Rivista_combustibili_n_2_2009.pdf

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2009 - volume 63 - n. 2 ISSN 1972-0122

La Rivista dei Combustibili e dell’Industria Chimica a cura della Stazione Sperimentale per i Combustibili

www.ssc.it

Ricerca & Sviluppo per il rispetto dell’ambiente

La Rivista dei Combustibili e dell’Industria Chimica

Volume 63 Fascicolo 2 Anno 2009 SOMMARIO

a cura della Stazione Sperimentale per i Combustibili

ATTIVITÀ SSC – Studi & Ricerche Impiego di una miscela gasolio/biodiesel al 30% (B30) nei motori diesel: effetto sulle emissioni inquinanti di F. Avella, D. Faedo, A. Macor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2 Problemi di sicurezza derivanti dal contatto dell’idrogeno con superfici metalliche di S. Marengo, G. Migliavacca, A. Maggioni, C. Morreale . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 16 ATTIVITÀ SSC – Normazione Numero di Cetano Derivato: l’evoluzione del metodo di prova La SSC al Diesel Ignition Quality Workshop di D. Faedo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 22 Miscele biodiesel/gasolio - Un parametro importante: la Filtrabilità di A. Gallonzelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24 Revisione delle Linee Guida per la distribuzione del gas di P. Comotti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 25 NOTIZIE dalla SSC Corso della SSC sulla normazione dei prodotti petroliferi di D. Faedo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 Integrazione dell’accordo di collaborazione tra ARPA Lombardia e SSC di C. Pasturenzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 Collaborazione tra ASL-MI2 e SSC di C. Pasturenzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 La SSC al WG2 del CEN/TC 238 di F. Hugony . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 Particolato Ultrafine: Misura on line in tempo reale della distribuzione e del numero di nanoparticelle in aerosol di S. Bertagna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 29 ATTIVITÀ SSC – Analisi & sperimentazioni Validazione di un metodo di prova per la determinazione di PVC su filtri per campionatori personali di M. Priola, S. Bianchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 30 NOTIZIE Forum Italiano Sicurezza Gas 2009 di P. Comotti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 36 European Safety Meeting – Calorimetric Techniques in Process Hazard Assessment di C. Pasturenzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 36 Il ruolo delle biomasse legnose nello sviluppo delle bioenergie di S. Bertagna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 38 Qualità del pellet di F. Hugony . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 43 Biocombustibili Gassosi e Liquidi di F. Hugony . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 44 AGGIORNAMENTO LEGISLATIVO (APRILE-GIUGNO 2009) . . . . . . . . . pag. 45 Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

ssc

attività - studi & ricerche

Impiego di una miscela gasolio/biodiesel al 30% (B30) nei motori diesel: effetto sulle emissioni inquinanti Utilization of 30% vol biodiesel/diesel fuel blends (B30) in diesel engines: effects on pollutant emissions F. Avella, D. Faedo (*), A. Macor (°) (*) Stazione Sperimentale per i Combustibili – San Donato Milanese Viale A. De Gasperi, 3 20097 San Donato Milanese (MI) Tel. 02516041; Fax 02514286; e-mail: [email protected] (°) Dipartimento di Tecnica e Gestione dei sistemi Industriali- Università di Padova, Stradella San Nicola 3, 36100 - Vicenza

RIASSUNTO Vengono presentati i risultati di una sperimentazione finanziata da CNA (Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa), svolta con l’obiettivo di valutare gli effetti sull’emissione di specie inquinanti non regolamentate determinati dalla sostituzione del gasolio convenzionale (EN 590) con una miscela al 30% di biodiesel in gasolio (B30) per alimentare due autoveicoli commerciali leggeri (categoria N1) Euro 3, dotati di DOC ed EGR. I due autoveicoli sono stati provati in laboratorio secondo i due cicli di guida standard UDC ed EUDC, e il ciclo di guida “Urban” sviluppato nel Progetto europeo ARTEMIS. I risultati ottenuti hanno indicato un comportamento analogo dei due autoveicoli provati: è stata messa in evidenza la tendenza verso l’aumento dell’emissione dell’ossido di carbonio, degli idrocarburi incombusti e della formaldeide quando erano alimentati con la miscela B30 rispetto al gasolio. Viceversa, i due autoveicoli hanno emesso una minore quantità di particolato totale, di particolato fine (PM10) misurato in termini di numero di particelle/km, e delle specie IPA di maggiore interesse dal punto di vista tossicologico. Le conclusioni del programma sono risultate generalmente in linea con quanto riportato in altre pubblicazioni della letteratura tecnica specializzata.

SUMMARY The results of an experimental work funded by CNA, (National Confederation of Crafts and Small and Medium-Sized Enterprises) are presented. The aim was the evaluation of the effects on non-regulated emissions by fuelling two Euro 3 commercial trucks (class N1) with a 30% v/v biodiesel/diesel blend (B30) in comparison with the conventional diesel fuel. Test vehicles were equipped with DOC and EGR. They were tested in laboratory under standard driving conditions (UDC and EUDC driving cycles) and the “Urban” test cycle developed in the European ARTEMIS Project. The results showed a similar behaviour between the two testing vehicles: it was evidenced the tendency towards an increase of carbon monoxide, total hydrocarbons and formaldehyde emissions when they were fuelled by the B30 blend in comparison with the diesel fuel. Whereas the two vehicles emitted a lower emission of total particulate, fine particles (PM10) and of the most interesting PAH species under the toxicological view. The conclusions of the test program were generally in agreement with the results reported in other specialized technical reports. 2

La Rivista dei Combustibili

ssc 1. INTRODUZIONE Il biodiesel impiegato quale combustibile per alimentare i motori diesel rappresenta una promettente alternativa al gasolio convenzionale. Una delle più importati peculiarità del biodiesel è l’origine da fonti rinnovabili e biodegradabili, poiché prodotto dal trattamento degli oli vegetali con alcoli leggeri (metanolo, etanolo) per formare monoesteri. Attualmente l’interesse maggiore per il biodiesel come combustibile è determinato dal fatto che un suo impiego esteso nei trasporti può contribuire in modo significativo a risolvere il problema dell’effetto serra determinato fondamentalmente dalla forte immissione nell’atmosfera di anidride carbonica generata dalla combustione dei combustibili fossili. Infatti, l’analisi sull’intero ciclo di vita (LCA) mostra che il biodiesel produce 2–2,5 J di energia per ogni Joule di energia fossile consumata nella sua produzione e che la quantità di anidride carbonica prodotta dalla sua combustione è assorbita dall’ambiente al 50–80%. In altri termini, la sostituzione di 1 kg di gasolio con 1 kg di biodiesel consente un risparmio di 2,5–2,9 kg di anidride carbonica [1–3]. A livello europeo l’impiego dei biocombustibili (biodiesel e bioetanolo) nel settore trasporti è stato imposto dalla Commissione ai paesi membri con l’emanazione recente della direttiva 2009/30/CE [4]. L’adattabilità del biodiesel nei motori attuali, caratterizzati da sistemi di alimentazione tecnologicamente avanzati, è stata ampiamente indagata nel corso degli ultimi anni. Questo ha portato alla definizione da parte del CEN della norma tecnica EN 14214 [5] che definisce i requisisti minimi di qualità del biodiesel e i metodi di riferimento per la sua caratterizzazione in laboratorio. Attualmente in Europa il biodiesel destinato ad alimentare i motori è miscelato con gasolio fino al 30% volume (B30), però soltanto le miscele fino al 7% volume (B7) sono considerate intercambiabili col combustibile convenzionale. Comunque, attraverso un’indagine eseguita in ambito CUNA, è stato rilevato che molti modelli di autoveicoli in circolazione in Italia possono essere alimentati con miscele fino al 30% volume senza richiedere interventi sul motore. Molti studi e sperimentazioni sono stati svolti per indagare gli effetti sulle emissioni e sulle prestazioni degli autoveicoli diesel quando alimentati con biodiesel puro o in miscela con gasolio. I risultati, però, sono molto dispersi e spesso contrastanti, a causa delle variabilità delle caratteristiche dei motori provati, delle modalità di prova adottate e dalla materia prima di provenienza del biodiesel. Nonostante questa variabilità, si possono individuare alcune tendenze generali, almeno nei riguardi delle emissioni regolamentate e delle prestazioni. In linea generale l’emissione dell’ossido di carbonio, degli idrocarburi incombusti e del particolato tende a diminuire in modo proporzionale alla concentrazione di biodiesel nel gasolio, mentre quella degli ossidi di azoto tende a crescere fino ad un massimo di 10%. [6-9]. Ancora più difficile è la valutazione globale relativa all’emissione di specie inquinanti non regolamentate, quali i composti carbonilici, gli IPA e i N-IPA, data la scarsità di dati sperimentali disponibili in letteratura. E’ noto che alcuni membri della famiglia di idrocarburi policiclici aromatici e nitro–aromatici sono considerate come “probably carcinogenic to humans” dallo IARC [10]. Le poche informazioni raccolte indicano una tendenza verso la riduzione dell’emissione degli IPA e dei N-IPA e verso l’incremento di quella delle aldeidi, con particolare riferimento alla formaldeide e all’acroleina [3, 6, 11, 12]. Il più basso contenuto energetico del biodiesel rispetto al gasolio determina un maggior consumo di combustibile nell’esercizio dell’autoveicolo, anche se il rendimento globale del motore non subisce apprezzabili variazioni [3]. Effetti negativi, talvolta osservati in prove di durata su motore al banco-freno o su autoveicoli in esercizio prolungato alimentati con miscele gasolio/biodiesel, si riconducono alla formazione eccessiva Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

3

ssc

attività - studi & ricerche (rispetto al gasolio) di depositi sugli iniettori e sulle valvole e di lacche che provocano l’incollaggio delle fasce elastiche dei pistoni. Questi effetti, naturalmente, sono ascrivibili ai particolari tipi di biodiesel impiegati nelle indagini sperimentali, non conformi alle norme di qualità (EN 14214, ASTM D6751) a cui fanno riferimento i prodotti commerciali. Infatti, le suddette norme prescrivono i limiti di accettabilità anche delle caratteristiche chimico-fisiche (densità, viscosità, contenuto di solidi sospesi, residuo carbonioso, stabilità all’ossidazione, glicerolo libero, valore di acidità) implicate nella insorgenza dei fenomeni indesiderati. Queste condizioni sono necessarie affinché un prodotto commerciale possa essere impiegato nei motori, anche quelli delle ultime generazioni dotati di apparati di iniezione sofisticati, senza provocare gli effetti segnalati. Il presente lavoro è il risultato di una ricerca finanziata dalla Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa – Associazione Provinciale di Venezia, svolta con lo scopo di determinare gli effetti provocati dalla sostituzione del gasolio con una miscela gasolio/biodiesel al 30% volume sugli inquinanti regolamentati e di alcune specie non regolamentate emessi da autoveicoli diesel leggeri. Con questo lavoro si intende fornire un contributo alla valutazione dei benefici di natura ambientale che conseguono all’utilizzo di miscele di gasolio arricchite in biodiesel negli autoveicoli.

2. PARTE SPERIMENTALE 2.1 - Autoveicoli di prova La sperimentazione è stata eseguita con due autoveicoli LD (categoria N1) Euro 3, rappresentativi della categoria di autoveicoli commerciali (furgoni) che costituiscono il parco circolante in Italia (tabella 1). Il livello di omologazione Euro 3 degli esemplari provati è stato scelto perché si ritiene che questi possano rappresentare al meglio la maggior parte degli autoveicoli di questa categoria nel tempo attuale e nei prossimi 4 – 5 anni. Uno degli autoveicoli selezionati era equipaggiato con un motore diesel di cilindrata 1900 cc, l’altro con un motore di cilindrata 2400 cc. Entrambi erano dotati di sistema di iniezione common rail, di catalizzatore ossidante (DOC) e di sistema di ricircolazione dei gas di scarico (EGR). 2.2 - Combustibili di prova Gli autoveicoli sono alimentati inizialmente con un gasolio commerciale livello di omologazione Euro 3 Euro 3 targa DC423BJ CT147PX preso come combustibile di riferimenchilometraggio ~ 66.000 km ~ 101.000 km to (B0) e, successivamente, con una cilindrata 2463 cc 1870 cc miscela (B30) costituita dallo stesso N. cilindri / N. valvole/cil 4/4 4/2 gasolio e, per il 30% in volume, da un potenza max 84 kW @ 3500 rpm 74 kW @ 3500 rpm biodiesel commerciale derivato da coppia max 290 Nm @ 1600 rpm 240 Nm @ 2000 rpm olio di colza. Prima della miscelazioaspirazione TC TC ne sia il gasolio di riferimento che il sistema di alimentazione common rail common rail biodiesel erano stati caratterizzati in dispositivi antinquinamento catalizzatore ossidante catalizzatore ossidante laboratorio con le principali determiTabella 1 nazioni analitiche per verificarne la conformità con le rispettive norme di riferimento euroPrincipali caratteristiche pee EN 590 [13] ed EN 14214 [5] (tabella 2). degli autoveicoli Anche la miscela B30 impiegata per le prove era risultata conforme alla norma CUNA NC di prova 637-02 [14] che esprime i requisiti minimi di qualità delle miscele gasolio/biodiesel fino al 30% volume distribuite sul mercato nazionale (tabella 3). Il numero di cetano del combustibile ottenuto dopo la miscelazione del gasolio col biodiesel è aumentato di poco più di un punto (N.C. = 54), mentre il contenuto di zolfo si è abbassato di circa 10 mg/kg rispetto ai corrispondenti valori del gasolio di riferimento. 4

Autoveicolo

Renault MASTER

Renault TRAFIC

modello

120 dCi

100 dCi

La Rivista dei Combustibili

ssc parametro

u.m.

Metodo

GASOLIO

BIODIESEL

(gasolio / biodiesel)

valore trovato

Limiti EN 590-04

valore trovato

Limiti EN 14214

Densità @ 15 °C

kg/m3

UNI EN ISO 12185

838,4

820 - 845

883,8

860 - 900

Viscosità @ 40°C

mm2/s

UNI EN ISO 3104

3,220

2,00– 4,50

4,381

3,50 – 5,00

Contenuto di zolfo

mg/kg

30,7

≤ 50

3,0

≤ 10,0

Idrocarburi monoaromatici

% m/m

EN 12916

20,9

-

-

-

Idrocarburi diaromatici

% m/m

EN 12916

4,2

-

-

-

Idrocarburi triaromatici

% m/m

EN 12916

0,7

-

-

-

Idrocarburi poliaromatici

% m/m

EN 12916

4,9

≤ 11

-

-

Idrocarburi aromatici totali

% m/m

EN 12916

25,8

-

-

-

Contenuto di acqua

mg/kg

90

≤ 200

150

≤ 500

Contenuto di FAME

% vol

< 1,7

≤5

96,3

≥ 96,5

Residuo carbonioso (10% residuo) Contaminazione totale Contenuto di ceneri

UNI EN ISO 20884 / UNI EN ISO 20846

ISO 12937 / ISO 6296 UNI EN 14078 / EN 14103-03

% m/m

UNI EN ISO 10370

< 0,01

≤ 0,30

0,22

≤ 0,30

mg/kg

EN 12662

4,7

≤ 24

4,5

≤ 24

% m/m

EN ISO 6245

< 0,001

≤ 0,01

< 0,001

≤ 0,02

-

UNI EN ISO 5165

53,7

≥ 51,0

52,6

≥ 51,0

°C

ISO 3405

363,2

≤ 360

-

-

Numero di cetano T95 (il 95% in vol. evapora @…) E250 °C (evaporato @ 250 °C)

% vol

24,9

≤ 65

-

-

E350 °C (evaporato @ 350 °C)

% vol

92,0

≥ 85

-

-

Contenuto di fosforo

mg/kg

UNI EN 14107

-

-

<4

≤ 10,0

Contenuto di esteri

% m/m

EN 14103-03

-

-

96,3

≥ 96,5

Contenuto di monogliceridi

% m/m

EN 14105-03

-

-

0,68

≤ 0,80

Contenuto di digliceridi

% m/m

EN 14105-03

-

-

0,12

≤ 0,20

Contenuto di trigliceridi

% m/m

EN 14105-03

-

-

0,01

≤ 0,20

Contenuto di glicerolo libero

% m/m

EN 14105-03

-

-

0,007

≤ 0,02

Contenuto di glicerolo totale

% m/m

EN 14105-03

-

-

0,200

≤ 0,25

Metilestere acido linolenico

% m/m

EN 12916

-

-

8,3

≤ 12,0

Contenuto di metanolo

% m/m

EN 14110-03

-

-

0,19

≤ 0,20

mgKOH/g

EN 14104-03

-

-

0,45

≤ 0,50

Acidità Numero di iodio calcolato

-

EN 14214-03

-

-

119

≤ 120

Stabilità all’ossidazione @ 110°C

h

EN 14112-03

-

-

8,9

≥ 6,0

Contenuto di Na + K

mg/kg

UNI EN 14538

-

-

4,9

≤ 5,0

Contenuto di Mg + Ca

mg/kg

UNI EN 14538

-

-

<1

≤ 5,0

Tabella 2 Principali caratteristiche dei componenti della miscela B30

La concentrazione di idrocarburi policiclici aromatici si è ridotta in modo proporzionale al contenuto di biodiesel nella miscela (30%). 2.3 - Modalità operative Il protocollo di prova prevedeva l’esecuzione di tre prove ripetute nelle medesime condizioni sperimentali in due fasi distinte per ciascun autoveicolo. Nella prima fase l’autoveicolo è stato alimentato con il gasolio di riferimento, nella seconda con la miscela B30. In ogni condizione sperimentale sono stati campionati e analizzati i gas di scarico emessi in marcia simulata su un banco dinamometrico a rulli secondo la sequenza dei cicli di guida (figura 1): • ciclo di guida urbano standard europeo (UDC = Urban Driving Cycle) • ciclo di guida extra-urbano standard europeo (EUDC = Extra Urban Driving Cycle) Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

5

ssc

attività - studi & ricerche • ciclo di guida CADC “Urban”, sviluppato nell’ambito del Progetto europeo ARTEMIS per una rappresentazione più realistica delle condizioni di guida in ambiente urbano di una tipica città europea, caratterizzata da frequenti cambi di marcia e accelerazioni più spinte [15].

Tabella 3 Principali caratteristiche chimico-fisiche della miscela B30

MISCELA B30 parametro Densità @ 15 °C

valore trovato

Limiti CUNA NC 637-02

UNI EN ISO 12185

851,9

820 – 860

u.m.

metodo

kg/m3 2

Viscosità @ 40°C

mm /s

UNI EN ISO 3104

3,494

2,00 – 4,60

Contenuto di zolfo

mg/kg

UNI EN ISO 20884

19,8

≤ 50

Idrocarburi monoaromatici

% m/m

EN 12916

14,6

-

Idrocarburi diaromatici

% m/m

EN 12916

2,9

-

Idrocarburi triaromatici

% m/m

EN 12916

0,5

-

Idrocarburi poliaromatici

% m/m

EN 12916

3,4

≤ 11

Idrocarburi aromatici totali

% m/m

EN 12916

18,0

-

Contenuto di acqua

mg/kg

ISO 12937

90

≤ 200

Contenuto di FAME

% vol

UNI EN 14078

31,5

20 - 30

Residuo carbonioso (10% residuo)

% m/m

UNI EN ISO 10370

0,09

≤ 0,30

Contaminazione totale

mg/kg

EN 12662

12

≤ 24

-

EN ISO 2160

1a

Classe 1

% m/m

EN ISO 6245

< 0,001

≤ 0,01

-

UNI EN ISO 5165

54,8

≥ 51,0

T95 (il 95% in vol. evapora @…)

°C

ISO 3405

356,5

≤ 360

E250 °C (evaporato @ 250 °C)

% vol

ISO 3405

13,5

≤ 65

E350 °C (evaporato @ 350 °C)

% vol

ISO 3405

95,3

≥ 85

Corrosione su rame (3h @ 50 °C) Contenuto di ceneri Numero di cetano

120

velocità [km/h]

100 80 60 40 20 0 0

Fig. 1 Sequenza e caratteristiche dei cicli di guida

6

500 ciclo UDC

Durata Velocità media Velocità massima Lunghezza di percorso tempo a regime minimo

1000 ciclo EUDC

s km/h km/h km %

UDC 780 19,0 50,0 4,052 30,8

1500

2000 ciclo URBAN

EUDC 400 62,6 120,0 6,955 10,0

Tempo, s

URBAN 993 17,7 57,7 4,87 28

La Rivista dei Combustibili

ssc Il campionamento dei gas di scarico è stato effettuato dopo l’avviamento del motore alla temperatura ambiente del laboratorio per determinare: - le emissioni inquinanti regolamentate (CO, HC, NOX) - l’emissione del particolato totale (PM) - la frazione soot del particolato emesso - la distribuzione dimensionale del particolato emesso inferiore a 10 µm (PM10) - l’emissione delle aldeidi - l’emissione degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) - il consumo di combustibile. Lo schema delle apparecchiature per il campionamento e l’analisi dei gas di scarico è riportato nella figura 2. Le emissioni regolamentate sono state determinate in ogni fase del ciclo di guida complessivo tramite un sistema di analisi Signal MaxSys costituito da analizzatori NDIR per la misura delle concentrazioni di ossido di carbonio e di anidride carbonica, un analizzatore HCLA per quella degli ossidi di azoto e un analizzatore HFID per la concentrazione degli idrocarburi incombusti. Il particolato totale è stato campionato prelevando una porzione di gas di scarico diluito col sistema CVS dal tunnel di diluizione, raccogliendo le particelle su membrane Pallflex T60A20 previamente condizionate. La caratterizzazione dimensionale dell’emissione del particolato fine e ultrafine è stata eseguita con un impattore elettrostatico a bassa pressione (ELPI) campionando una piccola quantità di gas di scarico diluiti dal tunnel di diluizione del sistema CVS. Il campionamento è stato eseguito tramite una sonda apposita e relativo sistema FPS Dekati per un’ulteriore diluizione degli stessi con aria. I dati registrati alla frequenza di 1 Hz sono stati riportati come curve di ripartizione dei diametri aerodinamici medi (Dm) su scala logaritmica nel campo di valori compresi tra 18 nm e 6 µm. Un’ulteriore porzione di gas di scarico diluiti prelevata dal tunnel di diluizione è stata analizzata con lo strumento Microsoot Sensor AVL per determinare l’emissione della frazione carboniosa del particolato. Per determinare l’emissione delle aldeidi nella fase gassosa è stato adottato il metodo EPA N. TO-11A. Una piccola porzione di gas di scarico diluiti è stata convogliata durante ogni prova su fiale Waters SEP-PAK contenenti DNPH supportata da gel di silice. Gli idrazoni Fig. 2 Schema generale del sistema di campionamento e di analisi delle emissioni

Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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attività - studi & ricerche formati sono stati estratti con acetonitrile e analizzati tramite un cromatografo liquido WATERS 990 con rilevatore a rete di diodi. I valori inferiori al limite di rilevabilità strumentale, non definiti, sono stati convenzionalmente imposti pari alla metà del valore limite analizzabile con l’HPLC. Questo criterio è quello maggiormente accreditato dalla comunità scientifica internazionale, secondo quanto riportato nel Rapporto ISTISAN N. 04/15 "Trattamento dei dati inferiori al limite di rilevabilità nel calcolo dei risultati analitici", preparato dall’Istituto Superiore di Sanità. La determinazione dell’emissione degli IPA è stata eseguita associando la frazione costituita dalle specie più leggere (IPA a 2 – 3 anelli) dispersa nella fase gassosa con quella delle specie a peso molecolare più elevato (IPA a 3 – 4 anelli) presente nella frazione solubile del particolato (SOF) raccolto sulle membrane Pallflex. Un’aliquota dei gas di scarico è stata convogliata in fiale contenenti resina adsorbente XAD2 per intrappolare le specie nella fase gassosa. La resina e le membrane sono state trattate con toluene in modalità A.S.E. (Soxhlet Warm) per 12 ore a ~7 cicli/ora per estrarre le specie poliaromatiche su fase solida utilizzando colonne SPE Silica, 1g 6ml (Restek 24038). La purificazione degli analiti è stata eseguita con lavaggi ripetuti con toluene e n.esano, lasciando evaporare l’eccesso di solventi in corrente di azoto e portare a un volume finale di 1 ml. Infine, i campioni sono stati analizzati mediante tecnica GC-MS, impiegando la tecnica SIM e aggiungendo 20 ng di Perilene D12 come standard interno.

3. RISULTATI E DISCUSSIONE Nei paragrafi successivi saranno presentati e discussi i risultati ottenuti nel programma sperimentale. I valori riportati sono la media dei risultati di quattro prove eseguite nelle medesime condizioni sperimentali. Per ogni parametro di emissione rilevato è stata calcolata la variazione del suo valore medio relativo all’alimentazione con la miscela B30 rispetto all’alimentazione con il gasolio. Data l’entità esigua del numero di autoveicoli provati la sperimentazione ha consentito soltanto di valutare in termini di tendenza gli effetti provocati dall’aggiunta di elevate quantità di biodiesel nel gasolio. 3.1 - Emissioni inquinanti regolamentate Il livello di emissione dell’ossido di carbonio e degli idrocarburi incombusti è risultato significativamente più elevato nel ciclo UDC quando era in atto il transitorio termico del motore rispetto a quello rilevato nei due cicli EUDC ed Urban. Infatti, durante lo svolgimento di questi due cicli l’abbassamento del livello di emissione era determinato dalla conversione dei due inquinanti sul catalizzatore ossidante pienamente attivato. L’effetto è stato osservato con entrambi gli autoveicoli provati. La sostituzione del gasolio con la miscela B30 ha determinato un incremento dell’emissione dell’ossido di carbonio (intorno al 20% per entrambi gli autoveicoli) e di idrocarburi incombusti (20% per il modello Master e 40% per il modello Trafic) particolarmente rilevante nel ciclo di guida urbano standard UDC, quando era in atto il transitorio termico del motore. Variazioni più modeste sono state osservate nelle altre due condizioni di guida (figura 3). L’emissione degli ossidi di azoto è risultata più elevata nel ciclo di guida Urban, poiché questo ciclo, pur avendo una velocità media paragonabile rispetto a quella del ciclo standard UDC, è rappresentativo di condizioni di guida più gravose (maggiore numero di fasi di accelerazione). In tutte le condizioni di guida l’impiego del combustibile sperimentale non ha causato alcuna variazione apprezzabile dell’emissione degli ossidi di azoto (figura 4). 3.2 - Caratterizzazione del particolato Il particolato è il parametro di emissione maggiormente investigato in questa sperimentazione, data l’importanza che gli autoveicoli diesel assumono attualmente come sorgenti di emissione di questo inquinante. Nonostante l’elevato numero di chilometri accumulati dagli esemplari provati, il livello di 8

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ssc Fig. 3 Variazione dell’emissione dell’ossido di carbonio e degli idrocarburi incombusti dopo la sostituzione del gasolio con la miscela B30

Fig. 4 Variazione dell’emissione degli ossidi di azoto dopo la sostituzione del gasolio con la miscela B30

particolato emesso da entrambi, valutato come media pesata dei valori delle due fasi (UDC ed EUDC) dell’intero ciclo standard di riferimento europeo NEDC, è risultato prossimo al valore limite di omologazione imposto dalla Direttiva 98/69/CE. La natura del combustibile e le condizioni di guida influenzano significativamente l’emissione del particolato e della sua frazione carboniosa. Quando i due autoveicoli erano alimentati con la miscela B30 l’emissione del particolato totale è diminuita sensibilmente, mediamente del 20%, nei cicli standard UDC ed EUDC e poco più del 30% nel ciclo di guida Urban rispetto all’alimentazione a gasolio. Il maggior numero di fasi di accelerazione che caratterizza questo ciclo di guida rispetto a quelli standard di omologazione spiegherebbe la diversa diminuzione osservata. Al contrario, l’emissione della frazione carboniosa del particolato (soot) è diminuita di un Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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attività - studi & ricerche valore intorno al 25% per effetto dell’aggiunta di biodiesel nel gasolio, indipendentemente dalle condizioni di guida e dal modello di autoveicolo provato. La frazione soot costituiva in media circa l’80% del particolato totale emesso dal Renault Master e circa il 70% di quello emesso dal Renault Trafic in ogni condizione sperimentale. Sulla base dei dati raccolti, quindi, si è potuto stabilire l’assenza di variazioni significative del rapporto PMsoot/PM. Questa osservazione ha indicato, quindi, che la costituzione chimica macroscopica del particolato totale emesso dai due autoveicoli è rimasta pressoché immutata quando il gasolio è stato sostituito con la miscela B30 (figura 5).

Fig. 5 Variazione dell’emissione del particolato e del rapporto PMsoot/PM dopo la sostituzione del gasolio con la miscela B30

L’analisi dimensionale del particolato eseguita con l’ELPI ha riguardato il numero di particelle emesse in dodici classi dimensionali comprese complessivamente nell’intervallo di diametri aerodinamici 7 nm - 9,36 µm. La somma dei valori del numero di particelle emesse in ciascuna classe può essere considerata equivalente all’emissione della frazione < 10 µm del particolato totale, nota comunemente come PM10. Il numero totale medio di particelle emesse per km percorso da entrambi gli autoveicoli è diminuito significativamente, dal 10% al 15% circa in dipendenza delle condizioni di guida, dopo la sostituzione del gasolio con la miscela B30 (figura 6). Inoltre, l’analisi modale dell’emissione del PM10 ha indicato come questa specie sia stata emessa in modo preponderante in corrispondenza delle fasi di accelerazione e nelle fasi a velocità costante dei cicli di guida. L’andamento si è mantenuto praticamente invariato sostituendo il gasolio con la miscela B30 per entrambi gli autoveicoli. Il livello di emissione più elevato è stato registrato in condizioni di guida urbana (cicli UDC e Urban) per il modello Master 120 dCi alimentato con i due combustibili, mentre il modello Trafic 100 dCi è risultato un emettitore maggiore di particelle in condizioni di guida a velocità elevata (ciclo EUDC). L’aggiunta di biodiesel nel gasolio non ha determinato alcuna variazione 10

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ssc Fig. 6 Livello medio di emissione del PM10 (numero di particelle per km percorso) dopo la sostituzione del gasolio con la miscela B30

sensibile del profilo di distribuzione dimensionale del particolato emesso dai due autoveicoli. Questo è stato determinato come media delle distribuzioni registrate in ogni ciclo di guida. L’andamento si è presentato unimodale con entrambe le alimentazioni con un picco di emissione in corrispondenza del diametro aerodinamico medio (Dm) posizionato intorno a 40 nm (figura 7). Questo risultato è in accordo con quelli di altre sperimentazioni [7] e indica che la maggior parte delle particelle emesse da due autoveicoli era in modo “nucleazione”. Con entrambi i combustibili la quasi totalità del numero di particelle emesse (99,9%) ha presentato un diametro aerodinamico medio inferiore a 1 µm (PM1), indipendentemente dalle condizioni di guida, mentre il 90% era costituito da particelle con diametro aerodinamico inferiore a 0,1 µm. L’emissione delle particelle con diametro aerodinamico compreso nell’intervallo di valori 24 nm – 9,36 µm, corrispondente a quasi tutto lo spettro dimensionale rilevabile con l’ELPI, Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

Fig. 7 Confronto della distribuzione media del particolato fine (PM10) emesso dai due autoveicoli alimentati col gasolio e con la miscela B30

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attività - studi & ricerche è diminuita sensibilmente (dal 10 al 40% circa) quando gli autoveicoli erano alimentati con la miscela B30. Viceversa, nessuna variazione apprezzabile è stata osservata per l’emissione delle particelle ultrafini (7 nm < Dp < 24 nm). 3.3 – Emissione dei composti carbonilici I composti carbonilici rappresentano una classe di sostanze presenti nei gas di scarico degli autoveicoli prodotte dalla parziale ossidazione degli idrocarburi. Esse sono caratterizzate da elevata tossicità e azione cancerogena, specialmente le specie più semplici, quali la formaldeide e l’acetaldeide. Nella presente sperimentazione sono state determinate quattordici specie differenti. Di queste soltanto la formaldeide e l’acetaldeide hanno presentato un livello medio di emissione apprezzabile, mentre quello di tutte le altre è risultato prossimo al limite di rilevabilità strumentale (HPLC), corrispondente a un valore di emissione pari a 0,02 mg/km. Valori così bassi sono stati determinati nei gas di scarico dei due autoveicoli anche durante il transitorio termico del motore, quando l’attivazione del catalizzatore ossidante dei due autoveicoli non era pienamente sviluppata. Questo effetto è stato rilevato sia con l’alimentazione a gasolio che con la miscela B30. La sostituzione del gasolio con la miscela B30 ha determinato un incremento sensibile (circa 45% nel ciclo UDC e intorno a 30% negli altri due cicli) dell’emissione della formaldeide nei gas di scarico dei due autoveicoli (figura 8). Al contrario, gli stessi autoveicoli hanno manifestato un comportamento contrapposto, non spiegato, riguardo all’emissione dell’acetaldeide, quando erano alimentati con la miscela B30, indipendentemente dalle condizioni di guida. La tendenza verso un incremento dell’emissione della formaldeide, osservato in questa sperimentazione quando gli autoveicoli erano alimentati con il combustibile contenente biodiesel (miscela B30), è risultato in linea con le conclusioni di altre sperimentazioni [11, 12]. L’entità delle variazioni riscontrate tra una sperimentazione e l’altra è determinata,

Fig. 8 Confronto del livello medio di emissione della formaldeide e dell’acetaldeide nei gas di scarico dei due autoveicoli alimentati col gasolio e con la miscela B30

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ssc ovviamente, dalle diverse condizioni sperimentali (motore, condizioni di prova) e dalle caratteristiche chimiche (origine) del biodiesel impiegato. 3.4 – Emissione degli IPA Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono distribuiti in parte nella fase gassosa e in parte nella frazione solubile (SOF) del particolato. La ripartizione tra le due fasi è regolata dalla volatilità relativa delle specie: quelle meno volatili (a quattro e più anelli) tendono a concentrarsi in fase condensata nel SOF. E’ stata determinata l’emissione di undici specie differenti. Le specie più interessanti sono quelle a quattro anelli e più perché incidono significativamente sulla salute umana, essendo caratterizzate da azione cancerogena e mutagena. Di queste il benzo(a)pirene è classificato carcinogenic to humans dallo IARC (classe 1); il benzo(a)antracene e il dibenzo(a,h)antracene sono classificati “probably carcinogenic to humans” (classe 2A) [10]. In tutte le condizioni di prova il livello di emissione delle specie considerate nei gas di scarico dei due autoveicoli alimentati sia con il gasolio che con la miscela B30, è risultato molto basso, inferiore a 1 µg/km. In alcune condizioni sperimentali, quando il motore era a regime termico, l’emissione delle specie a peso molecolare più elevato, come il benzo(a)antracene e il benzo(a)pirene, ha presentato valori inferiori anche al limite di rilevabilità strumentale (GC/MS). Data la forte variabilità dei valori di emissione misurati degli IPA non è stato possibile quantificare l’effetto provocato dalla presenza di biodiesel in elevate concentrazioni nel gasolio. E’ stato possibile, però, dedurre in modo qualitativo che la sostituzione del gasolio con la miscela B30 non ha determinato alcuna variazione apprezzabile dell’emissione delle quattro specie più volatili (fenantrene, antracene, fluorantene e pirene). Viceversa, è stata osservata la tendenza verso la diminuzione dell’emissione di alcune specie IPA a quattro anelli condensati (figura 9). L’effetto è risultato più marcato durante il transitorio termico del motore (ciclo di guida UDC), quando l’efficienza di conversione del catalizzatore ossidante non era pienamente sviluppata. 3.5 – Emissione di anidride carbonica e consumo energetico La presenza di biodiesel nel gasolio (miscela B30) non ha causato alcuna apprezzabile variazione per l’emissione dell’anidride carbonica, in tutte le condizioni di guida. Viceversa, è stato riscontrato un incremento di consumo di combustibile, valutabile in media intorno al 2,5% per il modello Master e al 4% circa per il modello Trafic. L’effetto era determinato dalla presenza nella miscela B30 di una quantità relativamente elevata di biodiesel, un combustibile caratterizzato da un contenuto energetico inferiore (PCI ~ 37250 kJ/kg) a quello del gasolio minerale (valore medio indicativo del PCI ~ 42900 kJ/kg). 4. CONCLUSIONI Il programma sperimentale è stato svolto su due autoveicoli diesel con tecnologia motoristica Euro 3, equipaggiati con motori di differente cilindrata e potenza e alimentati inizialmente con un gasolio commerciale a norma EN 590 e poi con una miscela costituita da 30% volume di biodiesel (conforme alla norma EN 14214) nello stesso gasolio (miscela B30). Le tecnologie antinquinamento adottate sui due autoveicoli erano tali da mantenere le emissioni inquinanti (regolamentate e non) a livelli molto bassi. La sostituzione del gasolio con la miscela B30 ha determinato un incremento sensibile delle emissioni di ossido di carbonio e di idrocarburi incombusti, ma nessuna variazione apprezzabile di quella degli ossidi di azoto. Viceversa, l’emissione del particolato totale e della sua frazione carboniosa (soot) ha subito una riduzione sensibile, ma il rapporto percentuale tra i due parametri è rimasto praticamente immutato (tra 70 e 80%). Analogamente, è stata riscontrata una diminuzione significativa dell’emissione del numero di particelle in tutto l’intervallo di dimensioni misurabili con l’ELPI (7 nm – 9,6 µm), mentre Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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Fig. 9 Confronto del livello medio di emissione del crisene, benzo(b)+benzo(k) -fluorantene e del benzo(a)pirene nei gas di scarico dei due autoveicoli alimentati col gasolio e con la miscela B30

l’andamento unimodale delle curve di distribuzione dimensionale è rimasto invariato: più del 90% delle particelle emesse avevano un diametro aerodinamico medio < 0,1 µm. A riguardo dell’emissione degli inquinanti non regolamentati la sperimentazione non ha consentito di trarre un’indicazione ben definita, dato il livello molto basso e la forte variabilità delle misure. Dopo la sostituzione del gasolio con la miscela B30 è stata riscontrata la tendenza verso l’incremento dell’emissione della formaldeide degli IPA a 3 anelli, e una diminuzione di quelli con peso molecolare più elevato (4 – 5 anelli). L’impiego della miscela B30 in sostituzione del gasolio non ha determinato alcuna variazione dell’emissione di anidride carbonica. Viceversa, è stato riscontrato un incremento del consumo di combustibile, come era prevedibile, determinato dal più basso potere energetico del biodiesel. I risultati ottenuti hanno indicato che, per valutare gli effetti determinati dall’aggiunta di elevate quantità di biodiesel nel gasolio sull’emissione degli inquinanti non regolamentati, 14

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ssc andrebbe svolto un programma sperimentale di più ampia portata, esteso a più autoveicoli di modello diverso e con caratteristiche motoristiche maggiormente differenziate. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Carraretto C., Macor A., Mirandola A., Stoppato A., Tonon S. – Biodiesel as alternative fuel: experimental analysis and energetic evaluations – Energy, 29 (2004), 2195–211 [2] Mittelbach M., Remschmidt C. – Biodiesel - The Comprehensive Handbook – Graz, Martin Mittelbach Publisher, 2005 [3] Lapuerta M., Armas O., Rodr›guez-Fernandez J. – Effect of biodiesel fuels on diesel engine emissions - Progress in Energy and Combustion Science 34 (2008), 198–223 [4] Direttiva 2009/30/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l’introduzione di un meccanismo inteso a controllare e a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite ala navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CE [5] Norma europea EN 14214 – Combustibili per autotrazione, Esteri metilici di acidi grassi (FAME) per motori diesel – Requisiti e metodi di prova - (2008) [6] Turrio-Baldassarri L, Battistelli C., Conti L., Crebelli R., De Berardis B., Iamiceli A. L., Gambino M., Iannaccone S. – Emission comparison of urban bus engine fueled with diesel oil and ‘biodiesel’ blend. - Science of the Total Environment, 327 (2004), 147–162 [7] Souligny M., Graham L., Rideout G., Hosatte P. – Heavy-Duty Diesel Engine Performance and Comparative Emission Measurements for Different Biodiesel Blends Used in the Montreal BIOBUS Project – SAE Technical Paper N. 2004–01–1861 (2004) [8] Yang H.H., Chien S.M., Lo M.Y., Lan J.C.W, Lu W.C., Ku Y.Y. – Effects of biodiesel on emissions of regulated air pollutants and polycyclic aromatic hydrocarbons under engine durability testing - Atmospheric Environment, 41 (2007), 7232–7240 [9] Mayer A., Czerwinski J., Wyser M., Mattrel P., Heitzer A. – Impact of RME/Diesel Blends on Particle Formation, Particle Filtration and PAH Emissions – SAE Technical Paper N. 2005–01–1728 (2005) [10] IARC – Monographs on the Evaluation of the Carcinogenic Risks to Humans.(2009) - http://monographs.iarc.fr/ENG/Classification/crthallalph.php [11] Guarieiro L.L.N., de Paula Pereira P.A., Torres E.A., da Rocha G.O., de Andrade J.B. – Carbonyl compounds emitted by a diesel engine fuelled with diesel and biodiesel–diesel blends: Sampling optimization and emissions profile – Atmospheric Environment, 42 (2008), 8211–8218 [12] Correa S.M., Arbilla G. – Carbonyl emissions in diesel and biodiesel exhaust – Atmospheric Environment, 42 (2008), 769–775 [13] Norma europea EN 590 – Combustibili per autotrazione - Gasolio per motori diesel - Requisiti e metodi di prova – (2009) [14] Norma CUNA NC 637-02 – Combustibili per autotrazione – Miscela di esteri metilici di acidi grassi (FAME) al 20-30 % v/v in gasolio – requisiti e metodi di prova – (2003) [15] André M. – The ARTEMIS European driving cycles for measuring car pollutant emissions – Science of the Total Environment, 334-335, (2004), 73-84 RICONOSCIMENTI E RINGRAZIAMENTI Un ringraziamento particolare al Segretario Provinciale della Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa - Associazione Provinciale di Venezia Dott. Renato Fabbro per il finanziamento della ricerca e al Prof. Alberto Mirandola del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università di Padova, per il supporto dato durante il lavoro. Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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Problemi di sicurezza derivanti dal contatto dell’idrogeno con superfici metalliche Safety issues involving the interaction of hydrogen with metallic surfaces S. Marengo, G. Migliavacca, A. Maggioni, C. Morreale Stazione Sperimentale per i Combustibili Viale A. De Gasperi, 3 20097 San Donato Milanese (MI) Tel. 02516041; Fax 02514286; e-mail:[email protected]

RIASSUNTO Sono qui riportati alcuni dei risultati più significativi di una ricerca finanziata dal Ministero del Lavoro con l’obiettivo di valutare i rischi derivanti dall’uso estensivo dell’idrogeno come vettore energetico. A tale scopo sono state investigate le interazioni tra il gas e le superfici calde e si è evidenziato l’effetto catalitico che alcuni metalli possono avere sulla reazione di ossidazione. La sperimentazione si è basata sull’utilizzo di tecniche di micro gascromatografia e di termografia infrarossa. Parole chiave: idrogeno, innesco su superfici calde, sicurezza SUMMARY This paper reports some significant results of a study, funded by the Italian Ministry of Labour and Social Security, aiming at evaluating the risks associated with a wide-spread use of hydrogen as an energy carrier. The interaction of hydrogen with hot surfaces has been investigated, and the catalytic effect of some metals on hydrogen oxidation has been outlined. Micro gas chromatographic techniques and infrared thermography have utilized throughout the experimental tests. Key words: hydrogen, hot surface ignition, safety. INTRODUZIONE Negli ultimi anni si è fatta sempre più consistente la ricerca di fonti energetiche alternative ai combustibili fossili. Questo in seguito sia alle previsioni negative riguardo alla futura disponibilità di petrolio e gas naturale, sia a causa del forte impatto ambientale prodotto dalla combustione di questi ultimi in termini di polveri sottili, di inquinanti gassosi e di contributo all’effetto serra. L’idrogeno, attraverso il suo impiego nelle celle a combustibile o mediante combustione diretta, è considerato uno dei vettori energetici più promettenti per il futuro poiché la sua combustione non genera ossidi di carbonio, zolfo e particolato. Per questo motivo se ne stanno approfondendo le possibili applicazioni in diversi settori, come quello dei trasporti, del riscaldamento e dell’elettronica. E’ quindi prevedibile che a breve termine sarà realizzato un numero sempre crescente di impianti e attrezzature per generare, trasportare, immagazzinare e utilizzare idrogeno. Tuttavia, nonostante la sua combustione “pulita”, l’idrogeno presenta aspetti peculiari di sicurezza legati alle sue caratteristiche chimico-fisiche [1,2] che è importante tenere in considerazione nella prospettiva di una sua diffusione su larga scala. Il progetto*, da poco concluso presso la Stazione Sperimentale per i Combustibili e finanzia-

* Ricerca realizzata con il contributo del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, Progetto N. 1296.

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ssc to dal Ministero del Lavoro, ha come finalità quelle di valutare i principali aspetti di sicurezza legati alla produzione e impiego di questo gas per uso energetico, con particolare riguardo alla reattività di miscele idrogeno-aria in presenza di materiali metallici ad alta temperatura. Casistica degli incidenti connessi all’uso dell’idrogeno Da analisi di carattere generale, riportate in database accessibili sulla rete WEB [3,4], si evince che il rilascio accidentale di idrogeno è all’origine del 95% degli incidenti riportati in letteratura. Come mostrato in Figura 1, nel 77% dei casi si verifica l’innesco della miscela, che porta nella metà dei casi ad incendi e nell’altra metà ad esplosioni di entità più o meno consistente. Un dato significativo che si ricava dall’analisi dei dati sulle sorgenti di accensione è che, nella maggior parte dei casi, si ignora quale sia la sorgente di innesco dell’esplosione o della fiamma. Questo rimarca il fatto che, in condizioni normali, le sorgenti che possono avere energia sufficiente per accendere una miscela aria-idrogeno sono molteplici e non sempre nell’analisi a posteriori è possibile discriminare quella effettiva. In Figura 2 si vede che, dove è stato possibile risalire alla sorgente di innesco, il contributo maggiore si ha da scintille ed elettricità statica, una sorgente piuttosto comune in tutti gli scenari di applicazione dell’idrogeno. Una discreta percentuale dei casi di accensione è riconducibile alla presenza di fiamme (incendi generati da altri combustibili, fiamme libere, saldatori) oppure al rilascio di idrogeno in presenza di superfici calde o catalitiche. Una percentuale molto bassa è data dall’autoaccensione della miscela e dal verificarsi di eventi naturali (fulmini).

Figura 1 Ripartizione degli eventi di accensione, esplosione o rilascio durante incidenti con idrogeno

APPARATO SPERIMENTALE E METODI L’ossidazione dell’idrogeno è stata studiata utilizzando un reattore tubolare a flusso in zaffiro sintetico, lungo 180 mm e di diametro 8 mm. Questo materiale è stato scelto, oltre che per le sue proprietà chimiche, per la sua resistenza meccanica e per le sue caratteristiche ottiche che lo rendono particolarmente adatto a misure nel campo infrarosso. Si è operato con due diverse metodologie. Nella prima all’interno del reattore sono stati posti di volta in volta i campioni dei metalli da analizzare. Il reattore è stato racchiuso in un fornetto metallico dotato di apposite finestre ottiche trasparenti alla radiazione infrarossa. La temperatura del forno è stata regolata attraverso un controller esterno con il quale è stata impostata per ogni prova una rampa di temperatura che andava da 25°C a 450°C, con una velocità di circa 3°C/min. La temperatura del gas è stata monitorata attraverso una termocoppia posta all’interno del reattore e posizionata in prossimità del campione di metallo. Durante la prova è stata inviata in continuo una miscela di aria e idrogeno all’interno del reattore; le portate dei gas sono state regolate da flussimetri elettronici (Mass Flow Controller Brooks) e la concentrazione iniziale dei gas, prima di iniziare la prova, è stata verificata attraverso un Micro GC CP-4900 della Varian con due colonne capillari, una per gas permanenti e l’altra per composti polari. La concentrazione dei gas in uscita dal reattore era monitorata campionando il flusso di gas e inviandolo al micro GC per l’analisi; la misura avveniva in modo sequenziale alla frequenza di un’analisi ogni 2 minuti in modo da verificare costantemente l’andamento della Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

Figura 2 Sorgenti di accensione negli incidenti con idrogeno 17

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attività - studi & ricerche reazione in funzione della temperatura misurata mediante la termocoppia. Uno schema del sistema è riportato in Figura 3, mentre i materiali investigati sono riportati in Tabella 1. In una seconda fase della sperimentazione, per studiare l’effetto delle superfici metalliche in condizioni più rappresentative delle situazioni reali, sono state fatte prove di accensione di miscele idrogeno/aria inviando una miscela a temperatura ambiente su una lamina metallica riscaldata con un circuito elettrico di intensità regolabile dall’esterno. Il sistema è stato posto all’interno del reattore in zaffiro nel quale è stato inviato il flusso di aria e idrogeno alla concentrazione voluta. La miscela in ingresso è stata controllata mediante

Figura 3 Apparato sperimentale composto da a) flussimetri elettronici; b) sistema di riscaldamento a temperatura programmata, all’interno del quale è posto il reattore c) Micro GC

b

c a Tabella 1

Denominazione materiale

Dimensioni

Tubo zaffiro sintetico

lunghezza 180 mm diametro interno 8 mm

Quarzo Acciaio Inox AISI 304

C

Mn

Cr

Ni

Mo

Cu

Al2O3

-

-

-

-

-

-

granelli 0,2-0,8 mm

SiO2 Merck pro analysis

-

-

-

-

-

-

foglio 30x5 mm; spessore 0.06 mm

-

0.03

1.63

18.3

8.2

1

0.30

-

0.02

1.32

18

10.1

3

0.32

-

-

0.04

0.22

Acciaio Inox Lunghezza 140 mm diametro int. 5 mm AISI 316 Acciaio al foglio 145x27 mm; spessore 0.07 mm carbonio

Figura 4 a) lamina di acciaio al carbonio ossidata riscaldata elettricamente; b) sistema di misura con in primo piano l’apparecchio di termografia infrarossa.

18

a

Composizione chimica %

b

-

0.12 max 0.6 max

controllori di flusso elettronici e analizzata mediante micro-gascromatografo, in modo analogo ai test di reattività sopra descritte. La misura accurata della temperatura della superficie metallica è stata effettuata con un Thermovision SC 4000 della FLIR, che consente di localizzare la zona più calda della superficie e di costruire una mappa di temperatura per l’area prescelta. In Figura 4 è illustrata la strumentazione utilizzata. La Rivista dei Combustibili

ssc RISULTATI Reattività dell’idrogeno in presenza di diversi materiali solidi In queste prove sono state utilizzate miscele idrogeno-aria con concentrazione al di sotto del limite inferiore di infiammabilità. Questo perché le informazioni che si intendeva ottenere non richiedevano l’uso di miscele infiammabili, consentendo così di ridurre almeno in parte i rischi della sperimentazione. Inizialmente è stata valutata, in funzione della temperatura, la reattività dell’idrogeno in aria all’interno del reattore in zaffiro vuoto. Sono state utilizzate due concentrazioni di idrogeno: 2,5% e 3,1% con tempi di residenza rispettivamente di 21s (flusso 20 ml/min) e 5s (flusso 100 ml/min). Come si può osservare in Figura 5, l’idrogeno inizia a reagire con l’ossigeno, per tempi di residenza elevati, a temperature prossime ai 200°C. Con tempi di residenza di 5 s la reazione avviene solo oltrepassando la soglia dei 320°C. Il parziale riempimento del reattore con dei granelli di quarzo, usati in seguito come supporto per i materiali di studio, ha portato ad un incremento della reattività rispetto al reattore vuoto. In Figura 6 è mostrato l’aumento della conversione dell’idrogeno per i due tempi di residenza. Per un flusso di 20 ml/min la reazione Figura 5 avviene a partire da temperature prossime ai 200°C, ma la conversione a 400°C aumenta Reattività dell’idrogeno con da 9,1% a 17,7%. aria all’interno Sono stati successivamente inseriti nel reattore i campioni metallici da analizzare, posizionandel reattore in doli sopra il letto di quarzo. Il primo materiale analizzato è un foglio di acciaio AISI 304 zaffiro (Figura 7). In questo caso non si verifica alcun effetto catalitico e la conversione a 400°C è a due diversi minore di quella in assenza del metallo; questo lascia supporre che sulla superficie metallica tempi di si abbia un’inibizione della propagazione radicalica della reazione. Un simile risultato si è residenza: 5 ottenuto utilizzando un acciaio AISI 316 di forma tubolare (Figura 8). secondi e 21 Rivestendo le pareti del reattore con un acciaio al carbonio- un materiale più comune e meno secondi. costoso - si osserva invece un forte effetto catalitico che porta, a 400°C, ad una conversione del 36% per tempi di residenza di 21 s (Figura 9). Poiché questo tipo di acciaio è soggetto a corrosione, si è scelto di studiare gli effetti che l’ossidazione superficiale prodotta dalla corrosione potrebbe avere sulle proprietà catalitiche del materiale. A tal fine si è simulato un invecchiamento del metallo in ambiente corrosivo con un trattamento in acido solforico all’1% in peso per 4 ore a temperatura ambiente. Il metallo è poi stato lavato con acqua distillata ed essiccato in stufa per 1 ora. In presenza di questo materiale, come mostrato in Figura 10, la conversione dell’idrogeno supera l’80% a 430°C Figura 6 - Reattività dell’idrogeno in presenza di particelle di quarzo nel per tempi di residenza di 21 sec; per reattore per tempi di residenza di 21 s e 5 s. Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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attività - studi & ricerche flussi di gas più elevati la conversione raggiunge comunque il 40-60%.

Prove di accensione di miscele idrogeno/aria su superfici metalliche scaldate elettricamente La conoscenza della soglia di accensione di miscele idrogeno-aria in presenza di superfici calde è molto utile ai fini della sicurezza, anche perché non sono disponibili dati sperimentali ottenuti in condizioni rappresentative dei possibili scenari incidentali prefigurabili. Al Figura 7 - Conversione percentuale dell’idrogeno in funzione della riguardo, per definire una temperatura temperatura in presenza di acciaio AISI 304 con tre differenti portate di limite di sicurezza, si assumono come gas (100ml indica una portata di 100 ml/min pari a un t.r. di 5 s). riferimento i valori di autoaccensione dell’idrogeno determinati in sistemi di reazione omogenei, in cui il meccanismo di accensione è alquanto diverso da quello prodotto da una sorgente localizzata. In questa ricerca, una lamina metallica che rappresenta la potenziale fonte di accensione è stata sospesa all’interno di un reattore tubolare in materiale trasparente alla radiazione IR, in cui fluiva una miscela controllata idrogeno-aria. La mappa termica della superficie era registrata in continuo utilizzando il sistema di termografia infrarossa ad alta velocità di acquisizione. Figura 8 - Conversione percentuale dell’idrogeno in funzione della In Figura 11 è riportata una tipica temperatura in presenza di acciaio AISI 316 a due differenti portate di gas. immagine IR della lamina posta nel reattore e riscaldata elettricamente secondo un gradiente prestabilito. Il grafico di Figura 12 mostra l’andamento della temperatura di un campione di acciaio al carbonio ossidato, pochi istanti prima e dopo l’accensione della reazione idrogeno-aria. Dal grafico si può notare che la mappa termica del campione viene acquisita ed elaborata ad intervalli inferiori ad un secondo. In questa prova si era inviata una miscela idrogeno 6,5% -aria, con una portata di 50 ml/min. La freccia mostra il momento esatto dell’accensione della miscela, Figura 9 - Conversione percentuale dell’idrogeno in funzione della rivelato da un improvviso innalzamento temperatura in presenza di acciaio al carbonio a tre differenti portate di gas. della temperatura della lamina con una velocità di salita calcolata in 35°C al secondo. La temperatura della lamina al momento dell’innesco era di 720°C. La caduta rapida dopo il picco di temperatura corrisponde all’interruzione del riscaldamento della lamina, effettuata per impedire danni non solo alla lamina (fusione) ma anche alle apparecchiature. Inviando sulla stessa lamina una miscela contenete 5.7% di idrogeno, si veri20

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ssc fica ancora l’accensione ma ad una temperatura più elevata (circa 800 °C). Quando si sono ripetute le prove con gli altri materiali (acciaio inox e acciaio al carbonio non trattato), che erano risultati meno attivi nell’ossidazione in reattore a flusso, non si è mai verificata l’accensione anche con concentrazioni maggiori di idrogeno: si è arrivati alla concentrazione dell’8% e a temperature superficiali oltre 800 °C. Queste prove di accensione hanno consentito di raffigurare per la prima volta la sequenza temporale degli effetti ter- Figura 10 - Conversione percentuale dell’idrogeno in funzione della mici che portano all’accensione di una temperatura in presenza di acciaio al carbonio ossidato a tre differenti miscela idrogeno-aria in presenza di portate di gas. una superficie surriscaldata. I risultati, Figura 11 ottenuti in condizioni rappresentative di Immagine IR di possibili situazioni reali, confermano le una lamina metallica informazioni precedentemente ottenute all’interno con le miscele preriscaldate: la reattividel reattore in tà dell’idrogeno a contatto con superfizaffiro durante la ci ossidate di acciaio al carbonio è prova di innesco. alquanto maggiore che in presenza di acciaio inox. CONCLUSIONI La vasta sperimentazione condotta sulla reattività dell’idrogeno in aria, in presenza di materiali metallici ad alta temperatura, ha fornito un contributo alla valutazione dei principali aspetti di sicurezza legati alla produzione e impiego dell’idrogeno per uso energetico. Sono stati presi in considerazione diversi tipi di leghe metalliche: acciai inox e acciai al carbonio; si è potuto osservare che le superfici in acciaio inox non promuovono la reazione tra idrogeno e ossigeno, mentre gli acciai al carbonio rivelano attività catalitiche nell’ossidazione dell’idrogeno a temperature molto inferiori a quelle di autoaccensione riportate in letteratura. Questa elevata reattività può portare, in determinate condizioni, ad inaspettate accensioni delle miscele idrogeno/aria. Questo effetto è ulteriormente incrementato dall’ossidazione della superficie metallica.

Figura 12 Temperatura della superficie metallica nell’innesco dell’idrogeno.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] P. Cardillo “È l’idrogeno un combustibile sicuro?”(2003) La Rivista dei Combustibili e dell’Industria Chimica, vol 57 n° 2, 139-155. [2] Basic consideration for the safety of hydrogen systems, ISO/TR 15916 (2004). [3] www.hysafe.org [4] www.h2incidents.org Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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Numero di Cetano Derivato: l’evoluzione del metodo di prova La SSC al Diesel Ignition Quality Workshop Davide Faedo

Il workshop si è tenuto il 9 giugno 2009 nella sede dell’Energy Institute a Londra. L’incontro, alla cui organizzazione ha contribuito anche la SSC, ha cercato di stimolare una discussione tra compagnie petrolifere, costruttori di strumenti e case automobilistiche sul futuro della determinazione del numero di cetano in ambito europeo. All’interno della specifica EN590 (diesel), il numero di cetano (CN, Cetane Number) è sicuramente uno dei parametri di maggiore interesse poiché fornisce informazioni sulla qualità di accensione del combustibile diesel. Il metodo di prova standard EN ISO 5165 prescrive una speciale apparecchiatura che nel panorama degli strumenti impiegati per le prove di laboratorio in campo petrolifero è sicuramente una delle più “datate”. Il motore monocilindrico utilizzato risale infatti agli anni ’30, e segue di pochi anni lo sviluppo di un motore analogo ad accensione comandata per la determinazione del numero di ottano delle benzine. Entrambi i motori, chiamati convenzionalmente motori CFR, sono stati sviluppati negli Stati Uniti su indicazioni della Cooperative Fuels Research (CFR) Comitee, e vennero messi a punto dalla Waukesha Motor Company. Nel motore CFR cetano si regola il rapporto di compressione fissando un valore definito di ritardo di accensione sia per il campione che per due combustibili di riferimento a numero di cetano noto: il CN del campione viene calcolato per interpolazione dei valori di compressione. Nel corso degli anni sono state introdotte alcune modifiche al motore originario, che ha però mantenuto molte delle caratteristiche che aveva inizialmente: per ovvie ragioni, quindi, i motori diesel moderni sono molto diversi dal motore CFR. Soltanto ultimamente, negli ultimi dieci anni circa, è stato sviluppato un metodo alternativo alla determinazione del numero di cetano, basato sulla misura del ritardo di accensione di un combustibile diesel in una camera di combustione a volume costante. Attraverso un’equazione di correlazione tra ritardo di accensione e numero di cetano misurato con il motore CFR si calcola il numero di cetano derivato (DCN, Derived Cetane Number). Gli strumenti per determinare il DCN vengono chiamati CVCC (Constant Volume Combustion Chamber): fino ad ora ne sono stati sviluppati tre differenti. Il primo ad essere stato sviluppato è l’IQT, il cui metodo di prova europeo EN 15195 è entrato da quest’anno nella specifica EN 590 come alternativa al metodo motoristico EN ISO 5165. Successivamente sono stati sviluppati altri due strumenti, il FIT (metodo ASTM D7170 e IP 567) e il PAC CETANE ID510. Quest’ultimo è ancora in una fase iniziale di messa a punto del metodo di prova ASTM. Rispetto al motore CFR, gli strumenti CVCC si sono dimostrati un’alternativa valida fornendo la stessa informazione (la qualità di accensione del combustibile diesel) ma in minor tempo, a costi inferiori e con una precisione migliore. Nella produzione del gasolio in raffineria una miglior pre22

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ssc cisione consente l’impiego di minori quantitativi di cetane improver e quindi un minore give-away sul numero di cetano. Inoltre questi strumenti presentano meno problemi operativi quando il combustibile di prova è un B100 (FAME puro). Nella prima parte del workshop i costruttori hanno fornito una panoramica delle tecnologie attualmente a disposizione e degli sviluppi previsti a breve termine; il quadro è stato completato con due contributi a supporto della discussione, uno di Kenneth Rose (Concawe) sulle prossime sfide nel campo dei biocombustibili, e uno di Sofia Chrysafi e David Wheare (Ford Motor Co.) sul punto di vista dei costruttori. In particolare in quest’ultima presentazione si è ribadito come il motore CFR, nonostante sia molto diverso dai motori diesel moderni, è considerato a tutti gli effetti un motore e come tale è ancora accettato dai costruttori, poco inclini, almeno per il momento, ad abbandonarlo completamente. Inoltre la situazione attuale, in cui i singoli strumenti CVCC possiedono uno specifico metodo di prova e una diversa equazione di correlazione tra il ritardo di accensione e il numero di cetano, rende difficile la scelta. A tale proposito il WG 24 del CEN/TC19 si è espresso recentemente a favore dello sviluppo di un metodo comune per la misura del DCN da inserire nella specifica EN 590, piuttosto che una serie di metodi alternativi tra loro. Tuttavia, da parte della Ford, è stata anche riconosciuta la potenzialità che offrono questi nuovi strumenti: una possibile strada verso l’abbandono progressivo della misura motoristica potrebbe essere ancorare, anche per le apparecchiature CVCC, il risultato ad una scala di cetano. Per la determinazione del CN si impiegano infatti due combustibili di riferimento primari: il n.cetano che presenta ottime caratteristiche di accensione e al quale viene attribuito un CN pari a 100 e l’eptametilnonano che presenta scarse caratteristiche di accensione e un CN pari a 15. Il numero di cetano attribuito ad un campione è pari alla percentuale di n-cetano nella miscela n-cetano/eptametilnonano. Alle presentazioni è seguita una tavola rotonda per la definizione di una strategia condivisa per il prossimo futuro, a cui hanno partecipato i chairman dei gruppi di lavoro dell’Energy Institute coinvolti: Brian Logan (SC-B1), Nigel Elliott (SC-B2), Peter Berentsen e Davide Faedo (SC-B13), & Harry Read (SC-B). E’ stato deciso di affidare al gruppo SC-B13 lo sviluppo di un metodo generico per le apparecchiature CVCC, che possa consentire l’uso di due o più strumenti, e che una volta pronto sarà sottoposto al ballottaggio nell’ambito del CEN TC/19 affinché diventi norma europea. In particolare tale metodo dovrà prevedere una sezione in cui si individueranno dei requisiti comuni e una serie di sezioni dedicate ai singoli strumenti (procedure, calibrazione, precisione…). Lo sviluppo di un tale metodo consentirà tra le altre cose di decidere se passare attraverso una procedura di inquadramento del campione con due combustibili di riferimento, come per il CN, e quali combustibili di riferimento adottare (composti chimici puri). E’ stata altresì sottolineata l’importanza dei circuiti di correlazione, in atto ormai da diversi anni, che consentono di valutare la performance del singolo laboratorio e anche l’eventuale miglioramento della precisione dei diversi metodi di prova. In particolare per i metodi CVCC sono attivi attualmente un circuito americano, gestito dal NEG, un circuito europeo, organizzato dall’EI e un circuito italiano gestito dalla SSC per conto della CUNA. Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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Miscele biodiesel/gasolio Un parametro importante: la Filtrabilità Andrea Gallonzelli

Figura 1 Valore di FBT di una serie di circa 450 campioni di gasolio per autotrazione analizzati presso la SSC durante i primi mesi del 2009.

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In questi ultimi tempi, con il progressivo aumento della concentrazione di biodiesel nel gasolio per autotrazione, sono stati evidenziati problemi legati alla filtrabilità del combustibile. Questi problemi si verificano lungo la catena di distribuzione del combustibile (produzione, trasporto e stoccaggio), e in particolare presso le stazioni di servizio e in fase di erogazione del combustibile nel serbatoio degli autoveicoli. Una scarsa filtrabilità del combustibile può ripercuotersi in una cattiva erogazione al motore. Le cause alla base di questi fenomeni non sono state ancora identificate in maniera univoca e, al momento, si ritiene che essi possano dipendere sia dalla presenza di particolari composti provenienti dalle diverse materie prime utilizzate per la produzione di biodiesel o derivanti dal processo di transesterificazione dei trigliceridi, sia dalla interazione tra i componenti di origine petrolifera e quelli provenienti dal biodiesel. La filtrabilità del combustibile diesel viene quindi seguita con particolare attenzione, impiegando un metodo sviluppato dall’Energy Institute, l’IP 387/07, che permette di valutare la capacità di intasamento dei filtri da parte di un combustibile, descritta attraverso una grandezza adimensionale definita come Filter Blocking Tendency (FBT), che cresce all’aumentare della tendenza del combustibile ad intasare il filtro. Per seguire l’attività sperimentale in questo settore, la Stazione Sperimentale per i Combustibili si è dotata di uno strumento automatico che consente la misura della filtrabilità secondo il metodo IP 387. Oltre a valutare la filtrabilità del combustibile diesel distribuito presso le stazioni di servizio, vengono condotte misure su miscele gasolio-biodiesel appositamente preparate per stabilire le cause dei problemi di filtrabilità. La determinazione del valore di FBT è eseguita mediante lo strumento Seta MFT Multi Filtration Tester modello 91600. Durante l’analisi il campione viene automaticamente pompato in condizioni di flusso costante attraverso un filtro di bassissima porosità e contemporaneamente vengono monitorate la differenza di pressione attraverso il filtro, il tempo, il volume di campione analizzato e la temperatura. Al termine dell’analisi il risultato FBT è calcolato valutando la differenza di pressione dopo che un determinato volume di campione è passato attraverso il filtro oppure tenendo conto del volume di campione analizzato quando la differenza di pressione ha raggiunto un certo valore. Il grafico riportato in Figura 1 mostra il valore di FBT di una serie di circa 450 campioni di gasolio per autotrazione analizzati presso la SSC durante i primi mesi del 2009. L’analisi dei risultati mette in evidenza come la maggior parte dei campioni (circa il 94%) presenta un valore di FBT minore di 2. Per mantenere elevato il livello di aggiornamento tecnico nazionale in questo settore, la funzione Normazione della SSC partecipa all’attività del gruppo di lavoro europeo WG 31 del Comitato Tecnico 19 Prodotti Petroliferi del CEN, incaricato di sviluppare una norma europea a partire dalle esperienze acquisite in ambito nazionale, e all’attività del gruppo di lavoro B7 dell’Energy Institute incaricato di aggiornare il metodo IP 387 in base Campione n° alle esigenze tecniche del settore petrolifero. La Rivista dei Combustibili

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Revisione delle Linee Guida per la distribuzione del gas Paola Comotti

Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 164/00 “Attuazione della Direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144” (Decreto Letta) è iniziato il processo di liberalizzazione del mercato del gas in Italia. Da qui è nata la necessità di regolamentare le modalità con le quali interagiscono tra di loro i soggetti che a vario titolo partecipano al mercato del gas. AEEG è l’organismo incaricato di regolamentare, per l’Italia, il settore dell’energia elettrica ed il gas. Per quanto riguarda l’ambito della sicurezza di distribuzione del gas, l’arco temporale che parte dal 2001 ed arriva al 2012 è stato suddiviso in tre Periodi di Regolazione della durata di 4 anni ciascuno; ogni Periodo ha, come principale riferimento, tre diverse e successive Delibere emanate da AEEG. Il I Periodo di Regolazione (2001-2004) si attiene alla Delibera AEEG 236/00 “Adozione di direttiva concernente la disciplina della sicurezza e della continuità del servizio di distribuzione del gas”, mentre il II Periodo di Regolazione (2005-2008) fa riferimento alla Delibera AEEG 168/04 “Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas in materia di Qualità dei servizi di distribuzione, misura e vendita del gas”; le successive modificazioni ed integrazioni alle sopracitate Delibere sono divenute parte integrante delle stesse.

AEEG (Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas) L'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas (AEEG) è un'Autorità Indipendente istituita nel 1995 dalla Legge 481/95 che le assegna le funzioni di regolazione e di controllo per i settori dell'energia elettrica e del gas. AEEG è operativa dall’aprile 1997 con la pubblicazione in GU del regolamento di organizzazione e funzionamento mediante il quale le sono state trasferite le funzioni fino ad allora esercitate da altre amministrazioni pubbliche. L'Autorità ha il compito di perseguire le finalità indicate dalla legge N. 481 del 1995 con cui si vuole "garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza" nei settori dell'energia elettrica e del gas, nonché "assicurare adeguati livelli di qualità" dei servizi. In base alla legge istitutiva, quindi, AEEG ha, tra le altre, competenze in materia di qualità del servizio che può riguardare aspetti di natura sia contrattuale (es. tempestività di intervento e risposta a reclami), sia tecnica (continuità dei servizi, sicurezza) ivi comprese le verifiche ed i controlli delle condizioni di svolgimento dei servizi. Le altre competenze di AEEG riguardano: - le forme di mercato, la concorrenza; - le concessioni; - la separazione contabile ed amministrativa delle diverse fasi dei servizi dell’energia elettrica e del gas; - la valutazione di reclami, istanze e segnalazioni; - la risoluzione di controversie; - l’informazione e la trasparenza AEEG è inoltre preposta ad intrattenere relazioni bilaterali con tutti i regolatori europei e gli organismi internazionali interessati al tema dell'apertura dei mercati energetici e a materie correlate alle sue attività istituzionali. Il processo di integrazione europea e di realizzazione del mercato unico rende infatti decisive le politiche sovranazionali e il coordinamento degli organismi comunitari anche nel caso dei mercati dell'elettricità e del gas.

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attività - normazione Nel corso del 2008 AEEG ha pubblicato il provvedimento per il III Periodo di Regolazione (2009-2012) della distribuzione del gas e cioè il “Testo Unico delle disposizioni della regolazione della qualità e delle tariffe dei servizi di distribuzione e misura del gas per il periodo di regolazione 2009-2012” (TUDG) la cui Parte I è costituita dalla Delibera ARG/gas 120/08 “Regolazione della qualità dei servizi di distribuzione e misura del gas per il periodo di regolazione 2009-2012” (RQDG). Il TUDG è entrato in vigore il 1 gennaio 2009 contemporaneamente alla Parte II che tratta la regolazione delle tariffe dei servizi di distribuzione e misura (RTDG); quest’ultima è contenuta nella Delibera ARG/gas 158/08. Sia la Delibera ARG/gas 120/08 che la Delibera ARG/gas 158/08 sono state pubblicate il 3 gennaio 2009 in Gazzetta Ufficiale (GU) Serie Generale n°2. Il Titolo V della Delibera ARG/gas 120/08 si occupa di Norme Tecniche per la sicurezza e la continuità del servizio di distribuzione, ed in particolare all’Art. 28.2 fa riferimento agli organismi tecnici a cui è demandata la competenza per colmare vuoti normativi, ed in particolare “nel caso in cui risultino mancanti norme tecniche, specifiche tecniche o rapporti tecnici applicabili, vengono adottate linee guida definite dagli organismi tecnici competenti CIG e APCE, pubblicate dall’UNI”. Viene così rafforzato e confermato quanto già definito con la Delibera AEEG 236/00 e, successivamente, dalla Delibera AEEG 168/04 integrata dalla Delibera AEEG 108/06.

CIG (Comitato Italiano Gas) Nel 1953 nasce il Comitato Italiano Gas (CIG) che inizialmente ha lo scopo di migliorare la sicurezza e l’efficienza nell’uso dei gas combustibili per gli usi civili e similari (ivi compreso il riscaldamento di ambienti nel terziario, nell'artigianato e nell'industria) e per gli usi Industriali di larga e consolidata diffusione. Produttori e distributori di gas, costruttori di apparecchi e dispositivi di utilizzazione sono i promotori della nascita di CIG. Successivamente, nel 1960, il CIG diventa l'organo ufficiale italiano per l’unificazione normativa nel settore dei gas combustibili entrando a far parte dell'UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) come Ente Federato. Momento saliente nella storia di CIG è la promulgazione, nel 1971,della Legge 1083 "Norme per la sicurezza dell’impiego del gas combustibile (Gazzetta Ufficiale n. 320 del 20 dicembre 1971), dove, nell’articolo 3 si fa riferimento al fatto che “I materiali, gli apparecchi, le installazioni,e gli impianti, alimentati con gas combustibile per uso domestico e l’odorizzazione del gas, realizzati secondo le norme specifiche per la sicurezza, pubblicate dall’Ente Nazionale di Unificazione (UNI) in tabelle con la denominazione UNI-CIG, si considerano effettuati secondo le regole della buona tecnica per la sicurezza. Le predette norme sono approvate con decreto del Ministero per l’Industria, il Commercio e l’Artigianato”. In forza della Legge 1083/71, quindi, le norme elaborate da Gruppi di Lavoro e Commissioni CIG vengono riconosciute, per atto del Governo, salvaguardanti la sicurezza secondo le Regole di Buona Tecnica. I Gruppi di Lavoro e le Commissioni permanenti del CIG sono costituiti dai rappresentanti da Enti e Associazioni che, a vario titolo, operano nel settore del gas combustibile, nonché da rappresentanti dei Ministeri. Attualmente CIG oltre al lavoro in ambito nazionale svolge, quale rappresentante di UNI per i settori di competenza, anche un ruolo internazionale in ambito sia CEN che ISO.

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Associazione Tecnica Italiana del Gas (scioltasi nel 2006)

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ssc In conseguenza a questo mandato, dal 2002 ad oggi CIG e, precedentemente, ATIG1 (sia autonomamente sia in collaborazione con CIG), hanno pubblicato 14 Linee Guida che si sono rese necessarie, per colmare in tempi brevi, aspetti non coperti o non sufficientemente regolamenti da norme tecniche nazionali o europee su argomenti specifici al fine di uniformare il comportamento tra i distributori di gas. In particolare una serie di Linee Guida è stata dedicata al servizio di distribuzione del gas e fa riferimento, per i primi due Periodi di Regolazione, all’applicazione della Delibera AEEG 236/00 e successivamente della Delibera AEEG 168/04. Per il III Periodo di Regolazione, alla luce dell’esperienza maturata nei primi due precedenti Periodi di Regolazione, è stata avvertita la necessità di aggiornare alcune Linee Guida, così da allinearle all’evoluzione tecnica e normativa nel loro campo di applicazione. Tali Linee Guida si dovranno inoltre armonizzare con i contenuti della Delibera AEEG ARG/gas 120/08 di cui rappresentano la parte tecnica applicativa.

APCE (Associazione per la Protezione dalle Corrosioni Elettrolitiche) APCE è un’Associazione libera senza finalità di lucro fondata nel 1981 da ENEL, SIP (oggi Telecom Italia) e SNAM (oggi SNAM Rete Gas). APCE nasce dalle esigenze degli Enti proprietari di strutture nel sottosuolo ed ha lo scopo di promuovere e coordinare iniziative per attuare la collaborazione tra Enti per incrementare i livelli di sicurezza e qualità dei servizi. Scopo di APCE è lo studio e la risoluzione delle problematiche connesse con la protezione delle strutture metalliche derivante anche dalle interferenze elettriche che possono sorgere tra le varie strutture. È infatti indispensabile che ciascun Ente si accordi con gli altri quando preveda che le proprie strutture provochino o possono subire interferenze elettriche.

A tale scopo il CIG nel 2008 ha istituito un Gruppo di Progetto che ha ravvisato la necessità di aggiornare 8 delle 14 Linee Guida per la Distribuzione attualmente in vigore; per raggiungere l’obiettivo in tempi brevi è stato deciso di suddividere il lavoro a seconda degli ambiti di competenza fra 3 Gruppi di Lavoro, a cui è stata assegnata la revisione delle Linee Guida raggruppate per argomenti omogenei. Le Linee Guida attualmente in corso di revisione sono: - L’applicazione della Delibera AEEG 236/00. Il controllo dell’odorizzazione del gas negli impianti di distribuzione (2002) - La Gestione delle Emergenze da gas combustibile (2003) - La Gestione degli Incidenti da gas combustibile sull’impianto di distribuzione (2004) - La Gestione degli Incidenti da gas combustibile sull’impianto del cliente finale (2005) - L’Esecuzione delle attività di Pronto Intervento Gas (2006) - Classificazione delle Dispersioni di gas (2006) - Esecuzione delle Ispezioni Programmate della rete per gas con densità >0.8 (2006) - Esecuzione delle Ispezioni Programmate della rete per gas con densità ! 0.8 (2006)

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ssc CORSO DELLA SSC SULLA NORMAZIONE DEI PRODOTTI PETROLIFERI La funzione normazione della SSC ha tenuto dal 16 al 18 giugno, e per il secondo anno consecutivo, un corso di formazione per la Total Italia S.p.A., presso la sede di via Arconati 1 a Milano. Il corso aveva lo scopo di fornire un quadro generale sull’attività normativa nel settore petrolifero, con particolare riguardo alla definizione delle norme tecniche e dei metodi di prova dei combustibili autotrazione. Durante i tre giorni del corso, seguito da circa quindici persone, alcuni argomenti trattati sono stati l’analisi delle specifiche tecniche dei combustibili, la verifica della conformità dei prodotti e la risoluzione delle non conformità, la cross contamination e la denaturazione dei prodotti petroliferi. Una certa rilevanza è stata data alle problematiche relative all’aumento della concentrazione di biocarburanti nei combustibili tradizionali, una necessità imposta da direttive comunitarie. Davide Faedo

INTEGRAZIONE DELL’ACCORDO DI COLLABORAZIONE TRA ARPA LOMBARDIA E SSC L’accordo di collaborazione tra ARPA Lombardia e Stazione Sperimentale per i Combustibili, iniziato nel corso del 2006 per fornire un supporto tecnico nelle procedure di rilascio delle AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) ed attualmente in vigore per l’esecuzione di attività di monitoraggio presso alcune categorie di impianti soggetti a normativa IPPC, è stato recentemente integrato con aspetti legati alla sicurezza industriale. A seguito dell’accordo, SSC si impegnerà ad organizzare per il personale ARPA dei corsi di formazione volti ad identificare e valutare i pericoli connessi con le reazioni fuggitive e con l’utilizzo di gas, vapori e polveri infiammabili. Gli aspetti formativi riguarderanno anche il corretto dimensionamento dei dispositivi di sfogo delle sovrapressioni e l’analisi di incidenti e quasi-incidenti avvenuti sul territorio lombardo. SSC si impegnerà inoltre a svolgere attività di consulenza e sperimentazione per valutazioni sulla sicurezza di processi e prodotti effettuando studi sperimentali sulla reattività delle sostanze, sulle caratteristiche di infiammabilità delle stesse e sulla conduzione in sicurezza dei processi di sintesi. Christian Pasturenzi 28

notizie dalla ssc COLLABORAZIONE TRA ASL-MI2 E SSC La continua collaborazione tra ASL-MI2 ed SSC, sancita negli ultimi anni da convenzioni puntualmente rinnovate, ha portato alla conduzione di importanti ricerche sulla sicurezza industriale (“Progetto runaway: controllo a campione di imprese soggette al rischio di eventi catastrofici generati da reazioni fuggitive”, “Indagine sulla pericolosità dei fumi di combustione che si possono sviluppare in caso di incendio in un’azienda del comparto aziende grafiche”, “Indagine sulla incompatibilità dei prodotti utilizzati in processi chimici industriali in caso di miscelazione e/o di fuoriuscita accidentale”). A margine delle suddette convenzioni vengono anche organizzati dei corsi di formazione; nei mesi di maggio/giugno 2009 esperti della SSC hanno illustrato ai tecnici della prevenzione di ASL quali sono i rischi di natura termica connessi alle operazioni chimiche industriali e quali sono i pericoli legati all’infiammabilità di gas, vapori e polveri. Nel corso delle stesse giornate tecnici di Federchimica hanno spiegato come varieranno le schede di sicurezza di prodotto (SDS) e l’etichettatura dei prodotti alla luce del Global Harmonized System (GHS), il sistema globale armonizzato riguardante la classificazione e l’etichettatura delle sostanze chimiche, volto a migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente attraverso un sistema internazionale relativo alla comunicazione dei pericoli. Christian Pasturenzi

LA SSC AL WG2 DEL CEN/TC 238 La Stazione Sperimentale per i Combustibili è rappresentante per il CIG (Comitato Italiano Gas) al gruppo di lavoro di normazione europeo denominato WG2 del CEN/TC 238: “Emission measurments from gas burners”. Il 1 Aprile a Bruxelles si è tenuta la prima riunione del gruppo che ha come obiettivo l’aggiornamento del CR 1404: “Determination of emissions from appliances burning gaseous fuels during typetesting” che risale al 1994 e che costituisce il riferimento per le normative specifiche di prodotto emanate in seguito. L’esigenza di costituire il gruppo era scaturita dal fatto che la Commissione Europea sembrava essere intenzionata a fissare il limite di emissioni di NOx per i bruciatori a gas, applicati a qualsiasi impianto di qualsiasi potenza, a valori molto bassi, dell’ordine dei 20 mg/kWh. Era dunque importante definire una procedura aggiornata sul campionamento e la determinazione di questo valore. Infatti, il CR1404, riporLa Rivista dei Combustibili

ssc ta, tra le altre cose, la formula per la correzione del valore di NOx in base alla temperatura e umidità dell’aria comburente, valida per valori compresi tra 50 mg/kWh e 300mg/kWh. Per ovviare al problema di poter fornire una misura esatta di NOx al di fuori di tale range, l’Unione Europea ha proposto infine di fissare il limite anche per i bruciatori a gas a 50mg/kWh, rientrando, anche se di poco, nel range di misurabilità del valore. Francesca Hugony

PARTICOLATO ULTRAFINE: MISURA ON LINE IN TEMPO REALE DELLA DISTRIBUZIONE E DEL NUMERO DI NANOPARTICELLE IN AEROSOL Alla SSC di recente è stato acquistato un nuovo strumento, attualmente in dotazione al laboratorio Combustione – Ambiente, denominato Fast Mobility Particle Sizer (FMPS). L’FMPS misura la distribuzione e il numero di particelle ultrafini (espresse come [#/cm3]) nel range da 5,6 a 560 nm attraverso 32 canali di risoluzione. La risoluzione temporale massima è di un secondo; grazie a questa

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è possibile monitorare in tempo reale la distribuzione delle particelle anche durante fasi di combustione transitorie. Questo tipo di strumento è solitamente impiegato anche negli studi di formazione e agglomerazione di particelle, in campagne ambientali e tossicologiche e in misurazioni in canyon urbani. Questo contatore di particelle submicroniche si basa sulla mobilità elettrica delle particelle, la cui carica viene misurata mediante una serie di elettrometri posti sul canale in cui viene fatto passare il flusso di aria o gas campionato. FMPS lavora a pressione ambiente per evitare l’evaporazione di eventuali componenti volatili o semivolatili e ad un flusso tale (10 l/min) da minimizzare le perdite per diffusione (moti browniani) del particolato ultrafine e del nanoparticolato campionato. Attualmente il contatore di particelle ultrafini viene impiegato per la valutazione di emissione del particolato prodotto dalla combustione di biomasse legnose e vegetali in impianti di diversa potenzialità installati presso il laboratorio Combustione della SSC. Questo strumento si aggiunge al contatore di particelle (UFP, Ultrafine Particle Monitor) già in uso per il monitoraggio della qualità dell’aria. Silvia Bertagna

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ssc

attività - analisi & sperimentazioni

Validazione di un metodo di prova per la determinazione di PVC su filtri per campionatori personali Marco Priola, Sara Bianchi Stazione Sperimentale per i Combustibili Viale A. De Gasperi, 3 - 20097 San Donato Milanese (MI) Tel. 02516041; Fax 02514286; e-mail: [email protected]

RIASSUNTO Lo scorso anno la Stazione Sperimentale per i Combustibili si è dotata di un combustore/assorbitore accoppiato ad un cromatografo ionico, da impiegare per le analisi di routine di fluoro, cloro e zolfo in biomasse e carboni. Lo strumento è stato però impiegato anche per la determinazione della quantità di polvere di PVC deposta su filtri per campionatori personali. Il committente di quest’analisi ha richiesto la validazione della procedura analitica secondo un proprio protocollo. L’articolo riassume i risultati dell’esercizio di validazione che, oltre ad essere stato impiegato per valutare i risultati analitici delle analisi effettuate, è stato utile anche per la stesura dei documenti per le prove accreditate eseguite con lo strumento. ABSTRACT During last year, Stazione Sperimentale per i Combustibili bought a combustor / absorber coupled to a ion chromatograph, to be used for routine analysis of fluorine, chlorine and sulphur in biomasses and coal. This instrument was also employed for the determination of the quantity of PVC dust collected onto filters for personal samplers. The customer asked for validation of the analytical procedure following a protocol of his own. This paper summarizes the results of the validation exercise that, besides having been used to evaluate the results of the analysis, has been useful to draw up quality control documents for all the analysis done with this instrument. INTRODUZONE

Figura 1 - Sistema combustore/assorbitore AQF100 (destra) accoppiato con il cromatografo ionico ICS2000 (sinistra). 30

Nell’agosto 2008, in concomitanza con l’acquisto da parte della Stazione Sperimentale per i Combustibili del sistema di combustione e assorbimento Mitsubishi AQF100, accoppiato ad un cromatografo ionico Dionex ICS 2000, è stata avanzata la richiesta di determinare la quantità di polvere di PVC depositato su filtri per campionatori personali impiegati, presso alcune aziende che producono questo polimero, per monitorare le condizioni degli ambienti di lavoro. Il limite di quantificazione richiesto era pari a 20 µg di PVC per filtro. Il committente ha inizialmente proposto La Rivista dei Combustibili

ssc una propria metodica analitica che è stata però parzialmente modificata in funzione delle peculiari caratteristiche del nostro sistema. La metodica originale, infatti, prevedeva una fase iniziale di dissoluzione totale del filtro (in esteri di cellulosa) e della polvere di PVC in tetraiderofurano (THF) mediante sonicazione. Successivamente, l’intera quantità di solvente doveva essere trasferita in una navicella di incenerimento, dove il solvente veniva fatto evaporare. La navicella era quindi introdotta in un tubo di combustione dove, in corrente di ossigeno, tutta la materia organica veniva decomposta e il cloro del PVC, trasformato in acido cloridrico, veniva successivamente assorbito in una soluzione alcalina. Il contenuto di cloro della soluzione veniva in ultimo determinato colorimetricamente mediante le reazioni: 2 Cl- + Hg(SCN)2 Fe3+ + 3 SCN-

HgCl2 ↓ + 2 SCNFe(SCN)3 (rosso bruno)

Dal contenuto in cloro della soluzione, per calcolo, si risaliva infine alla quantità di PVC deposto sul filtro (assumendo un contenuto del 57 % di cloro nel PVC). Le due principali modifiche apportate hanno riguardato le modalità di preparazione del campione e quelle di analisi della soluzione. Il nostro combustore ha infatti navicelle di dimensioni sufficienti a contenere un filtro intero, è necessario solamente piegarlo in due, evitando così i passaggi di solubilizzazione ed evaporazione del solvente, che potrebbero portare facilmente ad inquinamenti del campione. Inoltre il campione non viene sottoposto ad una vera combustione ma, piuttosto, ad una piroidrolisi [1, 2]. Nel tubo di pirolisi / combustione viene infatti inviato, oltre al gas (argon o ossigeno) anche del vapore acqueo che serve a trasformare i composti alogenati in acidi alogenidrici [3]. L’analisi della soluzione assorbente è stata invece eseguita in cromatografia ionica, una tecnica molto più sensibile e meno interferita della titolazione oltre che completamente automatizzabile [4]. Contestualmente alla richiesta delle analisi, è stata formulata anche la richiesta di validare il metodo secondo una procedura di validazione che il committente aveva sviluppato e impiegava per le proprie analisi. CONDIZIONI SPERIMENTALI Le analisi sono state effettuate impiegando il combustore / assorbitore AQF 100 della Mitsubishi. Il tubo di pirolisi, in ceramica ad alto contenuto di allumina (mullite), mantenuto ad una temperatura di 900°C presso l’imboccatura e di 1000°C nella parte finale, è flussato con argon (nella fase di pirolisi) o ossigeno (nella fase di combustione). La soluzione assorbente contiene 900 mg/l di acqua ossigenata e 10 mg/l di ione fosfato, impiegato come standard interno nell’analisi cromatografica. Il cromatografo ionico ICS 2000 impiega, per la separazione degli anioni, una precolonna IonPac AG19 (4x50 mm) e una colonna IonPac AS19 (4x250 mm). L’eluente, prodotto automaticamante dal cromatografo ionico, è una soluzione di KOH con una concentrazione che varia secondo l’andamento riportato nella Figura 2; il flusso è pari a 1 ml/min. Il loop d’iniezione del cromatografo è da 50 µl. La taratura è stata effettuata impiegando una soluzione di PVC (alto peso molecolare, Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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attività - analisi & sperimentazioni Sigma) in THF, in modo da ovviare la stima del contenuto in cloro del PVC stesso. Procedura sperimentale Tutta la procedura di validazione è basata sul limite massimo accettabile di esposizione per la polvere di PVC definito dal committente. Considerando i volumi di aria campionabili con i campionatori personali, questo limite si è tradotto in una quantità di 200 µg di PVC per filtro.

Figura 2 Andamento della concentrazione di KOH nell’eluente durante l’analisi.

Come fase preliminare è stato richiesto di valutare il rapporto segnale / rumore per l’introduzione dello standard della retta di taratura a più bassa concentrazione. Tale valore è risultato pari a 388, ben superiore al valore minimo richiesto pari a 10. Si è poi passati alla taratura, effettuata introducendo, in doppio, quantità di soluzione di PVC corrispondenti al 10, 20, 50, 100, 200, 500, 1000% del limite di riferimento. La retta di taratura è quindi risultata compresa fra 20 e 2000 µg di PVC. Il coefficiente di correlazione della retta interpolante i punti è normalmente migliore di 0.9995, a fronte della richiesta di essere migliore di 0.99 (Figura 3).

Figura 3 Esempio di retta di taratura.

Una volta stabilita la taratura, la procedura di validazione prevedeva la valutazione dei bianchi. Considerando la complessa procedura analitica sono stati analizzati tre diversi bianchi: una navicella nuova e condizionata (bianco di sistema, per valutare il livello zero dello strumento), una navicella usata per gli standard della retta di taratura (per verificare l’assenza di effetti memoria) e, infine, i filtri nuovi impiegati per il campionamento. Come già detto, per valutare il bianco di sistema è stata sottoposta al processo di piroidrolisi una navicella nuova e vuota, preventivamente condizionata (“prebaked”). Il risultato ottenuto per tale navicella è stato pari a 0.22 µg di PVC. Successivamente è stata sottoposta alla piroidrolisi la navicella che era stata impiegata per le introduzioni degli standard di taratura. Il risultato ottenuto (0.78 µg di PVC) ha mostrato sia l’assenza di effetti memoria sulle navicelle sia la completa decomposizione degli standard nel corso del processo analitico: bisogna infatti ricordare che l’ultimo standard corrisponde all’introduzione di 2000 µg di PVC. Sono stati successivamente analizzati sei filtri nuovi. La media dei risultati, pari a 0.81 µg, risulta superiore al bianco di sistema e paragonabile al livello riscontrato nelle navicelle usate. Questo valore è comunque nettamente inferiore al limite di quantificazione richiesto dal committente (20 µg) ed è stato pertanto considerato soddisfacente. Dopo queste prove iniziali per verificare le prestazioni dello strumento, si è poi passati alla

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La Rivista dei Combustibili

ssc valutazione della ripetibilità: la procedura prevedeva l’effettuazione di sei introduzioni dello standard a 200 µg di PVC, verificando che lo scarto massimo dei valori ottenuti dalla media fosse inferiore al 5% del valore della media stessa. Nel caso del nostro strumento, lo scarto massimo dalla media è stato di 7.66 µg, inferiore allo scarto massimo ammissibile, pari a 9.98 µg. Come ultima fase è stata valutata l’accuratezza dell’analisi, effettuando sei introduzioni ciascuno di due standard (a 50 e 200 µg di PVC). Le concentrazioni lette sulla retta di taratura sono state poi elaborate secondo quanto definito dalla norma UNI EN 482 per il calcolo dell’incertezza [5]. In particolare è stata applicata la formula al punto 3.7 della norma:

U% =

|μ-V| + 2σ V

100

dove: dove: U% = Uincertezza percentuale percentuale % = incertezza μ = media dei valori sperimentali ? = media dei valori sperimentali σ = scarto tipo dei sperimentali ? = scarto tipovalori dei valori sperimentali V = valore di riferimento dellodello standard V = valore di riferimento standard I valori ottenuti per i due standard (9.82 e 4.65% rispettivamente) si sono rivelate inferiori a quelli richiesti dal committente (50 e 30% rispettivamente). CONCLUSIONI La sperimentazione effettuata ha permesso di verificare che il nuovo strumento, pensato fondamentalmente per l’analisi di prodotti petroliferi e carboni, presenta una buona versatilità consentendo l’analisi di campioni di grandi dimensioni (filtri del diametro di 25 mm) e possedendo un intervallo di linearità molto ampio. L’esercizio di validazione è stato poi un utile test per la preparazione della documentazione necessaria per la stesura dei documenti della qualità relativi all’analisi di cloro e zolfo in biomasse secondo il metodo UNI CEN/TS 15289 [6]. BIBLIOGRAFIA [1] ASTM D 5987: Standard test method for total fluorine in coal and coke by pyrohydrolytic extraction and ion selective electrode or ion chromatograph methods. [2] ISO 11724: Solid mineral fuels. Determination of total fluorine in coal coke and fly ash. [3] Decomposicao de coque, residuo de vacuo e petrolio extrapesado por piroidrolise para a determinacao de cloro, F.Goldschmidt Antes, Universidade Federal des Santa Maria, Brasil. [4] ISO 10304-1 Water quality. Determination of dissolved anions by liquid chromatography of ions. [5] UNI EN 482: Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Requisiti generali per le prestazioni dei procedimenti di misurazione degli agenti chimici. [6] UNI CEN/TS 15289 Biocombustibili solidi. Determinazione del contenuto totale di zolfo e di cloro.

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notizie - sicurezza gas

Forum Italiano Sicurezza Gas 2009 “Gas Combustibili - Fare sistema per una sicurezza sostenibile” Nelle giornate del 10 e 11 giugno 2009 si è tenuto a Milano presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore il Forum Italiano Sicurezza Gas 2009 “Gas Combustibili - Fare sistema per una sicurezza sostenibile” giunto, nell’attuale strutturazione, alla seconda edizione ed organizzato da CIG (Comitato Italiano Gas) e dal Gruppo Italia Energia. Lo svolgimento del Forum ha rappresentato un momento di confronto tra i vari operatori ed ha focalizzato l’attenzione su alcune delle problematiche rilevanti per il settore gas. Il Forum si è articolato in 4 sessioni tecniche, due delle quali si sono svolte in forma di Tavola Rotonda. I temi trattati sono stati: • Come armonizzare gli interventi dei soggetti istituzionali: legislatore, regolatore e normatore. • La statistica incidenti gas: osservatorio indispensabile per il miglioramento della sicurezza. • Regole e nuove tecnologie: sinergie tra istituzioni, distributori, venditori, installatore e costruttori per coniugare sostenibilità e sicurezza. • C’è volontà di “Fare Sistema”? La parola agli operatori. Estremamente particolare e legato ad un avvenimento non programmabile è stato il tema trattato nella relazione tenuta da Enel Rete Gas sulle modalità con cui è stata gestita l’emergenza gas nell’impianto dell’Aquila lo scorso 6 aprile 2009 in occasione del sisma dell’Abbruzzo. La relazione, non ipotizzabile nella programmazione iniziale del Forum, è scaturita dall’esperienza maturata nell’affrontare le situazioni “sul campo” ed ha permesso anche una verifica dei piani di emergenza. E’ stata quindi una relazione di particolare attualità seguita con estremo interesse e massima partecipazione da parte dei presenti. Alla Tavola Rotonda di apertura, incentrata sull’armonizzazione degli interventi tra legislatore, regolatore e normatore hanno partecipato rappresentanti di spicco di AEEG (Malaman), MSE (Bortoni), UNI (Santoro), CIG (Ronchi) SNAM Rete Gas (Malacarne), nonché società estere quali RWE Transnetz Gas (Homann). Tra i concetti emersi risulta significativo l’obiettivo del raggiungimento di una sicurezza sostenibile dove i risultati possano essere mantenuti nel tempo; per questo motivo bisogna fare formazione ed informazione, oltre che puntare ad avere regole certe e ampiamente condivise. E’ infatti vista come possibile una armonizzazione tra legislatore, regolatore e normatore in quanto la legge deve delineare i principi generali e disciplinare a livello primario indicando gli strumenti attuativi nonché fissare i ruoli dei soggetti attuatori; successivamente il soggetto regolatore, con cui il livello legislativo deve mantenere una stretta interdipendenza, ha il compito di seguire maggiormente l’evoluzione tecnica e prefiggersi obiettivi di controllo per mantenere un equilibrio tra gli operatori del settore. La regolamentazione, a sua volta, viene fatta sulla base di norme e di regole tecniche; anche se la sicurezza non deve essere vista come qualcosa fatta solo da regole che vengono imposte dall’alto, ma deve essere integrata e migliorata attraverso scelte e regole aziendali. Infine il normatore tecnico, che si prefigge obiettivi di sicurezza, deve trovare equilibrio con il regolatore nell’individuare regole di confronto, infatti la normazione rappresenta una autoregolamentazione del mercato. Per AEEG tutti i soggetti che si occupano di sicurezza ai vari livelli nei vari stadi della filie34

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ra sono importanti. Per quanto riguarda il settore della sicurezza, esistono standard minimi da rispettare, ma il regolatore prevede che vengano erogati incentivi se vengono incrementati i livelli di sicurezza in ottemperanza al raggiungimento di obiettivi precedentemente stabiliti. Nel corso del Forum è stata presentata la statistica incidenti da gas del 2008, in cui si è riscontrato un leggero incremento degli incidenti da gas rispetto all’anno precedente dopo una serie di annate in cui era stata registrata una stazionarietà o una diminuizione degli incidenti stessi. Il Gruppo di Lavoro CIG, che ha elaborato la statistica, ha valutato che nelle cause di incidenti coesistono come elementi di rischio, tra gli altri, due fenomeni che da tempo vengono segnalati e cioè il rapido cambiamento della situazione sociale nazionale e gli effetti dovuti alla carenza di manutenzione. E’ stata ravvisato inoltre che un miglioramento della comunicazione verso i clienti finali possa essere di aiuto. Nel corso del Forum è stata sottolineata, a più riprese e da vari soggetti intervenuti, la necessità della qualificazione degli installatori e del personale delle aziende di distribuzione; l’argomento è stato completato con la presentazione, da parte di CIG (Castorina), delle ultime evoluzioni a livello normativo e legislativo in ambito europeo e nazionale. Ha destato notevole interesse la relazione dedicata alla “Fire Investigation” tenuta dal Nucleo Investigativo Antincendi del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (D’Angelo) che ha descritto le modalità di approccio per individuare le possibili cause di un incidente da gas. Per garantire sicurezza e sostenibilità vanno create e mantenute sinergie tra istituzioni, distributori, venditori, installatori e costruttori attraverso il rispetto di regole pur avendo una costante apertura verso le nuove tecnologie. Questo può essere ottenuto attraverso un processo regolatorio che indichi regole da seguire, nonché da un attento monitoraggio della qualità del gas circolante e dell’impatto che una variazione di quest’ultima potrà avere sulla sicurezza di utilizzo delle apparecchiature. In questa ottica anche la regolazione del servizio di misura gas, a tutti i livelli, non ultimo anche con l’introduzione del sistema di telegestione e della telelettura dei contatori, va in direzione di una migliore sicurezza delle reti. Non sono stati trascurati i risvolti e le responsabilità giuridiche che la gestione della filiera del gas implica; questo è stato il motivo per cui è stato sentito il punto di vista della Magistratura attraverso una relazione sul tema tenuta dal Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano (Benedetti). Il Forum si è chiuso con una Tavola Rotonda in cui è stata data la parola ad un nutrito gruppo di Operatori della Filiera Gas per monitorare la volontà reciproca di “Fare Sistema”. Tra gli organismi che hanno partecipato al dibattito figurano Ceced, Anima, IMQ, ,Assogasliquidi, Assogas, ENI Gas&Power, Federutility, Anigas, Confartigianato Bruciatoristi, Libere Associazioni Artigiane Italiane. Dal dibattito è emersa con forza la necessità di: - fare una campagna di informazione e sensibilizzazione dell’utente finale, soprattutto civile - garantire una qualificazione degli installatori fatta anche attraverso la creazione di un “registro degli installatori” che assicuri inoltre un loro continuo aggiornamento tecnico e professionale; - prevedere la sostituzione degli apparecchi di cottura obsoleti privi di “termocoppia” sensibilizzando anche il Ministero competente affinché promuova un piano di rottamazione Paola Comotti Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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notizie - sicurezza industriale: un convegno alla ssc

European Safety Meeting - Calorimetric Techniques in Process Hazard Assessment Ormai da decenni la Stazione Sperimentale per i Combustibili opera nel settore della sicurezza industriale lavorando ogni giorno a fianco delle maggiori aziende chimiche italiane ed europee. Dal quotidiano confronto con esperti del process safety è emersa la necessità di rapportarsi con il resto della comunità scientifica che ha a cuore la sicurezza nell’industria chimica. E’ nata così l’idea di un incontro che permettesse di mettere in contatto gli esperti delle aziende, tra di loro in primo luogo, ma anche con alcuni importanti centri di ricerca europei del settore. La SSC quindi, in collaborazione con la SETARAM di Lione e la HEL di Londra, ha iniziato a programmare l’evento per la primavera del 2009. La decisione di organizzare la giornata sottoforma di workshop ha riscosso il pieno consenso degli addetti ai lavori, e non è quindi stato difficile trovare dei relatori di alto livello. Il 5 maggio 2009, presso la sala conferenze della Stazione sperimentale per i Combustibili si è così svolto lo “European Safety Meeting – Calorimetric Techniques in Process Hazard Assessment”. L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo da un gran numero di ricercatori e, con circa 60 iscrizioni, si è arrivati alla capienza massima della sala utilizzata. L’introduzione ai lavori è stata affidata a Lucia Gigante (SSC) e Yannice Ricci (Setaram) che hanno spiegato il perchè dell’evento, passando poi a ringraziare gli organizzatori della giornata, i partecipanti ed i relatori. Il primo intervento è stato affidato a Bertrand Roduit della AKTS, azienda svizzera con sede a Siders. Con la sua presentazione Roduit ha voluto mostrare le potenzialità dei software AKTS per lo studio della cinetica delle reazioni chimiche; in particolar modo ha evidenziato come da poche prove sperimentali effettuate mediante strumenti come la DSC e il C80 è possibile effettuare uno studio cinetico con lo scopo di valutare il TMRad, ossia il tempo all’esplosione in condizioni adiabatiche, e la SADT (self-accelerating decomposition temperature): parametri fondamentali da conoscere quando vengono utilizzate o trasportate merci pericolose. Il secondo relatore è stato Christian Pasturenzi della Stazione sperimentale per i Combustibili. Dopo aver genericamente parlato del REACH e dei test chimico-fisici da esso richiesti, Pasturenzi si è soffermato sui metodi attualmente utilizzati per la determinazione delle proprietà ossidanti (directive n. 440/2008 (CEE) – sections A.17 – A.21) delle sostanze. In prima battuta ha esposto le limitazioni di questi metodi standard ed in seguito ha proposto un nuovo metodo basato sull’uso della DSC. I principali vantaggi del metodo suggerito sono: la velocità delle prove, l’utilizzo di una piccola quantità di sostanza (fatto da non trascurare quando si stanno trattando materie dall’alto valore aggiunto), capacità di ottenere informazioni quantitative su temperature di ossidazione ed entalpia di ossidazione, con la possibilità quindi di poter comparare diverse sostanza tra loro ed infine l’applicabilità sia a sostanze liquide che solide. 36

La Rivista dei Combustibili

L’ultimo relatore della sessione mattutina è stato Remì Andre della Setaram di Lione, che ha esposto qual è lo stato dell’arte relativamente alle tecniche calorimetriche utilizzate per studi di sicurezza; non essendoci tempo sufficiente per parlare in modo approfondito di tutte le tecniche oggi esistenti, ha deciso di analizzare in modo preciso e puntuale solamente due di esse: DSC e C80. Oltre ad aver spiegato la teoria che sta alla base di queste tecniche, ha mostrato alcuni esempi ed applicazioni di interesse industriale. Il primo intervento del pomeriggio è stato effettuato dallo svizzero Pierre Reuse dello Swiss Safety Institute di Basilea. Con la sua presentazione Reuse ha convinto tutti che oggi è necessario ridimensionare le quantità dei campioni da analizzare, e questo ormai può essere fatto senza andare a peggiorare la qualità dei risultati. L’utilizzo di minori masse di campioni è sicuramente utile in caso di poca disponibilità di materiale, ma anche dal punto di vista della sicurezza ci si può guadagnare molto, basti pensare al trasporto di merci pericolose o alla manipolazione di sostanze altamente reattive. Paolo De Carli ha spiegato qual è il punto di vista della HEL di Londra relativamente a come condurre studi di sicurezza sui processi chimici. Lo sviluppo di una sintesi chimica prevede il trasferimento delle ricette sviluppate in laboratorio ad una scala industriale: se questo passaggio di scala non viene effettuato nel modo corretto e con le giuste precauzioni è possibile arrivare a conseguenze indesiderate. De Carli ha così evidenziato come sia possibile effettuare uno studio di sicurezza mediante l’uso di strumenti come la TSU, per valutare la stabilità termica delle sostanze, e come il Calorimetro di reazione, per studiare ed ottimizzare la reazione desiderata. La giornata si è conclusa con l’intervento di Marco Dellavedova della SSC, che ha proposto un metodo per evitare danni dovuti a sovrapressione: il cosiddetto “Batch-size approach”. Il metodo è utile soprattutto per le piccole/medie imprese che hanno in dotazione reattori multipurpose con dispositivi di sfogo delle sovrapressioni preinstallati e non modificabili. Questo metodo è basato sul calcolo del grado di riempimento ottimale del reattore al fine di ottenere, in caso di evento incidentale, un efflusso monofase vapore/gas che può essere sfogato dal dispositivo di protezione. Il programma ha previsto solamente sei interventi, in modo da lasciare ampio spazio a domande e discussioni: in questo modo, sia durante i lavori sia durante il pranzo, si è potuto avere il desiderato confronto tra i vari gruppi di lavoro. Christian Pasturenzi Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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notizie - energie e ambiente: le biomasse legnose

Il ruolo delle biomasse legnose nello sviluppo delle bioenergie L’utilizzo delle bioenergie consente di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili per la produzione di energia e di contribuire alla riduzione di emissioni di anidride carbonica, responsabile dell’aumento dell’effetto serra, oltre a permettere un recupero sostenibile di diverse risorse derivanti da attività produttive con un notevole conseguente vantaggio in termini non solo ambientali ma anche economici e sociali. I biocombustibili derivano infatti da prodotti, rifiuti e residui dell’agricoltura, della silvicoltura, della zootecnia, dell’industria, nonché da colture energetiche dedicate. II ruolo delle bioenergie è determinato secondo l’Ing. Caserta, Presidente di ITABIA, in Italia come nel resto d’Europa, da tre fattori fondamentali: la policy, la ricerca e l’imprenditoria. Nel nostro paese, mentre la policy si rivela piuttosto frammentata, mutevole e disorganica e la ricerca, ben avviata alla fine degli anni ’90 con attività che hanno largamente anticipato gli attuali orientamenti delle istituzioni europee, non ha avuto quello sviluppo che ci si aspettava, l’imprenditoria, per contro, mostra solide basi tecnologiche ed ingegneristiche, frutto delle quali sono i molteplici interventi impiantistici realizzati lungo tutto il territorio nazionale; questa spinta imprenditoriale potrebbe con probabilità avere ancora potenzialità di crescita se fosse meglio supportata da una ricerca votata all’innovazione di prodotti e processi e da una policy adeguata [1]. Ad oggi, le iniziative per una razionalizzazione della legislazione sulle fonti rinnovabili di energia sono ancora in divenire. Gli unici strumenti utili per apportare qualche innovazione sono le Leggi Finanziarie, necessariamente parziali e temporanee. Vediamo dunque al momento qual è la legislazione che governa la complessa materia relativa alle biomasse, con particolare riferimento ai sistemi di incentivazione di cui esse godono.

Le biomasse sono una fonte di energia “pulita” su cui l’Unione Europea ha scelto di investire, riconoscendo loro un ruolo strategico per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo comunitario di produrre entro il 2020 il 20% di energia da fonti rinnovabili. Il giorno 12 maggio 2009 si è tenuta presso la sede FAST di Milano, grazie al coordinamento scientifico e il patrocinio di ITABIA (Italian Biomass Association) una giornata formativa dal titolo “Lo sviluppo delle bioenergie: vantaggi ambientali ed economici” dedicata al tema delle biomasse e del loro impiego all’interno del panorama energetico nazionale.

IL CONTESTO NORMATIVO SULLE BIOMASSE: INCENTIVAZIONI La Direttiva sulle Fonti Rinnovabili considera come biomasse “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dalla agricoltura (incluse le sostanze vegetali e animali) dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la frazione biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.

In Italia è stato introdotto uno specifico regime per gli incentivi legati alla produzione di energia elettrica tramite impianti a biomasse. Gli incentivi a favore dell’utilizzo di questa fonte sono dettati dal prezzo CIP 6 (in via di esaurimento) e dal regime dei Certificati Verdi (CV), introdotti dal cosiddetto Decreto Bersani - Dlgs 79/1999 - e recentemente modificati dalla Finanziaria 2008; quest’ultima in particolare ha contribuito, insieme al cosiddetto “collegato” alla Finanziaria stessa, (decreto legge 159/07 convertito in Legge 29/11/2007 n. 222), a dare una notevole spinta nell’ultimo anno allo sviluppo delle bioenergie grazie ad una riforma del sistema dei certificati verdi e a gettare le basi per imprimere un deciso impulso al settore bioenergetico ed, in particolare, alle agroenergie. I punti salienti della riforma dei CV sono: • riconoscimento dei CV per un periodo di 15 anni; • viene assegnato un CV per ogni MWh prodotto; 38

La Rivista dei Combustibili

• sono emessi in numero pari alla produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile per un coefficiente moltiplicativo che per le biomasse ha valore 1,1; • per gli impianti di potenzialità fino a 1MW è possibile scegliere il riconoscimento dei CV (con coefficiente 1,1) oppure, in alternativa, il riconoscimento di una tariffa in conto energia stimata attualmente in 0,22 €/kWh • la percentuale obbligatoria di energia prodotta da FER obbligatoria per il periodo 2007/2012 viene elevata ogni anno dello 0,75%. Le misure di applicazione della Finanziaria sono previste dal Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 18 dicembre 2008. I certificati verdi (CV) sono titoli emessi dal GSE (Gestore del Servizio Elettrico) che attestano la produzione di energia da fonti rinnovabili; nel mercato dei CV la domanda è determinata dall’obbligo per i produttori / importatori di energia di immettere ogni anno una certa quota di energia prodotta da FER. L’offerta è invece rappresentata dalle aziende in possesso della qualificazione IAFR, che sono principalmente le aziende che producono energia elettrica e termica in cogenerazione e esclusivamente energia elettrica da biomassa. Il prezzo del CV è determinato dalla differenza tra un valore di riferimento (180 € /MWh nel 2008) e il valore medio annuo del prezzo di cessione dell’energia (67,12 €/MWh secondo delibera ARG/elt24/08)

I certificati bianchi, o Titoli di Efficienza Energetica (TEE), sono stati istituti da con decreto dal Min. delle Attività Produttive di concerto con il Min. dell’Ambiente; essi sono emessi dal GME a favore delle società operanti nel campo dei servizi energetici per certificare la riduzione dei consumi ottenuta mediante progetti ed interventi di incremento dell’efficienza energetica. I TEE possono essere di tre tipi, a seconda che il risparmio di energia primaria sia conseguito: I) attraverso riduzione dei consumi finali di energia elettrica II) attraverso interventi di riduzione del consumo di gas naturale III) attraverso interventi diversi dai precedenti

Un caso particolare: la “filiera corta”. In base a quanto stabilito nell’ultima Finanziaria, la produzione di energia elettrica da biomasse da filiera corta (prodotta cioè entro un raggio di 70 km) o derivante da intese di filiera, viene incentivata con un coefficiente di maggiorazione dei certificati verdi pari a 1.8, superiore a quello introdotto per tutte le altre fonti rinnovabili. Un’altra importante novità è inoltre l’incentivazione dell’energia prodotta da impianti di potenza inferiore a 1 MW, che, in alternativa ai certificati verdi, può beneficiare di una tariffa fissa omnicomprensiva di 0,30 €/kWh. La norma relativa alla regolamentazione della filiera corta ha immediatamente suscitato l’entusiasmo di molti: con un coefficiente 1.8 gli impianti potrebbero agevolmente permettersi di pagare la raccolta e il trasporto della biomassa da parte degli agricoltori, costo (si parla di costi di approvvigionamento dell’ordine di 40-60 €/tonnellata) che ha notevole incidenza su un prodotto a basso valore aggiunto quale è la biomassa. Gli operatori e i tecnici del settore temono però che tale incentivazione sarà probabilmente modificata in un immediato futuro in relazione alle obiezioni mosse a riguardo in seno alla Commissione Europea; questa, interessata al principio della libera circolazione delle merci, teme forse che con incentivi di siffatta caratura si possano determinare fenomeni di produzione agro-energetiche eccessivamente legate a individualismi locali, in un ambito territoriale troppo ristretto. In realtà, come è stato suggerito dai relatori partecipanti al seminario, il riconoscimento di una tariffa omnicomprensiva di 0,30 €/kWh non voleva avere carattere protezionistico ma soprattutto carattere ambientale. La proposta prevista nel DDL sulla competitività nel settore agro-alimentare proporrà, in alternativa alla precedente, una tariffa omnicomprensiva per gli impianti di potenzialità non superiore a 1 MW pari a 0,28 €/kWh. Come si intuisce, la materia è in piena e continua evoluzione e a giorni potrebbero essere emanate nuove direttive a riguardo. Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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notizie - energie e ambiente: le biomasse legnose Finanziaria 2008: novità Valore unitario del certificato verde (CV) pari a 1MW Emissione di CV in numero pari alla produzione netta di energia elettrica moltiplicata per un coefficiente 1,1 per le biomasse e 1,8 per le biomasse da filiera corta Estensione della durata dei CV a 15 anni Incremento annuo della quota di energia da FER 0,75% nel periodo 2007-2012 Per impianti di potenza < 1MW la possibilità di richiedere in luogo dei CV una tariffa fissa omnicomprensiva (0,30 /kWh per biomasse da filiera corta, 0,22 /kWh per le altre biomasse (*) Definizione di soglie al di sottole quali è sufficiente una DIA (dichiarazione inizio attività) per la realizzazione degli impianti: 200 kW per le biomasse, 250 kW per il biogas (*) tariffa soggetta a probabile revisione in tempi brevi

Tra gli strumenti messi in campo a favore delle bioenergie, dedicati, in particolare, al settore agricolo, si segnalano inoltre le ingenti risorse stanziate dai Programmi di Sviluppo Rurale regionali per il periodo 2007- 2013 ed il recente bando del Ministero PAAF per promuovere studi di fattibilità per progetti agro-energetici “innovativi”, che ha portato alla selezione di oltre 130 progetti per una capacità superiore ai 150 MW [2]. LA DIFFUSIONE DELLE BIOMASSE SUL TERRITORIO NAZIONALE L’Italia è stata una delle prime nazioni europee a dotarsi nel 1998 di un Programma Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse e nel 1999, in ottemperanza alla delibera CIPE n. 137 del 19.11.98 “Linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”, di un Programma Nazionale per la Valorizzazione delle Biomasse Agricole e Forestali. Da quella data però nessun nuovo Piano organico è stato concepito per adattare gli interventi alle diverse situazioni che nel frattempo si sono venute a creare; ITABIA ha appena terminato di redigere, per conto del Ministero dell’Ambiente e in collaborazione con la campagna “Sustainable Energy for Europe”, il Rapporto 2008 sulla Bioenergia in Italia (di prossima pubblicazione sul sito www.itabia.it), del quale sono stati anticipati dati e informazioni forniti durante l’intensa giornata formativa e di seguito riassunti. In questo Rapporto sono contenuti alcuni importanti elementi di valutazione per esaminare gli aspetti di congruenza tra possibili obiettivi nazionali, direttive europee e globali, ed effettiva potenzialità del settore in Italia, valutando la distanza tra la situazione attuale e i traguardi del prossimo decennio e indicando gli strumenti politici e tecnici per colmare tale distanza [3]. La legge, come previsto dal DPCM 8 marzo 2002 (All.III, punto 1 e succ.) definisce biomasse legnose i combustibili solidi di origine vegetale; il materiale vegetale è proveniente da colture dedicate, dalla gestione dei boschi e dalle potature, dalle lavorazioni esclusivamente meccaniche del legno e di prodotti agricoli.

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Teleriscaldamento. In base al censimento fatto in occasione della stesura del Rapporto 2008 sulla Bioenergia in Italia, si può affermare che (dati di dicembre 2008) le centrali di teleriscaldamento alimentate con biomasse vergini presenti in Italia sono circa 130, la quasi totalità a servizio di una utenza diffusa sul territorio e gestite da diversi operatori tra cui società pubbliche, cooperative e private. La potenza complessivamente installata sfiora i 400 MWt, con un consumo stimato che si aggira attorno alle 300.000 t/anno di biomasse. Di questi impianti solo pochi (6 impianti) producono anche La Rivista dei Combustibili

energia elettrica per un totale di circa 5 MWe di potenza elettrica cogenerata. Dal un punto di vista della diffusione sul territorio, questi impianti sono localizzati, per motivi fortemente legati a fattori climatici, per la maggior parte nelle regioni del CentroNord Italia. In particolare, è stato possibile individuare distinti “distretti energetici”, caratterizzati dal fatto che in essi la presenza di questi impianti assume una significativa valenza energetica, ambientale ed economica. Questi distretti sono: • il distretto altoatesino-trentino; • il distretto lombardo-valtellinese; • il distretto piemontese-valdostano; • il distretto friulano. Di seguito vengono riportati in sintesi alcuni dati riguardanti i diversi distretti in termini di numero di impianti realizzati, potenze installate e utenze servite [3]. Altoatesino-trentino Numero di centrali Potenza termica installata (MWt) Utenze allacciate Abitanti serviti

Piemontesevaldostano 13

Friulano

61

Lombardovaltellinese 12

220

77

53

5

12850 38000

1000 13000

-

-

15

Nota: dal conteggio sono escluse le caldaie ad uso di singoli soggetti privi di rete di distribuzione collettiva del calore (es. condomini privati)

Nel resto di Italia sono presenti 5 impianti in Toscana, 3 in Liguria, e 1 in Emilia Romagna, Marche Campania e Basilicata. Ricordiamo che per quanto riguarda gli impianti di teleriscaldamento a biomassa legnosa, il D.Lgs. n.115/08 ha sancito che agli impianti di teleriscaldamento a biomassa legnosa vengano assegnati certificati bianchi di tipo II, che di fatto hanno molto più mercato del tipo III, e che hanno contribuito a rilanciare gli investimenti nel settore del teleriscaldamento da impianti alimentati con questo tipo di biomassa. Produzione di Energia elettrica. Un altro gruppo di centrali a biomassa da considerare riguarda quelle dedicate alla produzione di energia elettrica; oltre ai 6 casi citati in precedenza, che presentano un assetto cogenerativo, sull’intero territorio nazionale ve ne sono 19 ad esclusiva produzione di energia elettrica. Questi impianti sono generalmente alimentati con sole biomasse, di origine agricola e industriale oppure da un insieme di biomasse e CDR. Il consumo di biomassa in questo caso viene stimato in circa 3 milioni di tonnellate/anno per circa 300 MW di potenza elettrica installata. Al contrario della tipologia impiantistica precedente, la distribuzione di questi impianti sul territorio è più diffusa, come riportato nella tabella seguente: Regione Lombardia Piemonte Veneto Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Toscana Umbria Molise Puglia Calabria

Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

N. impianti 6 3 2 2 1 1 1 2 2 5

Potenza elettrica (Mwe) 47.3 26.8 25 23.2 2.5 19.5 10 16 15 90.5

Biomasse utilizzate (t/anno) 589.000 279.000 239.000 313.000 21.000 120.000 90.000 205.000 128.000 1.026.000

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notizie - energie e ambiente: le biomasse legnose SVILUPPI FUTURI La produzione di energia elettrica da biomasse è attestata intorno a 3 Mtep (dati 2006), mentre è stato stimato che il suo potenziale possa triplicare entro il 2020; questo è l’obiettivo dichiarato nel “Position Paper” presentato dal governo italiano nel Documento programmatico sulle energie rinnovabili emanato nel 2007. Il ciclo di produzione di energia elettrica da biomasse, anche a causa del non elevato rendimento elettrico lordo degli impianti a biomassa (inferiore al 25%), diventa economicamente sostenibile solo per impianti di taglia superiore a 1MWe; risulta fondamentale allora da un punto di vista economico, e auspicabile da un punto di vista ambientale, il recupero del calore di processo mediante la cogenerazione. La massima efficienza dell’utilizzo della biomassa legnosa si raggiunge dunque attraverso la produzione di energia termica o dalla combinazione energia termica – elettrica. In quest’ottica, nelle conclusioni dei relatori, una soluzione impiantistica di piccola – media taglia (5-10MWt, 1-2 MWe), che possa rifornirsi mediante una filiera corta appare la più adatta per ottimizzare l’efficienza energetica senza sprechi e senza oneri di raccolta e trasporto particolarmente gravosi. Altri fattori che concorrono ad ostacolare la diffusione di impianti a biomassa sul nostro territorio sono, oltre alla già detta situazione normativa, la precarietà dei bacini territoriali di produzione della biomassa e la scarso riguardo alle condizioni dei suoli agricoli e forestali, che non permette ancora di operare in modo efficace e continuo nella fase di approvvigionamento e sfruttamento a fini energetico della biomassa [4]. Da non trascurare, infine, la barriera al pieno riconoscimento dell’importanza delle bioenergie da biomassa costituita da un errata concezione degli impianti a biomassa da una parte dell’opinione pubblica, che troppo di frequente identifica questo tipo di impianti con quelli di trattamento e smaltimento dei rifiuti, spesso osteggiati in modo pregiudiziale e strumentale. Silvia Bertagna

RIFERIMENTI [1] Giuseppe Caserta, Guida alle Biomasse, supplemento a La Termotecnica, dicembre 2008. [2] Aldo Abenavoli, Il contesto normativo sulle biomasse, Atti del corso “Lo sviluppo delle bioenergie: vantaggi ambientali ed economici”, Milano, 12 maggio 2009 [3] Walter Merzagora, Lo stato dell’arte e le prospettive di sviluppo delle biomasse agroforestali per utilizzo energetico, Atti del corso “Lo sviluppo delle bioenergie: vantaggi ambientali ed economici”, Milano, 12 maggio 2009 [4] Walter Merzagora, Guida alle Biomasse, supplemento a La Termotecnica, dicembre 2008.

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La Rivista dei Combustibili

notizie - biocombustibili

Qualità del pellet Mai come in queste settimane i proprietari di stufe a pellet si saranno chiesti se esista una qualche regolamentazione per la produzione di questo combustibile che permetta loro di fare sonni tranquilli! A tale proposito, in tempi non sospetti, il 17 Aprile 2007 Progetto Fuoco ha organizzato, alla fiera di Verona, un incontro tecnico sui piccoli impianti di riscaldamento a biomassa concentrandosi su quelli alimentati a pellet. Durante l’incontro, oltre ad un’ampia carrellata sulla legislazione e normativa italiana riguardo i limiti di emissione prescritti per questo tipo di apparecchiatura, c’è stata la presentazione di un progetto finanziato dall’Unione Europea nel programma Intelligent Energy. Il progetto è intitolato Biomass Trade Center (www.biomasstradecentre.eu) e ha visto, nella propria partnership, l’Associazione Italiana Energie Agroforestali (AIEL). All’incontro tecnico è stato presentato uno dei risultati del progetto: un manuale sull’utilizzo del pellet, scritto in modo tale da essere alla portata di tutti, affinché qualunque utente possa stabilire, a seconda della propria realtà e situazione, quale impianto installare nella propria abitazione e quale combustibile risulti più conveniente utilizzare. Inoltre, l’Associazione ha realizzato un marchio di certificazione volontario, nominato “pellet gold”, che garantisce un buon sfruttamento energetico del prodotto marchiato, massimizzando la vita degli impianti in cui viene utilizzato. Il pellet-gold cura anche gli aspetti ambientali, attestando l’impiego di legno proveniente solo da foreste correttamente gestite. Nel 2007 anche l’UNI (Ente Nazionale di Unificazione), con delega al CTI (Comitato Termotecnica Italiano) si è occupato di combustibile da biomassa legnosa, emanando due norme tecniche per la caratterizzazione di pellet, legna da ardere, bricchette e cippato: UNI/TS 11263:2007, “Biocombustibili solidi – Caratterizzazione del pellet a fini energetici”, ed UNI/TS 11264:2007, “Biocombustibili solidi – Caratterizzazione di legna da ardere, bricchette e cippato”. Le due specifiche tecniche definiscono una caratterizzazione in funzione della materia prima di origine e delle caratteristiche fisiche e chimiche del combustibile finito, prendendo spunto dal lavoro del comitato tecnico n. 335 del CEN (il comitato europeo di normazione), che ha poi dato vita alla specifica tecnica CEN/TS 14961. Nella normativa italiana vengono anche definite le materie prime di origine specificando, nel caso del pellet, che possa provenire anche da biomassa erbacea, da semi e frutti, da miscele e miscugli di diversa origine, ponendo come vincolo che si tratti solo di biomassa vegetale trattata in modo esclusivamente meccanico. Il mercato italiano vede una produzione di pellet nazionale solo al 53% della propria capacità di consumo; non viene esportato, ma ne viene importato una grande quantità, specialmente dai Paesi dell’Est. La materia prima principale da cui si ricava è la segatura, per questo risulta in forte competizione con altri settori industriali importanti quali la fabbricazione di pannelli e l’industria della carta. Questo è anche il motivo per cui i prezzi sono abbastanza variabili. Oggi, il costo di una tonnellata di pellet è di 150 €, che non è il prezzo più alto raggiunto, considerato che, nel Dicembre 2008, si era toccata la vetta dei 180 €/t. Francesca Hugony

Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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notizie - biocombustibili

Biocombustibili Gassosi e Liquidi Dall’11 al 14 Maggio, la Fast (Federazione delle Associazioni Scientifiche e Tecniche) ha organizzato, a Milano, un corso sui biocombustibili diviso in tre moduli (uno per ogni giorno): le biomasse legnose (vedi articolo Bertagna), il biogas e i biocombustibili liquidi. Biogas (Presentazione a cura del CRPA, Centro di Ricerche Produzioni Animali, di Reggio Emilia). I processi di produzione del biogas sono diversi a seconda della materia prima a disposizione e del loro impiego. Il biogas può essere bruciato direttamente in caldaia, per la produzione di energia termica, o in gruppi elettrogeni, per generare energia elettrica, altrimenti utilizzarlo in un cogeneratore. In Svezia, Germania, Svizzera ed Austria viene utilizzato anche per l’autotrazione. La materia prima da cui ricavare il biogas si ricava dagli scarti dell’agricoltura e dell’agroindustria. In particolare dagli effluenti zootecnici, dalla trasformazione delle produzioni animali (industria del latte e macellazione) dalla preparazione dell’ortofrutta per il consumo fresco e dalla trasformazione dei prodotti ortofrutticoli (pomodori, frutta e vegetali). Vi sono però anche colture energetiche dedicate, come quella del mais che, inserendosi nel mercato in competizione con le coltivazioni per uso alimentare, sono ultimamente oggetto di contestazione. Anche i produttori di scarti rientrano tra i principali fornitori di materia prima da cui ricavare il biogas. Le imprese di servizi che gestiscono i rifiuti solidi urbani, intesi come FORSU (Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani) e come fanghi da depurazione, sono tra i principali attori che rendono la produzione di questo tipo di combustibile maggiormente ecocompatibile e solidale con gli altri settori agroindustriali. Vi è dunque un’estrema variabilità del materiale da cui poter produrre biogas e va conosciuto bene per poter progettare un adeguato ed efficiente sistema di produzione del combustibile. Ciò che accomuna tutte le tipologie di impianto rendendoli “antipatici” ai vicini abitanti, sono sicuramente gli odori! Biocombustibili Liquidi (Presentazione a cura del Sibe, Sistemi Innovativi Biomasse Energetiche, di Ancona) Molte sono le coltivazioni energetiche (Girasole, Mais e Soia tra le più diffuse) dalle quali ottenere biocombustibili liquidi che, a seconda del processo di lavorazione a cui vengono sottoposte, possono generare prodotti da impiegare come oli in motori e turbine, oppure come biodiesel per autotrazione e riscaldamento. L’Italia è il 3° produttore europeo di biodiesel con 447.000 t/anno. La precedono Germania (2.662.000 t) e Francia (743.000 t). La produzione commercializzata, a livello nazionale, è circa il 40%, il restante 60% viene esportato in Europa (Germania, Francia ed Austria). Il punto cruciale rimane però la problematicità della competizione del settore con quello agroalimentare. Per ovviare a tale problema e per ottenere una resa di prodotto maggiore, sono allo studio i cosiddetti “biocombustibili liquidi di seconda generazione”. Il processo per ottenere tali combustibili vede coinvolta tutta la pianta (non solo la frazione oleaginosa, tipicamente i semi) da cui si ottiene, attraverso processi termochimici, il prodotto finito. Il processo che porta alla produzione di queste nuove fonti energetiche risulta però molto complesso e realizzabile sono in grossi impianti di scala industriale (le bioraffinerie). Attualmente solo alcune grandi compagnie petrolifere hanno avviato delle sperimentazioni per la produzione di combustibili di seconda generazione all’interno delle proprie raffinerie. Una volta testato il processo, si potrà utilizzare una maggiore varietà di materia prima, concentrandosi sugli scarti vegetali e non entrando in competizione con nessun altro settore industriale. Una schematica descrizione dei processi di produzione dei biocombustibili di prima e seconda generazione, gassosi e liquidi, si può trovare sul sito della SSC all’indirizzo http://www.ssc.it/it/documentazione/documentazione_tecnica/comb_alternativi/bio_ssc_bio energia.pdf Francesca Hugony

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La Rivista dei Combustibili

aggiornamento legislativo - aprile – giugno 2009 A cura dello Sportello Ambiente della SSC

AMBIENTE Estremi Titolo

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE - COMUNICATO Indicazioni relative all’acquisizione delle informazioni ex articolo 5 del Regolamento (CE) n. 166/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo all’istituzione di un Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di inquinanti.

Novità chiave

Sono state pubblicate sul sito WEB del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (http://www.minambiente.it) le modalità in base alle quali i soggetti interessati devono adempiere, per quel che riguarda le informazioni relative all’anno 2008, agli obblighi previsti dall’art. 5 del Regolamento (CE) n. 166/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di un Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di inquinanti e che modifica le direttive 91/689/CEE e 96/61/CE del Consiglio.

Riferimento

Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29/04/2009

Link

http://www.ingegneri.info/legge/17432.html

Estremi

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE - DECRETO 25 novembre 2008

Titolo

Disciplina delle modalità di erogazione dei finanziamenti a tasso agevolato ai sensi dell’articolo 1, comma 1110-1115, della legge 27 dicembre 2007, n. 296 - Fondo Rotativo per il finanziamento delle misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto.

Novità chiave

Disciplina delle modalità di erogazione dei finanziamenti da concedersi a valere sulle risorse del Fondo Kyoto, a sostegno delle misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997, reso esecutivo dalla legge 1° giugno 2002, n. 120

Riferimento

GU n. 92 del 21-4-2009 - Suppl. Ordinario n.58

Link

http://chimici.tecnici.it/default.php?cartel=leggi&page=result&id=17412

Estremi

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE - COMUNICATO

Titolo

Approvazione della deliberazione n. 9/2009 del Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87/CE

Novità chiave

E’ stata pubblicata sul sito web del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (http://www.minambiente.it) la Deliberazione n. 9/2009 inerente l’assegnazione e rilascio delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012 agli impianti «nuovi entranti» ai sensi del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216 e successive modifiche e integrazioni.

Riferimento

Comunicato n° 09A03695

Link

http://agronomi.tecnici.it/default.php?cartel=leggi&page=result&id=17376

Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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aggiornamento legislativo - aprile – giugno 2009 Estremi

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE - COMUNICATO

Titolo

Realizzazione degli interventi per il miglioramento della qualità dell’aria e il potenziamento del trasporto pubblico.

Novità chiave

E’ stato approvato il bando di cofinanziamento per la diffusione di azioni finalizzate al miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane ed al potenziamento dei trasporto pubblico rivolto ai comuni non rientranti nelle aree metropolitane. Il testo integrale del bando è consultabile presso il sito del Ministero al seguente indirizzo: www.minambiente.it

Riferimento

GU n. 67 del 21-3-2009

Link

http://www.ingegneri.info/legge-scheda-17336.html

Estremi

DECRETO LEGISLATIVO 3 Marzo 2009

Titolo

Attuazione del finanziamento straordinario per l’installazione di dispositivi per l’abbattimento delle emissioni di particolato dei gas di scarico.

Novità chiave

Le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano comunicano al Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, Direzione generale per la ricerca ambientale e lo sviluppo, il numero dei veicoli incentivabili di cui all’art. 1 comma 11 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, distinti per categoria (M3 ed N3), nonché eventuali misure economiche, regionali o locali, per l’installazione di dispositivi per l’abbattimento delle emissioni di particolato dei gas di scarico.

Riferimento

GU n. 65 del 19-3-2009

Link

http://www.tecnici.it/?cartel=novita&page=vedilex&ex=1&id=17328

Estremi

DECRETO LEGISLATIVO 20 Febbraio 2009

Titolo

Attuazione della direttiva 2006/117/Euratom, relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito

Novità chiave

Modifiche al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230; nel nuovo D.Lgs. viene ora esplicitamente introdotto il termine di “combustibile nucleare esaurito” accanto a quello di “materiale radioattivo” e vengono definiti chiaramente gli adempimenti autorizzativi e pratici per gli operatori che si occupano di attività concernenti le spedizioni, importazioni ed esportazioni di suddetti materiali.

Riferimento

Gazzetta Ufficiale n. 68 del 23/03/2009

Link

http://www.ingegneri.info/legge/17337.html

Estremi

DECRETO LEGISLATIVO 16 Marzo 2009 n.30

Titolo

Attuazione della direttiva 2006/118/CE, relativa alla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento Il presente decreto si applica ai corpi idrici sotterranei identificati sulla base dei criteri tecnici riportati all’Allegato 1 del documento in oggetto. Esso definisce misure specifiche per prevenire e controllare l’inquinamento ed il depauperamento delle acque sotterranee, quali:

Novità chiave

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La Rivista dei Combustibili

a) criteri per l’identificazione e la caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei; b) standard di qualità per alcuni parametri e valori soglia per altri parametri necessari alla valutazione del buono stato chimico delle acque sotterranee; c) criteri per individuare e per invertire le tendenze significative e durature all’aumento dell’inquinamento e per determinare i punti di partenza per dette inversioni di tendenza; d) criteri per la classificazione dello stato quantitativo; e) modalità per la definizione dei programmi di monitoraggio quali-quantitativo. Il Piano di Tutela delle Acque (art.121) deve definire misure atte a conseguire determinati obiettivi entro il termine ultimo del 22 dicembre 2015; in particolare: a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l’obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di “buono”; b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualita’ ambientale “elevato” come definito nell’Allegato 1 alla parte terza del presente decreto; c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all’art. 79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all’Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli piu’ cautelativi; anche per essi, l’obbligo di rispetto decorre dal 22 dicembre 2015. Le regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonché individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità, mentre per alcuni corpi idrici, possono stabilire di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli di cui al comma 4 del decreto, qualora, a causa delle ripercussioni dell’impatto antropico (e in presenza di particolari condizioni, specificate all’art.77 comma 7) non sia possibile o sia esageratamente oneroso il loro raggiungimento. Riferimento

Gazzetta Ufficiale n. 79 del 04/04/2009

Link

http://www.ambientenergia.info/12/04/2009/6624/1/decreto_legislativo_16_marzo_2009_ n_30_(gu_n_79_del_4-4-2009).html

Estremi

COMUNICATO DELLA COMMISSIONE EUROPEA IN MATERIA IPPC

Titolo

Adozione del documento di riferimento in relazione alla direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive - modifica della direttiva 2004/35/CE

Novità chiave

Il comunicato da notizia dell’avvenuta adozione, in data 7 gennaio 2009, del testo completo del documento di riferimento relativo ai rifiuti delle industrie estrattive.

Riferimento

GUUE 4 aprile 2009, n. C81

Link

www.eippcb.jrc.es

Estremi Titolo

DIRETTIVA 2009/30/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 23/04/09 Direttiva che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l’introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE

Novità chiave

La presente direttiva stabilisce, per i veicoli stradali, le macchine mobili non stradali (com-

Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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aggiornamento legislativo - aprile – giugno 2009 prese le navi adibite alla navigazione interna quando non sono in mare), i trattori agricoli e forestali e le imbarcazioni da diporto quando non sono in mare: per ragioni di tutela della salute e dell’ambiente, le specifiche tecniche relative ai carburanti da utilizzare nei veicoli con motore ad accensione comandata e motore ad accensione per compressione, tenendo conto delle prescrizioni tecniche di tali motori; un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra prodotte durante il ciclo di vita dei carburanti. Riferimento

G.U.C.E. del 05 giugno 2009 - n. L 140

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http://www.ingegneri.info/legge-scheda-17516.html

Estremi

DIRETTIVA 2009/29/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 23/04/09

Titolo

Direttiva che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra

Novità chiave

La direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32. istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra nella Comunità (sistema comunitario) al fine di favorire le riduzioni delle emissioni di tali gas all’insegna dell’efficacia dei costi e dell’efficienza economica. La direttiva 2003/87/CE è modificata disponendo che le riduzioni delle emissioni dei gas a effetto serra aumentino al fine di contribuire ai livelli di abbattimento ritenuti necessari, dal punto di vista scientifico, per evitare cambiamenti climatici pericolosi. La presente direttiva stabilisce inoltre disposizioni per la valutazione e l’attuazione di un impegno più rigoroso della Comunità in materia di riduzioni, superiore al 20 %, da applicare previa approvazione da parte della Comunità di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici che conduca a riduzioni delle emissioni dei gas a effetto serra superiori a quelle previste all’articolo 9, come risulta dall’impegno di riduzione del 30% approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007.

Riferimento

G.U.C.E. del 05 giugno 2009 - n. L 140

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http://www.ingegneri.info/legge-scheda-17515.html

Estremi

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE – DECRETO 14 APRILE 2009, N° 56

Titolo

Regolamento recante «Criteri tecnici per il monitoraggio dei corpi idrici e l’identificazione delle condizioni di riferimento per la modifica delle norme tecniche del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale, predisposto ai sensi dell’articolo 75, comma 3, del decreto legislativo medesimo».

Novità chiave

Con tale Decreto sono fissate, tra le altre novità, le condizioni di riferimento tipo-specifiche per i corpi idrici superficiali. Per ciascun tipo di corpo idrico superficiale sono definite: a) le condizioni idromorfologiche e fisico-chimiche tipo-specifiche che rappresentano i valori degli elementi di qualità idromorfologica e fisico-chimica che l’Allegato 1, punto A.1 alla parte terza del decreto legislativo in questione, stabilisce per tale tipo di corpo idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale definito nella pertinente tabella dell’Allegato 1, punto A.2; b) le condizioni biologiche di riferimento tipo-specifiche che rappresentano i valori degli elementi di qualità biologica che l’Allegato 1, punto A.1 specifica per tale tipo di corpo

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La Rivista dei Combustibili

idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale definito nella pertinente tabella dell’Allegato 1, punto A.2. Riferimento

GU n. 124 del 30-05-2009 Suppl. ord. N°83

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http://www.ingegneri.info/legge-scheda-17503.html

Estremi

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE – DECRETO 31 MARZO 2009

Titolo

Impiegabilità in mare di prodotti composti da materiali inerti di origine naturale o sintetica, ad azione assorbente, per la bonifica dalla contaminazione da idrocarburi petroliferi.

Novità chiave

I prodotti composti da materiali di cui all’elenco riportato nell’allegato 1 al decreto in questione, in considerazione della loro intrinseca innocuità nei confronti dell’ambiente marino, sono direttamente impiegabili in mare per la bonifica dalla contaminazione da idrocarburi petroliferi, solo qualora siano rispettate le seguenti condizioni: il materiale che compone il prodotto deve risultare inerte dal punto di vista chimico e biologico anche a seguito di eventuali trattamenti; il prodotto non deve contenere altre sostanze chimiche additive rispetto ai materiali di cui all’art. 1, fatta eccezione per l‘involucro esterno che dovrà, esso stesso, essere del tutto inerte; il prodotto non deve svolgere azione affondante nei confronti degli idrocarburi petroliferi; il materiale che compone il prodotto non deve essere utilizzabile in forma libera ma deve essere contenuto in un involucro esterno.

Riferimento

GU n. 114 del 19-5-2009

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http://www.tecnici.it/?cartel=novita&page=vedilex&ex=1&id=17485

ENERGIA Estremi

LEGGE 9 APRILE 2009 N. 33

Titolo

Legge di conversione del DL 10 febbraio 2009 n. 5 “Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi”

Novità chiave

Riferimento

Tra le altre disposizioni riportate dalla legge, agli artt. 1 e 5-bis vengono indicate le disposizioni relative agli “incentivi al rinnovo del parco circolante e incentivi all’acquisto di veicoli ecologici” e alla “riconversione di impianti di produzione di energia elettrica” Suppl. Ordinario della Gazzetta Ufficiale n.85 del 11/04/2009

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http://www.autorita.energia.it/docs/09/030-09arg.htm

Estremi

AUTORITA’ PER L’ ENERGIA ELETTRICA E IL GAS - Delibera ARG/elt 30/09

Titolo

Determinazioni in materia di riconoscimento, ai sensi del titolo II, punto 7 bis, del provvedimento Cip n. 6/92, degli oneri derivanti dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/99 per gli anni 2005, 2006 e 2007

Novità chiave

La delibera determina, ai fini dell’applicazione della deliberazione n. 113/06, il valore Vm riconosciuto per ogni certificato verde: per l’obbligo dell’anno 2005, pari a 53,40 €/MWh;

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aggiornamento legislativo - aprile – giugno 2009 per l’obbligo dell’anno 2006, pari a 36,06 €/MWh; per l’obbligo dell’anno 2007, pari a 38,17 €/MWh. Riferimento Suppl. Ordinario n. 55 della Gazzetta Ufficiale n.91 del 20/04/2009 Link Link

http://www.autorita.energia.it/docs/09/030-09arg.htm

Estremi

AUTORITA’ PER L’ ENERGIA ELETTRICA E IL GAS - Delibera ARG/elt 34/09

Titolo

Disposizioni urgenti per la determinazione delle partite economiche relative al servizio di dispacciamento dell’energia elettrica prelevata e immessa nell’anno 2007 e nell’anno 2008.

Novità chiave

La delibera stabilisce che Terna determini le partite di conguaglio del servizio di dispacciamento con riferimento all’energia elettrica immessa e prelevata nell’anno 2007 da ciascun utente del dispacciamento, utilizzando i medesimi corrispettivi unitari di sbilanciamento effettivo già utilizzati per le fatturazioni del settlement mensile.

Riferimento

Suppl. Ordinario n. 55 della Gazzetta Ufficiale n.91 del 20/04/2009

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http://www.autorita.energia.it/docs/09/034-09arg.pdf

Estremi

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE - DELIBERAZIONE 10 aprile 2009

Titolo

Disposizioni di attuazione della decisione della Commissione europea 2007/589/CE istitutiva delle linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. (Deliberazione n. 14/2009)

Novità chiave

I gestori degli impianti in possesso dell’autorizzazione a emettere gas serra effettuano il monitoraggio delle emissioni di gas a effetto serra secondo le disposizioni di cui alla decisione della Commissione 2007/589/CE del 18 luglio 2007. I gestori hanno facoltà di applicare le disposizioni della decisione della Commissione europea 2007/589/CE a partire dal 1° gennaio 2009. I gestori degli impianti in possesso dell’autorizzazione a emettere gas serra o che, alla data di pubblicazione della presente deliberazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non sono in possesso dell’autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra, ma hanno presentato relativa domanda, trasmettono a questo Comitato il piano di monitoraggio di cui al paragrafo 4.3 della decisione della Commissione 2007/589/CE, predisposto secondo il formato elettronico disponibile nella sezione dedicata all’attuazione della direttiva 2003/87/CE del sito www.minambiente.it , entro novanta giorni dalla data di pubblicazione della presente deliberazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

Riferimento

Gazzetta Ufficiale n. 127 del 04/06/2009

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http://www.tecnici.it/?cartel=novita&page=vedilex&ex=1&id=17510

Estremi

DIRETTIVA 2009/28/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO 23/04/09

Titolo

Direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE

Novità chiave

Il controllo del consumo di energia europeo e il maggiore ricorso all’energia da fonti rinnovabili, congiuntamente ai risparmi energetici e ad un aumento dell’efficienza energetica, costituiscono parti importanti del pacchetto di misure necessarie per ridurre le emissioni di

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La Rivista dei Combustibili

gas a effetto serra e per rispettare il protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e gli ulteriori impegni assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra oltre il 2012. Tali fattori hanno un’importante funzione anche nel promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l’innovazione e nel creare posti di lavoro e sviluppo regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate. La presente direttiva stabilisce un quadro comune per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili. Fissa obiettivi nazionali obbligatori per la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e per la quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti. Detta norme relative ai trasferimenti statistici tra gli Stati membri, ai progetti comuni tra gli Stati membri e con i paesi terzi, alle garanzie di origine, alle procedure amministrative, all’informazione e alla formazione nonché all’accesso alla rete elettrica per l’energia da fonti rinnovabili. Fissa criteri di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi. Riferimento

G.U.C.E. del 05 giugno 2009 - n. L 140

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COMBUSTIBILI Estremi

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO - DECRETO 29 gennaio 2009

Titolo

Revoca della massimizzazione delle importazioni di gas. (09A03519)

Novità chiave

E’ revocato l’obbligo di completo utilizzo delle capacità di trasporto conferite ai punti di entrata della rete nazionale dei gasdotti, come previsto dall’art. 1, comma 1, del decreto ministeriale 7 gennaio 2009.

Riferimento

Gazzetta Ufficiale n. 78 del 03/04/2009

Link Estremi

AUTORITA’ PER L’ ENERGIA ELETTRICA E IL GAS - Delibera ARG/gas 29/09

Titolo

Riferimento

Proroga dei termini per la trasmissione dei dati necessari alle determinazioni tariffarie relative alla distribuzione del gas naturale e di gas diversi dal gas naturale per l’anno 2009. Viene prorogato al 30 aprile 2009 il termine per la trasmissione dei dati necessari alla determinazione tariffaria per l’anno 2009, di cui all’articolo 2, comma 1, della deliberazione dell’Autorità 6 novembre 2008, ARG/gas 159/08. Suppl. Ordinario n. 55 della Gazzetta Ufficiale n.91 del 20/04/2009

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http://www.autorita.energia.it/docs/09/029-09arg.htm

Estremi

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO - DECRETO 24 APRILE 2009

Titolo

Determinazione delle scorte obbligatorie di prodotti petroliferi per l’anno 2009

Novità chiave

Nel decreto vengono emanati i quantitativi di prodotti petroliferi, divisi per categoria, da considerare come scorta derivante dalle immissioni al consumo del 2008 e quella invece costituente una quota aggiuntiva per il 2009. Il decreto è attuativo dal 1° Luglio 2009.

Riferimento

G.U. del 01 giugno 2009 - n. L 125

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http://chimici.tecnici.it/?cartel=leggi&page=result&id=17506

Novità chiave

Volume 63 - fascicolo n. 2 - 2009

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ssc

La Rivista dei Combustibili – anno 2009, volume 63, fascicolo 2. Periodico trimestrale della Stazione Sperimentale per i Combustibili, Viale A. De Gasperi 3 - 20097 San Donato Milanese (MI), tel. 02 516041, fax 02 514286 - e-mail: [email protected] , sito www.ssc.it

Direzione e redazione: Stazione sperimentale per i combustibili Viale A. De Gasperi 3 - 20097 San Donato Milanese (MI) - tel. 02 51604220 – 02 51604262 - fax 02 514286 e-mail [email protected]

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Copertina: Vista del Monte Rosa dalla Valsesia

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STAMPA

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