grazie alla possibilitˆ del recupero di energia in fase di frenatura, cos“ come giˆ avviene per i filobus di cittˆ svizzere. é quindi ipotizzabile unÕestensione della rete che permetta la filoviarizzazione della linea 34, cos“ come per la circonvallazione a monte, garantendo in tal modo un risanamento ambientale in quelle zone laddove la presenza di salite rende problematica la presenza di bus convenzionali. A medio e lungo termine, lÕobiettivo dovrˆ essere invece quello di reintroduzione del tram in area centrale, che porterˆ con sŽ una complessiva ridefinizione dello spazio urbano, consentendo, e contemporaneamente imponendo, una profonda riqualificazione. Sarˆ a quel punto che si renderˆ necessaria una profonda riforma delle linee, ma sarˆ in cambio di cose ben precise: unÕinfrastruttura di trasporto assolutamente affidabile e confortevole, circolante in unÕarea urbana fortemente ri-
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qualificata non soffocata dal traffico privato, in cui quindi, anche un modello maggiormente basato sullÕinterscambio, potrˆ essere pi• efficiente di quanto lo potrebbe essere nellÕattuale situazione.
Gli interventi infrastrutturali: gli assi protetti a sostegno del trasporto pubblico Gli interventi infrastrutturali possono consentire un miglioramento del transito dei mezzi pubblici, rappresentando uno degli aspetti prioritari nell' ambito di una seria politica di rilancio del trasporto urbano di superficie. QuestÕultimo si trova infatti in una condizione di grave "sofferenza": svolge la maggior parte del servizio a favore dellÕutenza ma con velocitˆ commerciali assai basse (si parla, e forse anche ottimisticamente, di 15 Km / h5). La causa principale di questa situazione • data dal trasporto privato, che soffoca il trasporto pubblico, ostacolandone il transito, rallentandone la velocitˆ di servizio, creando situazioni di estrema difficoltˆ per lÕaccessibilitˆ stessa ai mezzi da parte dellÕutenza. In una situazione come lÕattuale, con 390.000 veicoli privati circolanti a Genova, pi• almeno 60.000 motoveicoli, e quasi altrettanti veicoli commerciali la pi• realistica ipotesi percorribile, per avere miglioramenti in breve tempo, • quella di svincolare i mezzi pubblici dal caos del traffico privato. Intervento fondamentale per ottenere questo
risultato diventa quello di unÕorganica realizzazione di percorsi protetti, ovvero separati fisicamente attraverso cordolature, e, laddove possibile, di corsie contromano ad esclusivo uso dei mezzi pubblici. La scelta della realizzazione di corsie riservate per il mezzo pubblico • risultata essere, in qualche maniera, una delle soluzioni pi• economiche, (oramai consolidata in tutta Europa) per un recupero di competitivitˆ del trasporto pubblico. Anche a Genova lÕintroduzione, oramai pluridecennale, delle corsie riservate, pur avvenuta in maniera non organica ed anzi piuttosto frammentaria, ha permesso un miglioramento della velocitˆ commerciale. Tuttavia giˆ negli anni ottanta da pi• parti ci si • resi conto della insufficiente garanzia determinata dalla semplice presenza sul manto stradale di una striscia gialla. Un poÕ per lÕaumento della motorizzazione privata, un poÕ per un diminuito rispetto della segnaletica si • constatato che le corsie riservate erano troppo spesso intralciate o da veicoli in sosta o in transito. é da questa constatazione che partono le prime ipotesi di protezione fisica, attraverso separatori di corsia. Viene quindi realizzato nella nostra cittˆ il primo intervento di questo tipo, in parte di corso Europa, corso Gastaldi e via Tolemaide in dire-
5- dati forniti dalla FILT-CGIL.
Due esempi di corsia riservata occupata da autoveicoli. A sinistra via Roma in una foto eseguita prima della sistemazione della cordolatura, successivamente rimossa. A destra viale Brigata Liguria (attualmente sostituita da un parcheggio a raso).
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zione centro cittˆ. Questo intervento venne fortemente contestato da pi• parti, anche in seguito ad un incidente occorso ad un motociclista che urt˜ uno di questi separatori di corsia, per cui gli organi di informazione diedero fiato alle polemiche seguitene. AllÕintervento di corso Europa dovevano seguirne diversi altri (si parl˜, tra gli altri, di via Buranello) ma fu evidente da subito, visto il polverone sollevatosi (siamo allÕepoca della Giunta pentapartito guidata dal sindaco Campart), la non particolare volontˆ di proseguire su questa strada da parte dellÕAmministrazione allora in carica. Infatti, alle prime polemiche sorte rispetto proprio ad un intervento per via Buranello, ulteriori ipotesi di percorsi protetti vennero rapidamente accantonate. Gli anni seguenti le successive Amministrazioni furono impegnate in altre vicende, cosicchŽ non si arriva ad ulteriori realizzazioni di percorsi protetti che con lÕAmministrazione Sansa, diversi anni dopo, dunque. Il primo intervento di cordolatura ad essere realizzato da parte della sopracitata Amministrazione • quello di corso Buenos Aires, anchÕesso portatore di furibonde polemiche, in particolar modo da parte dei commer-
cianti, che indicono anche una raccolta di firme per chiederne la rimozione, (che fortunatamente non viene effettuata). A tale intervento segue quello di via Cadorna, via XX Settembre, via Roma, e parte di via Bobbio. Come si vede, comunque, non si tratta di un gran numero di interventi: attualmente i tragitti cordolati risultano essere meno di 1,5 km6, cifra assai modesta, considerando la dimensione complessiva della rete AMT genovese. Nella nostra proposta rientra un vero e proprio piano organico di cordolature, almeno lungo i principali assi della cittˆ. é evidente che si dovranno vincere molte resistenze e di questo siamo ben consapevoli, come siamo anche convinti, peraltro, che a creare dissenso sia stata anche una mancanza di comunicazione, e che spesso, comunque, le polemiche siano state ampiamente alimentate dagli organi di informazione. Il principio guida, nellÕambito del trasporto pubblico di superficie, deve essere quello della "Territorializzazione": gli esempi migliori che abbiamo in Europa indicano che il trasporto pubblico deve dialogare costantemente con il territorio o, come si pu˜ espressivamente dire ÒNon si
6 - Attualmente abbiamo: corso Buenos Aires, per 270 metri; via XX Settembre, tratto iniziale e intermedio, per 100 e 120 m.c; via Bobbio, 200 m. circa; corso Europa da via Pastore a viale Benedetto XV, per 350 metri; corso Gastaldi-via Tolemaide, per 120 e 400 m. (tot. 520 m.) Totale percorsi protetti 1290 metri.
A sinistra: cordoli in una via di Nizza. In alto: cordoli a protezione di una corsia contromano a Milano.
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deve allontanare dalla stradaÓ. Non cÕ• storia: la riduzione del traffico automobilistico si ottiene anche riducendo drasticamente gli spazi che si • indebitamente conquistato. LÕidea di poter mediare tutti gli interessi (compresi quelli di alcuni gestori di esercizi commerciali che vorrebbero libertˆ o meglio anarchia di parcheggio sempre, dovunque e in tutte le condizioni), eludendo ogni conflitto e confinando il trasporto pubblico sotto terra (o sopraelevandolo) • perdente in partenza. A dimostrazione di ci˜ si possono dare diversi esempi. Laddove si • agito in questa maniera, a prezzo di investimenti elevatissimi, non si • per˜ riusciti ad ottenere una consistente riduzione del traffico privato, ed in questo senso Parigi • un esempio. Altre realtˆ europee, che non hanno trascurato il trasporto pubblico di superficie, garantendogli efficienza, hanno ottenuto, con livelli di investimenti inferiori, risultati molto migliori dal punto di vista della riduzione del traffico privato. Per quel che riguarda la necessitˆ di una protezione fisica, sostenere come preferibile ai cordoli lÕazione di vigilanza della Polizia Municipale
nei confronti delle semplici corsie preferenziali • un atteggiamento poco convincente, che nasconde (soprattutto se avanzato da esponenti politici) un pizzico di ipocrisia, celando la consapevolezza che senza cordoli gli autoveicoli potranno continuare a parcheggiare. Che il sistema delle corsie semplicemente riservate non sia comunque pi• sufficiente • la situazione della cittˆ a dimostrarlo, non solamente le nostre argomentazioni. In ogni caso non basterebbe tutto lÕattuale personale della Polizia Municipale per sorvegliare le corsie gialle presenti in cittˆ! é dunque scelta obbligata un piano di protezione che garantisca il raggiungimento di velocitˆ commerciali accettabili per i mezzi pubblici: in tal modo il parco veicoli potrˆ essere meglio utilizzato con ricadute positive sui bilanci aziendali. Citiamo a tal proposito calcoli effettuati dallÕAMT, in occasione della presentazione del progetto di tranvia in val Bisagno, nel gennaio 1996, secondo i quali la posa in opera di cordolatura lungo la direttrice della vallata permetterebbe un risparmio teorico di circa 800 milioni lÕanno7.
7 - Vi sono poi altri dati, sempre di fonte AMT, che parlano di un risparmio nei tempi di percorrenza per chilometro, che andrebbero da un minimo di 2Õ 30Ó a un massimo di 11Õ 30Ó, dati riferiti al Ç...valore medio di 12 cittˆ in tutto il mondoÈ.
Corso Buenos Aires prima (in un momento di insolita calma) e, a destra, dopo la cordolatura. La collocazione dei cordoli, sia pure per circa la metˆ del corso stesso, ha regolarizzato una situazione di parcheggio "selvaggio", fortemente penalizzante per il trasporto pubblico.
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E parliamo di risparmi meramente economici, senza valutare lÕimpatto enorme di un trasporto affidabile su tutte le componenti, dal traffico ad un generale miglioramento della qualitˆ della vita. La presenza di percorsi protetti va nel senso da noi auspicato di complementaritˆ rispetto allÕuso delle infrastrutture ferroviarie: infatti, se le strutture ferroviarie assolvono le esigenze di trasferimenti a distanza medio - lunga, restano ancora insoddisfatte quelle a medio-corto raggio, le quali, senza un trasporto pubblico efficace verrebbero assolte dalla mobilitˆ privata. I percorsi protetti riescono in misura elevata a garantire questo. Un considerazione ulteriore • che percorsi protetti ad uso degli autobus possono essere in qualche misura preparatori ad interventi di ulteriore infrastrutturazione, quali quelli relativi ad una rete tranviaria, consentendo, giˆ da ora, un forte recupero di efficienza del trasporto pubblico in percorsi per i quali chiedere a tempi brevi un ritorno del tram risulta poco realistico. Ñ Caratteristiche degli assi protetti La caratteristica degli assi protetti • quella di presentare delle discontinuitˆ per quel che riguarda la struttura, onde permettere ad esempio il deflusso delle acque8, ma di essere continuativi nel senso del percorso: ovvero, bisogna che non ci siano "buchi" sufficienti a permettere
il posteggio di auto, cosa questa che, rendendo necessario in condizioni di traffico difficoltoso lo spostamento del mezzo pubblico sulla carreggiata veicolare e il suo successivo reinserimento nella corsia protetta, pu˜ talvolta vanificare la presenza stessa della corsia. Saranno quindi necessari, nei tratti giˆ realizzati, tutta una serie di interventi di integrazione delle parti mancanti, studiando soluzioni che ne consentano la fattibilitˆ. Il costo di un intervento di protezione fisica del percorso di un mezzo pubblico • basso rispetto al beneficio che pu˜ portare, senza contare che potrebbe essere valutata, in seconda istanza, la realizzazione di tali strutture da parte dello stesso Servizio Strade del Comune di Genova. Contro tale ipotesi, che risulterebbe assai pratica ed economica per lÕAmministrazione Pubblica, ci sono tuttavia ostacoli frapposti dal Codice della Strada. Nel D.P.R. n. 610 del 16/9/1996, allÕArt. 178, si dice che: ÇLe corsie riservate [...] possono essere delimitate fisicamente [...] con elementi in rilievo [...] Gli elementi in rilievo [...] sono costituiti da manufatti in materiale plastico o gomma di colore giallo...È Viene poi specificato come tali manufatti debbano essere collegati alla pavimentazione e che caratteristiche dimensionali debbano avere. Dunque, salvo deroghe da parte del Ministero,
8 - Tale D.P.R. modifica il precedente regolamento del Codice della Strada, D.P.R. 495 del 16 dicembre 1992, G.U. n. 303 del 28-12-1992. Per ci˜ che riguarda i delimitatori di corsia si fa riferimento allÕart. 178 (Art. 42 Cod.Str.) (elementi prefabbricati per salvagenti pedonali e delimitatori di corsia) del D.P.R. 495, in parte modificato per ci˜ che riguarda le dimensioni dei delimitatori di corsia dallÕArt. 106 del giˆ citato D.P.R. n. 610 del 16/9/1996, G.U. n. 284 del 4/12/1996.
Via XX Settembre prima ( a sinistra) e dopo la cordolatura.
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non sarebbe fattibile una "autoproduzione" dei cordoli a delimitazione dei percorsi protetti, a meno che questi non possano essere delimitati da veri e propri salvagenti pedonali, il che comporta, tuttavia, una disponibilitˆ di spazio stradale che • spesso difficile da reperire nella nostra cittˆ. Ñ Il risvolto negativo degli assi protetti Purtroppo anche la realizzazione degli assi protetti pu˜ avere delle controindicazioni; pu˜ infatti essere in gran parte rimedio risolutore solo se connesso ad un uso sensato delle linee in transito. Tanto per intenderci, • chiaro che se nello stesso percorso abbiamo una sovrapposizione di linee di cui alcune debbano poi sganciarsi dal percorso stesso, ci˜ pu˜ essere fonte di disservizio. Vale come esempio: la linea 44 che ad un certo punto del suo tragitto, in direzione Brignole, deve, allÕaltezza di via Tolemaide, abbandonare la corsia protetta per dirigersi verso Tommaseo. Nel far questo, in caso di forte traffico, vi • una perdita di tempo considerevole, e la cosa pu˜ ripercuotersi su un eventuale mezzo che lo seguisse, il quale sarebbe costretto ad attendere lÕuscita del 44 dalla corsia stessa. Dunque • necessario anche far fronte a questi possibili aspetti critici, e giˆ nella progettazione del percorso cercare di evitarli.
Ñ LÕuso mirato delle corsie controsenso quale alternativa, in taluni casi, alla cordolatura Le corsie contromano rispetto al traffico privato possono rappresentare un valido sistema per assicurare un percorso riservato ai mezzi pubblici. I vantaggi stanno nella maggior economicitˆ: il deterrente costituito dal diverso senso di marcia rende superfluo lÕuso di una cordolatura. I possibili svantaggi sono la maggiore difficoltˆ di realizzarle, e non poche volte • possibile farlo in un solo senso, a meno che non si voglia modificare completamente la circolazione in gran parte delle strade. Sulla loro presunta pericolositˆ ci sembra che la stessa non possa essere superiore a quella di una corsia in senso contrario. LÕefficienza delle corsie controsenso • alta, addirittura pi• alta, in qualche caso, di quella di una corsia cordolata; lÕefficienza • per˜ minore in caso di forte traffico, momento nel quale • possibile una minima invasione da parte delle auto in senso opposto, ma soprattutto nel quale • frequente lÕinvasione da parte di motoveicoli, il tutto a detrimento della velocitˆ del bus. Due esempi ottimali di corsia controsenso sono corso Buenos Aires e via Barabino. Ñ Corsie centrali o lato strada? Un problema che si pone frequentemente, nel momento in cui si ipotizza la realizzazione di una corsia riservata in uno spazio stradale •
Due immagini di via XX Settembre; a sinistra: la corsia discendente ad uso dei mezzi pubblici. Non essendo cordolata • soggetta all'invasione da parte dei motocicli in salita. A destra: via XX Settembre dal Ponte Monumentale.
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quello se collocarla dal lato del marciapiede o al centro della strada. A nostro parere in linea di massima andrebbe privilegiata la soluzione lato strada, perchŽ pi• economica, non rendendo necessaria la realizzazione di salvagenti e di spazi di fermata exnovo. In taluni casi, laddove vi siano un elevato numero di intersezioni pu˜ essere per˜ preferibile una collocazione centrale. La corsia centrale dovrebbe almeno in teoria rendere meno aspri i conflitti con gli esercenti commerciali, e diminuire eventuali problemi di carico / scarico merci. Se per˜ bisogna fare riferimento allÕesperienza passata non • che per il fatto che fosse centrale la corsia di corso Europa abbia creato meno problemi, questo anche perchŽ dei cordoli dal lato marciapiede si possono collocare in poche ore, mentre la realizzazione di un asse attrezzato a centro strada pu˜ comportare settimane di lavoro, con le conseguenti ripercussioni sul traffico e quindi sulla disposizione psicologico sui cittadini. Ñ Semaforizzazione preferenziale e corsie protette LÕimpiego di semafori "intelligenti", che consentano la preferenza al mezzo pubblico possono ulteriormente aumentare lÕefficienza dei percorsi protetti. é evidente per˜ che si tratta, in questo caso, di strutture che hanno un certo costo, in ogni caso superiore alla semplice messa in opera di cordoli. Infatti, sia che si tratti di sistemi a ÒtombinoÓ in cui il bus, schiacciando una pedana aziona il semaforo o una serie di semafori, sia che si tratti di pi• sofisticati sistemi a sensori (in cui ad es. il mezzo pubblico interrompe il flusso di una fotocellula, facendo cos“ scattare un sistema semaforico) il sistema di semaforizzazione preferenziale comporta uno studio abbastanza approfondito, e, come detto giˆ prima, investimenti per diversi centinaia di milioni per un solo intervento. In diverse cittˆ europee lÕuso di semaforizzazione preferenziale • stato esteso a gran parte della rete dei mezzi pubblici, con risultati egregi dal punto di vista dei benefici conseguiti. Rispetto a quanto avvenuto in altre cittˆ la situazione di Genova • sconfortante, dato che, a
tuttÕoggi, non • stato fatto nessun intervento di questo tipo. Naturalmente non proponiamo unÕimmediata estensione a tappeto di tali sistemi, in quanto ci˜ confliggerebbe con la filosofia delle nostre proposte, legate in gran parte alla possibilitˆ di interventi a basso costo. Quello che proponiamo • la realizzazione adesso di alcuni interventi, nellÕambito della realizzazione e della ristrutturazione di alcuni percorsi protetti ad uso dei mezzi pubblici, o per sopperire alla impossibilitˆ materiale, in alcuni tratti, di effettuare una protezione fisica del percorso, o per garantirne la massima efficienza. A medio termine lÕobiettivo dovrebbe comunque essere quello di una progressiva estensione di tali sistemi. I tragitti protetti di cui si propone la realizzazione (o ristrutturazione) Negli schemi seguenti sono stati indicati i percorsi cittadini che si ritenevano essenziali ai fini di una protezione fisica del percorso. La scelta • stata fatta nellÕipotesi di un assetto della rete non molto differente da quello attuale, anche perchŽ, comunque, le strade sono quelle che sono, risultano quindi difficilmente ipotizzabili transiti alternativi. Non sono stati indicati il numero dei posti auto regolari, posti auto abusivi e posti merci che andrebbero persi nei singoli interventi proposti, infatti in una tabella sintetica era fuorviante indicare solo quei dati, senza spiegare, ad esempio, quanti posti e come si possono recuperare attraverso un differente riordino degli spazi. LÕapproccio • comunque quello di proporre ricollocazione dei posti perduti nelle aree limitrofe, previa riorganizzazione della sosta, stabilendo delle prioritˆ. Viene quindi posta come prima necessitˆ il recupero, se non addirittura lÕincremento, di posti merci, in quanto fondamentali per lÕapprovvigionamento commerciale, come seconda istanza il recupero di posti auto: questÕultimo • stato ritenuto veramente importante solo nel caso si tratti di posti residenziali. Nel caso di posti auto a rotazione, ed a maggior ragione se non regolari, ne viene considerata come auspicabile lÕeliminazione: infatti, il senso del percorso protetto non • solo quello di
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creare una sede propria di transito per il mezzo pubblico, ma anche quello di diminuire lÕofferta di posti a rotazione diffusi, per disincentivare lÕuso del veicolo privato. Per ogni singolo intervento sono state fatte singole valutazioni, pur nellÕambito della filosofia proposta: ad ogni proposta deve quindi corrispondere un approfondimento specifico che analizzi maggiormente nel dettaglio le soluzioni, dove e in che misura recuperare spazio per la sosta, anche in base a valutazioni di eventuali dissensi degli abitanti, rispetto alla prioritˆ dellÕintervento, e valutazioni di massima sui costi di realizzazione. Tutto questo, per ragioni di spazio, non poteva essere illustrato adeguatamente in questo documento, ragion per cui si • ritenuto pi• opportuno
lasciare diverse considerazioni allo specifico allegato che si occuperˆ delle questioni legate al trasporto pubblico di superficie. Ñ Considerazioni conclusive: di alcuni percorsi, in pratica la maggior parte, pur essendo a rigore necessaria una cordolatura in entrambi i sensi, abbiamo ipotizzato una prioritˆ specifica di volta in volta, a seconda di quella che era a nostro parere la situazione maggiormente critica per i mezzi pubblici, ma anche in considerazione di minori difficoltˆ di attuazione. Ad esempio, per la direttrice via Caprera - piazza Sturla - via dei Mille - via Cinque Maggio, abbiamo privilegiato un percorso protetto in direzione levante sia per la particolare criticitˆ di traffico che si ha nelle ore serali, ma anche in
Ponente Via Cantore Via Cantore Via Buranello Via di Francia Via Milano Via Milano/ Via Buozzi Via Cornigliano Piazza Massena Via Ansaldo/ Via Pieragostini Via Pieragostini/ Via Ansaldo Via Cornigliano Piazza Ninfeo Via Menotti Via Puccini
da piazza Montano ad inizio Sopraelevata direzione centro cittˆ da imbocco Sopraelevata a via Milano, direz. centro cittˆ da p.zza Barabino compresa a p.zza Vittorio Veneto compresa, direz. ponente dallÕuscita del sottopasso, direzione ponente nel tratto tra p.zza Dinegro e via Cantore, direzione ponente tra via S. Benedetto e p.zza Dinegro, direzione ponente direzione levante direzione levante
950 700 900 750 175 500 760 70
direzione levante
580
direzione ponente direzione ponente direzione ponente direzione levante direzione ponente
580 760 80 780 650
Val Polcevera Via G. Rossini Via Canepari Via Fillak
da piazza Pallavicini a via Canepari, dir. centro tutta, dir. centro cittˆ fino a piazza Masnata, dir. centro cittˆ
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830 1250
m.l.
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Centro Corso Buenos Aires Via T. Invrea Piazza Alimonda Via De Amicis Viale Brigate Bisagno Via Duca D'Aosta Via XX Settembre Via XX Settembre Via Gramsci Via Gramsci Via Rimassa Via Maccaggi Via A. Diaz centrale, Corso Torino Via Giacometti/ Via Casoni Via G. Torti
da p.zza Tommaseo a incrocio corso Torino, direzione ponente da via Archimede a p.zza Alimonda, direzione levante 480 tratto adiacente la chiesa, direzione levante direzione Brignole (in corrispondenza dellÕattuale corsia gialla centrale) da Via Barabino a corso Buenos Aires direzione centro direz. val Bisagno. tratto terminale. dal tratto antistante Mercato orientale fino allÕincrocio con via S. Vincenzo 230 da uscita imbocco sottopasso a p.zza della Commenda escl. dir. ponente da p.zza della Commenda compresa a via Alpini dÕItalia. a protezione del capolinea AMT da incrocio con via Fiasella a incrocio con via Brigata Liguria dir. levante da incrocio via Brigata Liguria a viale Brigata Bisagno incrocio tra corso Buenos Aires (p.zza Savonarola) e via Ruspoli tra lÕincrocio con corso Sardegna (p.zza Giusti) e piazza Terralba compresa, dir. c.so Gastaldi tra lÕincrocio con piazza Terralba , fino a piazza Martinez, dir. centro cittˆ
180 m.l.
50 225 350 130 210
665 120 50 175 200 530 650 360
Val Bisagno Corso De Stefanis Corso De Stefanis Corso Sardegna Via Canevari Via Moresco Via Bobbio Via Bobbio
da p.zzale Parenzo a via Monticelli, direzione mare da incrocio via Monticelli a corso Sardegna direzione levante da p.zza Galileo Ferraris a p.zza Giusti, dir. centro cittˆ da via Bobbio a p.zza Verdi sottopasso ferroviario incluso, direzione centro da ponte C. Fidardo a via Bobbio direzione monte tra incrocio via Montaldo e innesto via Canevari direzione centro completamento tratto non cordolato (dopo lÕuscita del sottopasso) dir. centro cittˆ
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1000 30 850 1250 950 825 10 o 50
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Levante Interventi nellÕambito dellÕottimizzazione del percorso protetto di c.so Europa, in connessione, possibilmente, con un sistema di semaforizzazione preferenziale Via Montevideo da innesto via Odessa a innesto con corsia Corso Gastaldi 185 Via Tolemaide tratto terminale tra lÕincrocio corso Torino e p.zza Verdi, dir.centro 130 Corso Gastaldi tratto terminale di, direz.levante (o semaforizzazione preferenziale) 150 Altri due esempi Via Caprera da incrocio con via Cavallotti a P.zza Sturla compresa dir. levante 350 Via dei Mille/ da piazza Sturla Via Cinque Maggio a incrocio con via Carrara, dir. levante 750
considerazione del fatto che, ad eccezione di un punto di via Caprera e un breve tratto di via dei Mille, gli esercizi commerciali si trovano sul lato monte e quindi questa scelta dovrebbe, si spera, evitare eccessive proteste da parte dei commercianti. La scelta • stata fatta basandoci sullÕipotesi pi• semplice possibile, ovvero quella di una corsia protetta lato marciapiede, il che ha anche condizionato certe scelte. In realtˆ in taluni casi sarebbe interessante una verifica di fattibilitˆ di corsia centrale: un esempio tra tutti • via Cantore, ove • evidente che nel caso di ipotesi di corsia centrale, pur avendo determinati vantaggi, si ha un aumento dei costi ed un allungamento dei tempi di realizzazione. Per quel che riguarda eventuali proposte di semaforizzazione preferenziale, unita a protezione del percorso, • evidente che, al contrario della semplice cordolatura, esse debbano richiedere ben ulteriore sforzo progettuale, oltre che economico, anche se in ogni caso questi interventi possono essere realizzati a posteriori. Il limite della nostra proposta, • evidente, sta nel non aver contestualmente proposto anche una riorganizzazione della rete, ristabilendo ad esempio la bidirezionalitˆ laddove non vi sia, tuttavia riteniamo che giˆ in queste proposte vi siano elementi concreti di intervento. Inoltre trattandosi per lo pi• di interventi di cordolatura, • possibile una successiva ristrutturazione.
Prioritˆ di intervento e unÕipotesi di fasi attuative Come si • visto, gli interventi sarebbero necessari in diversi percorsi cittadini. é necessario quindi stabilire delle prioritˆ di intervento, ed eventuali fasi attuative per ciascuno degli interventi. Gli elenchi presentati indicano, riteniamo con una certa precisione, gli interventi che • opportuno realizzare. é per˜ necessario indicare dei tempi e delle prioritˆ, ovvero quali interventi siano indifferibili, o per motivi di particolare sofferenza del trasporto pubblico o al fine di completare al meglio interventi giˆ in parte realizzati. LÕintervento della val Bisagno, in particolare, merita uno studio apposito. Citeremo quindi di seguito gli interventi prioritari e per ciascuno di essi vi sarˆ una nota esplicativa, ma per far maggiori approfondimenti vi sarˆ un apposito allegato. Ñ La direttrice da ponente verso il centro: lÕintervento devÕessere previsto a partire da via Merano fino allÕaltezza dellÕimbocco della sopraelevata a Sampierdarena. In tale tratta • prioritaria la protezione del percorso dei bus lungo tutta via Cornigliano, via Avio, via Cantore, in seconda fase il percorso protetto deve essere ipotizzato per via Ciro Menotti, esteso in via Pieragostini, via Pacinotti, in terza fase via Merano.
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Ñ Interventi di parziale ristrutturazione ed integrazione della corsia centrale di corso Europa: la realizzazione dellÕasse protetto di corso Europa • stato un intervento con molte valenze positive ma non risolto al meglio, sia per quanto riguarda il suo assetto e la sua realizzazione, sia per quanto riguarda la connessione con il resto del tracciato dedicato ai mezzi pubblici. Per quanto riguarda lÕassetto abbiamo alcuni punti su cui • necessario reintervenire. Tali interventi risultano necessari per sfruttare al massimo le potenzialitˆ della struttura asse protetto di corso Europa. In direzione centro cittˆ tra lÕincrocio di via Mosso e quello di via Pastore, la corsia laterale risulta essere non cordolata, anzi, la stessa corsia gialla non • neanche continua ma tratteggiata. Non a caso finisce per essere occupata da auto in sosta durante il giorno. Le ipotesi sono necessariamente due: o la si cordola, o si prolunga la corsia centrale fino alla prosecuzione della corsia protetta successiva allÕincrocio con via Pastore. In direzione levante, un tratto estremamente critico • quello tra lÕincrocio con via Corridoni e il semaforo allÕaltezza di via Pastore e via San Martino. Riguardo alle interconnessioni con il resto del percorso dei bus, un punto nodale da risolvere • il tratto piazza Alimonda - via Montevideo - corso Gastaldi. Ulteriori problematiche sono rappresentate dalla mancanza di cordolatura Ñ che a nostro parere risulta comunque necessaria Ñ dalle pensiline poco efficienti 9, dalla mancanza di posti a sedere (effettivamente di difficile realizzazione a causa della carenza di spazio). Analizzando lÕintervento a mente fredda, appaiono ingiuste diverse critiche rivolte alla costruzione della corsia riservata, forse amplificate dai problemi di realizzazione. LÕeliminazione delle alberature in viale Benedetto XV appare ancora oggi come lÕinter-
vento pi• inutile di tutto il progetto. Per quanto imperfetto, il sistema di asse attrezzato ha garantito netti miglioramenti sulla velocitˆ dei mezzi pubblici, e non ha comportato disagi alla circolazione privata peggiori di quelli esistenti prima della sua realizzazione, contribuendo anche ad una forma di riordino viabilistico. (CÕ• persino chi sostiene che ha migliorato la situazione del traffico privato !) Secondo dati AMT10, lÕattivazione della corsia ha permesso un miglioramento medio dei tempi di percorrenza in direzione Nervi intorno ai 5 minuti, ed in direzione centro sui 4 minuti, ed una diminuzione massima dei tempi di percorrenza di 12 minuti in direzione Nervi, e di 10 minuti in direzione centro. ÇAlla fermata di via Isonzo in direzione centro - punto di massimo carico della linea - nel 1998 sono stati conteggiati 9.204 passeggeri al giorno. Nello stesso punto, nella stessa ora, del giorno nel 1994, erano presenti 9.133 passeggeri al giorno. Si tratta di un risultato molto significativo soprattutto se pensiamo che sul resto della rete urbana dal 1994 al 1998 i passeggeri sono diminuiti del 12%È11 Ñ Completamento dellÕasse di corso Buenos Aires: lÕintervento riguarda i circa 200 metri tra piazza Tommaseo e via Casaregis, tra via Casaregis e corso Torino. La messa in opera della protezione nel primo tratto non comporta alcuna eliminazione di posti auto, in quanto va ad inserirsi in uno spazio che • di sosta vietata. Il secondo tratto, tra lÕincrocio con via Casaregis e corso Torino, comporta invece la ricollocazione di alcuni spazi di sosta merci. Nel complesso, questo intervento, che apparentemente pu˜ sembrare di poco rilievo, consentirebbe invece di eliminare un punto di ingorgo permanente che raddoppia, se non triplica, il tempo di percorrenza del mezzo pubblico. Come ulteriore intervento • necessaria una parziale risagomatura del marciapiede di piazza
9 - Questa • stata una delle ultime polemiche relative alla corsia protetta di corso Europa, si veda, in proposito: Òaspettando sotto la pioggia, per i tecnici non cÕ• rimedio: • un problema di spaziÓ. Il Secolo XIX, 8 novembre 1997. 10 - Da ÒCorso Europa un anno dopoÓ, in Omnibus, periodico di Informazione AMT, n. 76, 1998. 11 - Si veda nota precedente. EÕ da notare, peraltro, che lÕarticolo non specifica il giorno nel quale • stato effettuato il rilevamento, ed in ogni caso viene attribuito nello stesso articolo al "tele rilevamento" una capacitˆ di regolarizzazione dei transiti che sembra come minimo ottimistica.
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Tommaseo lato fermata bus in direzione centro, che, al momento, indirizza il bus verso il centro della carreggiata. Ñ Interventi di parziale integrazione e ridefinizione dellÕasse bus via XX Settembre - Principe: per quel che riguarda via XX Settembre • necessario affrontare il discorso in maniera complessiva, in quanto sono diversi i provvedimenti sostanzialmente positivi, ma non risolti al meglio. Come la corsia discendente, la sia pur parziale cordolatura di via XX Settembre ha posto rimedio ad una situazione di degrado ed ha permesso una maggiore velocitˆ dei mezzi pubblici. Vi sono tuttavia alcune osservazioni da fare; la prima riguarda la mancanza della stessa cordolatura nel tratto antistante il Mercato orientale. Quali che siano i motivi che non hanno fatto ritenere opportuna la sua realizzazione in quel tratto, siano essi legati all'accessibilitˆ al Mercato Orientale, o siano a causa delle onoranze funebri che si svolgono nella vicina chiesa della Consolazione, tali problemi possono comunque essere risolti. La seconda riguarda la manutenzione della corsia preferenziale nel tratto iniziale di via XX Settembre: • necessario che quando si provvede alla manutenzione delle corsie protette il lavoro debba essere realizzato in considerazione della fun-
zione della corsia stessa, evitando quindi la presenza di tombini o sporgenti o ad un livello inferiore rispetto al piano stradale, che costringe gli autisti dell' AMT a viaggiare ad una velocitˆ ridotta per alleviare i disagi ai passeggeri. é infine necessaria lÕintegrazione della parte non protetta, o addirittura non riservata del tratto terminale di via XX Settembre, cio• tra lÕincrocio con via V Dicembre e piazza De Ferrari: in particolare poi tra via XII Ottobre e piazza De Ferrari la corsia bus (solo riservata) • stata realizzata non adiacente al marciapiedi, ed • quasi sempre occupata da veicoli privati e talvolta merci. é dunque opportuno il completamento della cordolatura, lato marciapiede, con spostamento del parcheggio merci e dei bus turistici in via Vernazza. Come ulteriore intervento di accelerazione dei mezzi pubblici • poi da considerare la possibilitˆ della eliminazione della fermata prima del capolinea delle linee 44 e 17, ed il passaggio del percorso delle linee lungo lÕasse protetto, invece di rendere necessario il trasbordo dei bus sulla carreggiata veicolare. Tale operazione, difficoltosa per gli autobus, • di rallentamento per gli altri mezzi che debbono poi proseguire per De Ferrari e oltre. Un ulteriore intervento • necessario per la zona di Portello dove la corsia in galleria non • usata in quanto nel tratto terminale, a Portello, • costantemente occupata da veicoli.
Via XX Settembre: lo spostamento degli autobus dalla corsia laterale protetta a quella centrale.
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Tale intervento potrebbe essere evidentemente superato da un futuro assetto determinato dalla presenza del tram. Ñ Interventi di miglioramento sul percorso via Balbi - via San Benedetto - via Buozzi: qualche osservazione • necessaria su lÕintervento realizzato lungo tale asse: esso appartiene alla categoria citata precedentemente, degli interventi sostanzialmente positivi, ma realizzati in maniera non ottimale, per cui in parte ne vengono inficiati i vantaggi. I problemi risultano essere: 1) lÕinnesto dei bus provenienti da Ponente in via San Benedetto. Al semaforo le attese risultano essere lunghe diversi minuti per chi si trova sui mezzi pubblici, ma il problema non • tanto determinato dalla lunghezza dei tempi del semaforo, quanto dal fatto che in una corsia singola, oltre ai mezzi pubblici si inseriscono anche i veicoli privati: • necessario che la corsia verso Principe in via San Benedetto venga dedicata ai soli mezzi pubblici e taxi, e che lÕeventuale inserimento dei veicoli privati verso Principe venga realizzato allÕaltezza di via Fanti dÕItalia. Ci˜ permetterebbe il pi• rapido passaggio del mezzo pubblico verso Principe. 2) la non ottimale collocazione della fermata dei mezzi pubblici, in direzione levante in piazza Acquaverde.
La collocazione assai pi• idonea per spazio e maggior vicinanza con la stazione era quella nel piazzale antistante l'ex Hotel ÒColumbiaÓ. Si • preferito invece dedicare tale spazio a parcheggio come ulteriore segnale a dimostrazione che comunque, se cÕ• da dare la preferenza al mezzo privato lo si fa. La fermata • stata cos“ posta in uno spazio angusto, decentrato, spesso affollato oltre misura. 3) la non efficace sincronizzazione dei semafori in via Balbi. Riteniamo che si possa ovviare a tale problema aggiustando i tempi semaforici. Alcuni luoghi comuni sui percorsi protetti e lÕesempio di Nizza Che le corsie protette siano state realizzate un poÕ dappertutto • una cosa verificabile da chiunque visiti altre cittˆ italiane ed europee. A Roma, ad esempio moltissimi sono i percorsi cordolati, cos“ come diversi sono anche a Milano, Torino, ecc.. La cittˆ di Nizza non pu˜ certo essere presa a modello di pianificazione in senso ecologico. Non a caso viene portata ad esempio da non pochi imprenditori edili nostrani quando si parla di nuovi interventi residenziali o di parcheggi. La cosa pi• curiosa • per˜ che mai si parla di Nizza citando i chilometri di corsie cordolate per il trasporto pubblico (o anche i capolinea degli
Piazza Portello - in questo caso le auto parcheggiate abusivamente rendono inutile il beneficio della corsia riservata presente sotto la galleria; nella piazza sarebbe necessario un intervento di protezione del tragitto.
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autobus in pieno centro). Eppure i cordoli in uso laggi• sono con ogni probabilitˆ anche pi• pericolosi di quelli omologati dal nostro Ministero (tra lÕaltro, non sono nemmeno provvisti di segnalatori ottici!). Come superare le resistenze di parte dellÕopinione pubblica e dei commercianti, rispetto alla realizzazione dei percorsi protetti? Questo aspetto rappresenta sicuramente quello pi• difficile, anche perchŽ gli organi di informazione tendono a mettere in luce solamente gli eventuali lati negativi, e difficilmente quelli positivi. Probabilmente, se lÕAmministrazione Comunale iniziasse a pubblicizzare un poÕ di pi• i risultati positivi avutisi con gli interventi giˆ realizzati, sarebbe un poco pi• facile intraprendere la realizzazione di nuovi interventi. Una delle cose che ha danneggiato maggiormente lÕoperazione di realizzazione della corsia di corso Europa, compromettendo lÕestensione di tale modello ad altre parti della cittˆ (e conseguentemente danneggiando lÕassessore allora in carica), • stata la travagliata esecuzione dei lavori: in futuro, una migliore programmazione, che metta al riparo da ritardi e blocchi, sarebbe giˆ un buon modo per contenere le polemiche. Gli utenti del trasporto pubblico forse non percepiscono ancora compiutamente che il tempo da loro perduto nei viaggi • in gran parte dovuto al traffico e che la presenza di corsie protette pu˜ ridurre i tempi di percorrenza e quindi migliorare il proprio modo di viaggiare. La cosa • complicata dal fatto che poche sono attualmente le persone esclusivamente utenti del mezzo pubblico; una buona parte • anche utente automobilista, e per una serie di motivi • forse pi• naturale per la maggior parte delle persone indentificarsi con la propria parte ÒautomobilisticaÓ che non con quella di fruitore del trasporto pubblico. Una maggiore comunicazione agli utenti, spiegando il perchŽ di certe scelte pu˜ anche aiutarli a prender maggior coscienza che le disfunzioni del mezzo pubblico non sono ineluttabili, ma conseguenza di scelte o di "non scelte". Resta poi il problema dellÕopposizione dei commercianti e delle Associazioni di categoria che li rappresentano. Ancor pi• dei singoli esercenti, chi ha opposto la maggior resistenza ad
interventi di protezione del trasporto pubblico sono state determinate Associazioni di categoria. In questo senso, la posizione tenuta fino ad ora in particolare da una di queste Associazioni, potrebbe essere un errore di valutazione o quantomeno di sottostima del potenziale utente che si muove con mezzi differenti del veicolo privato. é possibile, tra lÕaltro, che alla lunga perseguire certe strategie possa anche essere controproducente. Pi• si contrastano interventi che migliorano la qualitˆ del trasporto pubblico, pi• si rischia di incentivare il traffico privato, con il conseguente degrado ambientale Ñ che allontana lÕutenza pedonaleÑ e la congestione da traffico, che ha effetti estremamente negativi soprattutto sul trasporto pubblico: ci˜ spinge per esempio anche lo stesso utente automobilista a rivolgersi verso strutture di grande distribuzione, pi• o meno svincolate dal traffico urbano o che comunque permettono un grosso acquisto una volta alla settimana o poco pi•. Vittime di questa politica potrebbero quindi essere alla fine proprio i negozi. Se si riesce a far passare il messaggio che migliorare il trasporto pubblico • alla fine conveniente per gli stessi esercenti, e che colui che lascia lÕauto in doppia fila non • miglior cliente di quello che al negozio • venuto con un mezzo pubblico, si sarebbe probabilmente fatto un gran passo in avanti. Del resto sembra accertato che i negozianti tendano ad avere una percezione falsata dei modi di trasporto dei propri clienti, attribuendo alla modalitˆ di trasporto privata una quota sproporzionata. In definitiva, • importante la comunicazione, anche diretta, con il singolo commerciante, evitando che la questione diventi oggetto di strumentalizzazione politica, e cercando (giocoforza rendendosi necessaria la sparizione di spazi di sosta su strada) di dare risposte convincenti per quel che riguarda il problema del carico e scarico merci. I costi e le positive ricadute economiche della realizzazione di percorsi protetti Per verificare lÕentitˆ degli investimenti necessari a realizzare la protezione di tutti i percorsi da noi individuati, abbiamo contattato la ditta fornitrice di tali strutture prendendo come riferimento gli identici componenti (omologati dal
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Ministero) collocati fino ad ora in cittˆ. Ipotizzando un tipo di modulazione identica a quella adottata complessivamente, sommando tutti i tragitti di cui prevediamo una protezione, si arriva a circa 21 km di percorsi protetti. Per collocare un adeguato numero di cordoli, usando lo stesso tipo di strutture ed uguale modulazione, atto a coprire tutti i tragitti, risulta necessario un investimento di circa 4 miliardi, che possono scendere a poco pi• di 3, impiegando una modulazione alternata di moduli di tre metri ad equivalente spazio libero. Volendo impiegare componenti pi• economici, non adottati fino ad ora nella nostra cittˆ ma ugualmente reperibili sul mercato, di dimensione e lunghezza inferiore (con lo svantaggio di, essere pi• facilmente scavalcabili), attraverso un loro impiego in uno schema alternato di vuoti e di pieni di uguale lunghezza, si arriverebbe per coprire tutti i percorsi individuati a circa 2 miliardi e un centinaio di milioni di investimento. Abbiamo tentato a questo punto di fare una valutazione economica sui benefici che porterebbe al trasporto pubblico la protezione di tutti questi percorsi. é infatti evidente che un recupero di velocitˆ commerciale rappresenta un quasi diretto risparmio economico. Per ogni Km / h di velocitˆ commerciale guadagnato, si parlerebbe di 5/6 miliardi di risparmio (fonte: Filt-CGIL). Da dati forniti dallÕAMT, rispetto ai risparmi teorici in termini di turni garantito dalla realizzazione di strutture come quella di corso Europa, abbiamo ipotizzato un risparmio da parte dellÕAzienda per chilometro protetto che andrebbe dai 120 ai 190 milioni allÕanno: per un risparmio complessivo quindi, valutabile tra i due miliardi e mezzo e i 4 miliardi circa: pertanto, almeno in teoria, il costo di installazione dei cordoli verrebbe completamente ammortizzato in un anno e mezzo o in uno addirittura, per poi garantire negli anni successivi consistenti risparmi. Si noti bene che non abbiamo citato un altro elemento non propriamente economico, ma di certo vantaggioso, ovvero maggiori garanzie per gli utenti che si troverebbero avere un servizio pubblico pi• veloce, in grado di garantire il diritto alla mobilitˆ ad una quota pi• consistente di cittadini.
In definitiva, anche supponendo costi aggiuntivi per catenelle o altri sistemi di protezione dei pedoni, che comunque avrebbero un costo modesto, risulta evidente che la realizzazione di percorsi protetti rappresenta un valido modo, a fronte di investimenti tutto sommato contenuti, per ridare efficienza al trasporto pubblico.
Politiche di incentivazione tariffaria e allÕabbonamento Dal 1973 ad oggi, la principale innovazione avvenuta nellÕassetto tariffario • stata quella dellÕintroduzione del biglietto ed abbonamento integrato FS - AMT, avvenuta a partire dal 1991 per il ÒgiornalieroÓ e dal 1995 come biglietto ed abbonamento. Ovviamente si tratta di una novitˆ positiva, come altrettanto positiva • stata la ÒliberalizzazioneÓ degli abbonamenti mensili ordinari, disponibili a tutti senza tessera di accesso. Il sistema tariffario genovese • imperniato su una tariffazione di tipo oraria, che non presuppone quindi nŽ zone, nŽ tariffazioni a linea. In questi anni sono emerse alcune proposte per lÕintroduzione, ad esempio del Òbiglietto di quartiereÓ, slegato quindi dalla tariffazione integrata e da quella oraria e legato invece ad un concetto di Òzone tariffarieÓ. LÕazienda non sembrerebbe propensa ad un simile sistema: in effetti, sovrapporre due sistemi tariffari potrebbe presentare dei problemi nella stessa gestione dei biglietti: infatti sarebbe piuttosto difficile la suddivisione in zone, ed inoltre non • detto che il prezzo di un eventuale biglietto di quartiere possa essere cos“ incentivante. Va fatto, anche in questo caso, uno studio approfondito sulla questione. Una cosa • certa, le aziende che hanno la miglior risposta da parte del pubblico sono quelle che hanno favorito lÕutente abbonato rispetto a quello occasionale; giˆ da ora, quindi allÕinterno di questo sistema tariffario, sono possibili alcuni importanti interventi. 1) Una politica di incentivazione dellÕabbonamento Ovvero sconti, agevolazioni, ecc. che inducano lÕutente occasionale a diventare abbonato. Il motivo per cui va incoraggiato lÕabbonato, sta in pi• fattori:
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- di ordine economico, in quanto rappresenta un gettito sicuro, - di ordine ecologico: lÕabbonato, proprio perchŽ abbonato, tende a usare il pi• possibile il suo abbonamento, quindi • un potenziale automobilista o motociclista in meno sulle strade. A Genova il rapporto tra biglietto e abbonamento (riferendoci a quello mensile integrato) • ovviamente a favore dellÕabbonamento, che corrisponde a 33,3 volte il prezzo del biglietto singolo. Se si osserva la situazione allÕestero, si vede che tale rapporto • simile in molte altre realtˆ (a Nizza, ad esempio • 32,9) ma in non poche altre, il rapporto • ancor pi• favorevole nei confronti degli abbonamenti (a Bordeaux • 30 volte). In generale, quindi, si ha un rapporto che tende a favorire lÕabbonamento mensile; il discorso • ancor pi• valido per quello annuale. Nella nostra cittˆ il rapporto tra abbonamento annuale e biglietto singolo • di 340 a 1. (A Bordeaux, per esempio, • di 315 a 1). Fare confronti con le altre realtˆ • unÕoperazione da effettuare naturalmente sempre con molta attenzione, ma un dato emerge costante: il rapporto tra abbonamento e biglietto • sempre a favore del primo, e spesse volte lo •, allÕestero, in misura maggiore che nella nostra cittˆ. Ma anche solo rimanendo in Italia, il caso di Roma • veramente esemplare: lÕabbonamento annuale integrato (bus - tram - metr˜ - treno) costa 360.000 L., rispetto ad un biglietto singolo (validitˆ 75 minuti, su tutta la rete urbana, una corsa di metr˜ e di treno) del costo di 1.500 lire. Insomma: meno di 1.000 lire al giorno per poter usare tutti i mezzi pubblici della capitale. La scelta dovrebbe essere quindi di incentivare ulteriormente le forme di abbonamenti, anche attraverso campagne vendita scontate, ulteriori agevolazioni connesse ecc. é evidente quindi che lÕaumento del prezzo dellÕabbonamento, di cui si parla da tempo, • unÕipotesi da scongiurare. 2) Una politica che premi lÕutente (o cliente) fedele Il ragionamento fatto per lÕabbonato, • ancor pi• valido per lÕabbonato fedele: perchŽ non dovrebbero esserci sconti per gli abbonati di lunga data? Un abbonato che • stato fedele per diversi anni,
potrebbe esserlo per altrettanti, ragion per cui rappresenta un "investimento" a lungo termine per lÕazienda stessa, dunque, merita un trattamento di riguardo. C'• poi un altro aspetto da non sottovalutare: lÕabbonato sente sicuramente proprio il trasporto pubblico pi• di quanto non lo senta lÕutente occasionale; • quindi pi• vigile nei confronti di errori, disfunzioni, ecc. 3) istituzione di biglietti/abbonamenti famiglia, o collettivi, presenti in moltissime realtˆ italiane ed europee dotate del medesimo sistema tariffario orario di Genova. La mancanza di un tale tipo di tariffazione rende realmente pi• economico lÕuso dellÕautovettura per un nucleo familiare o gruppi di persone che si debbano muovere assieme, con la conseguenza che, anche se sono tutti utenti ma non abbonati, viene ad essere pi• economico il dividere le spese per un autoveicolo. Pensiamo poi ad un nucleo familiare, ad es. di tre persone, che decida una domenica di farsi un giro rimanendo comunque in cittˆ: con lÕimpiego di biglietti ordinari raggiungiamo (calcolando unÕandata ed un ritorno) la cifra di 9.000 lire per famiglia: se a questa cifra aggiungiamo la scarsitˆ del servizio nei giorni festivi, non ci si pu˜ certo stupire che ci si rivolga allÕauto privata. Occorrerebbe dunque lÕistituzione di un titolo di viaggio collettivo. Esempi di abbonamento famiglia in Italia li abbiamo a Bologna. A Lione, invece, esiste una speciale carta famiglia (carte libertŽ famille), gratuita, che permette di acquistare un giornaliero, altrimenti utilizzabile per una sola persona, e poterlo usare per tutta la famiglia il sabato e la domenica, al costo di 24 Franchi (7.200 lire circa). Per quel che riguarda invece il biglietto collettivo, • molto interessante lÕesempio di Marsiglia, dove sono in vendita biglietti validi per pi• persone, via via pi• economici con lÕaumento del numero dei fruitori. 4) Politica di riacquisizione della fascia giovanile Negli ultimi anni, nella nostra cittˆ, si • assistito ad un vero e proprio crollo dellÕutenza giovanile, che si rivolge sempre pi• al mezzo privato, in particolare a quello a due ruote. Una prioritˆ dovrebbe essere quindi quella di
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riacquistare questa utenza. Una politica tariffaria che incentivi i giovani dovrebbe essere il primo passo, con lÕistituzione di un abbonamento annuale scontato per i giovani al di sotto dei 26 anni. Si veda lÕesempio di Bordeaux, dove per 944 franchi / anno (283.200 lire), corrispondenti a 76 Franchi al mese (22.800 lire) al di sotto dei 28 anni si ha diritto al ÒPassÕ jeuneÓ, abbonamento valido 1 anno su tutta la rete di Bordeaux, a partire dal qualsiasi momento in cui venga acquistato, senza nessuna condizione particolare di reddito familiare. Si noti che persino in termini assoluti risulta pi• economico di qualsiasi abbonamento studenti esistente a Genova. (il pi• economico, salvo ulteriori aumenti, ovvero quello per studenti della scuola dellÕobbligo • di 25.000 lire / mese, e solo per famiglie al di sotto di un determinato reddito). Se poi si fa il confronto tenendo conto del diverso costo della vita, • come se un abbonamento costasse a Genova 16 - 18.000 lire !! Ovviamente, manco a dirlo, questa formula ha avuto grande successo, al punto che fino ad ora circa 35.000 (!) giovani lo hanno scelto. Interventi simili nella nostra cittˆ dovrebbero essere accompagnati da adeguata promozione sui mezzi pubblici ed ancor pi• nelle scuole. LÕuso scorretto del park & Ride Il termine inglese di ÒPark&RideÓ, Òparcheggia e vaiÓ sta ad indicare, in parole povere, lÕinterscambio tra parcheggio e mezzo pubblico, favorito da una tariffazione integrata. Questo sistema in atto da anni in molti paesi europei • connesso allÕuso di aree di parcheggio, ovviamente periferiche, nelle quali automobilisti abbonati, con uno stesso titolo di viaggio pagano sia il parcheggio che il viaggio sul mezzo pubblico. LÕamministrazione genovese ha mutuato nome applicandolo, invece che a parcheggi dÕinterscambio in aree periferiche, allÕuso di parcheggi in pieno centro. Lasciando lÕauto in piazza della Vittoria, con il ticket del parcheggio (2.700 lire/ora nello spazio grande a raso, 2.200 lire/ora in quello interrato) si ha la possibilitˆ di usare i mezzi pubblici per
tutta la durata della sosta. Inutile dire che tale provvedimento non va nella direzione di disincentivare il traffico privato verso il centro. Ñ LÕ AMT e la Genova parcheggi...attrazione fatale? La questione della possibilitˆ di uso del ticket dei parcheggi come titolo di viaggio per i mezzi pubblici, cio• dellÕintegrazione tariffaria Bus + park (o se si preferisce il giˆ citato Park&Ride), si pone in particolar modo nella nostra cittˆ per due ordini di motivi legati tra di loro; uno dipendente dalla connessione economica tra il principale gestore di parcheggi a pagamento esistente nella nostra cittˆ e lÕ AMT, un secondo relativo alla localizzazione dei parcheggi genovesi a pagamento, che si trovano in grandissima parte in aree centrali, o comunque in vicinanza di centri attrattori di traffico. Il principale gestore di parcheggi a rotazione nella nostra cittˆ • rappresentato dalla Genova Parcheggi Spa. Questa societˆ, esempio di societˆ a capitale misto, pubblico - privato, ha un capitale sociale di cui il 51% • del Comune, il 19% dellÕACI e il 30 % dellÕ AMT. La Genova Parcheggi gestisce 2.120 posti auto nel territorio cittadino12. Il fatto che l' AMT sia allÕinterno di una societˆ che gestisce dei parcheggi a rotazione potrebbe essere persino interessante, se non fosse che la totalitˆ di questi parcheggi risultano essere attrattori di traffico in aree centrali; rappresentando, quindi, un incentivo alla mobilitˆ privata verso il centro. Ben diverso sarebbe il discorso se si trattasse di parcheggi di interscambio, funzionali ad impedire la penetrazione in area urbana delle auto private. Considerato che il traffico privato • uno dei principali motivi di intralcio per il trasporto pubblico, • a nostro parere discutibile che lÕ AMT, che dovrebbe avere a cuore, evidentemente, la sorte dei suoi utenti, partecipi ad un qualcosa che pu˜ andare contro gli interessi del trasporto pubblico. Ma i problemi potrebbero essere anche di altro tipo. La gestione dei parcheggi • un settore sicura-
12 - La cifra • tratta da Omnibus n. 72/97; da fonti Comunali (1¡ revisione del PUT), risulterebbero essere 2.700.
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mente in attivo; quindi lÕAzienda di trasporto parteciperˆ anche degli utili. Chi ci assicura che non vengano intraprese iniziative di realizzazione di parcheggi che vadano a concreto detrimento del servizio? Questo, tanto pi• che vi sono persone, allÕinterno del Consiglio di Amministrazione dellÕAMT, che erano, almeno fino al 1997, amministratori delegati della Genova Parcheggi... Facciamo un esempio molto concreto per spiegare ci˜ che intendiamo: ipotizziamo unÕarea che sia di pertinenza dei mezzi pubblici, ad esempio un capolinea d'autobus, e poniamo venga fuori lÕipotesi di sostituirlo con un parcheggio a rotazione; • da vedere se l' AMT, con la prospettiva di guadagni consistenti, non ne decida comunque lo spostamento, anche se questo pu˜ diventare motivo di disservizio, o comporti una diminuzione delle corse. La cosa migliore sarebbe che lÕazienda uscisse dalla Societˆ Genova Parcheggi. Sarˆ invece opportuno, una volta realizzati dei veri parcheggi di interscambio, affidarne la gestione allÕAMT, ed in questo caso mai sarˆ cos“ utile unÕintegrazione tariffaria, nellÕottica di un vero interscambio. Possibili sviluppi del sistema tariffario genovese LÕintegrazione tariffaria tra tutti i mezzi di trasporto • il risultato maggiormente positivo realizzato nel campo tariffario nella nostra cittˆ. LÕottica deve essere quella di proseguire in questa strada, allargando, attraverso lÕintroduzione di abbonamenti e biglietti integrati, lÕintegrazione anche a ulteriori localitˆ della provincia di Genova, sia per quel che riguarda il treno che i bus extraurbani, per arrivare ad unÕipotesi di integrazione a livello provinciale e regionale. LÕipotesi di biglietto di quartiere, che secondo qualcuno comporterebbe anche lÕintroduzione di biglietti magnetici va quindi valutata con molta attenzione, in quanto • comunque un qualcosa che va un poÕ in contrasto con la filosofia dellÕestensione al maggior numero di cittadini dellÕabbonamento. La sostituzione della tariffazione con biglietti di tipo magnetico comporterebbe la sostituzione di un considerevole numero di obliteratrici, con un non indifferente esborso di denaro pubblico. Inoltre va detto che i biglietti magnetici non sono
comunque sicurissimi; una piccola percentuale di biglietti smagnetizzati • da mettere in conto. Il biglietto magnetico comporta inoltre la vidimazione ogni volta che vi sia un cambio di mezzo: ci˜ pu˜ essere quindi un ulteriore aggravio di tempo alle fermate, e di fastidio per chi ha fatto lÕabbonamento proprio per togliersi il problema di timbrare ogni volta. Questo sistema ha in compenso il vantaggio di poter essere uno strumento abbastanza preciso (con lÕuso di obliteratrici ÒintelligentiÓ) di verifica di ripartizione degli introiti, problema non da poco in un sistema di rete in cui agiscono pi• soggetti (FS, AMT). Ñ DallÕabbonamento alla tassa trasporti ? La logica, anche se ipotetica, conseguenza dellÕestensione dellÕabbonamento alla pi• ampia fascia possibile di cittadini, • quella del passaggio dalla tariffa, che comunque anche nel migliore dei casi non arriverebbe a coprire nemmeno la metˆ del disavanzo dellÕazienda di trasporto, ad una vera e propria tassa trasporti comunale o provinciale. Tale ipotesi non • per nulla insensata, anche se gli esempi esistenti riguardano solo alcune realtˆ nord - europee. Il contributo annuale per persona nel nostro comune, necessario a coprire interamente le spese di gestione, personale, ecc. ammonterebbe a circa 300.000 annue. I vantaggi di un sistema di copertura delle spese tramite apposita tassa sarebbero in primo luogo quello ovvio della tranquillitˆ economica; in secondo luogo ogni cittadino sentirebbe come "proprio" il servizio di trasporto pubblico, quindi limiterebbe anche probabilmente le spese nei confronti del mezzo privato e lÕuso dello stesso, essendo, volente o nolente, finanziatore del trasporto pubblico. Gli svantaggi stanno evidentemente nellÕimpopolaritˆ di una simile ipotesi: essa troverebbe sicuramente contrari coloro i quali non sono utenti del mezzo pubblico (e non • impensabile che porti addirittura a contenziosi giuridici) ma, con molta probabilitˆ, persino le persone utenti abituali, per un meccanismo di assorbimento di modi di pensare diffusi che vedono gli strumenti di tassazione negativi in quanto tali, non per la non adeguata contropartita in termini di servizi. Un altro elemento critico pu˜ essere rappre-
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sentato dal rischio, essendoci la copertura economica del servizio, di mancanza di incentivi di miglioramento del servizio stesso. é poi da vedere come una simile ipotesi si accordi con le recenti normative che indirizzano verso la concorrenza nel settore dei trasporti. Detto tutto questo, lÕipotesi di una tassazione Òad hocÓ, che copra interamente le spese per il trasporto pubblico, andrebbe valutata con la massima attenzione in una visione a lungo termine, senza pregiudizi di ordine ideologico, ma facendo una valutazione concreta costi / benefici. Si consideri, in fondo, che il trasporto pubblico • un servizio, cos“ come lo smaltimento dei rifiuti, la pulizia delle strade o lÕilluminazione pubblica.
Adeguata politica dellÕinformazione allÕutenza Visionando i libretti degli orari dei mezzi di trasporto pubblico di altre cittˆ, soprattutto estere, si rimane colpiti per la qualitˆ che mediamente li contraddistingue. Tale qualitˆ • ugualmente riscontrabile nel resto dellÕinformazione allÕutenza. Sia che gli orari siano riferiti a singole linee, (come avviene, ad esempio a Marsiglia o Stoccarda), o all'insieme della rete, nella stragrande maggioranza delle cittˆ ci si trova di fronte a oggetti di qualitˆ (anche estetica) elevata, magari stampati in carta riciclata, ma ben curati, ed anche di formato pratico e maneggevole. Per ci˜ che riguarda lÕinformazione al pubblico, in caso di mutamenti alle linee, eventuali avvisi trovano spazio in bacheche presenti in tutte le fermate. E a Genova? Dopo anni sono finalmente comparse alle fermate le ÒpalineÓ con le indicazioni Ñ non sempre del tutto attendibili Ñ dei primi e degli ultimi transiti, ma lÕinformazione rispetto a eventuali mutamenti di percorso continua ad essere aleatoria, affidata comÕ• a fogli annodati ai pali di sostegno delle fermate; quella riguardo ai servizi forniti in occasioni particolari continua ad essere praticamente assente, e questa • una delle principali cause di modesta rispondenza da parte del pubblico. Per quel che concerne il libretto degli orari dei mezzi pubblici, al pregevole sforzo di inviarlo a tutte le famiglie genovesi, avvenuto per lÕinverno 1999 - 2000, corrisponde uno scadimento quali-
tativo del libretto stesso, con abbassamento della definizione, colori sbiaditi, informazioni non esaurienti, ecc. e sfalsamento nella impaginazione degli orari ferroviari. La cosa un poÕ sorprendente • che manca allÕinterno una delle cose pi• importanti, ovvero lÕelenco dei diversi tipi di tariffazione! Per quel che riguarda la scarsa qualitˆ tipografica sarebbe connessa allÕuso di attrezzature rotative che permettono un contenimento dei costi a fronte dellÕalto numero di copie stampate (circa 300.000). Considerate tutte le attenuanti, lÕorario genovese • comunque tra i pi• spartani dellÕEuropa occidentale. Dovrebbe invece essere fatto uno sforzo per offrire un prodotto qualitativamente migliore. é evidente che costa di pi•, per˜ lÕaspetto della qualitˆ • un elemento fondamentale. LÕorario andrebbe arricchito di tabelle dei percorsi, indicazioni sui tempi di percorrenza, singole partenze ai capolinea, indicazioni sugli orari delle linee speciali in esercizio in occasione di eventi ricorrenti (partite, manifestazioni al Salone Nautico), ecc. La mappa con le linee urbane potrebbe essere qualitativamente migliore; di sicuro lo erano le vecchie mappe (in particolare certe degli anni Ô70, immediatamente successive alla riforma del 1973, recanti con grande precisione il nome di quasi tutte le vie) derivanti dalla riduzione della mappa della ÒGrande GenovaÓ scala 1:10.000 dellÕIstituto Cartografico Italiano. Sia ben chiaro, la qualitˆ dellÕinformazione allÕutenza non • un sostituto del servizio: • il "coronamento" di un servizio efficiente in tutte le sue parti, ed evidentemente non si chiede carta patinata da rivista dÕarte per gli orari, ma semplicemente pi• cura e maggiori informazioni. Ñ Promozione del mezzo pubblico ed informazione ai cittadini anche non utenti: ma • nella stessa promozione del trasporto pubblico che manca un qualsiasi segnale. Se guardiamo allÕestero, le campagne di promozione del tram sono pi• aggressive di quelle dei telefoni cellulari ! Prendiamo il caso di corso Europa, cosa ha fatto lÕAzienda per pubblicizzare la realizzazione di un intervento positivo? Ben poco! Non basta evidentemente rimarcare il succes-
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so dellÕiniziativa su ÒOmnibusÓ, rivista aziendale che arriverˆ ad un ristretto numero di persone, ed in gran parte appassionati di trasporto pubblico: la comunicazione deve essere rivolta verso la maggioranza degli utenti. Verso coloro che utenti non sono, deve essere avviata una campagna di promozione del mezzo pubblico per dimostrare, ad esempio che usare il bus invece del proprio mezzo privato pu˜ essere pi• economico, e per far questo possono essere utilizzati gli spazi disponibili dentro e allÕesterno dei mezzi pubblici ed allÕinterno delle cabine di attesa. Il problema della scarsa capacitˆ di raffrontarsi pi• in generale con la cittadinanza, diventa ancor pi• grave nel momento in cui vi siano in ballo proposte riguardanti interventi infrastrutturali a favore del mezzo pubblico, magari estremamente importanti. é chiaro che, se nel momento in cui lÕAzienda deve portare allÕattenzione della cittˆ un progetto di protezione di una tratta di linea, giˆ sapendo le inevitabili polemiche, non • in grado di presentare la sua proposta ai cittadini, anche con un minimo di documentazione, ci˜ equivale a farsela bocciare. In questo senso, lÕesempio di come • stata gestita da parte dellÔazienda di trasporto locale di Strasburgo la politica di informazione sulla reintroduzione del tram nella cittˆ, dovrebbe essere un modello di come si potrebbe operare anche in ambito genovese. Insomma, • mancata fino ad ora la capacitˆ di ÒvendersiÓ da parte dellÕAzienda, anche per ottenere pi• facilmente il consenso su certi interventi.
In compenso la passivitˆ verso certe scelte da parte del Comune, anche se penalizzanti per lÕutenza, non • minimamente diminuita, come dimostrano alcuni recenti interventi (ad esempio la ristrutturazione delle linee di Sestri e lÕintervento davanti a Staglieno), subiti (se non addirittura favoriti) dallÕAzienda, e origine di numerose lamentele. Gli elementi aggiuntivi che danno il senso di un servizio Òdi qualitˆÓ Ñ La scelta dei mezzi: cos“ come altre aziende di trasporto italiane (peraltro in ritardo rispetto al resto dÕEuropa) anche sulla rete AMT stanno comparendo i nuovi bus a "pianale completamente ribassato"13. CÕ• da dire, tuttavia, che la disposizione interna di questi mezzi, i cosiddetti ÒCity ClassÓ della Iveco, non • tra le pi• felici: soprattutto in una situazione come quella genovese, in cui i mezzi viaggiano spesso affollati, la presenza di bus con una non buona ottimizzazione degli spazi comporta ulteriori disagi per lÕutenza. Anche nominalmente, tra lÕaltro, la capienza complessiva risulta essere ad esempio inferiore rispetto a diversi altri mezzi pi• vecchi in servizio della stessa categoria. Che ci˜ sia dovuto ad una ridefinizione dei parametri, o ad un reale minor spazio, sta di fatto che essi risultano poco agevoli in condizione di forte affluenza, anche a causa della strettoia presente tra le ruote. é evidente che dovrebbe esserci la massima attenzione da parte dellÕAzienda anche nei confronti degli aspetti qui segnalati. Va poi detto che, fino ad ora, nessuno di questi nuovi mezzi sembrerebbe essere attrezzato
13 - autobus cio•, che, grazie alla particolare disposizione degli apparati del motore, hanno il piano del pavimento alla stessa altezza da terra, mediamente intorno ai 35-40 cm. La scelta del piano ribassato pu˜ influire negativamente sullo spazio del mezzo.
A sinistra: la pubblicitˆ della Iveco dei mezzi a pianale ribassato. Il veicolo dell'immagine non potrebbe circolare in Italia per problemi di normativa. A destra: particolare di un ÒCity ClassÓ in servizio a Genova sul levante. Il veicolo in questione • un15/.
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per lÕentrata e la dicesa dei disabili, presentando infatti ostacoli fisici che impediscono lÕentrata con la carrozzella, oltre alla mancanza delle classiche pedane impiegate allo scopo. Anche per questo aspetto dovrebbe esserci attenzione da parte dellÕazienda, considerato, tra lÕaltro, che in non poche cittˆ (esempio Milano), diverse linee sono attrezzate completamente o in parte per tale tipo di trasporto. Ñ La pulizia dei mezzi: viaggiare su un mezzo sporco • un fattore che contribuisce ad acuire il senso di un servizio pubblico scadente. Ci˜ vanifica anche la presenza di mezzi nuovi e confortevoli; infatti anche un mezzo nuovo a Òpiano ribassatoÓ, se non viene pulito con continuitˆ tenderˆ a fare la medesima impressione di un mezzo vecchio e malandato. Per rendersi conto di cosa voglia dire la pulizia, basta utilizzare un mezzo anche non recente che sia stato lavato da poco: sembra di viaggiare su un mezzo quasi nuovo. Intanto, anche i nuovi Iveco a piano ribassato, entrati da poco in servizio sul levante cittadino, stanno manifestando incurie del genere. Il fattore pulizia non • certo migliorato col tem-
po, eppure • un fattore di primaria importanza, uno degli elementi su cui si gioca il rilancio del trasporto pubblico. Ñ Doppia obliteratrice sui bus: questo problema, un tempo comune a quasi tutti i mezzi, si va riducendo con lÕintroduzione di quelli nuovi; tuttavia, visto che la stragrande maggioranza dei bus • ancora piuttosto vecchia, sarebbe opportuna una integrazione, almeno sui Ò12 metriÓ e sui Ò18 metriÓ di vecchia concezione. Ñ Le cabine di attesa e la manutenzione: le pensiline dÕattesa nella nostra cittˆ spiccano per essere il ricettacolo di qualsiasi volantino o manifesto. La cosa forse pi• fastidiosa • che gran parte dei manifesti presenti allÕinterno delle fermate occupano spazi non loro. Su tale fenomeno lÕAzienda dovrebbe intervenire, con apposite denuncie presso le autoritˆ competenti, non essendovi alcuna difficoltˆ a attribuire eventuali responsabilitˆ. Le carenze delle pensiline genovesi non finiscono certo qui: senza chiedere un design particolare, rimanendo nello stile finora impiegato per la realizzazione delle pensiline dÕattesa, oc-
Alcuni esempi arredo urbano A sinistra sopra e sotto: Pannello informativo a Klagenfurt - distributore di biglietti ed obliteratrice a Zurigo. A destra sopra e sotto: due tipi di cabine di fermata a Marsiglia ed a Klagenfurt.
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correrebbe che fossero collocate panchine in tutte quelle che ne sono sprovviste, e sono per ora la maggioranza. Manca in quasi tutte quello che • presente nelle pensiline di qualsiasi cittˆ europea: orari delle linee in transito, tariffe, mappa della cittˆ. In passato qualche timido tentativo era, per la veritˆ, stato tentato; ma questa • unÕoperazione che va avviata con criterio, controllando ad esempio la qualitˆ delle mappe che si andranno a collocare; non ha infatti senso posizionare delle mappe che vadano a deteriorarsi in pochi mesi dopo la sistemazione. Non pensiamo che quanto da noi si esposto rientri in iniziative trascendentali: si tratta, anche gradualmente, di collocare bacheche (di cui si sia verificata la robustezza) allÕinterno delle pensiline, e ivi sistemare quanto necessario, ad uso non solo dei cittadini genovesi, ma anche a quello di eventuali turisti. é necessario dunque che alla collocazione delle mappe e degli orari corrisponda un controllo dello stato di conservazione delle informazioni allÕinterno delle pensiline, e la sostituzione in caso di danneggiamento e la pulizia in caso di sporcizia nelle pensiline stesse. La rete di trasporto pubblico come Òarredo urbano della cittˆÓ Una riqualificazione delle stesse infrastrutture dedicate al trasporto pubblico, porta ad una vera e propria assimilazione di questÕultime allÕar-
redo urbano della cittˆ, con lÕinnegabile vantaggio, anche a livello percettivo, della visione del trasporto pubblico non come oggetto avulso dalla cittˆ, ma come parte integrante della cittˆ stessa. Questa • conseguenza naturale nel caso delle infrastrutture tranviarie e risulta un poÕ pi• difficile nel caso di un trasporto pubblico composto per lo pi• da autobus, ma non per questo impossibile. Verso un servizio adeguato ai bisogni dei cittadini Dopo le necessarie considerazioni relative alla struttura della rete, agli interventi di protezione della rete stessa, alla qualitˆ del servizio rispetto allÕinformazione ai cittadini, lÕultimo elemento che pu˜ concorrere a fornire un trasporto pubblico adeguato ai bisogni della cittˆ • quello riguardante la quantitˆ del servizio stesso ed alla sua distribuzione a seconda delle circostanze che si presentano, siano esse ordinarie o straordinarie. Si • visto che tra gli elementi rilevanti presentatisi negli ultimi anni ed attualmente in fase di consolidamento vi • sicuramente quello della modifica della mobilitˆ dei genovesi. Tale modifica si • verificata a causa di cambiamenti socioeconomici avvenuti negli ultimi decenni, in parte locali, in parte nellÕambito di trasformazioni avvenute su scala quantomeno nazionale.
Due "tipici" esempi di fermate genovesi. A sinistra: l'ultima fermata di corso Torino (prima del capolinea di via Rimassa) in cui non esiste nemmeno il marciapiede; a destra: fermata bus in piazza San Martino.
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Alle trasformazioni accadute, e per quelle in avvio, avrebbero dovuto corrispondere (e dovranno corrispondere) analoghi cambiamenti non solo nellÕassetto della rete, ma anche nellÕorario, nella distribuzione del servizio. Andando a vedere meglio, il problema si pone non solo per le trasformazioni pi• o meno recenti, ma anche per esigenze non di ora, che, tuttavia, non hanno avuto una risposta sempre soddisfacente. Ñ Il superamento dellÕorario differenziato di punta, morbida, serale, feriale, sabatale, festivo: la principale modifica avvenuta nel modo di muoversi dei genovesi • stata innanzitutto quella relativa al fatto che essi non si spostano pi• solamente nelle Òore di puntaÓ e quasi niente in quelle Òdi calmaÓ, ma anzi, nella quasi scomparsa dello stesso concetto di ora di calma e di ora di punta. A tali cambiamenti il servizio ha fatto in parte fronte, ma non nella misura opportuna. La questione si pone ancor di pi• per quel che riguarda le differenziazioni esistenti nel servizio AMT tra orario feriale, sabatale e festivo; in giorni, quindi, che hanno ugualmente subito variazioni nella mobilitˆ. Continuano ad esistere delle fasce di calma, naturalmente, ma esse sono andate sempre pi• restringendosi. Si • poi sicuramente estesa, almeno in alcune tratte, la fascia di frequentazione massiccia del mezzo pubblico in orari che un tempo erano meno frequentati, come quella dalle 20:00 alle 20:30 e oltre, in cui • aumentata di molto lÕutenza, soprattutto nelle linee provenienti dal centro, ma non di conseguenza lÕofferta. QuestÕultimo cambiamento • avvenuto anche, forse, per sfuggire alla morsa del traffico privato di rientro dal lavoro che rende i rientri a casa con il mezzo pubblico, in orari pomeridiani, un vero e proprio calvario. Il sabato • diventato sicuramente un giorno in cui la mobilitˆ • aumentata considerevolmente: infatti, salvo la fascia di prima mattina, in cui la domanda si presenta mediamente un poÕ pi• bassa degli altri giorni, giˆ a partire da metˆ mattinata • a livelli non inferiori dei giorni feriali, e altrettanto si pu˜ dire del sabato pomeriggio. Un discorso a parte va fatto per i giorni festivi dove la domanda • concentrata in alcune linee,
e a volte non risulta cos“ considerevole, anche perchŽ • giˆ bloccata in partenza da un offerta modesta. Che la domanda complessiva di mobilitˆ sia per˜ considerevole lo dimostrano certe code serali di gitanti in rientro. A queste esigenze pi• o meno nuove, non cÕ• una rispondenza adeguata del servizio. Per fare solo un esempio, anche nellÕorario 1999 - 2000 prendendo una linea a caso, come il 41 circolare (via Isonzo-via Dante), nella fascia oraria che va dalle 14:00 circa alle 17:00, in direzione centro cittˆ, il sabato abbiamo una frequenza di 8 minuti, contro i 6 minuti di un giorno feriale. Va un poÕ meglio rimanendo sulla stessa linea, questa volta in direzione levante: in un giorno feriale abbiamo una frequenza di 6 minuti fino alle 20:12, dopo di che passa a 12 minuti fino alle 20:24, dopo di che la linea cessa il servizio. In questo caso sarebbe opportuna lÕestensione della fascia a 6 minuti fino a fine servizio, del quale si dovrebbe comunque ipotizzare una minima posticipazione intorno ai 10 minuti, per coprire completamente la potenziale fascia di rientro dal lavoro. Gran parte degli orari andrebbe rivisto in tal senso, ma lÕesempio pi• eclatante al riguardo • rappresentato dal servizio serale e notturno: a fronte di una domanda di mobilitˆ a dir poco triplicatasi negli ultimi anni, vi • stata una diminuzione dellÕofferta impressionante (oltre che ingiustificata). Ñ La gestione delle situazioni eccezionali: negli anni passati era la norma che, in occasione di eventi particolari, venisse adeguatamente rinforzato il servizio nelle tratte interessate rispetto alla localitˆ in cui lÕevento stesso avveniva. Negli ultimi anni, si • invece assistito ad un graduale ridimensionamento di questo tipo di servizio; parallelamente e specialmente negli ultimi tempi, si • invece teso, almeno da parte della Civica Amministrazione, ad assicurare ampia disponibilitˆ di parcheggi. ÑLa gestione delle situazioni periodiche Qusto riguarda i mercati rionali, campionato calcistico, fiere, cinema allÕaperto, servizio scuolabus, periodo natalizio. Vi sono poi eventi periodici per i quali andreb-
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be predisposto un rafforzamento del servizio. Questo discorso vale in particolare per i mercati itineranti, come piazza Palermo, corso De Stefanis, ecc. che si svolgono in giorni precisi, e ormai da anni. Andrebbero quindi rinforzati i transiti delle linee afferenti (per il caso di piazza Palermo in particolare il 42, ed anche il 44, essendo considerevole il numero di persone proveniente anche dalla zona di San Martino). Per il normale calendario calcistico questo servizio viene garantito (anche se in modo disorganico e poco capillare). Eventi periodici possono essere considerati anche i cinema allÕaperto durante lÕestate, per cui invece non viene predisposto un servizio adeguato di rinforzo. Il discorso • stato valido in particolare per la passata estate, dove la possibilitˆ di raggiungere i luoghi di proiezione • stata delegata ai soli mezzi privati, come ad esempio per il cinema Nettuno, (posizionato in area della Fiera del Mare) in cui, contemporaneamente alla completa mancanza di qualsiasi servizio pubblico che arrivasse sul luogo, ci si trovava di fronte ad un percorso non indifferente da fare a piedi, mentre, contemporaneamente, era agevolato lÕaccesso auto - motoveicolare privato, grazie alla presenza di un parcheggio gratuito collocato im-
mediatamente a ridosso del cinema. ÑUn servizio di scuolabus: un servizio capillare ed affidabile di scuola bus in favore dei bambini delle scuole elementari, se visto in unÕottica ristrettamente economica risulta oneroso. LÕottica deve essere pi• ampia, nella considerazione che pi• bimbi sono portati a scuola, meno Òmamme motorizzateÓ avremo in strada. Il beneficio, quindi, va valutato complessivamente, includendo i costi generali che si scaricano poi comunque sul trasporto pubblico, di un maggior traffico di veicoli privati sulle strade, che anche un servizio di scuolabus efficiente pu˜ contenere. Ñ Il servizio serale e notturno: dagli anni ottanta ad oggi, la fascia oraria dove • avvenuta la principale diminuzione dellÕofferta • stata quella serale e notturna, intendendosi per serale dalle 9:00 alle 12:00 o 1:00 a seconda dei casi, e notturno dalle 12:00 o 1:00 fino allÕinizio del regolare servizio giornaliero. (In qualche caso la suddivisione • quasi formale, se la linea • la medesima). Nel 1983 avviene una prima significativa riduzione di offerta. Nel 1991 lÕAMT decide un ulteriore consistente taglio del servizio serale, e la quasi eliminazione del notturno. LÕoperazione avviene in assenza o quasi di informazioni, co-
Un esempio Per dare unÕidea della consistenza dei tagli avuti basti dire che linee come il 44 avevano nel serale, prima del 1991, frequenze di 15 minuti, che passano a 30 minuti dopo la rivoluzione di quell'anno. Scompaiono nel serale linee come il 15/ via Petrarca - Nervi che avevano nel serale frequenze di 20 - 25 minuti e nel notturno di un'ora. Nel Ponente la linea 1, che aveva nel notturno una frequenza massima di un'ora, cos“ come la linea 7, vengono soppresse; analoghi discorsi si possono fare per il 12, che scompare nel notturno, e per il 20, che aveva nel notturno passaggi ogni 30 minuti. Si • cercato qui di fare una sintesi dei cambiamenti avvenuti in quel periodo, che risulta comunque incompleta, (infatti vi erano altre linee specificatamente notturne che furono soppresse dopo il 1991, inoltre non abbiamo fatto che un cenno alle riduzioni effettuate anche nel servizio serale). In cambio della soppressione delle corse notturne vengono istituite due linee, N1 e N2, Prato - Pontedecimo e Voltri - Nervi, con intervalli tra la prima e lÕultima corsa, in qualche caso, di oltre 2 ore. Vengono avviate, anche dopo il Ô91, ulteriori riduzioni nel serale (esempio il 41 passa da 30Õ, cadenzati, a 30/35Õ) o, per usare un termine, spesso sinonimo del precedente, ÒrazionalizzazioniÓ del servizio, con lÕaccorpamento di linee e lÕistituzione di nuove (es. 605, risultante dallÕaccorpamento del 32 e del 38) e lÕancor pi• recente istituzione delle linee 685 - 686 687, frutto dellÕaccorpamento, rispettivamente, di 44 e 85, 44, (86) e 88, 44, (87) e 88.
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sicchŽ lÕutenza si trova di fronte al fatto compiuto. Paradossalmente questo avviene in un momento in cui la domanda di mobilitˆ la sera • in aumento. La drastica riduzione di offerta del servizio serale e notturno • stato un elemento aggiuntivo che ha contribuito in questi anni alla crescita della motorizzazione privata, in quanto non pochi, in precedenza utenti del servizio pubblico, e nemmeno provvisti di patente, hanno iniziato a rivolgersi al mezzo privato. Chi avesse frequentato i mezzi pubblici la notte, prima dei tagli del Ô91, pu˜ rendersi conto che, laddove • avvenuto il taglio del servizio, esso ha avuto come risultato quello di produrre un equivalente calo di utenza, peraltro, in alcune linee, come il 20, dove fino ad ora non vi sarebbe stata riduzione del servizio serale, i mezzi circolano per lo meno in area centrale in qualche caso addirittura sovraffollati. Persino i due notturni che, vista la frequenza pi• che ridotta sembrerebbero dissuadere anche gli utenti pi• affezionati, circolano in realtˆ tuttÕaltro che vuoti. La riduzione del serale e la quasi soppressione del notturno • forse lÕesempio pi• macroscopico di errore di valutazione commesso dallÕAMT rispetto alla domanda di mobilitˆ complessiva della cittˆ. Si offre infatti un servizio accettabile in un momento in cui la mobilitˆ serale • ridotta (persino al venerd“ sera il centro di Genova nel 1990 sembrava quello di una cittˆ inglese, ovvero deserto) e nonostante ci˜ i bus hanno una buona frequentazione, e si taglia invece proprio nel momento in cui la mobilitˆ complessiva in quella fascia oraria • in aumento, e prova ne • il traffico stesso in quelle ore, che di anno in anno aumenta sempre di pi•, arrivando, ai nostri giorni ad un traffico quasi da ora di calma giornaliera. La reintegrazione del notturno, e il conseguente rafforzamento del servizio serale, rappresenta uno dei primi obiettivi nellÕambito di un servizio che risponda alle esigenze di mobilitˆ della cittˆ. Gli interventi andrebbero fatti traendo esempio dalle poche cose positive comunque realizzate: infatti, nonostante la considerevole offerta quantitativa esistente nel decennio passato, il servizio, strutturato comunque secondo linee in gran
parte equivalenti a quelle esistenti di giorno, comportava comunque problemi, uno tra tutti quello dellÕinterscambio. La realizzazione di linee come lÕN1 e LÕN2, o il 685, 686, 687, pur in un ottica di risparmio che deve essere superata, ha di buono proprio la possibilitˆ di percorrenza continua da una parte allÕaltra della cittˆ grazie a linee continue. Ovviamente il discorso • positivo purchŽ non si esageri: infatti un conto • accorpare due o pi• linee al limite successive per percorso, (come ad es. 1, 20, 15 che diventano N2, o per il 685, che rende continuo un percorso dal centro a Bavari, migliorando il collegamento tra un luogo periferico ed il centro cittˆ), altro discorso • farlo con linee che hanno percorsi in parte differenti, e che costringono il bus a vari giri viziosi, (come per il 606, che tenta una difficile sintesi tra 33-36 e 42). Il rafforzamento del serale, e la reintegrazione del servizio notturno deve essere accompagnata da adeguata informazione, agli utenti e non, e seguita da adeguata politica di repressione della sosta abusiva anche nelle ore serali e notturne. Ñ Potenziamento dei transiti: uno studio del potenziamento dei transiti nellÕarco giornaliero deve essere realizzato facendo una verifica sul campo, ovvero verifica sperimentale del numero di passeggeri; queste verifiche devono per˜ essere accompagnate da analisi approfondite sugli spostamenti origine/destinazione, anche attraverso questionari agli utenti, per evitare un errore di valutazione commesso spesse volte in passato, quello di credere che eventuale modesta frequentazione di una determinata linea fosse dovuta a modesta domanda, mentre in non pochi casi era dovuta alla modesta offerta, da frequenze, cio•, talmente insoddisfacenti da risultare poco interessanti per lÕutenza. Ñ I servizi integrativi: la sperimentazione di nuove tratte, operata per mezzo di servizi integrativi in concessione (finora attivati su una decina di relazioni) che si avvalgono di piccoli pulmini a nove posti pu˜ costituire un innovativo stimolo nellÕottica di un servizio che offra una maggiore capillaritˆ, raggiungendo quindi luoghi che attualmente risultano scoperti; il limite di tale strategia, va da sŽ, sta nellÕesigua offerta di posti, che potrebbe influenzare lÕefficienza dei servizi stessi e, di riflesso, la risposta dellÕuten-
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za: • quindi auspicabile che una risposta positiva alla sperimentazione venga prontamente recepita con lÕistituzione di linee ÒregolariÓ e con lÕimpiego di mezzi pi• capienti (a partire dal versatile Pollicino). Ñ I Taxibus: • oramai da molto tempo che si parla di servizi di taxi integrativi, taxi bus, o altro. Se tali servizi sono in funzione integrativa, quindi di supporto al trasporto pubblico, ne • senzÕaltro auspicabile un loro impiego (ad esempio per fasce notturne, ed in percorsi periferici per cui sarebbe veramente impensabile chiedere un servizio regolare di bus), ma se lÕobiettivo • quello di far fare ai taxi un servizio attualmente svolto dai mezzi pubblici, nellÕobbiettivo da parte dellÕazienda di abbattere i costi eliminando il servizio regolare, allora lÕipotesi non • certo auspicabile. Rimane tra lÕaltro aperta la questione dei costi: infatti non • ipotizzabile un costo per lÕutente equivalente a quello di un biglietto AMT, che sarebbe decisamente antieconomico per i tassisti. Per risolvere questo problema i modi sono due, o una tariffa pi• elevata, o la copertura economica da parte del Comune. In un caso come nellÕaltro si aprono non pochi problemi. Un intervento dÕintegrazione bus + taxi potrebbe essere comunque tentato attraverso forme di sconto da parte del servizio di taxi, nei confronti di possessori di abbonamento AMT, anche nellÕottica di una sempre maggior diffusione dellÕabbonamento ai mezzi pubblici. Le risposte del servizio pubblico ad alcuni recenti rivolgimenti urbanistici Si possono a tal proposito, individuare almeno tre esempi di consistente modifica urbanistica a cui non • seguita una adeguata riorganizzazione dei pubblici servizi di trasporto, o in cui, addirittura, il problema della mobilitˆ non • stato nemmeno considerato nellÕambito della pianificazione urbanistica. Essi sono: il Porto Antico, San Quirico e Cam-
pi, in particolare per lÕIkea ed in futuro, per l'area Fiumara. Le linee guida per assicurare una mobilitˆ efficiente in cui il trasporto pubblico abbia un ruolo essenziale sta nellÕipotizzare di volta in volta un prolungamento di linee esistenti (filobus, per quel che riguarda Fiumara), realizzazione di fermate ferroviarie (Campi, San Quirico, nuovamente Fiumara) ridefinizione ed intensificazione di linee giˆ esistenti (Campi) penetrazione di linee di trasporto pubblico eliminando aree di sosta a raso (Porto Antico). A tutti questi interventi mirati sarˆ dedicato successivamente un apposito spazio di approfondimento. Conclusioni. Il fallimento della Òpolitica delle forbiciÓ Questi anni hanno dimostrato inequivocabilmente che la cosiddetta Òpolitica delle forbiciÓ, a fronte di modesti risparmi nei costi gestionali, e comunque ottenibili attraverso altri interventi, ha in compenso prodotto una considerevole disaffezione nei confronti del mezzo pubblico. LÕesempio pi• eclatante di quanto detto • sicuramente rappresentato dalla riduzione di offerta nel servizio serale ed in quello notturno. Gli interventi di riduzione del servizio negli anni passati hanno contribuito ad avvalorare la tesi di un ruolo ÒresidualeÓ (cio• marginale, relegato alla frequentazione delle classi meno abbienti, di coloro Òche non possono permettersi un mezzo privatoÓ, ecc.) del trasporto pubblico. Si • quindi completamente sottovalutato anche lÕeffetto psicologico di tali interventi, che hanno nuociuto al trasporto pubblico nel suo complesso, garantendogli una nomea di sostanziale inaffidabilitˆ, in un ottica "anni cinquanta", di un qualcosa da usare in attesa della motorizzazione integrale della popolazione. La strada per uscire da questa situazione catastrofica • quella inversa a quella seguita fino ad ora: occorre spendere poco di pi• e meglio, soprattutto, per avere una risposta positiva !!
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Un modello di esemplare gestione del servizio pubblico: il caso di Zurigo La cittˆ conta circa. 345.000 abitanti (550 mila nella conurbazione): l'intero cantone (1500 Kmq) ha circa un milione di abitanti. Il saldo demografico • in discreta flessione (in trent'anni - 100.000 abitanti), vi • un numero di posti di lavoro, soprattutto nel terziario, che equivale quasi a quello della popolazione (circa 330 mila posti); questo determina un pendolarismo molto spiccato. In definitiva ci˜ • coerente con il ruolo amministrativo-direzionale della cittˆ, rimarchevole soprattutto nel settore bancario, a cui si sono sovrapposte ulteriori funzioni (universitˆ, ricerca applicata, turismo) che confermano l'immagine tradizionale di cittˆ prospera, linda, ordinata e molto cara (questo • una delle cause principali del calo demografico). L'area urbana vera e propria • relativamente piccola (pi• o meno 5 km di raggio) mentre la densa conurbazione assolve a pi• precise funzioni residenziali e produttive (si tratta di piccoli stabilimenti con produzioni pulite ed a alto valore aggiunto). Tutto questo per dire che Zurigo non • certo, a dispetto della sua immagine ecologica e del suo ruolo direzionale, una cittˆ che ha superato i problemi del pendolarismo e in cui ci si muove poco. A rendere incredibile il successo del trasporto pubblico • anche la doverosa considerazione che l'abitante medio di Zurigo potrebbe, nella nostra ottica, permettersi ben altro. Ad una lettura superficiale anche i dati sull'azienda di trasporto (VBZ, Verkehrs Betriebe der Stadt ZŸrich) non rendono spiegazione: la rete misura 260 km, di cui 109 di linee tranviarie (41%) 54 di linee filoviarie (20,15 %) e 105 di linee di bus (39%). Le linee in tutto sono 42, 13 tranviarie, 7 filoviarie ed una cremagliera (Dolderbahn). A prima vista niente di particolare, dunque; per di pi• i veicoli in circolazione, i tram soprattutto, non rappresentano certo l'apice dell'evoluzione tecnologica: i mezzi pi• recenti (tram 2000) sono entrati in servizio, in 163 esemplari, fra il '76 e il '92. Peraltro circolano tram "quarantenni", scrupolosamente mantenuti. A Zurigo, come del resto in nessuna cittˆ svizzera, non vi • traccia di "paline telematiche", schermi interattivi ed altre innovazioni tecnologiche: gli orari di transito sono esposti, con esemplare chiarezza, in piccole bacheche di alluminio. Come si spiega, allora, il successo mai eguagliato della rete di trasporto zurighese? Anzitutto, vi sono fattori di ordine culturale, che giocano un ruolo non trascurabile: Zurigo • la quintessenza della Svizzera e uno svizzero • portato, per naturale inclinazione e per l'educazione ricevuta, ad apprezzare ci˜ che • pubblico. Lavorare nella VBZ • motivo di orgoglio, e non di frustrazione; i mezzi di trasporto, poi, sono oggetto di una attenzione quasi affettuosa da parte dei cittadini, e malgrado gli adolescenti elvetici siano praticamente indistinguibili da quelli di altri paesi europei non si vede una sola scritta deturpare una vettura o una pensilina. La VBZ stessa, poi, dialoga costantemente con la realtˆ urbana, organizzando giri turistici (come l'impronunciabile Tschutschachasli), concorsi, giornate di libero accesso alle infrastrutture e ai depositi. Pi• in concreto la tecnologia esiste, ma celata agli occhi dei passeggeri, e in ogni caso • l'efficienza, ancor pi• della tecnica, a predominare. Gli orari sono rispettati al secondo (una speciale centralina avverte il guidatore dell'eventuale ritardo accumulato) onde far s“ che le vetture delle varie linee convergano in contemporanea nelle numerose fermate di interscambio: in tal modo l'utente pu˜ passare da una linea all'altra senza attese (questo sistema di esercizio • chiamato Rendez-vous). Ogni fermata • dotata di pensilina e di macchina emettitrice di biglietti: se questa dovesse guastarsi, un furgone con una coppia di manutentori • in grado di intervenire nel giro di un'ora. I poli d'interscambio sono strutturati come piccole stazioni con rivendite di tabacchi, edicole e toilettes. Sulle direttrici a maggiore domanda operano due linee con passaggi intercalati, in tal modo la frequenza degli stessi si attesta sui 3 - 4 minuti in tutto l'arco giornaliero e l'utente pu˜ raggiungere il centro con due percorsi diversi. Il ruolo del tram • predominante: vi sono 363 vetture tranviarie su un parco complessivo di 661 e le percorrenze tranviarie rappresentano il 60% del totale (18 milioni di tram-km annui su 30 complessivi); ci˜ corrisponde a 90 vetture - km annue per abitanti, un valore pi• del doppio dell'offerta di Torino e Bologna. Segue
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L'offerta di trasporto appare elevata considerando anche il numero di corse offerte per unitˆ di superficie (2430 partenze giornaliere - km quadrato) e il numero di posti offerti per singola corsa (316 posti in un tram 2000). A livello infrastrutturale, molto • stato fatto per realizzare corsie protette, trasformare arterie di scorrimento in aree riservate a pedoni e tram, attrezzare con opere di arredo urbano importanti poli di interscambio (Paradeplatz, Centralplatz, Bellevueplatz); • in opera un sistema di controllo centralizzato del traffico con logica di asservimento semaforico (che garantisce la prioritˆ del mezzo pubblico agli incroci); il sistema si avvale di una rete di 18 elaboratori, al vaglio dei segnali provenienti da ben 2500 sensori che possono anche rilevare eventuali fenomeni di congestione. Il sistema operativo del controllo centralizzato contiene in memoria tutti gli orari programmati ed • in grado di rilevare, con un aggiornamento in tempo reale, la posizione e l'orario effettivo del veicolo con una approssimazione di 10 minuti e 30 secondi rispettivamente. Un sistema di diffusione sonora posto alle fermate principali consente di avvertire il pubblico di eventuali anomalie. Ovviamente ogni veicolo • attrezzato con il dispositivo che preannuncia ai passeggeri il nome della fermata successiva. Dopo questa dettagliata descrizione, occorre riportare l'attenzione su aspetti pi• generali del "modello Zurigo": Anzitutto, la politica di integrazione logistica e tariffaria del sistema di trasporti. A tal proposito • stata determinante la realizzazione del servizio ferroviario regionale (S-bahn), attivato nel 1990, che si avvale di un "passante" sotterraneo lungo oltre dieci chilometri e comprendente la nuova stazione interrata in corrispondenza di Zurigo Centrale. L'opera • stata realizzata in otto anni ed • costata circa 650 milioni di SFr. in totale. La rete S-bahn, che si estende su 380 chilometri di linee giˆ esistenti, si articola su cinque linee diametrali e otto radiali; la frequenza dei treni, di trenta minuti sulle singole linee, raggiunge i sei minuti nel passante. La S-bahn • integrata, in periferia, con le autolinee locali e regionali, secondo la tecnica del "rendezvous" e i parcheggi di corrispondenza sono stati spostati il pi• possibile in periferia. Con l'attivazione del servizio ferroviario regionale il numero di passeggeri in transito alla stazione centrale di Zurigo • passato dai 180 mila del 1986 ai 350 mila del 1995. La comunitˆ tariffaria di Zurigo corrisponde al territorio cantonale, suddiviso in 44 zone. La comunitˆ (ZVV ZŸrcher Verkehrs Verbund) raggruppa 43 aziende di trasporto, tra cui la rete S-bahn delle ferrovie federali SBB, le autolinee postali, quattro ferrovie private, le aziende urbane di Zurigo e Winterthur. La ZVV definisce l'offerta di servizio e le tariffe seguendo le direttive del Cantone e del governo federale. Gli introiti vengono forfetariamente ripartiti fra le aziende aderenti alle comunitˆ mentre il disavanzo viene ripianato per metˆ dal Cantone e per metˆ dai singoli Comuni in ragione dell'offerta usufruita e della capacitˆ contributiva. Vediamo pi• nel dettaglio la consistenza delle tariffe. Per l'area urbana di Zurigo, il biglietto di "corsa singola" (in realtˆ • un biglietto a tempo valevole da 30 minuti a 2 ore) costa da 2.10 a 3.60 Fr. (cio• da 2.700 a 4.600 £ circa). La carta giornaliera valida 24 ore ne costa 7.20 (circa 9.000 £), il 9-UHR-PASS, concepito per incentivare la mobilitˆ nelle fasce di calma sulla rete del Cantone, • valida dalle 9 a fine servizio (dopo mezzanotte) e costa 20 Fr. (la metˆ per i ragazzi fino a 16 anni) per l'intera comunitˆ ZVV. Sempre per l'intero cantone, la carta giornaliera da 24 ore costa 28.40 Fr. La carta multipla da sei giorni pu˜ essere impiegata anche da pi• persone: • costituita da sei sezioni ognuna delle quali corrisponde a 24 ore di libera circolazione. Costa 36 Fr per Zurigo cittˆ e 142 Fr per l'intero Cantone. Prezzi salati, a prima vista, ma occorre fare qualche considerazione: anzitutto, come si • giˆ rimarcato, Zurigo • la cittˆ pi• cara di uno tra i paesi pi• cari del mondo; poi occorre tenere conto dell'enorme divario fra il nostro livello di reddito e quello elvetico; inoltre va sottolineata la politica commerciale delle aziende di trasporto, che tendono ad incentivare l'utilizzo sistematico del mezzo pubblico: ci˜ significa contenere i prezzi di carte giornaliere ed abbonamenti a scapito dei biglietti singoli.
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Ad esempio, la carta giornaliera urbana costa esattamente il doppio (7,20 Fr) del biglietto singolo (3,60) la carta multipla per sei giorni equivale al prezzo di dieci biglietti singoli; abbonamenti pi• consistenti hanno prezzi via via pi• scontati al punto che il titolo di viaggio pi• diffuso • l'abbonamento generale annuale: nelle varie formulazioni ogni anno ne vengono emessi 130.000! Questo • naturalmente merito di un'attenta politica di promozione del trasporto pubblico che trova conferma nella continua crescita della domanda: nel decennio 84-94 il numero di passeggeri trasportati • cresciuto di oltre il 40% (da 209 a 296 milioni di pass/anno sui soli mezzi VBZ) e la crescita del traffico della S-bahn ha distolto utenza al mezzo privato: nel periodo 1984-94 i passeggeri trasportati nell'area della ZVV sono saliti del 15%. Una fortunata strategia gestionale, se si pensa che gli investimenti sono stati alquanto contenuti (da 1/2 a 1/6 rispetto ad alcune cittˆ tedesche): in termini assoluti, l'investimento totale nel periodo 1960-1992, comprensivo degli oneri di realizzazione della S-bahn, • stato di 900 miliardi circa di cui solo 250 dedicati alla rete urbana. Per raccogliere i bandoli della minuziosa trattazione su Zurigo, e avviarsi alle conclusioni, non si possono ignorare gli sforzi compiuti dalla pubblica amministrazione, unitamente agli altri soggetti interessati, per la promozione di forme alternative di mobilitˆ. Zurigo • stata una delle poche realtˆ urbane ad aver seriamente pianificato un programma di mobilitˆ alternativa, articolato sull'impiego del trasporto pubblico, della bicicletta e sull'incentivazione degli spostamenti a piedi: ci˜ si concretizza nel progetto MOBIL IN Z†RICH, che ha consentito di elaborare cartografie e segnaletica urbana dedicate a ciclisti e pedoni. Con tariffe contenute • possibile noleggiare una bicicletta (da 25 Fr al giorno; i possessori di abbonamento generale usufruiscono di prezzi ridotti). L'impiego sistematico dell'automobile viene fortemente scoraggiato: gli interventi di infrastrutture tolgono spazio alle auto (oltre il 90% dei percorsi tranviari • stato protetto ricavando le corsie preferenziali dal semplice sedime stradale), la politica della sosta • molto restrittiva (un'ora e mezza massima di sosta per i non residenti, anche in periferia) con tariffe mediamente elevate; in centro • stata pianificata una disponibilitˆ di posti auto pari a un decimo del fabbisogno teorico; nelle aziende, pertanto, i posti auto per i dipendenti sono rigorosamente contingentati: chi rinuncia riceve in omaggio dalla VBZ una tessera di libera circolazione. Persino i commercianti sono propensi a incoraggiare i clienti offrendo, in luogo degli sconti sul prezzo degli articoli, tessera della VBZ, consapevoli del ruolo a cui • assunto il trasporto pubblico.
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Zurigo
Graz (Austria) In alto a sinistra: Zurigo: uno stralcio della mappa allegata a ÒMobil in ZŸrichÓ Nel resto della pagina: alcune immagini del trasporto pubblico in cittˆ centro-europee.
Graz
Graz
Olomouc (rep. Ceca)
Zurigo
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Capitolo 4 La Metropolitana
La metropolitana
LÕidea di un mezzo di trasporto urbano Ç...che possa portare da una parte allÕaltra della cittˆ in pochi minutiÈ • un concetto che viene in parte giustamente associato alla metropolitana. I primi tracciati di Òferrovie metropolitaneÓ sono della fine del secolo XIX. In questo periodo le grandi cittˆ europee, e non solo (Londra, Parigi, Vienna, New York) iniziano a munirsi di reti di trasporto metropolitano, sotterraneo e non. In Italia si deve attendere il 1955 per poter vedere funzionare tale sistema di trasporto, con l'attivazione della prima linea a Roma. Genova, come altre cittˆ italiane, non • passata indenne alla smania progettuale ed un poÕ utopistica di fine secolo XIX e dellÕinizio secolo XX; giˆ nel 1907, con lÕIngegner Pfaltz, si parla di una ÒFerrovia Economica Sotterranea a Trazione elettrica Sampierdarena - Genova Sturla a scartamento di un metroÓ che dopo varie vicissitudini verrˆ bloccata solo dal primo conflitto mondiale. Di seguito a questo, tanti altri tentativi, pi• o meno sensati: ma si deve attendere il 13 Giugno 1990 per avere a Genova un servizio "metropolitano leggero" della lunghezza di 2263,95 metri. Se nella nostra cittˆ si • realizzata una linea di metropolitana, ci˜ • avvenuto non tanto e non solo per una sopraggiunta idea trasportistica, ma anche per salvare dallÕintossicazione gli au-
tisti dellÕAzienda Municipalizzata Trasporti. La grave situazione ambientale creatasi infatti a causa del passaggio di bus nella galleria della Certosa, (tra Dinegro e Certosa), port˜ all'ipotesi di "ritranviarizzazione" della stessa, e quindi ad una ipotesi di tranvia che successivamente, con i sopraggiunti finanziamenti, si • trasformata in metropolitana. Ci˜ che si • realizzato a Genova • stato quindi un intervento poco meditato, non adeguatamente pianificato in una visione complessiva della mobilitˆ e modificato "in itinere" in base a ragioni non legate a effettive esigenze di trasporto. Oggi, ad ormai 10 anni dallÕinizio dei lavori di sistemazione della galleria della Certosa, ci troviamo con un oggetto ancora incompleto, verso il quale si ripongono ancora infinite speranze e che si ritiene portatore di effetti taumaturgici per la cittˆ. Le motivazioni di queste aspettative possono ricercarsi in diversi fattori: lÕidea della metropolitana • vista da molti come un segno forte, lÕimmagine del progresso della cittˆ, lÕemblema stesso dellÕefficienza nel trasporto pubblico; facile quindi che politici poco attenti siano abbagliati da questa immagine. La maggior parte delle persone pensa allÕefficienza del sistema di Milano, Parigi, Londra, non considerando che essa • determinata dalla presenza di una rete, nŽ spesso • in grado di
La metropolitana di Genova
uno schema della proposta dell'ing. Piciocchi, presentata nel 1968, "La metropolitana di Genova: un esempio di soluzione a basso costo attuabile in poco tempo", da Ingegneria Ferroviaria, aprile 1968, progetto giˆ citato nel capitolo dedicato alla ferrovia, secondo il quale, attraverso un reimpiego delle linee esistenti e materiale rotabile di tipo ferroviario, sarebbe stato possibile avere una metropolitana a costi contenuti.
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valutare pienamente che la realizzazione di una rete comporta approfondite valutazioni costi/benefici, visto che, in linea generale, la creazione delle infrastrutture di trasporto metropolitano ha bisogno di ingenti investimenti. CÕ• anche da dire che spesso si tende ad avere una visione per cos“ dire "turistica" del metr˜, quale mezzo ideale per chi (come il turista) ha bisogno di pochi poli attrattivi, ed • disponibile ad affrontare comunque anche lunghi tragitti a piedi. Assai diverse possono essere le necessitˆ di un abitante, ed in effetti sono pochi, in metropoli come Londra e Parigi, i cittadini che hanno l'effettiva necessitˆ di spostamenti in pi• parti differenti della cittˆ: nei grandi agglomerati urbani, la stragrande maggioranza dei tragitti sono lungo percorsi normalmente rigidi, in genere, (ma non solo) dalla periferia al centro o per fasce (non a caso cos“ • suddivisa la tariffazione, ad esempio a Londra). In ultimo, lÕidea di ÒconfinareÓ il trasporto pubblico nel sottosuolo • una prospettiva che trova spesso favorevoli i commercianti, che vedono cos“ la possibilitˆ di acquisire spazi per la sosta ed il transito dei propri clienti; e si sa che in non poche realtˆ, e a Genova in particolare visto il suo cos“ elevato numero di piccoli esercizi commerciali, i negozianti possono rappresentare, se non un "serbatoio" di voti, quantomeno un fronte di consenso. Le motivazioni prima elencate sono solo alcune tra quelle che hanno fatto apprezzare lÕidea di metropolitana, unita ad una scarsa conoscenza delle possibili alternative.
Naturalmente anche le opinioni possono cambiare coi tempi. Ultimamente, ad esempio, il "mito" del metr˜ si • un po' appannato in molte realtˆ, soprattutto di medie dimensioni. Gli alti costi di realizzazione hanno infatti convinto non poche amministrazioni locali un po' in tutta Europa ad orientare differentemente le proprie scelte. PerchŽ realizzare una linea metropolitana Gli ingenti costi comportanti la realizzazione di una linea metropolitana sono determinati innanzitutto dalle opere civili necessarie, dallÕarmamento, dal materiale rotabile, dai sistemi di automazione e successivamente dai costi di manutenzione. Tali investimenti devono quindi esser giustificati da una domanda consistente da parte dellÕutenza. In maniera estremamente sommaria si pu˜ dire che, laddove vi sia una potenzialitˆ di utenza sui 40.000 passeggeri / h sia decisamente conveniente la realizzazione di una linea metropolitana classica, ÒpesanteÓ, come possono essere le linee di Milano o quelle di Roma. Intorno ai 20.000 passeggeri / h pu˜ essere ancora interessante la realizzazione di un linea metropolitana leggera, anche se bisogna dirlo, e il caso di Genova • istruttivo al proposito, un metr˜ cosiddetto ÒleggeroÓ finisce spesso per esserlo solo per quel che riguarda la capacitˆ di trasporto, inferiore ad una tradizionale, ma non necessariamente nei costi di realizzazione ed in
7.202
1,9
3.648
1,5
8.824
1,4
11.694
2,7
0,6
8.633
2,1
0,6
965
0,5
1,1 0,5 139
Zurigo (tram+bus)
250
230
La tabella sopra illustra i costi/benefici relativamente ad infrastrutture di trasporto, da cui emergerebbe che non necessariamente interventi pesanti portino i risultati sperati: infatti Zurigo, a parte un'efficiente rete ferroviaria regionale, ma dotata esclusivamente di un servizio di superficie tram pi• bus, garantito da corsie protette ed estremamente efficiente nella sua organizzazione generale, ha dovuto sobbarcarsi oneri di investimento assai inferiori rispetto ad altre cittˆ centroeuropee, rispetto ad un pi• elevato numero di viaggi/abitanti. Fonte: Enzo Porcu, Òil trasporto pubblico di ZurigoÓ, in Kineo n.13, settembre 1997.
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citˆ commerciale di un mezzo di trasporto e della sua convenienza sono: - il tempo di accessibilitˆ pedonale, il quale • minimo per i mezzi di superficie, pi• alto nel caso in cui le fermate o stazioni siano sotterranee o sopraelevate; - la distanza media delle stazioni, che, in caso di distanze considerevoli, diventa fattore di dissuasione. Per soddisfare i parametri relativi alla realizzazione di metropolitane, • evidentemente necessaria una soglia abitativa minima. Non a caso • ritenuta poco conveniente la realizzazione di infrastrutture di tipo metropolitano in cittˆ al di sotto del milione di abitanti. é poi evidente che lÕefficienza della mobilitˆ urbana, in caso di cittˆ dotate di metropolitana, • proporzionale alla presenza di una rete: ben altro • il discorso nel caso di una sola linea. UnÕultima considerazione riguarda la forma stessa della cittˆ. La cittˆ ÒradialeÓ, • terreno ideale per una struttura di tipo metropolitano: laddove i nuclei abitativi siano dispersi e ancor pi• ci si trovi di fronte alla presenza contemporanea di una bassa densitˆ abitativa, lÕutilitˆ della realizzazione di una linea metropolitana appare dubbia.
quelli di manutenzione, di poco inferiori. Al di sotto dei 20.000 passeggeri / h sembrerebbe essere conveniente lÕimpiego di mezzi di trasporto differenti, quali tram di superficie in sede completamente protetta Ñ anche attraverso la realizzazione di opere civili come sottopassi per svincolarli dagli incroci, o altri accorgimenti Ñ oppure l'uso di mezzi ibridi tra il metr˜ ed il tram (usati peraltro non sempre con successo). tra i 10.000 e 3.000 passeggeri / h, infine, abbiamo la domanda di trasporto pienamente soddisfabile dalla realizzazione di tranvie in sede propria, evitando opere civili particolari. Le sintetiche valutazioni fin qui fatte sono tuttavia legate a diversi fattori, tra cui la distanza dalle fermate e l'accessibilitˆ delle stesse. Infatti, parte integrante del calcolo della velo-
Ferrovia urbana o metropolitana ? Le due ipotesi, di cui la differenza pu˜ sembrare trascurabile, rappresentano, pi• che due differenti possibilitˆ tecniche, due scelte di carattere urbanistico tra loro quasi antitetiche; privilegiare la prima ipotesi (la ferrovia) significa sostanzialmente fare unÕoperazione di riequilibrio tra il centro urbano e lÕhinterland, realizzando un sistema di mobilitˆ a carattere regionale; puntare sul secondo modello (la metropolitana) equivale invece a riaffermare uno schema gerarchico in cui tutte le funzioni importanti si concentrano in unÕarea centrale. La scelta di questÕultimo modello porta quindi ad un ulteriore sovraccarico dellÕarea urbana ed a una spiccata terziarizzazione del centro. La scelta o meno del primo modello rispetto al secondo • stata oggetto di discussioni e di contrasti al momento in cui si • prospettato nel dopoguerra in diverse cittˆ europee lÕampliamento della rete metropolitana o, come nel caso di Milano, la sua realizzazione.
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Le scelte compiute a Genova Gli studi per la metropolitana a Genova risalgono ai primi del 900. Si • parlato precedentemente del progetto dell'Ing. Pfaltz, occorrerebbe poi accennare ai progetti dell'ing. Picasso, legati ad una vera e propria trasformazione urbanistica della cittˆ verso un modello di cittˆ nord-americana, e giˆ si • detto della ipotesi dell'Ing. Piciocchi. Ancora qualche cenno merita l'ipotesi "Intermetro", del 1972. In essa viene ipotizzata la realizzazione di due linee di metropolitana, una da Multedo a Sturla, un'altra da Staglieno a S. Martino, da realizzare ex-novo. Lo studio "intermetro" viene sostanzialmente incorporato nella pianificazione del PRG '80. La presenza di varii studi pu˜ indurre a giustificare la realizzazione di una metropolitana nella nostra cittˆ: tuttavia, a ben guardare, quello che viene auspicato in diversi di questi (ed in parte anche nel progetto "Intermetro", per una delle sue linee) • qualcosa che va a coincidere in gran parte con le direttrici della linea ferroviaria costiera da Nervi a Voltri e di quella della val Polcevera. Eppure, per una serie di motivi, lÕuso della rete ferroviaria ad uso" metropolitano" non • stato preso seriamente in considerazione se non allÕinizio degli anni ottanta, ed a tale prospettiva hanno fatto seguito interventi concreti solo pi• tardi. Ci˜ che • stato fatto negli ultimi anni in tal senso, con l'istituzione della tariffa integrata e l'aumento dell'offerta, ha comunque consolidato lÕabitudine allÕuso della ferrovia, tanto che quasi nessuno, attualmente, proporrebbe pi• una linea metropolitana classica sotterranea da Voltri a Nervi, come poteva essere in qualche progetto di alcuni decenni fa: in questo caso il realismo economico ha portato alle soluzioni attuali. In qualche misura la linea ferroviaria ha quindi assunto gli autentici compiti che dovrebbero essere affidati ad una linea "metropolitana" (grazie anche a condizioni differenti rispetto ad altre cittˆ italiane, come Milano, ad esempio) o quantomeno quelli che nelle cittˆ mitteleuropee sarebbero propri delle SBahn ). A Genova i flussi pendolari, in particolare quelli dalle riviere, sono in gran parte soddisfatti dalla ferrovia. Nessuna rete metropolitana che segua le stesse direttrici degli assi ferroviari potrebbe a questo punto essere competitiva rispetto allÕuso di quest'ultimi; tuttavia il privilegiare lÕipotesi di estensione della metropolitana comporterebbe problemi di accentramento e ulteriore "saturazione" dellÕarea centrale, il che, in un organismo policentrico con considerevoli problemi di identitˆ qualÕ• quello genovese, • unÕipotesi da evitare. Nelle scelte compiute nella nostra cittˆ ha di sicuro pesato in maniera determinante la mancanza di una visione organica e di una pianificazione del trasporto pubblico, con decisioni commisurate alle necessitˆ. Nel nostro caso la possibilitˆ di finanziamenti consistenti per il metr˜ ha incoraggiato la modifica in itinere di un progetto che poteva inizialmente avere una sua logicitˆ. La galleria della Certosa, realizzata ai primi del 1900, aveva una sua utilitˆ come passante tranviario. Con la soppressione dei tram, essa venne utilizzata per un certo periodo per il passaggio degli autobus. Tale situazione divenne presto insostenibile per lÕalto inquinamento che si produceva allÕinterno della galleria, essendo infatti percorribile in un unico senso di marcia: si arriva cos“ alla soppressione del tragitto della linea 10, Caricamento-Bolzaneto. Giˆ dagli anni ottanta si ricomincia in gran parte dÕEuropa a parlare di tram. Anche a Genova si ritorna a prendere in considerazione tale mezzo di trasporto, e prende corpo lÕipotesi di recuperare ad uso tranviario la galleria della Certosa con un collegamento val Bisagno - val Polcevera. Vengono fatte varie ipotesi dallÕ AMT, da una linea tranviaria in sede parzialmente protetta fino ad arrivare a soluzioni pi• pesanti. é interessante notare che uno dei primi studi in proposito, risalente addirittura al 19781, parla di Çipotesi di creazione di una tranvia veloce tra la val Polcevera e la val BisagnoÈ. Non viene quindi assolutamente scartata a priori unÕipotesi mista, con convogli viaggianti a raso sul piano stradale con marcia regolata da impianti semaforici preferenziali. In tale ipotesi i convogli avrebbero viaggiato utilizzando binari FS, come quelli che si trovavano nellÕarea di via Gramsci e Caricamento, smantellati per i lavori nellÕarea del porto antico. Forse, se fosse passata questa soluzione, a questÕora le cose sarebbero molto diverse; probabilmente avremmo una "tranvia veloce", e non un moncone di metr˜ dal destino piuttosto nebuloso. La realtˆ purtroppo • diversa, non ha prevalso il buon senso ed • risultata vincente lÕipotesi della metropolitana, anche se nella versione ÒleggeraÓ. Sfortunatamente, per quanto leggera essa sia, continua ad essere troppo pesante ed inadeguata alle esigenze di mobilitˆ nella nostra cittˆ.
1 - ÒIpotesi di creazione di una tranvia veloce tral val Polcevera e la val BisagnoÓ, a cura di Giorgio Garbarini, Marco Pezzana, Servizio Studi/Servizio Movimento, AMT Genova, 28 marzo 1978.
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Nel caso di Milano ha prevalso lÕipotesi metropolitana, con i conseguenti benefici per lÕarea centrale, ma con gli inevitabili svantaggi di accentramento. Il risultato • stato non a caso di aver incentivato una espansione urbana "diffusa" al di fuori dellÕarea comunale, la cosiddetta Ònebulosa urbanaÓ, i cui bisogni di mobilitˆ sono di difficile soddisfacimento da parte di un trasporto di tipo pubblico, trovando invece adeguata risposta in una fortissima diffusione di mobilitˆ privata. Una conseguenza di questa politica urbanistica • il forte flusso pendolare che dalla periferia muove verso il centro cittadino, e tali flussi sono in gran parte costituiti dalla mobilitˆ privata. Queste considerazioni, nonostante la differentissima situazione territoriale, sono comunque utili per un parallelo con la realtˆ genovese. Come Giustificare la metropolitana? Le cittˆ nel mondo dal numero di abitanti paragonabili a Genova dotate di metropolitana risultano essere poche. In Europa abbiamo ad esempio Marsiglia, caso peraltro isolato e che, comunque, abbraccia un hinterland assai pi• vasto di quello genovese. La tabella riportata in questa pagina • a nostro avviso molto interessante per evidenziare come anche l'ipotetico vantaggio di una metropolitana
rispetto ad un tram o ad un autobus sia in realtˆ, in diversi casi, alquanto opinabile. Una linea metropolitana come prevista nella nostra cittˆ, nellÕarea tra Rivarolo, ed ipoteticamente, San Fruttuoso, abbraccerebbe un'area abitata da un po' meno di 250.000 abitanti. Considerando un carico di 24.000 passeggeri lÕora, che • la portata massima del sistema, avremmo, per una frequenza di un treno ogni 90 secondi, un carico di 48.000 passeggeri lÕora per i due sensi di marcia, per un carico giornaliero di oltre 620.000 passeggeri al giorno. Considerando che lÕattuale carico AMT, in tutto lÕarco cittadino, non raggiunge i 600.000 passeggeri al giorno, • difficilmente ipotizzabile una simile quota di utenza se non trasferendone altissime quote dal servizio pubblico di superficie verso la metropolitana Ç...a prescindere da opportunitˆ per l'utenza...È. Si dovrebbe dunque parlare, a parer nostro, di sovradimensionamento di tale struttura. Le ipotesi sono quindi due: la prima • che ci si trovi di fronte ad un minor carico reale, stimabile forse intorno ai 10/12.000 passeggeri / h Ñ che economicamente non giustificherebbe la realizzazione di una linea metropolitana ma di una linea tranviaria Ñ dato che non • pensabile che lÕ AMT faccia viaggiare ogni 90 secondi deiconvogli semivuoti.
Tabella di raffronto dei temi di percorrenza porta a porta tra la metropolitana ed il tram/autobus su corsia riservata protetta Lungh. tragitto Mezzo Tempi Differenza 8 Km 7 Km 6 Km 5 Km 4 Km spostamenti a piedi: tragitto di circa vel. comm.
Metro Tram Metro Tram Metro Tram Metro Tram Metro Tram
25 minuti 29 minuti 23 minuti 26 minutiú 21 minuti 23 minuti 19 minuti 20 minutiú 17,5 minuti 17,5 minutiú
-4 -3 -2 -1 0
300 metri 8 Km 12 fermate 36 km/h
Dati tratti da: "Alcune considerazioni sulla velocitˆ delle ferrovie metropolitane", da: Ingegneria Ferroviaria, novembre 1989, articolo dell'Ing Piero Fea.
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La seconda ipotesi, stimando un carico intorno ai 10.000 passeggeri / h e con frequenze ipotizzabili attorno ai 3 minuti, non giustificherebbe in partenza i forti investimenti necessari per la realizzazione di una metropolitana. Frequenze simili renderebbero molto meno appetibile il metr˜: avremmo il paradosso che un passeggero che si trovi, ad esempio, in piazza Caricamento, potendo contare sulle linee AMT 15 e 12 Ñ con un periodo di attesa per ciascuna di 9 minuti Ñ impiegherebbe per arrivare a Brignole su di un autobus non pi• di cinque minuti rispetto alla metropolitana. Egualmente, ed in modo ancor pi• paradossale, potremmo parlare del tragitto da Corvetto a Brignole: si impiegherebbe di meno utilizzando un mezzo pubblico di superficie (infatti vanno calcolati i circa 2 minuti e 30 secondi necessari per raggiungere la stazione sotterranea, ipotizzata intorno ai 40 metri di profonditˆ!). Ma gli esempi possono continuare. Abbiamo effettuato ulteriori ipotesi comparative (presenti nelle successive tabelle) tra lÕimpiego della metropolitana, considerando sempre una cadenza di tre minuti e un utilizzo dei mezzi di superficie, considerando ovviamente la frequenza attuale. Nel computo complessivo dei tempi di percorrenza, come si • giˆ detto, e come si sarˆ, a questo punto capito, non si possono dimenticare i tempi di accesso alle banchine e di uscita dalle stesse, e tra le deficienze della metropolitana di Genova cos“ come si sta configurando e si andrˆ a configurare, vanno anche considerate le profonditˆ di stazione, spesso rilevanti, che significano scarsa appetibilitˆ del sistema. Si hanno in definitiva non pochi elementi a conferma che la linea metropolitana non • in ogni caso particolarmente competitiva nei confronti del trasporto di superficie nellÕarea centrale, e per quel che riguarda poi il tratto Principe Brignole non si vede perchŽ un ipotetico viaggiatore debba preferirla al treno, quando in 5 minuti circa • in grado di percorrere lo spazio tra le due stazioni. Insomma, sulle tratte medie esiste una risorsa da valorizzare, il treno, che risulta maggiormente competitivo; sulle tratte corte anche il mezzo di superficie, comprensivo anche di eventuale
tragitto a piedi, risulta mediamente concorrenziale per tempi di tragitto a quelli che si impiegherebbero usando la metropolitana. Il Trasporto pubblico di superficie risulterebbe giˆ oggi in molti casi pi• efficiente, a meno di non prevederne un drastico ridimensionamento che costringerebbe gli utenti, volente o nolente, a servirsi della metropolitana Avremmo in questo caso una situazione in cui lÕutenza, al momento fruitrice dei mezzi pubblici di superficie, sarebbe in futuro costretta a muoversi sotto terra. Questo porterebbe enormi svantaggi, di cui la perdita di capillaritˆ del servizio rappresenta uno dei principali: • infatti evidente che la flessibilitˆ dei mezzi di superficie, con fermate a volte a poco pi• di cento metri lÕuna dallÕaltra non pu˜ essere in nessun caso eguagliata da un servizio metropolitano, per cui una distanza di almeno 400 e pi• spesso di 500 metri tra una fermata e lÕaltra • fisiologica. La prospettiva di un ridimensionamento del servizio di superficie, purtroppo, non • uno scenario da noi immaginato, ma, come gia detto precedentemente, una prospettiva caldeggiata da alcuni settori dell'Amministrazione, che vedono il trasporto pubblico su strada destinato ad essere "immolato" sull'altare del metr˜. ÇLa Filosofia che ha guidato la definizione di questo scenario d'intervento • stata quella di attestare il maggior numero di linee presso stazioni della metropolitana, indipendentemente da valutazioni di opportunitˆ per l'utenza 2 È. Queste parole, su un documento ufficiale del Comune, valgono pi• di molti discorsi. Trasporto pubblico di superficie e metropolitana Le cittˆ che hanno una valida rete metropolitana ma uno scarso o poco affidabile servizio di superficie hanno sovente un traffico piuttosto intenso. A Parigi, che pu˜ contare su unÕottima rete metropolitana, ma nella quale sono state dedicate poche energie al trasporto di superficie, i suoi amministratori sono stati costretti ad imporre recentemente le targhe alterne per risolvere la situazione di inquinamento dovuto al collasso del traffico. Ma Genova non • nŽ Parigi nŽ Londra: Non avendo la nostra cittˆ (e non potendo in
2 - Comune di Genova, Prima revisione del Piano urbano del traffico - Òprevisione di domanda attratta dalla metropolitanaÓ, allegato n¡ 8 pag.1.
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La situazione genovese: simulazioni tempi di percorrenza metr˜/mezzo pubblico Nella tabella delle pagine precedenti era riportata una comparazione teorica tra mezzo di superficie e metr˜; proviamo ora a fare qualche calcolo sui tempi di percorrenza nella situazione genovese, effettuando un paragone tra i tempi attualmente necessari per percorrere alcuni tragitti (considerando il tempo necessario con il mezzo pubblico e l'eventuale tempo di percorso a piedi) e i tempi che risulteranno necessari per effettuare gli stessi tragitti con il metr˜. I dati di percorrenza attuali sono derivati da computo "sperimentale" dei minuti necessari; i tempi del metr˜ sono ricavati in parte da tempi reali, in parte da stime ricavate da dati a nostra disposizione rispetto a velocitˆ ed a altri dati forniti dall'Azienda costruttrice. Come velocitˆ delle scale mobili • stato preso il riferimento standard di una velocitˆ di 0,5 m/s, pendenza del 60 %, che rappresenta un valore medio di pendenza per le scale mobili, pi• 30 secondi aggiuntivi per il trasbordo da scala mobile a scala mobile, considerato che difficilmente vi sarˆ un percorso continuo meccanizzato fino allo spazio di banchina in caso di profonditˆ elevate, come pu˜ essere per la stazione di Caricamento, De Ferrari o Corvetto. Esempio 1 Per arrivare da Caricamento a De Ferrari, a piedi, si impiega attualmente non pi• di 6-7 minuti (percorso Caricamento - via Orefici - Campetto San Matteo). LÕaccesso alla stazione di Caricamento comporterˆ un tempo si discesa di circa 1 minuto e mezzo per lÕarrivo alla banchina, a cui si deve aggiungere un tempo medio equivalente per lÕattesa del convoglio. Ipotizziamo poi, per il raggiungimento di De Ferrari, dovendo la linea seguire la galleria delle grazie, che forma unÕansa piuttosto ampia, circa 3 minuti di tragitto; a questi si devono aggiungere almeno un altro minuto per la risalita a De Ferrari (anche la stazione di De Ferrari sarˆ ad una considerevole profonditˆ). In totale abbiamo quindi 7 minuti. a piedi 6-7 minuti in metr˜ 7 minuti Esempio 2 Un secondo esempio pu˜ essere per la percorrenza Principe-De Ferrari dato dallÕattuale stazione della metropolitana di Principe. Ipotizzando due ipotetici viaggiatori che dallo spazio superficiale in corrispondenza della metropolitana e della fermata del 18/20/30 ecc. vogliano raggiungere De Ferrari, il viaggiatore A impiegherˆ circa 1 minuto e 15ÕÕ per la discesa alla banchina, 1 minuto e mezzo di attesa per il convoglio, 6 minuti e 30" per il tragitto netto a De Ferrari, 1 minuto almeno per la risalita alla superficie di piazza De Ferrari, totale 10Õ 15Ó. Il viaggiatore B attenderˆ invece alla fermata un qualsiasi mezzo di superficie che lo porti a De Ferrari. La sua attesa non sarˆ in ogni caso, almeno nelle ore di punta, superiore ad 1 minuto, 1 minuto e mezzo. La percorrenza netta fino a De Ferrari • di circa 8 minuti, totale 9Õ 30Ó. in bus 9 minuti e 30 secondi in metr˜ 10 minuti e 15 secondi
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Esempio 3
Un terzo esempio lo abbiamo sempre da Principe per Corvetto. Ipotizziamo i due soliti viaggiatori che, arrivati via treno attraverso Principe sotterranea vogliano giungere a Corvetto. Il viaggiatore A si dirigerˆ verso la stazione della metropolitana che potrˆ raggiungere in un tempo di un minuto attraverso il collegamento da realizzarsi tra P.P. sotterranea e il metr˜, a cui aggiungere 1 minuto e mezzo di attesa per il convoglio, 8 minuti e mezzo di percorrenza netta fino alla stazione di Corvetto, almeno 2 minuti, 2 minuti e mezzo, (ma potrebbero essere anche 3 considerando che ben difficilmente si tratterˆ di una struttura meccanizzata continua) a seconda che la stazione, ammesso che venga realizzata, sia a 40 o a 30 metri di profonditˆ, per la risalita; totale 13Õ. Il viaggiatore B dalla stazione di Principe sotterranea risalirˆ fino alla fermata bus e filobus allÕinizio di via Balbi, impiegando 2 minuti e 30 sec. a piedi a cui aggiungere un massimo di 1Õ 30Ó per lÕattesa del mezzo, 7Õ e 30 " di percorrenza netta fino a piazza Fontane Marose, in caso di utilizzo delle linee transitanti da De Ferrari, pi• 3 minuti di percorrenza a piedi di Salita Santa Caterina fino a Corvetto, totale: 14Õ 30". Nel caso venga direttamente utilizzata una delle linee attualmente transitanti su Corvetto avremmo invece da Principe 2 minuti e 30 sec. a piedi a cui aggiungere circa 2Õ per lÕattesa del mezzo, 7Õ30" di percorrenza netta fino a Corvetto, totale: 12Õ 30". in bus + tragitto a piedi 14 minuti e 30 secondi in bus 12 minuti e 30 secondi in metr˜ 13 minuti
Un'immagine del lungo percorso a piedi da effettuare prima di raggiungere la banchina del metr˜: siamo nella stazione della metropolitana di Marsiglia, in corrispondenza della stazione ferroviaria di Saint Charles, la principale della cittˆ.
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definitiva mai avere) una autentica rete metropolitana, non potrˆ godere nemmeno dei vantaggi delle metropoli con un scarso servizio di superficie ma con una rete metropolitana forte. Anche al massimo delle sue potenzialitˆ, fantascientifiche, con una metropolitana che si attesterebbe a Terralba, rimarrebbe escluso tutto il Levante e grandi parti della val Polcevera e del Ponente, venendo interessati solo San Martino e San Fruttuoso ad un collegamento che, se mai si farˆ, potrˆ avvenire in tempi remotissimi. (La realtˆ • infatti che anche le pi• ottimistiche previsioni del Comune parlano di tempi dellÕordine di 5 anni per questi interventi, tempi che secondo noi, visti i precedenti, sono destinati a raddoppiarsi). Nonostante tutto ci˜ il Comune • intenzionato a proseguire la realizzazione di quest'opera, prolungandola a Brignole e Rivarolo, con possibili collegamenti con la val Bisagno e con la rispolverata deviazione / variante per Sampierdarena. Risulta poi non ben definita, in questo scenario, la funzione della Stazione Brignole, che diverrebbe probabilmente stazione di interscambio fra ferrovia, metropolitana e nella peggiore delle ipotesi anche con il people-mover. La metropolitana nel futuro assetto della mobilitˆ cittadina Diventa a questo punto necessario riflettere, nell'ottica dei ragionamenti fin qui effettuati, su come usare questa infrastruttura ed eventualmente su come trasformarla. I tempi di realizzazione sono "faraonici", ma soprattutto lo sono i costi Ñ stimabili intorno ai 600 miliardi (fonte: Comune di Genova), e fino ad ora attestatasi intorno ai 150 miliardi/Km. Tale cifra • destinata a restare alta anche in futuro, e ad essa si aggiungono i notevoli oneri di gestione dell'infrastruttura. E' necessario, dunque, che l'Amministrazione effettui una approfondita e seria riflessione sul ruolo da assegnare alla metropolitana genovese in un'ottica complessiva della mobilitˆ, e sull'opportunitˆ di una sua prosecuzione. A nostro avviso resta infatti discutibile, per tutte le motivazioni precedentemente illustrate, un prolungamento verso Brignole della metropolitana: la linea dovrebbe di conseguenza attestarsi a Caricamento e non proseguire oltre.
Gli eventuali investimenti "recuperati", potrebbero avere assai miglior impiego nella realizzazione di tutta una serie di infrastutture medio piccole, diffuse in tutta lÕarea cittadina, con migliori benefici per la mobilitˆ complessiva. é ovvio che molti, in particolare nel centro Storico, ritengano tale opera fondamentale, in particolare con la realizzazione della stazione di Sarzano. é dÕaltronde evidente che il suo attestarsi a Caricamento non sia la soluzione migliore. Sarebbe un compromesso, per evitare ulteriore sperpero di denaro; ci si dimentica, comunque, di quale importanza potrebbe avere per il Centro Storico la fermata di Caricamento con la pedonalizzazione di via San Lorenzo. Se partiamo dal principio che lÕattraversamento diretto del centro cittˆ debba essere garantito dalla linea ferroviaria, cade definitivamente la sensatezza della metropolitana cos“ come • stata concepita: ci˜ anche in considerazione che quanto detto finora non pu˜ essere slegato dalla volontˆ ormai chiara di ridurre drasticamente il servizio di superficie da parte dellÕAmministrazione Comunale, che sarebbe ovviamente il modo migliore per rendere attraente la linea metropolitana (infatti non vi sarebbero alternative). Ci auguriamo che, almeno per lÕAzienda AMT, risulti chiaro che la metropolitana non possa assolvere i compiti che taluni politici locali vorrebbero incautamente assegnargli. L'ipotesi di fermare la metropolitana dovrebbe essere anche prevista in direzione della val Polcevera. Una sua prosecuzione fino a Canepari e soprattutto l'estensione oltre Rivarolo, comprometterebbe lÕefficacia dellÕuso della linea del Campasso ed un'ulteriore concorrenzialitˆ con la linea ferroviaria. Il destino della metropolitana potrebbe essere quello di passante tranviario tra Certosa, l'auspicata linea ferroviaria del Campasso, la stazione Principe e il Centro Storico. LÕarea di Brin diventerebbe quindi una zona di interscambio tra la metropolitana e la linea del Campasso. La trasformazione di un sistema metropolitano in tranviario, con una possibile, ma non si sa quanto utile, uscita in superficie della struttura, comporterebbe, per come l'opera si • configurata, interventi strutturali di non poco conto, oltre
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In direzione val Polcevera, un eventuale uso alla sostituzione del materiale rotabile con uno della linea del Campasso da parte dei convogli di tipo moderno tranviario a pianale ribassato. del metr˜ non • cos“ facile. Accantonata, a Problemi intrinseci, in gran parte inelimina- quanto pare, dalla Civica Amministrazione l'ipotesi di prosecuzione della metropolitana attrabili, della metropolitana genovese. Un problema non superabile facilmente per verso la costosa soluzione in viadotto sopra la lÕeventuale passaggio degli attuali veicoli della linea del Campasso, sarebbe stata presa in metropolitana su linee ferroviarie, o comunque considerazione l'ipotesi di discesa del metr˜ sulper il passaggio di veicoli ibridi sui binari ferro- la linea ferroviaria stessa, e passaggio sui binari viari e quelli della attuale linea metropolitana, • ferroviari. In questo caso ci troviamo tuttavia di rappresentato dalla differente elettrificazione dei fronte ad un notevole dislivello altimetrico tra le veicoli della metropolitana, (750 volt cc per la li- due linee. Il dislivello non • superabile che in dinea metropolitana, 3.000 volt cc per le linee fer- verse centinaia di metri, comportando comunroviarie) e dalla larghezza inferiore della sago- que un intervento non da poco sull'ultimo tratto ma dei convogli della metropolitana, problema di struttura a Brin. In ogni caso continua ad esrisolvibile con la sostituzione di tutti i veicoli con sere poco chiaro il destino del metr˜ oltre nuovi dotati di passerelle mobili in grado di co- Certosa, infatti esso non potrebbe circolare oltre prire i circa 40 cm di dislivello per arrivare ad Rivarolo, e connettersi alla linea lenta dei Giovi una banchina ferroviaria, concepita per i treni, per proseguire verso Pontedecimo ecc. Inoltre bisognerebbe impiegare due binari della linea che hanno una larghezza di oltre 3 metri. Tali fattori, compromettono, evidentemente, la del Campasso ad esclusivo uso del metr˜, con possibilitˆ di passaggio di veicoli della metropo- elettrificazione dedicata, e su tali binari non politana in ambito ferroviario, al di lˆ di ipotetici trebbe, anche per ostacoli fisici, circolare nesprogetti di far passare la metropolitana, una vol- sun altro mezzo. ta arrivata a Brignole (!), sui binari ferroviari per A conclusione di quanto detto occorre qualche riflessione sull'impatto ambientale determinato farla arrivare a Terralba. Il passaggio di convogli ferroviari lungo la li- dalla realizzazione della metropolitana; si pensi nea metropolitana risulta, peraltro, al di lˆ della alle uscite del metr˜ previste in zone storiche, differente elettrificazione, impossibile per la come in Galleria Mazzini, o le 4 o 5 previste non sufficiente dimensione delle gallerie e delle allÕinterno di Villa Scassi a Sampierdarena: esso non sarˆ certo di poco conto... banchine di stazione.
Il dislivello esistente a Certosa tra il viadotto della metropolitana e la linea ferroviaria del Campasso.
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Capitolo 5 Reintroduzione del tram a Genova
Reintroduzione del tram a Genova
Si parla ormai da qualche anno di una vera e propria rinascita del tram in tutta Europa, ma non solo, anche negli Stati Uniti: muoversi in superficie • infatti una prioritˆ e il tram si presta perfettamente a tale scopo. Bisogna dire, per amore di veritˆ, che, anche se si parla di rinascita, alcuni paesi hanno continuato a servirsi del tram con soddisfazione anche in anni in cui un poÕ dappertutto si smantellavano le reti. La Svizzera, ad esempio, non ha abbandonato il tram, anzi, cos“ come diverse cittˆ tedesche e austriache, ed in fondo anche cittˆ italiane quali Milano o Torino hanno comunque frenato sullo smantellamento della rete. LÕinteressante di questa seconda giovinezza • che ha interessato anche realtˆ che il tram nemmeno lÕavevano o che lÕavevano perso da molti anni: si pensi a Berlino, dove la rete tranviaria nella parte occidentale era stata smantellata e dove, dopo la riunificazione, da Berlino Est (che invece aveva mantenuta la sua rete) essa verrˆ estesa anche allÕovest. Lo stesso caso di Roma • emblematico in proposito: il tram passa oggi in luoghi dove era stato eliminato prima della guerra! PerchŽ reintrodurre i tram a Genova? Se autobus e filobus snodati possono rappresentare unÕopzione a breve termine, giˆ a medio termine va posto come obbiettivo la reintroduzione a Genova del tram, analogamente a
quanto sta avvenendo in molte cittˆ europee. Bisogna infatti ricordare che filobus e autobus, o anche mezzi ibridi come gli ÒAltrobusÓ, anche se articolati, rimangono, dal punto di vista della potenzialitˆ di trasporto, degli autobus dotati di motori elettrici, e soltanto i moderni tram possono movimentare un numero di passeggeri consistente. Va poi ricordato, tra gli aspetti positivi generici, che il tram • un veicolo di per sŽ molto longevo, decisamente meno soggetto a logorio rispetto al trasporto su gomma. Si pensi che, tanto per fare un esempio, a Milano oltre la metˆ del parco • costituito dalle vetture DeWitt degli anni trenta, con le panche di mogano e il ÒcontrollerÓ in ottone, che continuano a svolgere egregiamente il loro servizio. Naturalmente, i tram di recente introduzione si sono concettualmente e strutturalmente evoluti rispetto a quelli fatti scomparire negli anni cinquanta e sessanta nella nostra cittˆ. Allora la rete doveva supplire a gran parte delle esigenze di mobilitˆ dei cittadini, e i binari arrivavano dappertutto, impegnando anche percorsi particolarmente acclivi e tortuosi: ovviamente circolavano veicoli piccoli (10 metri o anche meno) a due assi che viaggiavano stipati allÕinverosimile. Solo negli anni immediatamente antecedenti alla guerra sono entrate in servizio motrici pi• moderne, articolate (come le cosiddette Littorine).
A sinistra:tram a San Francisco (da materiale informativo della BREDA Costruzioni Ferroviarie). In alto a destra: tram a Neuch‰tel.
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Reintroduzione del tram a Genova
Questo per dire che non si chiede di rivedere i tram sui tornanti di Sant' Ugo o in circonvallazione a monte. Tuttavia i veicoli di concezione moderna, di ben altre dimensioni e capacitˆ possono impegnare senza problemi le strade del centro cittadino, ripristinando almeno in parte la rete di allora, ripercorrendo alcune direttrici che meglio si prestano ad accogliere questo tipo di veicoli. Il grande pregio della tecnologia legata al tram • in definitiva di essere una tecnologia consolidata, che ha per˜ beneficiato dei vantaggi di tutta una serie di innovazioni tecnologiche avvenute negli ultimi decenni, che hanno accresciuto le potenzialitˆ di tale mezzo. Gli stessi limiti che un tempo erano propri di tale sistema di trasporto sono stati superati: ad esempio quelli legati al raggio di curvatura sono stati by-passati dallÕintroduzione di convogli modulari, (componibili e scomponibili a seconda delle esigenze) e dallÕintroduzione di ruote sterzanti. I vantaggi generali del tram Essi si possono sintetizzare in: 1) assenza di inquinamento atmosferico trattandosi di un veicolo a trazione elettrica, pertanto privo di emissioni inquinanti; 2) basso impatto ambientale; il tram si inserisce molto bene nel paesaggio urbano, di cui diventa componente, al contrario dellÕautobus,
che risulta spesso essere un corpo estraneo; 3) alta capacitˆ di trasporto, stimabile intorno alle 200 persone e oltre, grazie alla possibilitˆ di poter fare circolare convogli articolati di venti metri e oltre; 4) elevato comfort di marcia con lÕimpiego di sospensioni di nuova concezione e di ruote elastiche che garantiscono un livello di rumorositˆ particolarmente contenuto; 5) elevata velocitˆ commerciale, consentita dallÕequipaggiamento elettronico che permette una grande capacitˆ di accelerazione; 6) massima accessibilitˆ grazie al pavimento ribassato a soli 35 centimetri dal suolo (e in qualche caso anche meno!), praticamente a raso con il marciapiede; 7) massima mobilitˆ interna per i passeggeri grazie allÕaltezza uniforme del pavimento ed alla razionale disposizione dei posti a sedere; 8) grandissima cura nellÕestetica, con la scelta di veicoli dal design moderno caratterizzato da ampie superfici vetrate e colori gradevoli; 9) maggiore attrattivitˆ rispetto ad un bus; studi effettuati allÕestero dimostrano che anche a paritˆ di offerta, un tram attira circa il 25 % in pi• di un bus; non solo: altri studi dimostrano che il tram • in grado di sottrarre utenza allÕautovettura in misura maggiore del bus; 10) forte longevitˆ dei mezzi. un convoglio tranviario • sottoposto ad un lo-
In alto: un esempio dell'accessibilitˆ che consente il tram, con la presenza del pianale ribassato a soli 35 cm. dal suolo. A destra: un esempio di come si inserisca bene il tram in ambito urbano. (Foto di una via di Brno, Repubblica Ceca).
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gorio estremamente inferiore rispetto ad una linea automobilistica; 11) sicurezza elevata, dovuta non solo alla eventuale presenza di una sede riservata e protetta, ma anche alla contemporanea presenza di diversi sistemi di frenatura, anche dÕemergenza; 12) manutenzione della rete pi• facile rispetto ad un tempo: con i nuovi sistemi di posizionamento dei binari • possibile la sostituzione di questÕultimi, in caso di usura o danneggiamento, in qualche ora; 13) maggiore capacitˆ di adattamento al territorio, grazie a convogli di nuova concezione, modulari, ed a ruote sterzanti, che permettono di effettuare curvature maggiori rispetto ad un tempo, consentendo quindi lÕinserimento in ambiti urbani che sarebbero problematici per dei bus articolati; 14) la maggior rigiditˆ come risorsa, non vincolo, imponendo questa scelte precise di tutela e riorganizzazione degli spazi stradali, attualmente in preda al caos, rendendo necessaria la realizzazione di una sede riservata, contribuendo di conseguenza ad una riqualificazione dello spazio urbano; 15) minor logorio degli autisti, non sottoposti al disagio continuo del traffico, potendo viaggiare su di un mezzo in sede propria svincolato dal traffico privato.
Gli svantaggi del tram: a) alti costi per lÕimpianto della linea, dai 20 ai 30 miliardi al chilometro. Tali costi sono comunque spesso ingigantiti da opere civili; possiamo dire, con una certa tranquillitˆ che i costi risultano spesso pi• vicini ai 20 che non ai 30. Connessi alla realizzazione sono poi i problemi relativi allo spostamento delle utenze sotterranee, e gli inevitabili disagi di cantiere. b) alti costi per lÕacquisto dei mezzi (un convoglio pu˜ costare dai 2,5 ai 3,5 miliardi). Si ricordi comunque che autobus articolati come quelli che circolano in corso Europa o in val Bisagno costano poco meno di 700 milioni, e i filobus articolati (ci auguriamo di vederli presto girare per Genova) costano pi• di 1,5 miliardi lÕuno. Dunque, il costo di un convoglio tranviario, alla luce di queste cifre, non appare pi• cos“ esorbitante, considerata oltre tutto, la maggior longevitˆ di un convoglio tranviario, il suo minor bisogno di manutenzione, ecc. c) disservizio della linea in caso di un (remoto) blocco di un convoglio (rimediabile comunque attraverso la percorrenza in senso unico alternato sul binario parallelo).
A - Modulo cabina B - Modulo passeggeri C - Modulo di intercircolazione A
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Sopra: un esempio della possibilitˆ del tram di avere composizioni differenti a seconda delle esigenze, grazie ai moduli. A destra: buona capacitˆ di inserimento del tram anche in aree extra-urbane. (Si noti il manto erboso che circonda i binari).
Prospetto laterale e frontale del tram prodotto dalla Breda, il cosiddetto VLC, veicolo leggero cittadino.
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LÕesempio delle cittˆ francesi ed in particolare di Strasburgo Tra tutti i paesi, europei e non, quello in cui si possono individuare il maggior numero di interventi di introduzione o re-introduzione del tram, per cos“ dire, Òda manualeÓ, • forse la Francia, anche se vi sono altri interessanti esempi (uno per tutti: quello di Manchester, il cosiddetto Manchester Metro - link in Gran Bretagna). LÕesempio francese • tuttavia interessante perchŽ riguarda un paese in cui negli anni passati erano stati realizzati diversi sistemi di trasporto innovativi come i cosiddetti ÒVALÓ (Veicolo Automatico Leggero). Il VAL •, in sintesi, un sistema di trasporto a trazione elettrica, attraverso convogli che corrono su una sede propria che, a causa della sua conformazione, e per il fatto che sulla sua superficie transitano veicoli a guida automatica, non • transitabile in alcun modo da altri mezzi. Il convoglio di un VAL corre quindi generalmente su viadotto o sottoterra; in ogni caso, al contrario di altri mezzi di trasporto, in primis il tram, non • compatibile con lÕambiente urbano. Le sue caratteristiche sono in particolare quelle di avere bassi costi di gestione (non • necessario personale a bordo) grazie alla guida automatica, elevata accelerazione e decelerazione di servizio grazie al rotolamento su gomma (1,3 m/sec2). Ma il VAL, a parte lÕelevato impatto am-
bientale delle infrastrutture, non • un sistema leggero: quello di Lille ha una capacitˆ di 10.000 passeggeri / h; il ÒmeteorÓ di Parigi, peraltro quasi indistinguibile rispetto ad un metr˜, (ma messo nella categoria perchŽ anchÕesso a guida automatica), arriva ai 40.000 pass./h. Tale mezzo di trasporto • stato per molti anni un poÕ il fiore allÕocchiello di un paese che mirava a distinguersi rispetto agli altri paesi europei. Nella stessa realizzazione di linee metropolitane, in Francia si • optato per soluzioni non convenzionali (ad esempio i convogli del metr˜ in cittˆ francesi come Marsiglia sono su ruote gommate che non rotolano su binari ferroviari). Eppure, proprio nel paese europeo che pi• di altri ha voluto scegliere soluzioni differenti, alternative, vi sono stati i principali interventi di realizzazione di linee tranviarie, a dimostrazione ulteriore che il tram non • per nulla superato, anzi, rappresenta forse il sistema di trasporto urbano del XXI secolo. Dalla fine degli anni ottanta, Grenoble, Strasburgo, Montpellier, Parigi, e lÕelenco potrebbe continuare, hanno visto o vedranno arrivare per la prima volta (o ritornare) il tram sulle proprie strade. Ci˜ • successo anche perchŽ il tram era lÕunico mezzo che potesse conciliare grande capacitˆ di trasporto con capillaritˆ e buon inserimento ambientale. Un struttura come il VAL ha
A sinistra: una mappa dell'area urbana parigina: si notino le linee tranviarie di nuova realizzazione (Tramways 1, TVS) e quella bus riservata TVM. (Immagine tratta dalla rivista Kineo). A destra: un tram a Grenoble. (Da un opuscolo illustrativo della SEMITAG, azienda di trasporto di Grenoble.
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solamente minori costi di servizio rispetto ad una metropolitana, non avendo bisogno di conduttore a bordo, ma • quasi identica nei costi di infrastrutturazione, tanto pi• che nelle cittˆ francesi il VAL corre in soprelevazione solo in spazi non edificati, mentre laddove • allÕinterno di aree urbane • stato interrato, diventando, nei fatti, qualcosa di molto simile ad una metropolitana classica, anche se a guida automatica. LÕipotesi di realizzazione di un VAL, preso in considerazione in diverse cittˆ francesi, viene poi accantonata dalle stesse, soprattutto per motivi di costi, ed • cos“ che si intraprendono i primi progetti di tram. Nel paese transalpino lÕesempio di norma pi• citato • quello di Strasburgo. Nella cittˆ, storica capitale dellÕAlsazia, il tram viene reintrodotto nel 1994. Il caso di Strasburgo, pur non essendo tra i pi• precoci, (altre cittˆ francesi avevano infatti giˆ qualche anno prima avviato il recupero di questo mezzo di trasporto), • tuttavia esemplare per i modi con cui la reintroduzione • avvenuta, tale da risultare un modello per molte cittˆ, cos“ come potrebbe esserlo anche per la nostra. La reintroduzione del tram, oggetto della vincente campagna elettorale per lÕelezione del primo cittadino, • stata lÕoccasione per una complessiva riqualificazione della cittˆ, con la realizzazione di isole pedonali, in cui transita anche il tram, la messa a dimora di un grande
numero di piante, ed una complessiva riorganizzazione degli spazi, con un deciso miglioramento ambientale. Anche la gestione stessa del processo di reintroduzione • stata un modello di trasparenza e partecipazione, che ha permesso a tale progetto di essere realizzato con relativa facilitˆ, fino a convincere gli stessi detrattori, primi tra tutti i commercianti, inizialmente pi• favorevoli allÕidea di una metropolitana sotterranea. Il caso di Strasburgo viene spesso citato a modello, anche per il tipo di design delle fermate ed anche per gli stessi convogli in servizio (realizzati tra lÕaltro da un consorzio di cui fa parte lÕitaliana Breda) dal design particolarmente elegante ed innovativo. Tuttavia altri esempi, pi• o meno recenti, potrebbero essere fatti; si pu˜ parlare di Grenoble, dove il tram ha fatto la sua ricomparsa alla fine degli anni Ô80, e dove • stata recentemente ampliata la rete, o di altre cittˆ francesi, come Nantes, tra le prime in Francia ad aver riscoperto il tram, o di Montpellier, dove • in corso di realizzazione, di Tolone, nella quale • in via di reintroduzione e di Marsiglia. Elemento peculiare di tutti questi interventi, a parte forse quello per Parigi, che vede il tram transitare in aree periferiche, • quello di essere interventi che partono dal presupposto della penetrazione in centro cittˆ del tram, il tram quindi, non solo come mezzo di trasporto, ma anche
In alto: uno stralcio di una mappa dell'area di Tolone in cui sono segnati i tracciati di percorso previsti per il tram, di futura reintroduzione per l'area urbana Tolonese. A destra: un esempio di rinnovamento urbano legato al tram. Le immagini riguardano Strasburgo.
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come elemento di riorganizzazione dello spazio, e di riqualificazione della cittˆ. A Grenoble il tram passa in pieno centro storico, in vie della larghezza di poco superiore a vie come le nostre vie Cairoli o San Vincenzo, effettuando curvature notevoli (nei testi francesi si parla, non impropriamente, del ÒserpentareÓ del tram!) Un futuro di Tram anche per Nizza? Anche a Nizza si • parlato recentemente di tram, per una cittˆ, quindi, che tale mezzo, come Genova, lo possedeva, e lo ha visto scomparire nel dopoguerra. Certo, che se ne parli in una cittˆ per molti aspetti assai prossima alla nostra, per territorio, clima, cultura • in qualche maniera un segnale: che i tempi siano maturi anche per la nostra cittˆ? Il progetto per Nizza1 (battezzato con una certa enfasi ÒMission TramwayÓ ) si articolerebbe in diverse fasi, una prima con la realizzazione di una prima linea di tram, (per complessivi 10 chilometri) che, dallÕingresso autostradale di Nizza Nord scenderebbe attraverso boulevard de Falicon-place fontaine du Temple - Boulevard de Gorbella, fino a raggiungere avenue MŽdecin e place MassŽna (dopo aver quindi toccato diversi punti nodali importanti, quali il Forum Nice - Nord, lo stadio, vicinanze della stazione per la Provenza, la stazione centrale di Nice - ville),
per poi curvare in place MassŽna e risalire il corso (coperto) del torrente Paillon, toccando la gare routi•re, place Garibaldi, lÕAcropolis, il palazzo delle esposizioni, per poi allontanarsi dal lungo torrente, raggiungendo lÕuniversitˆ St. Jean DÕAngely, il parco merci ed infine riposizionandosi lungo il corso del Paillon e terminare la sua corsa nei pressi dellÕuscita autostradale di Nice Est. Sono previsti in corrispondenza di Nice Nord e Nice Est due parcheggi di interscambio, pi• un terzo, maggiormente centrale (ma pur sempre in area periferica) nei pressi dellÕuniversitˆ St. Jean DÕAngely. Lungo il tragitto vengono poi individuati diversi punti di interscambio tram/bus. Sempre allÕinterno della prima fase • prevista una busvia, o asse protetto per bus lungo la direttrice est - ovest, per circa 12 Km, che, dalla zona del porto, attraverso rue Cassini, place Garibaldi, place Marshall, rue de LÕh™tel des Postes, lÕinterscambio con la linea 1 del Tram in avenue MŽdecin proseguirebbe, utilizzando un asse protetto giˆ esistente in rue de France avenue de la Californie verso lÕaeroporto (parallelamente quindi alla famosa promenade des Anglais, ma nella strada interna) fino alla parte bassa della piana del fiume Var. Sempre allÕinterno della prima fase rientrano la prima tranche della realizzazione, nella piana
1 - La maggior parte delle informazioni che sono contenute nel nostro documento hanno per fonte la stessa Civica Ammnistrazione nizzarda che, dietro specifica richiesta, ha cortesemente fornito una notevole quantitˆ di materiale informativo. Si veda inoltre, per informazioni ulteriori: ÒI tram sulla Promenade des Anglais di NizzaÓ, da Òbrevi dal mondoÓ in Amico Treno, periodico dÕinformazione per il viaggiatore, Febbraio 1996; e ÒNice-towards light rail network?Ó in Light rail review, n. 7, 1996.
In questa pagina: Avenue Jean MŽdecin e Place MassŽna; proposta di riqualificazione urbana a seguito di una ipotesi di introduzione del tram. Nella pagina successiva: vista sulla piazza e il raffronto con lo stato di fatto e di progetto.
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bassa del Var, di una nuova stazione SNCF e la congiunzione con lÕaeroporto e centro intermodale bus urbani/extra urbani, ed un parcheggio di interscambio, (il centro intermodale di St. Augustin), la riorganizzazione del servizio autobus, il miglioramento dellÕofferta di servizio della linea ferroviaria della Provenza, e pi• in generale, di un operazione di riqualificazione urbana, lungo il tracciato del tram, dei pi• significativi spazi pubblici della cittˆ. Scopo di questa prima fase • quello di condurre alla messa in opera di un nuovo piano del traffico, volto a favorire altre modalitˆ di trasporto (trasporto collettivo, bicicletta, mobilitˆ pedonale) per una migliore qualitˆ della vita nellÕagglomerato urbano. Collegata allÕintroduzione del tram • prevista infatti la quasi totale pedonalizzazione di spazi cittadini attualmente trafficati, come place Garibaldi, avenue de la RŽpublique, place MassŽna, insomma, • quasi come se a Genova venissero chiuse al traffico via XX Settembre, piazza della Vittoria, viale Brigata Bisagno, corso Buenos Aires e piazza Tommaseo! Con le fasi successive del progetto si avrebbe un ulteriore prolungamento della busvia verso alcune localitˆ della Costa Azzurra (come Cagnes sur Mer) per altri 4,6 km, e relativi parcheggi di interscambio, la creazione di unÕunica Autoritˆ Organizzatrice Intercomunale dei Traspor-
ti Urbani, che comprenderebbe 21 Comuni. A seguito di qustÕultimo provvedimento, verrebbero effettuati ulteriori interventi infrastrutturali, come la trasformazione della busvia in linea 2 del tram, il prolungamento della linea 1 del tram verso nordest, per ulteriori 7,5 chilometri, unÕulteriore ristrutturazione del rete bus, intervento di miglioramento aggiuntivo sulla linea ferroviaria della Provenza, con cadenzamento a 15 minuti e miglioramento del materiale rotabile. A completamento di tutto ci˜, in un periodo a partire dal 2010, prolungamento della linea 2 dei Tram per altri 4,5 chilometri, e realizzazione di una terza linea di tram lungo la piana del Var, per 6 Km, in connessione con la linea 2, in corrispondenza dellÕaeroporto e la linea ferroviaria della Provenza, ed ulteriore ampliamento del centro intermodale di St. Augustin, con il passaggio dei posti auto disponibili da 1.000 a 1.700, ed una ulteriore riorganizzazione del servizio bus.
Le proposte specifiche per Genova I primi Tram che circolavano un tempo nella nostra cittˆ erano funzionali per lÕattraversamento di percorsi acclivi e tortuosi; ma anche quelli di ultima generazione, pur potendo contare su una maggiore capienza, risultavano essere comunque mezzi piuttosto versatili. Parte della loro flessibilitˆ era dovuta anche allo scartamento sul quale viaggiavano.
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Lo scartamento, che • la distanza interna tra i due binari, era nel caso dei tram genovesi di tipo ÒmetricoÓ, ovvero della larghezza di 1 metro, al posto del pi• diffuso scartamento di tipo ferroviario che • invece di 1,435 metri. Ci˜ permetteva curvature pi• strette, e la stessa larghezza delle motrici era minore rispetto ad un tram convenzionale. Le motrici articolate costruite nel 1942, Ñ le precedentemente citate ÒLittorineÓ Ñ avevano una larghezza di 2.150 mm. (Si consideri che un autobus ha normalmente una larghezza di 2.500 millimetri). La minor larghezza, nella nostra cittˆ, • giˆ di per sŽ un pregio, ma si trattava al contempo di vetture capienti, lunghe 20 metri, in grado di portare un massimo di 175 persone. Un simile modello di mezzo di trasporto sarebbe a tuttÕoggi valido per Genova. Tram simili viaggiavano nei due sensi in percorsi nei quali attualmente due autobus faticherebbero o addirittura non potrebbero passare. Si pensi ad esempio a via Balbi: la larghezza degli autobus rende necessaria una semaforizzazione aggiuntiva per il passaggio dei mezzi, visto che in un punto la strada risulta critica per il passaggio contemporaneo di due bus; un tempo i tram ci passavano senza alcun problema. In ogni caso un tram, quandÕanche arrivi a essere largo quanto un autobus, occupa sempre un minor spazio di carreggiata, perchŽ essendo su binari non • soggetto alle inevitabili fluttuazioni che pu˜ avere un mezzo su gomma, ed ha
bisogno di un minor spazio di sicurezza. Quindi, unÕeventuale percorso protetto ad uso di un tram, non dovrebbe essere largo pi• di 2,6 - 2,7 metri, contro i 3 metri ed oltre di quello ad uso di un bus. Il discorso dello scartamento metrico • unÕipotesi che pu˜ trovare un alternativa interessante nellÕimpiego di convogli di sagoma ristretta (2,2 metri) e a ruote sterzanti, unita alla giˆ citata tecnologia di convogli modulari, cosa che permetterebbe loro raggi di curvatura minori.
Una Tranvia per la val Bisagno DellÕipotesi di realizzazione di una tranvia in val Bisagno si parla da almeno una decina di anni. In realtˆ, sotto la generica definizione di tranvia sono stati proposti fino ad arrivare ai giorni nostri almeno 4 ipotesi differenti. Il primo progetto in ordine cronologico, almeno rispetto a quanto di nostra conoscenza, • il progetto AMT del 1978, che, nellÕambito dellÕipotesi di "ritranviarizzazione" della galleria della Certosa ipotizzava un collegamento tranviario veloce val Polcevera - val Bisagno. Segue poi il progetto Ansaldo del 1988, proposto sullÕonda della metropolitana, ed in effetti tale proposta si configura come una vera e propria linea metropolitana sopraelevata che percorrerebbe la vallata. Il terzo progetto • una proposta AMT per una linea tranviaria di superficie, del 1996.
Ancora Nizza ed il tram.
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Nello stesso periodo lÕAMT propone anche un progetto di semplice asse protetto ad uso dei bus (la cosiddetta ÒbusviaÓ). Arriviamo cos“ ai giorni nostri, con lÕipotesi del ÒPeople-MoverÓ del 1998. La mobilitˆ in Valbisagno La val Bisagno occupa una vasta superficie del territorio urbano genovese, con una popolazione che nel suo complesso si aggira intorno alle 160.000 unitˆ. LÕassetto urbanistico di stampo ottocentesco ha fatto s“ che la vallata fosse destinata come sede di attivitˆ di servizio (il cimitero, i macelli, il gasometro, le carceri, ecc.), che hanno dequalificato la qualitˆ ambientale di un comprensorio che, al contrario, negli ultimi decenni ha acquisito una vocazione spiccatamente residenziale. La caotica espansione dei quartieri di media e alta valle ha dato un notevole impulso alla mobilitˆ complessiva, soprattutto a quella diretta da e verso il centro cittadino.
In conseguenza di ci˜ lo sforzo delle amministrazioni locali • stato quello di potenziare le infrastrutture di tipo stradale, ad esempio con la costruzione della strada in sponda sinistra e altri interventi volti allo snellimento della viabilitˆ, gli esiti dei quali non sempre hanno avuto effetti positivi. Di contro, ad oggi, manca un intervento forte a sostegno delle infrastrutture di trasporto collettivo, che possa riequilibrare le valenze dellÕintera vallata, non solo dal punto di vista della mobilitˆ ma anche dal punto di vista urbanistico. Ripensare il Òsistema val BisagnoÓ significa definire una nuova strategia che ripensi in maniera anche radicale gli spazi e ridefinisca un nuovo rapporto tra la mobilitˆ pubblica, la mobilitˆ privata e la consistenza degli spazi urbani che nel tempo si sono delineati. Attualmente per percorrere il tragitto da Prato a Brignole con lÕautobus in ore non di intenso traffico, pu˜ essere necessaria anche quasi mezzÕora. In ore di punta il tragitto si allunga di
La nostra ipotesi per la val Bisagno. Stralcio dagli elaborati progettuali.
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circa dieci minuti, arrivando, in casi di particolare traffico a quasi unÕora. LÕarea veramente critica per le questioni del traffico risulta tuttavia essere quella da Molassana al centro, ed in particolare da Gavette / Staglieno in poi. In questo caso la minor distanza da percorrere rispetto ad altre aree della vallata • ampiamente vanificata da una situazione di traffico caotico che nelle ore di punta assume i caratteri della paralisi viaria. Ñ Il primo passo: un asse protetto per la val Bisagno: il punto di partenza della nostra proposta • la creazione di un Òasse protettoÓ, intendendo con esso una delimitazione spaziale dedicata in superficie allÕinterno del quale possa transitare esclusivamente il mezzo pubblico, disimpegnato dalle congestioni veicolari cos“ da garantire una velocitˆ commerciale ottimale e, quindi, tempi di percorrenza ridotti e sempre garantiti anche nelle ore cruciali della mobilitˆ. Ci˜ dovrebbe finalmente mettere il trasporto pubblico nelle condizioni di offrire unÕaumentata appetibilitˆ rispetto al mezzo privato, fino a diventare lÕelemento forte degli spostamenti di tutta la vallata. Il tracciato dellÕasse protetto dovrebbe snodarsi a partire dalla stazione di Brignole, fino a raggiungere il piazzale sul Geirato a Molassana, ridisegnando in maniera significativa lÕattuale
sezione stradale in sponda destra e dirottando i flussi viabilistici il pi• possibile in sponda sinistra. La ridefinizione delle due sponde risulta fondamentale per organizzare in maniera precisa tutto lÕassetto urbanistico del comprensorio: disimpegnare dal flusso viabilistico la sponda destra, spiccatamente a carattere residenziale, significa ripensare i rapporti tra viabilitˆ, sosta e pedonalitˆ. Per questo motivo, se dapprima lÕasse protetto potrebbe nascere come busvia o filovia, sicuramente le potenzialitˆ ottimali dellÕintero sistema si concretizzano con lÕintroduzione di un asse tranviario, lÕefficienza del quale non ha pari allÕinterno di un contesto urbano di superficie, dal punto di vista dellÕaffidabilitˆ, del comfort e della velocitˆ di percorrenza, restando vicino alla capillaritˆ tipica di un autobus. Ñ La naturale evoluzione del sistema, la tranvia: per la realizzazione di una infrastruttura tranviaria vi sono alcuni problemi tecnici da risolvere, anche tenendo conto che, a seconda delle zone della val Bisagno, diverse sono le esigenze dellÕutenza: in alcuni punti • maggiore la richiesta di servizio capillare, in altre la velocitˆ. Per tentare un certamente non facile compromesso tra tali esigenze • indispensabile una progettazione approfondita che tenga conto di tali differenti esigenze, in particolare per quel
Brema: buche delle lettere all'interno dei tram (immagine tratta da Strassenbahn magazin n. 6/99).
Roma: Viale Regina Margherita angolo via Nomentana - posa in opera di binari con attacchi elastici (durante e dopo). Immagini tratte da la rivista l Treni.
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che riguarda la collocazione ed il distanziamento delle fermate. Un problema ineludibile, nel momento in cui si realizzino delle linee tranviarie, • poi quello dello spostamento delle eventuali utenze sotterranee, lavoro che, oltre ad aggravare i costi, comporta un allungamento dei tempi di realizzazione. Ma lÕeventuale spostamento delle utenze • comunque solo un problema? Se contestualmente alla realizzazione della tranvia venisse realizzato un Òtunnel tecnologicoÓ per le varie utenze, ci˜ potrebbe voler dire organizzarle in maniera migliore, rendendo pi• agevoli eventuali lavori di manutenzione, oltre alla possibilitˆ da parte del Comune di far pagare lÕaffitto agli usufruitori del tunnel. In definitiva, la creazione di una linea tranviaria in va lBisagno pu˜ rappresentare unÕoccasione irripetibile per il ripristino di questo modo di trasporto. Il tram rappresenta un buon compromesso tra diverse esigenze, purchŽ, naturalmente, non gli si chieda cose che non pu˜ mantenere: ovvero esso non pu˜ diventare il catalizzatore di tutta la mobilitˆ pubblica della vallata, perchŽ altrimenti si rischierebbe di creare un danno allÕutenza. LÕipotesi di una linea in sponda destra da Prato a Brignole deve essere vista come una tranviarizzazione delle attuali linee 12 e 14, in cui elemento fondamentale o quanto meno pari-
tetico rispetto al vettore, • la protezione del percorso. Il vettore aggiunge di suo grande accelerazione, maggiore velocitˆ commerciale e comfort di trasporto. Il tram va dunque visto per quello che •: un mezzo utilissimo se messo nelle condizioni di operare al meglio, e le condizioni sono: 1) protezione del tragitto; 2) rapporto con la strada; 3) non eccessiva rarefazione delle fermate, che non dovranno comunque essere ad una distanza maggiore di 200 metri, per avere un equilibrio tra velocitˆ e capillaritˆ; 4) tragitto continuo tra Prato e Brignole (anche se nella cartografia lÕintervento da noi proposto viene limitato a Molassana) per evitare rotture di carico, prevedendo, giˆ da ora, una penetrazione significativa fino in centro cittˆ: a piazza De Ferrari o a Caricamento, o almeno alla Foce. Ñ Tram, ma non solo...: nel caso specifico della val Bisagno reintrodurre il tram non significa solo fare una scelta di connotazione meramente trasportistica, ma nelle nostre intenzioni significa dare corpo ad una nuova vitalitˆ per tutte quelle aree che oggi sono rese invivibili dalla congestione automobilistica: cos“, ad esempio via Canevari diventerebbe una strada chiusa al traffico, di connotazione prevalentemente pedonale attraversata solo dal tram che, come lÕesempio di molte cittˆ europee contemporanee
Una Littotina tipo 900. In singola composizione, o a due casse (il tipo 1100), costruite dalla Breda, correvano sulla linea 22 tra Bolzaneto e Palmaro per poi essere trasferite sulla linea 12 Caricamento - Prato sino al 1966; dal 1967 le vetture articolate dismesse a Genova hanno viaggiato a Neuch‰tel sino a metˆ degli anni ottanta. Fotografie gentilmente concesse da Claudio Serra
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ci insegna, • lÕunico mezzo di trasporto che, grazie al suo bassissimo impatto ambientale, • in grado di rendersi compatibile allÕinterno delle aree pedonali. Un asse protetto tranviario consentirebbe finalmente un ripensamento della sezione stradale: una definizione pi• precisa e razionale degli spazi destinati ai pedoni, alla viabilitˆ e alla sosta consentirebbe finalmente di mettere fine alla situazione caotica e disordinata che caratterizza molte delle strade della vallata. Le differenze rispetto allÕipotesi AMT e la risoluzione di alcuni problemi La nostra proposta si discosta da quella a suo tempo formulata dallÕAMT, pur riprendendone molti aspetti, in alcuni punti. In primo luogo nella concezione stessa di infrastruttura tranviaria, vista dallÕAMT pi• come una sorta di metropolitana di superficie, probabilmente efficiente da un punto di vista trasportistico ma addirittura ÒavulsaÓ dal contesto urbano in certi tratti del percorso, e vista quindi come cosa a sŽ rispetto ad una integrazione urbanistica nella vallata. Da questa visione discende quasi inevitabilmente unÕipotesi pesante, completamente separata dalla strada, che necessita di interventi di infrastrutturazione onerosa, come sottopassi. LÕipotesi AMT • oltre a quanto detto, viziata da tentativi di compatibilitˆ politica, quindi la sede viene individuata non dove dovrebbe essere, ovvero dove cÕ• la domanda di trasporto, ma
dove si presuppone sia pi• politicamente accettabile da parte della popolazione. Ecco cos“ che il percorso viene individuato sempre lato fiume, per evitare possibili opposizioni dei commercianti (che sono invece tutte da dimostrare). Un altro esempio lÕabbiamo nel fatto che lÕipotesi dellÕAzienda, non prevedendo una complessiva ridefinizione anche della viabilitˆ, finisce per ipotizzare soluzioni che non rimettono in discussione lÕassetto viario, in una progettazione a "compartimenti stagni" che parte probabilmente dalla costatazione che lÕAmministrazione non abbia il coraggio di rimettere ordine in una caotica situazione viaria. Da questo approccio nascono cos“ problemi ulteriori, come la necessitˆ di intervenire a sbalzo sul Bisagno per non ridurre lo spazio viario privato (esempio via Piacenza) cosa che, invece, attraverso una riorganizzazione funzionale degli spazi, risulterebbe superflua, evitando in questa maniera costi aggiuntivi ed un ulteriore devastazione del torrente. La differenza sta quindi in una concezione differente della stessa infrastruttura; un tram non solamente come struttura di trasporto, ma anche come occasione di riqualificazione urbana; qualcosa, quindi, simile al tram di Strasburgo o Grenoble, non come certe linee di tram italiane (ad esempio la linea 3 che a Torino porta alle ÒValletteÓ). UnÕottica anche urbanistica, in cui il tram va
La littorina tipo "1100" a confronto con un tram in servizio attualmente a Vienna. Esteticamente le vetture che viaggiavano a Genova non avevano nulla da invidiare a quelle transitanti ancor oggi in molte cittˆ europee, ma anche dal punto di vista tecnologico questi mezzi risultavano essere avanti rispetto alla produzione coeva di 20-25 anni. Fotografia a sinistra gentilmente concessa da Claudio Serra
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dove cÕ• la domanda, e passa dove si vuole riqualificare lÕabitato comporta un complessivo riordino della viabilitˆ. La strada in sponda sinistra, realizzata recentemente e in sostanza sottoutilizzata, potrebbe infatti raccogliere gran parte del traffico privato, permettendo di riservare al mezzo pubblico, inizialmente bus / filobus, successivamente tram, alcuni tratti di via Piacenza e via Canevari. Lo stesso problema dei parcheggi, la cui soluzione passa nella nostra ipotesi attraverso soluzioni analoghe a quelle ipotizzate a suo tempo dallÕAMT, • comunque considerevolmente meno influente (il fatto stesso di scegliere via Piacenza e via Molassana per il transito del trasporto pubblico, comporta la soppressione di un numero di parcheggi di gran lunga inferiore). I problemi delle intersezioni con gli incroci hanno trovato ormai da molto tempo una valida risposta in altre cittˆ nella realizzazione di impianti di semaforizzazione asservita al trasporto pubblico, azionata dal passaggio stesso del mezzo pubblico (sia esso tram, filobus o bus). Anche per la vallata un sistema di semaforizzazione complessiva pu˜ rappresentare unÕalternativa alla realizzazione di sottopassi o altre infrastrutture di separazione fisica dei flussi, opere civili dai costi non indifferenti. LÕefficacia sarebbe innegabile sia per incroci importanti (con via Montaldo) sia allÕinterno delle zone ZTL (come via Piacenza) in corrispondenza con intersezioni con la viabilitˆ secondaria. Ñ I costi, i tempi: il costo di realizzazione di una linea tranviaria si aggira intorno ai 20 miliardi al chilometro. Anche prevedendo aggravi sui costi, dovuti allo spostamento di utenze sotterranee, lÕintervento per la val Bisagno non dovrebbe superare i 25 miliardi al chilometro. In realtˆ, confronti con interventi avvenuti di recente allÕestero, e le previsioni di costo per alcuni interventi di prossima realizzazione in Italia, farebbero presupporre costi anche inferiori ai 20 mld. La presenza di opere civili (viadotti, sottopassi, ecc.) farebbero ulteriormente lievitare i costi; ma nella nostra ipotesi non sono previsti interventi particolari. Per un tragitto da Brignole a Prato lÕinvesti-
mento sarebbe intorno ai 200 - 250 miliardi. CÕ• per˜ da considerare che nellÕipotesi a due fasi, come da noi prevista, specialmente prevedendo una busvia percorribile da filobus con lÕestensione di una rete area, una certa parte degli investimenti verrebbe ad essere coperta dalla prima fase (circa 3 - 4 miliardi per le sottostazioni elettriche, pi• altri 20 per la rete aerea) e si tratterebbe di investimenti non a fondo perso perchŽ le sottostazioni, cos“ come la rete, servirebbero anche per la linea tranviaria. I tempi, ovviamente, sarebbero lunghi, con gli inevitabili disagi e strascichi polemici. Essi si potrebbero stimare, ipotizzando un iter abbastanza fluido, in un anno e mezzo di lavori, a cui aggiungere i tempi precedenti per lÕapprovazione e lÕelaborazione del progetto. La tranvia ed il metr˜ LÕipotesi di connessione diretta a Brignole tra tranvia della vallata e la linea metropolitana, (una volta arrivata a Brignole) che pu˜ sembrare seducente per la possibilitˆ di collegamento rapido con il centro, presenta in realtˆ diverse controindicazioni, in primo luogo perchŽ costringe un sistema tutto sommato versatile come quello tranviario verso un tragitto forzato in direzione di Corvetto. LÕutenza diretta verso altre destinazioni avrebbe grossi problemi di interscambio con il mezzo pubblico: infatti non vi sarebbe interscambio diretto con le linee bus dirette verso il centro o il levante. Una soluzione di questo tipo preclude poi una futura (o contestuale alla realizzazione nella vallata) penetrazione del tram verso il centro, che permetterebbe una riqualificazione obbligata delle aree centrali, quantomai bisognose di recupero ambientale, e il tram • il modo migliore per farlo. Questa ipotesi rientra in una serie di interventi di ÒlegittimazioneÓ del metr˜, che rischiano di danneggiare la mobilitˆ complessiva della cittˆ. Ma • la stessa compatibilitˆ tecnica tra una tranvia che percorre un ambito urbano e una struttura di tipo metropolitano a porsi: i tram moderni sono tram a piano ribassato, a 30 cm dal suolo, che evidentemente non sono compatibili con le fermate del metr˜, che sono a oltre mezzo metro dÕaltezza.
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Il passaggio dei tram allÕinterno del metr˜ presupporrebbe il totale rifacimento di banchine e marciapiedi di sicurezza, cosa che, ammesso che si possa fare, costerebbe non poco. Le alternative sono nellÕadozione di veicoli tranviari in tutto e per tutto equiparabili a quelli attualmente circolanti nel metr˜ anche per il passaggio nella vallata, il che • quasi ridicolo, in un momento in cui persino i bus tendono a diventare tutti a pianale ribassato. Alternativa ancora peggiore sarebbe allora quella di un vero e proprio metr˜ di superficie che dovrebbe a questo punto correre in ambito completamente separato rispetto ai nuclei abitativi, perdendosi cos“ completamente il senso di una infrastruttura compatibile con lÕambito urbano e volano per una riqualificazione cittadina. Tutti i rischi dellÕipotesi del People-Mover Occorre innanzi tutto precisare cosa sia un Òpeople - moverÓ. Il termine inglese, • traducibile con Òsposta personeÓ. Un concetto molto ampio quindi, in cui la stessa letteratura tecnica ha messo tutta una serie di sistemi, dalle potenzialitˆ di trasporto le pi• varie, non collocabili tra i sistemi convenzionali. In tale categoria vengono collocati dei sistemi a guida automatica, senza quindi conducente a bordo (si trova spesso infatti la definizione di APM, Automatic People Mover) necessitanti quindi di uno spazio di percorrenza completamente separato dalla strada. I people-mover hanno un impiego limitato nel trasporto pubblico; in Europa hanno avuto un impiego inerente a zone circoscritte, in particolare per collegare terminals aeroportuali a entrate degli aeroporti, uso interno in centri espositivi, come navetta tra due strutture specifiche, ecc. Il People - Mover di Milano collega lÕospedale San Raffaele alla stazione terminale della linea metropolitana a Cascina Gobba (per circa 700 metri, senza fermate intermedie). Come si vede, usi estremamente specifici, per distanze limitate, in ambiti non particolarmente urbanizzati, ecc. Quindi, situazioni estremamente dissimili dal contesto urbanistico della Valbisagno. Si parla peraltro di sistemi con una capacitˆ di trasporto intorno ai 2000 passeggeri / h, o qual-
cosa di pi•. Vi sono poi altre strutture che vengono a volte messe nella categoria degli APM per il fatto di essere a guida automatica (e sono in Canada, in Giappone e il giˆ citato VAL in Francia) che hanno capacitˆ di trasporto elevate, equivalenti a quelle di una linea metropolitana ma anche dimensioni e costi quasi equivalenti a quelli di un metr˜, ed in realtˆ collocabili con una forzatura tra i Òpeople moverÓ. Il tipo di struttura ipotizzata per la vallata non rientrerebbe in questÕultima categoria, offrendo capacitˆ di trasporto appena equivalenti a quelle offerte adesso dal servizio bus. In sintesi: lÕipotesi di people - mover per la val bisagno risulta estremamente onerosa, (i costi sarebbero intorno ai 30 mld/ Km, contro i 20 del tram); comporterebbe un allontanamento dalla strada, quindi dallÕutenza; non consentirebbe un riordino di tipo urbanistico, e permetterebbe un limitato numero di stazioni, una ogni quasi 500 metri, (contro i 200 e meno di una linea tranviaria), e alti costi per le stesse, che dovrebbero essere comprensive di ascensori per lÕaccesso ai disabili; vi sarebbero non pochi problemi di impatto ambientale, sia estetico che idrogeologico; non vi sarebbe un reale recupero di spazio di superficie (infatti lo spazio sottostante non potrebbe comunque essere impiegato come carreggiata stradale), non offrirebbe adeguata capacitˆ di trasporto, in quanto risultando il massimo della sua capacitˆ intorno ai 4000 pass/h, (che • lÕofferta attuale del parco bus), mancherebbe quindi una prospettiva di incremento di utenza. Come ultima cosa si fa osservare che, da quanto emerge, la velocitˆ massima di tale mezzo, essendo un mezzo a fune, • di 25 Km orari!! Si parla di velocitˆ massima, si badi bene, non di velocitˆ commerciale, quando con la semplice introduzione della busvia lÕAMT contava un raggiungimento di una velocitˆ commerciale quasi pari alla velocitˆ massima per il PeopleMover... Ñ Negativo bilancio costi/ benefici per un proseguimento del metr˜ in val Bisagno: per quel che riguarda una vera e propria penetrazione della metropolitana nella vallata, (con il piano del ferro in viadotto o sotterraneo) essa porreb-
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be problemi simili al People-Mover rispetto ai benefici per lÕutenza, anche se si tratterebbe di un sistema molto pi• serio ed affidabile. Sia che la scelta fosse per un passaggio aereo o in sottosuolo si avrebbero costi comunque pi• alti rispetto ad un tram ed anche al People Mover (si avrebbe infatti un costo superiore ai 50 mld/Km per una struttura in viadotto e con tutta probabilitˆ superiore ai 100 per una soluzione in sottosuolo). Ipotesi di Tranviarizzazione per corso Europa. Cos“ come per la val Bisagno si • ipotizzato un passaggio in due fasi, prima busvia, poi tranvia, si pu˜ ipotizzare un percorso equivalente per corso Europa. Si • giˆ detto nella parte dedicata al trasporto pubblico che con la realizzazione dellÕasse protetto si • ottenuto un buon risultato in termini di percorrenze e di frequentazione. Il completamento delle parti mancanti, unito ad interventi di semaforizzazione preferenziale, dovrebbe ulteriormente migliorare la situazione. A questo punto • quasi naturale passare ad una struttura di tipo tranviario che, oltre a garantire un ulteriore miglioramento in termini di velocitˆ commerciale, • in grado di offrire maggiore capienza anche rispetto ad un bus articolato, e maggior comfort di viaggio. Non • improbabile che la presenza del tram possa ulteriormente attirare utenza, cos“ come • avvenuto in altre parti dÕEuropa nel momento in cui si • messo in servizio tale mezzo di trasporto. I due lati negativi di una tranviarizzazione dellÕattuale asse bus stanno nei costi, che, per un percorso tra Brignole e Nervi si possono prevedere tra i 150 e 200 mld, e nelle incognite presenti in un ulteriore intervento su corso Europa che, molto di pi• di quello per la val Bisagno, sarebbe pesante per la circolazione, e potrebbe compromettere i risultati finora conseguiti sul versante del trasporto pubblico, considerato oltre tutto che i lavori durerebbero almeno un anno. Una tranvia per la val polcevera e per il Ponente In una prospettiva a lungo termine, intorno ai 5 - 10 anni, va seriamente considerata lÕipotesi di reintroduzione del tram per le altre due importanti direttrici fin qui non considerate.
Ancor di pi• che per corso Europa e la val Bisagno, interventi per la val Polcevera ed il Ponente vanno visti come una trasformazione in senso qualitativo dellÕattuale servizio, in cui, in ogni caso prima di tutto • importante la definizione del percorso. Per quanto riguarda il Ponente, una volta realizzata la protezione ad uso bus / filobus almeno da Pegli a venire verso il centro, ne sarebbe ipotizzabile la tranviarizzazione. Vi possono essere varie ipotesi per il tragitto; ad esempio lÕipotesi di percorrenza nei due sensi di via Buranello (che ricalcherebbe un tracciato giˆ fatto dal tram • indubbiamente interessante, ma va visto nellÕottica complessiva di ridefinizione del trasporto pubblico per Sampierdarena e del Ponente e della val Polcevera. LÕipotesi di reintroduzione del tram nella val Polcevera non sarebbe peraltro particolarmente problematica, solleverebbe per˜ sicuramente obiezioni, essendo in un area in cui abbiamo altre due infrastrutture di trasporto in sede propria, treno e metr˜. Visti per˜ anche interventi come quello del "centro di via" di Certosa, il tram sarebbe un interessante complemento per la riqualificazione della vallata. Soprattutto...il tram in centro LÕobbiettivo fondamentale • quello di rivedere il tram circolare per le vie del centro cittˆ; un centro cittadino in cui la circolazione veicolare privata sia fortemente ridimensionata, ovviamente, e in cui le vie riservate al traffico privato rimangano quelle necessarie allÕentrata ed uscita dei residenti. LÕipotesi potrebbe essere quella del tram circolante in doppio senso via XX Settembre, (attualmente in uno stato di degrado intollerabile) in un ambito pedonalizzato, con marciapiedi notevolmente allargati e spazio viario per accesso carico scarico merci. Ci˜ significherebbe uno sfogo indubbio per la mobilitˆ pedonale, attualmente confinata in angusti marciapiedi, specialmente nella parte prima del Ponte Monumentale, ed un beneficio dal punto di vista dellÕinquinamento atmosferico ed acustico, che verrebbe praticamente azzerato. Eventuali contraccolpi per il commercio sarebbero improbabili, visto che giˆ ora non • possi-
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bile la sosta: anzi, • probabile che aumenti il numero di persone che la percorrano, e quindi da non escludersi anche un aumento del commercio. Una pedonalizzazione di via XX Settembre, risanatrice di una situazione ambientale che oltre che anti-ecologica • diventata anche anche anti -economica, potrebbe portare tra lÕaltro anche ad una rivalutazione degli immobili. Ñ Tram e Filobus: la presenza di tram non • incompatibile con la contemporanea presenza dei filobus: la rete aerea pu˜ ospitare ambedue i mezzi. Una situazione futura in cui le direttrici di forza siano affidate al tram, le linee secondarie al filobus, e quelle collinari ai bus, • una prospettiva che, da un punto di vista ambientale • sicuramente auspicabile. In area centrale circolerebbero a questo punto solo tram e filobus, svincolati dal traffico privato. PerchŽ "lÕoperazione tram" riesca... LÕelemento fondamentale perchŽ lÕintervento abbia successo • che sia il pi• possibile partecipato, che le soluzioni ipotizzate vengano adeguatamente spiegate e difese: se le soluzioni debbono essere soggette a compromesso, lo siano almeno dopo approfondita discussione, e non succeda che dopo le prime proteste vi sia subito marcia indietro. Ma occorre una cosa fondamentale: che la pubblica Amministrazione governi il processo. Anche scelte apparentemente impopolari, se
fondamentalmente corrette, possono essere intraprese. Il caso di Strasburgo, anche da questo punto di vista, • un esempio da tenere in attenta considerazione. Non • ad esempio consigliabile che lÕAMT sia lasciata sola a difendere le scelte, anzi, non • nemmeno forse il soggetto ideale per questo tipo di lavoro, in quanto troppo sottoposto a pressioni politiche (in particolare nellÕattuale gestione). Avvenimenti del passato (corso Europa) dimostrano in maniera abbastanza evidente che lÕAzienda non • stata in grado di gestire un rapporto di tipo partecipato, forse mancando al suo interno una mentalitˆ di abitudine al confronto. I documenti che escono dallÕazienda (al di lˆ dei contenuti) sono poi spesso di scarsa qualitˆ, solitamente niente di pi• di fotocopie. Per convincere le persone • necessaria invece lÕelaborazione di pieghevoli gradevoli, che spieghino in sintesi, ma con chiarezza, il perchŽ delle scelte, come si risolvono eventuali problemi, i vantaggi che deriveranno dalle scelte. Quando vengono intraprese operazioni urbanistiche di un certo tipo a porre difficoltˆ sono spesso i commercianti: va fatta quindi unÕopera mirata di convincimento in tal senso, dialogando, se • il caso, con il singolo commerciante. é infatti probabile che la posizione dei singoli negozianti sia pi• aperta di quella dei rappresentanti di categoria. A fronte di scelte giuste, i negozianti saranno i primi ad apprezzarne i benefici.
Lo spazio di lato al Carlo Felice, in una foto della fine dell'800. Si noti come la presenza del tram risulti essere non invasiva, e come lo spazio stesso sembri pi• arioso.
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Particolare dalle palanimetrie realizzate nell'ambito della nostra proposta per la val Bisagno. Si prevede che il tram abbia una significativa penetrazione all'interno del centro cittadino (ad esempio verso De Ferrari). Si notino nell'immagine l'area di via Archimede, destinata a ZTL, e gli spazi di individuazione per il reperimento di posti auto. Pagina successiva: un altro stralcio della proposta.
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Capitolo 6 Gli impianti speciali
Gli impianti speciali
Diverse cittˆ nel mondo hanno adottato, spesso giˆ a partire dalla fine del XIX secolo, infrastrutture di trasporto particolari, che permettessero il superamento di dislivelli di quota nellÕambito cittadino. Il discorso ha ovviamente riguardato quelle realtˆ dotate di una struttura urbana in parte o completamente collinare, in cui un collegamento di trasporto pubblico convenzionale tra parti differenti del nucleo urbano non sarebbe risultato sufficiente, o addirittura inadeguato. Tra i mezzi di trasporto generalmente impiegati per collegare parti di cittˆ a differenti altezze tra loro vi sono le funicolari, le tranvie a cremagliera, gli ascensori e ultime in ordine di apparizione, le scale mobili e i marciapiedi mobili, questi ultimi adatti in realtˆ a superare solo modesti dislivelli. Esistono sostanziali differenze tra le strutture prima citate, sia tecniche (le funicolari e le tranvie Òa dentieraÓ o a ÒcremaglieraÓ sono apparentemente identiche, ma le prime sono a trazione a fune, le seconde no, il movimento essendo assicurato da ruote dentate che fanno presa su un binario a cremagliera) sia per quel che riguarda la capacitˆ di trasporto (una funicolare ha capacitˆ di trasporto considerevolmente maggiore di un ascensore). Anche per il regime di servizio vi sono differenze (almeno in teoria una scala mobile • a
moto continuo, le funicolari hanno un movimento detto Òva e vieniÓ, tranvie o ferrovie a cremagliera sono equiparabili a convogli ferroviari). Alcuni mezzi di trasporto hanno avuto una loro diffusione in ambito urbano, (come gli ascensori o le funicolari) altri sia in ambito urbano che extracittadino (come le ferrovie a cremagliera). Scarsa diffusione hanno avuto le funivie in ambito cittadino, trovando miglior impiego come impianto di risalita in montagna. Agli ascensori di tipo classico, ÒverticaliÓ, si sono affiancati pi• di recente quelli a Òpiano inclinatoÓ, inseribili in percorsi con differenti angoli di inclinazione e curvature anche notevoli del percorso; questi ultimi, in effetti, pi• che degli ascensori, possono ricordare delle piccole funicolari. Per quel che riguarda infine le scale mobili ed i tappeti mobili o Òtapis roulantÓ diffusi sostanzialmente in strutture commerciali, aeroporti ecc., hanno comunque trovato un loro ruolo in un ambito di trasporto pubblico in alcune realtˆ urbane. Per concludere questa carrellata, possiamo citare alcuni esempi concreti di impianti speciali esistenti in Europa. Svizzera e Austria sono forse i luoghi dove maggior diffusione hanno avuto le ferrovie a cremagliera, sia in ambito alpino, (nei tratti piani le motrici esercitano la spinta semplicemente
Livorno, la funicolare di Montenero.
Zurigo, la funicolare (Polybahn).
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sui binari convenzionali, in quelli acclivi avvalendosi di un pignone che ingrana su un binario a cremagliera) sia cittadino (ad esempio la Dolderbahn di Zurigo). In Francia, ad esempio, cÕ• la linea C del metr˜ di Lione, che • in realtˆ una cremagliera. Venendo in Italia abbiamo lÕimpianto di Superga (Torino) e la nostra Principe - Granarolo (che lÕAMT indica come Òtranvia a dentieraÓ). Tra gli impianti di funicolari in Europa possiamo citarne molti nel nostro Paese: quelli di Napoli, in particolare la funicolare di Posillipo, capace di unÕelevata capacitˆ di trasporto (sfiorando i 10.000 passeggeri/h); la funicolare che da Bergamo bassa porta a Bergamo alta, quella di Montenero (Livorno), ovviamente le genovesi SantÕAnna e del Righi. Spostandoci al di fuori del territorio italiano troviamo quella di Montmartre (Parigi), quelle di Lugano, e moltissime altre. In una categoria a parte • da collocarsi la genovese ÒguidoviaÓ della Guardia, che portava al Santuario di Nostra Signora della Guardia, chiusa insensatamente nel 1967. Tra gli ambiti urbani europei in cui maggiormente ha trovato diffusione lÕascensore come mezzo di trasporto pubblico vi • sicuramente il Principato di Monaco, sul cui territorio effettuano il servizio impianti i pi• differenti per caratteristiche tecniche e capacitˆ di trasporto, seguito a
debita distanza dalla nostra cittˆ. A Terni • da poco entrato in servizio il primo impianto italiano di ascensore a piano inclinato per trasporto pubblico. Vi sono poi altre cittˆ in cui sono in servizio impianti che hanno perlopi• significato turistico (ad esempio quello di Nizza). Gli impianti meccanizzati (scale mobili, ecc.) hanno avuto una diffusione circoscritta a pochi luoghi per un uso effettivo di trasporto pubblico: i motivi risiedono anche in una certa vulnerabilitˆ di tali strutture (ad esempio rispetto ai vandalisimi) e nei costi di gestione piuttosto elevati. Il primato, anche in questo caso, sembra spettare al Principato di Monaco, che vede, oltre alle scale mobili, anche diversi impianti di Òtapis roulantÓ sul suo territorio (in particolare quello di collegamento con la nuova stazione ferroviaria del Principato). LÕesempio pi• famoso in Italia di uso delle scale mobili per il trasporto pubblico • comunque Perugia, e sembra prossima la realizzazione di impianti meccanizzati anche a Porto Maurizio (Imperia). Le funivie, infine, hanno trovato impiego ancor pi• limitato in ambito urbano (ad esempio Barcellona) e circoscritte ad un uso prettamente turistico. E' tuttavia in progetto il ripristino della funivia di Monte Bignone a Sanremo, che prevede un primo tratto ad uso urbano.
In alto: l'ascensore del Ponte Monumentale, a Genova. A destra: particolare di una mappa del Principato di Monaco, fornita dall'Amministrazione Comunale del Principato, in cui sono raffigurati gli impianti meccanizzati esistenti, ascensori, scale mobili, ecc. Si noti in particolare, al centro, l'impianto di marciapiede mobile che si collega con la nuova stazione ferroviaria sotterranea.
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Le potenzialitˆ del territorio genovese ƒ evidente che una considerevole parte del territorio genovese si presti allÕimpiego di infrastrutture di trasporto come ascensori o funicolari, ecc. In effetti, la quantitˆ degli impianti esistenti conferma tale vocazione. Da pi• parti, e da anni, si sostiene la necessitˆ di realizzarne di nuovi, ma la realtˆ • che lÕultimo vero intervento ai fini di trasporto pubblico risale alla fine degli anni settanta, con la realizzazione dellÕascensore di via Cantore - Ospedale di Villa Scassi. La mancanza di nuovi interventi di questo tipo corrisponde in effetti ad un periodo in cui la pianificazione del trasporto pubblico e della mobilitˆ complessiva ha visto in maniera sempre pi• abnorme il predominio della ÒgommaÓ su tutte le altre modalitˆ di trasporto. I progetti che peraltro sono stati fatti per nuovi interventi non si sono collocati in una visione complessiva legata al trasporto pubblico e alla mobilitˆ nel suo insieme, e comunque la volontˆ politica di portarli avanti non era evidentemente cos“ forte, visto che a tuttÕoggi nulla di nuovo • stato fatto. Le linee guida per un rilancio delle modalitˆ di trasporto tramite ascensori, funicolari, ecc., sono legate intanto ad un miglior uso degli impianti esistenti, ad un recupero di eventuali infrastrutture presenti nel territorio genovese, sia dismesse, sia di uso privato ecc., infine in una pianificazione complessiva che individui aree per la realizzazione di nuovi impianti . Ma il miglior uso degli impianti in servizio, cos“ come lÕindividuazione di quelle infrastrutture atte al recupero e la realizzazione di nuovi infrastrutture, va visto in una visione organica della mobilitˆ, in cui il singolo ascensore o l'eventuale percorso meccanizzato sono parte di un sistema di trasporto collettivo connesso anche con la mobilitˆ pedonale e ciclabile. Ñ Un uso pi• intensivo delle strutture Ascensori, cremagliere e funicolari esistenti, rappresentano per diversi aspetti un patrimonio non adeguatamente sfruttato. In non pochi casi • possibile un uso pi• efficace di tali strutture, aumentando in primo luogo la cadenza delle corse. La tranvia Principe - Granarolo ha una frequenza media di 30', • probabilmente possibile
portarla a 25', almeno nelle ore di maggiore frequentazione. La funicolare Zecca Righi pu˜ essere portata a 15' costanti, anche nelle ore di calma la funicolare di Sant' Anna, come "navetta rapida" tra Castelletto ed il Centro, a 5'. Gli orari degli ascensori, mentre coincidono in gran parte per quanto riguarda gli orari delle prime corse (tra le 6:00 e le 7:00) hanno in alcuni casi le ultime partenze troppo anticipate, in alcuni casi anche prima delle 8:00, come per quello di via Montello a Marassi. Occorrerebbe dunque unÕestensione dellÕorario di servizio per diversi di questi impianti, anche in vista di una necessaria intensificazione del servizio di trasporto pubblico serale e di ripristino di quello notturno. In qualche caso si pu˜ intervenire sulle infrastrutture esistenti, prevedendone una migliore accessibilitˆ: questo • il caso della tranvia Principe - Granarolo, che pu˜ essere connessa a valle con la stazione FS di Principe, e a monte verificarne una possibilitˆ di prolungamento, onde divenire accesso principale al parco del Peralto, con sensibili miglioramenti del traffico veicolare, specialmente nei giorni festivi. Tra gli interventi di ristrutturazione, importante risulta essere quello sullÕascensore di Montegalletto. Il progetto prevede tecnologie dÕavanguardia, quantomeno per la nostra cittˆ; resta qualche dubbio sulla scelta del sistema, infatti si tratterebbe di un Òascensore orizzontaleÓ che raggiungerebbe una ÒcullaÓ dalla quale avverrebbe poi la salita. Tale progetto • stato oggetto di recente finanziamento regionale. Agli impianti esistenti in cittˆ possono essere aggiunti lÕascensore, (in teoria di uso limitato ai dipendenti INAIL e a quelli comunali e regionali, in realtˆ talvolta usato anche da cittadini diretti verso gli uffici comunali), che dal ponte di Carignano porta alle nuove strutture di via Madre di Dio ed il recente intervento effettuato a servizio dellÕOspedale Evangelico. Potremmo dire, come battuta, (avendo presente la denominazione AMT reltiva agli impianti speciali) che sarebbe necessario avere disponibili anche le lettere A, B, C, D, E, I, O, Q ed, eventualmente, anche K,J, Y,X,W, e perchŽ no, anche α, β, γ, δ...!
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Gli impianti attualmente in funzione Ascensore del ponte monumentale (L) Ascensore di c.so Paganini via Crocco (M) Ascensore di Castelletto Levante (N) Ascensore di Borgo Incrociati- c.so Montegrappa- via Imperia (O) Ascensore di via Ponterotto- via Montello (R) Ascensore di Castelletto Ponente (S) Ascensore di via Dino Col- via Mura degli Angeli (U) Ascensore di Piazza Manin - via Contardo(V) Ascensore di ÒVilla ScassiÓ, (via Cantore - c.so Magellano) (Z) (tra parentesi la corrispondente sigla AMT di ciascun impianto)
Uno studio per un recupero delle infrastrutture esistenti Vi sarebbero nel territorio cittadino tutta una serie di impianti, variamente distribuiti, attualmente fermi o ancora in funzione ma ad esclusivo uso privato. Il recupero degli impianti non attualmente in uso, e l'eventuale rilevazione degli impianti ad uso privato dovrebbe rappresentare una prioritˆ. Sfortunatamente • possibile che taluni di essi siano di difficile recupero, causa diversi anni di inattivitˆ, oltre al fatto che, se non lÕAzienda AMT, quantomeno il Comune dovrebbe accollarsi lÕonere dellÕacquisto. Qualche problema in pi• potrebbe presentarsi per una eventuale rilevazione di impianti tuttora in utilizzo, ma ad uso privato; se • vero che potrebbe esserci da parte dei privati beneficiari di tale servizio lÕinteresse a scaricare sullÕAMT le spese di gestione, • anche vero che potrebbero esserci delle resistenze nel concedere ad uso pubblico un bene privato, ed anche possibili timori per problemi legati alla sicurezza. NellÕarco cittadino avremmo, almeno riguardo alle informazioni in nostro possesso1, tra impianti attualmente fermi e quelli di uso privato, quelli indicati nella tabella nella pagina seguente. La lista riguarda, come si • detto, sia impianti
di uso privato, sia impianti fermi, che semplici strutture oramai prive di ascensore. Tali impianti avrebbero unÕutilitˆ di tipo zonale o locale, tuttavia • nello spirito della nostra proposta uno studio integrato di infrastrutture, anche minime, che garantiscano una mobilitˆ soddisfacente. La possibilitˆ di un recupero di questi impianti va visto quindi nel senso di una rete integrata di ascensori - spostamenti pedonali - mezzi pubblici: in questÕottica, anche impianti che non superino particolari dislivelli, ma permettano la connessione verso altri impianti, o verso percorsi pedonali preferenziali, possono diventare un anello di connessione di una catena di servizi capillari, che rendano di fatto inutile lÕuso del veicolo privato per la discesa/salita dalla collina al centro. Nuova infrastrutturazione di impianti speciali In un "piano della mobilitˆ" • obiettivo da perseguire una scelta organica di zone ove poter realizzare impianti speciali, siano essi ascensori (verticali o a piano inclinato) o percorsi meccanizzati del tipo di quelli esistenti a Perugia e Monaco, o nuove cremagliere e funicolari. (Questi ultimi interventi risultano pi• complessi per la ormai forte densitˆ edilizia, e maggiormente onerosi).
1 - ÒQuaranta ascensori ma nessuno li usa; gli impianti potrebbero avere una utilizzazione praticaÓ; Corrado Zunino, Gazzetta del Luned“, 30 gennaio 1989.
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Impianti di cui verificare un recupero nel territorio genovese Ascensore
dislivello
zona
via Amarena, 27 via Assarotti 18/a via Bologna, 74/a via Brindisi, via Burlando via Burlando, 18 via Burlando, 22 via Burlando, 22/a via Burlando, 22/d, 22/f via C. Cabella, 24/a via O. Cancelliere via Capraia, 59 via Capri, 4 via Casaccia, 25 via Cevasco via Faenza, 14 via Fereggiano, 117/b via Fereggiano, 119 via S. B del Fossato via fratelli Canale/via Sapeto via Gaeta piazza Guicciardini 1 corso Magellano 1/d corso Magellano, 2 via Manzasco corso Martinetti via Napoli, 68 via Nizza via Marco Polo via Ponterotto, 90 viaPosalunga, 28 Salita Provvidenza, 14 via L. Riva via Santolini via Strozzi, 5/c via Tannini, 26/a via Tavella, 5/a via Guidobono via Tortona via Trensasco
20,40 9,75 17,50 20 12,80 13 16,75 16,75 16,75 8,60 40,5 16,80 19 12 17,39 18,70 36,50 36,50 32 33 22,20 25 16,30 15,18 22, 63 19,75 19,40 23,2 27,50 9,45 18 16.67 16 17,50 18,35 9,75 11,80 13,20 11
San Fruttuoso Manin San Teodoro Granarolo Marassi Marassi Marassi Marassi Marassi Manin Castelletto Castelletto Oregina Castelletto Sampierdarena Samp/S. Teodoro Marassi Marassi Sampierdarena Borgoratti Oregina Marassi Sampierdarena Sampierdarena S. Martino Sampierdarena Oregina Albaro Castelletto Marassi Borgoratti Principe Staglieno S. Martino Castelletto Borgoratti Castelletto Quezzi S. Gottardo
a cui si aggiungono i seguenti a piano inclinato: via Ferrara 60 via Pomposa 35 via Rizzo 15
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S. Teodoro S. Teodoro Pegli
Gli impianti speciali
Questo tipo di infrastrutture, fondamentali per le zone collinari della cittˆ, in particolare per quelle dellÕarea centrale come Oregina, a tutti gli effetti in una condizione di isolamento, come anche per zone quali Marassi o San Fruttuoso, hanno un forte costo di realizzazione ma unÕalta efficienza di trasporto e costi di servizio, in rapporto allÕofferta di mobilitˆ, comunque inferiori rispetto ad una corrispondente linea automobilistica. Negli piani dellÕAMT degli anni ottanta e novanta erano previsti diversi interventi di realizzazione di nuovi impianti speciali (vedasi la tabella in questa pagina). Di queste ipotesi alcune sono degne di essere riconsiderate, altre forse risultano pi• discutibili. E' comunque da sottolineare che per diverse di queste vi sia almeno un progetto preliminare, che, pur non essendo quindi esecutivo, risulta essere in qualche caso giˆ piuttosto particolareggiato. NellÕelaborazione del nostro documento abbiamo ovviamente tenuto conto di queste ipotesi, che abbiamo in parte fatto nostre. In particolare per quel che riguarda le funicolari (o eventuali cremagliere) ci sembrano interessanti le ipotesi di interventi per Quezzi e Quarto alta; per quanto riguarda gli ascensori, le ipotesi per via Diaz / via Volta e quella per un impianto tra via Montaldo e via Burlando. Il PRG adottato dal Comune di Genova (e at-
tualmente al vaglio della Regione) indica alcune ipotesi di impianti: troviamo ad esempio nelle cartografie un impianto speciale da via Bobbio (allÕaltezza di Marassi) verso piazza Manin, un altro impianto da Dinegro a via Bologna, un altro ancora da Salita Provvidenza (sopra la stazione Principe) a Oregina, ed altri ancora; (in tutto sarebbero 14, tra funicolari od ascensori), ma nel merito non • dato di entrarci, infatti, nella relazione generale se ne parla in maniera assai generica. Anche se il numero di interventi previsti non • proprio disprezzabile, il semplice accenno, e forse lÕapprossimazione con cui vengono prospettati questi interventi (due righe per ciascuno nelle previsioni pianificatorie relative alle singole circoscrizioni, nulla in alcuni casi - si veda la relazione illustrativa, vol. 2) e questo spesso in zone fortemente urbanizzate in cui • difficile intervenire, non lascia certo ben sperare. Il sospetto che si tratti di individuazioni non completamente motivate, appare fondato. DÕaltronde basta confrontare lÕattenzione ricevuta attualmente dalle opere viarie, in termini di informazione sui giornali, di impegno politico generale ai fini della loro realizzazione, ecc. rispetto alla mobilitˆ pubblica, per rendersi conto che la volontˆ di realizzare interventi alternativi rispetto alla mobilitˆ delle persone e delle cose non goda di certo di una corsia preferenziale.
Interventi a suo tempo previsti dall'AMT Funicolari
Ascensori
Prˆ Palmaro - CEP S. Pantaleo-Righi piazza Guicciardini -Biscione Quezzi Via G.B dÕAlbertis-via Donaver Rivarolo Cige Via Mogadiscio - costa di S. Eusebio L. Bisagno Dalmazia-S.Eusebio Quarto-Costa degli ometti Quarto-Costa dÕorecchia via Bobbio - via Montaldo c.so De Stefanis, via Fea via Oberdan - salita Monterotto Rivarolo basso - via Rivarolo alto
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ospedale Celesia corso Saffi - Fiera del Mare via Nizza -via Trento via Montaldo via Burlando via Paleocapa via Donaver civv. 25-26 via Diaz - via Volta
Gli impianti speciali
Gli interventi che si propongono Nella individuazione di aree atte ad ospitare impianti speciali e nellÕipotizzarne quindi la realizzazione, non • necessario pensare ad infrastrutture ciclopiche: possono essere utilissimi anche impianti piccoli ma diffusi e ben collocati, in modo da fungere da interscambio con il resto del trasporto pubblico e la mobilitˆ pedonale. LÕipotesi di nuova infrastrutturazione va vista anche in parallelo alla suggestiva possibilitˆ rappresentata dal riutilizzo, a scopo di collegamento pedonale o meccanizzato degli ambienti sotterranei artificiali, come i rifugi antiaerei dellÕultimo conflitto, di cui la cittˆ • ricca. A questo proposito va presa in considerazione l'ipotesi di realizzare una serie di ascensori a cascata tra corso Magenta e via Domenico Chiodo, utilizzando un ramo attualmente chiuso della galleria dell'ascensore di via Crocco. Un altra ipotesi pu˜ essere quella del reimpiego della galleria avente lo sbocco su via Diaz, per un impianto che porti all'ospedale Galliera, intervento di cui si parla pi• avanti. La riflessione che va fatta • sul ruolo di questi impianti nella rete complessiva del trasporto pubblico. Infatti, se si ipotizza una loro realizzazione, • perchŽ si ritiene, evidentemente, che possano portare un beneficio alla mobilitˆ. LÕelemento di valutazione principale deve essere quindi quello di un miglioramento della situazione attuale. Il criterio guida non pu˜ essere quindi quello del risparmio aziendale tout-court, per cui si realizza un impianto perchŽ si prevede contestualmente lÕeliminazione della linea bus che tocca le zone corrispondenti: il risultato di questo modo di procedere potrebbe essere addirittura un peggioramento della situazione precedente allÕattivazione dellÕimpianto. Questo potrebbe accadere per diversi motivi: perchŽ ad esempio • aumentato il percorso da fare a piedi, perchŽ • comunque necessario prendere un bus successivamente allÕimpiego dellÕeventuale ascensore, ecc. Anche la realizzazione di nuovi impianti, dunque, cos“ come la riattivazione di quelli dismessi, deve essere vista nellÕobiettivo complessivo di una mobilitˆ sostenibile, di spostamento, quindi, dal mezzo privato a quello pubblico.
Impianti speciali, trasporto pubblico, mobilitˆ pedonale e ciclabile LÕelemento fondamentale, come peraltro ribadito pi• volte allÕinterno di questo capitolo, nellÕambito della realizzazione/ristrutturazione di impianti speciali, diventa lÕintegrazione rispetto al trasporto pubblico su gomma (e non solo) e alla mobilitˆ pedonale e ciclabile. In concreto questo significa, nel caso pi• elementare, prevedere eventuali modifiche degli spazi di fermata dei mezzi pubblici, per avvicinarli il pi• possibile allÕentrata degli impianti; in unÕipotesi maggiormente articolata prevedere un mutamento dei percorsi del mezzo pubblico onde avvicinarlo allÕimpianto; in una prospettiva ancora ulteriormente avanzata ipotizzare lÕintroduzione di linee che svolgano una funzione di interscambio con lÕimpianto. Per quel che riguarda la connessione con la mobilitˆ pedonale e ciclabile, essa pu˜ essere ottenuta attraverso una precisa definizione di percorso pedonale afferente alla struttura stessa. Questo pu˜ voler dire eventuale risagomatura (o in qualche caso realizzazione) di marciapiedi, la collocazione di arredo urbano "ad hoc" che segnali in modo preciso lo spazio antistante la struttura, il posizionamento accurato di segnaletica che guidi il potenziale utente verso lÕimpianto. Quanto detto vale in particolar modo per eventuali nuove realizzazioni, ma pu˜ riferirsi anche alle strutture giˆ esistenti. La connessione tra impianti speciali e trasporto pubblico su gomma • veramente felice solo in alcune situazioni (ad esempio nel caso dellÕascensore di Castelletto in piazza Portello) casuale nella maggior parte dei casi. Nelle parti precedenti di questo documento si • fatto riferimento, riguardo ai collegamenti tra impianti speciali e trasporto su ferro ad un intervento di connessione pedonale tra Brignole e lÕascensore di via Imperia / corso Montegrappa LÕevidenziazione degli impianti • di fatto modesta, spesso manca persino una segnaletica efficiente, al punto che determinati ascensori risultano di difficile raggiungimento per lÕutente occasionale (ad esempio lÕascensore di via Montello). Le connessioni con la mobilitˆ ciclabile do-
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vrebbero essere nella maggior parte in sovrapposizione con gli spazi di accesso pedonale. Ñ Un esempio sintetico di modo di intervento: un ascensore per via Diaz - via Volta: tra le ipotesi di nuove realizzazioni precedentemente citate, giˆ a suo tempo ipotizzate dallÕAMT, vi era la realizzazione di un ascensore tra via Diaz e via Volta, in grado di collegare quindi la zona del centro con Carignano e, in particolare, con lÕospedale Galliera. LÕaccesso allÕimpianto verrebbe garantito attraverso un passaggio pedonale ricavato nella galleria giˆ esistente (ex antiaerea) avente lÕimbocco su via Diaz. Un impianto di ascensore nellÕarea avrebbe sicuramente una notevole utilitˆ ai fini di un pi• agevole collegamento tra il centro e una zona estremamente cruciale della zona di Carignano. I lati negativi sono che lÕimpianto risulta in qualche maniera decentrato rispetto al trasporto pubblico ed anche alla mobilitˆ pedonale. Lo spazio antistante lÕimbocco della galleria risulta tra lÕaltro estremamente disordinato, con la presenza di auto posteggiate, di un distributore di benzina e di un parcheggio a rotazione di dimensioni modeste, ma fonte di notevole disturbo alla circolazione stradale, ed in particolare al transito dei mezzi pubblici. Occorre dunque un intervento organico, che risolva i problemi esistenti. La linea AMT che transita pi• vicina allÕimpianto ipotizzato • la linea 42 in direzione levante, e pi• verso piazza della Vittoria le linee 41 in dire-
zione levante e 42 in direzione centro. Occorre ridefinire gli spazi di fermata, per posizionarli in corrispondenza con lÕascensore, il che comporterebbe anche un miglior servizio per diverse utenze localizzate nella zona (come il liceo DÕOria). Lo spazio antistante lÕingresso dellÕascensore va ovviamente riqualificato, con la realizzazione di un ampio slargo pedonale continuo fino alla fermata bus, il che presuppone un ridimensionamento del parcheggio a rotazione, di cui • comunque auspicabile una eliminazione, nellÕambito di una razionalizzazione degli spazi di sosta complessivi nellÕarea, ed un riposizionamento del distributore di benzina. Un progetto per Oregina ed il Lagaccio. Abbiamo ritenuto interessante formulare delle ipotesi per tale area cittadina. Infatti • una delle pi• sfortunate dal punto di vista dellÕaccessibilitˆ e dei servizi pubblici che garantiscono la mobilitˆ. Per quanto le linee dei bus abbiano una frequenza abbastanza elevata, abbiamo paradossalmente tempi di accesso al centro e viceversa piuttosto lunghi, che contrastano con distanze, che, in linea dÕaria sono piuttosto brevi. La condizione disagiata • accentuata dal confronto con la vicina zona di Castelletto, che, pur soffrendo di problemi di traffico non indifferenti nelle ore di punta, specialmente al mattino, • comunque fornita di ben 4 ascensori e 2 funicolari, contro quasi il nulla di Oregina e del Lagaccio (la tranvia a dentiera di Granarolo •
A sinistra: l'imbocco della galleria antiaerea presso via Diaz. Esso potrebbe essere l'accesso per un futuro ascensore verso via Volta e l'ospedale Galliera. A destra: lo spazio antistante l'imbocco della galleria visto dall'alto.
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lunghezza di circa 120 metri. Il lato interessante dellÕintervento • che si accorcerebbe di molto il tempo di tragitto tra largo San Francesco da Paola ed il centro, purchŽ vi sia coincidenza tra i due sistemi. Il percorso di una eventuale funicolare, o ascensore a piano inclinato, (anche se in questo caso si limitano i costi, ma anche fortemente la capacitˆ di trasporto) quale struttura forte di trasporto pubblico per la zona di Oregina e del Lagaccio, si presenta complesso. Infatti esso si deve comunque adeguare al disordine edilizio della zona. Ipotizzare un percorso integralmente sotterravia Capri 4 per un dislivello di 19 metri circa neo porterebbe a dei costi insostenibili. via Gaeta per un dislivello di 22 metri circa Nel "Libro bianco della Mobilitˆ" • ipotizzato via Napoli 68 per un dislivello di 20 metri circa qualcosa del genere, con una struttura che da salita Provvidenza per un dislivello di 17 metri circa piazza della Nunziata salirebbe fino alla zona di Per tali impianti andrebbe quindi valutata lÕipote- Oregina, per circa 1 Km, superando un dislivello di 250 metri. Tale ipotesi • dunque a nostro pasi di un ripristino. La realizzazione di nuovi ascensori potrebbe rere da rivedere attentamente. essere ipotizzata tra la caserma Gavoglio e via Napoli e via Bari, tra via del Lagaccio e salita Un progetto per Sampierdarena. Anche nella zona di Sampierdarena risultano Oregina, tra via Centurione bassa e la zona alesserci un certo numero di ascensori, o chiusi o ta, per via Avezzana. é poi ipotizzabile unÕipotesi di interconnessio- di uso privato ma dÕinteresse quantomeno zonane tra largo San Francesco da Paola - via Bari e le. LÕutilitˆ dellÕintervento • in questo caso dettata la tranvia Principe - Granarolo, che potrebbe essere realizzata attraverso un ascensore a piano non solo da una integrazione impianti - pedonainclinato, corrente a raso o in rilevato, per una le - bus, ma dallo scopo di aumentare lÕaccessitangente alla zona, ma il suo bacino di utenza • maggiormente verso Granarolo). Una possibile proposta potrebbe essere quella di puntare sulla realizzazione di una struttura "forte", come una funicolare o un impianto a cremagliera, pi• diversi ascensori in appoggio a tale struttura. In integrazione di queste infrastrutture deve essere affrontato un discorso relativo alla realizzazione di servizi di quartiere. Nella zona sono giˆ presenti, facendo riferimento agli impianti inattivi o privati, le seguenti strutture di ascensori:
2 - vedi nota precedente.
A sinistra: Sampierdarena: uno spazio potenzialmente impiegabile per la realizzazione di un ascensore. A destra: la "Caserma Gavoglio" ad Oregina.
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tano slegati da una rete organica di strutture di trasporto e di mobilitˆ pedonale, in particolare per ci˜ che riguarda lÕascensore di via Montello, ÒscollegatoÓ sia a valle che a monte. Le strutture esistenti nella zona di Marassi, su per un dislivello di m. 19,75 cui si potrebbe intervenire per un recupero, poper un dislivello di m. 17,39 trebbero essere:
bilitˆ verso le stazioni che ipotizziamo a Sampierdarena per la linea del Campasso. A Sampierdarena gli impianti eventualmente recuperabili sarebbero: corso Martinetti via Cevasco via Faenza 14 corso Magellano 1/d corso Magellano 2 via S. B. del Fossato via Pomposa
per un dislivello di m. 18,70 per un dislivello di m. 16,30 per un dislivello di m. 15,18 per un dislivello di m. 32 per un dislivello di m. 35
via Burlando per un disliv. di m. 12,80 via Burlando 18 per un disliv. di m. 13 via Burlando 22 per un disliv. di m. 16,75 via Burlando 22/a per un disliv. di m. 1 6,75 via Burlando 22/d, 22/f per un disliv. di m. 16,75 Potrebbe risultare interessante lÕipotesi di veri- via Fereggiano 117/b per un disliv. di m. 36,50 fica della possibilitˆ di riapertura di almeno uno via Fereggiano 119 per un disliv. di m. 36,50 dei due ascensori di corso Magellano. piazza Guicciardini 1 per un disliv. di m. 25 Discorso analogo vale per i due ascensori ri- via Ponterotto 90 per un disliv. di m. 9,45 spettivamente in via Cevasco e corso Martinetti; A questi andrebbe aggiunta la possibilitˆ di un andrebbe verificata unÕipotesi di recupero che potrebbe forse facilitare, se in stretta connessione intervento sulla Scalinata Montaldo, attraverso la con il trasporto pubblico di superficie, oltre che ad realizzazione di un ascensore a piano inclinato una mobilitˆ pedonale verso e da Sampierdarena o, eventualmente, di un percorso meccanizzato. LÕobiettivo dovrebbe essere in ogni caso di bassa, anche lÕutenza verso la fermata ferroviaria rendere continuo un percorso tra fondovalle e la ipotizzata in via dei Landi. zona di Manin, anche attraverso piccoli tratti pedonali chiaramente identificati. Un progetto per Marassi e Castelletto Nella zona di Marassi, in particolare per lÕarea Impianti speciali e mobilitˆ delle merci in sponda destra che lambisce Brignole e ha il é sufficiente visitare lÕimmediato entroterra gesuo confine superiore nella zona di Manin, esistono giˆ adesso una serie di impianti in attivitˆ novese per verificare la forte diffusione di im(via Imperia - corso Montegrappa, via Montello) pianti spesso rudimentali, in qualche caso ancoche pur fornendo interessanti collegamenti risul- ra in funzione, pi• spesso in abbandono, di
In alto: una planimetria della zona. La freccia indica il percorso. A destra: la scalinata Montaldo a Marassi, luogo dove verificare un'ipotesi di realizzazione di impianto meccanizzato.
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teleferiche per il trasporto di legname, mattoni, pietre, ecc. Tale sistema, indubbiamente efficiente, permetteva in passato di ovviare alla mancanza di strade, e risultava essere il modo pi• pratico, con occupazione di territorio quasi inesistente, per una mobilitˆ delle merci. Che tale modalitˆ sia tuttora efficiente lo dimostra la presenza assai diffusa di tali impianti in territori come quello altoatesino, dove sistemi di teleferiche, a volte anche di una certa consistenza, e spesso anche di recente realizzazione, continuano ad essere impiegati con profitto. Un rilancio di tale modalitˆ di trasporto, in alternativa alla realizzazione di ulteriori strade dovrebbe diventare una scelta di fondo che, anche se non investe specificatamente problematiche relative al trasporto pubblico in ambito urbano, andrebbe nella direzione di una mobilitˆ sostenibile delle merci in aree di ambito comunale, sovente a ridosso del nucleo urbanizzato genovese. Considerazioni conclusive In linea generale, tra le proposte fin qui ipotizzate, oltre al recupero della maggior parte degli impianti di trasporto pubblico per cos“ dire "dismessi", cÕ• quella di porre alcune prioritˆ, e tra queste la realizzazione di un impianto a forte capacitˆ per il bacino di Oregina- Lagaccio, (cosa di cui peraltro si parla da diversi anni), e che ci˜ sia fatto secondo le linee guida realistiche del minimo dispendio economico, quindi scartando a priori interventi che necessitino, ad esempio, di lunghe tratte in galleria; analoghi interventi si propogono per la zona di San Fruttuoso e Quezzi, in particolare riprendendo un progetto AMT di ascensori a piano inclinato per via Donaver; altri ancora, come si • visto nelle pagine precedenti, per Marassi, per Sampierdarena ecc. Vi • poi lÕipotesi di connessione diretta tra la tranvia di Granarolo e la stazione Principe, e diversi altri interventi diffusi di ascensori in varie parti della cittˆ, giˆ citati precedentemente. I costi per la realizzazione di impianti speciali non sono cos“ facilmente quantificabili. Cos“ come succede per la realizzazione di
tranvie, ad influenzare pi• o meno i costi risultano essere le opere civili. La necessitˆ di realizzazione di gallerie, ad esempio, influisce fortemente in questo senso. In una stima comunque molto approssimativa si pu˜ parlare di circa 10 mld al Km per un intervento pesante, come una funicolare o una cremagliera. Per la realizzazione di ascensori si pu˜ andare dalle centinaia di milioni a qualche miliardo. Complessivamente lÕinvestimento generale in ambito cittadino per il recupero degli impianti, la realizzazione di un numero significativo di nuovi, compresi gli interventi collegati di riqualificazione della mobilitˆ pedonale, specialmente leggeri, dovrebbe essere intorno al centinaio di miliardi. Gli impianti meccanizzati, infine, hanno costi dellÕordine delle centinaia di milioni, ma i costi di gestione sono spesso elevati, cos“ come sono frequenti i disservizi, specialmente nella previsione di una loro collocazione allÕesterno. Ma, a costo di ripeterci, • importante un quadro complessivo degli interventi: • allÕinterno di una visione generale del trasporto pubblico nella cittˆ che devono collocarsi le specifiche realizzazioni, altrimenti lÕunica cosa che si continuerˆ a fare sarˆ quella di realizzare di volta in volta singoli progetti senza unÕidea chiara delle prioritˆ. I progetti, come si • visto, non sono mancati in questi decenni, ma nessuno di essi si • concretizzato, ed anzi, anche recentemente, nellÕambito del PIM 1999, invece che richiedere finalmente un finanziamento per la realizzazione di qualcuno degli interventi a suo tempo ipotizzati si • preferito richiedere un finanziamento per un ulteriore progetto3. Le problematiche relative alla sicurezza degli impianti cosiddetti ÒspecialiÓ La normativa principale a cui fare riferimento • il Decreto Ministeriale n. 281 del 5 marzo 1931, relativo alla costruzione, concessione ed esercizio degli ascensori. Tale decreto • stato abrogato nel corso degli anni per quanto riguarda le prime due parti, ma • tuttora vigente per lÕultima, relativa alle norme
3 - “Richiesta di finanziamento relativa alla progettazione esecutiva di un impianto di trasporto pubblico tra via Pinetti e via FontanarossaÓ (Genova Quezzi) per £ 250.000.000 IVA esclusa; (dal PIM, Piani Integrati per la Mobilitˆ, del1999) Il PIM • uno strumento, nato in seguito alla Legge Regionale n.10 del 1997, per il finanziamento di interventi connessi alla mobilitˆ.
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di esercizio. Questo ha comportato in passato un grosso problema finanziario per lÕAMT. Infatti si rendeva necessaria la presenza continua di personale presso ciascuno degli ascensori esistenti a Genova, ed il controllo giornaliero di ciascun impianto. Nel 1994, unÕautorizzazione della Regione Liguria, supportata dal Ministero, ha permesso che la sorveglianza potesse essere effettuata attraverso un punto di sorveglianza lontano, per mezzo di telecamere a circuito chiuso, anche in assenza di personale. Ci˜ ha evidentemente comportato un notevole risparmio economico da parte dellÕAzienda, aprendo la possibilitˆ (per il momento comunque teorica...) ad una possibile eventuale espansione del numero degli ascensori nella nostra cittˆ, sia attraverso la realizzazione di nuovi impianti, sia con il recupero delle infrastrutture esistenti. LÕultimo ostacolo che potrebbe esserci, per quel che riguarda remore finanziarie da parte dellÕAzienda, potrebbe essere quello dellÕobbligo del controllo giornaliero; non ci sembra per˜ essere un problema insormontabile, pochŽ un conto • il costo di personale che deve presenziare ogni ascensore, un altro • quello che potrebbe comportare un aumento minimo di addetti alle manutenzioni per far fronte a un numero
di impianti maggiore rispetto a quelli attuali. Ñ Le centrali di controllo: in un ottica di recupero e realizzazione di nuovi ascensori, si renderˆ necessaria la riorganizzazione del controllo. Quale sia la soluzione migliore, pi• centrali zonali o unÕunica centrale per tutti gli impianti, sarˆ evidentemente compito dellÕAzienda stabilirlo, e valutare la soluzione migliore. Non ci permettiamo ovviamente di dare indicazioni in questo senso, anche ritenendo tale problema esulare dalle finalitˆ della nostra proposta di piano. La mancanza di normativa specifica per il finanziamento La mancanza di una normativa nazionale per il finanziamento degli impianti di ascensori •, in effetti, un handicap rispetto alla possibilitˆ di investimenti in questo settore. Nel 1990 venne preparata una bozza di decreto per ovviare a questa mancanza, ma sfortunatamente esso non venne mai approvato. LÕonere dei finanziamenti di nuovi impianti o del recupero di alcuni esistenti dovrˆ quindi ricadere sugli Enti Locali che, sia pure con degli sforzi, dovrebbero essere in grado di accollarsi tali interventi, nella comprensione dellÕimportanza di investimenti in questo settore, in uno spirito di miglioramento complessivo della mobilitˆ cittadina.
A sinistra: via Casaregis. Spazi come questo potrebbero essere sfruttati, almeno in teoria, per l'installazione di ascensori. In questo caso, anche con il recupero dell'impianto di via Trento-via Nizza, avremmo una rete di impianti da Albaro alla Foce. In alto: via Montaldo; un impianto in stato di abbandono.
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Capitolo 7 La mobilitˆ pedonale
La mobilitˆ pedonale
Premessa LÕanalisi da dati statistici elaborati dallÕISTAT e dal Conto nazionale trasporti, effettuati dallÕIstituto Ambiente Italia1 evidenziano che il capoluogo ligure, oltre a presentare notevoli potenzialitˆ nella domanda di trasporto pubblico (Genova • infatti al terzo posto dopo Venezia e Milano nella percentuale di spostamenti con mezzi pubblici, con il 41% degli spostamenti complessivi) detiene il record nazionale (il 21%, al di sopra di Bologna, cittˆ tra le pi• rappresentative nellÕuso urbano della bicicletta) di spostamenti con Òaltri mezziÓ che a Genova sono rappresentati quasi esclusivamente dalla pedonalitˆ. Se dunque forte • la percentuale di spostamenti con il mezzo pubblico, ancora pi• rimarchevole • quella pedonale. Le motivazioni potrebbero essere ricercate, oltre che nelle ragguardevoli dimensioni del centro storico, nella presenza di percorsi discretamente protetti per gli spostamenti pedonali: ad esempio i portici in via XX Settembre e in via XII Ottobre, rappresentando questÕultima la relazione preferenziale, fra Corvetto e via XX Settembre, unico luogo considerevolmente frequentato del ricostruito Ñ si fa per dire Ñ quartiere di Piccapietra. I locali ad uso commerciale posti lungo i portici hanno quotazioni elevate, e altrove • tutto un deserto di raggelante squallore: a dimostrazione che la cittˆ non vive senza una
costante presenza di pedoni. A completare il quadro vi sono Galleria Mazzini, via San Vincenzo, parte di via Galata ecc. A queste realtˆ si aggiungono quelle rappresentate dai percorsi storici non solo presenti in centro cittˆ, ma anche da quelli delle delegazioni. Anche quando essi siano acclivi, (e quindi in buona parte dei casi) sono, malgrado tutto, discretamente frequentati, almeno in discesa. Si vedano ad esempio Salita Battistine e San Francesco da Paola. Da non trascurare, sempre per spiegare questo primato genovese, • la struttura urbanistica della cittˆ, in cui ancora evidente • lÕimpianto originario delle singole delegazioni, ed in cui, almeno allÕinterno di ogni singolo quartiere (inteso in senso storico-culturale, non amministrativo) risulta abbastanza comoda una mobilitˆ pedonale. La forte diffusione del tessuto commerciale, che agevola i brevi spostamenti, anche se la cosa non • chiara alle categorie economiche che ritengono come potenziale cliente solo (chissˆ perchŽ) lÕutente automobilistico, incoraggia ulteriormente la pedonalitˆ. Vi sono poi probabilmente altre concause per spiegare tuto ci˜. Nonostante quanto detto, si deve tuttavia
1 - Si veda: ÒAmbiente e politica dei trasportiÓ, le proposte di WWF Italia e Legambiente per la mobilitˆ sostenibile, a cura di Anna Donati, Luigi Rambelli, Mario Zambrini, Edizioni Ambiente S.r.l., Milano, 1998.
Un antico percorso pedonale: Salita San Francesco.
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prendere atto che Genova non • certo il luogo ideale per muoversi a piedi. Si hanno ad esempio grossi flussi pedonali, al limite della soglia della paralisi, concentrati in poche aree e un non adeguato sfruttamento delle potenzialitˆ del tessuto cittadino per un generale miglioramento e una ridistribuzione della mobilitˆ pedonale. La presenza invasiva di auto e moto • un continuo e sempre pi• grave ostacolo alla percorrenza pedonale e spesso fonte di rischio per lÕutente pedone. La Relazione al Parlamento sullo stato della sicurezza stradale del 1998, realizzata dal Ministero dei Lavori Pubblici, rileva chiaramente il fattore di rischio generale in Italia per per i pedoni: Ç...Nelle nostre cittˆ esiste una convivenza difficile tra pedoni e veicoli. [...] Ci˜ implica che in linea generale lÕorganizzazione del traffico nelle nostre cittˆ lascia i pedoni esposti a gravi rischi, a prescindere dal loro comportamentoÈ (pag.79). La Relazione del Ministero evidenzia peraltro che nellÕambito di una giˆ grave situazione italiana Genova, Ñ che figura nella fascia pi• elevata in Italia per gli incidenti ogni 1.000 abitanti Ñ • ai primi posti per gli incidenti ai pedoni sul totale con 100 incidenti. La cosa • indubbiamente spiegabile con lÕelevata quota di anziani, in quanto la fascia oltre i
60 anni risulta essere quella maggiormente Òa rischioÓ, ma • anche segnale evidente di una situazione di traffico generale che si riflette negativamente sulla sicurezza dei pedoni. Le civiche Amministrazioni che si sono succedute dal dopoguerra hanno peraltro fatto poco per incoraggiare la mobilitˆ pedonale, lasciando degradare il patrimonio delle "cr•uze", antichi percorsi pedonali storici, ma anche quello delle scalinate costruite nellÕ800 e negli anni Ô20 e Ô30, trascurando completamente una costante politica di manutenzione dei marciapiedi, preferendo effimere asfaltature, (perchŽ apparentemente pi• economiche) allÕuso del lastricato, con la conseguenza che i marciapiedi abbondano di "tapulli", indubbiamente sgradevoli al passaggio. Nella continua ossessione di ricavare il maggior spazio possibile per le carreggiate stradali, avvalorando, di fatto, la sosta veicolare sul piano stradale, si • tollerata, se non formalizzata in diversi casi, la sosta su marciapiede, in particolare dei motocicli. Le responsabilitˆ risultano essere anche urbanistiche in senso pi• ampio, per la distruzione definitiva di quartieri storici quali la giˆ citata Piccapietra e via Madre di Dio, un tempo vivaci di pedoni ed oggi ricostruite secondo logiche di accentramento di funzioni "direzionali", con la conseguenza di creare una impermeabilitˆ al
Due esempi di spazio di percorrenza pedonale ostruiti o fortemente ridotti dalla presenza di auto o moto in sosta. A sinistra: via Vernazza, dietro il Palazzo dell'Accademia. In alto: all'uscita della COOP di Piccapietra la scala • occupata in permanenza da scooters e ciclomotori.
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1 Una panoramica su alcuni assi pedonali chiusi o in avanzato stato di degrado: 1) scalinata in via dei Landi; 2) Salita Millelire (giˆ Rompicollo) chiusa da diverso tempo ed in grave stato di abbandono; 3) la scalinata della foto 1 vista dall'alto; 4) scalinata da via Donaver transennata da diverso tempo; 5) scalinata privata in via Montaldo; 6) cattivo stato di manutenzione di una scalinata a Sestri alta.
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transito pedonale. A completare il quadro, contribuisce la disposizione della segnaletica orizzontale che in non pochi casi non agevola (quando addirittura non ostacoli) la mobilitˆ pedonale. In definitiva • necessaria una completa inversione di tendenza, con il rovesciamento di quelle che sono state le scelte fino ad ora attuate. Riuscire ad aumentare la quantitˆ e la qualitˆ degli spostamenti pedonali • un obbiettivo fondamentale, per il quale devono essere fatti degli interventi concreti. Gli interventi possono essere suddivisi in diversi livelli tra di loro in parte interdipendenti, in parte gerarchici. Ñ Livello manutentivo Esso comprende il recupero dei percorsi storici, (comprese in tale accezione sia le strade del centro storico genovese e dei centri storici delle delegazioni, sia le cr•uze nellÕintero ambito comunale) ed il recupero delle scalinate otto-novecentesche. Per quel che riguarda il ripristino del selciato, (in caso di percorsi storici da effettuarsi con metodi tradizionali sia che il lastricato sia ancora presente, sia che sia stato sostituito da asfalto), tale livello comprende una periodica pulizia, almeno frequente quanto quella del resto delle strade ordinarie cittadine, una periodica operazione, ove necessario, di contenimento delle
erbacce, da effettuarsi senza lÕuso di diserbanti, la sostituzione/manutenzione delle tavole di indicazione della via, preferendo quelle in marmo rispetto a quelle in plastica di adozione recente, visto che il costo risulta sostanzialmente equivalente. Ñ Livello Urbanistico - manutentivo Questo livello riguarda, per tutti i percorsi pedonali, siano essi storici o meno, un miglioramento della qualitˆ di illuminazione, eventuale sostituzione, od integrazione della stessa, (prevedendo lÕuso di fonti di luci a ridotto consumo energetico), onde rendere gradevole la frequentazione serale o notturna dei percorsi, sperando che ci˜ contribuisca a scoraggiare eventuali cattive frequentazioni. All'interno di tale livello deve trovare applicazione un vero e proprio Òpiano dei marciapiediÓ, tendente a verificare in prima istanza la possibilitˆ di allargamento dei marciapiedi, che risultano essere in gran parte inferiori al metro e mezzo, spessissimo in situazioni in cui la carreggiata stradale risulta pi• larga del necessario, oppure la conformazione della strada consente la sosta abusiva pur non permettendo lÕutilizzo di tutte le carreggiate per il passaggio. Gli interventi possono quindi andare dal semplice allargamento di 30 - 40 cm (che pu˜ apparire modesto ma • invece significativo, si consideri che la differenza tra un marciapiede di 70
In alto a sinistra: particolare di una tradizionale pavimentazione genovese, nella comune pietra grigia "arenaria", a volte chiamata Òpietra di scoglioÓ. In basso a sinistra: un piccolo passo in avanti con l'evidenziazione dei punti di abbattimento delle barriere architettoniche (realizzato tuttavia con materiali impropri). Sopra: una situazione comune dei marciapiedi genovesi, con la sovrapposizione di asfalto e lastricato.
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cm, che si pu˜ ritenere grossomodo come una misura abbastanza diffusa nella nostra cittˆ, ed uno di 1 metro e oltre, pu˜ essere la differenza che passa tra due persone che si incrociano con fatica e due persone che passano agevolmente) fino ad arrivare ad 1 metro e mezzo, anche a scopo dissuasorio nei confronti della sosta abusiva. Il principio • infatti che se la carreggiata viene ridotta in misura tale da rendere impossibile la sosta senza che lÕauto posteggiata blocchi il passaggio veicolare, si ha un effetto molto maggiore di dissuasione della sosta stessa. Tuttavia questa pratica, in qualche caso efficiente, in altri pu˜ comportare lÕinvasione del marciapiede da parte delle auto. Consequenziale o contestuale a tali interventi, la sistematica Òde-asfaltaturaÓ dei marciapiedi con il ritorno del lastricato strada per strada fino al ripristino su tutto il territorio cittadino. Per quel che riguarda i materiali, come pi• volte abbiamo chiesto, si deve intervenire con i materiali tradizionali genovesi, escludendo, ad es, i ÒsampietriniÓ di porfido, in quanto estranei alla tradizione della cittˆ. In questo livello, infine, rientrano anche lÕevidenziazione degli attraversamenti pedonali, con la contestuale eliminazione delle barriere architettoniche, interventi questi attualmente in corso di realizzazione.
Ñ Livello urbanistico di riqualificazione Tale livello comprende piccoli interventi di risistemazione e riqualificazione urbanistica, atti ad evidenziare - agevolare lÕaccesso ai percorsi pedonali, la creazione di spazio di marciapiede in una scala superiore al semplice allargamento, ma non equiparabile alla realizzazione di unÕisola pedonale (es. piccolo slargo tra marciapiede e strada occupato disordinatamente da qualche veicolo, oppure spazio attualmente asfaltato chiuso alla sosta veicolare ma magari su un piano differente rispetto al marciapiede e quindi non fruibile o non gradevole per i pedoni ecc.) infine la ÒformalizzazioneÓ delle isole pedonali esistenti, con lÕeliminazione dei marciapiedi e la risistemazione del lastricato in tutta la sua estensione. Ñ Livello Urbanistico progettuale. Tale livello riguarda ipotesi di progettazione e realizzazione di percorsi pedonali ex - novo, in particolare scalinate, nello spirito, ormai pi• volte enunciato, di una integrazione trasporto pubblico - mobilitˆ pedonale. Non bisogna per˜ nascondersi due difficoltˆ distinte: la prima riguarda la possibilitˆ di problemi nella realizzazione di scalinate pubbliche rispetto alla normativa sulle barriere architettoniche. Infatti in una cittˆ come la nostra potrebbe molte volte non esserci lo spazio per eseguire interventi che ottemperino alla normativa; la se-
Largo Lanfranco /Salita Santa Caterina: uno dei pochissimi interventi di riqualificazione urbana avvenuto nella nostra cittˆ. BenchŽ vi siano molti aspetti negativi, legati all'uso dei materiali (porfido e granito, estranei alla tradizione cittadina) questo intervento si pu˜ ancor oggi ritenere un modello metodologico che andrebbe imitato in diverse aree della cittˆ. A sinistra: come si presentava l'area prima dell'intervento.
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conda difficoltˆ • di carattere operativo. La cittˆ • cresciuta in maniera disordinata e con una densitˆ edilizia molto alta. Non sarˆ quindi improbabile che ci si trovi ad operare per la realizzazione di queste strutture negli unici spazi ad essere rimasti liberi in certe zone, ovvero i distacchi tra gli edifici, con i conseguenti ed inevitabili problemi di contenziosi con i cittadini, o comunque proteste degli stessi, per timori riguardo alla possibilitˆ di intrusione nelle case ed altro. Ñ Livello informativo Tale livello comprende lÕadozione di segnaletica atta ad informare genovesi e turisti delle opzioni di mobilitˆ a disposizione in un determinato luogo, e deve diventare il complemento di qualunque intervento di riqualificazione pedonale citato nei precedenti livelli. La messa in opera di segnaletica deve essere un ulteriore momento di riqualificazione e valorizzazione, non lÕennesimo intervento di sconcio del paesaggio urbano, che si va ad aggiungere alle valanghe di cartelloni pubblicitari, segnaletica sovrapposta ecc.: anzi, parte integrante della messa in opera dovrebbe essere proprio la rimozione o almeno il ridimensionamento di quanto possa costituire elemento di disturbo. La segnaletica di indicazione non deve inoltre confliggere con lÕeventuale presenza di arredo storico, quale targhe, pigne, fontanelle, lampio-
ni, ecc. Interventi per ridistribuire la mobilitˆ pedonale La forte percentuale di spostamenti pedonali, evidenziata dallÕISTAT, lungi dal garantire la possibilitˆ di muoversi piacevolmente nella nostra cittˆ, si concentra spesso, in particolare se parliamo del centro, in pochi spazi, con la conseguenza di rendere sgradevole il camminare. Si pensi, ad esempio, alla frequente condizione in cui • via XX settembre a metˆ pomeriggio di un giorno feriale o, ancora peggio, di un sabato pomeriggio. Tale situazione, oltre ad essere fastidiosa per i pedoni, • anche nociva per i commercianti, in quanto • antitetica ad un rilassato passeggiare davanti alle vetrine. In condizione di saturazione la maggior parte delle persone tende, anche inconsciamente, a tirare dritto, oltre a doverlo magari fare perchŽ pressata dal resto delle persone. Una situazione simile si pu˜ riscontrare anche in via San Luca, quasi impercorribile il sabato pomeriggio, mentre leggermente pi• gradevole • la situazione di via San Vincenzo, dove i flussi, pur essendo molto consistenti, non arrivano mai ad uno stato di congestione Tra le cause della congestione pedonale cÕ•, in linea generale, la mancanza di offerta di spazi pedonali rispetto alla domanda. LÕarea intorno a via XX Settembre •, eccetto
Zurigo: un esempio di segnaletica integrata pedonale e ciclabile.
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via XX Settembre stessa, completamente inadatta alla frequentazione pedonale: tutta la zona di piazza Dante • uno spazio percettivamente e concretamente viabilistico. LÕintervento di distruzione di via Madre di Dio ha soppresso un possibile spazio di sfogo per le persone in senso laterale, ed il "Centro dei Liguri", al di lˆ del fatto che non sarebbe comunque di nessuna attrattiva, si pone come una barriera insormontabile che costringe anche psicologicamente le persone verso lÕunica direzione est - ovest e viceversa. I pochi spazi che rimangono sono sgradevoli al passaggio pedonale in quanto promiscui, da dividersi con auto in sosta e ciclomotori sistemati malamente in un ambito che, anche se questi caratteri negativi venissero eliminati, risulta organizzato per il primato della circolazione veicolare. Dalla parte di Piccapietra abbiamo poi un altro spazio completamente egemonizzato dalle automobili, fortemente trafficato, in cui una frequentazione pedonale risulta quantomeno difficoltosa. Via Vernazza e Largo Fucine sono la terra di nessuno della sosta selvaggia: la realizzazione del Carlo Felice ha accentuato il senso di retro di questo spazio, una sorta di caotico deposito di motoveicoli in cui lo spazio per i pedoni • chiaramente soffocato, aggiungendo un altro non luogo
ai tanti che giˆ esistono nella nostra cittˆ. In quanto a largo XII Ottobre • uno spazio di cesura, in cui i pedoni debbono superare ben due semafori per immettersi nella parte porticata di via XII Ottobre che abbia qualche attrattiva, attraversando una specie di spazio senza connotazione, per di pi• percorso da un traffico intollerabile. Se per caso si volesse tentare di raggiungere la zona di via San Vincenzo senza dover passare da via XX Settembre la cosa risulta praticamente impossibile; anche in questo caso un intervento di ÒrisanamentoÓ ha creato una barriera percettiva e fisica. Detto tutto questo, • inevitabile che la folla non possa che incanalarsi in via XX Settembre, che • lÕunico spazio un poÕ protetto e a misura pedonale, anche se la funzione viabilistica della via • nettamente predominante, e comunque i pedoni devono convivere con smog e rumore. Le soluzioni a questa situazione non possono che trovarsi in una drastico calo del traffico di attraversamento dellÕasse via XX Settembre via XII Ottobre, ed una riduzione degli spazi di parcheggio disponibili a raso in tutta lÕarea centrale, uniti ad una profonda riorganizzazione percettiva e nel senso dellÕarredo urbano degli spazi adiacenti a via XX settembre, per incoraggiare una ridistribuzione della mobilitˆ pedonale.
Sopra: una mappa dei tempi di percorrenza pedonale a Zurigo; cita la dicitura sottostante: ÇQuesto piano segna la distanza in minuti per un'andatura di circa 5 Km/h. Zurigo a piedi • piccola, tutto • vicino. Non avete probabilmente percorso distanze pi• lunghe con i vostri piedi?È. A destra: totale impraticabilitˆ pedonale di via Montaldo.
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Una situazione molto simile a quella di via XX Settembre si pu˜ riscontrare in alcune parti del centro storico in particolare nellÕasse via Orefici - piazza Banchi - via San Luca. Fortunatamente siamo in una situazione di maggior equilibrio; tuttavia nel caso di via San Luca assistiamo ad una eccessiva concentrazione di persone. LÕeffetto attrattore • dato in questo caso dalla predominanza commerciale: la via • affollata di negozi, mentre i caruggi adiacenti risultano desolatamente vuoti. Il Comune pu˜ far quindi la sua parte incoraggiando fiscalmente lÕapertura di esercizi commerciali nelle vie laterali, ed in particolare in via della Maddalena, unita ad una politica di migliore pulizia, ed illuminazione degli accessi laterali. Un riequilibrio otterrebbe un duplice risultato: la rivitalizzazione di una parte pi• ampia di Centro Storico, il decongestionamento di via San Luca, che comunque giova ai commercianti. Mobilitˆ pedonale e mezzi pubblici La connessione tra mezzi di trasporto pubblico e mobilitˆ pedonale • un elemento cruciale per una buona mobilitˆ cittadina complessiva. Questo aspetto • stato fino ad ora sottovalutato, anche perchŽ si • vista generalmente la mobilitˆ pedonale come un elemento accessorio, o, addirittura, non lo si • visto nemmeno come un elemento della mobilitˆ.
Il fattore dellÕaccessibilitˆ pedonale al trasporto pubblico • quindi stato sempre trascurato, con la conseguenza che lÕaccesso alla struttura di trasporto • in diversi casi, se il pedone dovesse adattarsi sempre alla segnaletica, particolarmente complesso o, in qualche caso, addirittura non previsto. Non sono pochi i casi in cui una fermata bus, stando alla segnaletica, risulterebbe irraggiungibile! Mobilitˆ pedonale e segnaletica stradale La dimostrazione della scarsa considerazione di cui gode il concetto stesso di muoversi con le proprie gambe • il criterio con cui generalmente viene sistemata la segnaletica stradale, in particolare quella orizzontale, che probabilmente pi• di altre interessa la persona che effettui un tratto a piedi. LÕelemento principale nellÕambito della segnaletica • rappresentato dai passaggi pedonali. é quasi inevitabile che in un contesto in cui non esista una pianificazione della mobilitˆ pedonale la stessa collocazione degli attraversamenti pedonali diventi casuale. Se un persona a piedi dovesse effettivamente ogni volta seguire le indicazioni della segnaletica, allungherebbe mediamente il suo percorso di almeno un terzo. La conseguenza • che spesso la persona a piedi effettua attraversamenti in spazi non riser-
Esempi di segnaletica che ignora la mobilitˆ pedonale. A destra: si osservino le strisce pedonali rifatte, ed il parcheggio per motocicli che va ad intersecare il passaggio pedonale evidentemente soppresso. In alto: particolare del posteggio (regolare) ostruente l'accesso al marciapiede.
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vati, mettendo quindi a rischio la propria incolumitˆ; una corretta collocazione degli attraversamenti • quindi importante, anche per motivi di sicurezza delle persone. Come si giudica se una collocazione • corretta? Per prima cosa una collocazione • corretta se rispetta la continuitˆ di un percorso pedonale, ad esempio di un marciapiede o di una cr•uza nel momento in cui essa intersechi una strada carrozzabile. Se il passaggio pedonale risulta collocato in una posizione che costringe il pedone a compiere una deviazione di percorso per effettuare lÕattraversamento, si pu˜ parlare (indipendentemente dagli eventuali motivi che hanno portato alla sistemazione della segnaletica in un determinato luogo) di collocazione non corretta. CÕ• poi il caso, non certo infrequente, della vera e propria assenza di segnaletica, che pone problemi non da poco per la salvaguardia delle persone, fino ad arrivare al caso in cui la stessa segnaletica impedisca lÕattraversamento: il caso pi• frequente • rappresentato dalla presenza di parcheggi a raso, regolari, posizionati laddove avrebbe dovuto esserci un passaggio pedonale. Anche quando non si arrivi a casi limite come i due precedenti, ci si trova spesso di fronte ad una situazione in cui lÕutente pedone sia quello pi• trascurato nella sistemazione degli attraversamenti pedonali; si pensi al non indifferente
numero di attraversamenti che non coincidono con i corrispondenti interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, o alla presenza di ostacoli (per esempio i cassonetti) sul marciapiede in corrispondenza della congiunzione col passaggio pedonale. Vi sono poi, per concludere, situazioni in cui la stessa segnaletica appare contradditoria, cosa che per altro risulta essere frequente anche nellÕambito della segnaletica di ambito maggiormente autoveicolare. La presenza di ÒcasiÓ come quelli evidenziati sono lo specchio di una insoddisfacente o inesistente valutazione della mobilitˆ pedonale che diventa, a tutti gli effetti, una forma di disincentivazione del muoversi a piedi: complicare la vita al pedone vuol dire rendergli sgradevole usare le proprie gambe per muoversi in cittˆ, e portarlo quasi naturalmente verso il mezzo privato. Le carenze nel campo della mobilitˆ pedonale per quanto concerne marciapiedi e segnaletica orizzontale, hanno, in effetti, anche una motivazione storica. Il marciapiede a Genova •, in fondo, unÕinvenzione ottocentesca, nato pi• come spazio di emergenza, in cui salire allÕarrivo di un veicolo che un vero e proprio spazio di percorrenza. La stessa carenza in un approccio ragionato ad una segnaletica orizzontale •, in fondo, non
Esempi di interventi "strutturali" per la mobilitˆ pedonale, con l'uso, in questo caso, due tipi differenti di porfido ed il marmo per delineare il bianco e il nero delle zebre. A sinistra: Piazza del Teatro a Merano. In alto: particolare di un passaggio pedonale. Questo modo di intervenire si trova in diverse cittˆ italiane (es. Pisa).
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soltanto sintomo di una mancata assimilazione della motorizzazione selvaggia del dopoguerra, ma persino dellÕuso veicolare delle strade: segnale contradditorio, quindi, di una contemporeanea accettazione acritica del predominio dellÕauto in cittˆ e di una sua rimozione. Spazi pedonali e attivitˆ commerciali Tra gli ulteriori elementi di disturbo della mobilitˆ pedonale che possiamo riscontrare con una certa frequenza in ambito cittadino, vi • anche quello della occupazione degli spazi che dovrebbero essere destinati al pedone da parte di attivitˆ commerciali, in particolare da parte dei ÒdehorsÓ di bar e locali pubblici. Non si vuole naturalmente fare un discorso contro i ÒdehorsÓ in senso generale, ma contro quelle situazioni che finiscono per diventare un ostacolo al percorso a piedi. é riscontrabile da chiunque, ad esempio, come siano di disturbo i tavolini sul marciapiede di un noto locale pubblico genovese alla metˆ di via XX Settembre, che finiscono per dimezzare lo spazio utile per il passaggio sotto i portici, aggravando ulteriormente lÕimpraticabilitˆ del tragitto. Situazioni simili a quella citata sono piuttosto comuni, e sono la conseguenza di Ònon scelteÓ sulla mobilitˆ, che tentano una impossibile compatibilitˆ tra la mobilitˆ veicolare e quella pedo-
nale. Nell'ambito di una politica che finalmente ponga tra le prioritˆ la mobilitˆ pedonale, unÕopera sistematica di allargamento dei marciapiedi e la realizzazione di aree pedonali porrˆ fine a situazioni di questo tipo, che sono ulteriormente enfatizzate dalla presenza di vere e proprie barriere fatte di plexiglas o di metallo, in una concezione pi• vicina ai prefabbricati che ai dehors. LÕAmministrazione ha naturalmente le sue colpe, che stanno in unÕattenzione un poÕ troppo accentuata ai ricavi determinati dalla tassa occupazione del suolo pubblico che non ai diritti di tutti. Non cÕ• poi quindi da stupirsi pi• di tanto se alcuni esercenti vedano i dehors come una vera e propria privatizzazione degli spazi, e di conseguenza cerchino di strutturarli il pi• possibile. mobilitˆ pedonale e le barriere determinate dal traffico veicolare La scelta di realizzare diversi sottopassaggi in ambito cittadino nel corso degli anni passati • stata una scelta che, se ha avuto i suoi meriti, ha comportato non pochi effetti negativi. Un confronto con altre realtˆ italiane mette in luce che la presenza di sottopassaggi • indubbiamente pi• comune a Genova che non in altre realtˆ, anche metropolitane. La presenza dei sottopassaggi ha indubbia-
La zona di Portello. Ci˜ che • avvenuto nella zona • emblematico rispetto alla politica della mobilitˆ pedonale, quando essa vada in contrasto con altri interessi. I due semafori (che nella foto appaiono in parte coperti da plastica nera) fortemente richiesti da abitanti della zona per l'attraversamento del pericoloso tratto di strada, anche se impiantati non sono mai entrati in funzione, anche grazie alle proteste dei commercianti del sottopassaggio, prontamente recepite dall'Amministrazione Comunale. A tuttÕoggi resta irrisolto il problema dell'attraversamento in ore serali in caso di chiusura del sottopassaggio e sarˆ necessario un forte investimento per realizzare interventi di abbattimento delle barriere architettoniche.
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mente comportato una pi• tranquilla percorrenza pedonale, ma • stato anche un modo per eludere i problemi determinati dal traffico cittadino in ambito urbano e, in fondo, una scelta di privilegio del traffico privato rispetto alla mobilitˆ pedonale. Le conseguenze negative di queste scelte stanno emergendo in maniera sempre pi• evidente; una tra tutte la necessitˆ di provvedere, cos“ come vuole la Legge, ad attrezzare i sottopassaggi con sistemi, spesso costosi, di superamento delle barriere architettoniche da parte dei disabili. La presenza di numerose scale da affrontare, in una cittˆ con un alto numero di anziani, • un ulteriore elemento di criticitˆ. Il problema pi• grave si presenta per˜ nelle ore notturne: con la chiusura dei sottopassaggi, diventa di fatto impossibile lÕattraversamento di parti della cittˆ. Il problema, che si manifesta laddove esistono queste strutture (via Merano, via Caprera, piazza Corvetto, via Cadorna / via Fiume, Portello, ecc.) assume particolare gravitˆ nel caso di Brignole (via Cadorna / XX Settembre / via Fiume) e soprattutto di Portello. Per Il sottopassaggio di Brignole l'atrraversamento, sia pure non consentito, non • di fatto possibile, essendo lÕincrocio transennato, e lÕunico modo di attraversare • quello di allunga-
re il tragitto di almeno 200 metri. Nel caso di Portello la situazione • ancora pi• grave in quanto non solo • necessario un allungamento del percorso pedonale, ma parte del tragitto occorre farlo in galleria, passando su uno stretto marciapiede, per di pi• in concomitanza con un traffico estremamente fastidioso. La soluzione definitiva • quella di un ridimensionamento del traffico automobilistico, anche per quel che riguarda la velocitˆ, riportando nel luogo pi• idoneo la mobilitˆ pedonale, ovvero in superficie; come soluzione intermedia almeno quella della collocazione di impianti semaforici (cos“ come erano stati sistemati a Portello), con la contestuale eliminazione di barriere allÕattraversamento stradale, il tracciamento delle strisce di attraversamento e la possibilitˆ di utilizzo degli impianti a chiamata, almeno per le ore notturne. Un piano per la realizzazione di nuova mobilitˆ pedonale In questo ambito, pi• che la vera e propria creazione di percorsi pedonali, o quantomeno prima di arrivare a questa fase, che comporta una pianificazione complessiva non indifferente, si dovrebbe arrivare ad una mappatura orientativa su quali siano i siti migliori per la realizzazione di Òby-passÓ pedonali, anche piccoli tratti, che siano in piano o sotto forma di scalinate che abbrevino il percorso o permettano il passaggio
Un esempio di Òby-passÓ pedonale realizzabile: tra via dei Landi e via Fillak.
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verso altre strade, nellÕambito di unÕagevolazione ed un incoraggiamento degli spostamenti pedonali. é probabile che tali interventi risultino pi• urgenti in determinate zone collinari di recente realizzazione, o anche come ricucitura tra interventi scoordinati tra loro realizzati nel dopoguerra, soprattutto negli anni Ô50 - Õ60, interventi che si sono spesso inseriti sul territorio stravolgendo antichi reticoli viari, che sono rimasti quindi monchi. é importante pensare in ÒreteÓ: gli interventi devono essere concepiti per creare percorsi pedonali continui, con lÕeliminazione dei punti di cesura, per arrivare a dei veri e propri percorsi pedonali continui. Interventi generali per favorire la mobilitˆ pedonale: il PUT e i pedoni Questi possono rientrare nellÕambito dei provvedimenti sulla viabilitˆ e sul traffico, nella creazione di aree pedonali, nella limitazione dellÕaccessibilitˆ veicolare, ecc... La legge, in un certo senso, • dalla parte del pedone, e la realizzazione di questi interventi, lungi dal essere una violazione della libertˆ individuale, va in ogni caso nel senso della legge istitutrice dei Piani urbani del traffico (PUT). Nelle direttive del PUT (pubblicate nella G.U. n.146 del 24 giugno 1995), pag. 21, par. 3.2,
"interventi sulla domanda di mobilitˆ", si afferma il principio ÜÜ... innovativo per la cultura trasportistica e urbanistica italiana2 ÝÝ secondo il quale, in una scala di valori per primo viene il pedone, per secondo il mezzo pubblico, terzo il transito veicolare privato e per ultimo la sosta dei mezzi privati. In caso di: ÜÜ...congestione di una strada dovuta alla presenza contemporanea delle quattro componenti anzidette, il problema viene risolto ÒallontanandoÓ -dapprima- la sosta dei veicoli privati individuali e - successivamente, qualora non si fosse raggiunto il grado di riordino desiderato - le altre componenti di traffico nellÕordine inverso a quello precedentemente indicato ÝÝ.
Le Òzone pedonaliÓ Le isole pedonali rappresentano un aspetto della mobilitˆ pedonale non direttamente legato alle esigenze di mobilitˆ, ma anche ad obiettivi di riqualificazione ambientale, architettonica, ed anche commerciale. Naturalmente la presenza di zone pedonali • un incentivo alla mobilitˆ pedonale stessa (specialmente se esse risultano collocate allÕinterno di una rete cittadina di percorsi per la mobilitˆ pedonale e ciclabile) meritando per˜ una collocazione a parte rispetto al semplice percorso pedonale. Il PRG Ô80, da questo punto di vista, con il collocare le cr•uze in uno specifico ambito di Òper-
2 - Da ÒNormativa, un vuoto da colmare?Ó a cura di Giuseppe Di Giampetro e Sergio Porta. In ÒProgettare le stradeÓ Urbanistica Dossier, n. 15, 1998.
Proclama dell'Assessore al traffico, a cui • seguito, come primo provvedimento, il restringimento dei marciapiedi della via...
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corso pedonale storicoÓ, distinto dalla semplice Òzona storicaÓ, si rivelava pi• evoluto dellÕattuale PRG, che non fa alcuna distinzione di tipo funzionale. Per le zone pedonali valgono naturalmente un poÕ tutte le considerazioni fatte fino ad ora per i percorsi pedonali, in particolare per quanto riguarda gli interventi di riqualificazione urbanistica legati al recupero di una pavimentazione a misura di pedone. Possiamo forse individuare due categorie base di aree pedonali, una legata alla riqualificazione o valorizzazione di un determinato ambito urbanistico, slegata quindi da esigenze commerciali, ma connessa alla salvaguardia di un particolare spazio, una seconda pi• di carattere commerciale: la zona pedonale dove si guardano le vetrine, ecc. Mentre per la prima categoria le principali considerazioni sono di carattere storico artistico, e la pedonalizzazione • un modo di salvaguardare uno spazio pregiato o caratteristico dallÕassalto auto-motoveicolare, e una sua frequentazione pedonale pur augurabile non • il fine ultimo dellÕintervento, per la seconda, che potremmo definire zona pedonale commerciale, • invece essenziale una frequentazione di pedoni. Ñ Cosa • necessario perchŽ funzioni unÕarea pedonale? UnÕisola pedonale deve essere innanzitutto vera; quindi spazio per i pedoni e non
area in cui possono camminare i pedoni facendosi largo tra moto ed auto posteggiate (ad esempio il quadrilatero); la pedonalitˆ • il soggetto pi• debole, e tende ad essere cancellato da altre forme di mobilitˆ pi• aggressive, quali lÕautoveicolare o motoveicolare. Non • una buona idea dunque, la commistione tra pedoni, auto e moto. Accontentare tutti contemporaneamente non si pu˜; molto meglio invece dare funzioni precise ai luoghi. PerchŽ unÕarea pedonale a carattere ÒcommercialeÓ abbia successo deve esserci unÕadeguata presenza di negozi, (si pensi a via Sestri o via San Vincenzo) anche se essa non • il vero movente della pedonalitˆ; • poi opportuna la presenza di bar, fornai, focaccerie, ecc. Infine, elemento importante, soprattutto se si tratta di un intervento che va a dare una funzione pedonale ad uno spazio che non sembrava apparentemente particolarmente votato a tale funzione, il ripristino del lastricato: la pietra • del pedone; lÕasfalto • della macchina. Anche percettivamente, si tende a non considerare come spazio per camminare laddove cÕ• asfalto, e quindi, risulta meno appetibile unÕisola pedonale, se • in asfalto. E il cosiddetto Òarredo urbanoÓ ? Occorrerebbe evitare il proliferare di fioriere di cui sono impestate le aree pedonali italiane.
Un' immagine della prima "Domenica senz'auto", in via XX Settembre.
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LÕarredo urbano • una cosa importante, e andrebbe affidato a persone competenti e sensibili che si occupano di questi aspetti. é evidente che se tale aspetto viene lasciato al caso i risultati saranno sempre scadenti. LÕarredo pu˜ compensare qualche spazio vuoto, eliminando quella sensazione di "horror vacui" che si ha a volte per certe isole pedonali, ma ci˜ non vuol dire che necessariamente gli spazi vuoti debbano essere riempiti, ed in questa cittˆ, in particolare, si dovrebbe capire che lo spazio pu˜ essere bello in quanto vuoto. Isole pedonali in ciascuna circoscrizione Le zone pedonali possono diventare un punto di aggregazione, oltre che di concentrazione commerciale. Una realizzazione mirata di tali aree potrebbe anche permettere, con tutta probabilitˆ, di trattenere allÕinterno della circoscrizione persone che, altrimenti, si dirigerebbero verso il centro con le immaginabili conseguenze di aggravamento del traffico. A rigore sarebbe opportuna la realizzazione di aree pedonali per ciascuno di quelli che erano i quartieri di Genova, prima della riforma avvenuta alcuni anni or sono, che ha portato le circoscrizioni da 25 a 9. Purtroppo ci˜ non • sempre facilmente realizzabile, ed • per questo che in qualche caso •
necessario ricorrere a soluzioni intermedie, che, se non possono portare ad una vera e propria pedonalizzazione, consentano almeno una limitazione del traffico attraverso ÒZTLÓ, o un allargamento dei marciapiedi, o ancora la riqualificazione di unÕarea giˆ esistente ma non fruibile per cattiva organizzazione dello spazio. Interessanti spunti possono essere forniti da un lavoro svolto in collaborazione tra lÕUniversitˆ di Genova ed il WWF3, che individuava una serie di spazi pubblici nella cittˆ, proponendone una ridefinizione funzionale e percettiva, attraverso interventi di varia natura. Alcune di queste ipotesi di intervento si configurano come interventi, a volte anche minimali, che mirano alla riqualificazione di piccoli ambiti, non sempre quindi sono coincidenti con un discorso di mobilitˆ pedonale. Il problema della realizzazione di aree pedonali, e della stessa individuazione di queste, si presenta in particolare per il Levante. Proprio perchŽ • il Levante a mancare di luoghi di aggregazione, anche commerciali, • l“ che bisogna intervenire con maggior forza; infatti • proprio da Levante che viene il maggior traffico, dunque vanno individuate aree che, almeno in parte, trattengano utenza che altrimenti avrebbe come unica direzione il centro. Il discorso • importante in particolare per la zona di San Martino / Borgoratti / Sturla / Quarto
3 - “Genova, spazi pubblici della cittˆÓ ; Comune di Genova, Istituto di Progettazione Architettonica delÕUniversitˆ di Genova. 1997 Joshua Libri, Sestri Levante/Genova.
A sinistra: un'immagine di via Rolando, a Sampierdarena. Sopra: come potrebbe diventare...
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ed in parte Quinto. Maggiormente autosufficiente da questo punto di vista risulta essere Nervi. Proprio per le sue caratteristiche monofunzionali residenziali, il problema nel levante non si presenta facile; la stessa configurazione urbanistica rende difficile individuare delle aree, inoltre mancano gli spazi stessi di forte aggregazione commerciale, e una presenza forte di negozi • una componente basilare per la riuscita di unÕarea pedonale di questo tipo. LÕalternativa, in ogni caso, ad una vera e propria pedonalizzazione pu˜ essere quella di un intervento mirato di allargamento dei marciapiedi. UnÕipotesi simile pu˜ essere pensata per il quartiere di San Martino, almeno per un lato di via San Martino. Per quel che riguarda il Ponente la grande risorsa che • rappresentata da via Sestri andrebbe incrementata, con un progressivo allargamento dellÕarea pedonale, andrebbero per˜ ipotizzati altri interventi, ad esempio per Pegli e per Prˆ, non esclusivamente in funzione commerciale. Il PUT della val Polcevera4 individuava per la vallata alcuni interventi, di cui una quota, benchŽ il PUT stesso non sia mai stato adottato, sono in fase di realizzazione (via Jori). Sarebbe peraltro opportuna lÕindividuazione di altre aree, anche piccole, per delle pedonalizzazioni, in particolare a Bolzaneto e Pontedecimo. Per ci˜ che riguarda la val Bisagno vi sono alcune ipotesi, legate al discorso della tranvia. Andrebbe in definitiva fatta una valutazione complessiva su varii interventi da realizzarsi nella cittˆ, che si caratterizzino, ferme restando le possibilitˆ creative dei singoli progettisti, per unitarietˆ di stile e rispetto dei materiali lapidei propri della tradizione genovese e ligure: lÕobbiettivo non • solo quello della mobilitˆ, ma anche di recupero di identitˆ dei centri storici della cittˆ. Qui di seguito facciamo una serie di proposte, (pi• o meno specificate in seguito, ed in parte giˆ anticipate), che non si ritengono esaustive e che, se non proprio un primo passo, rapresentano un discorso comunque non concluso.
Alcune proposte dÕintervento Ñ via Rolando: unÕarea pedonale per Sampierdarena: nonostante sia da molti anni che viene richiesta dalla Circoscrizione una pedonalizzazione della via, non vi • mai stato alcun intervento, anche di tipo sperimentale, per dare lÕavvio a questa soluzione. La frequentazione pedonale risulta molto elevata, al punto che i marciapiedi esistenti risultano insufficienti ad accoglierla, ma deve convivere con un uso improprio autoveicolare (determinato dalla scoperta che il passaggio in via Rolando consente un tragitto pi• breve verso via Fillak rispetto al transito in via Reti) che circoscritto in un ambito viario ristretto determina una situazione di degrado. La soluzione • quindi di una pedonalizzazione della via, riportando in una sede pi• corretta (anche se sempre critica) attraverso quindi via Reti il transito autoveicolare. Legata alla pedonalizzazione di via Rolando, con gli annessi interventi di ripristino del lastricato, ecc, • anche un recupero di piazza Masnata, che dovrebbe diventare parte integrante dellÕasse pedonale. Come ulteriore ipotesi per la delegazione cÕ• quella di parte di via Daste, per motivazioni di carattere ambientale (la presenza di scuole) e anche perchŽ, tutto sommato, rappresenterebbe una riqualificazione urbanistica, se realizzata attraverso ripavimentazione del suolo, di una zona che in fondo • assolutamente marginale nellÕambito dei flussi veicolari. Ñ La val Bisagno: il progetto di tranvia per la val Bisagno, nei termini in cui viene da noi ipotizzato, reca con sŽ interventi di riqualificazione urbana che si possono comprendere nellÕambito delle pedonalizzazioni, sia pure in compartecipazione con il tram. Il discorso diventa particolarmente interessante per via Canevari, in cui transiterebbero solo i mezzi pubblici, e che verrebbe quindi legata ad un asse pedonale con Borgo Incrociati e via San Vincenzo. LÕaltro intervento ipotizzabile per la vallata, in questo caso per lÕalta val Bisagno sarebbe per la zona di Molassana (via Piacenza) in termini pi• o meno equivalenti a quelli per via Canevari.
4 - Commissionato dal Comune di Genova allo studio DÕApollonia nel 1996.
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Non ripetiamo quindi quanto giˆ detto nella parte specifica sulla tranvia per la vallata. Ñ unÕisola pedonale per la Foce? La zona della Foce, lÕunico quartiere cittadino di pianura, • forse quella della cittˆ in cui la presenza di un reticolo viario regolare, lungi dal garantire un buon uso degli spazi, ha comportato lÕocupazione integrale degli stessi da parte delle autovetture. é evidente che sul quartiere, ad esempio, gravino due flussi distinti, uno di attraversamento, ed uno di penetrazione; per risolvere tutti e due i problemi • possibile occorrano risposte diverse, ma per saperlo con certezza bisognerebbe capire da dove arriva il traffico e perchŽ: andrebbe quindi fatto uno studio specifico complessivo per la zona. In un quartiere a misura dÕautomobile la mobilitˆ pedonale • fortemente penalizzata; manca del tutto uno spazio urbano pedonale, pur piccolo, libero dallÕinvasione delle auto. La presenza di un traffico di attraversamento che ha la sua destinazione pi• in centro rende pi• difficoltosa lÕindividuazione di spazi, anche modesti da precludere alla viabilitˆ privata. LÕarea pi• idonea (prescindendo da problemi determinati dai flussi veicolari di attraversamento) potrebbe essere lo spazio compreso tra piazza Tommaseo / piazza Palermo / corso Buenos Aires, e comprendente via Trebisonda:
la zona, insomma, forse pi• animata del quartiere. Altri discorsi andrebbero poi fatti per altre zone del quartiere di riorganizzazione dello spazio (ad esempio corso Torino) per una migliore mobilitˆ pedonale e ciclabile. Ñ La zona di San Fruttuoso: essa soffre in parte degli stessi problemi della Foce; ovvero un traffico di attraversamento da cui non si pu˜ prescindere per interventi, se non di vera e propria realizzazione di aree pedonali, almeno di contenimento e regolazione della viabilitˆ. é opportuno anche per questa zona della cittˆ, uno studio un poÕ pi• approfondito (sicuramente giˆ fatto, magari in ambito universitario), per lÕindividuazione di spazi atti a misure di restrizione del traffico privato. Un ipotesi potrebbe essere quella di una pedonalizzazione per parte di via Torti, tra piazza Terralba e piazza Martinez, con la possibilitˆ del passaggio esclusivamente per i mezzi pubblici. Proposte puntuali per il centro cittˆ Ñ Zona a taffico limitato per piazza Fontane Marose-via XXV Aprile. Con la nuova risistemazione del traffico dovuta al PUT, lÕasse Fontane Marose via XXV Aprile ha perso ogni funzione viabilistica principale. Il traffico che la percorre • piuttosto modesto, ed anzi, a ben vedere, essendo obbligata la svolta verso via Roma, risulta un tratto quasi su-
Sopra: via Jori, a Certosa. L'immagine si riferisce ad un periodo precedente ai lavori di realizzazione del "centro di via". Con questi lavori si • provveduto ad effettuare un intervento di riqualificazione urbana nella via stessa. Sfortunatamente tale intervento • stato estremamente discutibile, infatti non • stato un intervento di pedonalizzazione, ma lo stesso allargamento dei marciapiedi, che poteva essere comunque auspicabile, non • stato effettivo, in quanto sono presenti innumerevoli rientri che consentono il parcheggio. La sagomatura del marciapiede cos“ effettuata ha inoltre precluso la possibilitˆ di ricavare spazio per una corsia ciclabile. Infine, si • fatto uso di materiali incongrui e arredo urbano dozzinale. A destra: Via XXV Aprile.
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perfluo ai fini della viabilitˆ principale. é in compenso fuori controllo la sosta di accosto in piazza Fontane Marose, che determina un gravissimo degrado di una delle pi• belle piazze cittadine. Tale sosta, determinata da auto e veicoli merci che si posteggiano per 20 / 30 minuti in doppia e tripla fila con conseguenze spesso intollerabili per la stessa circolazione dei mezzi pubblici, si affianca ad una fila di posti auto regolari (ad uso residenti) e ad alcuni posti merci. NellÕambito della piazza vi sono poi altri posti auto per diverse utenze, e unÕarea di sosta (collocata malissimo) ad uso motocicli, oltre ad un'area riservata ai taxi, che risulta insufficiente rispetto al numero di auto pubbliche esistenti determinando quindi in qualche caso, essendo sullo stesso lato della fermata dellÕautobus, difficoltˆ al passaggio dei mezzi pubblici La gran parte del transito da via Interiano •, come si • detto, di accosto, e la dimostrazione sta nel modesto flusso viario in via XXV Aprile. Sfortunatamente, la presenza di vari parcheggi a raso (residenti e merci), la presenza di auto in sosta abusiva lato monte in via XV aprile e ulteriore sosta vietata alla svolta con via Roma, (che rende quindi problematico lÕinserimento nella stessa da parte degli autoveicoli privati), rendono tale percorso critico per il trasporto pubblico.
VÕ• poi da dire che i marciapiedi, in particolare quelli lato mare, pur potendosi considerare quasi ÒlarghiÓ, rispetto alla media genovese sono comunque insufficienti per la mobilitˆ pedonale che vi transita. Da tutta questa serie di considerazioni ne deriva la nostra ipotesi, che vede lÕasse piazza Fontane Marose-via XXV aprile in zona a traffico limitato, escluso residenti, merci e mezzi di servizio e mezzi pubblici. Per quel che riguarda piazza Fontane Marose si propone lÕallargamento dei marciapiedi nella piazza, e lÕeliminazione dei parcheggi a raso esistenti. In via XXV aprile si prevede lÕeliminazione della sosta e lÕallargamento dei marciapiedi rendendo lo spazio stradale sufficiente al solo passaggio dei mezzi pubblici. Si recupererˆ comunque sosta per carico e scarico merci in misura superiore a quella attuale. Ñ Isola Pedonale per lÕasse (De Ferrari) Matteotti - via San Lorenzo: la nostra ipotesi prevede il mantenimento attuale di piazza De Ferrari nel suo ultimo assetto, ovvero con il passaggio dei mezzi pubblici in direzione levante e la fermata davanti al palazzo "della Navigazione Italia". Possono naturalmente ipotizzarsi ulteriori allargamenti della zona pedonale nellÕambito di
Una veduta notturna di piazza Matteotti: come non la vorremmo pi• vedere...
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tale schema. Il tratto di via Cardinale Boetto giˆ da ora • pedonale, e di tale spazio prevediamo ovviamente il mantenimento. Dove cÕ• da intervenire • in piazza Matteotti, della quale si deve rendere strutturale la pedonalizzazione, attraverso uno studio pi• accurato dei dissuasori di sosta. La pedonalizzazione deve essere assoluta per lÕintera area, in quanto spazio storico, praticamente privo di necessitˆ di accosto merci come altre vie. Va ovviamente completamente eliminato lo spazio di sosta per motocicli. LÕaccesso alla piazza pu˜ essere consentito solo per lo scarico delle opere in occasione di allestimento / smontaggio delle esposizioni. La necessitˆ di una assoluta eliminazione di qualsiasi sosta risiede nella eccezionalitˆ urbanistica di tale spazio, per secoli celato dalla cortina, unico spazio arioso allÕinterno del centro storico e di notevole bellezza che, come moltissimi ÒluoghiÓ di Genova, si regge su equilibri che possono essere alterati con facilitˆ da un uso improprio. é avvilente osservare che i primi tempi dopo il restauro del Ducale si poteva ammirare la piazza completamente sgombra, poi, piano piano, sono arrivate le moto, poi le auto di notte, e successivamente anche di giorno. Va detto, tra lÕaltro, ad ulteriore aggravante dellÕattuale situazione, che non si tratta di auto o moto di residenti. Le poche auto di residenti si trovano infatti posteggiate lato salita Pollaiuoli, e in via di Sant' Andrea, e potrebbero essere ricollocate nel "parcheggio delle Grazie", attualmente chiuso, e attraverso una riorganizzazione della funzionalitˆ di via alla porta di San Andrea, che viene a perdere la sua funzione viaria. LÕarea pedonale di piazza Matteotti sarebbe parte di unÕasse pedonale che avrebbe la sua continuazione in via Arcivescovado e via San Lorenzo. Mentre per˜ la pedonalizzazione della piazza sarebbe assoluta, la disciplina per via San Lorenzo e via Arcivescovado sarebbe differente. Per via San Lorenzo si ipotizzerebbe una soluzione sul modello di via San Vincenzo, con la mattina l'accesso consentito per carico / scarico
merci. La differenza sarebbe nel fatto che si prevederebbe la chiusura anche notturna. Identica disciplina si avrebbe per via Arcivescovado. Ñ Riqualificazione di via Cairoli/piazza della Meridiana: via Cairoli, nata come ideale prolungamento della "Strada Aurea", meriterebbe miglior destino; persa infatti ogni funzione viaria con la quantomai opportuna chiusura di via Garibaldi, • diventata una zona di accosto, piuttosto disordinata, peraltro in normativa comunale di ZTL. La stessa piazza della Meridiana risulta essere soggetta ad una sosta abusiva piuttosto invadente, in corrispondenza di una strada pedonale (salita San Francesco) spesso affollata di bambini, e il sottopassaggio pedonale verso lÕascensore di Castelletto - Ponente, che viene quasi occultato dalle auto in sosta. é da notare che il senso della rotatoria istituita nella piazza • andato completamente perso, infatti, invece di essere impiegato come area di svolta per uscire da via Cairoli, • diventato spazio di sosta. Anche per via Cairoli / piazza della Meridiana si ipotizza una soluzione per cos“ dire Òpart - timeÓ; mattina carico /scarico merci, pomeriggio area pedonale. Si fa presente che, ovviamente, il senso di questa zona pedonale non • di spazio commerciale, ma risiede in ragione di ordine storico urbanistico; come tutte le ÒcesureÓ ottocentesche, tende ad essere una ferita che fatica a rimarginarsi: una maggiore funzione pedonale • un buon modo per integrarla con il tessuto circostante del centro storico. Ñ Piazza Colombo Pedonale LÕarea di piazza Colombo venne destinata a suo tempo dal PUT a parcheggio a rotazione, scelta questa che, oltre a non garantire il consenso sperato da parte dei commercianti, contribu“ al dissenso dei cittadini. Cos“ come avevamo previsto come Associazioni, la presenza del parcheggio regolare ha contribuito ad aumentare la quota di parcheggio abusivo, portando la piazza ad uno stato di degrado enorme. La situazione attuale, in cui almeno il parcheggio attorno alla fontana • stato eliminato, • un
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poÕ migliorata, ma • ben lontana dallÕessere soddisfacente. La nostra proposta • quindi di una pedonalizzazione della piazza, con la riorganizzazione di via Galata, nel tratto tra piazza Colombo e via XX Settembre a sosta merci ben identificabile, tramite segnatura, ed eventuale riorganizzazione della sosta in via Galata con posti ad uso residenti. é implicito che la pedonalizzazione implichi contestualmente una riqualificazione della piazza, con il recupero del lastricato sottostante lÕasfalto, laddove ancora esista, e l'integrazione delle parti mancanti. Ñ Riqualificazione e arredo urbano di via San Vincenzo: pur trattandosi di un intervento di pedonalizzazione pi• che decennale, lÕassetto dellÕarredo urbano continua ad essere quello di una normale strada di transito veicolare. é da considerarsi tra gli interventi prioritari la rimozione del manto di asfalto, e la apposizione di lastricato in arenaria, con l'eliminazione dei marciapiedi. EÕ possibile, peraltro, che al di sotto dellÕasfalto possano essere ancora presenti le antiche pietre, che ovviamente andrebbero recuperate. Tale intervento • estremamente importante, da collocare tra le prioritˆ per ci˜ che riguarda le aree pedonali, per due ordini di motivi; il primo • nella necessitˆ di sancire definitivamente la vocazione pedonale della via; il secondo sta
nellÕimportanza di valorizzare un complesso architettonico tipico, e che risulta essere lÕunica via dellÕantica Genova sopravvissuta gli interventi novecenteschi di Portoria. Ñ La parte terminale di via San Vincenzo verso via XX Settembre: la parte terminale di via San Vincenzo, o per meglio dire lo slargo prospiciente via XX Settembre e adiacente a via Ugo Foscolo, rappresenta unÕarea dallÕuso svilente ovvero area di parcheggio. Se ne propone quindi una riqualificazione urbana, con lÕeliminazione del parcheggio e la realizzazione di una micro-area pedonale. Per dare unÕidea del tipo di intervento previsto si pu˜ pensare a quanto realizzato in largo Lanfranco, giˆ citato come uno dei pochi interventi di questo tipo avvenuti nella nostra cittˆ. Si veda lÕelaborazione digitale, in basso, che non vuole avere pretesa di progetto ma semplicemente di indicazione sulla differente possibilitˆ di impiego dello spazio. LÕintervento comporterebbe la soppressione di circa 40 posti moto. Ñ Continuitˆ pedonale tra via San Vincenzo e Brignole: mentre per la parte di via San Vincenzo tra via XX Settembre e via Galata la funzione pedonale appare ben definita, (eccetto il tratto di servit• verso il Liceo Artistico Barabino e il parcheggio a rotazione) per la parte tra via Galata e Brignole la connotazione pedonale • molto pi• labile, questo anche a causa degli interventi urbanistici, che hanno completa-
Esempio di riqualificazione della parte terminale di via San Vincenzo. In alto: stato attuale, con il posteggio per motocicli. A destra: in un'elaborazione digitale, lo slargo • ripavimentato e connesso con una via San Vincenzo anch'essa lastricata.
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mente stravolto lo spazio urbano, creando un Ònon luogoÓ. Sarebbe invece molto interessante intervenire, attraverso interventi di ripavimentazione, per creare una continuitˆ pedonale per tutta la via, che possa poi connettersi con Brignole ed il sottopassaggio pedonale verso Borgo Incrociati. Ñ Il sottopassaggio di Borgo Incrociati Sia nella parte dedicata alle ferrovie che in quella relativa agli impianti speciali si • parlato del sottopassaggio pedonale di Borgo Incrociati Gli interventi relativi a tale spazio sarebbero infatti diversi e di varia natura, legati al collegamento pedonale tra diverse modalitˆ di trasporto, ma anche alla riqualificazione stessa della mobilitˆ pedonale. Lo spazio del sottopassaggio, cos“ come innumerevoli altre realtˆ cittadine, risulta slegato da una visione organica di mobilitˆ pedonale; ne • chiaro esempio il fatto che sia verso piazza Verdi sia verso la zona di SantÕAgata gli spazi antistanti l'accesso risultano essere una sorta di terra di nessuno, in cui trovano spazio differenti funzioni in un disordine complessivo quasi ÒtopicoÓ dellÕambiente urbano genovese. La stessa definizione di spazio pedonale verso Borgo Incrociati sparisce, infatti il marciapiede diventa un ristretto spazio inutilizzato dai pedoni in quanto costringe ad un percorso sgradevole.
Uscendo dal sottopassaggio in piazza Verdi, abbandonato il tutto sommato spazioso sottopassaggio, il pedone • costretto o a percorrere uno stretto marciapiede se in direzione Brignole, (giusto sufficiente al passaggio di una persona) se in direzione di via San Vincenzo ad imboccare un marciapiede appena pi• largo adiacente al muro di separazione del parcheggio FS; intorno il caos determinato dalla presenza di un parcheggio e di un distributore di benzina. Un intervento complessivo per lÕarea presuppone in primo luogo il recupero della continuitˆ del percorso pedonale sia verso Borgo Incrociati che verso via San Vincenzo, ottenibile attraverso una riorganizzazione complessiva dell'area, che porti ad un allargamento dello spazio di percorrenza pedonale, con lÕeliminazione di spazi di sosta veicolari e, nel caso dello spazio verso Brignole, anche attraverso la dislocazione del distributore. L'intervento, decisamente pi• consistente, di collegamento diretto tra il sottopassaggio e i binari ferroviari consentirebbe infine una maggiore ÒpermeabilitˆÓ della stazione ferroviaria e lÕintegrazione con lÕimpianto speciale di via Imperia. Ñ LÕassetto del ÒquadrilateroÓ Il quadrilatero • forse lÕesempio pi• significativo, di come non dovrebbe essere configurata unÕisola pedonale: promiscuitˆ tra posteggi pan-
Il sottopassaggio di Borgo Incrociati.
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chine, moto, auto, pedoni, mancanza di arredo urbano adeguato, "tutti assieme appassionatamente", concorrono a creare una delle zone pi• sgradevoli della cittˆ. Desta fin quasi stupore, che tale zona sia comunque abbastanza frequentata dai pedoni. Recentemente • anche stato proposto un progetto di risistemazione, che, se possibile, risulta addirittura peggiorativo dellÕesistente, con una riduzione degli spazi pedonali ed una proposta di aumento degli spazi di sosta auto e motoveicolari. Linee di intervento per la risistemazione dellÕarea 1) In primo luogo occorre separare le differenti mobilitˆ; 2) quindi riorganizzare e riqualificare lÕarredo urbano; 3) infine ridurre al minimo le intersezioni con il passaggio dei mezzi pubblici nella corsia discendente di via XX Settembre. Separare le differenti mobilitˆ vuol dire, anche a costo di ridurre in parte lo spazio teorico di area pedonale, avere un ambito che sia comunque realmente pedonale, non condiviso o invaso da auto o motoveicoli. Nello specifico, quindi, va eliminata la possibilitˆ di sosta per i motocicli in via Cesarea, che deve diventare, sia pure per compartimenti, realmente pedonale. EÕ poi necessario interdire fisicamente la possibilitˆ di accesso veicolare da via XX Settembre che, oltre ad essere motivo di disturbo per il trasporto pubblico, • un ulteriore ostacolo al flusso pedonale; va quindi realizzato uno spazio pedonale continuo tra i marciapiedi di via XX Settembre e via Cesarea. LÕaccesso al parcheggio deve essere regolamentato in maniera da rendere impossibile lÕaccesso da via XX Settembre. Analoghe considerazioni vanno fatte sulle altre vie del quadrilatero. In linea generale, poi, non deve essere ricavato ulteriore spazio per la sosta. LÕautentica pedonalizzazione passa infine per una migliore organizzazione dellÕarredo urbano, sicuramente non buona, lÕeliminazione dei marciapiedi, la messa in opera del lastricato. Ñ Rendere fisicamente impossibile la sosta in via Fieschi Il tratto di via Fieschi tra piazza Dante e piaz-
za Carignano • attualmente spesso di difficile transitabilitˆ, a causa della frequente presenza di auto in sosta. Ci˜ • possibile anche perchŽ la dimensione della carreggiata • in qualche misura "eccessiva": non sufficiente per la collocazione di regolari posteggi, ma troppo ampia rispetto alle normali necessitˆ di transito. Anche la realizzazione di aree di sosta a pettine nel tratto verso piazza Dante non ha portato particolare sollievo alla situazione. Con lÕallargamento dei marciapiedi, per tutta la lunghezza quello di levante, solo il tratto iniziale per quello di ponente, e la messa in opera di paletti di protezione per il marciapiede stesso, si otterrebbe un restringimento della corsia a circa 3 metri, sufficiente al transito dei mezzi pubblici, ma che renderebbe qualsiasi sosta molto difficile. Tale intervento comporterebbe la soppressione di circa 10 posti auto. Anche in caso di infrazione sarebbe pi• semplice lÕintervento di vigilanza; infatti non ci si troverebbe di fronte ad una sosta generalizzata e quindi di difficile repressione, ma a casi isolati. La stessa infrazione potrebbe configurarsi come interruzione di pubblico servizio e non come un semplice caso di divieto di sosta. Un futuro assetto per via XX Settembre Se in un futuro la nostra ipotizzata reintroduzione del tram coinvolgesse lÕarea centrale, questo potrebbe finalmente voler dire una riqualificazione di via XX Settembre, che diventerebbe un asse di percorrenza pedonale / trasporto pubblico su ferro e gomma (filobus). Il conseguente allargamento dei marciapiedi permetterebbe finalmente una serena mobilitˆ pedonale, da cui trarrebbero beneficio anche i negozianti. Ovviamente questo intervento non pu˜ essere ipotizzato in tempi brevi, ma collocabile in un arco di tempo di cinque-sei anni. La disciplina generale per il Centro Storico e per i centri storici Uno dei fenomeni pi• evidenti • lÕinvasione serale e notturna da parte di auto nel centro antico. Una buona quota delle auto in sosta, (comÕŽ verificabile in loco) risulterebbe essere di non
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Un intervento campione di recupero spazi pedonali in integrazione con impianti speciali Il recupero del passaggio pedonale da piazza della Meridiana alla galleria Garibaldi (tra Piazza Portello e Largo Zecca) e che attraverso la galleria porta allÕascensore di Castelletto Ponente, • uno degli interventi inscrivibili nellÕambito urbanistico manutentivo. Il passaggio • attualmente poco frequentato a causa di un sostanziale abbandono della galleria, che risulta poco visibile, piuttosto degradata, male illuminata; in pi•, una volta che la si • percorsa, arrivati in corrispondenza della galleria stradale, lÕimpianto semaforico a chiamata in corrispondenza dellÕattraversamento pedonale risulta mal funzionante, costringendo ad attese piuttosto prolungate, anche di diversi minuti. A tutto ci˜ si aggiunge la situazione di generalizzato degrado della galleria, in cui si svolge un traffico intenso e molto veloce, spesso oltre i limiti di velocitˆ attualmente previsti, creando una situazione di intollerabile frastuono ed inquinamento atmosferico. Riusciti finalmente ad attraversare ed a imboccare lÕingresso del corridoio dellÕascensore, si deve comunque attraversare uno spazio abbastanza degradato prima di entrare nellÕascensore stesso. Quali potrebbero essere gli interventi per riqualificare questo percorso? Sarebbero necessari, nellÕordine: 1) intervento di evidenziazione dellÕingresso stesso della galleria pedonale in piazza della Meridiana, con una lastricatura Òad HocÓ che delimiti una certa fascia di ingresso prima di entrare nel passaggio stesso. Unito a tale modesto intervento, 2) lÕapposizione di barriere fisiche per interdire lÕingresso ai motocicli. Non • infatti cosa rara che vi siano centauri che la percorrano come scorciatoia per arrivare alla Galleria Garibaldi. 3) Intervento di rifacimento o anche solo potenziamento della illuminazione allÕinterno del passaggio, 4) banalissima ridipintura della volta e delle pareti della galleria, con uno studio dei colori che attenui il senso di oppressione. 5) Intervento sui tempi di impostazione del semaforo: una volta schiacciato il pulsante di chiamata, deve comparire il verde entro pochi secondi, in base al principio guida che la precedenza deve spettare, in questo caso alla percorrenza pedonale. 6) Recupero della galleria dellÕascensore con nuova ridipintura. 7) Collocazione, in corrispondenza dellÕimbocco del percorso pedonale in direzione levante, ed in corrispondenza dellÕentrata dellÕascensore in direzione ponente, di fermate bus, per favorire lÕuso del percorso, e ridistribuire i flussi verso Castelletto, che attualmente gravitano quasi esclusivamente sullÕascensore di levante, anche verso quello di Ponente. Si tratti di proposte minimali, formulate per˜ secondo un principio guida: quello di agevolare, con diversi interventi, un percorso integrato pedonale - meccanizzato, che non riscuote il successo dovuto a causa di notevoli elementi di disturbo, tra i quali il traffico molto aggressivo che avviene nella galleria Garibaldi, come nella sua vicina Bixio. Le proposte specifiche per questo percorso avranno una incidenza bassa sulla velocitˆ degli autoveicoli, anche se una possibile maggior frequenza di pedoni lungo il tragitto porterebbe ad una maggior frequenza di semafori rossi e quindi a ad uno smorzamento della velocitˆ. EÕ evidente che i necessari interventi di moderazione del traffico dovranno essere legati ad una politica generale di disincentivazione dellÕattraversamento del centro cittˆ e di accosto ad esso.
In alto: l'ingresso del passaggio pedonale, in piazza della Meridiana. A destra in alto: l'interno della galleria pedonale. A destra in basso: l'ingresso della galleria pedonale la galleria stradale dall'interno del vano che porta all'ascensore di Castelletto - Ponente.
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residenti. Questo fenomeno, che • notevolmente degradante per la parte antica della cittˆ, • risolvibile collocando gradualmente le auto dei residenti in aree di sosta in parte sottratte al traffico di rotazione, e installando sistemi fisici di dissuasione del passaggio in alcuni punti di accesso. L'allontanamento delle auto in sosta • un passo importante per una rivitalizzazione, anche la sera, di spazi che normalmente risultano deserti in quelle ore, e di particolare bellezza proprio per la minor invasivitˆ delle luci dei negozi. Un ragionamento sulle prioritˆ Ragionare sulle prioritˆ in questo ambito risulta difficile, in quanto gli interventi sulla mobilitˆ pedonale, ancor pi• che quelli su altre modalitˆ di spostamento, sono interventi diffusi e a pi• livelli. CÕ• naturalmente una prioritˆ ÒmanutentivaÓ, che sta nel recupero degli spazi di percorrenza pedonale, in particolare le scalinate. Potrebbe essere individuato, per iniziare, un primo intervento per Circoscrizione. Sul discorso delle zone pedonali, assumono importanza gli interventi di "consolidamento" delle stesse, legati alla ripavimentazione: questo aspetto • cruciale per legittimare lÕintervento su via San Lorenzo, da poco istituita come zona pedonale.
UnÕaltra prioritˆ in questo senso • per via San Vincenzo, che deve avere finalmente, a oltre 15 anni dal suo avvio come zona pedonale un intervento che la qualifichi definitivamente in quel senso. Per ci˜ che concerne i nuovi interventi poniamo come prioritario quello di via Rolando, richiesto da decenni. Gli investimenti connessi alla mobilitˆ pedonale possono essere complessivamente ingenti se legati al ripristino del lastricato, ecc. ma non bisogna dimenticare che si tratta di interventi legati, in fondo, ad unÕordinaria manutenzione. Inoltre, troppo spesso si dimentica che un intervento di lastricatura ben eseguito • pi• costoso di una asfaltatura, ma dura come minimo ventÕanni, per cui, in una valutazione anche solo a medio termine, • sicuramente pi• conveniente. LÕavvio di zone pedonali • di per sŽ a costo quasi zero, considerato anche, che dei costi di un minimo di arredo sono spesso disponibili a farsi carico gli stessi commercianti. I commercianti e la mobilitˆ pedonale Intervenire sulla mobilitˆ pedonale, agevolandola con interventi di risistemazione (allargamento di marciapiedi, ecc,) oltre a rappresentare una riqualificazione complessiva per la cittˆ, pu˜ essere un disincentivo allÕacquisto Òmordi e fuggiÓ
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fatto magari lasciando lÕauto in doppia fila, incoraggiando una permanenza maggiore nella zona oggetto degli interventi di riqualificazione: la persona a piedi • propensa, se trova piacevole camminare (ed in questo sta il senso degli interventi di miglioramento degli spazi pedonali) entrare in pi• negozi. Diversi studi e ricerche sembrano dimostrare che il pedone o colui che si muove con il mezzo pubblico non • peggior cliente per i negozi di colui che ci arriva in auto; considerato che lÕauto tende a sottrarre spazio pubblico, pu˜ essere un ostacolo alla percorrenza a piedi, quindi di un altro potenziale acquirente. Se peraltro nella nostra cittˆ si parla nellÕambito complessivo degli spostamenti cittadini di una quota del 41 % assolta dal mezzo pubblico, contro il 38 % dal mezzo privato (compreso il motociclo) e ben il 21% di mobilitˆ pedonale, stando a questi dati, almeno in teoria, tra mezzo pubblico e spostamento pedonale vi sarebbe una bella quota di potenziali clienti. In questo senso, la posizione tenuta spesso nella nostra cittˆ da varie associazioni di categoria, che pongono tra le richieste quasi sempre solo il discorso dei parcheggi, potrebbe essere un errore di valutazione o quantomeno di sottostima del potenziale utente che si muove con altri mezzi.
Ma alla lunga perseguire certe strategie potrebbe anche essere controproducente. Pi• si aumenta lÕofferta di sosta e pi• si rischia di attrarre traffico privato, con il conseguente degrado ambientale, (che allontana lÕutenza pedonale) e congestione da traffico, che ha effetti estremamente negativi soprattutto sul trasporto pubblico, ma spinge anche lo stesso utente automobilista a rivolgersi verso strutture di grande distribuzione pi• o meno svincolate dal traffico urbano, o che comunque permettono un grosso acquisto una volta alla settimana o poco pi•. Vittime di questa politica potrebbero quindi essere alla fine proprio i negozi, specialmente se si commette lÕerrore di creare un conflitto tra residenza e attivitˆ commerciale, fino allÕidentificazione del negozio stesso come fonte di traffico e quindi di degrado (e questo accade giˆ ora per locali come bar o ristoranti). Certo, la realtˆ di diversi quartieri • differente rispetto a quella di una zona come il centro storico o anche a quella di una zona come via San Vincenzo: un equilibrio tra chi ci abita e ci lavora pu˜ essere trovato garantendo una buona accessibilitˆ. Che la risposta possa essere il mezzo privato • per˜ tutto da dimostrare, che la risposta sia anche una buona mobilitˆ pedonale • invece ampiamente dimostrato.
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Capitolo 8 La mobilitˆ ciclabile
La mobilitˆ ciclabile
Introduciamo questo argomento rifacendoci a quanto anticipato nel primo capitolo. Se la causa di una scarsa diffusione della bicicletta nella nostra cittˆ • un problema ÒculturaleÓ si dovrebbero analizzare le motivazioni che incidono su questo posizione. Vi sono cittˆ nelle quali storicamente la mobilitˆ ciclabile • sempre stata (ovviamente dal momento di diffusione della bicicletta!) importante, e continua ad esserlo. (Potremmo mettere in questa categoria Amsterdam, molte cittˆ tedesche e in generale del nord-Europa e, in Italia, Ferrara, Bologna ecc.) Tali cittˆ sono in gran parte in pianura. Vi sono peraltro cittˆ di pianura in cui la mobilitˆ ciclabile non • mai stata veramente cos“ diffusa ed ha iniziato ad imporsi solo recentemente, assumendo caratteri di mobilitˆ alternativa (ci˜, ad esempio, sta accadendo in una megalopoli come New York, in cui peraltro accade tutto!). Vi sono cittˆ di pianura o blandamente collinari in cui la bicicletta ha subito fasi alterne di successo, ma non si • mai imposta fortemente, ed in cui vi • attualmente una modesta presenza di tale forma di mobilitˆ (potremmo citare Parigi, o Torino, in cui peraltro, in seguito ad una politica lungimirante degli ultimi anni lÕuso risulta in crescita). Esistono altre cittˆ in cui (pur essendo sostanzialmente in pianura), la bicicletta risulta di scarso impiego (e potrebbe essere il caso di Londra). Ulteriori altre in cui, ad un considerevole utilizzo negli anni dellÕimmediato dopoguerra • seguito un graduale abbandono, fino ad arri-
vare ai nostri giorni, in cui lÕuso • relegato ad una fascia potremmo dire ÒalternativaÓ o comunque minoritaria (Milano potrebbe rientrare in questa categoria). Come si vede, ce nÕ• per tutti i gusti, a dimostrazione della valenza culturale e sociale del problema. La casistica • assai ampia, e suscettibile delle pi• varie interpretazioni, avendosi tra l'altro i casi pi• disparati. Anche indifferente sembra essere la dimensione della cittˆ, visto che abbiamo agglomerati urbani assai grandi in cui tale mezzo • diffuso e, per contro, piccoli centri in cui non lo •, e viceversa, (anche se forse sembrerebbe esserne pi• raro lÕuso nelle megalopoli). Una notevole influenza pu˜ aver avuto la politica della mobilitˆ portata avanti dalle singole amministrazioni locali, perchŽ • evidente che anche in una cittˆ predisposta per lÕuso della bici, se non vi • un minimo di politica di tutela se non di incentivazione del mezzo, • possibile che se ne abbia un crollo nellÕuso. Come ulteriore esempio, si pu˜ portare quello di due centri liguri, ovvero Recco e Chiavari. Nel primo, ÒadattoÓ orograficamente allÕuso della bici solo in parte, tale mezzo • molto poco utilizzato, ed anzi, Recco • forse una delle localitˆ in cui pi• • difficile mettere in discussione lÕuso e lÕabuso dellÕautomobile. Nel secondo, in cui ancora una decina di anni fa un considerevole numero di spostamenti era effettuato in bici, assistiamo sempre di pi• ad una disaffezione verso questo mezzo. Il confronto tra immagini di qualche decennio passato
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e le attuali • sconfortante: alle bici si • sostituita una moltitudine di moto ed autoveicoli, con conseguente degrado, anche estetico, dellla cittadina rivierasca. Crediamo che quanto sopra esposto inviti a una maggior apertura mentale sul problema: ogni luogo pu˜ fare caso a sŽ, e occorre capire i motivi di una situazione, senza preconcetti, legati ad unÕimprobabile Òlogica delle coseÓ. . Gli ostacoli per lÕuso della bici a Genova Quali sono i principali ostacoli a una diffusione della ciclabilitˆ urbana in una cittˆ come Genova? Analizziamo i principali problemi. Quello pi• consueto, o, per meglio dire, ritenuto pi• comunemente come principale ostacolo • quello orografico. La presenza di salite verrebbe ritenuto uno dei principali problemi alla diffusione della bici in cittˆ. Parlando con persone che abitualmente la bici la usano, tale problema non sembra per˜ cos“ seterminante; risulta esserlo forse per alcune parti della cittˆ, ma non come problema diffuso a tutto il territorio. Come giˆ si • detto, per le direttrici principali della cittˆ non lo • particolarmente. La risoluzione del problema orografico, pu˜ in
ogni caso esser in parte attuata con un uso integrato tra bici ed impianti speciali1. Occorre per˜ che lÕutilizzo degli impianti speciali da parte dei ciclisti sia consentito senza limitazioni, e dovrˆ andare al buon senso di questi un uso che non arrechi fastidio agli altri utenti. LÕintegrazione potrebbe poi estendersi anche ai bus, nel momento in cui circolassero sulle strade cittadine mezzi a pianale completamente ribassato e con una disposizione interna che favorisca una maggior mobilitˆ allÕinterno del mezzo (ancora meglio sarebbe con i tram). In ogni caso, bisogna rimarcarlo, il fattore orografico pu˜ diventare oggettivamente un problema in presenza di salite lunghe decine di metri e di pendenze oltre il 6 %. ÇIn Svizzera, che non • un paese di pianura, la bicicletta • molto usata. A Berna, dove molte strade hanno una pendenza del 7 % la bicicletta • usata per il 15 % degli spostamenti, a Basilea per il 23 %È2. A Nizza, che non • certo una cittˆ pianeggiante, ma ha molte parti acclivi, parte della Polizia Municipale gira in bicicletta. Quanto detto fino ad ora sta a dimostrare che su una questione come la ciclabilitˆ urbana, e rispetto alla presunta condizione inadeguata di Genova, si innestano probabilmente alcune motivazioni reali mescolate a pregiudizi.
1 - Tale integrazione • giˆ attiva, limitatamente ad alcuni impianti per determinate fasce orarie nei giorni festivi, grazie allÕimpegno del Circolo Amici della Bicicletta di Legambiente in Genova e alla disponibilitˆ dellÕAMT. 2 - Fonte: Òcittˆ per la bicicletta, cittˆ per lÕavvenireÓ Commissione Ambiente, Sicurezza e protezione civile della Commissione Europea, 1999.
ÒPedoni e ciclisti, prioritˆ alla qualitˆ della vita a Nizza; piste ciclabili e percorsi pedonali, estensione della zona pedonaleÓ. Cos“ recita un pannello informativo dell'Amministrazione Comunale nizzarda.
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A conferma si pu˜ citare anche il caso di Trondheim, in Norvegia, cittˆ con salite e discese, in cui la mobilitˆ tramite bici rappresenta lÕ8 % degli spostamenti. In compenso • ormai un dato accertato che il vero problema per lÕuso della bicicletta in cittˆ • il traffico. Tutte le ricerche, i sondaggi, ecc. in ambito europeo confermano questo dato. Laddove infatti si sono fatti interventi per realizzare itinerari ciclabili lÕuso della bicicletta • aumentato di riflesso. Ad esempio, a Ginevra, grazie ad interventi di piste ciclabili, lÕuso della bicicletta • aumentato dal 2 al 4 %3. Che il "fattore traffico" giochi un ruolo determinante • riscontrabile anche nella nostra cittˆ, dove • pi• facile vedere persone girare in bici in zone come la Foce (ma anche in centro) al sabato o alla domenica mattina che negli altri giorni. La stessa realizzazione di itinerari pedonali, potrˆ essere quindi di riflesso un incentivo per la ciclabilitˆ urbana. AllÕestero • in qualche caso non consigliata la convivenza tra pedoni e ciclisti, nel caso genovese si dovrˆ in qualche misura accettare un compromesso di questo tipo. Anche nella nostra cittˆ esiste in misura minore, ma esiste una potenzia-
le utenza ciclista. Quello che manca sono gli interventi a sostegno di tale modalitˆ di trasporto. Bici e moto, non • la stessa cosa... Equiparare la mobilitˆ motoveicolare a quella ciclistica • scorretto, in quanto la bici ha un impatto ambientale nullo, mentre la mobilitˆ motoveicolare ha un impatto per quel che riguarda rumore, smog, occupazione, spazio, molto maggiore. Il motociclo ha in pi• un livello di rischio estremamente superiore, in quanto consente velocitˆ considerevolmente maggiori rispetto a quelle che possano raggiungere i ciclisti, che rischiano oltretutto di diventare il soggetto pi• debole sulla strada, trovandosi da una parte le auto che li spingono da un lato, dallÕaltra i motorini che tagliano loro il percorso. Infine, salvo comportamenti particolarmente pericolosi, le bici non sono motivo di disturbo o pericolo per i pedoni, anche in un ambito pedonale, mentre le moto lo sono. Le prospettive per la ciclabilitˆ urbana a Genova Il nuovo PRG non inserisce unÕipotesi di pianificazione di percorsi ciclabili al suo interno, verrebbe peraltro previsto un percorso ciclabile da piazzale Kennedy alla Stazione Marittima4.
3 - Si veda nota 2. 4 - Si veda pag. 229 della ÒRelazione IIlustrativaÓ del PRG di Genova.
A sinistra: una corsia ciclabile lato strada. La realizzazione di corsie ciclabili si • rivelata dappertutto un valido modo per incentivare l'uso della bici in cittˆ, come diversi dati in tutta Europa confermano.
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Tale intervento, (che comunque non compare nelle cartografie), oltre a suonare come una specie di contentino, se pu˜ avere un minimo senso a fini ludici, sicuramente ne ha poco ai fini di una mobilitˆ alternativa, se non • visto come parte di una rete che interessi i tre assi principali della cittˆ e si connetta verso levante, verso la val Bisagno verso il ponente e la val Polcevera. Il Comune di Genova ha peraltro ipotizzato dei percorsi ciclabili, che in parte risultano interessanti, in parte ai confini dellÕirrealizzabilitˆ, e che comunque sembrano essere slegati da una pianificazione complessiva della mobilitˆ. In ogni caso, per una vera diffusione di questa modalitˆ di trasporto • importante, per cos“ dire, Òpensare reteÓ. Alcune proposte per cominciare Si pu˜ prevedere UnÕipotesi minimale, di riuso di percorsi esistenti come itinerari ciclabili. Per questÕipotesi • comunque necessaria una apposita segnaletica, ed essa pu˜ comportare la delimitazione di parte del tracciato per mezzo di apposite corsie disegnate su marciapiedi allargati o a margine della carreggiata. Nel documento ÒGenova cittˆ ciclabile?Ó a cura del circolo "Amici della Bicicletta di Legambiente", vengono proposti 5 ÒsegmentiÓ, quali : segmento 1: stazione FS Sampierdarena - piazzale Kennedy; (appendice al segmento 1: FS Sampierdarena stazione Metr˜ Brin);
segmento 2 : stazione FS Quarto - stazione FS Brignole; segmento 3: casello di Genova Est - stazione FS Brignole; (appendice a segmento 3, casello di Genova Est - Gavette - Prato); segmento 4: attraversamento del centro; segmento 5: percorso storico delle antiche vie romane del levante (percorso a fini turistici); Una Ipotesi forte sarebbe invece la creazione di percorsi ciclabili ex novo. Tale ipotesi • quella pi• problematica, dato che prevederebbe una non facile realizzazione di percorsi ciclabili in val Polcevera e in val Bisagno. Le difficoltˆ maggiori sarebbero per˜ per il Ponente. La ciclabilitˆ urbana nella mobilitˆ complessiva Lo spazio che abbiamo dedicato alla mobilitˆ ciclabile pu˜ sembrare un poÕ scarso, ma, realisticamente, prevedere il futuro di Genova alla stregua di una cittˆ come Ferrara, con percentuali di spostamenti in bici intorno al 30 %, • utopistico: una agevolazione e facilitazione degli spostamenti in bicicletta potrebbe per˜ finalmente dare una risposta ad una domanda potenziale (che • molto maggiore di quello che si creda) che fino ad ora • rimasta insoddisfatta. E' poi possibile forse favorire uno spostamento verso la bici di una certa quota di utenza che attualmente si rivolge al motociclo, il cui impatto
A fianco: un controviale di corso Torino. La riorganizzazione di questi spazi porebbe portare al recupero di una corsia ciclabile e pedonale.
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sullÕambiente • piuttosto elevato. Sarebbe a nostro parere un risultato molto valido se si arrivasse ad un 5 % di spostamenti complessivi effettuati con bici. La strategia per portare una quota di motociclisti verso la bici potrebbe essere quello di modificare lÕapproccio culturale al mezzo. La bici elettrica pu˜ essere una fase di passaggio verso la bici, perchŽ ha della moto alcuni vantaggi (non si fa fatica) ma contemporaneamente ha prestazioni che sono assimilabili maggiormente alla bicicletta, ed • un mezzo molto meno aggressivo nei confronti dellÕambiente urbano. LÕipotesi minimale citata prima • di fatto un qualcosa che pu˜ essere realizzato indipendentemente o quasi dalle altre scelte sulla mobilitˆ complessiva. Un ipotesi forte, invece, ha bisogno di una integrazione con il resto della mobilitˆ pubblica e pedonale. Vi sono quindi alcuni problemi relativi allo spazio fisico che si pu˜ ritagliare per le bici, che in parte potrˆ essere in compartecipazione con i pedoni, ma in diversi altri casi si dovrˆ togliere alla sosta o al transito auto/motoveicolare. Giˆ in val Bisagno comunque, con lÕintervento di realizzazione della tranvia e ulteriori provvedimenti per la mobilitˆ pedonale tra via Canevari e via S. Vincenzo, sarebbe possibile avere un tragitto riservato a pedoni e bici. La bici pu˜ diventare un elemento trainante
per la riorganizzazione e la riqualificazione di alcuni assi viari, come corso Torino e corso Sardegna, dove un minimo intervento di percorso ciclabile pu˜ ridare un poÕ di ordine allo spazio urbano. Le occasioni mancate: corso Italia La ristrutturazione di corso Italia • stata unÕoccasione persa per creare uno spazio di percorrenza per la bici che le sarebbe stato quanto mai congeniale: in compenso abbiamo adesso uno spazio soffocante, in cui, insensatamente, • stato pianificato spazio di sosta per le auto sottraendolo al passaggio pedonale, per di pi• su un lastricato pregevole, cosa che suona come un vero e proprio schiaffo alla miseria. La presenza di panchine pi• simili a "catafalchi" che a spazi dove sedersi • inoltre un vero e proprio blocco fisico al proseguimento della mobilitˆ, e in compenso offre spazio ideale per il posteggio. Un intervento su una situazione simile dovrebbe essere quanto mai drastico, comportando lÕeliminazione delle ÒpanchineÓ, il portare a livello del resto del marciapiede lo spazio attualmente pi• basso dedicato al parcheggio e strutturare lo spazio ricavato come pista ciclabile; in alternativa la sottrazione di una corsia stradale lato mare per ricavare la spazio per la ciclabilitˆ, possibilmente in rilevato, e la soppressione in ogni caso dei parcheggi.
Si pu˜ provare a pensare cosa sarebbe corso Italia se lo spazio attualmente occupato da parcheggio fosse una pista ciclabile...
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Corso Italia come • oggi e che cosa potrebbe essere...
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Capitolo 9 Altre forme di mobilitˆ: il trasporto via mare
Il trasporto via mare
Una componente interessante di un Òpiano per la mobilitˆÓ di una cittˆ dotata di un ampio fronte costiero, quale • Genova, si ritiene possa essere quella del trasporto via mare, anche se le difficoltˆ di una sua impostazione e realizzazione quasi ex-novo per una attuazione sistematica e continua nel tempo si dimostrano notevoli: basti pensare ai condizionamenti atmosferici che influirebbero in modo determinante sullo svolgimento costante nel tempo di tale tipo di trasporto e quindi alle difficoltˆ cui andrebbero incontro i cittadini fruitori dello stesso.
non ne possano usufruire, specialmente laddove gli attracchi fossero collocati in aree come Boccadasse o Vernazzola, decentrate quindi rispetto ai mezzi pubblici. Volendo delineare un percorso operativo per lÕorganizzazione del trasporto in argomento, appare necessario che venga articolato nel modo seguente: 1 Individuazione di tutti i possibili punti di attracco (esistenti o da realizzare) per i battelli addetti al servizio (moli pontili e simili) lungo lÕarco costiero da Nervi a Voltri (e forse anche Arenzano e Bogliasco) che, oltre a costituire, approdo possano servire come siti di interscambio per i vari sistemi di trasporto che vi accedono.
é evidente che tale tipo di trasporto potrebbe risultare concorrenziale solamente su distanze medio lunghe, quindi provinciali, nel contempo, per˜, pi• aumentano i tratti da fare in mare aperto, maggiormente si evidenziano i condizionamenti sopra esposti. In ambito cittadino i mezzi terrestri attualmente 2 Strutturazione di tali punti di attracco con esistenti a disposizione dei genovesi risultereb- gli spazi e i locali necessari alla sosta (e in qualbero comunque pi• veloci ed anche economici. che caso anche al ristoro) delle persone e, sia pure in misura molto limitata, di eventuali loro Se dunque il fronte mare • una potenzialitˆ da mezzi di trasporto privato, con la prevalenza in sviluppare, lo • sicuramente per una mobilitˆ ogni caso di mezzi sostenibili (quindi bici ed di tipo prevalentemente turistico, il che non eventualmente biciclette elettriche) i quali potoglie che anche cittadini genovesi, per motivi di trebbero altres“ trovare posto nelle immediate tipo lavorativo, o in determinate circostanze (ad vicinanze, nel caso, peraltro assai comune, di es. per far compere in centro cittˆ, o per passa- particolari situazioni morfologiche costiere inare diversamente una giornata non lavorativa) datte a consentire lÕinserimento di tali manufatti.
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In ogni caso tutte le realizzazioni degli eventuali punti di attracco e/o la loro dotazione di spazi e locali per lÕattesa, lo scambio del mezzo di trasporto e quanto altro possa servire a rendere i siti in questione funzionali e gradevoli, dovranno essere estremamente contenute per dimensioni ed essere curate in modo da ridurre al minimo il loro impatto ambientale data la delicatezza paesistica di tutto il fronte a mare genovese. L'aspetto dell'interscambio, • evidente, rappresenta dal punto di vista ambientale quello pi• critico di tutta la pianificazione di un eventuale trasporto via mare. 3 Ricerca dei titolari di trasporti marittimi idonei a svolgere tali nuove funzioni tra cooperative e consorzi di battellieri che giˆ operano nel campo (ad esempio dei Servizi Turistici
allÕinterno del Porto di Genova, nonchŽ di Camogli, Rapallo, ecc.) o individuazione di nuovi operatori disposti a gestire il servizio di cui si tratta, sulla base di disciplinari di incarico che forniscano anche garanzie per gli utenti. Potrebbe in ogni caso trovarsi (ed offrire quindi agli operatori) un sistema organico ed unitario di gestione dei mezzi di trasporto unitamente agli spazi ed ai locali a terra, connessi e funzionali al sistema di collegamento messo in atto. Infine si dovrebbe esaminare la possibilitˆ di prevedere a favore di chi si darebbe carico di svolgere il servizio di trasporto marittimo, forme di agevolazioni finanziarie e/o di contribuzione da parte degli enti preposti al rilascio delle concessioni, autorizzazioni necessarie per tutto quanto verrebbe posto in atto.
A fianco: uno schema dei percorsi dei battelli turistici, estrapolato da un depliant informativo degli orari della cooperativa battellieri.
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Capitolo 10 La mobilitˆ veicolare e motoveicolare, la politica dei parcheggi
La mobilitˆ veicolare e motoveicolare
Una pubblicitˆ di una nota casa automobilistica di qualche anno fa proponeva, supportata dallo slogan Çdove vorreste essere quando siete quiÈ, l'immagine di una strada immersa nei boschi che si perdeva allÕinfinito in uno spazio assolutamente libero da auto, silenzioso ed incontaminato. La realta • per˜ lontana da quella che si vuole dipingere; dati della Comunitˆ Europea portano la quota di auto circolanti in Italia al primo posto con un quota pari a 28,5 milioni di veicoli1, con 10,2 milioni di vetture ancora da catalizzare (di cui 1,7 milioni immatricolate prima del 1984). Secondo i dati ISTAT2 il 46,5% degli intervistati pare angosciato dal traffico urbano, dai problemi di parcheggio (38%), dallÕinquinamento (37%)e dal rumore (34%) nelle grandi cittˆ e, dato ancora pi• interessante, il 64% farebbe volentieri a meno dellÕauto se ci fosse un buon sistema di servizi pubblici. LÕalta concentrazione dei traffici che si riscontra nei grandi centri urbani, ma soprattutto lo squilibrio regionale che vede la metˆ del parco circolante nazionale in Piemonte, Lombardia,
Liguria, Veneto ed Emilia Romagna non ha un eguale riscontro da parte dei trasporti collettivi che hanno avuto un calo del 37% tra il 1984 ed il 1993. A questo si aggiunge unÕincidentalitˆ cittadina che pesa al 70% sulla totalita dei sinistri che incidono fortemente anche come costo sociale. Nella nostra cittˆ la situazione non • certo migliore. Da un sondaggio effettuato nel novembre del 1994 da Italia Nostra in collaborazione con il Secolo XIX, risulta che su un calo costante della popolazione residente nel Comune di Genova corrisponde un altrettanto costante aumento del parco circolante pari a circa 5.000 autovetture / anno, e questo prima degli incentivi sulla rottamazione. Oggi che il parco circolante • giunto a 390.000 autovetture private3 nel territorio comunale, esclusi i motoveicoli ed i merci, la tendenza non • cambiata, anzi, le previsioni che portano ad una cittˆ con 550.000 abitanti nel 2012 non sono confortanti4.
1 - La densitˆ automobilistica italiana • di poco inferiore a quella statunitense (dati aggiornati al settembre1999). 2 - Rapporto annuale Istat 1999. 3 - Tali dati, aggiornati al 1992, hanno per fonte il Pubblico Registro Automobilistico, e sono citati anche nella relazione illustrativa del nuovo P.R.G. 4 - Dati tratti da proiecom 2 che segna a 641.400 la popolazione al 1998.
L'immagine della pubblicitˆ sopra citata.
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Il territorio genovese e lÕincompatibilitˆ con la mobilitˆ privata. Il conflitto fra territorio e mezzi di trasporto su terra in Liguria • sempre stato molto evidente. La maggior parte degli spostamenti veniva effettuata attraverso il mare ed in cittˆ come Genova ancora nel Ô500, caso quasi unico in Europa, la portantina era ancora comunemente usata mentre la carrozza, giˆ ampiamente diffusa nel nostro continente, faticava a diffondersi per ovvi motivi orografici. Il territorio genovese • dunque, a nostro avviso, fortemente incompatibile con una mobilitˆ di tipo veicolare che attraverso le infrastrutture, altamente impattanti, ed i servizi, altamente inquinanti, non rappresenta certo un sistema di mobilitˆ sostenibile. QuestÕultima • una considerazione oggettiva e confermata dalle analisi dell'assetto del territorio e degli spazi disponibili della cittˆ a cui troppo spesso (vedi il recente PRG), si sovrappone un tessuto ÒsinteticoÓ senza considerarne le conseguenze. Interventi sia urbanistici che viabilistici effettuati
in altre realtˆ (come il concetto di tangenziale) vengono troppo spesso ritenuti fattibili ed esportabili senza problemi alle nostre esigenze. Altri dati sullÕinquinamento atmosferico, sul rumore, sui generali danni allÕambiente ed al territorio avrebbero dovuto giˆ da tempo portare la classe politica genovese alla elaborazione di un piano della mobilitˆ, in modo da quantificare e qualificare con grande cura gli interventi con unÕattenzione ed un approccio ÒambientalistaÓ al territorio, non per dogma ideologico, ma per necessitˆ ecologica ed economica; ma questo, come giˆ si • detto, non • ancora accaduto. Sarˆ necessario da parte di chi amministra uno sforzo maggiore proprio nel cercare di inquadrare nella sua complessitˆ la mobilitˆ. Genova si trova in una condizione assai lontana da un ideale modello di mobilitˆ, autentico cuore della cittˆ contemporanea, anche perchŽ un tale modello non • mai stato pensato. In diverse occasioni sono stati fatti singoli studi sulla viabilitˆ, sulle aree di sosta, sullÕinquinamento, sul traffico5, ma non vi • mai stato lo sforzo di
5 - Si veda, ad esempio, in merito a tali singoli piani: "Studio delle aree di sosta" (Piano Parcheggi), elaborazione gruppo di lavoro costituito con ordinanza sindacale n. 677, del 3 giugno 1982, pubblicato nel 1984.
La differenza • pari a 2000 autovetture nuove su strada ogni anno con un calo di pololazione di circa 5.000 unitˆ anno (Dati aggiornati al 1992 rilevati per il sondaggio sopracitato).
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Ulteriori Interventi per frenare la crescita del parco auto e moto cittadino Le Amministrazioni locali non possono certo eliminare dallÕoggi al domani 90.000 auto di troppo, possono in ogni caso affrontare il problema in maniera alternativa, cercando di intervenire con tutta una serie di strategie coerenti. I questo capitolo, quindi, visto che di una seria politica sul trasporto pubblico abbiamo giˆ parlato e parleremo ancora, metteremo in evidenza ulteriori provvedimenti integrativi, attraverso i quali si potrebbero ottenere significativi risultati : Ñ instaurando una politica di alleggerimento fiscale sui nuclei familiari che diminuiscano il proprio parco auto; Ñ bonus in abbonamenti AMT a chi diminuisce il proprio parco auto Ñ agevolazioni agli esercizi commerciali che favoriscono i clienti e i propri dipendenti che si servono del mezzo pubblico; Ñ seria politica di eliminazione delle auto semiabbandonate sulle strade (presenti in numero considerevole); Ñ adeguata promozione ed eventualmente agevolazione del noleggio auto; Ñ favorire le consegne a domicilio; Ñ predisporre un sistema di scuola-bus per lÕentrata e lÕuscita dei bambini dalle scuole. Ñ agevolazioni sullÕabbonamento AMT a chi, nellÕambito di una riorganizzazione della sosta residenziale, rinunci al posto auto. Ñ interventi di modifica al DM 1444, relativo agli standards Urbanistici. Ñ politica rigorosa di gestione della sosta.
raggruppare questi studi ipotizzando un modello di mobilitˆ per la cittˆ. LÕunico piano a cui fare riferimento • il PUT (Piano Urbano del Traffico) imposto al Comune da precise direttive legislative nazionali (DL 30/4/92 n¡ 285)6 che non pianifica la mobilitˆ, ma si limita a regolamentare la viabilitˆ7, agendo sulla distribuzione dei flussi di traffico e non cercando di risolvere, a monte del problema, le cause del disagio. Non • un caso quindi che tale piano abbia giˆ dovuto subire aggiustamenti e ripensamenti, considerando, tra lÕaltro, che avrebbe dovuto essere relativo allÕintera cittˆ ed • invece uscito solamente sotto forma di stralcio per il centro cittadino. Le Infrastrutture viarie Il territorio ligure presenta Ç... livelli di motorizzazione superiori alla media nazionale ed ormai stabilmente oltre le 500 autovetture per 1000 abitanti, al netto dei motocicli, che costituiscono
una presenza pari al 20% del parco circolante...È 8 Abbiamo inoltre che la nostra regione dispone di 391 km di rete autostradale (dati riferiti al 1991), per una estensione territoriale regionale di 5.418 Kmq (la pi• piccola regione dopo il Molise e la valle dÕAosta). Ne consegue quindi che la Liguria ha un rapporto di 6,8 Km di autostrade per ogni 100 kmq, il rapporto di gran lunga pi• alto dÕItalia (si consideri che la media nazionale • di 2 Km per 100 Kmq). Ma anche per quel che riguarda le strade statali, provinciali e restante rete extra urbana la regione Liguria • ai primi posti per estensione. Si pensi solo, che, per quel che riguarda le strade extraurbane, siamo a 83 km su 100 Kmq contro una media nazionale di 47 Km9. Rispetto alla media italiana, emerge il ritratto di una regione particolarmente schiava della politica ÒautomobilisticaÓ, e questo, senza effettivi
6 - Ovvero il Nuovo Codice della Strada, (a cui seguono il regolamento, DPR 495 del 16 dicembre 1992, completamente rivisto dal successivo DPR 610 del 16 settembre 1996) e le Direttive per il PUT, (G.U. del 24 giugno 1995). 7 - Questo anche per specifici limiti della normativa. 8 - ÇLa domanda di mobilitˆ e la rete delle infrastrutture, quale programmazione per il 2000È; intervento dellÕArch. Alessandro Sinagra Dirigente Struttura Mobilitˆ e Grandi Infrastrutture - Regione Liguria. 9 - Dati tratti da: ÇLe strade sbagliateÈ, considerazioni sul programma di attuazione per la realizzazione delle grandi infrastrutture della Liguria, a cura di Diddi Besazza e Paola Faveto, gruppo Consiliare Verdi Regione Liguria maggio 1991.
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benefici pratici: non godiamo sicuramente di una migliore mobilitˆ. Questi dati oggettivi non possono essere estrapolati dal contesto di particolare condizione orografica del territorio che, oltre a richiedere opere ingegneristiche eccezionali, influisce notevolmente sui costi di realizzazione e di manutenzione. é evidente che 1 km di strada o autostrada ligure • altra cosa rispetto allo stesso numero di chilometri nella Pianura Padana. A considerazioni di tipo urbanistico ne vanno aggiunte altre di carattere progettuale. LÕestrema delicatezza del territorio ligure dovrebbe imporre, anche nelle procedure di mitigazione, atte a contenere lÕimpatto stesso delle opere, una particolare attenzione. Da questo punto di vista, tuttavia, non sembra esserci stata una particolare crescita della sensibilitˆ, soprattutto se si fa un confronto con gli interventi realizzati in particolar modo in svizzera ed in Austria, dove interventi di questo tipo sono nella pratica professionale da quasi un ventennio. Rispetto alla situazione regionale, il comprensorio genovese non fa eccezione. Per quel che riguarda lÕarea di Genova, i servizi attualmente offerti dalla rete autostradale vengono maggiormente usati da un tipo di mobilitˆ locale pi• che sovracomunale o di passaggio; mobilitˆ che si riversa attraverso i 7 caselli comunali sul tessuto urbano, che ha logicamente una ricettivitˆ ed una velocitˆ di flussi minore, portando alla congestione dellÕintera cittˆ. Dai dati disponibili emerge inoltre che la rete autostradale genovese ha avuto nellÕultimo decennio un incremento dei transiti per il flusso autoveicolare privato e per quello pesante. In particolar modo questo ha riguardato il tratto costiero tra Genova e Savona (dal 1989 al 1996 si • passati da una media di 10 - 15.000 veicoli pesanti / giorno a oltre 15.000) e la Voltri - Santhiˆ, dove, sempre nello stesso periodo, da 6 / 8.000 veicoli pesanti al giorno si • arrivati a 8 / 10.000. LÕaumento dei transiti ha riguardato il traffico merci, ma anche quello autoveicolare privato. Analizzando i dati relativi al periodo preso in esame si riscontra che il traffico si attesterebbe stabilmente oltre i 100.000 veicoli / giorno giˆ
dal 1989, senza mutamenti, sullÕA7. Si passa dagli 80 / 100.000 del 1989 agli oltre 100.000 del 1996 sullÕA10, rimane costante tra gli 80 / 100.000 sullÕA12, con lÕestensione di tale quota anche al tratto dellÕestremo levante ligure. Anche per lÕA26 si riscontra un aumento di transiti, che passano da meno di 40.000 ad una quota di 40 / 60.000. é necessario capire se la rete attuale sia sufficiente a sopportare tali flussi, prima ancora di parlare di ÒtangenzialeÓ, e se, addirittura, ipotesi quali quelle della liberalizzazione dei caselli non comportino conseguenze gravi per la cittˆ, ovvero se essa possa sopportare tali flussi, senza alcun ÒfiltroÓ che ne fermi una parte. é a nostro parere evidente che se la rete autostradale sopporta i flussi attuali, possa di per sŽ stessa rappresentare lÕipotesi tangenziale, anche pensando ad alcuni eventuali interventi di ristrutturazione. Capire la necessitˆ effettiva di spostamenti a medio-largo raggio nella nostra cittˆ, e capire quale sia questa necessitˆ • fondamentale per orientare correttamente una pianificazione delle nuove infrastrutture viarie. Ovvero: • inutile realizzare strade a scorrimento veloce se poi la domanda • a medio corto raggio; esse verranno disertate, e questo accade per talune giˆ realizzate. Bisogna poi prendere atto che lÕadeguamento autostradale basato su raddoppi o quadruplicazioni delle corsie non ha che un futuro a breve o medio raggio, in quanto la domanda di mobilitˆ autoveicolare cresce parallelamente allÕadeguamento del sistema infrastrutturale: • ormai una teoria accettata da molti pianificatori dei trasporti in ambito di ricerca scientifica ed universitaria, che la realizzazione di nuove strade abbia unÕeffetto moltiplicatore sul numero dei veicoli circolanti. DÕaltronde, come giˆ pu˜ apparire evidente dai dati forniti, la politica viabilistica non ci ha portato da nessuna parte. é necessario invece che interventi aventi lÕobbiettivo di portare a delle condizioni di riequilibrio della viabilitˆ debbano rientrare in una politica generale della mobilitˆ, interagendo sia in ambito comunale (e quindi con la mobilitˆ cittadina) che in ambito sovracomunale (rapportandosi con le altre regioni).
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Nella nostra regione ed in ambito genovese abbiamo in ultimo, come conclusione dei dati precedentemente citati, spesso situazioni di contiguitˆ tra centro abitato ed infrastrutture autostradale, con le immaginabili difficoltˆ di convivenza. Le tendenze pianificatorie in atto in ambito comunale La strategia espressa nel nuovo Piano Regolatore Generale non • purtroppo molto distante dallÕidea che ha contraddistinto tutta la politica infrastrutturale degli anni Ô60 e Ô70 del nostro Paese, caratterizzata da un netto squilibrio in favore dellÕasfalto. Il nuovo piano regolatore prevede circa 70 km di nuova viabilitˆ, tra nuovi tratti e allargamento di parti giˆ esistenti. Caratteristica saliente • quella di prevedere una soluzione di ÒaccerchiamentoÓ della cittˆ attraverso una viabilitˆ Òa mareÓ prevalentemente lungo la costa del Ponente, e rimarcando a monte la necessitˆ di una ÒtangenzialeÓ che vada ad aggiungersi allÕattuale autostrada come indispensabile infrastruttura per lÕattraversamento cittadino. La politica espressa dal Piano Regolatore sÕinquadra peraltro in una serie di ipotesi evidenziate anche a livello sovracomunale, politica che, al di lˆ di qualsiasi considerazione trasportistica e di politica della mobilitˆ, risulta estremamente devasatante per lÕaspetto ambientale e paesistico, ed anche per lÕassetto idrogeologico: infatti la maggior parte dei rivi e dei torrenti cittadini vedranno sulle proprie sponde nuova viabilitˆ. Ñ La viabilitˆ di previsione; l'esempio della strada di scorrimento veloce a mare: lÕintervento pi• massiccio previsto dal Comune • senza dubbio la nuova viabilitˆ di scorrimento veloce a Ponente; dal casello autostradale di Multedo, attraverso lÕarea delle acciaierie di Cornigliano, percorrendo lungomare Canepa e la zona di San Beningno a Sampierdarena si collegherˆ (attualmente tale tratto • soddisfatto dalla sopraelevata), attraverso un tunnel sub - portuale, con piazza Cavour e da l“ con un nuovo tratto ÒsopraelevatoÓ sino a piazzale Kennedy. Da qui, attraverso corso Italia trasformato in vera autostrada veloce, un tunnel collegherˆ
San Giuliano a corso Europa, in un ipotetico percorso continuo da Multedo a Nervi. Questa autostrada urbana, nelle previsioni di piano, dovrebbe rendere inutile il ricorso ad una Òbretella autostradaleÓ e garantire un veloce Òattraversamento cittadinoÓ. Tuttavia questo progetto non • da ritenersi corretto per per una serie di motivi: 1 - Per la perdita completa dellÕaffaccio al mare della cittˆ. Infatti • evidente che un nastro di cemento ed asfalto non pu˜ che essere una barriera fisica e psicologica insormontabile, al di lˆ di eventuali soluzioni di accesso. 2 - PerchŽ portare a mare la viabilitˆ di scorrimento significa far gravare tutto il flusso in area centrale, comportando per le autovetture, il dover transitare per viale Brigata Bisagno, per raggiungere, oltre la soprelevata, la nuova strada di collegamento Foce / piazza Cavour / Porto Antico / tunnel sub - portuale e oltre. 3 - PerchŽ tale provvedimento non • alternativo ad altri interventi forse pi• impattanti; • un intervento a cui si aggiungono tutta una serie di altri provvedimenti, quali: lÕallargamento/raddoppio dellÕautostrada, con il declassamento della stessa ad uso urbano e lÕallargamento in sede dellÕAurelia a Ponente, e, cosa ancor pi• assurda, in quanto la viabilitˆ a mare fu presentata come sostititutiva della bretella Voltri - Rivarolo, la realizzazione di una vera e propria tangenziale, di cui si afferma essere comunque necessaria la realizzazione. Inoltre nella prevista sostituzione della sopraelevata con il tunnel sub - portuale o con il faraonico ponte, avremo un potenziamento della prima (passaggio dalle 4 corsie attuali alle 6 di previsione). La gestione privata sia del ponte che del tunnel (• previsto un contributo di soggetti privati nella realizzazione della struttura) porterˆ al pagamento di un pedaggio. Ci˜ potrˆ abbassare il potenziale utilizzo dell'eventuale struttura, con aggravio sulla viabilitˆ tradizionale, rendendo quindi poco competitiva l'opera. Necessario, dunque, che venga riconsiderata completamente lÕidea ÒautostradaleÓ della viabilitˆ a mare proposta, anche per ridurre al minimo il contatto fra mezzi pesanti e autovetture, dirottando i primi direttamente in porto verso
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parcheggi dove poter trasferire le merci su rotaia; se sarˆ necessario muovere ancora su gomma le ÒcoseÓ in ambito cittadino, i camion non lasceranno lo spazio portuale e si muoveranno usando il tratto della sopraelevata giˆ utilizzato in porto che collega Sampierdarena a Sestri Ponente. La strada a mare non rappresenta neanche, in effetti, unÕopzione ideale per lÕaccesso alle strutture portuali. Il flusso di autovetture che giornalmente si riversano nelle strade urbane • senza dubbio molto alto. Quindi per evitare il pi• possibile che tali autovetture si riversino nelle strade della cittˆ, • necessario che. - vengano studiate soluzioni a regolamentare i flussi autoveicolari e del trasporto pesante in entrata ed in uscita dei caselli autostradali; - siano create corsie dedicate al flusso dei mezzi pesanti in modo che tali mezzi non si sovrappongano al traffico autoveicolare e completino il loro tragitto ÒcittadinoÓ esclusivamente in ambito portuale dove poter trasferire le merci su rotaia; -Legate ad alcune strutture di uscita autostradale si creino zone dedicate al parcheggio di interscambio per la mobilitˆ privata e per la piccola distribuzione, strutture di cui si parlerˆ nella sezione dedicata ai parcheggi.
Interventi sulla viabilitˆ urbana Una pianificazione della mobilitˆ della cittˆ presuppone, ovviamente, anche una ridefinizione di quella che • la viabilitˆ, compresi i flussi ed i sensi di marcia veicolari. Nel documento abbiamo preso in considerazione questo aspetto solo successivamente, ed in misura molto cauta, perchŽ era importante prima di tutto fare un quadro complessivo della mobilitˆ della cittˆ. Gli interventi relativi alla viabilitˆ debbono inserirsi allÕinterno di tale schema. Si • voluto evitare ci˜ che • sempre successo fino ad ora, ovvero che prima di tutto si pensasse ad intervenire sul traffico, (quindi ad invertire i sensi di marcia ed altri provvedimenti), senza una visione complessiva del problema. Questo modo di procedere, che • quello se-
guito da decenni, ha anche determinato scelte su cui si • in qualche caso poi tornati indietro, anche perchŽ non cÕera chiarezza sugli obiettivi che ci si prefiggeva, se non relativamente alla fluidificazione del traffico. La nostra idea • che debba esservi un chiaro modello complessivo, e solo allora si possa intervenire sul traffico per concretizzare alcune scelte a monte. Considerazioni generali sullÕattuale viabilitˆ genovese Negli anni passati, e ancora oggi, si • data primaria importanza alla ridefinizione dei flussi come elemento risolutore per il traffico cittadino. Da questo approccio sono scaturite scelte, che risalgono oramai agli anni Ô70, che hanno portato alla adozione dei sensi unici, ecc. ovvero ad uno stato che • molto simile a quello attuale infatti gli unici interventi di modifica di un certo rilievo sono stati apportati dal precedente PUT. Di volta in volta sono stati poi presi provvedimenti temporanei, si veda ad esempio la chiusura mattutina di via XX Settembre, agli inizi degli anni Ô90, o il sabato pedonale, realizzato dalla precedente amministrazione. Ulteriori chiarimenti sul concetto di ÒCentro StoricoÓ e di Òcentro cittˆÓ Sui nomi, e sul significato dei termini, si alimentano spesso equivoci e confusioni. Non esiste infatti Òuna norma UNIÓ sul significato di centro storico. Tradizionalmente si • considerato a Genova come centro storico la parte propriamente medioevale allÕinterno delle mura del Barbarossa, e delimitata a nord dallÕasse viario Zecca Nunziata. Per molto tempo • rimasta quindi esclusa la zona del Carmine, che pure • medioevale, della Domoculta, cos“ come tutta la zona di PrŽ. Il nuovo PRG peraltro, includendo in zona AS (storico-ambientale), anche la zona di PrŽ, cos“ come gran parte di Castelletto e parte di Portoria, sembrerebbe estendere il significato anche a zone che, pur essendo parte di una Genova Storica o, se si preferisce, far riferimento alla ÒGenova Storica nella sua forma compiutaÓ di Poleggi, ovvero cos“ come • arrivata alla fine del 1700, sono di realizzazione ottocentesca se non addirittura novecentesca.
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Interventi generali di modifica alla viabilitˆ Interventi per il rallentamento della velocitˆ In Tutta Europa, ma anche in Italia, sono diffusi sistemi fisici che impongono il rallentamento dei veicoli. In Germania • diffuso in qualche caso ad esempio il metodo di sagomare il marciapiede in modo da costringere i veicoli a compiere un percorso tortuoso e quindi, inevitabilmente, a rallentare la propria velocitˆ. Diffusi un po' dappertutto sono poi i cosiddetti "dossi artificiali", regolarmente previsti dal Codice della Strada, sia pure a determinate condizioni. La cittˆ italiana in cui questi sistemi sono meno diffusi • forse propro Genova. Gli unici esistenti sono in un settore del Porto Antico. Eppure vi sarebbero molte zone della nostra cittˆ in cui essi andrebbero collocati, per impedire che le strade diventino percorsi di gara. La collocazione di tali strutture risponde ad un criterio corretto, ovvero che le strade urbane non sono fatte per la velocitˆ, e debbono essere gli utenti della strada a limitare la propria velocitˆ, non i pedoni a doversi cautelare. La loro sistemazione • condizionata da alcune condizioni poste dal C d S, e giˆ a queste condizioni essi potrebbero essere collocati in diverse zone della cittˆ. Si ricorda comunque che il Sindaco ha molti poteri in merito, e che la collocazione dei dossi artificiali • legata alla classificazione delle strade stesse, che pu˜ essere modificata. Essi potrebbero essere sistemati in alcune strade interne dei quartieri della cittˆ, in diverse creuze storiche, in particolare in Albaro, qualora non ne sia possibile effettuare la pedonalizzazione. Verificata la fattibilitˆ di una loro collocazione in vie meno specificatamente residenziali essi potrebbero essere un sistema per "umanizzare" il traffico in ambiti bisognosi di riqualificazione, come alcuni lungomare, ad es. a Pegli, laddove specialmente nelle ore notturne la velocitˆ • piuttosto elevata. E' chiaro che interventi di questo tipo sono pi• che mai legati ad una volontˆ politica, in quanto molte problematiche legate all'interpretazione del Codice sono superabili. Nella sola Sestri Levante sul lungomare ve ne sono pi• che in tutta Genova! Interventi per il ridimensionamento delle carreggiate BenchŽ sia luogo comune sostenere che la nostra cittˆ abbia strade troppo strette, • in realtˆ spesso vero il contrario, ovvero, che esse siano troppo larghe per le funzioni corrette che debbono svolgere. Il risultato che questa situazione, piuttosto comune nella nostra cittˆ, comporta, • quella di offrire ulteriore spazio alla sosta vietata, che, proprio perchŽ ci si trova di fronte a careggiate pi• larghe, risulta ancora possibile senza bloccare del tuto il traffico privato. In compenso, questa situazione • fortemente penalizzante per il trasporto pubblico: dove pu˜ passare con qualche lieve difficoltˆ un autoveicolo altrettanto non pu˜ fare un mezzo pubblico di due metri e mezzo di larghezza. La ridefinizione delle larghezze delle carreggiate a seconda delle funzioni che debbano esservi svolte, quindi 3 m circa per vie in cui debba passare il mezzo pubblico, massimo due metri-due metri e mezzo per vie in cui debbano passare solamente veicoli privati, avrebbe una funzione di riordino dell'assetto viario, consentirebbe il recupero di spazio per il marciapiede, che potrebbe rimanere come tale per la mobilitˆ pedonale o essere in parte dedicato a corsia ciclabile, disincentivare il traffico parassita, e complessivamente essere di dissuasione all'uso sempre e comunque dell'autovettura privata.
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Tali zone sono state tra lÕaltro realizzate in parte, si veda via XX Settembre, se non a spese della cittˆ propriamente medioevale, quantomeno a discapito di quella cinquecentesca. Vi sono poi zone limitrofe, e non collocate quindi in Zona Storico Ambientale dal nuovo PRG che, pur possedendo al proprio interno diverse piccole preesistenze anche medioevali, sono state completamente sconvolte anche recentemente (es. via Madre di Dio, Piccapietra): zone in cui la cittˆ contemporanea ha sostituito quella precedente. Nessuno penserebbe di chiamare piazza Dante centro storico, anche se lÕarea • andata a sostituirsi ad un tessuto urbanistico che storico lo era eccome, cos“ come nessuno chiamerebbe via San Vincenzo centro storico, pur essendo un ensemble secentesco conservatosi quasi omogeneo. Se si fa un confronto con altre realtˆ, si riscontra che nei testi di urbanistica o di storia cittadina, si parla tranquillamente di centro Storico per Milano relativamente allÕarea compresa dalla cerchia dei Navigli, per una zona, dunque, che oltre ad avere pochissimo di medioevale se non singoli monumenti, ed • almeno negli aspetti esterni decisamente ottocentesca, • comunque assai composita, con non poche zone contemporanee. Anche per Parigi, si parla di Centro Storico per la zona delimitata dai "Boulevards Periferici", per una zona cio• che ha di medioevale praticamente niente, ed • frutto in gran parte della rivoluzione hausmanniana, in cui anche di recente sono state effettuate opere di sostituzione brutale (si pensi a Montparnasse); allo stesso modo Manhattan non si pu˜ forse considerare il Òcentro storicoÓ di New York? Nel caso di Genova il concetto di ÒCentro StoricoÓ si confonde con quello di ÒcentroÓ. é evidente che per alcune persone, anche allÕinterno della Civica Amministrazione, piazza della Vittoria • giˆ periferia (ritorniamo al giˆ citato discorso del parcheggio esistente, considerato di interscambio). Ovviamente non siamo dÕaccordo con tale considerazione legata ad una visione pre-industriale della cittˆ. Il paradosso • che tale concezione si sta rafforzando, come dimostrano i tentativi di accentramento di servizi nellÕarea del Porto Antico,
tuttavia per motivi di convenzione, nei prossimi capitoli intenderemo per centro cittˆ la zona che erroneamente individuerebbe la Civica Amministrazione, quella cio• dallÕinizio di via XX Settembre a Principe; mentre per area centrale una zona molto pi• ampia, comprendente anche la Foce, parte di San Fruttuoso e di Marassi. ÑLÕattraversamento del centro cittˆ: falso problema? La forte situazione di degrado del centro cittˆ viene tuttora da pi• parti giustificata dalla necessitˆ di attraversamento veicolare di questÕultimo, in mancanza di una ÒtangenzialeÓ, o altra struttura, che ne sgravi i flussi veicolari. In realtˆ non ci sembra vi sia mai stato un ragionamento approfondito su questo aspetto. I pochi dati in possesso evidenziano che la stragrande maggioranza degli spostamenti nella nostra cittˆ effettuati con lÕauto privata avvengono per meno di 4 km; spostamenti, dunque, per cui la presenza di una tangenziale risulta inutile. Per quel che riguarda la presunta necessitˆ di attraversamento del centro, varrebbe forse la pena di fare alcune considerazioni nonchŽ pi• attente riflessioni sul bisogno reale di una struttura di questo tipo. é evidente che unÕeventuale flusso di attraversamento • opportuno venga deviato verso arterie periferiche; questo era infatti uno dei punti nodali del precedente PUT, con il sistema a ÒstanzeÓ. EÕ tutto da vedere se per˜ i flussi attuali siano di attraversamento o non siano, molto pi• probabilmente misti, con una forte percentuale di traffico di penetrazione. La prima domanda che ci si dovrebbe porre •: dove vanno queste auto? é evidente che, in ogni caso, se flusso cÕ•, esso dovrebbe provenire in gran parte da levante. Osserviamo la situazione dal nodo di viale Brigata Bisagno/via Cadorna: le auto che si dirigono verso la Foce, verso la sopraelevata o verso corso Aurelio Saffi, possiamo considerarle sommariamente come traffico di attraversamento (anche se naturalmente vi • una quota in direzione di corso Italia, e una quota di penetrazione). Un flusso consistente di auto si immette invece in via XX settembre. Questo flusso si divide una prima volta; a par-
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te alcune auto che si inseriscono nelle traverse minori di via XX Settembre, verso via XII Ottobre, unÕaltra quota altrettanto consistente verso via Ceccardi, una quota inferiore continua il tragitto verso piazza De Ferrari. Il flusso da via Ceccardi si divide a sua volta, sommariamente, in auto che imboccano la galleria di via DÕannunzio, una quota che si dirige verso la galleria Colombo, ed unÕulteriore quota, inferiore, che si dirige verso via Fieschi. La quota in direzione della Galleria di via Madre di Dio pu˜ essere verso corso Aurelio Saffi o verso la sopraelevata. La quota che invece si • diretta verso via XII ottobre ha due destinazioni principali: verso via Vernazza, o verso il parcheggio o di nuovo verso De Ferrari, oppure verso via XII Ottobre e Corvetto. Il flusso verso Corvetto ha tre destinazioni possibili: galleria di Portello; via Assarotti; direzione Brignole, attraverso via Santi Giacomo e Filippo. Abbiamo dunque, anche in questo caso, una dispersione dei flussi. Il flusso di prosecuzione verso De Ferrari, ha infine tre possibilitˆ, cos“ come da via XII Ottobre: galleria di Portello; via Assarotti; direzione Brignole, attraverso via Santi Giacomo e Filippo.
Il flusso pi• consistente, anche perchŽ riceve da Corvetto • quello per la galleria Portello. Consistente, ma sempre piuttosto scorrevole. Il flusso si divide poi in auto che imboccano via Caffaro, auto che si immettono in piazza Fontane Marose, auto che proseguono verso la Zecca. LÕunico flusso realisticamente possibile di attraversamento rimane quello per la Nunziata; tuttavia, con la nuova sistemazione di via Balbi, abbiamo che le auto si dirigano o verso via delle Fontane, o si siano dirette prima verso via Lomellini. A questo punto lÕunico flusso possibile di attraversamento sarebbe quello da via delle Fontane. Tale flusso, ammesso che sia tutto di attraversamento, si • comunque decisamente assottigliato rispetto al flusso iniziale di via XX settembre. Parrebbe, dunque, che il grosso del traffico gravitante in centro sia in gran parte traffico di penetrazione, a cui si aggiunge traffico interno. Il "Tab•" della chiusura del centro Una chiusura almeno parziale, o comunque una considerevole limitazione dellÕaccesso al centro cittadino da parte degli autoveicoli privati • una ipotesi percorribile se i dati di rilevamento confermeranno le nostre valutazioni, e di questo
Questa • la coda che quasi tutti i giorni nelle ore di punta (salvo sporadici blocchi della circolazione, come il recente per il benzene) devono affrontare le persone dirette verso il centro. Siamo in via Ricci, Albaro. Situazioni come queste sono il sintomo evidente di un carico autoveicolare complessivo eccessivo rispetto a quello che possa sopportare la rete viaria della cittˆ.
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siamo piuttosto convinti. In ogni caso, giˆ da ora, senza alterare gli schemi esistenti in modo particolare, senza quindi influire in maniera eccessiva sui flussi veicolari, • possibile ridefinire alcuni schemi viari nel centro cittadino. Ñ Da dove viene il traffico?: questa pu˜ sembrare una domanda banale, ed • invece fondamentale, (assieme allÕaltra: dove vˆ il traffico?). Nessuno dei due argomenti sembra essere preso in considerazione nella pianificazione della viabilitˆ, si dˆ per scontato che vi sia un traffico fondamentalmente di attraversamento, e che il grande traffico venga da ponente. Se sul primo punto poniamo dei dubbi, sul secondo non ve ne sono: tale convinzione • erronea! il grosso traffico veicolare viene da levante, non da ponente. Questa affermazione • confermata dai pochi dati a disposizione, ed •, in certo senso riscontrabile osservando una semplice cosa, ovvero i flussi massicci di auto che abbiamo sia su corso Italia che su via Barabino e via Invrea / corso Gastaldi in uscita e su su corso Italia corso Buenos Aires, e corso Gastaldi in entrata: in ciascuna di queste vie abbiamo un traffico equivalente a quello riscontrabile ad es. in via Buozzi. Escludendo quindi la sopraelevata, su una sola arteria abbiamo il medesimo traffico di tre!
Anche solo da un punto di vista ÒidraulicoÓ avremmo la dimostrazione che il traffico da ponente non • superiore, ed • al massimo equivalente a quello da levante. Secondo dati comunali risulterebbe, tra lÕaltro, che circa il 39 % degli spostamenti da ponente sarebbe su treno. Invitiamo ad una riflessione: il ponente • pi• popoloso, ha meno strade, ha meno traffico! Prospettive dÕintervento per un ripensamento della viabilitˆ nellÕarea centrale La nostra pretesa non • fare un contro PUT, tuttavia riteniamo che vi siano alcuni interventi di correzione dellÕattuale viabilitˆ che siano comunque opportuni. LÕ attuale PUT • stato oggetto di durissime critiche da parte di quasi tutte le forze politiche. In effetti in esso vi sono degli errori, tuttavia molte critiche sono state strumentali. Le Associazioni Ambientaliste avevano a suo tempo formulato osservazioni in merito a tale piano, centrandone alcuni punti deboli. Alcune correzioni allÕattuale Piano Urbano del Traffico sono quindi necessarie. Lo sbaglio fondamentale di tale piano • stato quello di riguardare sostanzialmente la zona centrale della cittˆ, e di trascurare zone come San Fruttuoso, Marassi, Albaro, Foce, e Sampierdarena.
La stragrande maggioranza dei cittadini genovesi ha risposto s“! al quesito postogli dalla Civica Amministrazione attraverso il referendum svoltosi nel '93 sulla chiusura graduale del centro. L'unica che sembra non essersene per ora accorta • l'Amministrazione stessa...
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sporto. Il PUT diverrebbe quindi il vero e proprio strumento operativo di scelte pi• ampie, in cui la pianificazione della mobilitˆ • a monte degli interventi di modifica della circolazione. Ñ Maggiore prioritˆ allÕaccosto merci: per la funzionalitˆ commerciale dellÕarea centrale, • necessaria prima di tutto una miglior riorganizzazione degli spazi merci ad uso carico e scarico. La riorganizzazione ed estensione degli spazi merci • necessaria in quanto attualmente, oltre a spazi insufficienti abbiamo una cattiva collocazione degli stessi e, ancor pi• sovente, unÕoccupazione da parte di veicoli privati degli spazi stessi. Ñ Riorganizzazione e ampliamento delle zone taxi: discorso analogo • da farsi per gli spazi di sosta per le auto pubbliche: essi sono insufficienti e, soprattutto, mal collocati, in posizione spesso di conflitto con il trasporto pubblico. Occorre dunque una riorganizzazione di tali spazi, e ci˜ va fatto sottraendo spazio a zone Il PUT come strumento operativo del Piano che tendono ad essere soggette a parcheggio abusivo. della Mobilitˆ Il Piano Urbano del Traffico, necessariamente complessivo per la cittˆ, dovrebbe nel dettaglio La mobilitˆ motoveicolare stabilire le concrete modifiche alla viabilitˆ, in LÕaspetto della sostenibilitˆ ambientale di tale accordo con il piano della mobilitˆ che indica in- mezzo di trasporto, • stato, nella nostra cittˆ, sivece le linee guida generali sulle modalitˆ di tra- curamente sottovalutato. Tra gli errori quello di non prevedere per il flusso veicolare un filtro prima del centro, di occuparsi di cordolature solo in centro trascurando ad esempio la val Bisagno e, tra gli interventi puntuali, di aver collocato un parcheggio a rotazione in piazza Colombo, decisione che ha comportato per lungo tempo uno stato di estremo degrado della piazza, situazione a cui fortunatamente si • posto parzialmente rimedio in tempi recenti con lÕeliminazione del parcheggio stesso. Tale piano contiene, nonostante tutto, non pochi elementi positivi. Occorre tra lÕaltro chiarire che alcune ipotesi proposte dal PUT, quale ad esempio il cosiddetto Òroad pricingÓ, ovvero un pedaggio da far pagare agli automobilisti per il passaggio su alcune arterie urbane, non • una prassi da socialismo reale, ma una procedura giˆ utilizzata in non pochi paesi per indirizzare o controllare il flusso veicolare. Da verificare, piuttosto, • una sua eventuale applicabilitˆ in territorio genovese.
Sopra: piazza Colombo all'epoca dell'esistenza del parcheggio, e, a destra, come si presentava qualche tempo dopo la sua eliminazione.
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Gli aspetti che dovrebbero invece essere presi in considerazione sono: - lÕinquinamento acustico, che • estremamente elevato; - la percentuale di incidentalitˆ di tale mezzo (ricordiamoci che certi ÒcinquantiniÓ di nuova concezione arrivano agli 80 kmh); - lÕoccupazione degli spazi determinato da tali mezzi, che proprio perchŽ pi• maneggevoli finiscono per essere di ostacolo alla mobilitˆ pedonale spesso quanto le auto in sosta. Ñ I comportamenti scorretti rispetto al Codice della Strada ed alle norme di sicurezza: a determinare una certa ÒbenevolenzaÓ generalizzata da parte degli amministratori (ma anche da parte della Polizia Municipale) nei confronti di tale mezzo di trasporto, • lÕidea che la presenza di utenti motorizzati sottragga utenti alla autovettura. Se ci˜ poteva forse essere vero in passato, ben difficilmente lo • attualmente. Anzi, la nostra impressione • che i pi• recenti centauri non siano ex automobilisti, ma ex utenti del mezzo pubblico. Non abbiamo al momento dati statistici, ma potremmo citare decine di esempi. Ci˜ pu˜ anche essere spiegabile, in una situazione in cui per decenni si lascia continuamente peggiorare la situazione del trasporto pubblico di superficie, ma • evidentemente un ulteriore elemento di aggravio, tanto pi• che ciascuno
tende a vedere solo il proprio interesse particolare, per cui nel realizzare gli unici interventi a breve termine che possono un poco risollevare le sorti del trasporto pubblico, (ovvero la realizzazione di percorsi protetti per il mezzo pubblico), oltre alla prevedibile resistenza dei commercianti ci si potrebbe trovare di fronte anche ad una sempre maggiore resistenza di motociclisti, magari abbonati AMT fino allÕanno scorso. Il risultato di quanto sopra • quello di procastinare sempre di pi• tali interventi e alimentare il circolo vizioso che porta al peggioramento del trasporto pubblico con la conseguente perdita di utenza, cosiccome l'aumento della mobilitˆ privata ha portato ad un ulteriore aggravamento del trasporto pubblico con la perdita di utenza ecc. LÕinquinamento spaziale determinato da tali mezzi • sempre pi• evidente: oramai si • arrivati alla saturazione di gran parte degli spazi disponibili per la sosta, a meno di non sacrificare ulteriori spazi pedonali. Va poi detto che vi • stato un peggioramento ulteriore anche nel centro storico, in cui, assai pi• di qualche anno fa •, frequente il transito di motocicli, con notevole fastidio di pedoni e residenti. In diverse aree del centro cittˆ • evidente lÕesistenza di una continua e costante situazione di parcheggio in sosta vietata concessa ai moto-
1995
1998
Nelle due foto a sinistra: un esempio di come lo spazio libero si sia rapidamente saturato di motocicli. la prima immagine, in alto, • stata scattata alcuni anni fa; quella in basso • del 1998. In alto: tabella estratta da: ÒRelazione al Parlamento sullo stato di sicurezza delle stradeÓ, 1998. I dati che emergono dalla Relazione (di cui una tabella sopra) evidenziano l'alta incidentalitˆ di tale mezzo, e l'elevato numero di incidenti che caratterizza la nostra cittˆ.
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ciclisti (ad esempio piazza De Ferrari, o vico Spotorno). Grave • anche la situazione, piuttosto frequente, di infrazione al Codice della Strada, con il passaggio contromano dei motoveicoli, (si veda il caso di via XX settembre) che spesso costringe gli autisti AMT ad andare a passo di lumaca per evitare frontali, o la percorrenza di motocicli allÕinterno delle corsie riservate ai mezzi pubblici. SullÕaspetto della mobilitˆ motoveicolare, in contrasto con le valutazioni da noi sopra effettuate, la revisione del PUT pone come obiettivo Òla facilitazione dellÕuso di questo mezzo Ò (pag. 53, cap. 6.9) prevedendo ulteriori spazi di sosta, tra cui uno a discapito di unÕarea pedonale (piazza Piccapietra).
Riflessioni sulla politica dei ÒparcheggiÓ Esiste a moltissimi livelli, dal cittadino allÕamministratore, una fideistica, ingenua convinzione, che la realizzazione di parcheggi, intesi peraltro in una confusa accezione che ne mescola le diverse funzioni, pubbliche e private, sia la prima, migliore e prioritaria soluzione per la risoluzione dei problemi della mobilitˆ delle persone. Tale opinione trova larga cassa di risonanza sugli organi di informazione. Di fronte alla pervasivitˆ dellÕauto, infatti, che occupa tutti gli spazi disponibili, sembra smarrirsi un qualsiasi approccio razionale. Ed • cos“ che si viene a creare una sorta di vox populi per cui andrebbero ricondotti alla presunta mancanza di parcheggi (residenziali e non) i problemi della cittˆ: i quartieri collinari avrebbero quindi come unico problema la mancanza di parcheggi (non lÕassenza di servizi, la mancanza di spazi di aggregazione, la carenza di verde) e i problemi del centro storico stesso sarebbero in gran parte problemi di mancanza di parcheggi. Siamo per˜ davvero convinti che la maggioranza dei genovesi abbia questa opinione? E se anche fosse, la maggioranza dei genovesi avrebbe ragione? Noi riteniamo che tale convinzione, sia sostanzialmente confutabile per una serie di motivazioni piuttosto ampia. Le riflessioni che ades-
so proporremo, sono una approfondimento di alcune tematiche giˆ in parte affrontate. Come prima cosa eÕ necessario stabilire differenze tra le tipologie esistenti (quindi iniziamo cercare di capire quali parcheggi, come, dove, e per chi). EÕ necessario, a questo scopo, individuare alcune categorie di parcheggi: ognuna risponde a delle esigenze differenti, e quindi ad unÕutenza differente. Sinteticamente si possono individuare i seguenti: a) parcheggi dÕinterscambio; previsti specificatamente per chi arriva da fuori cittˆ o da zone particolarmente periferiche, il quale lasciata lÕauto, troverˆ immediato interscambio per un mezzo pubblico. Tali parcheggi hanno quindi unÕampia capacitˆ ed hanno un prezzo contenuto, in quanto • prevista la sosta dellÕauto anche per lÕintera giornata, ed hanno lo specifico compito di fare da filtro ad una penetrazione automobilistica nelle areee pi• urbanizzate e quindi pi• fragili rispetto al traffico, incentivando al contrario lÕuso del mezzo pubblico; b) parcheggi generici a rotazione; per unÕutenza indifferenziata, previsti per una mobilitˆ diffusa, con un uso del posto auto in tempi che vanno dalla frazione di ora a qualche ora; c) parcheggi residenziali; ad uso esclusivo di residenti. Possono andare dal garage singolo, alla struttura multi boxes, alla struttura a posti auto liberi. NellÕultimo caso ne • possibile la modifica in parcheggi a rotazione; d) parcheggi per mezzi pesanti; aree di sosta dedicate ai mezzi pesanti quali camion articolati o per trasporti eccezionali che hanno la possibilita di essere parcheggiati per periodi brevi o lunghi. Posizionati normalmente in aree industriali dovrebbero essere forniti di sevizi minimi per gli autisti. Attualmente, la sosta dei mezzi pesanti in aree non dedicate, interferisce con lÕutenza automobilistica privata; e) parcheggi per torpedoni turistici; parcheggi adibiti ad una esclusivo uso di pulman gran turismo che, dopo aver scaricato i turisti in zone fisse della cittˆ o nello stesso parcheggio,
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La politica dei Parcheggi
possano dirigersi in attesa di recuperare i turisti. senza gravare sulla ricettivitˆ cittadina e sulla viabilitˆ ordinaria. Anche in questo caso dovrebbero essere forniti di servizi minimi; f) parcheggi per la distribuzione capillare; parcheggi ad uso promiscuo dove il camion della grande distribuzione deposita la propria merce, che pu˜ venire ridistribuita su mezzi pi• piccoli, preferibilmente elettrici, per una distribuzione capillare in cittˆ. Essi sono solitamente collocati in zone industriali o vicino a caselli autostradali; g) parcheggi (aree di sosta) per merci; aree di sosta collocate allÕinterno della cittˆ, dove i mezzi, siano essi elettrici o convenzionali, possono sostare per le operazioni di carico e scarico delle merci per i negozi; tali aree possono essere aree delimitate da striscia gialla, oppure essere non delimitate, ad es. nel caso di isole pedonali ad orario; h) parcheggi per taxi; parcheggi ad uso riservato ai taxi. posizionati in aree strategiche della cittˆ. i) parcheggi speciali; parcheggi speciali sono quelli delle ambasciate, polizia, vigili del fuoco ecc. e quelli riservati a portatori di handicap. Questi parcheggi possono essere a rotazione per un accesso facilitato ad esempio in aree centrali a determinate categorie di utenti, o residenziali, quale posto riservato. Giˆ da questa schematica suddivisione ci si pu˜ rendere conto che esiste una grande va-
rietˆ di tipologie di parcheggi che presentano fondamentali differenze, differenze per˜, che tendono in non pochi casi ad essere confuse se non addirittura cancellate. Va evidenziato, tra lÕaltro, che alcune di queste categorie di parcheggio nella nostra cittˆ non esistono. I parcheggi di Interscambio Il parcheggio di interscambio, proprio per la funzione nodale nella mobilitˆ, assume una grande importanza. La corretta collocazione, la sua facilitˆ di fruizione e di interscambio con il trasporto pubblico o comunque collettivo concorrono ad una felice utilizzazione della struttura. Verso queste aree di sosta dovrˆ essere indirizzato lÕautomobilista che voglia, per vari motivi, arrivare in centro cittˆ, per˜ senza entrarvi con il proprio mezzo privato. Nel parcheggio avrˆ la possibilitˆ di lasciare la macchina anche per tutta la giornata, pagando un prezzo contenuto, e da l“ un mezzo pubblico della rete ordinaria che lo possa portare in zona centrale od eventualmente particolare, (come ad esempio lÕAcquario o la Fiera del Mare). Compreso nel prezzo del parcheggio un biglietto valido anche per il ritorno. LÕinterscambio deve quindi essere la prima barriera eretta per evitare che tutte quelle persone che giungono in cittˆ con lÕauto, in prevalenza attraverso i caselli autostradali, effettuino lÕattraversamento della cittˆ con la conseguente sosta.
Un parcheggio di interscambio a Strasburgo. (Da un'opuscolo realizzato dall'Amministrazione Comunale della cittˆ).
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EÕ dunque evidente, per non dire lapalissiano, che le strutture di interscambio debbano essere localizzate ben allÕesterno dellÕarea centrale, se non addirittura ai margini stessi della cittˆ, (anche se il concetto non • chiarissimo ad alcuni amministratori genovesi). Questo tipo di parcheggio, che potremmo definire innovativo per Genova, • un tipo di struttura presente, e da non pochi anni, in tantissime cittˆ europee ed italiane. Con la presenza di aree di interscambio, lÕautomobilista, sia esso proveniente dallÕhinterland genovese o da fuori provincia, potrˆ rendersi conto che, una volta lasciata lÕautovettura, potrˆ godere dei vantaggi che derivano da questo suo gesto; liberandosi infatti le zone centrali dalla morsa delle autovetture sarˆ possibile un ampliamento delle zone pedonalizzabili. Gli stessi i commercianti, attraverso un miglioramento delle condizioni di ÒshoppingÓ dellÕacquirente, avranno garantito, se non aumentato, il loro guadagno. Il ruolo dellÕinterscambio nella nostra cittˆ Occorre naturalmente aspettarsi il ÒgiustoÓ da tali strutture: esse rappresentano un tassello della mobilitˆ, non • possibile ad esempio credere che la loro realizzazione possa risolvere tutti i problemi del traffico, in una cittˆ dove gran parte dei movimenti sono interni. La stessa struttura morfologica della cittˆ (e della provincia, per non dire della regione), che non possiede una vera e propria periferia dispersa, ma nuclei generalmente localizzati su assi viari / ferroviari di primaria importanza, non • tra le pi• favorevoli allÕinterscambio. Facciamo qualche esempio per spiegare meglio il concetto. Ipotizziamo un utente che debba arrivare a Genova, e che abiti fuori Recco; normalmente giungerˆ a Recco o con un bus o in auto; spesso, se arrivato in bus e se il bus prosegue per Genova, • possibile she non scenda nemmeno. Se scende alla stazione, di qui prenderˆ il treno per arrivare a Genova. Difficile pensare che un utente che decida di affrontare il tragitto in macchina proceda con la sua auto solo fino a Nervi, e qui lasci lÕauto in un parcheggio di interscambio per successivamente prendere un mezzo pubblico; molto pi• probabile decida di procedere fino in centro, oppure prenda un tre-
no direttamente a Recco. Questo tipo di utenza che rappresenta una grandissima percentuale va ÒfermataÓ quindi prima, ovvero fornendogli servizi a carattere provinciale, cosa che, almeno dal punto di vista ferroviario giˆ ora accade in gran parte. La situazione genovese / ligure • dunque dissimile da quella che si pu˜ avere nel comprensorio milanese, (in un territorio caratterizzato quindi da insediamenti diffusi, ben difficilmente servibili capillarmente da un trasporto pubblico), e laddove una persona proveniente dallÕhinterland, arrivata ad esempio a Rogoredo o a qualsiasi altro capolinea del metr˜ lasci lÕauto nel parcheggio di interscambio per poi prendere la metropolitana. Il discorso • ancora pi• problematico, per quel che riguarda Genova, nel caso di un interscambio per cos“ dire ÒinternoÓ: lÕutente medio • disponibile a trasbordi nel caso di tragitti medio lunghi, in ambito quindi regionale o provinciale, pi• difficilmente in ambito locale. é nostra convinzione che in non pochi casi la presenza di servizi pubblici secondari pi• efficenti risulterebbe molto pi• gradita di un eventuale interscambio intermedio che comporta comunque la scomoditˆ di prendere lÕauto, lasciarla dopo pochi minuti, posteggiare, pagare un eventuale costo aggiuntivo, aspettare un mezzo pubblico. Non ci si potrebbe stupire se, in un caso del genere, lÕutente decida di disertare lÕarea di interscambio e proseguire fino in centro. Un interscambio di tipo ÒinternoÓ presenta dunque, a nostro parere, molte pi• criticitˆ rispetto a quello ÒesternoÓ; tanto pi• che ci si trova sempre di pi• di fronte ad una ÒparcellizzazioneÓ della mobilitˆ, con la scomparsa di spostamenti sistematici, e la frequenza sempre maggiore di un modo di muoversi per cos“ dire ÒdisordinatoÓ. Un interscambio di tipo interno pu˜ andare inoltre a interagire negativamente con il modello di trasporto pubblico che si vuole per la cittˆ; e pu˜, a seconda dei casi, o risultare inefficiente rispetto ai fini che ci si era proposti, assumendo magari le caratteristiche di un normalissimo parcheggio a rotazione, o diventare un alibi per lo smantella mento dei servizi bus secondari (nella logica che, essendoci lÕinterscambio il cittadino
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debba accollarsi privatamente il tragitto collinare) salvo che poi, il cittadino stesso lÕauto non la lasci affatto nel parcheggio e prosegua direttamente fino alla sua destinazione. Questo • il motivo per cui un tipo di interscambio simile vada verificato, ancor di pi• che per quello ÒesternoÓ, in una visione complessiva di quello che • anche lo schema futuro ipotizzato per il trasporto pubblico. La nostra ipotesi • quindi che lÕinterscambio su cui si pu˜ essere sicuri, e su cui quindi formuliamo ipotesi precise, • quello di entrata alle cittˆ, che fino ad ora abbiamo definito ÒesternoÓ. Va detto, infine, che anche laddove vi erano, in altre realtˆ urbane, i migliori presupposti per una riuscita dellÕinterscambio, non sempre i risultati sono stati allÕaltezza delle aspettative, e questo per vari motivi12. In ogni caso, non per sminuire lÕutilitˆ di tali strutture, ma per valutarne oggettivamente anche i limiti, invitiamo ad una piccola riflessione. Da dati forniti dalÕAMT13, nel tratto tra via Mosso e via Pastore (corso Europa), in direzione centro (orario 7:00-19:30), transiterebbero quasi 30.000 veicoli, per una media teorica di quasi 2.500 veicoli lÕora. Ci˜ dovrebbe far capire che una struttura dÕinterscambio, anche estremamente capiente, intorno ai 3.000 posti, intercetterebbe si e no 1/10 (considerando unÕutenza che lasci lÕauto per tutta la giornata) del traffico teorico, che • meglio di niente, ma neanche cos“ rilevante. Una struttura pi• grande risulterebbe pi• complessa da realizzare, ma non • detto comunque riesca a svolgere i compiti che le si • affidato. Ñ Interscambio ÒesternoÓ per la nostra cittˆ Dove lÕinterscambio pu˜ avere un ruolo molto importante nella nostra cittˆ • per fermare alle porte di essa utenza autoveicolare proveniente da fuori cittˆ o addirittura fuori regione, specificatamente dallÕautostrada. In particolare ad uso turistico, lÕinterscambio pu˜ avere un ruolo fondamentale per decongestionare il centro cittˆ, ed in particolare la parte a mare, soffocata da flussi di traffico abnormi. Il turista • tra lÕaltro generalmente pi• disponi-
bile a trasbordi del pendolare o dellÕutente che si muove per lavoro, infatti, essendo in vacanza, non • assillato dal tempo (si pensi solo qunti chilometri a piedi sono disponibili a farsi i turisti quando vanno in visita nelle altre cittˆ, dubitiamo fortemente che camminino cos“ anche nella propria!). Il modello che proponiamo per Genova • dunque di poche aree di interscambio, nelle immediate vicinanze dei caselli autostradali, con unÕattenzione particolare rivolta a quelli che sono i flussi turistici. con ciascuna unÕelevata capacitˆ, intorno ai 1.000 / 2.000 posti. Le aree che si propongono inizialmente sono sostanzialmente tre: San Benigno, Staglieno, Quarto. Potrebbero sembrare poche, ma non riteniamo sia corretto ipotizzarle, come ritiene qualcuno, presso ogni casello autostradale; soprattutto se la funzione che ci si propone • quella di drenare flussi di tipo in parzialmente turistici. Inoltre, se tali strutture si realizzano, devono essere capienti: e non sempre ci˜ • possibile dappertutto, a meno di un grave impatto ambientale; ed ancora, per ottimizzare lÕinterscambio • necessario concentrarlo in poche aree. Va subito detto che, mentre per almeno un caso, (San Benigno) la riorganizzazione degli spazi esistenti pu˜ essere giˆ un buon inizio, almeno per il caso di Quarto risulterebbe necessario un intervento di realizzazione di un parcheggio multipiano. Ñ Notevoli possibilitˆ di parcheggi dÕinterscambio a Genova OVEST (Samp.): nella nostra cittˆ, il casello autostradale di Genova Ovest accoglie il numero maggiore di autovetture sia in entrata che in uscita. Le aree quindi attorno al casello diventano naturalmente importanti per la collocazione di parcheggi di interscambio, anche in funzione del fatto che molte strutture sono giˆ esistenti, anche se attualmente mal utilizzate. La zona di San Benigno offre due parcheggi in struttura al Trade World Center con una capienza di diverse centinaia di posti auto; (oggi tali parcheggi sono usati per meno della metˆ), e
12 - Un interessante resoconto di quelli che sono i pregi, ma anche i limiti, dellÕinterscambio lo si pu˜ leggere su Mobilitˆ e Traffico, rivista del gruppo FIAT, n. 2, febbraio 1994. 13 - Dati forniti approssimati, tratti da ÒRelazione Tecnico trasportistica relativa al progetto di linea protetta ad elevata qualitˆ di c.so EuropaÓ, pag. 5, AMT, novembre 1995.
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nella torre Nord (Matitone) per quasi altrettanti posti. In unÕipotesi pi• a medio termine lÕedificio Fiat di via Dino Col, senza neanche troppe trasformazioni, fornirebbe unÕaltra possibilitˆ di parcheggio in struttura. (Il ruolo di tale struttura si presterebbe ad un interscambio diversificato, non solo auto private-mezzi pubblici, ma anche bus turistici, ecc.). LÕuso dellÕedificio di via Dino Col sarebbe anzi la soluzione pi• interessante, ma presuppone lÕacquisizione da parte dellÕAmministrazione Comunale. LÕinterscambio nellÕarea di San Benigno verso il trasporto pubblico sarebbe garantito dalle nuove fermate ferroviarie della linea Genova Ventimiglia e del Campasso, che abbiamo precedentemente ipotizzato, supportate anche dalle linee ordinarie dellÕAMT (30,20,18,19,1,2,3,7,8 ecc.). La realizzazione di spazi per lÕinterscambio a San Benigno, deve essere ovviamente contestuale alla drastica riduzione dei posti a rotazione presenti nellÕarea del Porto Antico: il flusso turistico di auto private, dovrebbe essere bloccato per la quasi totalitˆ presso i caselli autostradali. ÑInterscambio in corrispondenza di Genova EST (Staglieno): altra zona ipoteticamente idonea sarebbe attorno al casello di Genova Est; ipoteticamente in quanto il casello • in una posi-
zione interessante rispetto al centro cittadino, ma in questo caso, al contrario della zona di Sampierdarena, non abbiamo una grande disponibilitˆ di posti auto; le aree attualmente a disposizione sono infatti due, una • lo spazio di copertura del Bisagno, struttura di cui riterremmo opportuna la demolizione, e che comunque offre un modesto spazio disponibile. La seconda • in corrispondenza di piazzale Resasco, antistante il cimitero di Staglieno; i posti disponibili sono sicuramente inferiori per numero rispetto allÕarea precedente; si tratta sempre comunque di posti a raso, inoltre in questo caso avremmo il problema di un accesso un p˜ macchinoso da parte di chi arriva dallÕautostrada e si evidenzia in parte incongruitˆ di un parcheggio antistante un monumento di tale importanza. Che fare dunque? Tra lÕaltro eventuali spazi in struttura rilevabili per adibirli a parcheggi si trovano tutti in sponda sinistra, quindi non ottimali rispetto al trasporto pubblico. Posti disponibili sulla copertura: in totale abbiamo quindi una disponibilitˆ totale di posti regolarmente segnati in numero di 394, a cui dobbiamo aggiungere i 45 posti possibili in una delle aree (anche se non segnati) e una decina circa ricavabili con modesti aggiustamenti delle strisce (senza cio• cambiare fondamentalmente lo schema, per trasformarlo, ad esempio, a lisca
L'edificio della FIAT in via Dino Col, a Sampierdarena, opportunamente riadattato, potrebbe diventare una importantissima struttura per l'intermodalitˆ, non solo auto privata-mezzo pubblico, ma anche torpedoni turistici-mezzo pubblico, tir-veicoli elettrici carico/scarico merci, ecc.
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di pesce) per un totale possibile di 450 posti. Posti disponibili nellÕarea di piazzale Resasco, antistante lÕentrata principale, regolarmente segnati: 117+39+11+14+2+17= 20014 Abbiamo dunque utilizzabili per un interscambio auto privata/mezzo pubblico circa 650 posti, che non sono pochissimi, ma sono sicuramente meno rispetto alla disponibilitˆ dellÕarea di San Benigno, tenendo oltretutto conto che la discutibilissima risistemazione di piazzale Resasco ha ulteriormente ridotto la disponibilitˆ di posti. Resta il problema di definire per chi e come deve essere gestita questa disponibilitˆ, e come e dove essa possa essere incrementata. Purtroppo, oltre 2/3 dei posti si trova sulla copertura, il che pone dei problemi ambientali anche da parte nostra sulla considerazione di questÕarea come utile ai fini dellÕinterscambio, ovvero, si finirebbe per giustificare lÕintervento realizzato. EÕ a questo punto da verificare la possibilitˆ di un ulteriore riorganizzazione degli spazi, anche oltre le due aree esistenti. Lo spazio liberabile dellÕarea del "gasometro" potrebbe rappresentare unÕopportunitˆ, che presenta tuttavia due problemi: • a quasi 1 km dallÕaccesso in area urbana dal casello, ed • in sponda destra, presuppone quindi un interferenza autoveicolare con il futuro assetto da noi prospettato della busvia - tranvia, ma un vantaggio:
offirebbe immediato interscambio con il mezzo pubblico. Ñ Interscambio a levante (Quarto/casello di Nervi): La struttura dei ÒSalesianiÓ in corrispondenza del cavalcavia di via Carrara si presterebbe al ricovero delle auto, quale interscambio per il casello di Genova Nervi. Ne era giˆ stato sperimentato lÕuso negli anni passati, utilizzando il campetto da calcio, con un ricavo di posti peraltro modesto; lÕAMT aveva ritenuto lÕesperimento non soddisfacente ed aveva deciso di abbandonare lÕoperazione. La nostra opinione • che lÕarea sia ottimale per la funzione di interscambio, carente era invece lÕinformazione in proposito, inoltre, non essendo ancora attiva la corsia centrale di corso Europa, minore era lÕattrattiva del mezzo pubblico, senza considerare che se non vi sono effetivi metodi di dissuasione allÕaccesso autoveicolare in centro, molto minore risulta il potere di drenaggio di una struttura di interscambio. La nostra ipotesi •, in questo caso, di tipo strutturale: • necessario ricavare un parcheggio multipiano, di 4 - 5 piani, nellÕarea, con accesso da corso Europa, non • dunque unÕipotesi a costo zero. Tuttavia, la buona collocazione compensa lÕinvestimento necessario. Intervenendo quindi rea-
14 - Computo effettuato prima dell'attuale sistemazione del piazzale, che ha ridotto la disponibilitˆ di postii.
UnÕipotesi per il parcheggio di interscambio a levante.
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lizzando una struttura che • parte interrata, parte in rilevato, si avrebbe una capienza di circa 1000 posti. ÑLe ipotesi finora emerse (e la nostra opinione in merito). Traslasciando le ipotesi prive di serietˆ, come quelle di piazza della Vittoria (!), sono emerse con maggior frequenza, fino ad ora, 3 o 4 ipotesi: Una di quelle pi• citate • San Benigno, che ci trova decisamente favorevoli. Bisogna dire per˜, che al di lˆ di intenzioni, non sembra essere stato elaborato alcun progetto per la riorganizzazione degli spazi presenti nellÕarea, che sono considerevoli, ma, appunto, non fruibili perch• non inseriti in un sistema di organizzazione tariffario, di segnaletica, ecc. (non sembrerebbe essere stata fatta nemmeno una verifica delle disponibilitˆ, anche rispetto alle proprietˆ immobiliari). LÕaltra ipotesi che emerge da diversi anni • quella della copertura del parco merci di Terralba. Su tale ipotesi abbiamo notevoli perplessitˆ. In primo luogo la collocazione, lÕarea • quasi in centro, ed il suo raggiungimento presuppone la penetrazione in area urbana attraverso un tratto di corso Europa che • giˆ congestionato (• anzi il tratto pi• congestionato); in secondo luogo il non buon bilancio costi - benefici: i posti ricavabili sullÕarea, a meno di non coprire anche Brignole, sono poco di pi• di quelli ricavabili nellÕarea di Quarto, con costi di realizzazione, a conti fatti, quasi equivalenti. In ultimo, ma non per ultimo, il degrado esteti-
co di un simile intervento (vi invitiamo ad immaginare, anche rispetto alla gente che abita in San Fruttuoso, avere questa struttura): una landa desolata di lamiere, con magari qualche squallida aiuola. é questa la cittˆ che vogliamo? LÕpotesi pi• ÒgettonataÓ • quella della Foce, che, a nostro parere, • discutibile per motivi similari a quelli giˆ citati per il caso di Terralba. In realtˆ il motivo per cui viene spesso menzionata • quello dello spazio disponibile (che sarebbe intorno ai 1.700 posti auto, secondo fonti comunali) non perchŽ si sia fatto uno studio approfondito sulla migliore collocazione delle aree di interscambio. Se un ipotesi di uso temporaneo dellÕarea • giˆ discutibile, riteniamo assolutamente negativo, e quindi da rigettare, quello di uso definitivo, con la realizzazione di ulteriore riempimento a mare. PerchŽ i parcheggi di interscambio funzionino • necessario in conclusione... che: 1) vi sia una contemporanea politica di dissuasione dellÕaccesso autoveicolare al centro, senza la quale • difficile che vi sia un successo cos“ forte dellÕinterscambio. Pensare che vi sia un spontaneo uso di tale strutture, contando solo sul potere dellÕofferta del mezzo pubblico (inficiata poi dagli ostacoli postigli dal traffico privato) non • realistico. 2) Vi siano tariffe basse, una giornata corrispondente ad un ora di un parcheggio in area centrale. 3) Che ci sia lÕinterscambio con il mezzo
L'area di piazzale Kennedy. Questo spazio • stato pi• volte indicato come area ideale per un interscambio. Tale scelta, tuttavia, presenta diverse controindicazioni. Si tratta di un'area a mare che viene destinata ad uno scopo svilente, che • quello del ricovero delle autovetture. Ancor maggiore risulterebbe l'impatto nel caso di realizzazione di struttura multipiano. Ma l'ubicazione stessa di un'area di sosta nella zona risulta discutibile: alimenta flussi che da ponente potrebbero essere intercettati a S. Benigno, e spinge, da levante, ad arrivare fino in centro, accentuando la tendenza, da contrastare, di corso Italia come asse di scorrimento viario.
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pubblico a breve distanza, non oltre i 100 metri. 4) Vi siano garanzie di sicurezza per le autovetture depositate; quindi sorveglianza efficente, i cui costi sono ammortizzabili solo in caso di strutture capienti.
I parcheggi a Rotazione EÕ chiaro che in un ottica di privilegio del trasporto pubblico, la realizzazione di parcheggi a rotazione, pubblici, o di accosto, (come vengono definiti nel PRG), va attentamente calibrata e non pu˜ essere svincolata da una adeguata attenzione al trasporto pubblico. Infatti • oramai dato acquisito che i parcheggi pubblici possono essere fonte di traffico, dunque la loro collocazione nellÕambito cittadino • da valutarsi attentamente, ed in particolare se nel centro cittadino, in quanto giˆ di per se stesso luogo di accentramento. Individuare aree per parcheggi praticamente in ogni luogo, senza le necessarie riflessioni sulla loro utilitˆ, ma soprattutto senza quasi mai considerazioni su una loro eventuale pericolositˆ rispetto ad un aggravamento sulla situazione di traffico veicolare non • certamente auspicabile. ÇAncora una volta va ricordato, per altro, che la realizzazione di nuove aree e strutture per il parcheggio non pu˜ essere considerata la soluzione ai problemi del traffico e della sosta, in quanto la maggiore offerta di spazi provocherˆ un afflusso pi• consistente di autoveicoli, compensando parzialmente, o addirittura annullando, lÕeffetto della creazione di nuovi parcheggi.14È Il parcheggio a rotazione, qualunque esso sia, • un richiamo per le autovetture: data infatti unÕipotetica disponibilitˆ di posti, gli automobilisti tenderanno comunque a spostarsi verso queste strutture in un un numero a volte anche doppio rispetto alla ricettivitˆ delle stesse, con il risultato che per buona parte di loro lÕaccesso verrˆ interdetto per raggiunto limite di capienza. Dovrebbe quindi essere chiaro come sia pericoloso e meriti grande attenzione la collocazione di un parcheggio a rotazione soprattutto per lÕalto prezzo da pagare sulla viabilitˆ.
Un luogo comune da sfatare: la presunta mancanza di parcheggi in centro La situazione genovese • una situazione in cui si mescolano due elementi: da un lato unÕofferta pi• che buona del numero di parcheggi pubblici, perlomeno nellÕarea centrale, a cui fa contraltare, per˜, un uso disordinato dei posti disponibili, e, in definitiva, un sottoutilizzo. Se prendiamo in considerazione lÕarea centrale comprendente la Foce, Portoria ed il Centro Storico, abbiamo unÕofferta per quasi 8000 posti auto regolari, in parte pagamento in parte no. Il numero non • di poco conto: se ipotizziamo per ciascuno di questi posti un utilizzo di 1h, che dovrebbe rappresentare il tempo di sosta pi• diffuso, avremmo, in un arco di tempo dalle 7:00 alle 19:30, 100.000 autovetture. Ci˜ significa che nellÕarco della giornata, oltre 1/4 di tutti gli autoveicoli immatricolati nel territorio del Comune di Genova potrebbe sostare almeno unÕora in un parcheggio in centro. Quelli che ci sono sono quindi pi• che sufficenti ad un accesso veicolare in centro ambientalmente accettabile; realizzarne altri significa muoversi in netta contraddizione rispetto ad una improrogabile diminuzione dei flussi di traffico, e partire dal presupposto che i flussi attuali, giˆ adesso intollerabili, siano invece normali, e che dunque si debba soddisfarli con la realizzazione di adeguato ricovero. Ad una situazione di offerta considerevole, si associa un sottoutilizzo delle stesse strutture: di tutti parcheggi rotativi in area centrale, lÕunico che sia spesso saturo • quello di Piccapietra, nelle vicinanze del Carlo Felice, tutti gli altri risultano sottoutilizzati, a cominciare da quello centralissimo di via Madre di Dio. Abbiamo quindi una paradossale situazione in cui, se fossero occupati tutti i posti disponibili, il carico veicolare sul centro sarebbe eccessivo; di fatto lo • lo stesso, in quanto ci si trova di fronte ad una situazione fuori controllo per quel che riguarda la sosta abusiva, anche a pochi metri dallÕingresso di parcheggi. Da ci˜ se ne dovrebbe dedurre almeno una cosa; che la competitivitˆ dellÕautomobile, a
14 - da: ÒI trasporti di persone nellÕarea metropolitana genovese, specificitˆ e tendenzeÓ; Enrico Musso, Istituto di Geografia Economica e Trasporti dellÕUniversitˆ di Genova, ECIG, Genova, 1990.
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Genova, • drogata dal suo uso scorretto; perchŽ mettere lÕauto in un parcheggio comporta perdita di tempo, lasciarla in doppia fila • sicuramente pi• veloce, e significa arrivare il pi• vicino possibile al luogo di destinazione. é possibile che non pochi utenti, di fronte alla certezza di non poter lasciare lÕauto in doppia fila, e doverla mettere in un parcheggio preferiscano usare direttamente il mezzo pubblico. Ma va anche detto, non a giustificazione della scorrettezza di alcuni automobilisti, ma a parziale spiegazione del fenomeno, che, se la maggiorparte delle persone usa impropriamente lÕautovettura, • forse anche perchŽ se no, altrimenti, essa non risulterebbe poi cos“ conveniente come i media tendono a far apparire. Dunque la strategia della realizzazione dei parcheggi non • una buona strategia, anche nellÕottica dellÕautomobilista. Altra considerazione riguarda la collocazione delle aree stesse di sosta. Non si pu˜ infatti parlare di razionale disposizione delle aree, visto che (si veda il caso di piazza della Vittoria) in uno spazio limitrofo abbiamo pi• aree di sosta. A rigore, visto il sottoutilizzo del parcheggio sotterraneo, non • comprensibile il motivo per cui altro prezioso spazio di superfice debba essere occupato da autovetture, tanto pi• che in qualche caso la collocazione ostacola la circolazione degli stessi mezzi pubblici. Dunque anche lo spazio stesso della sosta
andrebbe riorganizzato e razionalizzato. Le tendenze in atto Il principio, pi• volte enunciato da parte della Civica Amministrazione, della necessitˆ dello spostamento del baricentro cittadino verso lÕaffaccio a mare, porta con sŽ alcune scelte estremamente gravi. Tale ipotesi, auspicata da pi• voci e confermata in alcune scelte che sembrerebbero essere fatte prossimamente dallÕAmministrazione, • preoccupante sia per motivazioni urbanistiche generali, sia per i problemi della mobilitˆ, che verranno interessati da questo trasferimento di baricentro ipotizzato ed auspicato dal Comune, con lÕinevitabile conseguenza di aggravare ulteriormente il flusso di traffico, che, inevitabilmente, peserˆ sui quartieri limitrofi al Centro Storico. In coerenza con tale disegno, sono infatti previsti un ampio numero di parcheggi rotativi nellÕarea del porto antico. La revisione del PUT ipotizza, peraltro, addirittura un raddoppio dei posti disponibili in area centrale. Anche recentemente, attraverso lo strumento dei PIM, Il Comune ha richiesto alla regione finanziamenti per diversi interventi di realizzazione di parcheggi. Le tendenze in atto sembrano quindi andare tutte nella direzione di un aumento dellÕofferta per le autovetture nellÕarea centrale, (e non solo), in contraddizione, se non altro, con orienta-
Piazza della vittoria. Come anche questa foto testimonia, attorno al parcheggio, quasi sempre sottoutilizzato, abbondano i veicoli in doppia fila.
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Tabella dei parcheggi auto a rotazione in area centrale a pagamento Area
tipo di struttura
via Maragliano via XII Ottobre via Brigata Liguria via I.Frugoni via I.Frugoni Acquasola piazza Marsala via Brignole De Ferrari via Polleri via Santi Giacomo e Filippo piazzale Mazzini salita della Provvidenza Cineplex via De Amicis piazza G.Verdi Spianata Castelletto Orti Sauli via DÕAnnunzio
Raso Raso Raso Raso Struttura Raso Raso Raso Raso Raso Raso Raso Struttura Raso Raso Raso Raso Struttura
piazza Tommaseo piazza Paolo da Novi Corte Lambruschini piazza della Vittoria
Raso Raso Struttura Struttura
piazza della Vittoria
Raso(spazio grande)
piazza della Vittoria
Raso (rimanenti)
piazza Colombo via Cesarea
Raso Struttura
via Vernazza corso A.Podestˆ via Morcento via Dante piazza Carignano via della Marina Marina Porto Antico
Raso Raso Raso Raso Raso Raso Struttura
Caricamento Acquario Darsena Porto Antico Piazza Piccapietra
Raso Raso Raso (cop.depur.) Raso Struttura
tariffazione
gestore
orario:8-20 tariffa:3.000 ora o fraz orario:8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario:7-24 tariffa:2.500 ora o fraz. orario:8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario:10-20 sab. 8-20:3.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa:2.000 ora o fraz. orario:10-20 sab. 8-20:1.000 ogni 20Õ o fraz orario:8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario:7-20 tariffa:2.000 ora o fraz. orario:24h tariffa:3.000 ora o fraz. orario:24htariffa:2.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa:2.000 ora o fraz. orario:7.30-20 tariffa:2.000 ora o fraz orario:24h tariffa:7.30-20.30 3.000 ora o fraz. 20.30-7.30 1.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa:2.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa:2.000 ora o fraz.
Genova Parch s.p.a Genova Parch.s.p.a. Genova Parch. s.p.a Genova Parch. s.p.a. COIN Genova Parch. s.p.a. Genova Parch. s.p.a. Genova Parch. s.p.a. Genova Parch.s.p.a. Genova Parch. s.p.a. Genova Parch. s.p.a. Genova Parch. s.p.a. C.C.A. Metropark FF.SS. Genova Parch. s.p.a. Genova Parch. s.p.a. Autopark Parkgest s.r.l.
22 + 1 hand. 29 56 + 4 hand 30 + 3 hand. 86 118 26 + 1 hand. 17 + 1 hand. 22 + 1 hand 28 41 + 2 hand 34 + 1 hand 315 63 18 + 2 hand. 28 + 1 hand. 120 250
Genova Parch. s.p.a. Genova Parch. s.p.a.
orario:8-22 tariffa:2.200 ora o fraz. dalle 22 alle 7.59 1.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa: 2.700 ora o fraz dalle 20 alle 7.59 1.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa; 3.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario: 8-20 tariffa:5.000 ora o fraz.; 3.000 la seconda ora orario:8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario: 8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario: 8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario: 8-20 ariffa:3.000 ora o fraz. orario: 8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario: 8-20 tariffa:1.500 ora o fraz. orario:7-20 tariffa:3.000 ora o fraz. dalle 20 alle 7 :1.000 ora o fraz. orario: 8-20 tariffa:2.000 ora o fraz. orario: 8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario: 8-20 tariffa:2.000 ora o fraz. orario:8-20 tariffa:3.000 ora o fraz. orario:24h tariffa:2.600 ora o fraz. ridotta notturna Posti totali
ACI
65 93 + 2 hand. 560 501
ACI
320
ACI
251
Genova Parch. s.p.a.
38 100
Genova parch. s.p.a. Genova Parch. s.p.a. Genova Parch. s.p.a. Genova Parch. s.p.a. Genova Parch. s.p.a. Genova Parch. s.p.a.
37 + 1 hand 117 21 29 90 30
Marina Porto Antico s.p.a. Genova Parcheggi s.p.a. Acquario di Genova Genova Parcheggi s.p.a. C.C.A.
360 67 150 96 350
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numero posti
500 5080 circa
La politica dei Parcheggi
Un esempio di politica negativa della sosta: il caso del Porto Antico
Una veduta dell'area del Porto Antico, particolare da una fotocarta. Si osservi come la presenza del parcheggio a raso occupi quasi la metˆ di una area che, all'epoca, si ritenne dovesse essere Òrigorosamente pedonaleÓ... In alto: l'interno del silos del Cineplex come si presenta quasi tutti i giorni, situazione che si ribalta nelle ore serali, con il maggiore afflusso al cinema. Al centro: veduta di un'area adibita a parcheggio, esempio di uso improprio di spazi pregiati.
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La politica dei Parcheggi
menti almeno in teoria fin qui seguiti dalle ultime amministrazioni, ed anche rispetto a provvedimenti recenti del Governo (esempio il decreto sul benzene, che, quantomeno dovrebbe indurre a una riflessione sullÕopportunitˆ di incentivare la circolazione veicolare, salvo poi dover chiudere vaste zone della cittˆ al traffico). Il nuovo PUT, ad esempio, riesuma anche ipotesi di parcheggio devastanti, tipo quello delÕAcquasola, che sembravano ormai abbandonate. Va detto, peraltro, che queste tendenze sono decisamente in antitesi rispetto a quelle che sono ormai scelte, decennali, fatte proprie dalla stragrande maggioranza delle cittˆ europee.
I parcheggi residenziali Il nuovo PRG, confermando una visione viabilistica ed infrastrutturale del problema parcheggi, stima in 90.000 il numero dei posti auto residenziali mancanti (ponendosi di fatto, anche se viene negato, come obiettivo fondamentale la realizzazione di altrettanti posti). Tale convinzione deriva dai dati giˆ menzionati, che sono effettivamente allarmanti (ovvero la presenza di un parco autoveicoli di almeno 390.000 unitˆ; 2 auto ogni 3 abitanti). Tale ipotesi, per˜, ci pare improponibile se non dietro una profonda devastazione della nostra cittˆ; si tratta di interventi sul territorio, non di linee su un pezzo di carta, in una gravissima
situazione di dissesto del territorio. é interessante notare poi come non sia assolutamente valutata la distinzione tra i semplici posti auto ed i box: le ditte che si propongono sul mercato offrono prevalentemente boxes, perchŽ sono ritenuti pi• appetibili, come ammettono gli stessi costruttori, rispetto ai singoli posti auto, proprio per la loro funzione promiscua. Affermare questo significa implicitamente ammettere che la realizzazione di parcheggi non serva esclusivamente per togliere le auto dalle strade ma rientri in un intervento con un ampio margine di speculazione. Un box occupa circa 1/3 in pi• di spazio rispetto ad un posto auto, con un costo proporzionalmente superiore (costi medi del mercato, almeno a Genova, non scendono mai al di sotto dei 40/50 milioni, con punte massime anche di 100) e quindi, tra lÕaltro potenzialmente capace di scoraggiare una larga quota di utenti, con la possibile evenienza di box invenduti (i posti ancora invenduti rientrano approssimativamente in una media del 3040%). A questo punto, se noi provassimo a valutare quanto questo possa significare in termini di investimenti collettivi, ci troveremmo di fronte a cifre piuttosto consistenti; ipotizziamo un costo medio estremamente sottodimensionato, di 25.000.000 milioni cadauno e moltiplichiamo per 90.000, otterremo la cifra di £ 2.250.000.000.000,
A sinistra: una delle ipotesi pi• devastanti, per quel che riguarda i "fai da te": piazza Goffredo Villa.
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La politica dei Parcheggi
ovvero, scritto in lettere, Duemiladuecentocinquantamiliardi di lire. Indubbiamente • una bella cifra... Ipotizzata in termini di infrastutture pu˜ significare chilometri e chilometri di tranvie, e numerose altre infrastutture di trasporto pubblico. EÕ ovvio che questi investimenti privati non potrebbero tout-court essere riconvertiti per interventi nel campo del trasporto pubblico, ma dato per scontato che gli interventi nel campo della infrastutturazione necessitano di finanziamenti reperibili pressochŽ solo attraverso tassazione, • da farsi una considerazione: quale sarebbe la disponibilitˆ dei cittadini nei confronti di tasse per la realizzazione di interventi a favore del trasporto pubblico, una volta affrontata la gravosa spesa per lÕacquisto di un box ? Ma vi sono ulteriori considerazioni in merito ai proponimenti espressi dalla Civica Amministrazione. In quanti anni si pensa di raggiungere lÕobbiettivo dei 90.000 posti auto? Quanti cantieri dovrebbero essere aperti contemporaneamente? Visto che, mediamente, ci troveremo di fronte ad autosilos da un centinaio di posti, questo potrebbe significare quasi 1000 cantieri aperti in cittˆ! Ed ancora, dato che, come si • visto, lÕiniziativa privata offre nella gran parte dei casi boxes e non posti auto, chi ci assicura che tali strutture non saranno soggette ad un uso improprio?
Cosa fa pensare che una volta realizzate esse si riempiranno, in assenza di una seria politica di gestione della mobilitˆ? Per finire, sarebbe interessante fare un calcolo globale di quanti milioni di metri cubi di scavo significhino 90.000 posti auto. (Calcolando sui 50 m3 a posto, tralasciando quindi tutto lo spazio occupato da muri di contenimento e perimetrali e le strutture a servizio dei parcheggi, siamo intorno ai quattro milioni e mezzo di metri cubi complessivi. Dove si pensa di smaltirli? Non • certo pi• pensabile la non valutazione di questo problema. Per dare unÕidea, potremmo visualizzare questa cifra come un grattacielo di 400 metri di altezza e 100 metri di lato. Le considerazioni effettuate dal nuovo PRG non indagano dunque sui dati numerici, considerandoli un elemento a cui rimediare con soluzioni ÒtecnicheÓ e quindi lÕunico problema finisce per diventare far posto alle auto, costruendo strade e parcheggi. Nei fatti siamo di fronte a linee che pongono la prioritˆ nel trasporto privato. Un nuovo PRG dovrebbe rivedere le linee seguite nel passato e fino ad ora, per porre come cardine della mobilitˆ il trasporto pubblico. Anche nella metodologia da affrontare per realizzare posti auto privati la Civica Amministrazione sembra su un sentiero sbagliato, lasciando libero campo allÕimpresa come per i
Non sempre la realizzazione di parcheggi produce gli effetti sperati (via P. Salvago, Castelletto).
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La politica dei Parcheggi
parcheggi Òfai da teÓ, ipotesi che si • rivelata fallimentare, come ha in ogni caso ammesso la stessa Civica Amministrazione, viste le diffuse contestazioni, le frequenti inidoneitˆ delle aree prescelte: eppure, siamo giˆ al secondo bando. Viene caldeggiata, in sostanza, una politica che permetta la diffusione pi• o meno capillare di autosilos e boxes, che saranno con molta probabilitˆ dellÕordine di un centinaio di posti ciascuno, visti la media delle proposte e gli interventi giˆ realizzati. La concreta possibilitˆ •, temiamo, che una sua attuazione anche parziale, quantomeno coi presupposti caldeggiati dal Comune, non abbia alcun effetto positivo dal punto di vista del Òtogliere le auto dalle stradeÓ, almeno in termini di migliore vivibilitˆ urbana, procurando per˜ un dissesto devastante sul territorio e una sua netta degradazione ambientale. Basti solo pensare che, anche con la completa realizzazione di tutti i cosiddetti Òparcheggi fai da teÓ, (33 in totale), si arriverebbe alla cifra assai modesta di poco pi• di 3000 (!) posti auto, e questo, con interventi che comporterebbero in molti casi un grave impatto sul territorio. Alcuni ragionamenti sui parcheggi. Ragionando per termini ipotetici, potremmo considerare come una possibilitˆ per poter arrivare ai fatidici 90.000 posti auto, con il minimo impatto ambientale possibile quella di realizzare 1-2 enormi silos residenziali per quartiere,
dalla capacitˆ di diverse migliaia di posti auto. Ma un ipotesi del genere avrebbe il successo sperato? Secondo noi non del tutto; 1 o 2 silos per quartiere pu˜ significare anche diversi chilometri di distanza dellÕauto dalla residenza: una soluzione di questo tipo pu˜ essere accettata dalla popolazione solo in limitata parte, o in zone specifiche della cittˆ, (vedi il Centro Storico) in una situazione cio• in cui lÕuso dellÕauto veicolo sia sporadico. Ma in una situazione di questo tipo, ovvero di uso limitato e responsabile dellÕautovettura forse non ci troveremmo nemmeno di fronte a quasi 400.000 veicoli in cittˆ: tale quota sarebbe naturalmente pi• bassa. Rimane inoltre il problema di chi dovrebbe accollarsi i costi di realizzazioni di tali strutture. Certo, si tratterebbe di investimenti non sostenibili solo da privati, il Comune dovrebbe con tutta probabilitˆ intervenire; in ogni caso si tratta di unÕipotesi non facente parte di quelle elaborate dalla Amministrazione. Una strada parzialmente percorribile, sempre nella ricerca dei fatidici 90.000 posti auto, potrebbe essere quella del riutilizzo a parcheggi residenziali di gallerie antiaeree ed altre strutture consimili presenti nel sottosuolo genovese. Sarebbe certamente una soluzione economica socialmente ed a bassissimo impatto ambientale.
Via Acquarone, l'area verde dove dovrebbe sorgere un parcheggio "fai da te".
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La politica dei Parcheggi
Sarebbe comunque un tampone, se si conviene che il problema sta in una domanda di mobilitˆ non soddisfatta dal trasporto pubblico, ma in ogni caso potrebbe comunque risolvere qualche specifica situazione e non comporterebbe ulteriori scempi cittadini. (LÕunica cautela sarebbe nellÕevitare lÕuso di gallerie che abbiano importanza monumentale). In ogni caso non ci sembra che neanche tale ipotesi sia stata presa in considerazione nella pianificazione cittadina. Tuttavia andrebbe considerata, previa verifica del numero e capacitˆ di tali strutture, a cui dovrebbe far seguito un piano di eventuale adeguamento alle norme di sicurezza, di consolidamento statico, ed, eventualmente, di ristrutturazione per un aumento in taluni casi della capacitˆ di accoglimento. Per quel che riguarda le aree demaniali risulterebbe esservi una mappatura non completa di tali strutture. La Circoscrizione di Castelletto, aveva peraltro proposto in passato unÕutilizzazione in tal senso dei manufatti presenti nel suo sottosuolo di sua competenza territoriale. Ma insistiamo sul punto che la realizzazione di parcheggi pu˜ avere una sua utilitˆ solo nellÕambito di una corretta ed equilibrata politica della mobilitˆ, che ridimensioni il numero dei veicoli circolanti e porti ad un uso proprio dellÕautovettura privata.
Dove e in che misura • sensato un intervento di realizzazione di parcheggi per residenti Un cambiamento della situazione attuale di degrado autoveicolare delle nostre cittˆ • possibile se verrˆ interrotta la spirale negativa che porta allÕabbandono sempre pi• drammatico del trasporto pubblico, e spesso, per ridare spazio al trasporto pubblico, • necessario sottrarlo fisicamente alle autovetture private. Ci˜ pu˜ significare toglierlo, in diversi casi, alla sosta residenziale. A tale problematica bisogna, realisticamente, dare una risposta, pena lo stesso fallimento di progetti di protezione del trasporto pubblico tramite corsie dedicate. In qualche caso • dunque opportuna la realizzazione di strutture di ricovero per gli autoveicoli. Tuttavia deve essere chiara un cosa: le strategie per risolvere situazioni di questo tipo, possono essere molte, a cominciare dalla riorganizzazione degli spazi esistenti. Si pensi alla stessa copertura del Bisagno a Marassi: i posti non sono segnati, con il risultato che i posti potenziali risultano non sfruttati pienamente; e non si pensi questo essere un caso isolato, moltissime parti della cittˆ sono in tale condizione, coerentemente, in fondo, con le contraddizioni di una cittˆ con poco spazio in cui il poco • anche sfruttato male. Nella stessa identificazione degli spazi di sosta a raso, non vÕ• nŽ coerenza nŽ tantomeno
Due esempi di approccio pragmatico alla questione dei parcheggi: a sinistra: l'ex garage "delle grazie" da piazza Matteotti, che opportunamente riattato potrebbe diventare area di sosta per residenti. A destra: l'intervento nell'area Fillea, a Certosa, (in una foto precedente alla realizzazione della struttura sopraelevata di ricovero dei veicoli) con spesa tutto sommato modesta ha permesso un notevole recupero di posti auto.
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un minimo studio sullÕottimizzazione degli spazi, dato che tutto, pi• semplicemente, • lasciato al caso. Giˆ dalla riorganizzazione dellÕesistente pu˜ venire un recupero discreto. Se ci˜ non bastasse si deve allora ipotizzare un intervento strutturale; tuttavia, anche in questo caso, ci˜ pu˜ essere fatto pragmaticamente, senza sventrare le piazze; verificando dove siano aree degradate impiegabili, ad esempio. deve essere naturalmente chiaro che le aree si devono trovare, ma lÕAmministrazione deve far capire ai cittadini, che lÕauto sotto casa • un
sogno proibito. E se lÕintervento, alla fine di tutto, • effettivamente da realizzarsi, devono essere chiari gli obbiettivi; quindi in primo luogo ci˜ che si deve realizzare sono dei posti auto, non dei boxes (lo spazio deve essere impiegato al massimo della potenzialitˆ) e tanto spazio si recupera per il mezzo pubblico, sottraendolo alla sosta, tanto devÕessere lo spazio di sosta realizzato nellÕintervento; tanto si recupera sotto tanto si ricava sopra; deve esserci cio• coordinazione tra gli obiettivi e i mezzi impiegati, contrariamente, quindi, a quello che accade attualmente.
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La polizia municipale
Immagini del genere sono evidentemente un sintomo di una non efficiente vigilanza...
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La polizia municipale
La Polizia municipale Qualunque piano, anche il pi• bel piano del mondo, • destinato a fallire se mancano gli strumenti esecutivi per farlo rispettare. Senza una presenza ed unÕattivitˆ incisiva del corpo di Polizia Municipale tutto sarˆ sempre destinato a rimanere sulla carta. Che lÕattivitˆ del corpo di Polizia Municipale non sia incisiva e sia piuttosto carente in particolare sullÕaspetto della disciplina della sosta • un dato evidente, palesemente dimostrato dalla continua e persistente presenza di auto in sosta abusiva in pieno centro, anche laddove vi sarebbero precise disposizioni ormai da qualche anno e la situazione • riscontrabile anche in presenza di personale della Polizia Municipale. Anche nel passato periodo natalizio, nonostante vi siano stati rinforzi da parte del personale e nonostante le promesse, la situazione • migliorata considerevolmente solo in alcuni ambiti. Su una sostanziale situazione di scarsa incisivitˆ, non certo di oggi, non si • visto fino ad ora nessun intervento mirato al miglioramento della situazione; cÕ• anzi da dire che il problema, pur evidente, non • mai stato valutato nella sua reale gravitˆ e, nonostante le promesse di maggiore severitˆ da parte della polizia Municipale e di volta in volta enunciate da politici, non si • visto riscontro nei fatti (se non attraverso un numero maggiore di multe) e a tuttÕoggi la situazione continua a rimanere immutata. Le promesse di maggior severitˆ sollevano lÕ
interrogativo: lÕinefficacia dei controlli • un problema di mancanza di personale o da quale altro problema esso • generato? La nostra impressione • che, fermo restando una indubbia carenza di personale, (a cui ha fatto comunque riscontro la recente introduzione degli ausiliari del traffico), vi sia un problema di eccessivo permissivismo sia da parte del Corpo di Polizia sia dalle disposizioni dei politici. Se il problema • da dunque da imputarsi a indicazioni di tipo politico, non possiamo che invitare i politici ad una maggiore fermezza, e a tenere un poÕ meno in conto una possibile, (ma per nulla probabile) impopolaritˆ. Se ci trovassimo invece di fronte ad un problema discrezionale (cosa nella quale non vogliamo credere), il problema sarebbe ancora pi• grave, in quanto rivelerebbe un profondo stato di disagio del Corpo stesso, o comunque una situazione, alla quale non pu˜ che far seguito un intervento di tipo politico. La presenza di auto in doppia fila o anche in qualche caso di sosta abusiva, non • sintomo di cattiva mobilitˆ, rappresenta una concausa del problema, e qualora sia di ostacolo o anche solo di rallentamento al passaggio dei mezzi pubblici diventa unÕulteriore aggravante. Senza una tutela dei diritti dei cittadini, vengono legittimati i comportamenti anticivici. Chi ha detto che lÕatteggiamento della Polizia Municipale sia considerato troppo severo? Queste sono le singole lamentele di automobilisti multati (lamentele amplificate dagli organi
La presenza di sosta abusiva o in doppia fila determina disservizi soprattutto nei confronti del trasporto pubblico, con conseguenze complessive per il traffico. E' evidente che, laddove non vi sia la possibilitˆ di separare fisicamente il percorso dei mezzi pubblici, diventa essenziale un'incisiva presenza della Polizia Municipale.
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La polizia municipale
di informazione) che sempre vi saranno. Un poÕ di spazio dovrebbe essere invece dato alle frequentissime situazioni di blocco dei mezzi pubblici a causa di auto posteggiate nelle corsie riservate, o di disagio subito dai cittadini per le auto abbandonate sui marciapiedi, sui passaggi pedonali, o in corrispondenza delle fermate bus. A queste situazioni non viene dato rilievo: col risultato che chi • in torto viene legittimato, e chi subisce un danno nei propri diritti non viene tutelato, quando addirittura non venga fatto passare per un intollerante rompiscatole. Non si pu˜ certo pensare che essere multati faccia piacere; inoltre in qualche misura • proprio la carente e lacunosa applicazione dei controlli che ha prodotto una sorta di diritto acquisito nel commettere infrazioni. Se una persona per anni non ha mai subito nessuna sanzione nel lasciare, ad esempio, lÕauto in divieto di sosta, • evidente che sentirˆ come una ingiustizia personale il fatto di trovarsi multato. A far nascere a questo sentimento pu˜ anche essere la constatazione, effettivamente non infrequente, che spesso, nellÕambito di una serie di veicoli in infrazione, le multe, quando vi sono, sembrano essere state comminate non in maniera indifferenziata ma selettiva o casuale. Tuttavia la cosa • in parte da spiegarsi nel fatto che successivamente allÕavvenuta sanzione, • possibile che alcuni veicoli siano stati rimossi
dai proprietari, e successivamente al loro posto ne siano succeduti degli altri, proprio nella convinzione che, essendo giˆ avvenuto un controllo, • difficile debba essercene un altro a breve. LÕipotesi che la Polizia Municipale intervenga a spot, comminando le sanzioni solo ad alcuni soggetti casualmente individuati nellÕambito di un gruppo ugualmente sanzionabile, viene a volte sollevata da qualcuno; pu˜ darsi che rientri nelle leggende metropolitane, quale quella che Òse cÕ• traffico ad un incrocio • perchŽ cÕ• un vigileÓ, cos“ come • anche possibile che ci sia da parte di qualche agente una certa remora nellÕapplicare la sanzione in maniera sistematica: in questÕultimo caso rientrerebbe in un malinteso senso di moderazione, molto pi• dannoso ed intollerabile da parte dei cittadini di una politica di equanime rigore. Un altro aspetto riguarda quello della sicurezza, che diventa evidente soprattutto nelle ore serali. La velocitˆ degli autoveicoli nelle strade cittadine • decisamente eccessiva; fino ad oggi i controlli pi• significativi sono stati operati dai Carabinieri. Se • vero che sono assai rade le pattuglie nelle ore serali, • evidente che contro situazioni specifiche, note a gran parte della popolazione, sarebbero preferibili brevi interventi localizzati in punti critici, piuttosto che un pattugliamento generalizzato nellÕambito cittadino.
Un nodo critico, quello tra via XXV Aprile e via Roma, sui cui forse non v'• la necessaria attenzione.
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La polizia municipale
Vigilanza e politica dei parcheggi Che la politica di vigilanza sia essenziale per un controllo della stessa politica della sosta, e possa determinare la riuscita o meno di certi interventi, riteniamo sia evidente. In ogni caso si tratta di riflessioni giˆ effettuate in altre realtˆ urbane, e sono oramai patrimonio acquisito. Situazioni paradossali come quelle di piazza della Vittoria, con il parcheggio con posti disponibili, e le auto posteggiate a poca distanza in doppia fila, o ancor di pi• quella di via Brigata Liguria, con il parcheggio di fronte al museo di storia naturale mezzo vuoto e le auto accatasta-
te nellÕaltro lato della strada, sono emblematiche di una carenza di controllo. Una efficace opera di controllo da parte della Polizia Municipale diventa anche un modo, e qui dobbiamo usare un termine che farˆ inorridire i pi•, per ÒrieducareÓ i cittadini che non siano in grado di autoregolamentarsi verso una gestione propria e corretta dellÕautovettura che non ricada sul resto dei cittadini, e che non sia slealmente concorrente e di danno rispetto al trasporto pubblico o alla mobilitˆ pedonale, quindi a quelle modalitˆ di trasporto che meno hanno un negativo impatto sullÕambiente.
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Capitolo 11 I costi economici ecologici e sociali della mobilitˆ a Genova
I costi economici, ecologici, e sociali
Il "modello" di mobilitˆ che • stato finora seguito nella nostra cittˆ • un modello che ha forti costi: economici, ecologici e sociali. Su questo non si • portati molto a riflettere. Politiche complessive a livello nazionale hanno portato, come • ormai stato dimostrato e ampiamente detto, a privilegiare determinate modalitˆ di trasporto rispetto ad altre. A livello locale, determinate decisioni, una tra tutte lo smantellamento della rete tranviaria che, negli anni '50, aveva raggiunto un'estensione di circa 150 Km, sono state, di fatto, un avallo della motorizzazione privata, che infatti • cresciuta in maniera fortissima, fino ad arrivare agli attuali insostenibili livelli. I costi di cui si parla sono riferibili ai costi economici diretti, ovvero di realizzazione delle infrastrutture a sostegno della mobilitˆ privata, i quali possono essere apparentemente meno cari rispetto a quelli delle infrastrutture a servizio della mobilitˆ collettiva se si parla di strade, ma comprendono inevitabilmente anche, ad esempio, i parcheggi. Questi oneri ricadono sia sulla collettivitˆ nel suo complesso sia sul singolo utente utilizzatore di mezzo privato, che deve far fronte alle spese per l'acquisto del veicolo, l'assicurazione, le spese di mantenimento, ecc. e possono essere aumentati dalle spese per l'acquisto di posto auto. Essi si possono quindi anche suddividere in interni ed esterni, a seconda che ricadano direttamente sugli utenti di dette infrastrutture o vadano a gravare sulla collettivitˆ
tutta. Va peraltro detto che, per certi aspetti, possano essere contestati in quanto costi quelli qui definiti, se essi vengono visti nell'ottica di un sistema economico Òvetero-industrialistaÓ chiuso che vede nell'industria automobilistica un elemento trainante. E` per˜ comunque indubbio che questi rappresentino un onere non indifferente per i cittadini. Ai costi diretti, che sono affrontati sia dalla collettivitˆ che dai singoli, dobbiamo aggiungere i costi ecologici. I costi ecologici vengono spesso visti come un qualcosa di virtuale, qualcosa, cio•, che non influisce sull'economia, ma tale visione non • corretta. I costi ecologici diventano effettivamente dei costi economici. Infine abbiamo i costi sociali/sanitari, che sono elevatissimi, e sono una conseguenza diretta della politica viabilistica.
I costi economici diretti della "filosofia viabilistica" Un analisi complessiva dei costi economici diretti della politica viabilistica, diventa un importante punto di partenza. Faremo quindi per prima cosa riferimento ai dati forniti dal Comune di Genova. Nel capitolo del nostro documento relativo al trasporto pubblico, abbiamo parlato de ÒIl Libro Bianco sulla MobilitˆÓ, che citeremo un'altra volta adesso. Non sarˆ l'ultima che lo nomineremo: risulta infatti essere, alla fine dei conti, l'unico documento, sia pure stringato e discutibile, che dia un
Schema riassuntivo degli interventi previsti dal ÒLibro BiancoÓ relativi alla viabilitˆ Intervento Parcheggi Via a Mare del Ponente Asse viario Val Polcevera Strada di collegamento FocePiazza Cavour-Porto Antico Viabilitˆ sponda sinistra Bisagno Raccordo Foce S. GiulianoCorso Europa Strada di Cornice raccordo Ezelli-Borzoli Tunnel sub portuale San Benigno
TOTALE MILIARDI :
Costi in Miliardi
Periodo di realizzazione
Tempi di esecuzione
75 500 450
1996/2005 1997/2002 1996/2001
48 60 60
25
1997/2000
18
20
1997/ 2000
24
700 100 350
2000/2005 2000/2005 1998/2005
48 36 60
800
2000/2005
42
3.020
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I costi economici, ecologici e sociali
panorama sulle prospettive degli interventi riguardanti il Comune di Genova. Oltre al Libro Bianco, faremo successivamente riferimento ad ulteriori interventi previsti nel PRG, per concludere con un piccola riflessione sugli investimenti realizzati in passato. Abbiamo quindi ben 2945 miliardi per nuove infrastrutture a sostegno della mobilitˆ veicolare privata, trattandosi infatti di nuove strade, pi• 75 miliardi per interventi di realizzazione di parcheggi, interventi che solo in parte serviranno per la realizzazione di parcheggi di interscambio, quindi almeno in parte funzionali al trasporto pubblico, mentre i rimanenti saranno destinati alla realizzazione di parcheggi rotativi generici, quindi sostanzialmente funzionali al trasporto privato. Diventa ancor pi• interessante effettuare qualche approssimativo calcolo sugli ulteriori nuovi chilometri di strade che verrebbero realizzati in base al nuovo Piano Regolatore generale. Tra interventi di nuova realizzazione ed allargamenti di viabilitˆ esistente, il nuovo PRG prevede circa 70 chilometri di strade tra urbane,
extra-urbane e collegamenti viari di carattere locale. Sono inoltre previsti circa 8 chilometri di interventi viari di tipo autostradale, tra nuova realizzazione e ristrutturazione (allargamento) dei tratti esistenti. Nel PRG sono contenuti molti altri interventi che si vanno ad aggiungere alle precedenti ipotesi di pianificazione. Per quel che riguarda gli investimenti necessari a tali opere risulta difficile quantificarli, in quanto ci si trova di fronte ad interventi di diversa natura. Tuttavia possiamo azzardare qualche stima, considerando un costo medio di 5 miliardi a chilometro, (meno di un terzo di quanto costerˆ a chilometro la nuova strada in sponda sinistra sul Bisagno) per strade in superficie ed il quadruplo, cifra peraltro assai sottostimata, per ogni chilometro in galleria . Non sappiamo se il Comune abbia tentato di fare una stima costi/benefici di certe scelte, e se abbia quantificato concretamente il costo di ciascuno degli interventi visibili sulle tavole della zonizzazione oppure si sia limitato a fare una
Ulteriori Interventi previsti nel nuovo PRG intervento
lunghezza
nuova viabilitˆ sullo Sturla nuova viabilitˆ copertura rio Fereggiano nuova viabilitˆ allargamento di via Puccini nuova viabilitˆ via Shelley nuova viabilitˆ/ canale scolmatore Bisagno nuova viabilitˆ Chiaravagna nuova viabilitˆ Chiappeto nuovo collegam. Principe-Albergo dei Poveri continuazione via W.Fillak- via Pieragostini adeguamento via Coronata nuova viabilitˆ in area Campi, da via Ansaldo
Km 2,5
12,5
Km 1,5
7.5
km 1,2 Km 0,85
6 4.25
Km 3,6 in galleria Km 0,55 Km 1
72 10 5
Km 0,5 in galleria
10
km 0,1 in galleria Km 1,2 circa
1 6
Km 0,5 circa
2.5
Abbiamo dunque un computo totale di:
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costo ipotizzato (in mld)
156,5 miliardi
I costi economici, ecologici e sociali
sorta di indifferenziata lista della spesa. Sicuramente, come i calcoli di cui sopra dimostrano, eventuali investimenti andrebbero ad aggiungersi a quelli preventivati dal pi• volte citato ÒLibro BiancoÓ, il che da una idea molto chiara degli investimenti in gioco. Tra i costi in previsione sono da aggiungervi infine quelli per la copertura dellÔautostrada nel Ponente genovese, per oltre trenta miliardi. Costi economici diretti giˆ affrontati negli ultimi quindici anni dalla comunitˆ per la realizzazione di infrastrutture viarie . Negli ultimi quindici anni sono stati realizzati nella nostra cittˆ diversi interventi di infrastrutturazione viaria pesante, spesso con procedure accelerate, per ingenti investimenti. Intervento costo in miliardi Sottopassi di S. Benigno 20 Sottopassi di Staglieno 60 Sottopasso di Caricamento 75 Strada in sponda sinistra sul Bisagno 30 Nuovo svincolo autostradale di Voltri 20 Viabilitˆ sul Polcevera giˆ realizzata 40 totale miliardi 2641 A questi si aggiungono i costi per lÔadeguamento degli altri caselli autostradali genovesi, gli interventi sulla sopraelevata (nuovo raccordo
con il ponte elicoidale e terza corsia in uscita a levante), raccordo (da ultimare) tra Quinto e la strada per Monte Fasce ed altre opere che sicuramente in questa sede ci sfuggono. LÕutilitˆ di tali interventi • stata in diversi casi modesta; essi non hanno comunque portato ad un miglioramento complessivo della viabilitˆ, limitandosi, nei casi migliori, a spostare dei flussi, ma quasi sempre con un impatto sul territorio piuttosto forte.
I costi ecologici della "filosofia viabilistica" Anche sui costi ecologici generali, che si confondono in parte con quelli sociali sarebbe riduttivo fare una sintesi necessariamente breve. Gli interventi di realizzazione di infrastrutture per la viabilitˆ hanno spesso comportato elevati danni all'ambiente ed al paesaggio. Per la sua fragilitˆ, il territorio genovese risulta ancora pi• soggetto a pagare per la filosofia viabilistica. Parliamo in particolare del dissesto idrogeologico, ma anche dellÕabbruttimento paesaggistico. Abbruttimento paesaggistico significa disamore per la propria cittˆ e per il proprio territorio, insoddisfazione per il luogo in cui si vive, perdita di senso civico, rifugio verso lÕegoismo sociale. Si pu˜ sorridere di tali affermazioni. La realtˆ • che il degrado di questa cittˆ, sia nei servizi
1 - Le cifre riportate sono state desunte da vari documenti del Comune. Esse sono tuttavia da ritenersi approssimate in quanto risulta, nei fatti, piuttosto difficile risalire ai reali costi di una data infrastruttura.
Via Madre di Dio: lo stridente contrasto tra una infrastruttura viaria realizzata laddove esisteva l'antico quartiere e la parte superstite di Cittˆ antica.
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I costi economici, ecologici e sociali
che nel decoro urbano, non • disgiunto dalla perdita di bellezza del territorio, dal progressivo impoverimento estetico, dalla perdita di identitˆ della cittˆ. Analizziamo qualche intervento realizzato. La strada in sponda sinistra sul Bisagno Ñ La parte giˆ realizzata fino a Molassana ha determinato un impatto assai forte sul Bisagno e nei confronti della valle. Tale intervento • stato realizzato in una sostanziale indifferenza dei valori paesistici; sembra addirittura che si sia voluto fare il maggior danno possibile, con interventi di contenimento della montagna dallÕeffetto grottesco, tali da creare un paesaggio da incubo. Infatti, si sono tagliati i piedi delle colline in quattro diversi punti creando ed ingigantendo la possibilitˆ di presenti e futuri movimenti franosi. I muraglioni realizzati non sono comunque riusciti ad impedire che piccole frane o smottamenti pi• rilevanti interessassero le parti subito al di sopra di essi, fino ad arrivare al grosso movimento che ha interessato la zona vicina al ponte di Molassana alcuni anni fa e che ha obbligato alla chiusura della stessa strada, oggetto della caduta di massi sulla sua sede. La nuova strada, scarsamente utilizzata durante la giornata, ha una funzione minima rispetto allo scarso quanto insensato sviluppo in-
dustriale realizzato in sponda sinistra. Ma non ha assolto neanche la funzione di ÒdeviatoreÓ del traffico gravitante sulla sponda destra. Questo per due motivi: - il primo • che occorre la soluzione appropriata rispetto ad un determinato problema: ovvero, se il traffico privato • a medio corto raggio, esso non si sposterˆ su una arteria a lungo raggio; - il secondo • che, in ogni caso, senza una politi ca della mobilitˆ, che regoli e determini dove debbano essere indirizzati i flussi di traffico, la realizzazione di una nuova infrastruttura non porta grandi benefici. La situazione attuale • che il traffico, almeno da Molassana verso il centro, continua ad essere notevole in sponda destra ed in alcuni punti, in corrispondenza della pi• alta concentrazione di esercizi commerciali, addirittura ingolfato. Per contro, la nuova strada in sponda sinistra • sostanzialmente disertata e solo allÕaltezza della Sciorba inizia ad avere un flusso che la giustifichi almeno in parte. Ñ La parte in progetto determinerˆ la devastazione di una zona che attualmente si presenta ancora in buona parte integra, con le sponde (almeno fino al momento in cui scriviamo) che degradano naturalmente nel torrente. Il progetto prevedeva addirittura la demolizione dello storico ponte della Rosata, che sembrerebbe essere
Val Bisagno: un esempio dell'impatto determinato dalla realizzazione della strada in sponda sinistra, presso la localitˆ "Giro del Fullo".
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pericolo di allagamento, anche per casi non proprio eccezionali di piogge intense, su tutta lÔarea del Centro antico, come giˆ avvenuto un paio di volte recentemente. Ai gravi danni per le attivitˆ economiche si sono perci˜ necessariamente aggiunti i costi necessari per la messa in sicuÑ Il Sottopasso di Caricamento; molto si • giˆ rezza della zona attraverso la deviazione dei rivi detto della scellerata devastazione del prezioso in un nuovo canale scolmatore. patrimonio archeologico della cittˆ che tale opera ha comportato (si pensi alla triste vicenda dei Alcuni altri esempi moli, asportati e in parte dispersi). Ma ci˜ rap- Ñ Il parcheggio di Corte Lambruschini presenta solo una parte dei costi ambientali de- Una sorte simile a quella del Centro Antico semterminati da questa infrastruttura. La sua realiz- bra toccare alla zona della Foce intorno al comzazione, insieme agli interventi collegati ai lavori plesso edilizio della nuova Corte Lambruschini, della Metropolitana, sembra aver determinato la realizzato negli anni '80. Anche qui si riscontracostruzione di una sorta di "diga" che impedisce no continue e sospette infiltrazioni dÔacqua ed il normale deflusso di tutti quei rivi che erano anche se lÔipotesi che le fa risalire al parcheggio stati sapientemente incanalati dai nostri antichi interrato della Corte non • ancora stata dimoconcittadini. Tutto questo determina un costante strata compiutamente, essa risulta essere prostata evitata. Resta il fatto di un intervento sostanzialmente inutile, che non allevierˆ il traffico della zona (come non lo ha fatto l'intervento giˆ realizzato) e distruggerrˆ definitivamente un ultimo scorcio di Bisagno.
In alto: un ulteriore esempio dell'impatto determinato dalla infrastruttura viaria realizzata in sponda sinistra del Bisagno. La realizzazione della strada ha reso necessaria la realizzazione di imponenti muri di contenimento del monte. La foto • riferita al promontorio di Montanasco, presso Molassana. In basso: veduta della zona di Castagnello, presso Prato, dal "Ponte-canale". Questa zona, per il momento integra, rischia di essere pesantemente devastata dalla realizzazione della prosecuzione della strada in sponda verso la Strada Statale 45.
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Alcune immagini rappresentative di impatto sul paesaggio determinato dalle infrastrutture viarie. In alto a sinistra: viadotto dell'autostrada a Quarto. In alto a destra: lavori di adeguamento dell'Aurelia a Vesima. Di fianco: impatto di strutture ad uso parcheggio sul Bisagno. In basso: casello e autostrada a Voltri.
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babilissima. Resta il fatto che per gettare le fondamenta degli edifici, ed in particolare del parcheggio si • dovuto ricorrere alla costruzione preventiva di una ÒgabbiaÓ in cemento armato realizzata nel pieno dellÔalveo del torrente Bisagno. Ñ ll Parcheggio di via Cianciullo Questo • un piccolo ma significativo caso di come le conseguenze della "filosofia viabilistica" non riguardino solo le grandi opere ma anche interventi minuti. Via Cianciullo • una strada figlia dellÔultima ondata speculativa degli anni Ô60; case disseminate su per una collina (quella di Apparizione). Nessuna linea di trasporto pubblico sale per quella salita, il che ha costretto in qualche misura le persone residenti in questa strada a dotarsi di autovetture. Vista la continua occupazione degli spazi destinati alla sosta dallÔarrivo di nuove auto, • stata vista come scelta di forza maggiore, alcuni anni fa, la realizzazione di un parcheggio in cima ad una collinetta, a ridosso di uno dei condomini pi• in alto. Il parcheggio, tra lÔaltro, • stato realizzato in mattonata e non con una semplice asfaltatura del prato. Ciononostante dopo qualche tempo il parcheggio • letteralmente franato in uno degli appartamenti del citato condominio. é stato solamente per un caso fortuito che la cosa non abbia provocato danni alle persone. Un bilancio di ci˜ che • giˆ stato fatto.... A nostro parere si evidenzia che, in una valutazione complessiva, il beneficio di diverse infrastrutture fin qui realizzate • stato scarso. Resta sospeso per il momento un giudizio, da questo punto di vista, sulla nuova strada strada in sponda sul Polcevera, intervento per il quale ci riserviamo di fare delle valutazioni a completamento avvenuto. Quello che si pu˜ giˆ dire • che nonostante sia passato quasi un ventennio dall'intervento in sponda sinistra sul Bisagno non vi sia stato alcun progresso nella qualitˆ degli interventi, almeno per quel che riguarda l'aspetto della mitigazione ambientale. Vi sono poi diversi lati discutibili anche per quel che concerne la funzionalitˆ stessa dell'intervento. Rispetto alle opere viarie fino ad ora realizza-
te, forse solo per il sottopasso di San Benigno si pu˜ parlare di un certo miglioramento locale, ma appunto, non in una valutazione complessiva sulla mobilitˆ della cittˆ. Naturalmente questa inutilitˆ da noi denunciata potrebbe dipendere anche dal senso di ciascuna infrastruttura, ovvero, si potrebbe sostenere che esse siano state poco utili in quanto erano di per sŽ stesse inutili, non perchŽ la realizzazione in via generale di nuove infrastrutture viarie sia sempre e comunque inutile. Tuttavia nessuna di esse venne realizzata benchŽ ritenuta inutile, altrimenti saremmo al paradosso. Esse vennero infatti indicate come fondamentali per la risoluzione dei problemi viari, allo stesso modo di come ora ne vengono indicate altre. Giˆ questo, a nostro parere, pone dei dubbi sulla lungimiranza pianificatoria passata ma anche presente, visto che i proponenti attuali di certi interventi sono pressochŽ gli stessi degli interventi realizzati in passato.
I costi sociali della "filosofia viabilistica" Per quel che riguarda i costi sociali crediamo che non vi siano dubbi sul fallimento della flosofia del trasporto privato. I costi sociali2 ricadano completamente sulla comunitˆ, al contrario dei dividendi, di cui beneficiano le industrie automobilistiche. Tali costi non sono risarcibili, come non • risarcibile una persona deceduta in un incidente stradale. In ogni caso sono invece quantificabili i costi ospedalieri di una degenza e rappresentano una cifra elevata. I "danni" sociali/sanitari causati dallÕinquinamento atmosferico sono evidenti ed elevati, e se nel documento non se ne parla in maniera approfondita, ma li si cita solamente, non • perchŽ li si consideri marginali, ma semplicemente perchŽ tale e tanta • la letteratura al proposito che questo argomento avrebbe meritato non un capitolo ma un un altro documento. Si • quindi ritenuto poco opportuno sintetizzare affrettatamente tale questione. Riteniamo tra l'altro che tali costi siano ormai ben chiari a tutti, ed alla classe politica in particolare, e quella che manchi sia semmai una chiara visione dei rimedi possibili.
2 - Un documento che tratta di questa problematica •: ÒI costi ambientali e sociali della mobilitˆ in ItaliaÓ, a cura degli Amici della Terra/ Ferrovie dello Stato, 1999.
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L'inquinamento EÕ nelle aree urbane che si manifestano con pi• evidenza i costi ambientali generati dal traffico. Le nostre attuali invivibili cittˆ non sono sempre state cos“: lÕespropriazione da parte dei veicoli privati del suolo, dellÕaria e della quiete • un fatto recente, che deve essere almeno arginato. Lo spazio urbano • costituito mediamente per una percentuale tra il 15% e il 25% da strade e piazze, ovvero da luoghi pubblici che, prima dellÕavvento delle motorizzazione privata, erano vissuti come spazi collettivi, ora quasi totalmente dedicati alla marcia o alla sosta delle auto. Il cittadino espropriato dei suoi spazi ha sviluppato una tensione verso il miglioramento della vivibilitˆ dellÕalloggio privato (lusso privato e miseria pubblica), che non compensa la perdita dellÕuso umano dell'ambito urbano. In un recente rapporto CENSIS / ACI il 54% degli intervistati ritiene che in Italia circolino troppe macchine e che il numero vada ridotto; numero che nel Ô98 superava i trentun milioni, cifra che non ha bisogno di commenti. La totale occupazione degli spazi pubblici da parte delle auto, che possiamo tranquillamente definire come "inquinamento spaziale", comporta il superamento delle soglie di accettabilitˆ dellÕinquinamento atmosferico ed acustico. LÕinquinamento acustico LÕOCSE stima, che il 93% dei cittadini romani siano esposti durante il giorno a unÕintensitˆ di
rumore attorno agli 80 decibel (massimo raccomandato da OMS. 65 db). Il traffico veicolare contribuisce per il 76% allÕorigine del rumore. Secondo lÕISTAT (annuario '97) in un'indagine per il rilevamento dei principali problemi ambientali denunciati dalle famiglie italiane nella zona di abitazione, il traffico • il problema numero uno per il 48% degli intervistati, seguito dal rumore per il 40%. In Liguria le percentuali sono ancora pi• rilevanti: sono infatti rispettivamente 54% e 49%. Questi dati testimoniano la presenza di un problema reale, che anche recenti rilevamenti effettuati sul territorio genovese nella zona di via XX Settembre sembrano confermare (si sono rilevati per quel che riguarda solo il rumore indici estremamente elevati, dell'ordine degli 85 db). In ogni caso a Genova apparterrebbero alcune tra le strade pi• rumorose dÔItalia: c.so Gastaldi, c.so Europa, via Cornigliano, come evidenziato dalle ripetute inchieste di Legambiente per lÔindagine ÓEcosistema UrbanoÓ. In questo senso, anche la prevenzione dallÕinquinamento acustico, soprattutto nei tratti autostradali cittadini dove esiste un vero e proprio contatto fra le infrastrutture e le abitazioni, cosa assai frequente nel nostro territorio, acquista unÕimportanza notevole; la Legge n¡ 447 del 26 ottobre 1995 prevede uno stanziamento pari al 2% delle spese manutentive per la collocazione di pannellature antirumore e quanto necessario allÕabbattimento dellÕinquinamento acustico.
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LÕinquinamento atmosferico La composizione delle benzine • cambiata notevolmente con lÕavvento delle ÒeurosuperÓ, impropriamente dette ÒverdiÓ dal loro colore, (prestandosi questa denominazione ad una confusione relativamente ad una loro ecologciitˆ) da usare in abbinamento con i dispositivi catalitici (le Ómarmitte cataliticheÓ). Il piombo tetraetile, antidetonante delle benzine di una volta, • stato sostituito dagli idrocarburi aromatici che sono in grado di assicurare alla benzina un elevato numero di ottani. Gli idrocarburi aromatici, attraverso la combustione (e la reazione di dealchilazione) - che avviene nel cilindro del motore di auto e motorini di nuova generazione - degradano a benzene, noto cancerogeno, che fuoriesce con i gas di scarico assieme ad una miscela di inquinanti tra i quali spiccando il CO (monossido di carbonio), le polveri (che stanno diventando un problema sempre pi• grave e poco indagato) i NOx (ossido di azoto) e la CO2 (anidride carbonica). La marmitta catalitica neutralizza circa il 70-80% delle emissioni di CO - NOx - idrocarburi. Il catalizzatore funziona tramite una valvola che regola la quantitˆ di aria nel motore e quindi lÕeffetto catalizzatore nella marmitta. Il sistema elettronico della valvola necessita di controllo (negli USA ogni 6 mesi) e in assenza, la marmitta catalitica potrebbe non funzionare a dovere, abbattendo solo NOx (ambiente eccessivamente riducente), o solo CO e idrocarburi (ambiente eccessivamente ossidante). Inoltre, il dispositivo catalitico entra in esercizio dopo almeno 20 minuti di funzionamento del motore dunque in cittˆ • spesso inefficace3. Dati riguardanti la presenza di benzene a Genova vengono da uno studio dellÕIST del dicembre Ô98, relativo a via Torti e via Barrili, ed evidenziano il superamento della concentrazione massima ammessa (10 mg / m3) nel 98,5% del percorso studiato (media concentrazione 18,9 mg/m3). Oltre al problema delle emissioni, una grave emergenza • costituita dallÕozono troposferico, irritante dellÕapparato respiratorio, derivate
dallÕazione del sole su ossidi di azoto e composti organici volatili, tipicamente connessi con il traffico urbano (rapporto ICLEI 96). Proprio lÕozono •, rispetto ad altri inquinanti, protagonista del superamento degli standard di qualitˆÕ, secondo il bollettino mensile sul controllo della qualitaÕ dellÕaria pubblicato dalla Provincia di Genova, e come • stato ampiamente evidenziato dalla stampa cittadina. Uno studio OMS del Ô98 rileva per Genova, il record negativo degli sforamenti: ben 5 mesi, e un aumento generalizzato del 4% tra Ô97 e Ô98. Il Contributo del settore trasporti ai mutamenti climatici Ñ Le emissioni di CO2 in Italia. ÜÜ Fra 1985 e 1993 le emissioni di CO2 nel nostro paese sono aumentate di circa il 13%, con un andamento crescente fino al dato 1991 (da 350 a 400 milioni di tonnellate/anno) seguito da una flessione (nel 1993 le emissioni sono stimate in 396 Mt); successivamente si stima che le emissioni siano nuovamente aumentate: nel 1995, secondo lÕinventario nazionale delle emissioni di gas serra contenuto nella ÒSeconda Comunicazione Nazionale per la Convenzione Quadro sui Cambiamenti ClimaticiÓ e lÕammontare delle emissioni di CO2 • pari a 449.159 milioni di tonnellate, di cui i trasporti contribuiscono quasi per il 26% del totale. LÕanalisi delle emissioni per settore evidenzia peraltro performance differenziate: in particolare, il settore dei trasporti presenta, nel periodo considerato, una crescita costante delle proprie emissioni, che passano da 83 a 109 milioni di tonnellate/anno, con un incremento su otto anni del 32% circa. Tale incremento • peraltro quasi interamente imputabile alle emissioni del trasporto stradale, che rappresentano il 92% circa delle emissioni del settore trasporti4 ÝÝ. Gli impegni del Governo nel settore dei trasporti per il contenimento dei mutamenti climatici ÜÜ LÕobiettivo di riduzione del 7% entro il 2010,
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3 - Contributo Prof. Busca, Universitˆ di Genova, Dipartimento di Ingneria Chimica. 4 - da: ÒCambiamo aria al climaÓ, WWF-Federtrasporti, dicembre 1998.
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rispetto ai livelli del 1990, (accordi di Kyoto dicembre Ô97) richiede per lÕItalia lÕimpegno a diminuire le emissioni di gas serra dal valore di circa 604 milioni di tonnellate CO2 equivalenti / anno, previste per il 2010, ad un valore di 498 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti / anno. In concreto, lÕItalia, rispetto alla crescita tendenziale, deve ridurre di 106 milioni di tonnellate la produzione di CO2 e di "gas serra", di cui le emissioni derivate dal traffico motorizzato equivalgono al 26 % (un peso, quindi, sicuramente notevole). Con la delibera Cipe del Dicembre 1997, il Governo ha previsto misure concrete per ridurre nel settore dei trasporti le emissioni di CO2 (circa 35 milioni di tonnellate in meno al 2010). Positivi risultati dovrebbero derivare dalla sostituzione di auto in circolazione con modelli ad emissioni pi• contenute, dalla realizzazioni di reti tranviari, metropolitane e ferroviarie, dallÕincremento del trasporto merci via mare, da misure per il controllo del traffico urbano e dalla promozione di bio - carburanti5 ÝÝ Varrebbe la pena di verificare come si inserisca la politica delle amministrazioni locali rispetto a queste direttive nazionali. Ricordiamo, come impegno da parte della Civica Amministrazione genovese la mozione approvata dal Consiglio Comunale il 20.9.99, che impegna la Giunta alla preparazione di un piano complessivo di interventi sul traffico e sulla mobilitˆ teso ad abbattere i livelli di inquinamento in cittˆ. Tale mozione risulta comunque essere quantomai generica.
Riflessioni finali LÕAmministrazione della nostra cittˆ deve porsi in maniera aperta rispetto alla questione costi/benefici e prendere atto del fallimento innanzitutto economico della Òfilosofia viabilisticaÓ. Nonostante vi siano giˆ stati investimenti considerevoli, essi non sono stati in grado di far fronte allÕaumento di mobilitˆ; hanno forse in qualche caso risolto singole situazioni, dando contributo quasi insignificante al problema complessivo. Sommando i costi giˆ sostenuti, i citati interventi giˆ realizzati per 341 miliardi con quelli in preventivo, considerando quindi le spese ipotizzate dal Comune pi• quelle ÒminoriÓ e non, previste nel nuovo PRG, la Comunitˆ potrebbe arrivare ad aver speso da qui al 2005 oltre 3.500-4.000 miliardi in opere viarie, solo per quel che riguarda, si ripete, il territorio comunale. Ci˜ che spaventa • lÕapproccio pianificatorio. Molto probabilmente non vi saranno i soldi sufficienti per realizzare tutte le opere previste, quindi, da un certo punto di vista, potremmo anche non preoccuparci pi• di tanto. Resta il fatto per˜, che anche meno della metˆ di tali investimenti, opportunamente indirizzati verso opere a sostegno della mobilitˆ pubblica, avrebbero un effetto risolutorio nei confronti dei problemi del traffico cittadino, al contrario delle opere previste dalla Amministrazione Comunale, che lÕaggraverebbero !
5 - vedasi nota precedente.
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Capitolo 12 Prioritˆ, investimenti e tempi per le nostre proposte per la mobilitˆ
Prioritˆ, investimenti e tempi per le nostre proposte per la mobilitˆ
Le prioritˆ In una visione complessiva della mobilitˆ, tutti gli interventi previsti sono ovviamente importanti. Tuttavia esistono delle prioritˆ, e sono legate in particolar modo alle modalitˆ di spostamento che riguardano, anche potenzialmente, il maggior numero di cittadini. Per fare un esempio, • evidente che prioritario • rendere competitivo il trasporto pubblico di superficie, rispetto, ad esempio, al trasporto via mare, il che non significa che esso non debba essere pensato, ma che esso vada inserito in una logica in cui le prioritˆ guidino il resto: ovvero • scorretto impostare un sistema di attracchi e successivamente riorganizzare il trasporto pubblico di conseguenza. Prima si organizza ci˜ che • prioritario, cio• il trasporto pubblico di superficie, il trasporto via mare verrˆ pianificato di conseguenza al primo. Ancora unÕaltro esempio: sono necessari interventi integrativi che puntino ad una diminuzione del parco auto e moto cittadino, ma • evidente che tali iniziative risulterebbero sterili se non contestuali ad interventi concreti che ridiano fiducia nel trasporto collettivo. Occorre ovviamente un approccio per cos“ dire multidisciplinare, e, nel momento in cui si effettui un intervento, considerare tutte le altre variabili in gioco. Discorsi a parte possono essere fatti, ad esempio per la mobilitˆ pedonale; se in qualche caso, laddove siano realizzate nuove isole pedonali, si tratta di interventi legati ad una ridefinizione della viabilitˆ, in molti altri casi (come per lÕallargamento di marciapiedi) si tratta di interventi connessi ad una manutenzione cittadina: anche dal punto di vista delle competenze amministrative si tratterebbe quindi di interventi legati a settori della Civica Amministrazione differenti. Se si sviluppa una visione organica dei problemi, sia da parte dei responsabili politici, sia da parte dellÕapparato tecnico comunale, allora • anche possibile che molti interventi, per i quali non • cos“ facile stabilire delle prioritˆ, possano proseguire parallelamente: altrimenti tutto continuerˆ a viaggiare a Òcompartimenti stagniÓ, e qualsiasi intervento finirˆ in un modo o nellÕaltro, nel peggiore dei casi per comprometterne altri,
nel migliore per essere slegato dal contesto. Nel momento in cui, per fare un esempio, venisse avviata la manutenzione di un marciapiede, in una visione organica verrˆ anche ipotizzato e realizzato lÕallargamento dello stesso, (effettuato con materiale lapideo), verificato il collegamento di percorso con eventuali passaggi pedonali ecc..: in una visione disorganica si farˆ la manutenzione, magari con asfalto, non si provvederˆ al suo eventuale allargamento, lÕintervento risulterˆ slegato da una pianificazione del contorno per quel che riguarda i passaggi pedonali, (cosicchŽ magari dove dovrebbe esserci la continuazione del percorso verrˆ collocato un parcheggio), ecc. Insomma, si farˆ come si • fatto fino ad ora. Un discorso ancora a parte merita lÕipotesi di reintroduzione del tram, che sarebbe graduale, progressiva per direttrici, a partire dalla val Bisagno contestualmente al suo ritorno anche in centro, successivamente per corso Europa e la val Polcevera, ed infine anche per il Ponente. Nelle singole parti, o capitoli, si sono poste specifiche prioritˆ riferite a ciascun argomento. Si • quindi definito ci˜ che • da fare prima nellÕambito del trasporto pubblico, ci˜ che • da ritenersi pi• urgente per lÕassetto delle ferrovie, ecc. Occorre, a questo punto, tentare di dare in un quadro complessivo le prioritˆ generali. Le prioritˆ devono riguardare, in questo momento, in primo luogo quegli interventi che possono ridare maggior velocitˆ commerciale al trasporto pubblico di superficie: quindi, in particolar modo, gli interventi di protezione fisica del percorso, e come giˆ detto nella specifica parte, tra questi assumono rilevanza quelli che vanno a completare dei percorsi giˆ definiti, ma non ancora completi, ed altri interventi, anche se parziali lungo diverse direttrici. Si inizierebbe quindi con gli interventi che pi• possono incontrare difficoltˆ: ci˜ potrebbe anche essere considerato una imprudenza da un punto di vista politico, ma al di lˆ di considerazioni di opportunitˆ politica, interventi in questo senso rappresentano la cosa pi• urgente da affrontare. La realizzazione di nuove fermate ferroviarie va ovviamente affrontata il prima possibile, in quanto occorre tempo per realizzare i progetti e
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Prioritˆ, investimenti e tempi per le nostre proposte per la mobilitˆ
ovviamente altrettanto per realizzare le opere. Pi• difficile • affrontare il discorso della mobilitˆ pedonale: esso rappresenta uno degli aspetti prioritari delle nostre proposte per la mobilitˆ, tuttavia • un argomento che presuppone scelte molto articolate, e strettamente connesse, in qualche caso, con la ridefinizione che si propone anche della viabilitˆ. Gli interventi che dovrebbero partire prima dovrebbero essere quelli che sanciscono in maniera definitiva la pedonalitˆ di via San Vincenzo e via San Lorenzo, ovvero la lastricatura ecc.. Ma estremamente importante • anche avviare nuove isole pedonali, tra cui quella di via Rolando, di cui si parla da fin troppo tempo. In conclusione non • cos“ semplice capire dove intervenire: dipende in definitiva da tanti fattori, anche di rispondenza dei cittadini. CosÕ• meglio fare prima, una cordolatura o una fermata ferroviaria? UnÕisola pedonale o una pista ciclabile? Il problema potrebbe non porsi cos“ difficile se allÕinterno della struttura comunale vi fosse unÕŽquipe specifica, che si occupasse di ripianificare la mobilitˆ cittadina, con una visione chiara delle questioni da affrontare e dei problemi da risolvere, spronata da una forte volontˆ politica che ne incoraggi lÕoperato. In una situazione simile il lavoro potrebbe procedere ben coordinato, e verrebbero ben curati i rapporti esterni con gli altri enti, con i quali sarebbe necessario un confronto (ferrovie, Regione ecc.). Questi potrebbero dare ulteriori indicazioni sui tempi necessari a determinate opere, e, di conseguenza fornire in parte una risposta sulle prioritˆ, che verrebbero modellate anche su realistiche considerazioni legate ai tempi burocratici.
zione ed il potenziamento del servizio di rimozione forzata, che deve diventare il pi• possibile alternativo alla semplice multa.
Gli obiettivi che ci prefiggiamo Gli obiettivi che ci poniamo attraverso la messa in opera degli interventi delineati nel nostro documento stanno, semplicemente, in un miglioramento della situazione della mobilitˆ generale della cittˆ, cos“ da ottenere gradualmente una complessiva diminuzione delle autovetture e dei motoveicoli circolanti, un aumento dellÕutenza del trasporto pubblico, un aumento degli spazi pedonali. A lungo termine (nellÕarco di 10 anni) sarebbe un obiettivo importante una diminuzione del parco macchine dalle attuali 390.000 a 300.000, per portare cio• la nostra cittˆ su medie pi• europee. Da 540 auto ogni 1.000 abitanti, che • la media attuale, si dovrebbe arrivare a poco pi• di 400, media pi• vicina a standard dellÕEuropa continentale (Si pensi che Zurigo •, stando ai dati dello stesso ufficio statistiche del comune svizzero, a 380). Tale diminuzione corrisponderebbe al numero posti auto che il Comune di Genova indica in pi• documenti (da noi pi• volte citati) come mancanti nella nostra cittˆ. Mentre • evidentemente illusorio riuscire ad alloggiare un numero simile di auto, • invece pi• realistico, a nostro parere, impostare una politica complessiva che porti ad una riduzione ÒspontaneaÓ, cio• per riscontrata inutilitˆ del numero di auto che si ritiene come surplus da parte della stessa cittadinanza. Un processo di questo tipo presuppone ovviamente tempi abbastanza lunghi, da cinque a dieci anni che, andando a vedere, sono tempi pi• rapidi di quelli necessari per relizzare 90.000 posti auto. Analogo obiettivo di diminuzione riguarda il parco moto che, stando ai dati del Comune, ammonterebbe a 80.000 unitˆ: lÕobiettivo, in questo caso, • una diminuzione di circa 15.000 unitˆ nel territorio cittadino.
Riorganizzazione della polizia Municipale. LÕavvio di una riorganizzazione del servizio di Polizia Municipale dovrebbe avvenire in modo da permettere un uso mirato del personale, per prioritˆ: quindi, maggior attenzione ai punti nodali del traffico che comportano difficoltˆ per il transito del servizio pubblico, e controlli maggiormente frequenti in quelle situazioni. Anche la mobilitˆ pedonale dovrebbe rientrare Il ÒPiano WinklerÓ ipotizzava una diminuzione tra le prioritˆ. del numero di vetture circolanti intorno al 25 % LÕaltro elemento prioritario • la riorganizza- come condizione per lÕapplicabilitˆ del piano Pagina 219
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stesso, e al contempo, come risultato dellÕapplicazione del piano (in una visione quindi un p˜ confusa). Onestamente noi non siamo in grado di dire che le nostre proposte porteranno ad una diminuzione del traffico del 15, 20, o 25 %: ipotizziamo che, in seguito alla applicazione delle nostre ipotesi, dovrebbe esserci un considerevole aumento della altre modalitˆ di trasporto, a sfavore, quindi, del mezzo privato. La realizzazione di interventi a favore del mezzo pubblico dovrebbe portare ad esempio ad un aumento di velocitˆ commerciale dello stesso, quindi ad un risparmio economico che pu˜ essere o reinvestito parzialmente per aumentare la frequenza in altre direttrici attualmente non soddisfacenti, o per permettere un ridefinizione delle linee o delle corse a minor redditivitˆ. LÕaumento della velocitˆ commerciale, lo si • detto pi• volte, • un fattore attrattivo per lÕutenza, quindi, come minimo, dovrebbe portare ad una frequentazione (si vedano i dati giˆ citati di corso Europa) pari a quella di alcuni anni fa. LÕinnesto, insomma, di meccanismi che ridiano sicurezza nel mezzo pubblico dovrebbe portare benefici concreti. Per citare un ultima volta Zurigo, dove si • provveduto alla realizzazione di percorsi protetti ad uso del mezzo pubblico (oltre il 90% delle linee a doppio binario per i tram • separato dal traffico privato e vi sono 16 km di corsie speciali per autobus e sistemi semaforici preferenziali), dal 1987 al 1994 la frequentazione del trasporto pubblico • aumentata del 35%, a fronte di una riduzione del traffico individuale del 10% nel medesimo periodo. (Fonte: M&T, ottobre '94). A Strasburgo, la reintroduzione del Tram, che ha comportato il riservare diverse vie al solo transito dei mezzi pubblici ed alla frequentazione pedonale, ha garantito un netto aumento della mobilitˆ su mezzo pubblico, ed una diminuzione di quello privato, ed ha inoltre permesso una vera riqualificazione della cittˆ, affrancandola dal traffico che precedentemente l'affiggeva. Si pensi che nel 1998, a 4 anni dallÕintroduzione della prima linea di tram, dati ufficiali del comune alsaziano parlano di un aumento di spostamenti con il mezzo pubblico del 43 %.
Le condizioni perchŽ si possa realizzare un piano organico Nei Piani urbani della mobilitˆ (PUM), recente proposta contenuta nellÕultimo Piano generale dei trasporti, viene indicato come obiettivo la formazione di tecnici allÕinterno della struttura comunale, che siano in grado di gestire una pianificazione complessiva della mobilitˆ: in tal senso viene auspicata la creazione di una Òagenzia appositaÓ, che si occupi della gestione del progetto. é chiaro che portare a termine una ripianificazione complessiva della mobilitˆ presuppone quantomeno una notevole sinergia tra Enti e Comune e Regione: tra Enti e Comune per le scelte, con la Regione per lÕiter di finanziamento, e successivamente con lo Stato per lÕassegnazione dei finanziamenti stessi, che, salvo leggi speciali od altro, verrebbero garantiti dalla Legge 211/ 92, che si occupa del finaziamento di metropolitane e tranvie. Come detto nella parte specifica sugli impianti speciali, non esiste una legge ad hoc per il finanziamento di ascensori e funicolari: restando quindi in ambito di finaziamenti dello Stato, si dovrebbe ricorrere anche per questi alla Legge 211.
Gli investimenti necessari Per lÕultima volta allÕinterno del nostro documento ci rifacciamo alle ipotesi previste dal Comune. Proviamo ad ipotizzare un totale spostamento delle risorse verso una mobilitˆ sostenibile. Rifacendosi alle cifre che emergevano rispetto allÕanalisi del ÒLibro BiancoÓ ed ai calcoli eseguiti precedentemente, dedotti da valutazioni sulle previsioni di PRG, avremmo 850 miliardi giˆ destinati alla mobilitˆ pubblica, pi• ulteriori 2.945 (quelli cio• previsti dal ÒLibro BiancoÓ come destinati ad infrastrutture per il trasporto privato, che noi proporremmo di dirottare verso la mobilitˆ pubblica). Avremmo quindi a livello teorico disponibili 3.795 miliardi, a cui aggiungere ulteriori risorse che il PRG dedicherebbe a nuova viabilitˆ, orientativamente quantificabili in altri 200 miliardi, che noi sposteremmo in blocco verso infrastrutture per la mobilitˆ collettiva . Seguendo quindi la logica del ragionamento, ci troveremmo ad avere circa 4000 miliardi a di-
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sposizione di una mobilitˆ sostenibile, con la possibilitˆ di effettuare massicci investimenti nel trasporto pubblico, ad es, 50 (!!!) chilometri di tranvie, quanti sono necessari cio• per la reintroduzione del tram su tutte e quattro le direttrici cittadine (considerando un costo tra i 20 e i 25 miliardi al chilometro materiale rotabile compreso); - filoviarizzazione di quasi tutta rete di trasporto pubblico cittadino; - almeno 20 (!!) chilometri di impianti speciali, (calcolando per un intervento tipo funicolare sui 10 mld/km); - ulteriori centinaia di miliardi per ascensori ed altri impianti meccanizzati leggeri, dai costi inferiori rispetto a funicolari o cremagliere; - altri 5-600 miliardi per interventi sulla rete ferroviaria; - centinaia di miliardi per la mobilitˆ pedonale e ciclabile, con la riqualificazione di vie, piazze, quartieri... In realtˆ ci sarebbe lÕimbarazzo della scelta sul come spendere una simile mole di denaro. LÕesempio precedente era naturalmente solo ipotetico, (considerato infatti che parte dei soldi ipotizzati • stato speso, che in certa parte si tratta di cifre ipotizzate dal Comune da ritenersi ÒvirtualiÓ, ecc.) che serve per˜ per far capire quali enormi possibilitˆ si avrebbero con un drastico storno dei fondi disponibili verso il trasporto pubblico, ed il nostro scopo era appunto di dimostrare lÕinsensatezza dellÕattuale logica degli investimenti. Sfidiamo chiunque a sostenere che la possibilitˆ di fare investimenti simili non possa dare risposte risolutive alle esigenze di mobilitˆ, e, per contro, a provarci che un uso tradizionale di simili fondi, in una logica preferenziale quindi verso interventi a sostegno della viabilitˆ, otterebbe una vera risoluzione dei problemi. Un cambiamento delle linee guida nella pianificazione, verso un modello del tipo da noi proposto, avrebbe in ogni caso costi complessivi pi• contenuti di quelli previsti dalla Civica Amministrazione. Nello specifico gli interventi si possono infatti cos“ sintetizzare:
- nuove fermate sulle linee FS - recupero della linea ferroviaria del Campasso - realizzazione di corsie protette per il trasporto pubblico - estensione della rete filoviaria - nuovi impianti meccanizzati - interventi a favore della mobilitˆ pedonale - interventi a favore della mobilitˆ ciclabile - reintroduzione del tram a Genova - trasporto via mare - riorganizzazione dei servizi di base attraverso una logica di autentico decentramento - interventi integrativi di disincentivazione allÕuso del mezzo privato. Tra tutti gli interventi, quelli comportanti la maggiore mole di investimenti risultano essere quelli legati alla reintroduzione del tram. La reintroduzione di tale mezzo su tutte e quattro le direttrici comporterebbe un investimento complessivo tra i 1.000 ed i 1.250 miliardi circa. Tuttavia, mentre la reintroduzione • prioritaria per la direttrice della val Bisagno, auspicabile per quella di corso Europa, in quanto si inserirebbe in un percorso giˆ definito per il trasporto pubblico e per la val Polcevera (per i consistenti flussi) • da destinarsi ad un secondo tempo per il Ponente. Gli investimenti sarebbero quindi diluiti nel tempo, diversamente da quelli necessari per una linea metropolitana, che sono ingenti (circa 6-7 volte tanto rispetto ad un tram) e devono essere investiti quasi simultaneamente, a meno di non allungare i tempi di realizzazione di decenni. LÕintervento complessivo per le ferrovie risulterebbe intorno ai 100 miliardi, a cui si aggiungono i costi per il materiale rotabile pi• o meno alti a seconda delle scelte effettuate dalla Regione. La realizzazione di nuove corsie protette ammonterebbe tra i 6 e i 20 miliardi, nel caso in cui in qualche situazione si decida per una corsia centrale maggiormente infrastrutturata). Per lÕestensione della rete filoviaria, ponendo come riferimento i costi finora affrontati, si arriverebbe a circa 30 miliardi. La realizzazione di nuovi impianti meccanizzati, intorno ai 100/150 miliardi. Per gli interventi destinati alla mobilitˆ ciclope-
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donale si possono ipotizzare investimenti per circa 30 miliardi. Altri 10 Mld per interventi relativi agli interventi integrativi. Circa 20 Mld per la realizzazione dei parcheggi di interscambio. Il totale degli investimenti, per realizzare tutti gli interventi che proponiamo, sarebbe quindi nellÕordine dei 1.500-1.600 miliardi, che sarebbe in pratica il doppio rispetto a quanto sarebbe stato previsto per la mobilitˆ pubblica dalla Amministrazione Comunale, ma che sarebbero diluibili almeno in parte nel tempo.
In ogni caso • ragionevole supporre, (in presenza, • ovvio, di una volontˆ politica di intraprendere certe scelte) che giˆ verso il 2002/2003 avremmo dei considerevoli cambiamenti nella qualitˆ della vita cittadina, con un trasporto pubblico, sia ferroviario sia di superficie, giˆ fortemente riqualificato. Avviando da subito uno studio complessivo per interventi sugli impianti speciali, una significativa presenza di nuovi impianti potrebbe essere stata realizzata nel territorio cittadino verso il 2004.
I tempi per la reintroduzione del tram
I tempi Nella nostra ipotesi di Òpiano per la MobilitˆÓ i tempi potranno essere differenti a seconda degli obiettivi che ci si propone: una riduzione effettiva del numero delle autovetture e dei motoveicoli sarˆ verificabile, ad esempio, nellÕordine, almeno, dei cinque-dieci anni. Tempi pi• rapidi vi potranno essere previsti per la realizzazione di nuove fermate ferroviarie e per le corsie protette. Gli interventi sullÕassetto ferroviario sono quelli, assieme alla realizzazione dei percorsi protetti, che potrebbero essere realizzati nel minor tempo. Infatti se in teoria venisse avviata una sistematica progettazione delle fermate ferroviarie, almeno di quelle ritenute prioritarie, e contemporaneamente lÕacquisto di ulteriore materiale rotabile, entro il 2002/2003 potremmo avere giˆ attivo un servizio ferroviario urbano di tutto rispetto. Tempi brevi, almeno in teoria, anche per lÕistituzione di buona parte dei percorsi protetti: infatti, almeno nei casi meno problematici, partendo da ora con la progettazione, addirittura da qui a qualche mese si potrebbero vedere iniziare i primi interventi. Anche la realizzazione delle isole pedonali, quantomeno di alcune, potrebbe partire quasi immediatamente. Diverso • il caso, ovviamente, della riqualificazione stessa delle aree pedonali, perchŽ un conto • chiudere una strada, un altro • ripristinarne il lastricato e studiarne un assetto che la riqualifichi. I tempi per questi interventi non sarebbero inferiori ad un anno di lavoro.
Considerazioni specifiche sono da farsi per la reintroduzione del tram nella nostra cittˆ. Un intervento come quello da noi ipotizzato, che investirebbe non solo zone periferiche o pericentrali, (come per il caso della val Bisagno), ma parte dal presupposto della reintroduzione del tram in centro cittˆ, anzi vede il tram come intervento urbanistico portatore di riqualificazione per la cittˆ, • ovviamente un intervento estremamente complesso, che investe molteplici aspetti, architettonici, strutturali, di ripianificazione del traffico, ecc. Anche in questo caso, • ovvio, tutto dipende dalla volontˆ politica di fare questi interventi; se la volontˆ cÕ•, i tempi si abbreviano. In ogni caso, per una progettazione attenta dellÕintervento occorrerebbe almeno un anno di lavoro, perchŽ contestuale al passaggio del tram • necessario ripensare l'assetto dei marciapiedi, della viabilitˆ, dellÕarredo urbano. Dopo di che ci sarebbero sicuramente i tempi burocratici per lÕavvio dellÕoperazione ed il finanziamento delle opere: infine resterebbero i lavori veri e propri per la realizzazione concreta dellÕinfrastruttura, realisticamente ipotizzabili in non meno di due anni e mezzo/tre di lavori. Il ritorno del tram rappresenterebbe ovviamente quasi lÕultimo tassello della ripianificazione della mobilitˆ a Genova. Ottimisticamente ci auguriamo come traguardo intermedio il 2005 per il tram in val Bisagno, in centro ed in parte del ponente (Sampierdarena) e forse anche parte della val Polcevera, ed il 2007 per la sua presenza a ponente.
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Prioritˆ, investimenti e tempi per le nostre proposte per la mobilitˆ
Conclusioni Nel 2005 potremmo cos“ avere una cittˆ con un autentico servizio ferroviario urbano, con un trasporto pubblico efficiente (per di pi• garantito, in alcune direttrici, da linee tranviarie attraversanti spazi come il centro cittˆ ed anche le aree interne della val Bisagno liberate dal traffico, dallÕinquinamento, dal rumore) e diverse nuove linee filoviarie. Le prospettive attuali sono invece un 2005 con, forse, il metr˜ arrivato a Brignole, ma un trasporto pubblico di conseguenza fortemente ridimensionato, poche prospettive per una vera metropolitanizzazione della ferrovia (perchŽ un conto • parlarne, altra cosa • inserirla in uno schema complessivo di mobilitˆ urbana e pianificarne gli investimenti), un centro cittˆ, al massimo, con via XX Settembre percorsa in discesa, ed in compenso unÕofferta di posti auto come minimo raddoppiata, delegazioni abbandonate al loro destino, nessuna complessiva riqualificazione dei centri delle cittˆ (quale solo il tram • in grado di garantire) traffico immutato (se non peggiorato), smog, rumore, spazio invaso da auto e moto come, se non peggio, di ora, mobilitˆ pedonale sempre pi• difficile ed impraticabile. QualÕ• la scelta migliore?
Le resistenze da vincere, la necessitˆ di una attenta opera di divulgazione e comunicazione. Se un progetto • valido ed • ben spiegato, • facile che possa essere accettato meglio dalla cittadinanza, e possa essere realizzato con maggior facilitˆ. Deve essere spiegato alle persone che con un progetto complessivo come questo, • vero s“ che gli si toglie qualcosa, ma gli si restituisce, in cambio, molto di pi•. Se • vero che forse la maggioranza delle persone non • disponibile, al momento, a rinunciare allÕauto, lo • giˆ, probabilmente, una considerevole minoranza, ed anche la maggioranza sarebbe disposta a rinunciarvi, in cambio di alternative reali. Parte di unÕalternativa reale • anche un progetto credibile. Citiamo, a questo punto, alcuni punti chiave che sono stati alla base dellÕapproccio tenuto dalla CTS (azienda di trasporto di Strasburgo) per il progetto complessivo di reintroduzione del tram: 1) Introduzione di una gamma completa di mezzi di informazione (mappe della rete, orari, servizio dÕinformazione telefonico, sezioni di quartiere). 2) Ascolto della gente e far s“ che questo sia noto. 3) Fare ci˜ che diciamo e dire ci˜ che facciamo 4) Non promettere mai ci˜ che il trasporto pubblico non pu˜ ottenere.
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Riferimenti bibliografici
Riferimenti bibliografici
BIBLIOGRAFIA Dalla presente nota bibliografica sono esclusi, salvo eccezioni specifiche, i documenti ufficiali (Delibere, Leggi, ecc.) prodotti dagli Enti Locali e le diverse Leggi dello Stato che sono state comunque consultate nel corso degli studi che hanno portato all'elaboerazione del nostro documento. Non sono inoltre presenti i testi che, pur importanti per una trattazione sulla mobilitˆ, non erano specificatamente correlati ad argomenti trattati nel documento, cos“ come eventuali elaborati progettuali consultati, e spesso visionati in forma di stralcio. Non sono stati citati infine, salvo eccezioni, i documenti pervenuti attraverso Internet. Tutti questi sono stati comunque citati nelle note in calce, laddove vi fosse specifico riferimento ad essi. Ci si scusa in partenza per eventuali imprecisioni nella bibliografia. TESTI -Balletti Franca; Giontoni Bruno Genova: cultura Urbanistica e formazione della cittˆ contemporanea, 1850-1920 Fabbiani, Genova -Sandonnini Pier Paolo; Ventura Nico Metropolitane, problemi progettuali e costruttivi Patron Editore, Bologna-Padova 1979 -Grossi Bianchi Luciano; Poleggi Ennio Una cittˆ portuale del medioevo; Genova nei secoli X-XVI Sagep Editrice, Genova 1979 -AMT, a cura dellÕ Storia del trasporto pubblico a Genova Sagep Editrice, Genova 1980 -Polastri G.; De Maestri S. La metropolitana di Genova, i precursori Genova, 1986 -Battistrada Mario Progetto, previa indagine storico-critica, per un sistema integrato di trasporti urbani a Genova Tesi di Laurea in Architettura Genova A.A. 1986-1987 -Ansaldo Trasporti Piano Direttore della Mobilitˆ Urbana Genova, 1989 -Musso Enrico I trasporti di persone nellÕarea Genovese, specificitˆ e tendenze Istituto di Geografia Economica e Trasporti dellÕUniversitˆ di Genova ECIG 1990 -Gerondeau Christian I Trasporti in Europa Collana Moblitˆ e Traffico Urbano, Torino Dicembre 1996 -Donati Anna; Rambelli Luigi; Zambrini Mario Ambiente e politica dei trasporti Edizioni Ambiente, Milano, Giugno 1998 -Moretti Anna; Di Giampietro Giuseppe a cura di Progettare le strade supplemento al n. 160 di Urbanistica Dossier luglio/agosto 1998 -Farinella, Abramo; Fassio, Guido Libro Bianco sulle infrastrutture ferroviarie ed autostradali del nodo di Genova Tipolitografia Nuova Ata, Genova,1999 RIVISTE/ARTICOLI GIORNALE -Migliorino Gianni Gli affreschi di Bernardo Strozzi minacciati dal traffico a Genova da Il Corriere della Sera del 26/4/1970 Pagina 226
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Indice
INDICE - Presentazione
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- Premessa
pag. 7 pag. 7 pag. 7 pag. 9 pag. 10 pag. 11 pag. 12
- Cittˆ senza confini - LÕevoluzione ottocentesca della cittˆ Problemi attuali di mobilitˆ - Il sistema territoriale genovese - Le previsioni urbanistiche - Urbanistica e mobilitˆ
- CAPITOLO I Idee per un piano della mobilitˆ
- Idee per un piano della mobilitˆ - Quattro punti per un Piano della Mobilitˆ - Le componenti della mobilitˆ - Linee generali per un piano di mobilitˆ alternativa
- CAPITOLO II La Ferrovia
- Le infrastrutture esistenti - Ipotesi e proposte - LÕarea centrale - La ferrovia urbana a Ponente - La ferrovia urbana a Levante - Il reimpiego della linea del Campasso - La ferrovia urbana in val Polcevera - La linea Acqui Terme - Genova - Assetto regionale o assetto metropolitano? - Assetto futuro del nodo di Genova - Interventi di riorganizzazione del servizio - Le nuove (e vecchie) fermate: collocazione e caratteristiche generali - La ferrovia e i ÒtempiÓ della cittˆ - Ferrovia e trasporto pubblico di superficie - Gli investimenti necessari - Schema degli interventi - Le prioritˆ - Ipotesi su cui fare alcune riflessioni - Schema di ipotesi A (1a fase) - Schema di ipotesi B (2a fase)
- CAPITOLO III Il trasporto pubblico di superficie
- Premessa - Un ruolo maggiormente attivo dellÕA.M.T. - Una politica di rilancio del trasporto pubblico - Ipotesi di riassetto della rete - Quale modello per la rete futura? - LÕinterscambio e le rotture di carico - Gli interventi infrastrutturali: gli assi protetti a sostegno del trasporto pubblico - I tragitti protetti di cui si chiede la realizzazione (o ristrutturazione) - Prioritˆ di intervento e unÕipotesi di fasi attuative - Alcuni luoghi comuni sui percorsi protetti e lÕesempio di Nizza - Come superare le resistenze di parte dellÕopinione pubblica e dei commercianti rispetto alla realizzazione dei percorsi protetti? - I costi e le positive ricadute economiche della realizzaPagina 235
pag. 15 pag. 16 pag. 18 pag. 19 pag. 21
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pag. 49 pag. 50 pag. 51 pag. 52 pag. 52 pag. 53 pag. 54 pag. 57 pag. 62 pag. 65 pag. 68 pag. 69
zione di percorsi protetti - Politiche di incentivazione tariffaria e allÕabbonamento - LÕuso scorretto del Park & Ride - Possibili sviluppi del sistema tariffario genovese - Adeguata politica dellÕinformazione allÕutenza - Gli elementi aggiuntivi che danno il senso di un servizio di ÒqualitˆÓ - La rete di trasporto pubblico come Òarredo urbano della cittˆÓ - Verso un servizio adeguato ai bisogni dei cittadini - Un esempio - Le risposte del servizio pubblico ad alcuni recenti rivolgimenti urbanistici - Conclusioni. Il fallimento della Òpolitica delle forbiciÓ - Un modello di esemplare gestione del servizio pubblico: il caso di Zurigo
- CAPITOLO IV La Metropolitana
- Perch• realizzare una linea metropolitana - Ferrovia urbana o metropolitana - Le scelte compiute a Genova - Come giustificare la metropolitana? - Trasporto pubblico di superficie e metropolitana La situazione genovese: simulazioni tempi di percorrenza metr˜/mezzo pubblico - La metropolitana nel futuro assetto della mobilitˆ cittadina - Problemi intrinseci, in gran parte ineliminabili, della metropolitana genovese
- CAPITOLO V Reintroduzione del tram a Genova
- Perch• reintrodurre i tram a Genova? - I vantaggi generali del tram - Gli svantaggi del tram - LÕesempio delle cittˆ francesi ed in particolare di Strasburgo - Un futuro di tram anche per Nizza? - Le proposte specifiche per Genova - Una tranvia per la val Bisagno - La mobilitˆ in val Bisagno - Le differenze rispetto allÕipotesi A.M.T. e la risoluzione di alcuni problemi - La tranvia ed il metr˜ - Tutti i rischi dellÕipotesi People-Mover - Ipotesi di tranviarizzazione per corso Europa - Una tranvia per la val Polcevera e per il Ponente - Soprattutto...il tram in centro - Perch• lÕoperazione tram riesca...
CAPITOLO VI Gli impianti speciali
- Le potenzialitˆ del territorio genovese - Uno studio per un recupero delle infrastrutture esistenti - Nuova infrastrutturazione di impianti speciali - Impianti di cui verificare un recupero nel territorio genovese - Gli interventi che si propongono - Impianti speciali, trasporto pubblico, mobilitˆ pedonale e ciclabile - Un progetto per Oregina ed il Lagaccio - Un progetto per Sampierdarena - Un progetto per Marassi e Castelletto - Impianti speciali e mobilitˆ delle merci
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- Considerazioni conclusive - Le problematiche relative alla sicurezza degli impianti cosiddetti ÒspecialiÓ - La mancanza di normativa specifica per il finanziamento
CAPITOLO VII La mobilitˆ pedonale - Interventi per ridistribuire la mobilitˆ pedonale - Mobilitˆ pedonale e mezzi pubblici - Mobilitˆ pedonale e segnaletica stradale - Spazi pedonali e attivitˆ commerciali - Mobilitˆ pedonale e le barriere determinate dal traffico veicolare - Un piano per la realizzazione di nuova mobilitˆ pedonale - Interventi generali per favorire la mobilitˆ pedonale; il P.U.T. e i pedoni - Le Òzone pedonaliÓ - Isole pedonali in ciascuna circoscrizione - Alcune proposte dÕintervento - Proposte puntuali per il centro cittˆ - Un futuro assetto per Via XX Settembre - La disciplina generale per il Centro Storico e per i centri storici - Un intervento campione di recupero di spazi pedonali in integrazione con impianti speciali - Un ragionamento sulle prioritˆ - I commercianti e la mobilitˆ pedonale
CAPITOLO VIII La mobilitˆ ciclabile
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- Gli ostacoli per lÕuso della bici a Genova - Bici e moto, non • la stessa cosa... - Le prospettive per la ciclabilitˆ urbana a Genova - Alcune proposte per cominciare - La ciclabilitˆ urbana nella mobilitˆ complessiva - Le occasioni mancate: corso Italia
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CAPITOLO IX Altre forme di mobilitˆ: il trasporto via mare
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CAPITOLO X La mobilitˆ veicolare e motoveicolare
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- Il territorio genovese e lÕincompatibilitˆ con la mobilitˆ privata - Le infrastrutture viarie - Le tendenze pianificatorie in atto in ambito comunale - Interventi sulla viabilitˆ urbana - Considerazioni generali sullÕattuale viabilitˆ genovese - Ulteriori chiarimenti sul concetto di ÒCentro StoricoÓ e di Òcentro cittˆÓ - Interventi generali di modifica alla mobilitˆ - Il tab• della chiusura del centro - Prospettive dÕintervento per un ripensamento della viabilitˆ nellÕarea centrale - Il P.U.T. come strumento operativo del Piano della Mobilitˆ - La mobilitˆ motoveicolare
Riflessioni sulla politica dei ÒparcheggiÓ
- I parcheggi di interscambio - Il ruolo dellÕinterscambio nella nostra cittˆ - I parcheggi a rotazione - Un luogo comune da sfatare: la presunta mancanza di parcheggi in centro
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- Le tendenze in atto - Tabella dei parcheggi auto a rotazione... - Un esempio di politica negativa della sosta: il caso del Porto Antico - I parcheggi residenziali - Alcuni ragionamenti sui parcheggi - Dove e in che misura • sensato un intervento di realizzazione di parcheggi per residenti
La Polizia Municipale
- Vigilanza e politica dei parcheggi
CAPITOLO XI I costi economici, ecologici e sociali della mobilitˆ a Genova
- I costi economici diretti della Òfilosofia viabilisticaÓ - I costi ecologici della Òfilosofia viabilisticaÓ - Un bilancio di ci˜ che • giˆ stato fatto - I costi sociali della Òfilosofia viabilisticaÓ - LÕinquinamento - LÕinquinamento acustico - LÕinquinamento atmosferico - Il contributo del settore trasporti ai mutamenti climatici - Gli impegni del Governo nel settore dei trasporti per il contenimento dei mutamenti climatici - Riflessioni finali
CAPITOLO XII Prioritˆ, investimenti e tempi per le nostre proposte per la mobilitˆ - Le prioritˆ - Gli obiettivi che ci prefiggiamo - Le condizioni perch• si possa realizzare un piano organico - Gli investimenti necessari - I tempi - I tempi per la reintroduzione del tram - Conclusioni - Le resistenze da vincere, la necessitˆ di unÕattenta opera di divulgazione e comunicazione
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Testi Riviste, articoli, giornali Materiale ricevuto o prodotto da PP.AA. Materiale prodotto da Associazioni Materiale ricevuto da Aziende di trasporto
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