PRETESTI Collana a cura di Anna Grazia D’Oria 255
Michele Caccamo
La stessa vertigine, la stessa bocca Presentazione di Raffaele La Capria
Manni
© 2005 Piero Manni s.r.l. Via Umberto I, 51 - San Cesario di Lecce e-mail:
[email protected] www.mannieditori.it
In copertina: Aristide Maillol, Il fiume, 1938 Progetto grafico di Vittorio Contaldo
Presentazione Mentre leggo queste poesie di Michele Caccamo mi viene incontro un’immagine medievale della Morte raffigurata come uno scheletro che gioca su una scacchiera una partita con l’Uomo. Un’immagine che ho vista di nuovo in una celebre sequenza di un film di Bergman, credo Il Settimo Sigillo. Una simile partita gioca, usando come pedine i suoi versi, Michele Caccamo, e la sua abilità di giocatore riesce a tener testa fin che può alla sua terribile avversaria e ad allontanarne la sicura vittoria finale. Il gioco richiede non solo conoscenza delle regole e delle strategie che ogni bravo giocatore deve sapere, ma una capacità di astrazione che si cala nelle parole e nei versi, nello spazio bianco che lo racchiude, negli a capo che li limitano. Solo una grande fiducia nel potere della poesia può dare il coraggio necessario per consentire lo svolgersi di questa partita con la Morte. Ciò non toglie che, mentre la partita avviene, dubbio e tormento, vaghi accenni di luce e di speranza –e, infine, di combattuta religiosità– si presentano come un brivido che attraversa questa poesia “scabra ed essenziale” – e non barocca, come nella migliore tradizione letteraria avviene quando il tema è la Morte. Qui gli accostamenti, le cesure, le metafore, sono nude e ardite, hanno un taglio moderno, novecentesco, a volte sono ermetiche nella loro estrema concisione. E una insopprimibile malinconia, una rarefatta malinconia metafisica, ci arriva come una musica nascosta.
Raffaele La Capria 5
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LA STESSA VERTIGINE, LA STESSA BOCCA
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a Gabriele e Cristiano, i miei figli
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ti acclamo come certe miserabili carità così che seguito ad amarti senza riposo e tutto è tradito
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si muore senza ti amo con gli occhi serrati da una spina e si ha fiato sottile e non si hanno carezze chiuse in una fronte e non è nulla e si piega l’aria di uno straziante distacco e sono furioso lontano dalle tue mani
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riconosci il confine la vincibile terra o il Dio maiuscolo riconosci la morte e quell’ordinato perdono tornito come una ruota come una perla
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si chiude il cielo ed è tutto contenuto come dentro a una noce
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quest’acqua piena di lacrime quasi si muove come fosse un pianeta o una bomba che fa saltare le onde
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portatemi una rosa come un angelo sospeso una rosa veggente che mi faccia felice
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poi questo bacio sarà un velo chiuso sarà purga e carcere dolore e bestemmia solo i tuoi occhi scuri passeranno e cadranno invocando il mio addio
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non ci daremo nessuna ora perché staremo fermi e separati come le pietre
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poi avremo anche il silenzio nelle vene e una culla ancora e passeremo dall’ultima parola all’inizio del cielo e a un’infinità di vita
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nel silenzio tutto è teso e fermo non ti assedia nulla e sei nella fede come un uomo perduto
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mi gemma lo spirito solenne e staccato sembra una deflorazione mille echi una morte aperta questa è l’ora e piuttosto il lutto
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le schiume sono sperma feroce manicomio onde appuntite tutte ossa e grida dal mare solo smarrimenti e chiome a fasci rovinate dal vento
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le nostre dita sono rami di salice dal collo alla bufera
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ho la fatica nel petto uno spessore una lite nel respiro e divento pazzo di paura senza sapere che muoio
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hai gatti e miele nel petto e ali candite e non prometti le tue ossa perché hai corpo a fili di zucchero
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guardiamoci morire chiedendo di amarci perché non sono cambiati i baci e allora chiudiamo gli occhi e andiamo via come fossimo già salme
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esco dalla guardia di Dio e muoio abbassatemi il coperchio per tutti i secoli
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è una lentezza spossante un abbraccio di vecchiezza quasi un gonfiore inesploso pure quest’aria mi paragona alla fine
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con nessuno dividiamo la morte ma è solo nostra e ci combatte che è vero quel lamento quel male nell’aria quel sigillo funebre aperto per molti anni e sempre attento
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ci toccammo per paura e ci siamo baciati per altro ancora ora mi dici che fai che farai se non ti guardo tutto ci disturba amore
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adornato a catenaccio soffoco perché non molli perché hai gambe da galera e ti assaggio e ti spacchi e ti infila il piacere
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vorrei dopo ogni parola un distruggente piacere che ti tocchi le mani una parola chiusa e aderente quanto un bacio e come sarai turbata amore così lontana da te stessa alla fine del tuo corpo a confessare e perdonare la tua bocca che vola
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voglio un complimento un’orazione funebre come avviene agli umani nelle bare voglio morire ravvivato assolto e fedele voglio allontanarmi piangendo
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voglio germinare aria ma lasciarti uccidere senza un minuto di fiato e mentre ti guardo sentire la morte in pieno ciclo gonfia di calore che giura di poterti succhiare tutta
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vieni e restiamo uniti un istante solo e intero dammi il tuo bacio e le mani per trattenerti stiamo immobili che stanotte attiriamo il firmamento
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una volta l’anima ci oltrepassa per lasciarci coricati poi prende ad insegnarci che siamo spariti e si va verso l’estasi e l’unica aria ed è innaturale chiunque e non abbiamo più ragione di vivere e stiamo freddi e riconciliati
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un solo minuto è carnivoro se è tutto il tempo oltre la notte non finisce mai avanza con la bocca molle e sembra levarsi come una caverna per incappucciarmi io non lo dimentico e mi dico che ti amo
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tu mi converti e baci ogni parola ed hai il senso dell’ossigeno del piacere per entrambi i corpi e ti lasci cadere le mie mani aperte perché siano una memoria io ti credo religiosa
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tregua cazzo magari per la mia pancia sorretta ad aria o per la mia gola invalida ma tregua ricompensatemi per l’obbedienza per il silenzio avvicinatemi a torrenti di vino incoronatemi con carni di bue e non lasciatemi la miseria di un fegatino di mosca
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ti verso ogni istante rifugiato nel tuo grembo ed è solenne la tua mano un nutrimento una benedizione così che ad ogni nulla cado vivo poi salgo e mi riparo e luccico di gioia
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ti fugge il corpo dalle mani vorresti trapiantartelo con gli occhi e seduta vai avanti intenta a distinguere ciò che ancora dovrà accaderti è una maniera di morire di separarsi e di nuovo lo fai Alda e qualunque cosa dicano ti sazi in silenzio
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e bacia baciami soltanto sospettami perduto
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ti appare l’anima dentro al narghilè vuoto e non domini gli argini al flusso dell’assenzio e sei un gas che brucia
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stanotte ogni sentiero avrà la terra secca e alberi tarlati o già caligine e tu come un vento beato accenderai il fuoco con le mani
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Hikmet sono tutte prove di esilio Nazim e quel limite di bellezza lo rasciughiamo sì si estingue il mare e ci rimane una fessura un sentiero e non possiamo navigarlo e le labbra nelle altre non hanno bocche e stiamo senza baci
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sei il confine fermo una palude e mi balsami di frode capisco quanto sia fondo e velenoso l’amore ora che mi oltraggi per averti concepita e intanto non ho sensi nelle vene ma la solita noia che prosciuga
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se vuoi lasciami amore ma levami dalle mani la circolazione del sangue e lasciale eterne e morte sul tuo viso saranno ossa senza senso assorte nelle tue carni e tu sarai eletta amore saremo così l’uno nell’altra in ogni istante
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se ti sapessi nata non sarebbe uguale e io e te non saremmo un mucchietto d’anni vissuti per diritto e da restituire conteggiati non saremmo persino fatica persino noia
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se muoio è perché la morte non ha sensi e né si muove è una madre intatta che segna ogni rumore della carne io non anticipo clemenze né preghiere e non perché abbia coraggio io giaccio e spalanco il mio unico corpo ad una ribadita fine
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se fossi già morto volerei vi lascerei a numerarmi le ossa a baciarmi mi lascerei raccogliere e seppellire fiero come un marmo ma tu ti tormenteresti e morirei per sempre
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scuotono le ali gli angeli sul mio viso che ora tace sul mio polmone arrestato come un cuore se mi vedessi li sgomineresti tu eretica e combattente faresti palpiti con ogni bacio
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scivolo e con la bocca mordo questa alberatura ripensaci figlio mio e scendi perché non riesco con le mani a rubarti ti lecco il sudore come avessi la fortuna di baciarti ma lo stesso muori ed io mi butterei in cielo contro la tua ascensione ma mi macchi e stai per cadere e mi allargo il grembo per riprenderti
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restiamo qui è spaziosa la notte e piena d’aria per ciascuno il giorno è fitto di carni sembra ammassato e senza rotta restiamo qui che giriamo nel cielo
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questa notte è imprecisa come la tua ombra e come l’oceano è un movimento interminabile e la assisti e ti rivolgi al cielo per vederla spaccata per darla al demonio o per anticipare l’alba
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quei dadi di melagrana hanno la carne e latte e sangue confusi benché la gioia sarà aprirli sarà baciarne le ossa dorarli a fiamma come aspettassero il castigo sarà esiliarli in mani capienti denudati e brillanti
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in quei continui balzi degli occhi temo per il mio cuore che si affretta a nascondere il peso dei versi che tutti leggeranno sai ho un tremito ora che pressano mille dicitori e uguali scoppi nelle arterie
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per quale sentimento esausto ci siamo amati? se continuiamo dal suolo alla guerra a mantenere questo amore gerarchico
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Figli non sono che un rumore appartato come un’aria alle spalle non sono più di un minuto od ogni altro istante non sono più di una nuca e mi guardo in questo vuoto intero quanto il buio od ogni pena e sono assente mentre vi mescolate i palpiti somiglio al cielo scuro e non sono che all’inizio del vostro abbandono
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per Alda Merini
non è comprensibile che i capezzoli battano il cielo lasciando sulla rete il cuore e lì nemmeno un ninnolo tra le unghie perché è le fascette è l’effige con gli aghi e l’hanno candeggiata
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pasta di seta e di carbone io ti attraverso gracile fortezza ti accarezzo e ti bacio ti spezzo l’alito e rimango appeso alla tua bocca e da quel fiato non risalgo non risalgo resisto lì nel fondo in miniatura
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ora sto a mezz’aria come un nido e nella gola del cielo cucito come fossi una frontiera o lo schermo di Dio e ora vado
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non sparire per l’unica volta che sono pacifico per l’unica volta che non dubito delle tue dita gelide non sparire adesso che mi sono denudato per il sacerdozio animale che farò stesure filanti dei tuoi baci senza fantasia ma è una parentesi non aspettare che poi io t’ami
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non ebbi altro che una noia agguerrita tanto che i miei occhi chiesero perdono non vidi che un solo ospite a confortarmi la carne a sussultare di piacere ti ebbi ma simile all’angoscia ed agli strappi nel fiato poi ti sei negata
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non chiedo nulla perché mi hanno perduto e non voglio tornare e insorgere lì davanti io dormo nascosto per lasciarli dire e prima di ritirarmi in cielo mi interro e non voglio sollevarmi e dormo e ancora nelle voci sono corrotto e torturato
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non abbiamo che esempi ed esempi tra gli occhi e nel cavo delle labbra e sensi di granito spenti non abbiamo che venature di pianto e non un sogno benigno e rosato ma versi illeggibili non abbiamo nulla tra noi o ti castigheresti
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nessuno sa che il mio cuore è solo una pelle mi ci separerei non avessi conservato una pasticca di sangue in un luogo solitario come il petto
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mi tendi un sigillo con gli occhi per farmi vedere un taglio tra le ciglia e il tuo mare involato io mi avvento e mi immergo e premo le tue labbra che brilleranno poi sotto la tempesta dei miei baci e noi siamo una lastra di spume
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ma un giorno sarò quieto con il grembiule d’argilla e un sudario d’erba dolce non un guscio d’aria e una croce soleggiata ma insenature di zinco e pietre e zolle murate perché non mi manchino mai i lati spenti della terra non avrò toppe venturose per spiarti ma acidi e odore di zolfo e neanche un insufficiente vento
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lo spessore della terra è il vero orrore tutto senza luce senza possibilità che rimbalzi il vento ma è simile a un prodigio questa successione questa carne espansa la perderemo tutta protetti sottoterra se penso che già non si risorge vorrei resistere
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le mie mani sono in rovina ed hanno una forma incrinata da quaranta anni di suicidi non hanno nervi né nocche e non riuscirete a vederle ferme sono penitenti e saccheggiate mandate alla tomba dalla vita come faranno poi le dita ad uno ad uno
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le mie labbra versano il mare e lento e sudato e pietoso cado sui tuoi occhi tu taci come la luce perché sono l’ultimo amore l’ultima nascita dei sensi ti chiamerò tra breve tra le mie mani per la passione di un bacio
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lavami la bocca con acqua di riso e coprimi il torace stanotte mi addormenterò senza pensare all’ossigeno e stanotte ho paura come deponessi l’anima
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lasciami salire le tue mani dolenti come una bocca incise nel tuo petto come una fibra nel cuore come due rondini ferme lasciami difendere le tue braccia ma prima che un’insidia le lasci crocifisse o le spezzi prima che un imbroglio ti nasconda alla mia carezza
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lasciami qui e non dire parole per baciarmi abbiamo una sbarra un cosmo nelle bocche e i cuori irritati lasciami tumulato come occasione di morte urlami le scene della memoria senza badare alla tua voce mi sono piombato il petto e non sento
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l’aria ha smesso ed è una fascia nuda che mi rallenta io la sento stringere e pretendo di stare calmo o di volare ma non mi muovo la morte è pazienza così le sto accanto e vedo la sorte
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la Sindone è una morte solo umana la deportazione di un lino una disgrazia senza profeta un tranello ecclesiale la morte è già regno deposizione e dimora capanna croce e spavalda lastra un gradimento divino
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la morte è un’aspra tunica un imballo per il cielo e per il fondo secco è un velo uguale al freddo è un attimo che non respiri è questa pelle che è una dura parete è la mia anima che si muove senza braccia è questo corpo sazio mi basta la sola parola per indossare velature e immergervi la carne
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la fiamma è grossa all’inferno e qui hanno messo le candele sottili e preparato l’ultimo sonno farò un tonfo come un sasso nel vuoto dell’acqua
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la febbre o una vertigine mi piega come stessi per baciare o fossi preso dal piacere mi sto lasciando avvolto da mani e così santo come avessi compiuto tutto mi cacciano le spoglie e cado nel sonno ma mi sollevo che se sto nella cassa mi accusano di morte
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io ti nascondo tra le dita e noi siamo interi carni siamesi siamo una grotta il petto eterno in questa stanza scavata e tesa come un arco
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io conosco la morte che se muove il respiro le ballo sulle labbra perché sarebbe quasi un bacio lasciare fuori l’aria e sentirsi aprire la pelle unita e non aver nulla di intero
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in questo continuo cielo trionfale noi ci confortiamo in disparte come fossimo fioritura di germogli costumati e lindi invece siamo pallidi e negati perché tutto è promessa di martìri pene conclamate grida sconfinate e sempiterne anche questo destino finale che sale veloce come fosse assolto
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il mio cuore ricopre il cielo perché l’ ho volato nel buio e per tutta l’aria io ora mi avveleno un’infinità di volte e anch’io vorrei vedermi morire
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il diavolo è caduto e usa la mia pancia come un cassone come fosse vera terra e si inzuppa mescolato alla mia malinconia ma io non sono la sua libertà né un ponte giovane impiantato nel suo cuore io me ne vado e ho una volontà finissima
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i morti non odorano al cielo e nessuno compirà lacrime capaci di sollevarli sono anime fuggite dal petto e dagli occhi sono andati via avvenuti nella morte non battono le palpebre e ci ignorano e non torneranno perché non sono più qui sono abbattuti finiti come un mare paralizzato i morti non odorano nemmeno appuntati con gli steli
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ho sotto gli occhi il mio disastro e barcollo fate piano che mancano minuti forse un battito un velo fate piano che sale il calore nelle viscere e nell’anima dentro dal cuore
86
ho lasciato che a cadere fosse il mare e l’ho amato mentre si seppelliva nel cuore non avrei potuto fermarlo ho stretto le braccia e istruito la mia paura per seguitare a morire
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ho disertato tutto il giorno ricevendo i morti negli occhi il loro balsamo nel petto e i loro volti erano lunari e senza peso ho visto l’anima necessaria in quel silenzio tutto d’ossigeno
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guardami come fossi l’urna che puoi calciare in aria e lasciarla sospesa come fosse una confessione come fosse una réclame guardami prima che ristagni quest’ultima forma di bocca
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datemi le scintille del diavolo i suoi atomi le sue caldane
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Gesù non c’è patrimonio nel tuo cadavere e io non posso amarti per sola paura tu non hai respiro e né ragione o torto sei della stessa morte che ci raggiunge ovunque e non vale il tuo spirito se ti abbiamo rotto le braccia se sei rimasto un messaggio finito una pietà ordinaria
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fammi riconoscere le tue mani come un amore naturale che appena passa lo respiri in una frazione di memoria è un affanno baciarsi quanto resuscitarci i sogni se abbiamo paura
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ed io tornerei chicco di rosario scudo di carne starei in una preghiera con il sangue nei palmi
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lo sai che fingo di essere gravido per non lasciarti toccare il mio ventre e odio le tue mani perché non vedi che tremo molestato e rinchiuso nello scavo del tuo letto
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e pure l’aria diventa cielo finalmente ferma e tutta aperta come un campo
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e poi sì soltanto una carezza mi toccherà alle braccia e tu amore a nessuno mai avevi rimosso il cuore premendo il succo dalle labbra come volessi servirti ma ora mi hai fatto argilla pasta di sale un movimento tremante ed abbiamo la stessa vertigine la stessa bocca
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poi d’improvviso mi ritiro e mi sciupo e mi attacco al catafalco come fossi impiccato ad un vuoto leggero ma io voglio significare la mia morte con un odore romantico e che sia anche languida un sepolcro spumeggiante gocce d’olio cariche di luce perché non sia un amen ma uno spinterogeno nel sangue una rondine
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e ora che le anime sono agnelli senza un Dio che guardi fisso ora che hanno l’occhio perduto come appena affiorate dalla morte ora in una vampa di vocazione anche la carne si sente risorta
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e neanche se ti credessi triste potrei domandarti come hai portato la tua opera infelice e la tua solitudine diresti quasi niente
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e mi incarno nel tuo peso fuso come un desiderio come un tumulto un vento un contagio e soffoco per ascoltarti ora che folgori i miei occhi e ci stai incisa a comprendermi
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e io ci metto le mie dita a pettinarti ben vive come colombi poderosi e colmi e ti chiamo e foggio una superficie completamente vicino come una catena
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è inutile questa pace se penso all’orribile dolore che ho nella bocca e non valgono le mie mani se non le tocchi io vivo distrutto mentre aspetto di appoggiarmi potente sul tuo viso
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è insensata la salvezza perché è identico ogni morto perché non trema la terra non sente l’urto di nessuna sepoltura è tutta carne immobile senza furia posata e ricoperta ci fosse la salvezza fosse con noi nel nostro sangue ribollirebbe ci farebbe rinvenire e per Dio pregheremmo
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ci sono passato sorpreso nel tuo cuore come una nave tra le nubi tra i fumi degli angeli proprio là sopra l’acqua altrove nel cielo tra due stelle
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dimmi almeno se il mio tempo ti ha compiuta e lascia che il cuore tremi che rimanga fiacco immobile e aspetti nulla spiega la paura per il tuo silenzio se mi condanni a viverne la fine io ti inseguo per contagiarti ancora
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Clandestino circondato come il mare ho perduto il mio stesso onore e non indovino un respiro che limi tutto questo silenzio e quest’ansia in fiamme
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ci siamo scambiati le mani e non ci volevamo ma io amore ti ho preso le braccia in quel resistente istante e le ho aperte come lievito di luce perché tu sei profeta
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il cielo è una pupilla sepolta come un veleno aggrumato come un solco interrotto come una carne incapace e vecchia sta e non si muove
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amore mio esempio di minuta luna e di lunga febbre mi colma il tuo cuore quanto le tue dita anime nostre disobbedienti ti sei ferita per portarmi via per tenermi le mani e far dipendere una parola d’amore dalle tue labbra amore mio tocchiamoci bruciamo insieme siamo ormai aria che sale baciamoci adesso come stessimo davvero per morire
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alludo a te lassù eretta al sole come una croce di luce o una tromba che si prende l’aria come un uccello che sta per volare senza vento come fosse un angelo
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a Claudio Lolli
fino a che la morte non avrà che un senso lentissimo e sarà ancora angoscia e canto il socialismo o un arsenale polemico fino a che non sarà una solitudine stampata una separazione avrai i pensieri di ogni uomo nella fronte ogni rischio di rivolta nelle mani e qualunque malinconia
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è buio veramente e se mi perdo è in tutto il cielo io vi vedo e vi nomino tutti come foste vivi e vi sorveglio ancora mentre mi seguite ma fuggo e volo come un suono oggi sarò un annuncio o soprattutto morte
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vivo in una vile polpa una schiera d’ossa e di questa terra inferma proseguo la civile anestesia sono un’ape in voliera una luce posata come un germe un vento strano e terminato ma smarrirei tutto in un decimo solo un decimo di secondo pigerei la testa con rabbia andrei fuori di me finirei ricordo astratto finirei morto
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11 settembre vieni cielo e portati la morte da un’esistenza fonda da queste nuvole estese stanotte nessuno ti ignora perché sono stati liberati e ronzano derelitti e sospesi e ci sanguinano sul capo e riflettono d’acciaio sono una medaglia in volo e forse il nostro ripensamento e suderemo di freddo e li guarderemo incuriositi e ci sentiremo penetrati e ci lasceremo abbattere
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ho un fuoco in mille pezzi in questo cuore e la notte è stretta ma tu portami via come rientrassi nel sonno portami via che sbatto da secoli e picchio secco come un guerriero che non sente le montagne e sospira e muore di sventura
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so che siamo così vulnerabili e che l’angoscia è immobile come un osso e quanto anticipa la morte terribile e matura pur senza dolore è un possesso leggero quasi assente e tace sola esiliata è lì che aspetta come un dominio un suicidio e rimane viva in un corpo scuro come quello che ho che stringo e mi bacio
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questa parola amore ha dentro il tuo corpo ed ogni suono
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hai nel torace passamanerie prismi e piaghe e sei Cristo bilanciato in minimi lumini e dentro a forni di preghiere nelle lampade votive è così in tutti i Duomi l’opalina è lurida radice e torpore di vini in tutti i Duomi crepe e alcove fino al fondo del Cielo ma cadranno i portali la calce geometrica o barocca così come i ceri indorati dei sepolcri
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ogni crocifisso mi confessa come potesse darmi altra pelle o giorno dopo giorno l’anima come avesse una testa vera o una immacolata voce umana invece è una spia la superiorità della morte è un sorriso tagliato duro come un sasso io lo prego anche se è secco come un vecchio albero su quella croce sembra sacro ma mi perseguita la sua assenza e la mia fede vola e cade io ci fisso un testamento in quel tronco che non connette poi voglio fuggire lontano capire anche la sua morte è atroce
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non saprò mai quanti secoli mancano alle tue dita umane e mi annido nell’aria come una lebbra una pena confessa come una noia carceraria mi attorco come biglia d’acciaio e da lontano arriverò come un palo una punta nel tuo petto svuotato come una conchiglia
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non esistono fiumi sereni Susanna né che scendono parchi a fecondare altre acque sono urli di balena che si schiantano nel mare per tutto il tempo sono muscoli che sfuggono ma tu lo capisci che ho nella bocca un sogno già estinto un invisibile precipizio un pendolo che fa la notte e la noia? e quel fiume che vedi Susanna è cadente è un’acqua spezzata e senza reni
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no Maria io piango e vacillo hanno tracciato un grembo un’insenatura e mi ci scaricheranno mi hanno sollevato gli uomini e ne ha avuto voglia il Signore si è avvalso della loro ira ha lasciato che mi coronassero e che continuassero il delitto vegliandomi su questa pelle hanno penetrato di tutto e mi hanno mozzato i nervi attaccandomi la morte no Maria io piango perché la carne mi brucia
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io sono il tuo imene sanguigno la carne trafugata sono la vampa e pure il rombo l’urlo spumoso del trionfo la ferita io sono assassino e amore la pelle e la fatica sono il palpito anche il contagio le labbra fossili la fame io sono il sangue che ho visto le gocce fluide lo stame eretto io sono una vite la cicatrice l’eccesso lieto io sono saldato alla tua fenditura come un peso e dentro tremo come un piacere come un male
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insospettabile come soltanto la sorte e improvvisa come quel male che ci attende nel cuore mi hai seccato la radice le vene il coraggio mi hai terminato l’aria nel mio petto non si è taciuto nulla mi sono immerso per te in questa morte da questo amore
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non so nulla di te e già ti adagi e ti allacci ai miei polsi e mi fermi gli occhi sei un’ombra severa non viva e compari fredda come una tensione nel petto ma lasciami non avvicinarti alle mie labbra così ti tengo nella mia mano e mi umilio e spingo il sangue contro le tue ossa sono fresche le mie dita le divido per non fartele uccidere con un duro palpito tutte in un colpo
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aiutate Maria fasciatela come una spiga o come un midollo debole ha una volontà disperata e non si abbandona e si sdoppia non ha solo fede ma piacere in abbondanza ogni mano che può la tocchi carezzi l’urna di Dio ora ora che si è lacerata appiccicatela alla tavola non deve rientrarle dentro Gesù apritele le gambe poi lasciatela di colpo morire
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a Cristo è stato negato il battesimo credendo bastasse la vita a dargli un’anima e un nome benedetto qui tutto è cambiato sconvolto ed è come l’avessero avvertito che è solo gloria accumulata tutto è scomparso dalle sue mani hanno lasciato solo le preghiere per i morti che credono in castigo Cristo non ha più avuto un’anima in mezzo agli uomini è un ricordo resuscitato per natale o per scontarsi una pena qui ci sono i bombardieri la giovinezza ammucchiata in trincea e l’odio animato ci sono gli zampilli dorati del clero e quei versi sacri e nascosti qui c’è una rampicata alla violenza Cristo è senza anima ed è morto nelle nostre mani come fosse da lapidare o il corpo della paura ossidato in quella croce Cristo è senza anima una maschera uno stendardo un solido silenzio
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i preti sanno di psichiatria e rivendicazioni invocano arie penitenziali e noi stiamo inermi quando dall’altare si lodano come avessero testa e braccia non vedono armonie ma voragini e condanne e sventagliano castighi per quel boia che somigliano ad un Dio
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sei un mare che sbatte si squarcia rivive solo per amore per non scamparlo
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guarda quel segno sospeso nell’aria appena nato sembra sia così l’avvento un incavo una riga e il resto luce
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Indice 5
Presentazione di Raffaele La Capria
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ti acclamo si muore senza ti amo riconosci il confine si chiude il cielo quest’acqua portatemi una rosa poi questo bacio sarà un velo chiuso non ci daremo nessuna ora poi avremo anche il silenzio nelle vene nel silenzio tutto è teso mi gemma lo spirito le schiume sono sperma le nostre dita sono rami di salice ho la fatica nel petto hai gatti e miele nel petto guardiamoci morire esco dalla guardia di Dio e muoio è una lentezza spossante con nessuno dividiamo la morte ci toccammo per paura adornato a catenaccio vorrei dopo ogni parola voglio un complimento voglio germinare aria vieni e restiamo uniti una volta l’anima ci oltrepassa un solo minuto è carnivoro tu mi converti tregua cazzo 131
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ti verso ogni istante ti fugge il corpo dalle mani e bacia ti appare l’anima stanotte ogni sentiero avrà la terra secca Hikmet sei il confine fermo se vuoi lasciami amore se ti sapessi nata non sarebbe uguale se muoio è perché la morte non ha sensi se fossi già morto volerei scuotono le ali gli angeli scivolo restiamo qui questa notte è imprecisa quei dadi di melagrana hanno la carne quei continui balzi degli occhi per quale sentimento esausto ci siamo amati? Figli non è comprensibile pasta di seta e di carbone ora sto a mezz’aria come un nido non sparire non ebbi altro che una noia agguerrita non chiedo nulla non abbiamo che esempi ed esempi nessuno sa mi tendi un sigillo con gli occhi ma un giorno sarò quieto lo spessore della terra è il vero orrore le mie mani sono in rovina le mie labbra versano il mare lavami la bocca con acqua di riso lasciami salire le tue mani lasciami qui
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l’aria ha smesso la Sindone è una morte solo umana la morte è un’aspra tunica la fiamma è grossa all’inferno la febbre o una vertigine mi piega io ti nascondo tra le dita io conosco la morte in questo continuo cielo trionfale il mio cuore ricopre il cielo il diavolo è caduto i morti non odorano al cielo ho sotto gli occhi il mio disastro ho lasciato che a cadere fosse il mare ho disertato tutto il giorno guardami datemi le scintille del diavolo Gesù fammi riconoscere le tue mani ed io tornerei chicco di rosario lo sai che fingo di essere gravido e pure l’aria diventa cielo e poi sì, soltanto una carezza poi d’improvviso mi ritiro e mi sciupo e ora che le anime sono agnelli e neanche se ti credessi triste e mi incarno nel tuo peso e io ci metto le mie dita a pettinarti è inutile questa pace è insensata la salvezza ci sono passato dimmi almeno se il mio tempo ti ha compiuta Clandestino ci siamo scambiati le mani il cielo è una pupilla sepolta amore mio 133
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alludo a te lassù fino a che la morte non avrà che un senso lentissimo è buio veramente vivo in una vile polpa 11 settembre ho un fuoco in mille pezzi in questo cuore so che siamo così vulnerabili questa parola amore hai nel torace ogni crocifisso mi confessa non saprò mai non esistono fiumi sereni Susanna no Maria io piango io sono il tuo imene sanguigno insospettabile non so nulla di te e già ti adagi aiutate Maria a Cristo è stato negato il battesimo i preti sanno di psichiatria sei un mare che sbatte guarda quel segno sospeso
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Stampato presso Piero Manni s.r.l. - San Cesario di Lecce nel settembre 2005
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