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  • Words: 1,188
  • Pages: 14
BUGIE NERE

Ians C. Ghorbitìr

Note sull' autore:

Ians C. Ghorbitir nasce a Roma alla fine degli anni sessanta, il padre è militare di carriera, la madre insegnante. Dopo aver ultimato l'istituto d'arte, frequenta e completa l' Accademia delle Belle Arti, incide due dischi promossi a livello internazionale con un gruppo jazz/rock italiano, ma nel contempo, la sua personalità eclettica fa sì che coltivi molte passioni diversificate: studia musica, fotografia, video e computer. Frequenta sporadicamente l'ambiente anarchico-libertario e comincia ad interessarsi alla tutela dei diritti umani, concentrandosi maggiormente sulla questione psichiatrica. Viene infatti arrestato ed indagato dalla polizia politica durante un volantinaggio informativo contro la

somministrazione del ritalin®1 (un potente psicofarmaco a base amfetaminica) ai bambini delle scuole materne, medie e superiori con la pressione evidente delle case farmaceutiche appoggiate dalla psichiatria democratica. Ians compone colonne sonore per film e documentari, realizza siti web no profit ed a sfondo culturale-artistico. Dopo un'intensa esperienza di vita decide di far pubblicare questo libro, arricchito da alcune poesie scritte sempre di suo pugno. Da notare che i componimenti poetici in causa, si fondono perfettamente con la storia e gli eventi narrati, dato che sono stati redatti proprio nel periodo in cui sono avvenuti questi violenti e sconcertanti episodi. Ispirato dalla volontà di mandare un messaggio che favorisca il libero pensiero, realizza insieme a persone valide, altamente qualificate e sopratutto sensibili ai temi sociali, cortometraggi, video, interviste, cercando di diffondere la sensibilità verso la tutela delle minoranze dimenticate nel senso più ampio del termine, partendo dalla particella più piccola che compone la società umana: l'individuo. Questo testo potrà far storcere il naso a molti letterati, proprio per la sovente carenza di struttura narrativa e 1 Vedi il sito http://www.giulemanidaibambini.org/

svariate “licenze poetico-grammaticali”, e magari anche una certa ingenuità rappresentativa; ma c'è un punto di forza che ne sostituisce appieno tutte le lacune ivi contenute: la sincerità espressiva, l'immediata, imponente e trasparente potenza del sentimento di un cuore ferito che si apre completamente al mondo, mostrando la cruda e nuda verità dell'essere nelle sue bassezze, nelle sue più egoistiche presunzioni di conoscenza e giudizio; che si concretizzano inevitabilmente nell'inabissarsi di quella che potrebbe essere considerata la salvezza dell'umanità, almeno in senso morale: l' empatia.

Il "Manipolatore"

Legato mani e piedi

in questa fredda e vuota cella, Lasciato solo nell'impotenza di tutto, mi sono ingegnato a costruire una chiave, con pezzetti di unghie e di pelle, per non morire vivo dentro questa prigione di silenzio, Dove getti sovente i tuoi scarti di vita.

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CAP. IV: 13 MARZO 2008, un mese prima.

IL palazzo era piuttosto squallido, distribuito su quattro piani, al primo c'era un alimentari gestito da un pakistano, un fioraio ed una gelateria, i tre superiori erano invece adibiti a piccoli appartamenti costruiti probabilmente intorno agli anni sessanta, vecchie tubature in piombo, impianti elettrici difettosi ed infiltrazioni d'umidità sparse qua e la. Sul tetto imperava la consueta giungla di antenne, a cui si potevano presupporre altrettanti televisori, ultimo svago dell'uomo contemporaneo post industriale, che invece di parlare e relazionarsi con i suoi simili, preferisce sorbirsi passivamente, affossato nella propria poltrona i teatrini dell'inutile, che i media forniscono come foraggio d'allevamento, scadente ed adulterato cibo, quale la comunicazione televisiva odierna rappresenta ed è nella sua essenza. Eppure taluni individui sembrano confondere tutto ciò per un modello di bellezza, ma forse chi non l'ha mai conosciuta, non è

neanche in grado di riconoscerla. Il posto da cui provengo per recarmi in quel palazzo è immerso in una maestosa campagna, a circa 200 chilometri a sud, ricca di fiori, vigneti, poco traffico ed un'aria profumatissima. Ma tutta quella strada, tutto quel viaggiare ogni settimana, per me aveva uno scopo molto importante, e quello scopo era dietro all'unico balcone ornato da piante di un verde intenso brillante, che in quello squallido palazzo, spiccava agli occhi come uno smeraldo in una pozza di fango prima di essere raccolto dai minatori. Eccola, compare la sua inconfondibile silhouette lunga e sottile, con i fluenti capelli neri, intravedo tra i riflessi ambrati che la circondano, il bagliore candido e splendente del suo sorriso, un' aurea che ne avvolge tutto il corpo e diffonde in me una sensazione di gioia e calore indescrivibili.

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CAP V : LA NOTTE Mi trovo di nuovo nella mia campagna, lontano dalla tua casa, non riesco ancora a dormire, faccio ancora i miei soliti incubi. Sono mesi che non ti scrivo, esco per la strada, è buio, freddo, ma non m' importa. Mi schiaffeggio la faccia e sento la circolazione delle guance che si riattiva, per portar calore dove non c'era, alzo gli occhi al cielo e vedo un tappeto di stelle infinito...Quanto siamo piccoli, dispersi in quest'immensità incalcolabile. Quanto siamo presuntuosi. Vedo le pleiadi, l'orsa maggiore, la stella polare e la

luce di milioni di stelle che forse adesso non esistono più, perché ogni distanza stellare è più grande di qualsiasi spazio-tempo che noi potremmo percorrere in miliardi e miliardi di esistenze, eppure vediamo lo stesso quelle luci lontane, e siamo coscienti di quest'immensità. A che serve? Se potessimo vedere con tanta lungimiranza i nostri sbagli, saremo indubbiamente un po' più felici, o almeno non ci procureremo tanto dolore gratuito. Intorno a me regna il silenzio della notte contornato da brevi interruzioni sonore dei barbagianni e gufi che il boschetto vicino a casa mia ospita e ripara dalle insidie della civiltà. La strada è anch'essa deserta e silenziosa, i cipressi che la cingono sono come fiammelle nere di tante candele, in questa oscurità, i tronchi prendono vita e sembrano ai miei occhi a volte creature mostruose, a volte guerrieri d'altri tempi, baluardi a difesa del bosco, ma non sono silenziosi, i loro scricchiolii mormorano che la vita ed il movimento sono presenti sotto la morta corteccia, e pare che da un momento all'altro possano sradicarsi e cingermi con i loro rami, parlarmi, ascoltarmi; ma ora sono fermi e mi lasciano passare. Sento i miei passi che riecheggiano sull'asfalto, ed il suono che cambia quando il nastro di catrame divie-

ne pietrisco e poi terra, d'un tratto eccomi in una strada antica che non conosco, guardo una piccola madonnina di ceramica dipinta chiusa in un comignolo di mattoni, noto un lumino bianco, strano, chi può averlo acceso in quest'epoca dove impera l'energia elettrica? Anche i fiori sono freschi, infilati in quel vasetto di terracotta a sacrificio dell'idolo religioso di chi ancora possiede un po di immaginazione per sognare l'impossibile. Non ho nulla contro la immaginazione, ma questa potrebbe essere usata per far sognare grandi e bambini con libri e fiabe, per ipotizzare mondi migliori,e per rendere migliore questo, ed i fiori sarebbe bello portarli ai nostri fratelli vivi, non offrirli a simboli del passato, che fanno parte sì della nostra storia, ma che non dovrebbero più influire nella vita e nella politica. Voltandomi mi accorgo con stupore che come d'incanto un muro di nebbia dicembrina mi ha inghiottito, anche se è notte, c'è un languido bagliore lunare che delinea a fatica, i profili delle colline, la sostanza bianca si stratifica in un mare che lambisce la terra, senza però affogarla, perché riappare sempre, li dietro,nascosta.

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