Lavoisier

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Lavoisier

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Lavoisier: chimico tra due rivoluzioni

“È bastato un momento per tagliare quella testa, e forse non basterà un secolo per generarne un’altra pari alla sua” J. Lagrange

La legge di conservazione degli elementi La prima legge che governa le reazioni chimiche fu enunciata da Antoine Laurent Lavoisier (1743-1794) nel 1789 (anno della rivoluzione francese!): la legge della conservazione degli elementi (o della materia): "..niente si crea, nelle operazioni dell'arte ne' in quelle della natura e si può porre come principio che in ogni operazione vi è una quantità uguale di materia prima e dopo l'operazione, che la qualità e la quantità dei principi [elementi] è la stessa e che si verificano solo cambiamenti e modificazioni. Su questo principio si fonda tutta l’arte della sperimentazione in chimica. E’ inoltre indispensabile ammettere l’esistenza di una vera uguaglianza o identità tra i principi componenti dei corpi studiati e i principi estratti da essi mediante l’analisi " (Trattato di chimica elementare, di A.L.Lavoisier 1789)

Il bilancio di materia per una reazione chimica è rappresentato dall'equazione chimica che si basa sulla relazione matematica seguente massa totale degli elementi che reagiscono

massa totale degli elementi che si producono

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Lavoisier

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"Nulla si crea dal nulla in ogni operazione di cambiamento e in ogni reazione vi è una quantità' uguale di materia prima e dopo la trasformazione

La legge di conservazione della materia La legge della conservazione degli elementi è un’estensione “scientifica” dell’ ipotesi sulla conservazione della materia che risale ai filosofi greci “Nulla si crea nulla si distrugge, tutto ciò che esiste è soltanto l’unione o la separazione di oggetti che esistevano già prima” Anassagora, V ° secolo a.C I corpi tutti ne' suoi atomi poi la natura se li dissolve di nuovo, non ne distrugge nessuno..... ..... Non dunque tornano al nulla le cose, ma, disgregandosi, tutte ritornano a atomi della materia..... ..... Non ciò che sembra perire, dunque, perisce del tutto, perchè rifà la natura cosa da cosa, e non vuole ch'una ne nasca, se un'altra non la soccorra morendo. Tito Lucrezio Caro, De rerum natura (I sec. a.C.) libro I, 248-264 a sinstra Francis Bacon (Bacone) Nel 1620 F. Bacone enunciava la legge di conservazione della materia in questo modo “...niente si crea dal nulla e niente si distrugge, ma quello che propriamente si chiama la quantità di materia, ovvero l’intera somma delle sue particelle, rimane inalterato, non aumenta né diminuisce”

I primi modelli teorici della chimica: l'affinità e il flogisto Prima di Lavoisier, la chimica aveva avuto uno sviluppo sperimentale soprattutto di tipo qualitativo, ma sul piano teorico utilizzava modelli interpretativi non del tutto coerenti quali ad esempio la teoria di Stahl del flogisto, o modelli del tipo fisico quali l'affinità

Il sogno newtoniano: l’Affinità chimica

Isaac Newton

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Prima di Lavoisier, la chimica aveva avuto uno sviluppo sperimentale soprattutto di tipo qualitativo, ma sul piano teorico utilizzava modelli interpretativi non del tutto coerenti quali ad esempio la teoria di Stahl del flogisto o modelli di tipo fisico quale l'affinità. Il tema de "l’affinità chimica” risale agli alchimisti (“il simile scioglie il simile”) e guidava la medicina paracelsiana. J. R. Glauber (1604-1670), seguace di teorie alchemiche, nonché produttore e venditore di sostanze chimiche (Na2SO4 sale mirabile) cercò di elaborare una teoria in grado di spiegare le reazioni tra acidi e metalli basandosi sulle “somiglianze” tra sostanze. [Me + n HCl

MeCln + n/2 H2 ]

Fu Newton (Principia) a tentare la fomalizzazione scientifica della teoria dell’affinità: “Ho dedotto, con l’aiuto di considerazioni matematiche, il moto dei pianeti dalle forze che su essi agiscono. Sarebbe desiderabile di spiegare anche altri fenomeni naturali con i principi della meccanica, per mezzo di ragionamenti dello stesso genere. Molte considerazioni mi spingono a intuire che questi fenomeni dipendono da forze per effetto delle quali, per ragioni ancora ignote, le particelle dei corpi sono spinte l’una verso l’altra e si combinano in figure regolari, o si urtano reciprocamente”

Le tavole delle Affinità

Nella metà del secolo XVIII, in Inghilterra, R.G. Boscovich ipotizza che esistano elementi primari della materia che risentono delle forze attrattive o, a breve distanza, repulsive “noi arriviamo ad un numero sempre più piccolo di principi differenti e ciò costituisce l’indicaione che quanto più avanti riuscirà a spingersi l’analisi chimica, tanto più essa dovrà arrivare a una maggiore semplicità e omogeneità e, giunta all’ultima decomposizione, raggiungerà la massima omogeneità e semplicità” R.G. Boscovich, 1758 

In Francia il naturalista G.L.Buffon afferma che solo quando si riuscirà ad applicare le leggi newtoniane alla chimica, questa diventerà una scienza come l’astronomia.

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 



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Vengono pubblicate molte Tavole delle Affinità tra cui, nel 1718, quella di E.F.Geoffroy. Dal 1775 al 1783 il chimico svedese T. Bergman pubblica una Tabella su 58 sostanze messe a reagire in maniera diversa: “per via umida”, “per via secca”, “forzate dal fuoco”. Nel 1786 un chimico francese, seguace delle idee di Buffon, Guyton de Morveau pubblicò nella Encyclopédie méthodique le Leggi dell’affinità : 1. L’affinità si manifesta solo tra le minuscole particelle delle sostanze (molécules) 2. L’eccesso di una delle sostanze modifica l'affinità 3. Per reagire occorre che “l’affinità di combinazione” superi “l’affinità di stato d’aggregazione” 4. In seguito all’affinità di combinazione si ottiene una nuova sostanza diversa dai reagenti 5. Esistono condizioni di temperatura che modificano l’azione dell’affinità .

Le reazioni e il calore

Un laboratorio di chimica del settecento, da una tavola dell'Encyclopédie di Diderot e D'Alambert Durante il '700 i fenomeni più studiati erano quelli che coinvolgevano il calore. Pertanto le reazioni chimiche maggiormente sottoposte all'osservazione erano quelle che riguardavano la combustione in genere, nonchè quelle coinvolte nella metallurgia, scienza allora relativamente avanzata anche per il suo grande interesse pratico: le calcinazioni, le riduzioni e le combustioni. Calcinazione: un metallo (Me) all'aria e in presenza di fuoco si trasforma in calce

2Me + O2

2MeO

Riduzione :una calce in presenza di opportuni materiali, ad esempio il carbone, con l'aiuto del fuoco si trasforma in metallo:

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2 Me + CO2

2MeO + C

Combustione: alcuni materiali (come ad esempio il legno) in presenza di fuoco e aria danno origine a ceneri

CH4 + O2

CO2 + H2O

La teoria del flogisto Una delle prime teorie unitarie ed efficaci fu elaborata da Georg Stahl (1660-1734), che introdusse il concetto di flogisto: una specie di "principio infiammabile", costituente comune di tutti i corpi combustibili o dei metalli, di natura impalpabile e privo di peso o comunque estremamente leggero, prodotto dai corpi combustibili, sotto forma di calore o di fiamma: "La sostanza infiammabile ...reale...di provenienza terrestre" 

Calcinazione: alla luce della teoria del flogisto era considerata come l'emissione di flogisto liberato dal metallo riscaldato all'aria e dunque

Me 

calce

+

flogisto

Riduzione: scaldando poi la calce con carbone di legna, il flogisto veniva ripristinato, dando di nuovo metallo, ossia la reazione inversa alla precedente:

calce + flogisto

carbone Me

“il flogisto delle sostanze grasse e del carbone passa con grande facilità nei metalli calcinati, ripristinando la loro capacità di fondere, venire forgiati e amalgamati " 

Riduzione: in base alla teoria del flogisto la reazione di combustione avviene tra un materiale “ricco di flogisto” in grado di bruciare (combustibile) con un materiale “deflogisticante” (comburente) e di un innesco per la reazione (accensione e fuoco).

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materiale combustibile

cenere

+

flogisto

Limiti e meriti della teoria del flogisto Di fianco: Caricatura di Joseph Priestley 

Uno dei meriti della teoria del flogisto è quello di unificare i due processi: la calcinazione e la combustione. Le due reazioni erano apparentemente simili: entrambe avvenivano in presenza di aria su materiali “combustibili”. Tuttavia la prima comportava un aumento di peso, la seconda una diminuzione questo creava un'anomalia per la "teoria del flogisto, accreditata in quel tempo.



Proprio nell'epoca del flogisto, infatti, grandi studiosi come Black, Cavendish, Scheele, Priestley, diedero vita alla chimica dei gas ottenendo progressi sorprendenti nell'analisi chimica, sia "teorica" che "applicativa". Si puo' insomma sostenere che la chimica deve proprio all'inesistente flogisto il suo definitivo passaggio a scienza

teorica autonoma: “La concezione flgistica ha generalizzato una moltitudine di reazioni (di ossidazione) e ciò ha costituito un importantissimo passo in avanti della scienza” D.I.Mendeleev 

Per falsificare la teoria del flogisto occorreva un approccio quantitativo alle trasformazioni chimiche ben lontano, sia dalla mentalita' dell'epoca, cioe' di gran parte del '700 (Lavoisier agì infatti nella seconda meta' del '700), che dai mezzi a disposizione. Va anche aggiunto che solo verso la fine del secolo si diffuse l'uso di raccogliere i gas e di valutare con la bilancia, in modo esatto, l'acquisto o la perdita di peso durante combustioni o calcinazioni.

Lavoisier e la critica alla teoria del flogisto

Luigi XVI alla ghigliottina 

A.L. Lavoisier opera nella Francia rivoluzionaria che aveva pubblicato la famosa Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des mètiers e che era in quel periodo il paese maggiormente sviluppato al mondo per la ricerca e lo sviluppo della scienza.

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La chimica del tempo non avevateorie sufficientemente potenti per interpretare la pur vasta moltitudine di dati sperimentali accumulati e per interagire con altre discipline, come la matematica e la fisica, che invece avevano già costituito da tempo la loro base teorica. “Non mi attendo che le mie idee siano adottate tutte in una volta, lo spirito umano si piega a una maniera di vedere, e quelli che hanno esaminato la natura sotto un certo punto di vista durante una parte della loro carriera, giungono con fatica a idee nuove, appartiene, dunque, al tempo il confermare o distruggere le opinioni che ho presentato: nell’attesa vedo con grande soddisfazione che i giovani che cominciano a studiare la scienza senza pregiudizio, che i geometri e i fisici che hanno la mente nuova per le verità della chimica, non credono piu’ al flogisto nel senso in cui l’ha presentato Stahl, e considerano tutta questa dottrina un’impalcatura piu’ imbarazzante che utile per continuare l’edificio della scienza chimica” A. Lavoisier, memoria 1783



All’inizio dei suoi studi di chimica Lavoisier accetta la teoria del flogisto, ma in breve tempo ne rileva le contraddizioni “i chimici fecero del flogisto un principio vago, non definito in un’esatta misura, e che perciò poteva servire a spiegare qualsiasi cosa in cui si fosse voluto chiamarlo in causa”.

Esperimenti cruciali e passaggio da un paradigma all'altro 

Lavoisier partì da esperimenti già noti, li riprodusse e reinterpretò i risultati alla luce di nuove ipotesi. L'esperimento che rappresento' per Lavoisier una tappa fondamentale per sviluppare il suo nuovo approccio "quantitativo" alle reazioni chimiche, era stato già realizzato in precedenza da Priestley (1733-1804). Quest'ultimo tuttavia non aveva saputo individuare in quella nuova aria un nuovo elemento, ma si era limitato a considerarla "aria priva di flogisto", come naturale conseguenza dell'applicazione di una teoria allora molto in voga.



I risultati dell’ esperimento sullo studio quantitativo del comportamento del mercurio all'aria, furono pubblicati da Lavoisier in una memoria nel 1775. Viene considerato Un “esperimento cruciale” nella storia della chimica che permetterà il passaggio dal “paradigma della teoria del flogisto” alla legge di conservazione degli elementi.

Descrizione dell'esperimento di Lavoisier Fase 1 Il mercurio[Hg] venne introdotto nella storta il cui lungo collo "pesca" nella campana di vetro piena d'aria e isolata dall'esterno. Dopo un lungo riscaldamento (dodici giorni!), Lavoisier osservò la presenza di una polvere rossa nella storta pari a 45 grani e trovò che il volume di aria, presente nella campana di vetro, era diminuito di 8.9 pollici cubici, pari ad un sesto del volume di partenza. “Ho racchiuso in un apparecchio confacente, del quale sarebbe difficile dare un’idea senza l’ausilio delle figure, 50 pollici cubici di aria comune, ho introdotto in questo apparecchio 4 once di mercurio purissimo e ho proceduto alla calcinazione del mercurio, sottoponendolo per dodici giorni a un grado di calore quasi uguale a quello necessario per farlo bollire. .....Infine dopo dodici giorni ... ho osservato che l’aria ..era diminuita in volume di 8 o 9 pollici cubici, cioè circa 1/6 del volume originario e che, nello stesso tempo, si erano formati circa 45 grani di mercurio precipitato per se, detto anche calce di mercurio [ossido di mercurio] A. Lavoisier, opere 1777 Lo schema della reazione di calcinazione del mercurio è il seguente:

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mercurio + aria

ossido di mercurio

2Hg O2 2HgO massa del massa incremento mercurio dell’ossido x 1/12 di x 45 grani 2,201 0,183 g 2,385 g L’equazione matematica x + 1/12.x = 2,385 g permette di ricavare x = 2,201 g Fase 2 Nella seconda fase la polvere rossa venne pesata, rimessa in una storta e riscaldata energeticamente. Dopo un po' di tempo Lavoisier osservò la formazione di mercurio metallico e contemporaneamente una produzione di "aria", che andava esattamente a bilanciare la quantità consumata nella reazione precedente. Inoltre determino' che l'ossido di mercurio aveva una massa superiore al mercurio di partenza e la differenza era di un dodicesimo rispetto alla massa delmercurio di partenza. “Ho riunito con cura i 45 grani di calce di mercurio che si erano formati durante la calcinazione precedente, li ho messi in una piccola storta di vetro, il cui collo doppiamente ritorto, era inserito sotto una campana di vetro riempita di acqua, e ho proceduto alla riduzione senza addizione di carbone. Ho riottenuto ..quasi la stessa quantità di aria che era stata assorbita nella calcinazione, cioè di 8 o 9 pollici circa” Lo schema di questa reazione e' il seguente:

ossido di mercurio

2HgO

mercurio + aria

2Hg + O2

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Lavoisier identifico' l' "aria" sviluppata durante la reazione come un nuovo "elemento"(l' elemento ossigeno!): un' "aria vitale", che alimentava le combustioni e la respirazione degli animali. Attribuiì a questo elemento il nome di principio ossigino in quanto aveva trovatoche facendolo reagire ad esempio con fosforo o zolfo generava sostanze con caratteristiche acide. Il nome ossigeno deriva infatti dalla lingua greca (oxys = acido e ghennao = generare) e significa appunto "generatore di acidi".

Contributi di Lavoisier alla scienza chimica

Appello alle armi della Comune Sinteticamente, i meriti di Lavosier per la chimica, che indussero poi Berthollet a riconoscere in lui lo scienziato che fece "la rivoluzione chimica", possono essere cosi' sintetizzati: Provo' sperimentalmente che durante le reazioni la massa si conserva, in quanto si conservano i principi elementari ( in seguito si scoprira' la conservazione del tipo e del numero degli atomi)

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. Bilancia di alta precisione appartenuta a Lavoisier Individuo' l'elemento ossigeno e gli assegno' il ruolo di componente reattivo dell'aria sia per le combustioni, sia per le calcinazioni e smenti' le ipotesi che consideravano l'aria poco piu' che un mezzo per fare avvenire le reazioni. “ ...la respirazione non è altro che una lenta combustione di carbonio e idrogeno, completamente simile a quello che avviene in una lampada o in una candela e quindi, da questo punto di vista, gli animali che respirano sono veri corpi combustibili che bruciano e consumano se stessi .. Si può dire che questa analogia tra la combustione e la respirazione non era sfuggita all’attenzione dei poeti, o meglio dei filosofi dell’antichità, e che essi l’avevano spiegata e interpretata. Questo fuoco rubato al cielo, questa torcia di Prometeo, non rappresenta soltanto un’ingegnosa idea poetica, ma è anche l’immagine dell’opera della natura, almeno per gli animali che respirano; si può quindi dire, come gli antichi, che la torcia della vita illumina se stessa dal momento che il bambino trae il primo respiro e non si spegne mai fino alla morte." A. Lavoisier, memoria 1789 scritta con Armand Seguin

Lavoisier esegue un esperimento di chimica pneumatica, anlizzando la natura dell'ossigeno Introdusse un simbolismo che semplificava il linguaggio dei chimici e che contemporaneamente acquistava un significato fisico “In ogni scienza naturale bisogna distinguere fatti, idee e parole... la parole deve far sorgere l'idea;

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l'idea deve rappresentare il fatto. Si tratta di tre impronte di uno stesso sigillo e siccome sono le parole che conservanole idee e che le trasmettono, risulta chiaro che sarebbe impossibile perfezionare la scienza senza perfezionareil linguaggio"

Frontespizio delle Méthode de nomenclature chimique “..per quanto siano sicuri i fatti, per quanto siano giuste le idee note dai fatti, essi traggono in errore se per esse non esiste un’espressione precisa”

Equazione stechiometrica pubblicata da Lavoisier Introdusse come criterio, per classificare le sostanze ed assegnare loro un nome, la tendenza di queste a dare particolari reazioni, cioè la loro reattività'. “E’ tempo di ricondurre la chimica a una maniera di ragionare più rigorosa, di spogliare i fatti con i quali questa scienza si arricchisce tutti i giorni da ciò che vi aggiungono i ragionamenti e i pregiudizi; di distinguere ciò che deriva dai fatti e dall’osservazione da ciò che è sistematico e ipotetico. Occorre infine segnare il limite al quale le nostre conoscenze sono pervenute di modo che quelli che verranno dopo di noi possano partire da questo punto e procedere nell’avanzamento della scienza”A. Lavoisier, opere 1777 (fonte La chimica del '700 F.Abbri p.120 Loescher editore)

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