Retorica-b

  • June 2020
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  • Words: 9,461
  • Pages: 50
Iperbole Catacresi Antonomasia Allegoria Metafora Metonimia Perifrasi o circonlocuzione Personificazione Prosopopea Sineddoche Sinestesia ………………… Allitterazione Paronomasia Anafora Onomatopea o armonia imitativa Figura etimologica o annominazione Poliptoto Anastrofe Iperbato Chiasmo Climax o gradazione Similitudine Ripetizione Raddoppiamento (Geminatio o Epanalessi) Anadiplosi

Epanadiplosi Enallage Ipallage Asindeto Polisindeto Endiadi Zeugma Ossimoro Eufemismo Epifonema Ironia Esclamazione Interrogazione Apostrofe Ipotiposi Antitesi ………………………………………….

Allegoria Consiste nel nascondere, dietro il senso letterale delle parole, un contenuto diverso, per lo più di carattere astratto e ideale. tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi incontro, a poco a poco mi ripingeva là, dove il sol tace. (Dante, Inferno, I, 58-60) Quando mi vidi giunto in quella parte di mia etade ove ciascun dovrebbe calar le vele e raccoglier le sarte, ciò che pria mi piacea allor

selva del peccato

la vecchiaia

m'increbbe: e pentuto e confesso mi rendei. (Dante, Inferno, XXVI, 79-83) l'avarizia Maledetta sie tu, antica lupa, che più che tutte l'altre bestie hai preda per la tua fame sanza fine cupa! (Dante, Purgatorio, XX, 10-13) bellezze di Laura L'oro et le perle e i fiori vermigli e i la vecchiaia bianchi, che 'l verno devria far languidi et secchi, son per me acerbi et velenosi stecchi, ch'io provo per lo petto et per li fianchi. l'anima del poeta (F. Petrarca, Canzoniere, XLVI, 1-4) l'amore Passa la nave mia colma d'oblio per aspro mare, a mezzanotte il verno, enfra Scilla et Caribdi; et al governo siede 'l signore, anzi 'l nimico mio. (F. Petrarca, Canzoniere, CLXXXIX, occupazione straniera 1-4) E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull'erba dura di ghiaccio, al lamento l'ispirazione poetica d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento. (S. Quasimodo, Alle fronde dei salici)

Antonomasia Consiste nell'adoperare un nome comune o una perifrasi invece di un nome proprio e viceversa. (Zingarelli) Di voi pastor s'accorse il Vangelista, quando colei che siede sopra l'acque

San Giovanni Evangelista

puttaneggiar coi regi a lui fu vista; (Dante, Inferno, XIX, 106-108) Ché le città d'Italia tutte piene son di tiranni, e un Marcel diventa ogne villan che parteggiando viene. (Dante, Purgatorio, VI, 124-126)

avversario dell'autorità imperiale

et non già vertù d'erbe, o d'arte maga, o di pietra dal mar nostro divisa, Mare Mediterraneo (Francesco Petrarca, Canzoniere, LXXV, 3-4) De l'empia Babilonia, ond'è fuggita ogni vergogna, ond'ogni bene è fori, albergo di dolor, madre d'errori, son fuggito io per allungar la vita. (Francesco Petrarca, Canzoniere, CXIV, 1-4

Curia papale ad Avignone

la terra e fatto ch'ebbe il re di Circassia battere il volto de l'antiqua madre traversò un bosco, e dopo il bosco un monte, Gesù Cristo (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, II, XXXIII, 5-7) Quel che 'l Maestro suo per trenta nummi diede a' Iudei, non nocque a Ianni o a il demonio Piero; (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, XXII, II, 5-6) Mentre son questi a le bell'opre intenti moralista perché debbiano tosto in uso porse il gran nemico de l'umane genti contra i cristiani i lividi occhi torse. (Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, IV, I, 1-4) i venti Odi come consiglia! odi il pudico

Senocrate d'amor come ragiona! (Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, XVI, LVIII, 5-6)

Caio Mario

[...] e l'isole che col selvoso dorso rompono agli Euri e al grande Ionio il corso. ladri | truffatori (Ugo Foscolo, All'amica risanata, 8284) E quando Furio e l'arator d'Arpino, imperador plebeo, tornava a te, (Giosuè Carducci, Agli amici della Valle Tiberina, 49-50) Come uno straccio lurido, gettata questa terra di Fucci e di Bonturi, (Giosuè Carducci, Heu pudor!, 13-14)

Catacresi Consiste nell'usare un senso al posto di un altro o più genericamente servirsi di un termine oltre il suo significato proprio. Io venni in loco d'ogne luce muto, che mugghia come fa mar per tempesta, se da contrari venti è combattuto. (Dante, Inferno, V, 28-30) Ivi fra l'erbe, già del pianger fioco, vinto dal sonno, vidi una gran luce e dentro assai dolor con breve gioco. (F. Petrarca, Trionfo d'Amore, I, 10-12) [...] ma, poi che tornò il lume a gli occhi miei, ch'eran d'atra caligine condensi, notte mi parve ed a lo sguardo fioco

privo

stanco

offuscato

s'offerse il vacillar d'un picciol foco. (T. Tasso, Gerusalemme liberata, VIII, 197-200) [...] Men duro è il male che riparo non ha? dolor non sente chi di speranza è nudo? (G. Leopardi, Bruto Minore, 35-37)

privo

Sentivo una gran gioia, una gran pena; tanto intensa che non fa parlare una dolcezza ed un'angoscia muta. (G. Pascoli, Sogno, 5-6, Myricae) Oh! dormi col tremolio muto dell'esile cuna che avesti! non piangerlo tutto, il minuto breve che avesti, dell'esile vita! (G. Pascoli, Il sogno della vergine, 5558) Cade la sera. Nasce la luna dalla Verna cruda, roseo nimbo di tal ch'effonde pace senza parola dire. (G. D'Annunzio, I tributarii, 51-55) T'alzi e t'avanzi sul ponticello esiguo, sopra il gorgo che stride: (E. Montale, Falsetto, 42-43)

priva di vegetazione

stretto

Iperbole Consiste nell'esagerare o ridurre, oltre i limiti normali, la qualità di una persona, animale, cosa o un'idea. - O frati, - dissi, - che per centomila perigli siete giunti all'occidente; a questa tanto picciola vigilia de' nostri sensi ch'è del rimanente, non vogliate negar l'esperienza, diretro al sol, del mondo sanza gente... (Dante, Inferno, C. XXVI, 112-117)

Erano i capei d'oro a l'aura sparsi che 'n mille dolci nodi gli avolgea, e 'l vago lume oltra misura ardea di quei begli occhi ch'or ne son sì scarsi;... (F. Petrarca, Canzoniere, XC, 1-4) Parve ch'a tal domanda si cangiassi la maga in viso, e fe' degli occhi rivi,... (L. Ariosto, Orlando furioso, III, 485-486) Gli occhi tuoi pagheran (se in vita resti) di quel sangue ogni stilla un mar di pianto. (T. Tasso, Gerusalemme liberata, XII, 467-468) Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo;... (G. Leopardi, L'infinito, 4-7) Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. (E. Montale, Xenia II, 5, 1-2) Come sei più lontana della luna, ora che sale il giorno e sulle pietre batte il piede dei cavalli! (S. Quasimodo, Ora che sale il giorno, 10-12) ... Gridano a squarciagola in un fuoco di guerra. (L. Sinisgalli, Vidi le Muse, II, 3-4)

Metafora Consiste nel trasferire a un termine il significato di un altro termine con cui ha un rapporto di somiglianza. In breve, è una similitudine senza il termine di paragone: tu sei (simile a) un dio. … e prego anch’io nel tuo porto quiete.

morte

(U. Foscolo, In morte del fratello Giovanni, 11) Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi in così verde etate! Ahi, per la via… (G. Leopardi, La sera del dì di festa, 23-24)

gioventù

…tutto ei provò: la gloria maggior dopo il periglio, la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esiglio; due volte nella polvere, due volte sull’altar. (A. Manzoni, Il Cinque Maggio, 43-48)

in disgrazia in trionfo

figlio |

padre

Tu fior de la mia pianta percossa e inaridita, tu de l’inutil vita sbocciare come i fiori estremo unico fior,… (G. Carducci, Pianto antico, 9-12) Si devono aprire le stelle nel cielo sì tenero e vivo. (G. Pascoli, La mia sera, 9 -10) Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade (G. Ungaretti, Natale, 1-4)

moltissime vie che si intersecano

l'acqua mormora come una colomba che tuba

Alle sponde odo l'acqua colomba, Anapo mio; nella memoria geme la superficie del mare è liscia e verde al suo cordoglio scuro come un prato erboso uno stormire altissimo. (Salvatore Quasimodo, L'Anapo, 1 - 4) gli occhi si aprono come due corolle Piove senza rumore sul prato del

mare. (C. Pavese, Tolleranza, 1) Sono i tuoi puri occhi due miracolose corolle sbocciate a lavarmi lo sguardo. (Antonia Pozzi, Notturno invernale, 29 - 31)

Metonimia Consiste nella sostituzione di un termine con un altro, con cui è in rapporto: la causa per l’effetto, l’effetto per la causa, la materia per l’oggetto, il contenente per il contenuto, lo strumento al posto della persona, l’astratto per il concreto, il concreto per l’astratto, il simbolo per la cosa simbolizzata. … s’accendon le finestre ad le finestre sono una ad una illuminate come tanti teatri. (V. Cardarelli, Sera di Liguria, 5-6) assursero in fretta dai blandi tromba riposi, chiamati repente da squillo guerrier. (A. Manzoni, Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti, Adelchi, 35-36) barca

la causa per l’effetto

l’effetto per la causa

la materia per l’oggetto

Mentre Rinaldo così parla, fende con tanta fretta il suttil legno l’onde, il contenente per il (L. Ariosto, Orlando furioso, dal mosto che bolle nei contenuto Canto XLIII, LXIII) tini ma per le vie del borgo dal ribollir de’ tini va l’aspro odor de i vini l’anime a rallegrar. un uomo (G. Carducci, San Martino, 5-8)

lo strumento al posto della persona

Lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno. (G. Leopardi, A Silvia, 2627)

i giovani

Tutta vestita a festa la gioventù del loco lascia le case, e per le vie si spande; faticoso lavoro (G. Leopardi, Il passero solitario, 32-34) … porgea gli orecchi al suon della tua voce, gloria poetica ed alla man veloce che percorrea la faticosa tela. (G. Leopardi, A Silvia, 2022)

l’astratto per il concreto

il concreto per l’astratto

il simbolo per la cosa simbolizzata

… e intanto vola il caro tempo giovanil; più caro che la fama e l’allor,… (G. Leopardi, Le ricordanze, 43-45)

Perifrasi o circonlocuzione Consiste nell'indicare una persona o una cosa con un giro di parole. e quella parte onde prima è preso nostro alimento, all'un di lor trafisse: (Dante, Inferno, XXV, 85-86)

l'ombelico

... in corso velocissimo se 'n vanno Gerusalemme là 've Cristo soffrì mortale affanno. (T. Tasso, Gerusalemme liberata, C. I, 106-107) l'amore Ma lasciamolo andar dove lo manda

il nudo arcier che l'ha nel cor ferito. (L. Ariosto, Orlando furioso, CIX, Michelangelo e la cupola di S. 739-740) Pietro e l'arca di Colui che nuovo Olimpo alzò in Roma a' Celesti;... (U. Foscolo, Dei Sepolcri, 159-160) Dio ... nui chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in l'autunno lui... (A. Manzoni, Il Cinque Maggio, 3234) Tu pria che l'erbe inaridisse il verno (G. Leopardi, A Silvia, 40)

il vino

Amo te, vite, che tra bruni sassi pampinea ridi, ed a me pia maturi il sapiente de la vita oblio. (G. Carducci, Colloqui con gli alberi, 9-11)

la morte

Giova guarire? Giova che si viva? O meglio giova l'Ospite furtiva che ci affranca dal Tempo e dallo Spazio? (G. Gozzano, La signorina Felicita, VII, 40-43)

la testa

Questo che a notte balugina nella calotta del mio pensiero... (E. Montale, Piccolo testamento, 12)

Personificazione Consiste nell’attribuire a cose e ad animali azioni o sentimenti umani.

D’Achille i cavalli intanto, veduto il loro auriga dalla lancia di Ettore nella polvere abbattuto, lontano dalla battaglia erano là piangenti. (Omero, Iliade, Libro XVII, 540-543; trad. Lorenzo De Ninis) … e da le aurate volte a lei impietosita eco rispose… (G. Parini, Il giorno, Il mezzogiorno, 528-529) Oh quei fanali come s’inseguono accidiosi là dietro gli alberi, tra i rami stillanti di pioggia sbadigliando la luce su ‘l fango! (G. Carducci, Alla stazione in una mattina d’autunno, 3-4) Là, presso le allegre ranelle, singhiozza monotono un rivo. (G. Pascoli, La mia sera, 11-12) Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. (G. Pascoli, Il gelsomino notturno, 5-6) Mentre il cipresso nella notte nera scagliasi al vento, piange alla bufera. (G. Pascoli, Fides, 7-8) Sul sentiero bruciato ho visto il buon lucertolone (goccia di coccodrillo) meditare. (F. Garcia Lorca, La lucertola vecchia, 1-4) E’ giù, nel cortile, la povera fontana malata; che spasimo! sentirla tossire. Tossisce,

tossisce, un poco si tace… di nuovo tossisce. Mia povera fontana, il male che hai il cuore mi preme. (A. Palazzeschi, La fontana malata, 6-25) Febbraio è sbarazzino. … Questo mese è un ragazzo fastidioso, irritante, che mette a soqquadro la casa,… (V. Cardarelli, Febbraio, 1; 8-11) Vanno a sera a dormire dietro i monti le nuvolette stanche. (U. Saba, Favoletta, 6-7) I monti a cupo sonno supini giacciono affranti. (Salvatore Quasimodo, Apòllion, 1 - 2) Dalla finestra aperta entran le voci calme del fiume,… (A. Bertolucci, Mattino, 1-3)

Prosopopea Affine alla personificazione consiste nell’attribuire prerogative umane a cose o a concetti inanimati o astratti, facendoli parlare o rivolgendo loro la parola. Forse perché della fatal quiete tu sei l’immago a me sì cara vieni o Sera!… (U. Foscolo, Alla sera, 1-3)

Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea tornare ancor per uso a contemplarvi… (G. Leopardi, Le ricordanze, 1-2)

Bella Immortal! Benefica Fede ai trionfi avvezza! Scrivi ancor questo, allegrati… (A. Manzoni, Il Cinque Maggio, 97-99)

I cipressi che a Bólgheri alti e schietti Van da San Guido in duplice filar, Quasi in corsa giganti giovinetti Mi balzarono incontro e mi guardâr. Mi riconobbero, e - Ben torni omai Bisbigliaron vèr me co 'l capo chino Perché non scendi? perché non ristai? Fresca è la sera e a te noto il cammino. Oh sièditi a le nostre ombre odorate Ove soffia dal mare il maestrale: Ira non ti serbiam de le sassate Tue d'una volta: oh, non facean già male! Nidi portiamo ancor di rusignoli: Deh perché fuggi rapido così? Le passere la sera intreccian voli A noi d'intorno ancora. Oh resta qui! (G. Carducci, Davanti San Guido, 1-16)

Io son, Dafne, la tua greca sorella, Che vergin bionda su 'l Peneo fuggía E verdeggiai pur ieri arbore snella Per l'Appia via. (Giosuè Carducci, Una rama d'alloro, 1-4)

Non temere, o uomo dagli occhi glauchi! Erompo dalla corteccia fragile io ninfa boschereccia Versilia, perché tu mi tocchi. (G. D'Annunzio, Versilia, Alcyone, 1-4)

Upupa, ilare uccello calunniato dai poeti, che roti la tua cresta sopra l’aereo stollo del pollaio e come un finto gallo giri al vento;… (E. Montale, Upupa, ilare uccello calunniato, 1-4)

Similitudine Consiste nel paragonare persone, animali, cose, sentimenti per associazione di idee; è introdotta da come, sembra, pare, è simile, somiglia, ecc… Nella destra scotea la spaventosa peliaca trave; come viva fiamma, o come disco di nascente Sole balenava il suo scudo… (Omero, Iliade, Libro XXII, 171-174; traduzione di V. Monti) Gli venne dunque incontro con la nutrice che aveva in braccio il bambino, il figlio amato di Ettore, simile a chiara stella. (Omero, Iliade, Libro VI, 343-345; S. Quasimodo) Se sia bella, non so. Tra le donne è ben giovane: mi sorprende, a pensarla, un ricordo remoto dell’infanzia vissuta tra queste colline, tanto è giovane. E’ come il mattino. Mi accenna negli occhi tutti i cieli lontani di quei mattini remoti. (C. Pavese, Incontro, 14-18) Ed io pensavo: Di tante parvenze che s’ammirano al mondo, io ben so a quali posso la mia bambina assomigliare. Certo alla schiuma, alla marina schiuma… (U. Saba, Ritratto della mia bambina, 5-8) Un tappeto di smeraldo sotto al cielo il monte par. (G. Carducci, In Carnia, 3-4)

Sineddoche Affine alla metonimia (per molti studiosi non esiste differenza tra le due figure retoriche) consiste nello spostare il significato che abbia col primo un rapporto di quantità. Si ha quando si usa: la parte per il tutto, il tutto per la parte,

il genere per la specie, la specie per il genere, il singolare per il plurale, il plurale per il singolare. E quando la fatal prora d’Enea nave per tanto mar la foce tua cercò,… (G. Carducci, Agli amici della Valle Tiberina, 45-46) Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. (G. Pascoli, Il gelsomino notturno, 7-8)

gli uccellini

il tutto per la parte

persona

il genere per la specie

- O animal grazioso e benigno che visitando vai per l’aer perso noi che tignemmo il mondo di sanguigno:… (Dante, Inferno, Canto V, 88- i venti 90) …E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni,… versi (U. Foscolo, Alla sera, 3-4) … onde non tacque le tue limpide nubi e le tue fronde l’inclito verso di colui che l’acque… (U. Foscolo, A Zacinto, 6-8)

la parte per il tutto

fame freddo

O sacrosante Vergini, se fami, freddi o vigilie mai per voi soffersi, cagion mi sprona ch’io mercé vi chiami. (Dante, Purgatorio, Canto XXIX, 37-39)

Sinestesia

la specie per il genere

il singolare per il plurale

il plurale per il singolare

Consiste nel creare un’immagine associando termini che appartengono a sfere sensoriali diverse. Non vi ster molto, ch'un lamento sfera uditiva (lamento) + sfera amaro gustativa (amaro) l'orecchie d'ogni parte lor feriva; (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, XXIII, XLIV, 5-6) Ma per le vie del borgo dal ribollir de’ tini va l’aspro odor de i vini l’anime a rallegrar. (G. Carducci, San Martino, 5-8) Dormi! bisbigliano, Dormi! là, voci di tenebra azzurra… (G. Pascoli, La mia sera, 35-36) Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse. (G. Pascoli, Il gelsomino, 9-10)

sfera gustativa (aspro) + sfera olfattiva (odore)

sfera uditiva (voci) + sfera visiva (tenebra azzurra)

sfera olfattiva (odore) + sfera visiva (fragole rosse)

Per la fresca finestra scorre amaro un sentore di foglie. (C. Pavese, Ulisse, 14-15) Sepolto nella bruma il mare odora. (V. Cardarelli, Sera di Liguria, 7) Appisolarmi là solo in un caffè remoto con una luce fievole come questa di questa luna. (G. Ungaretti, C’era una volta, 611) E del grave occhio glauco entro l’austera dolcezza si rispecchia ampio e

sfera gustativa (amaro) + sfera uditiva (sentore)

sfera visiva (bruma) + sfera olfattiva (odora)

sfera visiva (luce) + sfera tattile (fievole)

quieto il divino del pian silenzio verde. (G. Carducci, Il bove, 12-14) sfera uditiva (silenzio) + sfera visiva Naviga in un tepor di sole occiduo (verde) ridente a le cerulee solitudini:… (G. Carducci, Fantasia, 5-6) Or ch'a i silenzi di cerulea sera tra fresco mormorio d'alberi e fiori ella siede,... (G. Carducci, Visione, 1-3)

sfera tattile (tepore) + sfera visiva (ridente)

sfera tattile (fresco) + sfera uditiva (mormorio)

……………………..

Allitterazione Consiste nel ripetere le stesse lettere (vocale, consonante o sillaba) all’inizio, ma anche all’interno di due o più parole successive legate dal senso. e caddi come corpo morto cade. (Dante, Inferno, Canto V, v 142) Ma ben veggio or sì come al popol tutto favola fui gran tempo, onde sovente di me medesmo meco mi vergogno; (F. Petrarca, Canzoniere, I, vv 9-11) Sotto questi cipressi, ove non spero, ove non penso di posarmi più:… (G. Carducci, Davanti San Guido, vv 105-106) tra fresco mormorio d'alberi e fiori (G. Carducci, Visione, v 2) Lenta e rosata sale su dal mare la sera di Liguria,… (V. Cardarelli, Sera di Liguria, vv 1-2)

Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto,… (E. Montale, Meriggiare pallido e assorto, vv 1-2) Viene il freddo. Giri per dirlo tu, sgricciolo, intorno le siepi; e sentire fai nel tuo zirlo lo strido di gelo che crepi. (G. Pascoli, L’uccellino del freddo, vv 1-4) Col mare mi sono fatto una bara di freschezza. (G. Ungaretti, Universo) Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell’aspra bufera, non resta che un dolce singulto nell’umida sera. (G. Pascoli, La mia sera, vv 13-16)

Paronomasia Consiste nell’accostare due parole che presentano suoni simili con un significato diverso, ma che a volte hanno anche un legame etimologico. Ed egli a me: - La tua città ch’è piena d’invidia sì che già trabocca il sacco, seco mi tenne in la vita serena (Dante, Inferno, Canto VI, vv 49-51) I’ fui per ritornar più volte volto. (Dante, Inferno, Canto I, v 36) Quivi stando, il destrier ch'avea lasciato tra le più dense frasche alla fresca ombra,... (L. Ariosto, Orlando furioso, VI, 201-202) Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi,… (G. Leopardi, L’infinito, vv 5-6) Tu, placido e pallido ulivo, non dare a noi nulla;… (G. Pascoli, La canzone dell’ulivo, vv 60-61) Scrisse musiche inedite, inaudite, oggi sepolte in un baule o andate al macero… (E. Montale, Xenia I, 13, vv4-6) Me ne vado per le strade strette oscure e misteriose. (D. Campana, La petite promenade du poète, vv1-2) Trema un ricordo nel ricolmo secchio, nel puro cerchio un’immagine ride. (E. Montale, Cigola la carrucola del pozzo, vv3-4) S’è rifatta la calma nell’aria: tra gli scogli parlotta la maretta. (E. Montale, Maestrale, vv1-2)

Anafora

Consiste nella ripetizione di una parola all’inizio di due o più versi. S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo; s’i’ fosse vento, lo tempestarei; s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; s’i’ fosse Dio, mandereil en profondo; s’i’ fosse papa, serei allor giocondo, ché tutti ’ cristiani embrigarei; s’i’ fosse ’mperator, sa’ che farei? a tutti mozzarei lo capo a tondo. S’i’ fosse morte, andarei da mio padre; s’i’ fosse vita, fuggirei da lui: similemente faria da mi’ madre. S’i’ fosse Cecco com’i’ sono e fui, torrei le donne giovani e leggiadre: le vecchie e laide lasserei altrui. (Cecco Angiolieri, S’i’ fosse foco…) I bimbi di Estremadura vanno scalzi. Chi gli ha rubato le scarpe? Li ferisce il caldo e il freddo. Chi gli ha strappato i vestiti? La pioggia gli bagna il letto e il sonno. Chi demolì la casa? Non sanno i nomi delle stelle. Chi gli chiuse la scuola? I bimbi di Estremadura sono serii. Chi fu il ladro dei loro giochi? (Rafael Alberti, I bimbi di Estremadura; traduzione di V. Bodini) Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove su i pini scagliosi ed irti, piove su i mirti

Onomatopea o armonia imitativa Consiste nell’imitare un suono, un rumore, la voce degli animali, un’azione. E le galline cantavano, Un cocco! ecco ecco un cocco un cocco per te! (G. Pascoli, Valentino, vv 15-16) A tutte l’ore gettate all’aria, chi di tra i solchi, chi di sui rami, la vostra voce stridula e varia, chi, che ripeta, chi, che richiami. (G. Pascoli, Primo canto, vv10-13) … squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento… (G. Pascoli, L’assiuolo, vv 19-20) Sciacqua, sciaborda, scroscia, schiocca, schianta, romba, ride, canta,… (G. D’Annunzio, Alcyone, L’onda, vv 63-65) …ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. (E. Montale, Meriggiare pallido e assorto, vv 3-4) Le vele le vele le vele che schioccano e frustano al vento (D. Campana, Barche amorrate, vv 1-2)

Figura etimologica o annominazione Consiste nel ripetere nello stesso verso due o più parole che hanno la stessa base etimologica. Amor, che a nullo amato amar perdona... (Dante, Inferno, c. V, v. 103) Morte m' ha morto, e sola po far Morte

ch' i' torni a riveder quel viso lieto. (F. Petrarca, Mia benigna fortuna è 'l viver lieto, vv. 43-44) Misera Armida, allor dovevi, e degno ben era, in quel crudele incrudelire, che tu prigion l'avesti;... (T. Tasso, Gerusalemme liberata, c. XVI, vv. 513-515) Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi, in tutt'altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato. (G. Giusti, Sant'Ambrogio, vv. 24-26) Tra i popoli dei nidi, io vi sentii la voce mia di fanciullo... E vidi nel crocevia, la croce. (G. Pascoli, Mia madre, vv. 13-16) Ed ecco una nave, ecco le vele etrusche partitesi dal lito di Luni lunato e niveo di marmi. (G. D'Annunzio, Le madri, vv. 65-69) Il suo amore, impassibile farebbe numerare le innumere sue spine spargendosi nelle ore, nei minuti. (G. Ungaretti, Cori descrittivi di stati d'animo di Didone, XIII, vv. 3-5)

Poliptoto Consiste nel ripetere un vocabolo in forme o funzioni grammaticali diverse. Qual è colui che suo dannaggio sogna, che sognando desidera sognare... (Dante, Inferno, C. XXX, vv 136-137) ... tanto più che, per quel ch'apparea fuori, io credea e credo, e creder credo il vero, ch'amassi et ami me con cor sincero.

(L. Ariosto, Orlando furioso, C. IX, vv 182-184) ... e quivi, deposta l'usata minaccia, le donne superbe, con pallida faccia, i figli pensosi pensose guatar. (A. Manzoni, Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti, vv 22-24) ... e gli occhi fermi, l'iridi sincere azzurre d'un azzurro di stoviglia... (G. Gozzano, La signorina Felicita, III, vv 11-12) I miei morti che prego perché preghino per me, per i miei vivi com'io invece... (E. Montale, Proda di Versilia, vv 1-2) Un sogno di bellezza un dì mi prese. Ero fra calda gente in un caldo paese. (S. Penna, Un sogno di bellezza un dì mi prese)

Anastrofe Consiste nell'invertire l'ordine naturale delle parole all'interno di un verso. La donna il palafreno a dietro volta, e per la selva a tutta briglia il caccia; (L. Ariosto, Orlando furioso, C. I, vv 97-98) Ali ha ciascuno al core ed ali al piede, né del suo ratto andar però s'accorge; (T. Tasso, Gerusalemme liberata, C. III, vv 17-18) A egregie cose il forte animo accendono l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella... (U. Foscolo, Dei Sepolcri, vv 151-152) Ed era letto agli egri corpi il gelo. (G. Leopardi, Sopra il monumento di Dante, v 145) Corron tra 'l Celio fosche e l'Aventino le nubi: il vento dal pian tristo move...

(G. Carducci, Dinanzi alle Terme di Caracalla, vv 1-2) Mi scosse, e mi corse le vene il ribrezzo. Passata m'è forse rasente, col rezzo dell'ombra sua nera, la morte... (G. Pascoli, Il brivido, vv 1-6) Odono i monti e le valli e le selve e i fonti e i fiumi e l'isole del mare. (G. D'Annunzio, L'oleandro, vv 374-375) Cercavano il miglio gli uccelli ed erano subito di neve; (S. Quasimodo, Antico inverno, vv 5-6)

Iperbato Consiste nel separare due parole che dovrebbero stare insieme, interponendovi altri elementi. ... io parlo de' begli occhi e del bel volto, che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto. (L. Ariosto, Orlando furioso, C. VIII, vv 639-640) ... i ritrosi pareri e le non pronte e in mezzo a l'eseguire opere impedite. (T. Tasso, Gerusalemme liberata, C. I, vv 235-236) ... il divino del pian silenzio verde. (G. Carducci, Il bove, v 14) O, tinta d'un lieve rossore, casina che sorridi al sole! (G. Pascoli, In viaggio, vv 31-32) Quelle sere, Maria non, come suole, pregava al mio guanciale, co' suoi lenti

bisbigli, con le sue dolci parole: (G. Pascoli, La mia malattia, 11-13) Gloria del disteso mezzogiorno quand'ombra non rendono gli alberi,... (E. Montale, Gloria del disteso mezzogiorno, vv 1-2) ... un'eco di mature angosce rinverdiva a toccar segni alla carne oscuri di gioia. (S. Quasimodo, S'udivano stagioni aeree passare, vv 3-5)

Chiasmo Consiste nel disporre in modo incrociato, secondo la forma della lettera greca (chi), due termini o due frasi. Quell'uno e due e tre che sempre vive e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno, (Dante, Paradiso, C. XIV, vv 28-29) ... indi traendo poi l'antico fianco per l'estreme giornate di sua vita quanto più po col buon voler s'aita, rotto dagli anni e dal cammino stanco. (F. Petrarca, Movesi il vecchierel canuto e bianco, vv 5-8) Immota e come attonita ste' alquanto; poi sciolse al duol la lingua, e gli occhi al pianto. (L. Ariosto, Orlando furioso, C. VIII, vv 311-312) Fuggì tutta la notte e tutto il giorno errò senza consiglio e senza guida, non udendo o vedendo altro d'intorno, che le lagrime sue, che le sue strida. (T. Tasso, Gerusalemme liberata, C. VII, vv 17-20) - Bei cipressetti, cipressetti miei, fedeli amici d'un tempo migliore, oh di che cuor con voi mi resterei guardando io rispondeva - oh di che cuore!... (G. Carducci, Davanti San Guido, vv 17-20)

Oh! dormi col tremolio muto dell'esile cuna che avesti! non piangerlo tutto, il minuto che avesti, dell'esile vita! (G. Pascoli, Il sogno della vergine, vv 55-58) O nere e bianche rondini, tra notte e alba, tra vespro e notte, o bianche e nere ospiti lungo l'Affrico notturno! (G. D'Annunzio, Lungo l'Affrico, vv 21-23)

Climax o gradazione Consiste nell'ordinare i concetti in modo che dall'uno si passi all'altro come per gradi. Può essere ascendente o discendente. O mia stella, o fortuna, o fato, o morte, o per me sempre dolce giorno e crudo,... (F. Petrarca, Canzoniere, CCXCVIII, 12-13) Ecco sono agli oltraggi, al grido, all'ire, al trar de' brandi, al crudel suon de' ferri; (L. Ariosto, Orlando furioso, c. XXIV, 785-786) Non cala il ferro mai, ch'a pien non colga, né coglie a pien, che piaga anco non faccia, né piaga fa, che l'alma altrui non tolga; (T. Tasso, Gerusalemme liberata, c. IX, 177-179) Quando Orion dal cielo declinando imperversa; e pioggia e nevi e gelo sopra la terra ottenebrata versa, [...] (G. Parini, La caduta, 1-4) Vecchierel bianco, infermo, mezzo vestito e scalzo, con gravissimo fascio in su le spalle, per montagna e per valle, per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, al vento, alla tempesta, e quando avvampa l'ora, e quando poi gela,

corre via, corre, anela, varca torrenti e stagni, cade, risorge, e più e più s'affretta, senza posa o ristoro, lacero, sanguinoso, [...] (G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, 21-32) Un corriero è salito in arcioni; prende un foglio, il ripone, s'avvia, sferza, sprona, divora la via; ogni villa si desta al rumor. (A. Manzoni, Il Conte di Carmagnola, Atto II, Scena VI, Coro, 77-80) Già il mostro, conscio di sua metallica anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei occhi sbarra;... (G. Carducci, Alla stazione in una mattina d'autunno, 29-31) La terra ansante, livida, in sussulto; il cielo ingombro, tragico, disfatto: (G. Pascoli, Il lampo, 2-3) Palpita, sale, si gonfia, s'incurva, s'alluma, propende. (G. D'Annunzio, L'onda, 30-32)

Ripetizione Consiste nel ripetere, ad intervalli, due o più volte una o più parole. Sennuccio, i' vo' che sappi in qual manera trattato sono e qual vita è la mia: ardomi e struggo ancor com'io solia, l'aura mi volve, e son pur quel ch'i' m'era. Qui tutta umile e qui la vidi altera, or aspra or piana, or dispietata or pia; or vestirsi onestate or leggiadria, or mansueta or disdegnosa e fera. Qui cantò dolcemente, e qui s'assise, qui si rivolse, e qui rattenne il passo, qui co' begli occhi mi trafisse il core;

qui disse una parola, e qui sorrise, qui cangiò il viso. In questi pensier, lasso, notte e dì tiemmi il signor nostro Amore. (F. Petrarca, Canzoniere, CXII) Sia destin ciò ch'io voglio: altri disperso sen vada errando, altri rimanga ucciso, altri, in cure d'amor lascive immerso, idol si faccia un dolce sguardo e un riso; (T. Tasso, Gerusalemme liberata, IV, 129-132) e corri, corri, corri! con la scure corri e co' dardi, con la clava e l'asta; corri! minaccia gl'itali penati Annibal diro. (G. Carducci, Alle fonti del Clitumno, 65-68) Non vogliamo ricordare vino e grano, monte e piano, la capanna, il focolare, mamma, bimbi... Fate piano! piano! piano! piano! piano! (G. Pascoli, L'or di notte, 21-25) Nulla tu offri al mio cuore che lo consoli un momento, sì ch'esso quasi sgomento non vede in te che un colore: il colore della noia e dei fiori di bugia, il colore della mia giovinezza senza gioia; il colore del passato che ritorna ben vestito, il color dell'infinito e di ciò che non è stato; il color della mia vita, della mia scioperataggine, il color della piombaggine, il color della matita; il colore di queste ore così lente a calar giù dai lor numeri, il colore che non è colore più. (M. Moretti, Ramo d'ulivo, 11-20) ... a metà è la mia vita a metà il giorno a metà ormai la mia solitudine. (A. Bertolucci, Il frate, 13-14)

Raddoppiamento (Geminatio o Epanalessi) Forma di ripetizione che consiste nel raddoppiare una o più parole, due o più volte, senza l'intervallo d'altre parole, all'inizio, alla fine o all'interno di un verso. Dunque che è? Perché, perché ristai? (Dante, Inferno, II, 121) [...] coll'altre schiere travagliate e 'nferme, gridan: O Signor nostro, aita, aita; (F. Petrarca, Spirto gentil che quelle membra reggi, 61-62) Cangia, cangia consiglio, pazzarella che sei. (T. Tasso, Aminta, Atto I, Scena I, 165-166) Amore, amore, assai lungi volasti dal petto mio, che fu sì caldo un giorno... (G. Leopardi, La vita solitaria, 39-40) [...] io voglio io voglio adagiarmi in un tedio che duri infinito. (G. Carducci, Alla stazione in una mattina d'autunno, 59-60) Ma non per me, non per me piango; io piango per questa madre che, tra l'acqua spera, per questo padre che desìa, nel fango; (G. Pascoli, Il giorno dei Morti, 160-162) Qual donna s'abbandona (se non tu, se non tu) sì dolcemente con questa placata correntìa? (G. D'Annunzio, Bocca d'Arno, 6-8) Ha qualcosa di me, di me lontano nel tempo... (U. Saba, Il fanciullo appassionato, 3-4) M'abbandono, m'abbandono; ululo di primavera, è una foresta

nata nei miei occhi di terra. (S. Quasimodo, La mia giornata paziente, 5-8) [...] il lungo colloquio coi poveri morti, la cenere, il vento, il vento che tarda, la morte, la morte che vive! (E. Montale, Notizie dall'Amiata, 45-46)

Anadiplosi Forma di ripetizione che consiste nel ripetere una o più parole di un verso all'inizio del successivo. Ma passavam la selva tuttavia. La selva, dico, di spiriti spessi. (Dante, Inferno, IV, 65-66) Più volte Amor m'avea già detto: Scrivi, scrivi quel che vedesti in lettre d'oro, [...] (F. Petrarca, Canzoniere, XCIII, 1-2) La tua fronte non è più cielo, da quel mio cielo sole non cade, da quel sole luce non prende e colore il mio giorno. (Libero De Libero, Romanzo, V, 2-5) Muore il ragazzo un poco ogni giorno per giuoco. Per giuoco morde invano il cavo della mano. (L. Sinisgalli, Vidi le Muse, VII, 1-4) Ho risposto nel sonno: - E' il vento, il vento che fa musiche bizzarre (V. Sereni, Diario d'Algeria, II, 8-9) E se ne va. Tutto quello ch'essa sa dirmi lo dice a questo suo ramoscello che adornerà una cornice. Adornerà la cornice dorata a capo del letto l'ulivo ch'è benedetto, l'ulivo che benedice. (M. Moretti, Ramo d'ulivo, 3-6)

C'è un fanciullo che incontro nelle mie passeggiate, un fanciullo un poco strano. (U. Saba, Il fanciullo appassionato, 1-2) Oh il gocciolio che scende a rilento dalle casipole buie, il tempo fatto acqua, il lungo colloquio coi poveri morti, la cenere, il vento, il vento che tarda, la morte, la morte che vive! (E. Montale, Notizie dell'Amiata, 43-46) Le porte del mondo non sanno che fuori la pioggia le cerca. Le cerca. Le cerca. Paziente si perde, ritorna. La luce non sa della pioggia. La pioggia non sa della luce. Le porte, le porte del mondo son chiuse: serrate alla pioggia, serrate alla luce. (S. Penna, Le porte del mondo non sanno) Un'anima in me, che non era solo mia, una piccola anima in quel mondo sconfinato, cresceva, nutrita dall'allegria di chi, amava, anche se non riamato; (P. P. Pasolini, Il pianto della scavatrice, II, 25-28)

Epanadiplosi Forma di ripetizione che consiste nell'iniziare e terminare un verso con la stessa parola o gruppo di parole. Prendi partito accortamente, prendi (F. Petrarca, I' vo pensando, e nel penser m'assale, 23) E' giunto il fin de' lunghi dubbi, è giunto, nobiluomini, il dì che statuito fu a risolver da voi. [...] (A. Manzoni, Il Conte di Carmagnola, Atto I, Scena I, 1-3) Presso il rudere un pezzente cena tra le due fontane:

pane alterna egli col pane, volti gli occhi all'occidente. (G. Pascoli, Il mendico, 1-4) Rimanete, vi prego, rimanete qui. Non vi alzate! Avete voi bisogno di luce? [...] (G. D'Annunzio, La Sera, 1-3) Salisci, mia Diana, salisci, salisci codesto scalino. (A. Palazzeschi, Le mie ore, Diana, 1-2) C'era - una volta - qualche cosa. C'era la nostalgia d'una labile terra, [...] (M. Moretti, Quel che c'era una volta, 1-2) Non sente la montagna chi non sente questa farfalla, simbolo dell'Alpi [...] (G. Gozzano, Parnassus Apollo, 1-2) Certo, si piacciono, certo l'uno dell'altra ha gioia a giudicare dal cigolio del letto che si fa ritmo d'un brutto sogno oppure sussulto in dormiveglia, quasi vero. (V. Sereni, Un incubo, 1-5)

Enallage Consiste nell'usare una parte del discorso con la funzione di un'altra (aggettivo per avverbio, aggettivo per nome, tempo presente per il futuro, ecc.) ... perch'io sia giunto forse alquanto tardo, non t'incresca restare a parlar meco... (Dante, Inferno, XXVI, 22-23) Scorre più sotto il re canuto a piede da l'una a l'altra porta e 'n su le mura ciò che prima ordinò cauto rivede cautamente e i difensor conforta e rassecura:

>>> invece di tardi

>>> invece di

(T. Tasso, Gerusalemme liberata, XI, 225-228) ... Al tardo onore tardivamente non sorser gli occhi tuoi; mercé, non danno, l'ora estrema ti fu... (G. Leopardi, Ad Angelo Mai, 132-134) Languido il tuon de l'ultimo cannone languidamente dietro la fuga austriaca moria: (G. Carducci, Piemonte, 73-74) e stridere odo l'arco forte e sibilare lo strale fortemente (G. D'Annunzio, Il Gombo, 47-48) ... l'attacchino sposta dolce la scala lungo i muri dolcemente in un fruscio di carta. (A. Gatto, Un'alba, 7-9)

>>> invece di giunto

>>> invece di

>>> invece di

>>> invece di

Ipallage Consiste nell'attribuire ad un termine l'aggettivo che si riferisce ad un altro all'interno di uno o due versi. ... tal mi fec'io di mia virtute stanca abbattuto, non il suo coraggio (Dante, Inferno, II, 130) ... e spesso all'ore tarde, assiso sul conscio letto, dolorosamente conscio, non il letto (G. Leopardi, Le ricordanze, 113-114) O desiata verde solitudine verde, non la solitudine lungi al rumor de gli uomini! (G. Carducci, Ruit hora, 1-2)

>>> è il poeta

>>> è il poeta

>>> è la campagna

Qual è questa via senza fine che all'alba è sì tremula d'ali? tremule, non la via (G. Pascoli, Le rane, 9-10) O forse lungo l'Affrico che riga la pallida contrada pallidi, non la contrada ove i campi il cipresso han per confine? (G. D'Annunzio, Il fanciullo, 8-10) E ora, in queste mattine così stanche stanco, non le mattine che ho smesso di chiedere e di sperare,... (V. Cardarelli, Estiva, 23-25) Il fanciullo preme sulla terra la sua mano vittoriosa vittorioso, non la mano (L. Sinisgalli, Vidi le Muse, II, 12-13)

>>> sono le ali

>>> sono gli ulivi

>>> è il poeta

>>> è il fanciullo

Deola passa il mattino seduta al caffè e nessuno la guarda. A quest'ora in città corron tutti sotto il sole ancor fresco dell'alba... >>> è l'alba fresca, non il sole (C. Pavese, Pensieri di Deola, 1-3) ... Intorno, ogni tristezza al braccio dei soldati era un odore povero di donna povera, non l'odore coi garofani scuri sopra il petto. (A. Gatto, Alla voce perduta, 3-6)

>>> è la donna

Asindeto Consiste nell'accostare proposizioni o loro membri senza l'uso delle congiunzioni. Diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d'ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle.

(Dante, Inferno, III, 25-27) Vegghio, penso, ardo, piango, e chi mi sface [...] (Francesco Petrarca, Canzoniere, CLXIV, v 5) Spesso in conviti, e sempre stanno in feste, in giostre, in lotte, in scene, in bagno, in danza: or presso ai fonti, all'ombre de' poggietti, leggon d'antiqui gli amorosi detti. (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, VII, st. 31) Ma che non puote il tempo? e che non puote, servendo, meritando, supplicando, fare un fedele ed importuno amante? (Torquato Tasso, Aminta, Atto I, Scena I, 65-67) Dagli atri muscosi, dai Fori cadenti, dai boschi, dall'arse fucine stridenti, dai solchi bagnati di servo sudor, un volgo disperso repente si desta; (Alessandro Manzoni, Dagli atrii muscosi..., Adelchi,Atto III, Coro, 1-4) Già la corte, il ministero, il soldato, il birro, il clero, manda il morto al diavolo. (Giuseppe Giusti, Il dies ira e, 16-18) Esili foglie, magri rami, cavo tronco, distorte barbe, piccol frutto, ecco, e un nume ineffabile risplende nel suo pallore! (Gabriele D'Annunzio, L'ulivo, 9-12) ella dolce ella grave ella pia, corregge conforta consiglia. (Giovanni Pascoli, Sorella, 3-4) Dicevi: morte silenzio solitudine; (Salvatore Quasimodo, Colore di pioggia e di ferro, 1)

Polisindeto

Consiste nel collegare varie proposizioni o loro membri con numerose e ripetute congiunzioni. Non altrimenti fan, di state, i cani or col petto, or col piè, quando son morsi o da pulci o da mosche o da tafani. (Dante, Inferno, XVII, 49-51) [...] è l'aura mia vital da me partita e viva e bella e nuda al ciel salita: (Francesco Petrarca, Canzoniere, CCLXXVIII, 4-5) Avea in ogni sua parte un laccio teso, o parli o rida o canti o passo muova: né maraviglia è se Ruggier n'è preso, poi che tanto benigna se la truova. (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, VII, st. 16) Vinta da l'ira è la ragione e l'arte e le forze il furor ministra e cresce. Sempre che scende il ferro o fora o parte o piastra o maglia, e colpo in van non esce. (Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, VI, st. 47) Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve tutte cose l'obblio nella sua notte; e una forza operosa le affatica di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe e l'estreme sembianze e le reliquie della terra e del ciel traveste il tempo. (Ugo Foscolo, Dei Sepolcri, 16-22) E ripensò le mobili tende, e i percossi valli, e il lampo de' manipoli, e l'onda dei cavalli, e il concitato imperio e il celere ubbidir. (Alessandro Manzoni, Il Cinque Maggio, 79-84)

[...]

e l'anno è morto, ed anche il giorno muore, e il tuono muglia, e il vento urla più forte, e l'acqua fruscia, ed è già notte oscura, e quello ch'era non sarà mai più. (Giovanni Pascoli, In ritardo, 45-48) E non ho più nome. E l'Alpi e l'isole e i golfi e i capi e i fari e i boschi e le foci ch'io nomai non han più l'usato nome che suona in labbra umane. (Gabriele D'Annunzio, Meriggio, 99-104)

Endiadi Consiste nell’esprimere un concetto unico servendosi di due parole. O delli altri poeti onore e lume (Dante, Inferno, I, 82) Giaufrè Rudel, ch’usò la vela e il remo a cercar la sua morte... (Francesco Petrarca, Trionfo d’Amore, IV, 52-53) e credo da le fasce e da la culla al mio imperfetto, a la fortuna avversa, questo rimedio provedesse il cielo. (Francesco Petrarca, Gentil mia donna, i’ veggio..., 52-54) Chi è fermato di menar sua vita su per l’onde fallaci e per li scogli, (Francesco Petrarca, Canzoniere, LXXX, 1-2) Deh! fate un corpo sol de’ membri amici; fate un capo che gli altri indrizzi e frene; date ad un sol lo scettro e la possanza, e sostenga di re vece e sembianza. (Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, I, st. 31) ... e il grande impero di quella Roma, e l’armi, e il fragorio...

(Giacomo Leopardi, La sera del dì di festa, 35-36) Candida, vereconda, austera luna che vapori e tepor per l’alta notte saliano a te dagli erborati colli; (Giosuè Carducci, Notte di Maggio, 7-9) [...] quando, stagliate dentro l’oro e il fuoco, le paranzelle in una riga lunga dondolano sul mar liscio di lacca. (Giovanni Pascoli, I puffini dell’Adriatico, 12-14) Nell’oro e nella porpora aperte palpitano le ali, le ali apollinee. (Gabriele D’Annunzio, Alcione, Ditirambo I, 452-454)

Zeugma Consiste nell'usare una parola (di solito un verbo) riferita a due termini, mentre si adatta ad uno solo dei due. Ma se a conoscer la prima radice del nostro amor tu hai cotanto affetto, farò come colui che piange e dice. (Dante, Inferno, V, 124-126) Ma se le mie parole esser dien seme che frutti infamia al traditor ch'i' rodo, parlare e lagrimar vedrai insieme. (Dante, Inferno, XXXIII, 7-9) Poi ch'ella in sé tornò, deserto e muto, quanto mirar potè, d'intorno scorse: (T. Tasso, Gerusalemme liberata, XVI, 63, 1-2) e, chino il capo e le ginocchia, al petto giunge la destra. Il re così gli dice: (T. Tasso, Gerusalemme liberata, XVII, 37, 1-2) d'in su i veroni del paterno ostello

porgea gli orecchi al suon della tua voce ed alla man veloce che percorrea la faticosa tela. (G. Leopardi, A Silvia, 19-22) Leva in roseo fulgor la cattedrale le mille guglie bianche e i santi d'oro, osannando irraggiata: intorno, il coro bruno dei falchi agita i gridi e l'ale. (G. Carducci, Sole e amore, 5-8) Maggio, idillio di Dante e Beatrice, Che di tentazïoni Le vie, d'acacie infiori la pendice, Le case di mosconi: (G. Carducci, Idillio di maggio, 1-4)

Ossimoro Consiste nell'accostare due termini che hanno significato opposto. ... tal che mi fece, or quand'egli arde 'l cielo, tutto tremar d'un amoroso gielo. (F. Petrarca, Non al suo amante più Diana piacque, vv. 7-8) Ma il fanciullo Rinaldo e sovra questi e sovra quanti in mostra eran condutti, dolcemente feroce alzar vedresti la regal fronte, e in lui mirar sol tutti. (T. Tasso, Gerusalemme liberata, c. I, vv. 457-460) Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, e tu, lieta e pensosa, il limitare di gioventù salivi? (G. Leopardi, A Silvia, vv. 1-6) Sentia nell'inno la dolcezza amara de' canti uditi da fanciullo;... (G. Giusti, Sant'Ambrogio, vv. 65-66)

O viso dolce di pallor roseo, o stillanti occhi di pace, o candida tra' floridi ricci inchinata pura fronte con atto soave! (G. Carducci, Alla stazione in una mattina d'autunno, vv. 37-40) Le pie lucerne brillano intorno, là nella casa, qua sulla siepe: sembra la terra, prima di giorno, un piccoletto grande presepe. (G. Pascoli, Le ciaramelle, vv. 13-16) Figure di Neumi elle sono in questa concordia discorde. (G. D'Annunzio, Undulna, vv. 41-42) Cessate d'uccidere i morti... (G. Ungaretti, Non gridate più, v. 1) Si scambiano motti superbi e dolcissime ingiurie. La Sera... (L. Sinisgalli, Vidi le Muse, II, vv. 5-6)

Eufemismo Consiste nell'attenuare un'espressione troppo cruda o realistica o inopportuna. Quando rispuosi, cominciai: - Oh lasso, quanti dolci pensier, quanto disio menò costoro al doloroso passo! (Dante, Inferno, V, vv.112-114) ... i' so' colei che ti die' tanta guerra, et compie' mia giornata inanzi sera (F. Petrarca, Levommi il mio penser in parte ov'era, vv 7-8) Ma il primo lustro a pena era varcato

l'adulterio e quindi la perdizione eterna

morii prematuramente

corpo umano

dal dì ch'ella spogliossi il mortal velo, (T. Tasso, Gerusalemme liberata, C. IV, vv 289-290) sia seppellito Forse tu fra plebei tumuli guardi vagolando, ove dorma il sacro capo del tuo Parini?... (U. Foscolo, Dei Sepolcri, vv 70-72)

muori

Ei t'ode; oh ciel! tu manchi! ed io... in servitude a piangerti rimango. (A. Manzoni, Adelchi, Atto V, Scena VIII, vv 84-85) eri morta ... Ivi danzando; in fronte la gioia ti splendea, splendea negli occhi quel confidente immaginar, quel lume morirò di gioventù, quando spegneali il fato, e giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna l'antico amor... (G. Leopardi, Le ricordanze, vv 153-158) E dimani cadrò. Ma di lontano pace dicono al cuor le tue colline (G. Carducci, Traversando la Maremma toscana, vv 11-12)

Antitesi Consiste nell'accostare due parole o concetti di senso opposto. - Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'etterno consiglio,...(Dante, Paradiso, C. XXXIII, vv 1-3) Vano error vi lusinga: poco vedete, et parvi veder molto,

ché 'n cor venale amor cercate o fede. (F. Petrarca, Italia mia, benché 'l parlar sia indarno, vv 23-25) Sommessi accenti e tacite parole, rotti singulti e flebili sospiri de la gente ch'in un s'allegra e duole,... (T. Tasso, Gerusalemme liberata, C. III, vv 41-43) ... Al tardo onore non sorser gli occhi tuoi; mercé, non danno, l'ora estrema ti fu... (G. Leopardi, Ad Angelo Mai, vv 132-134) ... strumenti ciechi d'occhiuta rapina, (G. Giusti, Sant'Ambrogio, v 83) Breve e amplissimo carme, o lievemente co 'l pensier volto a mondi altri migliori l'Alighier ti profili o te co' fiori colga il Petrarca lungo un rio corrente; (G. Carducci, Al sonetto, vv 1-4) ... dov'era, dietro siepi riquadre di biancospino, dietro un cancello verde, ciò ch'era della mia madre, nostro, ma poco; poco, ma bello. (G. Pascoli, Il nido di "Farlotti", vv 9-12) Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. (E. Montale, Xenia II, 5, v 3) So che non foco, ma ghiaccio eravate, o mie candide fedi giovanili, sotto il cui manto vissi come un tronco sepolto nella neve: (V. Cardarelli, Illusa gioventù, vv 7-10)

Ironia Consiste nel dire il contrario di ciò che si pensa.

Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande, che per mare e per terra batti l'ali, e per lo 'nferno tuo nome si spande! (Dante, Inferno, XXVI, 1-3) Oh me dolente! Come mi riscossi quando mi prese dicendomi: - Forse tu non pensavi ch'io loico fossi! (Dante, Inferno, XXVI, 121-123) Vieni a veder la gente quanto s'ama! E se nulla di noi pietà ti move, a vergognarti vien della tua fama. (Dante, Purgatorio, VI, 115-117) [...] talmente che le misere donzelle ch'abbino o aver si credono beltade (come affatto costui tutte le invole) non escon fuor sì che le veggia il sole. (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, IV, 45-48) - Vienne in disparte pur tu, che omicida sei de' giganti solo e de gli eroi; l'uccisor de le femmine ti sfida (Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, XIX, st. 5) Ardirò ancor tra i desinari illustri sul meriggio innoltrarmi umil cantore, poiché troppa di te cura mi punge, signor, ch'io spero un dì veder maestro e dittator di graziosi modi all'alma gioventù che Italia onora. (Giuseppe Parini, Il giorno, Il Mezzogiorno, 1-6) Pene tu spargi a larga mano; il duolo spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto che per mostro e miracolo talvolta nasce d'affanno è gran guadagno. Umana prole cara agli eterni! [...] (Giacomo Leopardi, La quiete dopo la tempesta, 47-51) Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi,

in tutt'altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato. (Giuseppe Giusti, Sant'Ambrogio, 24-26) E mangia altro che bacche di cipresso; né io sono per anche un manzoniano che tiri quattro paghe per il lesso. (Giosuè Carducci, Davanti San Guido, 69-71)

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Esclamazione Consiste nell’esprimere con enfasi uno stato d’animo in forma esclamativa. Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio bianco per antico pelo, gridando: - Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo!..(Dante, Inferno, Canto III, vv 82-85) Ahi quanto egli era nell’aspetto fiero! E quanto mi parea nell’atto acerbo, con l’ali aperte e sopra i piè leggiero! (Dante, Inferno, Canto XXI, vv 31-33) Allor fui preso, e non mi spiacque poi, sì dolce lume uscia dagli occhi suoi! (F. Petrarca, Nova angeletta sovra l’ale accorta, vv 7-8) Questo di tanta speme oggi mi resta! Straniere genti, l’ossa mie rendete allora al petto della madre mesta. (U. Foscolo, In morte del fratello Giovanni, v 12-14) Tornami a mente il dì che la battaglia d’amor sentii la prima volta, e dissi: Oimè, se quest’è amor, com’ei travaglia! (G. Leopardi, Il primo amore, vv 1-3)

Interrogazione Consiste in una domanda in cui è insita la risposta: interrogazione fatta

non per rivolgere una vera domanda, ma per esprimere ironia, meraviglia, sarcasmo, rimprovero o altri sentimenti. Lo savio mio inver lui gridò: - Forse tu credi che qui sia il duca d’Atene, che su nel mondo la morte ti porse?..(Dante, Inferno, Canto XII, vv 16-18) - O Giacomo -, dicea, - da Sant’Andrea, che t’è giovato di me fare schermo? Che colpa ho io della tua vita rea? (Dante, Inferno, Canto XIII, vv 133-135) Chi è più scellerato che colui che al giudicio divin passion porta? (Dante, Inferno, Canto XX, vv 29-30) Le leggi son, ma chi pon mano ad esse? (Dante, Purgatorio, Canto XVI, v 97) Qual ninfa in fonti, in selve mai qual dea chiome d’oro sì fino a l’aura sciolse? quando un cor tante in sé vertuti accolse? (F. Petrarca, In qual parte del ciel, in quale idea, vv 5-7) Ma perché pria del tempo a sé il mortale invidierà l’illusion che spento pur lo sofferma al limitar di Dite? Non vive ei forse anche sotterra, quando gli sarà muta l’armonia del giorno, se può destarla con soavi cure nella mente dei suoi?... (U. Foscolo, Dei Sepolcri, vv 23-29) O Nerina! e di te forse non odo questi luoghi parlar? caduta forse dal mio pensier sei tu? Dove sei gita, che qui sola di te la ricordanza trovo, dolcezza mia?... (G. Leopardi, Le ricordanze, vv 136-140) O piccola Maria, di versi a te che importa? Esce la poesia,

o piccola Maria, quando malinconia batte del cor la porta. O piccola Maria, di versi a te che importa? (G. Carducci, Alla signorina Maria A.)

Apostrofe Consiste nel rivolgersi improvvisamente e con enfasi a persona o cosa personificata, anche lontana e immaginata come presente. Ahi, Pistoia, Pistoia, ché non stanzi d’incenerarti, sì che più non duri, poi che in mal fare il seme tuo avanzi? (Dante, Inferno, Canto XXV, vv 10-12) Ahi, dura terra, perché non t’apristi? (Dante, Inferno, Canto XXXIII, v 66) Ahi Pisa, vituperio delle genti del bel paese là dove il sì suona, poi che i vicini a te punir son lenti, movasi la Capraia e la Gorgona, e faccian siepe ad Arno in su la foce sì ch’egli annieghi in te ogni persona! (Dante, Inferno, Canto XXXIII, vv 79-84) Ahi, serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello! (Dante, Purgatorio, Canto VI, vv 76-78) O natura, o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? perché di tanto inganni i figli tuoi? (G. Leopardi, A Silvia, vv 36-39) O Niobe, l’antico tuo grido odo alzarsi repente al conspetto del Mare, e il tuo disperato dolore chiamar le figlie e i figli

per l’inesorabile chiostra, e stridere odo l’arco forte e sibilare lo strale. (G. D’Annunzio, Il Gombo, vv 41-48, Alcyone)

Ipotiposi Consiste nel rappresentare vivamente una persona, un animale, una cosa, un avvenimento. Ed ei mi disse: - Volgiti; che fai? Vedi là Farinata, che s'è dritto: dalla cintola in su tutto il vedrai I' aveva già 'l mio viso nel suo fitto; ed ei s'ergea col petto e con la fronte, com'avesse l'Inferno in gran dispitto: (Dante, Inferno, C. X, vv 31-36) Infiamma d'ira il Principe le gote, e ne gli occhi di foco arde e sfavilla, e fuor de la visiera escono ardenti gli sguardi e insieme lo stridor de' denti. (T. Tasso, Gerusalemme liberata, C. VII, vv 333-336) Senti raspar fra le macerie e i bronchi la darelitta cagna ramingando su le fosse e famelica ululando; e uscir del teschio, ove fuggia la luna, l'upupa, e svolazzar su per le croci sparse per la funerea campagna, (U. Foscolo, Dei Sepolcri, vv 78-83) I cipressi che a Bolgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar, quasi in corsa giganti giovinetti mi balzarono incontro e mi guardar. (G. Carducci, Davanti San Guido, vv 1-4) Tre casettine dai tetti aguzzi, un verde praticello, un esiguo ruscello: Rio Bo, un vigile cipresso. (A. Palazzeschi, Rio Bo, vv 1-5)

Il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela la faccia, a non veder l'amara luce. Il compagno in ginocchio che l'induce, con parole e con mano, a rilevarsi, scopre pieni di lacrime i suoi occhi. (U. Saba, Goal, vv 1-6)

Epifonema Consiste nell'esprimere un motto sentenzioso che, solitamente, chiude con enfasi un discorso. Noi andavam con li dieci demoni. Ahi fiera compagnia! Ma nella chiesa coi Santi, e in taverna co' ghiottoni. (Dante, Inferno, XXII, 13-15) [...] i dì miei fur sì chiari, or son sì foschi, come Morte che 'l fa: così nel mondo sua ventura à ciascun dal dì che nasce! (Francesco Petrarca, Canzoniere, CCCIII, 12-14) E pur la segue ancor il desir vano, e nel seguirla se stesso alosinga, dicendo: Il tempo alfine il tutto acquista. (Matteo Maria Boiardo, Amorum liber tertius, CXLI, 12-14) Quant'è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza. (Lorenzo il Magnifico, Canzona di Bacco, 1-4) Oh sommo Dio, come i giudici umani spesso offuscati son da un nembo oscuro! i modi di Bireno empii e profani, pietosi e santi riputati furo. (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, X, XV) Vede Tancredi in maggior copia il sangue

del suo nemico e sé non tanto offeso; ne gode e insuperbisce. Oh nostra folle mente, ch'ogn'aura di fortuna estolle! (Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, XII, 461-464) Oh figlia! ... Or, taci: non far, ch'io pianga. Vinto re non piange. Abner, salvala, va: ma, se pur mai ella cadesse infra nemiche mani, deh! non dir, no, che di Saulle è figlia; (Vittorio Alfieri, Saul, Scena IV, 204-208) Deh come mai da me sì vario fui, e tanto amor mi tolse un altro amore? Deh quanto, in verità, vani siam nui! (Giacomo Leopardi, Il primo amore, 79-81) Dovevamo saperlo che l'amore brucia la vita e fa volare il tempo. (Vincenzo Cardarelli, Passato, 20-21) Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. (Eugenio Montale, Non chiederci la parola..., 9-12) …………………..