Luca_trombetta_alla Scoperta Di Atlantide

  • April 2020
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  • Words: 878
  • Pages: 1
Parole in corsa

Autore: Luca Trombetta

Alla scoperta di Atlantide Era una sera di inzio estate e ho preso il bus. C’è chi dice che ogni cosa avviene per una ragione ben precisa; dopo quella sera me ne sono convinto. La giornata era stata particolarmente afosa e terminando non accennava a rinfrescarsi. Salito sulla vettura timbrai il biglietto e diedi uno sguardo ai passeggeri. L’unica persona che mi colpì fu una bellissima donna con un vestitino rosso, ma non saprei dire perché. Andai a sedermi in fondo al bus, accesi il lettore mp3, e senza accorgermene mi addormentai. Non so quanto dormii, ma quando mi svegliai non ero più sul bus. Non ero neanche sulla terra! Ero nelle profondità degli abissi marini! Sotto i miei occhi si stendevano a non finire i fondali oceanici illuminati dalla luce del sole che rifrangendosi sulla superficie marina creava effetti di luci e ombre indescrivibili. Assorto come ero, quasi non sentii una voce alle mie spalle: “Hai mai visto qualcosa di più meraviglioso?”. Era una voce melodiosa, ma prima che mi potessi voltare, una creatura mi si parò davanti. Era una sirena! I suoi capelli erano lunghi, lisci e nerissimi. La sua carnagione era piuttosto scura, e i suoi occhi celesti. Mi ispirò subito fiducia. Poi ricominciò a parlare: “Ti starai chiedendo cosa facciamo nelle profondità dell’oceano Atlantico! Il mio nome è Penelope, e sono la guardiana degli oceani. Sono stata incaricata di portarti con me in un viaggio alla scoperta della perduta città di Atlantide! Ti prego di non fare domande”. Non avevo alcun motivo di dubitare di lei, quindi decisi di seguirla. Penelope cominciò a nuotare velocemente con la sua pinna argentata. Solo allora mi accorsi che non facevo alcuna fatica a respirare e tanto meno a nuotare. Riuscivo a starle dietro mentre mi addentravo sempre più nelle profondità degli oceani. Più scendevamo, più la luce si faceva fioca. Durante il viaggio mi guardavo ancora attorno, chiedendomi se non stessi sognando, ma tutto sembrava reale. Dopo alcuni minuti Penelope si fermò. Sotto di noi cominciavo ad intravedere il fondale. Vidi un’enorme piattaforma circolare formata da sette cerchi concentrici: quattro di terra separati da tre fossati. Penelope si voltò verso di me e cominciò il suo racconto: ” Molti anni fa, ai tempi degli dei dell’Olimpo, le divinità si riunirono per spartirsi i territori sulla terra. A Poseidone toccò Atlantide che allora era situata tra l’America e l’Europa, e occupava l’oceano Atlantico. Allora l’isola era già molto ricca e prospera. Era formata da una pianura molto estesa e fertile, al cui centro sorgeva una montagna. Su questa montagna abitavano Euenore e sua moglie Leucippe, che ebbero una figlia, Clito. Purtroppo, raggiunta l’età da marito, Clito rimase orfana. Poseidone, innamoratosi, giacque con lei, e da lei ebbe cinque coppie di gemelli. Poi, dopo averli allevati, divise l’isola in dieci parti, e ne diede una ad ogni figlio, dando al maggiore, Atlante, la più grande. Generazione dopo generazione, la civiltà di Atlantide progredì sempre di più, diventando una potenza mondiale. Governata sempre da re molto saggi che si riunivano ogni cinque anni per risolvere le controversie, Atlantide divenne imbattibile. Purtroppo, man mano che le generazioni si succedevano, i re, una volta di stirpe divina, cominciarono a unirsi alle mortali, perdendo le loro capacità divine, finché non divennero del tutto umani. La natura imperfetta dell’uomo prese il sopravvento, tanto che i dieci sovrani vennero meno alla regola principale: mai combattere tra loro. Infatti, la smania di conquista si impadronì di loro, e li spinse a lottare provocando sanguinose stragi di innocenti, il che non piacque al padre degli dei…”. A quel punto Penelope si interruppe, e giurerei di aver visto una lacrima argentata uscirle dall’occhio e disperdersi nell’acqua. Poi riprese: ”Sono qui per mostrarti esattamente cosa accadde…”. Chiuse gli occhi e si portò le mani congiunte al petto. Una piccola sfera di energia lucente si formò tra noi due. Poi da quella scaturì un enorme bagliore, e mi ritrovai magicamente sull’isola di Atlantide, non ancora sommersa. Ero al momento della catastrofe. Udii un enorme tuono. Poi vidi le nuvole aprirsi sopra di me, e da loro spuntare enorme e maestoso il padre degli dei: Zeus! Il suo volto era carico d’ira e teneva nella mano un’enorme saetta che scagliò nel cuore dell’isola. Io ero là in mezzo alla gente, ma era come se non ci fossi, nessuno mi vedeva o sentiva, ma io vedevo e sentivo loro e le loro urla di dolore strazianti. Dopo il primo fulmine ne seguirono altri, sempre più forti. Furono minuti interminabili...in pochi secondi un’intera civiltà venne distrutta dalla furia di un Dio. Infine, si alzò un enorme tornado che colpì l’isola e la fece affondare. Io vidi e provai tutto, fino a che fui sommerso. Poi persi i sensi. Quando riaprii gli occhi ero ancora sul bus. Sembrava che fossero passati solo pochi minuti, e nessuno ovviamente si era accorto di niente. Inizialmente pensai che fosse stato un sogno, e suonai il campanello per scendere, ma mentre mi avvicinavo alla porta, riguardai la bellissima donna dal vestito rosso che improvvisamente alzò lo sguardo e mi fece l’occhiolino. Poi sparì nel nulla. Convinto che non era affatto stato un sogno, scesi dalla vettura e mi rigettai nel caldo cittadino.

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