Serie A

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28/06/2009

Serie A - Wikipedia

Serie A Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Serie A

La Serie A è il massimo livello professionistico del campionato italiano di calcio.

Serie A 2008-2009

Organizzata dalla Lega Nazionale Professionisti, è uno dei più importanti e seguiti campionati calcistici del mondo,[1] nonché il terzo più competitivo d'Europa secondo l'attuale ranking stilato dall'UEFA.[2] Indice 1 Formula 1.1 La Stella d'Oro 2 Storia 2.1 Il Genoa e le prime Grandi 2.2 La crisi del 1908 e l'italianizzazione del torneo 2.3 La crisi del 1921 e la Prima Divisione 2.4 Gli Agnelli e il fascismo nel calcio 2.5 Dal Caso Allemandi al Girone unico 2.6 La Juventus del Quinquennio d'oro 2.7 La squadra che tremare il mondo fa 2.8 Il Grande Torino 2.9 Le tre regine 2.10 La Schifosa Inter 2.11 Una piccola favola 2.12 La Fortissima Juventus di Boniperti 2.13 L'era Berlusconi 2.14 La Triade 2.15 Calciopoli e la quaterna dell'Inter 3 Le squadre 3.1 Organico odierno 4 Piazzamenti delle squadre 5 Record del campionato italiano di calcio 5.1 Squadre 5.1.1 Imbattibilità 5.1.1.1 Assoluta 5.1.1.2 Casalinga 5.1.1.3 Esterna 5.1.1.4 Intero campionato 5.1.2 Punti 5.1.3 Reti 5.1.3.1 Prolificità 5.1.3.2 Invulnerabilità 5.1.4 Attacchi e difese 5.1.4.1 Migliori attacchi e migliori difese 5.2 Calciatori 5.2.1 Cannonieri http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

Disciplina: Tipo:

Calcio Club

Confederazione: Nazione: Fondazione:

FIGC Italia 1898 (1929 a girone unico)

Titolo:

Campione d'Italia

Apertura:

Fine agosto

Partecipanti:

20 squadre

Formula:

Girone all'italiana

Detentore: Sito internet:

Inter lega-calcio.it (http://www.legacalcio.it/)

Trofeo o riconoscimento

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5.2.2 Imbattibilità del portiere 5.2.3 Classifica presenze in A 5.2.4 Giocatori pluriscudettati 6 Diritti tv 7 Note 8 Bibliografia 9 Voci correlate

Formula Vi partecipano attualmente 20 squadre che si affrontano a turno nel girone di andata (orientativamente disputato tra settembre e gennaio) e nel girone di ritorno (tra gennaio e maggio). Per ogni partita sono assegnati tre punti alla squadra vincitrice dell'incontro (a partire dalla stagione 1994-1995) e zero a quella sconfitta. In caso di pareggio è assegnato un punto a entrambe. Alla fine della stagione la squadra prima classificata vince lo scudetto, un simbolo che fu introdotto per la prima volta nel 1924, e viene premiata con la Coppa campioni d'Italia, il trofeo ufficiale del campionato dalla stagione 1960-1961. In base al coefficiente per campionati nazionali stilato annualmente dall'UEFA, che vede al momento l'Italia al 3° posto, le prime tre squadre accedono direttamente alla Champions League, mentre la quarta classificata si qualifica all'ultimo turno preliminare della medesima competizione; la quinta si qualifica all'ultimo turno preliminare della Europa League, mentre la sesta si qualifica al penultimo turno preliminare della medesima competizione. Alla squadra vincitrice della Coppa Italia spetta un posto in Europa League, ma se la vincitrice risulta qualificata per la Champions League e l'altra finalista risulta qualificata in qualsiasi delle due coppe europee, allora la settima classificata della Serie A si qualifica al penultimo turno preliminare della Europa League, mentre la sesta classificata del campionato dovrà affrontare unicamente l'ultimo turno preliminare. Retrocedono invece in Serie B le ultime tre squadre classificate. Si considera anche che in caso che due o più squadre finiscono la stagione a parità di punti, si stila la cosidetta classifica avulsa.

La Stella d'Oro Per approfondire, vedi la voce Scudetto.

Nel 1958, da un’idea di Umberto Agnelli, fu deciso di assegnare la Stella d’Oro al Merito Sportivo ai club che avessero conquistato il campionato di Serie A per dieci volte. Tale simbolo è composto da una stella dorata a 5 punte la quale è indossata sulle maglie e divise dei club ai quali è stata assegnata. La Juventus, dopo la conquista del suo decimo scudetto nella stagione 1957-1958, fu la prima squadra italiana ed europea[3] a fregiarsi sulla maglia di uno stemma commemorativo di un titolo vinto sul campo. La Vecchia Signora indossò poi una seconda stella dorata dopo la vittoria nel campionato 1981-1982. Le attuali società assegnatarie delle stelle in Serie A sono: Juventus (1958 e 1982) Inter (1966) http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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Milan (1979)

Storia Per approfondire, vedi la voce Il calcio in Italia .

Sebbene gli storici parlino di giochi assai simili al calcio risalenti al Medioevo, la storia del pallone moderno in Italia incominciò a fine Ottocento, a seguito degli intensi traffici commerciali con l'Inghilterra. Furono infatti le città portuali che videro nascere i primi Football Clubs, società prevalentemente calcistiche e formate in gran parte da soci britannici.

Il Genoa e le prime Grandi La più antica formazione italiana di cui si abbia notizia certa è il Genoa, fondato il 7 settembre 1893 (ma attivo già da alcuni anni prima ufficiosamente), anche se taluni sostengono che in tale data a Torino fosse già attivo un altro club, l'Internazionale Torino, di cui non si dispone però di un analogo atto fondativo. L'ultimo decennio dell'Ottocento vide poi nascere molte altre squadre: la Torinese nel 1894, l'Udinese nel 1896, la Juventus nel 1897, l'Ascoli e la Vis Pesaro nel 1898, e il Milan nel 1899. Il Genoa primo vincitore del campionato

Nonostante i pionieri del nuovo sport fossero diffusi in tutto il italiano di calcio nel 1898. Paese, era solo nel Nordovest che si aveva una concentrazione di società tali da poter formare uno stabile torneo. La Federazione Italiana di Football fu fondata a Torino il 16 marzo 1898, e subito organizzò il primo campionato italiano che fu vinto proprio dai genoani. Sia il primo torneo, chiusosi addirittura in una sola giornata, sia i successivi, erano strutturati su un sistema ad eliminazione diretta sul modello della Coppa d'Inghilterra. A partire dal 1900 a primi turni erano a carattere regionale seguivano, in caso di qualificazione, le semifinali e le finali nazionali, queste ultime congiurate come l'atto conclusivo della manifestazione a cui accedevano due sole squadre. In questo periodo, visto l'esito delle amichevoli, solo tre regioni potevano schierare squadre in grado di combattersi piuttosto equilibratamente: il Piemonte, la Liguria e la Lombardia, mentre le formazioni delle altre regioni anche nelle amichevoli rimediavano sistematicamente pesanti sconfitte da squadre del Nordovest anche non di primo piano. Il Genoa fu indiscutibilmente la prima Grande del calcio italiano, aggiudicandosi i primi tre tornei. Fu il Milan, capitanato da Herbert Kilpin, la prima avversaria a riuscire a fermare la corsa degli assi genovesi, aggiudicandosi il titolo del 1901. I genoani, che nel frattempo adottarono quella che diverrà la loro classica casacca rossoblù, si rifecero vendicandosi dei rossoneri l'anno successivo, per infilare poi una seconda tripletta tricolore.

Il Milan del primo scudetto nel 1901 http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

Lo svilupparsi del movimento calcistico convinse la FIF, da poco iscrittasi alla FIFA, ad una riforma del campionato a partire dal 1905, sostituendo alle gare secche una serie di 3/30

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Il Milan del primo scudetto nel 1901.

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gruppi preliminari, i cosiddetti Gironi Eliminatorii Regionali, propedeutici al Girone Finale Nazionale, ed introducendo le partite di andata e ritorno. La nuova formula fece la fortuna della Juventus, triste perdente nelle due precedenti finali, che riuscì a cogliere il suo primo trionfo senza neanche scendere in campo grazie ad un inaspettato scivolone casalingo del Grifone contro la modesta Milanese all'ultima giornata. Mentre le pionieristiche società avversarie pian piano chiudevano i battenti, rossoblù, rossoneri e bianconeri erano gli autentici pilastri di questo primordiale football italiano. Col passare degli anni, tuttavia, la primigenia matrice inglese cominciò ad attenuarsi, mentre larghissimo piede acquistò la nuova componente formata da giocatori svizzeri tedeschi: fu grazie ad essi che il Milan tornò alla vittoria nel 1906 e nel 1907.

La crisi del 1908 e l'italianizzazione del torneo Chiusosi il primo decennio, il calcio italiano andò incontro ad I primi bianconeri Campioni d'Italia nel importanti cambiamenti, dovuti alla decisione della FIF di 1905. italianizzare a forza il campionato, escludendovi i giocatori stranieri che pure, abbiamo visto, avevano fondato il gioco in Italia. La scelta della Federazione colpì duramente i Football Clubs, e diede largo spazio alle Unioni Sportive e Ginniche che, più deboli in quanto non dirette dai maestri albionici, erano però usualmente formate completamente da atleti italiani, e fino ad allora si erano interessate maggiormente al parallelo campionato organizzato dalla Federazione Ginnica. La reazione dei Clubs classici fu durissima, sfociando addirittura nel ritiro dal torneo. Fu così la debuttante Pro Vercelli ad approfittare della situazione: i nuovi arrivati neutralizzarono i liguri dell'Andrea Doria e i lombardi dell'US Milanese conquistando il loro primo titolo, bissato l'anno successivo. Il nuovo calcio italiano usciva così dalle metropoli: cominciava il periodo d'oro delle provinciali. I cambiamenti non finirono però qui, poiché in questo periodo nacquero due nuovi clubs frutto di scissioni dalle società originarie. Già nel 1906 soci dissidenti della Juventus si erano riuniti a sportivi orfani delle altre defunte squadre del capoluogo piemontese, fondando il Torino. Anche a Milano nel 1908 il Milan subì un'analoga secessione che diede origine all'Inter.

La rosa del primo scudetto nerazzurro nel 1910.

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Nel frattempo la Federazione, ora ridenominata FIGC, fece una parziale marcia indietro riaprendo a quote di stranieri, ma soprattutto decise una drastica riforma del campionato. Sul modello della English League, nella stagione 1909-10 il meccanismo del torneo venne semplificato iscrivendo tutte le nove partecipanti ad un Girone Unico che avrebbe determinato una classifica di cui la squadra che ne avesse guadagnato la testa a fine stagione avrebbe vinto il titolo. Il successo arrise ai giovani nerazzurri dopo un polemicissimo spareggio contro i campioni uscenti vercellesi, che si rifaranno però infilando una tripletta di trionfi nelle tre annate successive. La Federazione era a questo punto intenzionata ad allargare gli angusti confini del torneo, onde dargli davvero una valenza nazionale, ma il 4/30

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problema era, come si è detto, la nettissima differenza di valore fra le squadre provenienti dalle diverse parti del Paese. Nel 1910, comunque, la FIGC decise di innalzare il campionato veneto, che già si disputava da alcune stagioni, facendolo diventare parte del torneo nazionale col nome di Girone Veneto, ed includendovi anche il Bologna che non aveva alcuna avversaria in Emilia. Nel 1911 il Vicenza e nel 1912 il Venezia sfidarono i campioni occidentali, in entrambi i casi la Pro Vercelli, nella gara conclusiva, rimediando sonore lezioni con cinque gol al passivo per i biancorossi e addirittura tredici per i neroverdi lagunari.Da segnalare nel campionato del 1912/13 la prima retrocessione della Juventus poi ripescata a seguito di una parziale riforma dei gironi. Per garantire la definitiva patente di nazionalità al titolo, la FIGC aveva però bisogno che il campionato coinvolgesse anche tutto il Centro e il Sud, e non solo la Pianura Padana. A quei tempi le formazioni meridionali disputavano vari tornei regionali inquadrati nella Terza Categoria, livello consono in rapporto alle forza delle squadre del Nord. Per raggiungere l'obiettivo prefissatosi, la Federazione attuò una sfasatura tra l'organizzazione calcistica delle due parti del Paese, elevando d'ufficio i tornei del Sud alla Prima Categoria, pur non essendo tali raggruppamenti minimamente paragonabili a Il Casale dello storico scudetto del 1914. quelli del Nord, ed apparendo dunque tale ricatalogazione puramente fittizia. Dato che contemporaneamente al Nord erano stati ristabiliti i Gironi Eliminatori regionali propedeutici al Girone Finale, gli incontri conclusivi fra i campioni dl Nord e quelli del Sud presero il nome di Girone Finalissimo o, semplicemente, di finalissima. Il complicato meccanismo testé descritto rese però sempre più lungo ed affollato il campionato anche perché se da un lato si era istituita una Seconda Categoria che metteva in palio una serie di promozioni al massimo torneo, il contrario sistema delle retrocessioni, sperimentato nel 1912-13, fu subito di fatto abbandonato a suon di ripescaggi. Nel 1914 venne la volta del piccolo Casale, sorprendente formazione del Monferrato mentre il successivo torneo fu bloccato ad un passo dalla conclusione a causa dell'intervento italiano nella Prima guerra mondiale. Per quest'ultima stagione il titolo del Genoa fu riconosciuto solo dopo la fine del conflitto.

La crisi del 1921 e la Prima Divisione Per approfondire, vedi la voce Prima Divisione.

Vittorio Pozzo, ideatore del campionato di Prima Divisione.

Con la ripresa postbellica del 1919 cominciarono intensi dibattiti in vista di una riduzione e razionalizzazione del campionato, discussioni che sfociarono però in un nulla di fatto a causa dell'ostruzionismo delle provinciali che temevano per il proprio futuro all'interno di un eventuale torneo più elitario. L'Inter nel 1920 e la Pro Vercelli nel 1921 si laurearono così campioni dopo una lunghissima serie di gironi e partite, molte delle quali inutili e scontate. L'insofferenza delle società metropolitane giunse al culmine quando un progetto di riforma presentato da Vittorio Pozzo fu respinto dal Consiglio Federale: fu così che 24 squadre, le più forti e rappresentative, abbandonarono la federazione fondando una Confederazione Calcistica Italiana col compito di organizzare un campionato sul sistema del Progetto Pozzo. Nel 1922 si ebbero così due campioni, la sorprendente Novese e una

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Pro Vercelli giunta al canto del cigno; ma l'insostenibilità della situazione portò le due fazioni a riconciliarsi sulla base del Compromesso Colombo, che consacrava la nuova massima categoria, la Prima Divisione, composta da una Lega Nord a regime di 24 società, più una Lega Sud che invece continuava coi vecchi gironi regionali. Nel 1923 e nel 1924 il Genoa completò la sua epopea vincendo i suoi due ultimi titoli e facendo in tempo a divenire la prima società a fregiarsi dello scudetto. La riforma del 1922 aveva definitivamente cambiato il calcio italiano, che si avviava verso il professionismo, chiudendo le porte alle provinciali e a molte Grandi di inizio secolo. Nuove forze facevano irruzione nel campionato.

Gli Agnelli e il fascismo nel calcio Il 24 luglio 1923 fu una data storica per il calcio italiano, poiché l'elezione di Edoardo Agnelli alla presidenza della Juventus segnò l'ingresso della potentissima famiglia torinese proprietaria della FIAT nelle vicende del campionato. Gli abbondanti capitali di Casa Agnelli fecero rifiorire il sodalizio bianconero, in gravissima crisi dai tempi della scissione che aveva fatto nascere il Torino, e lo portarono nel giro di tre decenni a diventare la più titolata squadra italiana. Nel frattempo però nacque anche l'astro del Bologna che, protetto dal potente ministro fascista Leandro Arpinati, e sospinto dalle reti del bomber Angelo Schiavio, raggiunse lo scudetto nel 1925 dopo un'interminabile e polemicissima serie di finali contro i genoani, segnate da gravi disordini di ordine pubblico che sfociarono addirittura in scontri con colpi di armi da fuoco. Con la prima storica Grande del campionato definitivamente avviata sul viale del tramonto, le due nuove Potenze del torneo si ritrovarono a contendersi direttamente fra loro la vittoria l'anno successivo, e stavolta a prevalere furono i bianconeri che si aggiudicarono il loro secondo scudetto a ventun anni di distanza dal primo.

La formazione del Bologna scudettata nel 1925.

Nell'estate del 1926 con la Carta di Viareggio il governo fascista riorganizzò il campionato abolendo la divisione fra Nord e Sud, inaccettabile dal punto di vista degli ideali nazionalistici del regime, che la consideravano un motivo di divisione per la nazione. Le vecchie Leghe Nord e Sud vennero di conseguenza smantellate: diciassette formazioni provenienti dall'ex Lega Nord e tre formazioni provenienti dall'ex Lega Sud, l'Alba Roma, la Fortitudo Roma e il Napoli, furono iscritte alla nuova Divisione Nazionale che apriva ufficialmente le porte al professionismo.

Dal Caso Allemandi al Girone unico Per approfondire, vedi la voce Divisione Nazionale.

La nuova formula della manifestazione prevedeva ora, in loco della serie di finali, un raggruppamento conclusivo con le migliori squadre della fase eliminatoria. Il Torino, allestito dal presidente conte Enrico Marone di Cinzano, vinse il proprio girone e, trascinato dal cosiddetto Trio delle Meraviglie http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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composto da Julio Libonatti, Adolfo Baloncieri e Gino Rossetti, spiccò il volo tagliando in testa il traguardo. La gioia Il Torino che rivinse lo scudetto nel 1928 dei granata fu però di breve durata, poiché nell'autunno dopo la revoca del precedente per illecito. successivo il sodalizio piemontese incappò nello scandalo del Caso Allemandi, in cui venne accusato di aver avvicinato e corrotto il terzino juventino Luigi Allemandi, e che gli costò la revoca dello scudetto. La reazione psicologica alla condanna avvenuta su base indiziaria e non probatoria, fu comunque la molla per il rilancio in classifica dei granata, partiti inizialmente un po' appagati nella nuova stagione. La sorte volle che la nuova annata divenisse quasi la copia della precedente, e il 22 luglio a San Siro il Torino si riaggiudicò nuovamente un titolo che questa volta non gli tolse nessuno. Il deciso attivismo del presidente federale Leandro Arpinati partorì nell'estate del 1928 una novità che divenne tappa storica per il calcio italiano. Il mondo del pallone tricolore era infatti oramai pronto per dare una svolta che lo portasse ad assumere un'organizzazione simile a quella del campionato inglese, e fu così decisa quella svolta che portò all'introduzione anche in Italia della formula del Girone Unico, tra le proteste dei clubs più piccoli, spaventati all'idea di venire inghiottiti, come puntualmente avvenne, dalle categorie inferiori. Il nuovo campionato sarebbe stato quindi l'ultimo disputato con la formula dei due gironi introdotta nel 1921, mentre dalla stagione successiva le grandi squadre sarebbero state riunite in un nuovo torneo, la Serie A, mentre le escluse avrebbero costituito l'altrettanto inedita Serie B. A tal fine Arpinati decise unilateralmente l'allargamento una tantum dell'ultimo torneo di Divisione Nazionale, includendovi varie squadre cadette nel tentativo di dare maggiore rappresentatività geografica alla manifestazione, e la cui finale vide i granata soccombere al Bologna nello spareggio disputato al Flaminio di Roma. Nel 1929 la FIGC e Arpinati realizzarono dunque, come negli altri paesi, un campionato nazionale a girone unico. Il progetto iniziale prevedeva una prima categoria composta da sedici squadre, ovvero quelle che si erano classificate tra le prime otto nei due gironi in cui era diviso il campionato precedente. Il protrarsi dello spareggio per l'ottavo posto fra Napoli e Lazio portò ad ammetterle entrambe, e con il ripescaggio della Triestina per motivi patriottici il numero delle squadre fu alzato a 18. Il 6 ottobre 1929 si disputarono dunque le prime 9 partite del campionato 1929-30 che alla fine vide il successo della nuova Ambrosiana di Giuseppe Meazza, una squadra creata dal regime fondendo d'autorità l'Inter con l'Unione Sportiva Milanese.

La Juventus del Quinquennio d'oro Nel 1930-31 iniziò l'epopea della Juventus di Edoardo Agnelli, che in estate aveva ingaggiato dall'Alessandria l'allenatore Carlo Carcano e Giovanni Ferrari. I piemontesi partirono lanciatissimi e, nonostante una leggera flessione che li aveva fatti avvicinare dalla Roma di bomber istriano Rodolfo Volk, si aggiudicarono il loro terzo titolo. I bianconeri si ripeterono subito l'anno successivo, superando in rimonta il Bologna dell'ormai maturo Angelo Schiavio. La Juventus del Quinquennio d'oro (1931-

Nel 1931-1932 il sodalizio torinese ammise in prima squadra 1935). il promettente diciottenne nizzardo Felice Borel, che si rivelò un ragazzo prodigio segnando ben 29 reti in ventotto presenze: fu una scommessa vinta che fruttò il terzo scudetto consecutivo. Nel 1932-1933 fu inaugurato lo stadio Mussolini, poi ridenominato Comunale, che ospiterà i bianconeri per 57 anni. Questa volta le Zebre dovettero rincorrere per lungo tempo la lanciatissima Ambrosiana, ma alla fine fu ancora un successo. Da segnalare, nel 1933-1934, la prima retrocessione del glorioso Genoa, che segnava definitivamente la fine del http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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calcio dei pionieri. A questa andrà ad aggiungersi la retrocessione della Pro Vercelli nel 1934-1935, l'altra grande protagonista della fase precedente la nascita del girone unico. Dopo il successo della Nazionale ai Mondiali 1934, la Juventus operò un discreto rinnovamento della sua formazione. La nuova stagione fu assai emozionante, con una Fiorentina per lunghi tratti capolista, ed inseguita da bianconeri e nerazzurri. Alla lunga i toscani mollarono però la presa, e la lotta si concluse quando i milanesi crollarono a Roma lasciando ai piemontesi il loro settimo scudetto, il quinto consecutivo. Un record che non verrà mai più battuto. Il 15 luglio Edoardo Agnelli moriva improvvisamente a Genova, ucciso dall'elica del suo idrovolante, dopo che questo era caduto in mare.

La squadra che tremare il mondo fa

Hector Puricelli, dal 1938 in forza al Bologna.

Nel 1935 le squadre partecipanti alla Serie A erano state ridotte a 16 già da un anno, così come previsto nel progetto originale del 1929. Emerse subito il Bologna che, da quando gli emiliani si erano aggiudicati due edizioni della Coppa Europa, i giornalisti dicevano fosse la squadra che tremare il mondo fa, essendo a quei tempi la Coppa Europa un precursore della moderna Coppa Campioni. I petroniani, sospinti dalla reti di Angelo Schiavio, dovettero guardarsi le spalle dai campioni uscenti e dai loro cugini del Torino, coi granata che ad un certo punto balzarono addirittura in testa alla classifica, e si inserì poi nella contesa anche la Roma; il testa a testa fu molto combattuto e furono infine i rossoblù a conquistare il loro terzo scudetto. E gli emiliani si ripeterono subito l'anno successivo, recuperando in corsa la sorprendente Lazio del bomber Silvio Piola.

Sembrava l'inizio di un nuovo dominio, ma il ritiro di Schiavio penalizzò gli emiliani che nel 1937-1938 cedettero il titolo ad un'Ambrosiana-Inter che seppe tener a bada l'imperioso ritorno primaverile dei bianconeri. Renato Dall'Ara, dopo la deludente stagione, si buttò sul mercato alla ricerca di un nuovo attaccante che sapesse cogliere la pesante eredità di Schiavio; la ricerca fu felice poiché fu ingaggiato l'uruguaiano Hector Puricelli il quale, capitalizzando al meglio i cross dell'ala destra Amedeo Biavati, vinse la classifica dei cannonieri e riportò gli emiliani allo scudetto. La sfida fra rossoblù e nerazzurri divenne una costante in un'Italia sull'orlo della guerra, e una piccola distrazione da ben più grandi problemi. Se nel 1940 l'Ambrosiana-Inter, dopo un lungo inseguimento, riuscì a riprendere e superare i felsinei, battendoli nel decisivo match dell'Arena Civica, nel 1941 nulla poté di fronte all'inarrestabile fuga dei bolognesi, che colsero il loro sesto titolo.

Il Grande Torino L'acuirsi del conflitto bellico cominciò ad influire pesantemente sul torneo. La nuova stagione si caratterizzò per l'inedita lotta tra il Torino, il Venezia dei giovani Ezio Loik e Valentino Mazzola, e la Roma. I capitolini, braccati dai veneti, furono superati in primavera dai granata, ma ripresero la testa della classifica nel finale e riuscirono a diventare la prima squadra della vecchia Lega Sud a vincere uno scudetto. http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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Deluso dall'occasione persa, il presidente granata Ferruccio La prima formazione del Grande Torino. Novo acquistò Loik e Mazzola dai veneziani. Il salto di qualità fu notevole, e nel nuovo torneo i piemontesi furono protagonisti di un'emozionantissima fuga a due con l'autentica rivelazione del Livorno, contesa che si risolse proprio sul filo di lana coi toscani a piangere l'irripetibile e sfortunata cavalcata. Per il Torino giunse il secondo titolo, che non poté essere difeso l'anno seguente poiché le invasioni americana e tedesca spaccarono l'Italia in due determinando lo stop del campionato per due anni. In un'Italia dilaniata dalla guerra, il campionato tornò nella stagione 1945-1946 con una formula speciale secondo la quale le squadre furono separate in due gironi geografici con un raggruppamento finale di otto squadre, anche se furono solo le quattro rappresentanti padane a contendersi il titolo che andò d'un soffio ancora al Torino.

La lapide commemorativa del disastro aereo del 4 maggio 1949.

Fu nell'annata 1946-1947 che si ricrearono le condizioni per un girone unico: le squadre ammesse furono ben 20, quante rimarranno fino al 1951-52. La Juventus sembrò dapprima poter interrompere l'egemonia dei cugini, ma il superiore tasso tecnico dei granata prevalse ancora permettendo loro di cogliere il quarto scudetto. Il 1947 segnò il risveglio del Milan dopo un letargo durato un'intera generazione. I rossoneri condussero a lungo la classifica, prima di cedere sotto i colpi dell'inesperienza e di lasciare primo posto e titolo ancora al Torino; per i lombardi si trattò comunque del miglior risultato dal 1912. I rossoneri torneranno al successo nel 1950-1951. Il campionato 1947-1948 ebbe una piccola particolarità: fu disputato a 21 club per il ripescaggio, per ragioni politiche, della Triestina.

I granata non avevano più rivali: colonne portanti della Nazionale alla quale fornivano la quasi totalità dell'organico, anche nel 1948-1949 presero ben presto il comando della graduatoria e, nonostante qualche segno d'affanno, mantennero un discreto vantaggio finché il 30 aprile, pareggiando a San Siro contro gli inseguitori dell'Inter, ipotecarono l'ennesimo scudetto. Ma a questo punto, l'epopea del Grande Torino si interruppe improvvisamente. Il 3 maggio la squadra si recò a Lisbona per un'amichevole e, al termine del viaggio di ritorno, a causa del maltempo l'aeroplano che li stava riportando a casa perse la rotta e, anziché puntare sull'aeroporto di Caselle, si schiantò contro il terrapieno della basilica di Superga. Nessuna delle persone a bordo sopravvisse alla tragedia. L'Italia perdeva una delle più forti squadre che abbiano mai partecipato alla Serie A. Agli sportivi torinisti, e agli italiani in generale, non rimase che piangere i giovani campioni prematuramente scomparsi.

Le tre regine La tragedia di Superga fu un passaggio epocale per il calcio italiano, che segnò il tramonto delle vecchie gerarchie e diede inizio a quell'era moderna del campionato tricolore che dura ancora oggi. Al di là delle singole stagioni, il palcoscenico della Serie A fu da quel giorno occupato da tre attori, la Juventus di Casa Agnelli, il ritrovato Milan e i cugini lombardi dell'Inter, che lasceranno a tutte le altre società solo un ruolo da coprimarie o da meteore destinate a brevi e mai stabili passaggi ai vertici http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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delle classifiche. Il primo campionato del nuovo corso, nel 1949-1950, rimase a Torino, ora però nelle mani dei bianconeri che seppero tener a bada i rossoneri nonostante la pesantissima sconfitta casalinga Gunnar Nordahl, bandiera della rinascita per 1-7 che i milanesi inflissero loro. Straripante in attacco, rossonera e ancor oggi miglior bomber dove poteva contare sul trio svedese del Gre-No-Li, con del Milan. Gunnar Nordahl, ariete di 190 cm, che vinse 5 volte il titolo di capocannoniere, il Milan peccava ancora in difesa: alcuni acquisti di valore tra cui quello di Arturo Silvestri assestarono anche il reparto arretrato cosicché nel 19501951, in rimonta sui cugini e dopo 44 anni, i rossoneri tornarono finalmente allo scudetto. Dopo una stagione appannaggio dei piemontesi, e la riduzione del lotto delle partecipanti a 18, venne il turno dei nerazzurri che si affermarono per due anni consecutivamente.

John Charles, capocannoniere della Juventus prima squadra a fregiarsi della stella nel 1958.

Nel 1954 l'ambizioso editore Andrea Rizzoli comprò il Milan con l'ambizione di portarlo ai massimi livelli sia all'interno sia nelle nascenti competizioni europee. Acquistato il talentuoso centrocampista uruguaiano Juan Alberto Schiaffino, stella del Mondiale svizzero, i rossoneri dominarono un torneo al termine del quale il campionato fu toccato dalla prima grossa serie di scandali dopo quello del 1927, che portarono alla retrocessione a tavolino di Udinese e Catania. Il dominio delle tre Grandi ebbe un momento di pausa nel 1955-1956, quando la rampante Fiorentina ottenne il primo scudetto per la Toscana dopo una lunga ed autorevole fuga, che si concluse con 12 punti di scarto sul Milan, ma riprese subito con un nuovo titolo a testa per il Milan e per la Juventus: per i torinesi significò divenire la prima squadra a fregiarsi della stella d'oro permanente sulle maglie, nonché la più titolata d'Italia superando definitivamente il Genoa.

Mentre i viola, assai sfortunati, ottennero fra il 1956-1957 e il 1959-1960 il poco desiderabile record di quattro secondi posti consecutivi, milanisti e juventini si spartirono gli scudetti del quadriennio fra i Mondiali di Svezia e i Mondiali del Cile, anche grazie a due grandi attaccanti sudamericani, José Altafini ed Omar Sivori. Nel 1960 intanto, in pieno regime commissariale, la FIGC introdusse la novità dell'innalzamento a tre del numero delle retrocessioni, determinando a lungo andare un maggior turn over delle partecipanti al massimo campionato.

La Schifosa Inter Angelo Moratti, presidente dell'Inter dal 1955, nel 1960 aveva affidato la panchina della squadra all'argentino Helenio Herrera, allenatore che rigenerò la rosa dando filo da torcere agli juventini nel 1960-1961 e ai rossoneri nel 1961-1962, i quali dovettero faticare ottenendo i rispettivi scudetti solo in rimonta sugli incostanti interisti. Fu, come spesso accaduto, il Mondiale a scompaginare le carte in tavola e a dar spazio alle formazioni più giovani, come quella di Moratti, che raggiunse il tricolore nel 1962-1963; in più, sull'altra sponda dei Navigli, le dimissioni del presidente Rizzoli, che con la conquista della Coppa dei Campioni 1962-1963 e la costruzione del http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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modernissimo centro sportivo di Milanello considerò concluso il suo apporto alla società di via Turati, chiusero il ciclo rossonero e, con il periodo di transizione in cui versava la Juventus, lasciarono totalmente campo libero alle ambizioni nerazzurre.

Helenio Herrera e Sandro Mazzola.

L'anno successivo però la corazzata interista, che conquistò la Coppa dei Campioni, trovò in patria un inaspettato ostacolo nel Bologna di Fulvio Bernardini. Nonostante una brutta storia di infondate accuse di doping fra i rossoblù, con il sospetto di una macchinazione orchestrata da ambienti nerazzurri, i felsinei chiusero a pari punti coi milanesi rendendo necessaria, caso unico nella storia del girone unico, la disputa di uno spareggio: a Roma, il 7 giugno 1964 gli emiliani si imposero 2-0, conseguendo il loro settimo ed ultimo scudetto. Il sodalizio morattiano ebbe modo di rifarsi l'anno successivo, in quella che fu la più memorabile stagione di sempre dell'Inter: mentre conseguivano il titolo europeo e quello mondiale, i nerazzurri riuscirono in una clamorosa rimonta ai danni dei cugini rossoneri, ad un certo punto in vantaggio di addirittura sette punti: allo squadrone di Herrera sfuggì solo, e di un soffio, la Coppa Italia, che andò in finale alla Juventus. Dopo un nuovo titolo intercontinentale, nel 1965-1966 in Italia fu ancora Inter, questa volta mantenendo la vetta della classifica per tutta la stagione: fu il decimo scudetto che valse anche per i lombardi la stella d'oro, otto anni dopo quella bianconera. Anche le fatiche del Mondiale d'Inghilterra sembrarono non intaccare il predominio morattiano in un torneo dominato per tutta la stagione. A metà di maggio del 1967 per gli interisti, capolisti della Serie A e finalisti in Coppa dei Campioni, sembrò profilarsi una nuova campagna trionfale. Ma avvenne l'imponderabile. Giovedì 25 maggio, a Lisbona, la rimonta dei non irresistibili scozzesi del Celtic fece volar via la Coppa. Tornati in patria per l'ultima giornata di campionato, domenica 28, i nerazzurri persero clamorosamente a Mantova per una papera del portiere Giuliano Sarti su tiro dell'ex nerazzurro Beniamino Di Giacomo, cedendo il titolo alla sorprendente Juventus. A completare l'opera arrivò, il 7 giugno, l'eliminazione in semifinale di Coppa Italia per mano della formazione cadetta del Padova. Per la Grande Inter, che aveva affascinato milioni di tifosi, fu il catastrofico capolinea.

Una piccola favola

Il Cagliari, incredibile campione del 1970.

Il 1967 segnò anche il ritorno del torneo a sedici partecipanti. Dopo un quadriennio, il primato sul calcio milanese, e su quello nazionale, passò nelle mani del Milan. Col ritorno in panchina di Nereo Rocco, i rossoneri del giovane presidente Franco Carraro aprirono un ciclo che aveva già fruttato, il giugno precedente, la prima Coppa Italia; trascinato da Gianni Rivera, il Diavolo fece agilmente suo sia lo scudetto che la Coppa delle Coppe 1967-1968, e continuò un cammino che arriverà fino al titolo europeo del Bernabéu contro l'Ajax, sconfitta per 4-1, e a quello mondiale della Bombonera, dopo due partite trasformatesi in vere e proprie battaglie, contro l'Estudiantes de La Plata.

In Campionato, distratto dagli obiettivi internazionali, il Milan non seppe ripetersi l'anno successivo. Fu invece l'incredibile Cagliari a mantenere per molte settimane il comando della graduatoria, ma l'inesperienza dei sardi giocò loro contro, tant'è che alla lunga uscì la forza della Fiorentina: per i viola lo Scudetto 1968-1969 fu il secondo e finora ultimo titolo. Ma i cagliaritani non persero http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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morale. Sempre sostenuti dai gol del varesino Gigi Riva, ripartirono alla testa della classifica, ma quando in inverno furono avvicinati da due potenze come Inter e Juventus, tutti pensarono che non ci sarebbero state speranze per la piccola squadra isolana. Incredibilmente però i sardi riuscirono a tenere a debita distanza le inseguitrici e il 12 aprile 1970 conquistarono lo scudetto tra lo stupore generale. Cagliari, coi suoi centosettantamila abitanti, divenne la più piccola città a vincere la A a girone unico, e scrisse una piccola favola che verrà raccontata nei decenni a seguire. Il Cagliari sembrò partir bene anche nella nuova stagione agonistica e, dopo la vittoria in casa dell'Inter il 25 ottobre, sognò il secondo trionfo: ma sei giorni dopo a Vienna, durante la partita tra Italia e Austria, un grave infortunio mise fuori gioco Riva, compromettendo in parte la carriera della grande ala, e mandando in frantumi i sogni del club rossoblù. Il campionato tornò dunque ad essere un discorso milanese, coi nerazzurri che recuperarono i cugini rossoneri e colsero il loro 11° titolo.

La Fortissima Juventus di Boniperti Nell'estate del 1971 un riassetto societario portò ai vertici della Juventus l'ex capitano Giampiero Boniperti, uomo di fiducia del patron Gianni Agnelli. Imbottendo la rosa di giovani promettenti, e nel quadro di un generale scadimento tecnico del torneo, la nuova dirigenza seppe dar vita ad un ciclo di tre lustri in cui i bianconeri rafforzarono definitivamente il loro primato nell'albo d'oro del campionato, ma attirando sul sodalizio piemontese varie polemiche su presunti ricorrenti favori arbitrali. Nelle prime stagioni la lotta fu col Milan di Nereo Rocco: già nel 1971-1972 il capitano rossonero Gianni Rivera fu squalificato per 4 giornate (ridotte a 2 Pietro Anastasi, 78 gol nella in appello) per le sue pesanti accuse al Palazzo, ma nel 1972-1973 le Juventus. polemiche divennero ancor più aspre. Il torneo consistette in una serrata lotta fra i lombardi, i piemontesi e la sorprendente neopromossa Lazio di Tommaso Maestrelli, coi rossoneri favoriti fino allo scontro diretto dell'Olimpico che li vide uscire sconfitti per la pessima conduzione di gara di Concetto Lo Bello, che annullò un gol regolare di Luciano Chiarugi; le tensioni che ne seguirono compromisero la corsa del Diavolo che vide assottigliarsi il suo vantaggio fino all'ultima giornata che lo vedeva impegnato a Verona: stanco per la vittoriosa trasferta greca a Salonicco che in settimana gli aveva fruttato la Coppa delle Coppe 1972-1973, il Milan crollò clamorosamente al Bentegodi per 3-5, subendo il sorpasso in extremis della Juventus. La Fatal Verona lasciò il segno nella società rossonera, aprendo un'instabilità dirigenziale ultradecennale che si rifletté in scarsi risultati agonistici. Fu invece pronta la risposta della Lazio che, smentendo chi la considerava una meteora, si propose in vetta lungo tutta la stagione successiva e cogliendo il suo primo storico scudetto, anche grazie ai gol del capocannoniere Giorgio Chinaglia. L'arrivo di Carlo Parola sulla panchina bianconera coincise col pronto riscatto dei piemontesi. Coi biancocelesti distratti dal male che stava divorando il suo sfortunato allenatore, i torinesi non ebbero particolare difficoltà a rimettere le mani sul titolo nel 1974-1975. Assai più emozionante fu il torneo successivo, capofila di un triennio di assoluta centralità della città di Torino nel calcio nostrano. Per i bianconeri, spesso protagonisti di insperati recuperi, fu stavolta il proprio turno di vedersi sfilare di mano uno scudetto già assaporato: la sconfitta fu ancor più bruciante perché avvenuta per mano dei cugini del Torino i quali, trascinati dai Gemelli del gol Pulici e Graziani, tornarono al http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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successo ad un quarto di secolo dalla sciagura di Superga. Ancor più squilibrato fu il successivo campionato che vide le torinesi come dominatrici assolute, distando di ben quindici punti le inseguitrici: la Dino Zoff, imbattibile portiere Juventus del neotecnico Giovanni Trapattoni riuscì a vendicarsi dei bianconero. granata, bruciando al fotofinish i cugini per una sola lunghezza, oltre a vincere la Coppa UEFA, primo trofeo internazionale del club bianconero. E anche nel 1977-1978 il tricolore fu appannaggio dei bianconeri, che distanziarono stavolta più nettamente il Toro e una temibile neopromossa, il Lanerossi Vicenza del giovane Paolo Rossi. I Mondiali d'Argentina segnarono un momentaneo rimescolamento delle carte e, in una stagione non certo esaltante, portarono ad un'estemporanea resurrezione del Milan il quale, guidato in panchina dalla vecchia gloria Nils Liedholm, grazie ad un accorto schieramento difensivo, riuscì ad assicurarsi quella tanto sospirata Stella d'oro che così beffardamente se ne era volata via sei anni prima; la medaglia d'onore, e quella d'argento, andarono però al Perugia di Ilario Castagner, prima squadra a riuscire a chiudere la stagione imbattuta dai tempi del Genoa del 1923. I sogni di gloria dei tifosi rossoneri invece svanirono presto, trasformandosi al contrario del peggiore degli incubi. Il campionato 1979-1980 fu l'anno del dodicesimo scudetto dell'Inter, allenata da Eugenio Bersellini, e guidata in campo da Alessandro "Spillo" Altobelli ed Evaristo Beccalossi, ma soprattutto fu la stagione dello scandalo del Totonero: il 23 marzo la Guardia di Finanza fece irruzione negli stadi arrestando quattordici tesserati coinvolti in un giro di scommesse clandestine e compravendite di partite, gettando nell'occhio del ciclone la Lazio e proprio il Milan, che furono retrocesse a tavolino in Serie B, mentre numerose altre società subirono pesanti penalizzazioni. Per i rossoneri fu la prima discesa nella cadetterìa. Nello scandalo furono coinvolti calciatori di primo livello come Enrico Albertosi del Milan, Lionello Manfredonia, Bruno Giordano e Giuseppe Wilson della Lazio, e Paolo Rossi del Lanerossi Vicenza; quest'ultimo fu squalificato per 2 anni e sarà costretto a saltare il campionato d’Europa 1980 giocato pochi mesi dopo proprio in Italia. La Serie A uscì dallo scandalo assai indebolita, tanto che per correre ai ripari di fronte allo scadimento tecnico del torneo - certificato dal dimezzamento dei posti disponibili per l'Italia in Coppa UEFA - la FIGC decise di abbandonare la linea autarchica degli Anni Settanta autorizzando l'ingaggio di uno straniero per squadra (dalla stagione 1982-1983 diventarono due). Il campionato italiano fu avvicente fino all'ultima giornata: la lotta per il titolo, nell'anno della finora unica apparizione in A della Pistoiese, fra la Juventus, il Napoli, l'Inter e la Roma del Presidente Dino Viola e del tecnico Nils Liedholm si infiammò alla terzultima giornata, il 10 maggio 1981, in occasione dello scontro diretto fra bianconeri e capitolini al Comunale, quando un gol del giallorosso Maurizio Turone, che le moviole dimostrarono regolare, fu annullato dalla terna arbitrale guidata da Paolo Bergamo. Lo Scudetto venne assegnato nell'ultimo turno, il 24 maggio 1981, con la vittoria della Juventus per 1-0 contro la Fiorentina in casa, e con il pareggio romanista per 1-1 in trasferta a Como, ma il gol di Turone, che avrebbe significato il sorpasso dei romani al vertice della classifica a due giornate dalla fine, divenne uno dei più celebri argomenti di coloro che, negli anni a seguire, sostennero l'esistenza di una sudditanza psicologica dei fischietti italiani nei confronti della società di Casa Agnelli. Argomenti che trovarono subito nuova linfa nel 1981-1982, quando il testa a testa fra i bianconeri e la Fiorentina di Giancarlo Antognoni si risolse solo all'ultimo turno, il 16 maggio 1982, in occasione del quale un gol viola in casa di un Cagliari impegnato in una lotta per la salvezza con Genoa e Milan, fu annullato fra mille recriminazioni, mentre a Catanzaro un rigore molto dubbio trasformato da Liam Brady premiava la Juventus, consegnandole il suo 20° Scudetto, quello della Stella d'oro. I trionfali Mondiali di Spagna lasciarono il segno nella stanca Juventus e fu così che la Roma del presidente Dino Viola, di Nils Liedholm, e degli idoli di casa Agostino Di Bartolomei e Bruno Conti, tornò al titolo a 41 anni da quello del 19411942. La lotta fra bianconeri e giallorossi divenne un classico http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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degli Anni Ottanta, vedendo imporsi abbastanza nettamente i primi nel 1983-1984, e sfociando in un esito clamoroso nel 1985-1986. Nel mezzo, coi piemontesi impegnati in una controversa cavalcata in Coppa dei Campioni, il Campionato 1984-1985 vide concretizzarsi il miracolo di una provinciale: sei decenni dopo i successi della Pro Vercelli, fu il Verona di Osvaldo Bagnoli e della coppia d'attaccanti formata da Elkjær e Galderisi a firmare l'impresa di vincere lo scudetto. In un campionato ricco di fuoriclasse Il Verona dello storico scudetto 1984-85 stranieri, come Rummenigge dell'Inter, Boniek e Platini della Juventus, Maradona del Napoli e Zico dell'Udinese, la squadra gialloblù ottenne la matematica vittoria del titolo il 12 maggio 1985 a Bergamo, pareggiando contro l'Atalanta per 1-1. Da ricordare che la stagione 1984-1985 è anche passata alla storia per il numero massimo di spettatori, tra paganti e abbonati, allo stadio nella storia del campionato a girone unico, 38.000 a partita, un record ancora oggi imbattuto. Come anticipato, il torneo 1985-1986 ripropose la lotta fra capitolini e torinesi, e l'esito fu incredibile: quando tutti si aspettavano il trionfo dei giallorossi, la Roma crollò in casa contro il Lecce, già retrocesso ed ultimo in classifica. Fu il nono titolo in quindici anni per la gestione Boniperti, che chiuse così il suo formidabile ciclo dopo aver vinto, l'8 dicembre 1985, la prima Coppa Intercontinentale della sua storia a Tokyo. Già dal 20 febbraio forze nuove, destinate a rivoluzionare gli equilibri del campionato, avevano fatto il loro ingresso nel torneo. La rosa della Roma campione nel 1983.

L'era Berlusconi

La rosa del Napoli campione nel 1987.

L'inverno del 1985 fu molto tormentato per il Milan. La clamorosa eliminazione dalla Coppa UEFA per mano dei belgi del Waregem scatenò la contestazione dei tifosi contro il presidente Giussy Farina, che fuggì all'estero. Quando la Federazione dispose una ricognizione dei libri contabili, emerse una situazione di dissesto finanziario tale da prefigurare un immediato rischio di fallimento, ma fu l'imprenditore televisivo Silvio Berlusconi ad acquistare la società il 24 marzo 1986 impegnandosi nel ripianamento dei debiti.

La nuova stagione fu appannaggio del Napoli di Diego Armando Maradona. Gli azzurri, trascinati dal campione argentino, presero il comando della classifica cogliendo il primo scudetto della loro storia. La squadra del presidente Corrado Ferlaino riuscì a prendere il comando il 9 novembre dopo aver battuto la Juventus nello scontro diretto al Comunale di Torino. Da quel momento in poi i partenopei non lasciarono più la testa della classifica, anche se ci furono dei momenti in cui altre squadre si avvicinarono, più in particolare l'Inter. Ma due sconfitte consecutive della squadra milanese allenata da Trapattoni, rispettivamente alla tredicesima e quattordicesima giornata del girone di ritorno, permisero al Napoli di festeggiare il primo storico scudetto della sua storia il 10 maggio dopo il pareggio allo stadio San Paolo contro la Fiorentina. Quella gara è ricordata anche per il primo gol in Serie A segnato dal ventenne attaccante viola Roberto Baggio, che collezionerà 205 gol fino alla stagione 2003-2004. http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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In estate il Milan di Silvio Berlusconi si attivò sul mercato e portò a Milanello le due stelle olandesi Ruud Gullit e Marco van Basten, il centrocampista Carlo Ancelotti, e l'allenatore che a Parma aveva stupito per il suo gioco innovativo: Arrigo Sacchi, seguace del gioco a zona e del calcio totale, tecniche assolutamente innovative nel difensivistico calcio italiano. I rossoneri partirono bene, ma alcune discusse decisioni del Giudice Sportivo lanciarono in fuga ancora gli azzurri partenopei[4]. Il successo rossonero nello scontro diretto di San Siro parve un episodio isolato fino a Pasqua, dopo la quale i napoletani accusarono un crollo verticale. Sconfitta anche al San Paolo, la formazione di Maradona non vinse neppure le gare rimanenti, e un pareggio a Como all'ultima giornata consegnò ai lombardi lo scudetto.

Marco van Basten, goleador del Milan.

Nella stagione 1988-1989 il Arrigo Sacchi, allenatore del campionato tornò a comporsi di 18 Milan Campione del mondo. partecipanti e aumentò il numero di stranieri da schierare in campo, passando da due a tre. Mentre i rossoneri erano vittoriosi nelle partite che portarono alla conquista della Coppa dei Campioni a Barcellona, i cugini dell'Inter di Giovanni Trapattoni si resero protagonisti di un campionato che riuscirono a dominare in ogni aspetto, cogliendo lo "scudetto dei record". Diversa fu l'annata successiva: la squadra nerazzurra si spense presto, e tornarono protagonisti partenopei e milanisti. Se l'andata fu appannaggio degli azzurri, il ritorno vide l'avanzata rossonera che fruttò loro la testa della classifica. L'8 aprile il Giudice Sportivo assegnò però ai partenopei una vittoria a tavolino, che significò l'aggancio in vetta, per una moneta da 100 lire che colpì in testa Alemão nella trasferta di Bergamo. L'entità del danno, apparsa subito dubbia e anni dopo confermata nella sua inesistenza dal presidente Corrado

Ferlaino[5], fu oggetto di polemiche, che trovarono nuova linfa la penultima giornata, allorquando i rossoneri caddero a Verona, in una gara in cui Rosario Lo Bello - figlio di quel Concetto che era costato al Milan lo scudetto del 1973 - espulse tre milanisti più l'allenatore [6] suscitando numerose polemiche. Con la sconfitta del Milan a Verona, i napoletani ratificarono lo scudetto la settimana successiva, battendo in casa la Lazio per 1-0. Per i partenopei fu l'ultima stagione di successi: Diego Armando Maradona abbandonò la squadra fuggendo in Argentina, e per gli azzurri fu l'inizio di un declino che li porterà, nel giro di poco più di un decennio, in Serie C1. La stagione 1989-1990 è passata alla storia anche per la vittoria delle squadre italiane in tutte le tre competizioni europee organizzate dall'UEFA; il Milan conquistò per il secondo anno consecutivo la Coppa dei Campioni, la Sampdoria conquistò la Coppa delle Coppe e la Juventus si aggiudicò la Coppa UEFA battendo nella doppia finale un'altra squadra italiana, la Fiorentina. La stessa estate fu anche quella dei Mondiali di Italia '90, chiusi al terzo posto dalla Nazionale italiana. Il nuovo campionato vide dapprima una notevole bagarre in vetta, con numerose squadre in lotta tra cui il Milan, l'Inter, la Juventus, la sorprendente Sampdoria e la matricola del Parma. Dopo la pausa natalizia, il gruppone si sgranò ed emersero le due http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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Gianluca Vialli, bomber della

milanesi e i genovesi. Furono gli scontri diretti a sancire il predominio Sampdoria campione d'Italia. doriano: battendo i rossoneri a Marassi e i nerazzurri a San Siro, i blucerchiati dei bomber Gianluca Vialli e Roberto Mancini, e del presidente Paolo Mantovani, colsero il loro primo e finora unico scudetto. I principali delusi furono i rossoneri, che avevano sì incamerato la loro seconda Coppa Intercontinentale consecutiva (e anche un'altra Supercoppa Europea, vinta curiosamente proprio contro i genovesi), ma erano malamente usciti dalla Coppa dei Campioni in una tribolata notte marsigliese che per giunta era costata ai rossoneri un anno di squalifica dalle coppe europee, ed erano descritti dagli organi di stampa come una formazione giunta alla fine di un ciclo[7]. Il Milan lasciò quindi partire Sacchi per la Nazionale affidando la panchina a Fabio Capello. Il tecnico di Pieris rigenerò lo spogliatoio costruendo una stagione in cui i rossoneri non ebbero rivali: vinsero lo scudetto distanziando nettamente la Juventus di Giovanni Trapattoni, chiusero imbattuti come non capitava ad una squadra da 13 anni (allora fu il Perugia) e ai campioni da 69, segnarono 74 reti, guadagnandosi così l'appellativo di Invincibili. Anche la stagione successiva fu un monologo del Diavolo, che conobbe la sua prima sconfitta, dopo una striscia record di 58 gare, solo il 21 marzo per il successo del Parma a San Siro con una rete di Faustino Asprilla; fu unicamente l'Inter di Fabio Capello, allenatore del Milan Osvaldo Bagnoli a tentare l'inseguimento, fugato dal pareggio tricampione. firmato Ruud Gullit nel derby della vigilia di Pasqua. La partenza in estate proprio di Gullit verso la Sampdoria, quella di Frank Rijkaard all'Ajax, ed il prematuro ritiro di Marco van Basten, che ad Ancona segnò, contro la squadra locale, matricola in A, la sua ultima rete nella massima serie, sembrarono suggerire un cambio di strategia in cui Capello valorizzò la difesa guidata da Franco Baresi[8] che permise al portiere Sebastiano Rossi di battere il record di imbattibilità della propria porta con 929 minuti. Come due anni prima, la principale inseguitrice fu la Juventus, a cui si aggiunse la Sampdoria, ma ancora la squadra di Capello seppe tener testa agli avversari, cogliendo il terzo scudetto consecutivo e collezionando una striscia di successi che non si verificava dai tempi del Grande Torino. A completare il palmarès, giunse anche la vittoria nella finale di Coppa dei Campioni 19931994 sul Barcellona per 4-0, che permise ai lombardi di cogliere quell'accoppiata che solo i loro cugini interisti erano riusciti a realizzare nel 1965. Il Milan seppe, quell'anno, sfruttare i gol di un attaccante che il ritiro di Van Basten aveva promosso titolare, Daniele Massaro, e le giocate del montenegrino Dejan Savićević. Per il campionato italiano quella tarda primavera del 1994 fu un punto di svolta. La sera stessa della finale di Coppa ad Atene, in Senato, Silvio Berlusconi, da pochi mesi entrato nell'agone politico, riceveva la nomina a Presidente del Consiglio, e gli impegni istituzionali lo portarono sempre più lontano dal mondo del calcio, affidando la società di via Turati nelle mani del vicepresidente Adriano Galliani. Con una minor impegno finanziario del loro presidente, i rossoneri rallentarono; col materiale umano a loro disposizione, rinforzato dall'attaccante liberiano George Weah, riusciranno a condurre ininterrottamente il campionato 1995-1996 e a conquistare il loro quindicesimo scudetto, ma subito dopo ebbero un crollo verticale. Già dall'estate del 1994, peraltro, il posto lasciato dal Milan era stato preso da una vecchia potenza del calcio tricolore.

La Triade Mai nel Dopoguerra erano trascorse ben otto stagioni consecutive senza che la Juventus cogliesse un titolo. Decisi a non allungare ulteriormente la striscia negativa, Gianni e http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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Umberto Agnelli rivoluzionarono l'assetto organizzativo della società, affidandone la gestione al manager Antonio Giraudo, al re del mercato Luciano Moggi, e alla vecchia gloria Roberto Bettega: i tre dirigenti formarono un discusso, ma indubbiamente abilissimo gruppo di amministratori, la Triade, che nel bene e nel male condizionò il calcio italiano per dodici anni. Sulla panchina bianconera fu chiamato Marcello Lippi, che seppe sfruttare ottimamente la novità regolamentare introdotta dopo i Mondiali USA; seguendo la linea della FIFA tesa a disincentivare i pareggi favorendo lo spettacolo, anche la FIGC introdusse la norma che assegnava tre punti ad ogni vittoria, e non più due (in realtà tale regola ebbe una prima sperimentazione l'anno prima in Serie C). Il torneo vide balzare in testa l'ormai consolidato Parma di Nevio Scala, ma Lippi dimostrò di aver compreso appieno le conseguenze del nuovo sistema di punteggi: schierando la squadra con un inedito ed iperoffensivo schema 4-3-3, che sostituì il classico 4-4-2 che aveva fatto le fortune del Milan, ottenne un alto numero di vittorie, non curandosi di contro delle sette sconfitte stagionali, di cui tre consecutive in casa. Il tridente formato da Gianluca Vialli, Roberto Baggio e Fabrizio Ravanelli, assicurò gol a grappoli in un'annata in cui i bianconeri si trovarono a competere coi gialloblù su tutti i fronti. Se i ducali prevalsero nella finale di Coppa UEFA, la truppa di Lippi si aggiudicò quella di Coppa Italia e, soprattutto, lo scudetto dopo nove anni di attesa. E l'ascesa della Juventus continuò la stagione successiva quando, lasciando spazio in campionato - come già accennato - al Milan, i torinesi riuscirono a conquistare a Roma contro l'Ajax la seconda Coppa dei Campioni della storia bianconera. Marcello Lippi, che conquistò cinque scudetti con la Juventus.

Tra il 1996-1997 e il 1997-1998 si susseguirono due stagioni speculari sotto molti aspetti. In entrambe, un Milan alle prese con un difficilissimo ricambio generazionale, conseguì piazzamenti deludentissimi, rimanendo fuori dalle coppe europee e dovendosi anzi guardare le spalle; in entrambe, la Juventus subì le delusioni di perdere la Coppa dei Campioni all'ultimo atto; in entrambe, i bianconeri seppero ben consolarsi cogliendo un duplice scudetto; in entrambe, infine, tali successi maturarono in un clima di sospetti e polemiche. Rafforzatisi con l'acquisto del talentuoso trequartista francoalgerino Zinedine Zidane, i torinesi presero a stento il comando di un campionato mediocre, a novembre guidato Alessandro Del Piero, bandiera e capitano dal sorprendente Vicenza di Francesco Guidolin (vincitore nel bianconero. 1997 del suo primo trofeo nazionale, la Coppa Italia), in cui le inseguitrici stentavano; in inverno vennero fuori prima l'Inter, fermata nel recupero dallo 0-0 contro la Juventus a San Siro, poi il Parma, realtà consolidata e storica, essendo l'unica società nel Dopoguerra che fosse riuscita ad insidiare in maniera non episodica le gerarchie tradizionali del calcio italiano. I gialloblù sembrarono aver grosse chances per cogliere il loro primo scudetto quando sbancarono l'Olimpico di Roma, ma alcuni passi falsi li frenarono finché, nello scontro diretto, il 18 maggio 1997 dello Stadio Delle Alpi, la concessione di un rigore inesistente a favore dei bianconeri vanificò gli sforzi degli emiliani, che persero matematicamente il titolo alla penultima giornata (25 maggio 1997), quando sconfissero in casa il Bologna, dopo che la Juventus pareggiò 1-1 a Bergamo contro l'Atalanta due giorni prima, il 23 maggio (gara anticipata per via della finale Coppa dei Campioni 1996-1997 in programma il 28 maggio): l'episodio di Torino fu solo l'ultimo di una serie di arbitraggi più che discutibili, che avevano tratto d'impaccio i piemontesi in varie gare stagionali. E l'anno successivo le polemiche furono ancor maggiori. http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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Stavolta fu l'Inter di Massimo Moratti e di Luigi Simoni ad impensierire la truppa di Lippi: capolista per gran parte del girone d'andata e vincitrice del primo scontro diretto, la squadra nerazzurra vanificò tutto con alcune clamorose sconfitte tra cui quelle interne contro il Bari e il Bologna (entrambe per 0-1). I lombardi seppero comunque riprendersi, e si presentarono al Delle Alpi, la quart'ultima giornata, con un solo punto di ritardo dai bianconeri; il clima, già tesissimo per le continue sviste arbitrali che avevano salvato la Juventus nella gara contro l'Empoli in toscana la settimana prima (per via di un gol valido non visto dall'arbitro Pasquale Rodomonti che era vicino alla porta), nell'incontro con la Lazio, ed in vari altri incontri, si incendiò quando, in una convulsa fase di gioco, non venne assegnato un rigore ai nerazzurri per uno scontro fra Ronaldo e Mark Iuliano mentre, sul rovesciamento dell'azione, il penalty fu accordato ai bianconeri per un intervento su Alessandro Del Piero, che poi fallì. Le polemiche divamparono violente su tutti i mass-media e persino in parlamento, ma ciò non impedì alla Juventus di cogliere il suo 25° titolo, arrivato il 10 maggio, con un turno di anticipo. Furono i Mondiali 1998 a rimescolare temporaneamente le carte in tavola. I bianconeri, molti dei quali protagonisti della manifestazione estiva, risentirono in pieno delle stanchezze da essa procurate, come accadde peraltro anche ai loro avversari nerazzurri. Ne originò un campionato anomalo, in cui ad un certo punto salirono le quotazioni della Fiorentina di Giovanni Trapattoni e del bomber Gabriel Batistuta: i viola veleggiarono in testa fino a febbraio, quando l'infortunio della punta argentina (e le assenze del talentuoso Edmundo) compromise i loro sforzi a vantaggio della Lazio di Sven Goran Eriksson, che sembrò a sua volta avviata al titolo quando, inaspettatamente, subì due sconfitte interne consecutive nel derby e contro la Juventus. A questo punto si fece sotto il Milan di Alberto Zaccheroni, allenatore che aveva colto ottimi risultati negli anni precedenti con l'Udiense: i rossoneri, viaggiando a fari spenti e supportati da un buon pizzico di fortuna, riuscirono a sorpassare i biancocelesti nel penultimo turno e, la domenica seguente a Perugia, in una gara tesissima in cui gli umbri si giocavano la salvezza, conseguirono quella vittoria che permise loro di cingere lo scudetto del loro Centenario, forse il più inaspettato di sempre. Nel frattempo la Juve, che aveva sostituito Marcello Lippi con Carlo Ancelotti, perse lo spareggio per la zona UEFA con l'Udinese, chiudendo così al settimo posto della graduatoria e venendo costretta agli straordinari estivi dell'Intertoto: una fatica supplementare che costerà assai cara ai piemontesi. I biancocelesti cercarono un pronto riscatto nel nuovo campionato, ma dovettero assistere al ritorno in forze della Juventus, che dopo un serrato testa a testa, chiuse in testa il girone d'andata, per poi prendere progressivamente il largo: spentisi alla distanza i rossoneri (che chiuderanno al terzo posto), i bianconeri sembravano veleggiare tranquilli verso il titolo grazie ai loro nove punti di vantaggio sui romani. Ma, improvvisamente, le fatiche dell'Intertoto e della mancata preparazione estiva esplosero fragorosamente: il 26 marzo la Juve cadde a San Siro e subito dopo nello scontro diretto casalingo; i bianconeri dettero la netta sensazione di essere scoppiati, ed infatti arrivò un nuovo tonfo a Verona, Alessandro Nesta, capitano della Lazio riducendo a soli due i punti distanzianti le contendenti. campione del 2000. Quando all'ultimo minuto della penultima giornata il difensore del Parma Fabio Cannavaro segnò ai bianconeri una rete del possibile pareggio che avrebbe significato l'aggancio, l'arbitro Massimo De Santis l'annullò senza alcun apparente motivo: in settimana scoppiarono ancora caldissime polemiche sul fronte Juventus-arbitri, cui fecero corollario scontri e disordini a Roma tra la polizia e gli ultras biancocelesti che cercarono di dare l'assalto alla sede della FIGC. Fu in questo clima che, all'ultima giornata, una Lazio con poche speranze e una sola combinazione utile, vinse in casa contro la Reggina, mentre a Perugia la gara della Juventus era stata interrotta per un violentissimo temporale. L'opzione del rinvio era però impraticabile per l'incombente inizio dell'Europeo http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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di calcio 2000 (ma anche per non falsare troppo l'esito del campionato), quindi l'arbitro Pierluigi Collina (scelto volutamente per tale delicatissima situazione) dopo una lunga attesa diede l'ordine di giocare, anche perché il match per i torinesi pareva una formalità, in quanto bastava non perdere: ma, contrariamente alle attese, i perugini giocarono col massimo impegno, anche perché il vulcanico presidente biancorosso Luciano Gaucci, acerrimo nemico della dirigenza torinese, aveva minacciato la propria squadra di mandarla in ritiro, anziché in vacanza, se non avesse battuto i bianconeri. E fu così che, incredibilmente, un gol del perugino Alessandro Calori costò sconfitta e titolo agli juventini, mentre in un Olimpico in surreale attesa, scoppiava l'irrefrenabile festa tricolore, proprio nell'anno del Giubileo che aveva messo la città di Roma sotto gli occhi del mondo intero; inoltre tale titolo suggellò, come nella passata stagione per il Milan, il Centenario dei biancocelesti. L'Anno Santo portò gioia anche all'altra metà della Capitale, visto che nella nuova stagione fu la Roma di Fabio Capello a prendere il largo: i giallorossi mantennero vantaggi rassicuranti sulla Juventus inseguitrice, ma in primavera sembrarono in netto calo; un gol di Vincenzo Montella nello scontro diretto diede però tranquillità ai romani, che colsero il loro terzo scudetto il 17 giugno. Stavolta furono i bianconeri a recriminare, perché la posizione del giocatore romanista Nakata, di nazionalità giapponese, era stata regolarizzata dalla Federazione solo pochi giorni prima del big match dello Stadio Delle Alpi, allargando le norme sul tesseramento dei calciatori extracomunitari (Nakata aveva comunque giocato alcune stagioni a Perugia). Nell'estate del 2001 il patron juventino Umberto Agnelli decise di prendere in mano la situazione, e richiamò in panchina Marcello Lippi. La squadra fu fortemente rimaneggiata, con le partenze di Filippo Inzaghi verso il Milan e di Zinedine Zidane al Real, e gli arrivi di Gianluigi Buffon (pagato 100 miliardi), Pavel Nedved e Lilian Thuram. Nella stagione che vide un inedito derby in Serie A, il quinto, quello fra Verona e Chievo, il gruppetto formato dai campioni in carica, dai bianconeri, e dall'Inter di Hector Cuper, si staccò via via dalle inseguitrici. La vittoria dei nerazzurri nello scontro diretto con i giallorossi, sembrò lanciarli verso il titolo, che parve ad un passo ad un minuto dalla fine della terzultima giornata, quando i milanesi godevano di cinque lunghezze di vantaggio: un gol subito dall'Inter a Verona, ed uno fatto dalla Juventus a Piacenza, portò però i torinesi ad un solo punto di distanza, situazione con cui si arrivò all'ultima giornata, il 5 maggio. Decine di migliaia di tifosi nerazzurri invasero lo Andriy Shevchenko, secondo Stadio Olimpico di Roma, contando nella solida amicizia con i miglior bomber nella storia del sostenitori della Lazio, mentre i bianconeri si recarono dalla tranquilla Milan. Udinese, e i romanisti erano di scena allo Stadio Delle Alpi contro il Torino. Mentre gli juventini risolsero agilmente la loro pratica, come previsto gli interisti si portarono in vantaggio, annullando un primo recupero biancoceleste: ma accadde l'incredibile. Dapprima la Lazio pareggiò, portandosi poi sul doppio vantaggio, quindi anche la Roma trafisse i granata: per la Juventus fu scudetto dopo quattro anni di digiuno, alla Roma andò il secondo posto, mentre la raggelata Inter si ritrovò terza e costretta ai preliminari estivi di Coppa dei Campioni 2002-2003. Lo shock per un obiettivo inseguito da tredici anni e sfumato sulla linea del traguardo lasciò il segno nell'ambiente nerazzurro, da cui fuggì il brasiliano Ronaldo, ex pupillo del presidente Moratti. In quella stagione, grande sorpresa fu il Chievo Verona, che al debutto in A sfiorò la Champions. Sotto la guida di Luigi Delneri e con una squadra cresciuta in provincia, con molti debuttanti, la squadra del piccolo quartiere di Verona, dopo essersi ritrovata in testa alla classifica per buona parte del girone d'andata, sfiorò i preliminari di Champions League, arrivando quinta e in Coppa UEFA. L'insperato successo diede nuove convinzioni invece alla Juventus, che nel 2003 fu protagonista di una storica lotta col Milan di Carlo Ancelotti, rafforzatosi con l'acquisto del capitano biancoceleste Alessandro Nesta e http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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degli interisti Clarence Seedorf e Dario Simic, oltre che del portiere brasiliano Dida. In campionato i rossoneri, dopo alcune annate grige, partirono determinati, passando in testa il giro di boa, ma alla lunga lasciarono decisamente il passo all'imperioso ritorno dei bianconeri, anche a causa del lungo impegno europeo; i piemontesi si aggiudicarono nuovamente, e più facilmente, il titolo, ma non poterono godere appieno del successo: il 28 maggio a Manchester, proprio il Milan li batté nella prima finale tutta italiana di Coppa dei Campioni. Data l'enorme posta in palio, stavolta fu l'ambiente bianconero ad uscirne destabilizzato. Lippi negli spogliatoi dell'Old Trafford presentò addirittura le dimissioni, respinte, alla società, andando quindi incontro ad un anno di transizione. Fu così il Milan, sull'onda dell'entusiasmo infuso dal trionfo inglese, a vincere il suo diciassettesimo scudetto nel 2003-2004. In un primo momento i bianconeri sembrarono poter tenere il ritmo di vertice, ma pian piano scivolarono indietro; inizialmente furono invece i giallorossi di Fabio Capello ad accreditarsi come favoriti al titolo, ma le quotazioni dei romani, campioni d'inverno, uscirono fortemente ridimensionate dalla triplice sconfitta - comprese due gare di Coppa Italia - inflitta loro dal Milan tra gennaio e febbraio. I milanesi, trascinati dalla coppia d'assi formata dall'ucraino Andriy Shevchenko e dal neoacquisto brasiliano Kaká, fecero propri entrambi i derby, espugnarono il Delle Alpi e, battendo in casa proprio la Roma il 2 maggio, ottennero il titolo con un largo primato (11 punti), nonostante un team che, esclusi gli arrivi, oltre che di Kaka e dei terzini Cafù e Giuseppe Pancaro, era pressapoco lo stesso dell'anno prima. Dal 2004-2005, in seguito a un compromesso con le squadre della Serie B turbate dal Caso Catania, la Serie A tornò a 20 squadre. I rossoneri, definitivamente riassestati dopo le annate in altalena successive all'ingresso in politica di Berlusconi, erano gli strafavoriti anche per la nuova stagione, stante la carenza di avversari, ma una clamorosa operazione di calciomercato cambiò le carte in tavola: a fine agosto, la Juventus del neoallenatore Fabio Capello cedette all'Inter il semisconosciuto e panchinaro portiere Fabian Carini, cambiandolo alla pari col difensore e capitano della Nazionale Fabio Cannavaro. La mossa della dirigenza interista, apparsa oltremodo azzardata se non apertamente irrazionale, risolse i problemi difensivi palesati dai bianconeri nel 2004, lanciandoli in testa alla classifica. Il Milan fu costretto ad inseguire, e lo scontro diretto di Torino, in cui i rossoneri dimostrarono uno sterile predominio, fece riaffiorare un clima di polemiche per l'opinabile arbitraggio di Paolo Bertini, dopo che già la settimana prima si era avuto molto da discutere sulla direzione di Tiziano Pieri nella trasferta bianconera di Bologna. Il vantaggio dei torinesi, cresciuto ad otto lunghezze a gennaio, si ridusse clamorosamente a febbraio, fino all'aggancio dei milanesi. A questo punto i due colossi del sistema calcistico italiano, che mai erano stati coinvolti in una sfida diretta per il titolo nazionale, iniziarono un sensazionale testa a testa, funestato però da nuove diatribe sugli arbitraggi dei bianconeri: dopo il prodromo di Cagliari, le discussioni si incentrarono sulle conduzioni di Salvatore Racalbuto a Roma, e soprattutto quella di Gianluca Paparesta a Verona, dove l'arbitro non vide entrare in porta un netto gol del Chievo Verona. Alla fine, furono gli impegni di Champions League a fare la differenza: coi bianconeri già eliminati, i rossoneri faticarono alquanto a mantenersi in lotta sui due fronti, perdendo prima lo scontro diretto casalingo, e conseguentemente il titolo, l'8 maggio, e poi pure la coppa nella terribile finale di Istanbul. Per i torinesi si trattò del ventottesimo scudetto. Decisamente più netto fu il primato della Juventus nella nuova stagione. Gli uomini di Capello staccarono tutte le inseguitrici e guadagnarono distacchi abissali. Un calo di rendimento primaverile, con conseguente scialba uscita dall'Europa, favorì il ritorno prepotente del Milan, ma i bianconeri seppero difendere i loro tre residui punti di vantaggio. Il predominio Kaká, asso brasiliano del Milan. Per lui, scudetto al primo anno in Italia.

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bianconero sembrava non avere fine, ma il campionato, e l'intera organizzazione del calcio italiano, furono sconvolti, a maggio 2006, dal più grande scandalo nella storia del pallone tricolore: Calciopoli.

Calciopoli e la quaterna dell'Inter A due settimane dall'assegnazione del titolo del 2006, il 2 maggio 2006, la Procura della Repubblica di Napoli iscrisse nel registro degli indagati, con l'ipotesi di frode sportiva, numerosi dirigenti calcistici. Secondo gli inquirenti, basatisi su intercettazioni telefoniche, la società bianconera si sarebbe adoperata per accomodare numerose gare del campionato 20042005, tramite minacce e la costruzione di un sistema di potere in grado di condizionare la classe arbitrale: i già menzionati episodi controversi di quel torneo, sarebbero stati parte di una macchinazione ideata da una cupola in grado di influenzare ogni aspetto dell'attività della FIGC. In seguito al coinvolgimento diretto nello scandalo del presidente federale Franco Massimo Moratti, presidente Carraro, dimessosi l'8 maggio 2006, e del suo vice Innocenzo Mazzini, dell'Inter. dimessosi il 10 maggio 2006, la Federazione venne commissariata dal CONI a partire dal 16 maggio 2006.Insieme alla Juventus, furono inquisite altre società, accusate di essersi rivolte a Luciano Moggi per ottenere indebiti favori: la Fiorentina, che si sarebbe adoperata per salvarsi in luogo delle due pericolanti emiliane Parma e Bologna, la Lazio, anch'essa impelagata in una traballante posizione di classifica, come pure la Reggina. Rientrarono nell'inchiesta anche le azioni di Leonardo Meani, ristoratore dirigente rossonero, il quale si sarebbe mosso per iniziare a costruire un contro-potere con cui opporsi a quello juventino, avvicinando alcuni guardalinee: se la condotta di Adriano Galliani, vicepresidente rossonero e presidente della Lega Calcio, non fu giudicata irregolare dai carabinieri, il procuratore della FIGC, Stefano Palazzi, ritenne di accusare il dirigente milanista per responsabilità oggettiva, inoltre si scoprì che furono solo tre le partite che il ristoratore avrebbe tentato di truccare. Lo scandalo, battezzato Calciopoli dalla maggior parte della stampa, portò alle sentenze di primo grado del 14 luglio, mitigate, ma comunque pesanti, nell'appello del 25 luglio: la Juventus, privata sia del titolo del 2004-2005 sia, per incompatibilità, di quello del 2005-2006, fu ricollocata all'ultimo posto in classifica e retrocessa in Serie B per la prima volta nella sua storia; inoltre le vennero comminati 17 punti di penalizzazione, che la costrinsero ad una lunga rimonta nel successivo campionato cadetto. La Fiorentina e la Lazio, graziate da analogo provvedimento, furono escluse dalle coppe europee; il Milan fu escluso dalla riassegnazione del titolo e costretto al turno preliminare estivo per rientrare in Coppa dei Campioni 2006-2007; alla Reggina, come a tutte le squadre coinvolte, furono comminate penalizzazioni per la stagione entrante. Tutti i dirigenti coinvolti furono inibiti, mentre Luciano Moggi e Antonio Giraudo furono radiati. La Juventus perse molti campioni; Gianluca Zambrotta, Lilian Thuram, Emerson e Fabio Cannavaro andarono a giocare in Spagna, i primi due al Barcellona, gli altri due al Real Madrid, Patrick Vieira e Zlatan Ibrahimović vennero ceduti all'Inter mentre altri, come Gianluigi Buffon, Alessandro Del Piero, Mauro Germán Camoranesi,David Trezeguet e Pavel Nedvěd decisero di prestare fedeltà alla propria bandiera. L'estate del 2006, per il calcio italiano, è passata alla storia per due avvenimenti; lo scandalo di Calciopoli e la conquista del 4° titolo di Campione del Mondo della Nazionale italiana al Mondiale 2006 giocato in Germania;gli azzurri, guidati da Marcello Lippi, riuscirono a riportare in Italia la Coppa del Mondo dopo 24 anni d'attesa, sconfiggendo in finale la Francia per 5-3 ai rigori la sera del 9 luglio 2006 a Berlino. Tornando allo scandalo, la principale beneficiaria fu l'Inter, cui http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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la FIGC il 26 luglio assegnò a tavolino lo scudetto 2006, il primo dopo diciassette anni di digiuno per i nerazzurri, dopo la retrocessione della Juventus (giunta al 1° posto al termine Roberto Mancini, che riportò l'Inter allo della stagione) e la penalizzazione di 30 punti del Milan scudetto dopo 17 anni. (giunto 2°). La posizione della società di Massimo Moratti, non coinvolta nella vicenda nè a livello penale nè a livello sportivo, non fu però esente da critiche a causa di alcune scomode coincidenze: il commissario federale che assegnò il titolo, Guido Rossi, era un ex membro del consiglio di amministrazione dell'Inter; il socio in affari di Moratti, Marco Tronchetti Provera, fino ad aprile 2007 era proprietario della TIM (tra l'altro sponsor del torneo dal 1998-1999), società telefonica appartenente alla stessa holding di Telecom Italia, il principale provider di telefonìa nazionale, nello stesso periodo al centro di un'inchiesta penale per presunte intercettazioni telefoniche ed uso delle stesse a fini privati (le indagini sono ancora in corso); le penalizzazioni inflitte a molte delle più temibili avversarie, infine, garantivano ai nerazzurri un cammino probabilmente agevole verso il titolo del 2006-2007. Fu così che Calciopoli, anziché ridare serenità al mondo del calcio italiano, sortì l'effetto contrario di seminare nuovi veleni. Come previsto, l'Inter vinse facilmente il campionato, che comunque la squadra di Roberto Mancini seppe interpretare al meglio conquistando diversi record, tra cui spiccarono il maggior numero mai fatto di punti (97), e la più lunga striscia di vittorie consecutive (17). Da segnalare, per la stagione 2006-2007, la straordinaria salvezza della Reggina che, penalizzata di 11 punti, riesce comunque a salvarsi con 40 punti (51 escluse le penalità). Decisamente più competitivo si presentava invece il torneo dell'anno dopo, che vede il pronto ritorno in scena della rinnovata Juventus di Claudio Ranieri, oltre al Genoa e al Napoli, entrambe reduci dalla Serie C. L'Inter vince solo all'ultima giornata, battendo 2-0 il Parma e condannandolo alla B dopo 18 anni, staccando di 3 punti la Roma (1-1 a Catania) che pure era stata capace di rimontare diversi punti dopo essere stata anche a -11, e che addirittura era andata all'intervallo dell'ultima giornata con un punto di vantaggio sull'Inter, vincendo 1-0 a Catania mentre i nerazzurri erano ancora fermi sullo 0-0 a Parma.

Zlatan Ibrahimović.

Nel campionato 2008-2009 l'Inter si conferma la più forte e va in fuga già dal girone d'andata: nonostante la resistenza delle rivali storiche Juventus e Milan, che si alternano al secondo posto (in questa stagione infatti la Roma, unica sfidante nei due anni precedenti, accusa una battuta a vuoto e chiude solo al sesto posto), conquista la certezza matematica della vittoria a due giornate dalla fine, con la sconfitta per 2-1 da parte dell'Udinese nei confronti dei cugini rossoneri il 16 maggio. Con questo tricolore stampato sul petto, il 17° della sua storia, il quarto di fila, raggiungono per numero di scudetti proprio i cugini del Milan.

Le squadre Sono 60 le squadre ad aver preso parte ai 77 campionati di Serie A a girone unico che sono stati disputati a partire dal 1929-30 alla stagione 2008-09. 77 volte: 76 volte: 75 volte:

Inter[9] Juventus, Milan

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Roma 22/30

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71 volte: 68 volte: 66 volte: 63 volte: 61 volte: 49 volte: 42 volte: 36 volte: 30 volte: 28 volte: 26 volte: 24 volte: 22 volte: 21 volte: 18 volte: 16 volte: 13 volte: 12 volte: 11 volte: 10 volte: 9 volte: 8 volte: 7 volte: 6 volte: 5 volte: 4 volte: 3 volte: 2 volte: 1 volta:

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Fiorentina Torino Lazio Bologna, Napoli Sampdoria[10] Atalanta Genoa Udinese Cagliari, Vicenza Bari Triestina Verona Palermo Brescia Parma Ascoli, Livorno, Padova, SPAL Alessandria, Como, Lecce, Modena, Perugia Catania, Novara, Pro Patria, Venezia Foggia Avellino, Cesena Empoli, Reggina Lucchese, Piacenza Catanzaro, Chievo, Cremonese, Mantova, Pisa, Pro Vercelli, Siena Messina, Pescara Casale Lecco, Legnano, Reggiana Ancona, Salernitana, Ternana Pistoiese, Treviso

Varese

Organico odierno [espandi]

Serie A 2009-2010

Piazzamenti delle squadre Per approfondire, vedi la voce Albo d'oro del campionato italiano di calcio.

Ecco i migliori piazzamenti delle squadre che hanno preso parte ai 77 campionati a girone unico dal torneo 1929-30 al 2008-09 raffrontate a tutti i piazzamenti nel campionato italiano. Camp.Italiano Squadra

Serie A

1°posto 2°posto 3°posto 1°posto 2°posto 3°posto Partec. Podi %

Juventus

27 (+1) 21

14

25 (+1) 16

10

76

68%

Milan

17

22

14

16

75

55%

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15

12

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Record del campionato italiano di calcio Squadre Imbattibilità Assoluta

58 giornate:

Milan

Serie aperta domenica 26 maggio 1991: Milan-Parma 0-0 Serie chiusa domenica 21 marzo 1993: Milan-Parma 0-1 Casalinga

88 giornate:

Torino

Serie aperta domenica 31 gennaio 1943: Torino-Juventus 2-0 Serie chiusa domenica 6 novembre 1949: Torino-Juventus 1-3 Esterna

38 giornate:

Milan

Serie aperta domenica 1 settembre 1991: Ascoli-Milan 0-1 Serie chiusa domenica 31 ottobre 1993: Sampdoria-Milan 3-2 Intero campionato

Milan: 1991-92 (34 giornate) Perugia: 1978-79 (30 giornate) Genoa: 1922-23 (28 giornate) Pro Vercelli: 1912-13 (19 giornate) Punti campionato a 20 squadre con 3 punti per vittoria: 97 punti -

Inter nel 2006/07

Rapporto di 2,55 punti a partita

campionato a 18 squadre con 2 punti per vittoria: 58 punti -

Inter nel 1988/89

Rapporto di 2,47 punti a partita usando l'attuale sistema di calcolo

campionato a 16 squadre con 2 punti per vittoria: 51 punti -

Juventus nel 1976/77

Rapporto di 2,46 punti a partita usando l'attuale sistema di calcolo

campionato a 18 squadre con 3 punti per vittoria: 82 punti http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

Milan nel 2003/04 25/30

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Rapporto di 2,41 punti a partita

campionato a 20 squadre con 2 punti per vittoria: 63 punti -

Torino nel 1946/47

Rapporto di 2,39 punti a partita usando l'attuale sistema di calcolo

Reti Prolificità

125 gol:

Torino nel 1947/48

Media di una marcatura segnata ogni 29 minuti di gioco Invulnerabilità

11 gol:

Cagliari nel 1969/70

Media di una marcatura subita ogni 245 minuti di gioco

Attacchi e difese Migliori attacchi e migliori difese

Statistiche aggiornate al 2008.[12] Juventus; 22 volte miglior attacco e 17 volte miglior difesa Inter: 18 volte miglior attacco e 13 volte miglior difesa Milan: 16 volte miglior attacco e 12 volte miglior difesa Roma: 8 volte miglior attacco e 6 volte miglior difesa Torino: 5 volte miglior attacco e 9 volte miglior difesa Lazio: 4 volte miglior attacco e 4 volte miglior difesa Napoli, Sampdoria: 3 volte miglior attacco e 1 volta miglior difesa Fiorentina: 2 volte miglior attacco e 8 volte miglior difesa Bologna: 2 volte miglior attacco e 4 volte miglior difesa Genoa, Vicenza: 1 volta miglior attacco Cagliari, Triestina: 2 volte miglior difesa Modena, Padova, Perugia, Verona: 1 volta miglior difesa

Calciatori Cannonieri Per approfondire, vedi le voci Cannonieri del campionato italiano di calcio e Classifica dei marcatori del campionato italiano di calcio.

Primi 20 giocatori per numero di reti assolute in Serie A: http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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Silvio Piola 274 Gunnar Nordahl 225 Giuseppe Meazza 216 Josè Altafini 216 Roberto Baggio 205 Kurt Hamrin 190 Giuseppe Signori 188 Gabriel Omar Batistuta 184 Giampiero Boniperti 178 Francesco Totti 178 Amedeo Amadei 174 Giuseppe Savoldi 168 Alessandro Del Piero 168 Guglielmo Gabetto 165 Roberto Boninsegna 163 Luigi Riva 156 Roberto Mancini 156 Luís Vinício 155 Carlo Reguzzoni 155 István Nyers 153

In grassetto i giocatori ancora in attività in Serie A. Imbattibilità del portiere 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

Sebastiano Rossi, 1993-94 (Milan): 929 minuti Dino Zoff, 1972-73 (Juventus): 903 minuti Mario Da Pozzo, 1963-64 (Genoa): 791 minuti Ivan Pelizzoli, 2003-04 (Roma): 773 minuti Davide Pinato, 1997-98 (Atalanta): 757 minuti Luca Marchegiani,1997-98 (Lazio): 744 minuti Adriano Reginato,1966-67 (Cagliari): 712 minuti Fabio Cudicini, 1971-72 (Milan): 687 minuti Ivano Bordon, 1979-80 (Inter): 686 minuti Lido Vieri, 1970-71 (Inter): 685 minuti

Classifica presenze in A Per approfondire, vedi la voce Classifica presenze nel campionato di calcio italiano.

Primi 20 giocatori per numero di presenze assolute in Serie A: 1. 2. 3. 4. 5.

Paolo Maldini 647 Gianluca Pagliuca 592 Dino Zoff 570 Pietro Vierchowod 562 Roberto Mancini 541

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Silvio Piola 537 Enrico Albertosi 532 Gianni Rivera 527 Giuseppe Bergomi 519 Ciro Ferrara 500 Giovanni Galli 496 Tarcisio Burgnich 494 Giancarlo De Sisti 478 Angelo Peruzzi 478 Giacinto Facchetti 475 Franco Baresi 470 Giuseppe Favalli 470 Pietro Ferraris II 469 Sergio Cervato 466 Javier Zanetti 464

In grassetto i giocatori ancora in attività Giocatori pluriscudettati Per approfondire, vedi la voce Lista dei calciatori plurivincitori del campionato italiano.

Primi 20 giocatori per numero di scudetti vinti in Serie A: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20.

Giuseppe Furino 8 Giovanni Ferrari 8 Virginio Rosetta 7,5[13] Ciro Ferrara 7 Roberto Bettega 7 Gaetano Scirea 7 Alessandro Costacurta 7 Paolo Maldini 7 Claudio Gentile 6 Pietro Ferraris II 6 Guglielmo Gabetto 6 Enrico Pasteur II 6 James Spensley 6 Guido Ara 6 Franco Causio 6 Antonello Cuccureddu 6 Dino Zoff 6 Antonio Cabrini 6 Franco Baresi 6 Roberto Donadoni 6

Diritti tv http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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Per approfondire, vedi la voce Lista dei calciatori plurivincitori del campionato italiano.

Primi 20 giocatori per numero di scudetti vinti in Serie A: Giuseppe Furino 8 Giovanni Ferrari 8 Virginio Rosetta 7,5[13] Ciro Ferrara 7 Roberto Bettega 7 Gaetano Scirea 7 Alessandro Costacurta 7 Paolo Maldini 7 Claudio Gentile 6 Pietro Ferraris II 6 Guglielmo Gabetto 6 Enrico Pasteur II 6 James Spensley 6 Guido Ara 6 Franco Causio 6 Antonello Cuccureddu 6 Dino Zoff 6 Antonio Cabrini 6 Franco Baresi 6 Roberto Donadoni 6

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20.

Diritti tv Per approfondire, vedi la voce Diritti calcistici televisivi in Italia.

A partire dalla stagione 1993-1994 le partite di Serie A vengono trasmesse sulla pay-tv; fino al 199 trasmesse solo su Tele+, tra il 1999 e il 2003 su Tele+ e su Stream, dal 2003 su SKY (per metà sta 2003-2004 alcune partite di Serie A venivano trasmesse sulla piattaforma satellitare Gioco Calcio, f nell'estate 2004). Dal gennaio 2005 sono trasmesse anche sul digitale terrestre (Mediaset Premium e La7 Cartapiù po sostituita nel 2009 da dahlia TV). I posticipi della domenica sera iniziarono nel 1993, e gli anticipi del sabato nel 1999.

Note 1. ^ Pei i soli diritti televisivi nazionali della Juventus, l'emittente satellitare Sky ha versato 157 milioni un triennio. [1] (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Sport/2006/01_Gennaio/14/sky.shtml) 2. ^ Ranking UEFA (http://www.xs4all.nl/~kassiesa/bert/uefa/data/method4/crank2009.html)

http://it.wikipedia.org/wiki/Serie_A

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