La Dove Cielo E Terra

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  • Words: 36,544
  • Pages: 80
Ferdinando Rancan

LA’ DOVE CIELO E TERRA SI INCONTRANO

La preghiera e la Messa nella vita del cristiano

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(cenno biografico da apporre sulla parte posteriore della copertina)

Don Ferdinando Rancan è nato a Tregnago, Verona, il 14 giugno 1926. Dopo aver conseguito la maturità classica, si laurea in Scienze Naturali nel 1955 presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Tornato a Verona e completati gli studi teologici, riceve l’Ordinazione Sacerdotale e si dedica per parecchi anni all’insegnamento nel Seminario diocesano e nei Licei della città. Dal 1980 svolge il suo ministero pastorale presso la Pieve dei Santi Apostoli, in Verona.

Don Ferdinando Rancan è nato a Tregnago (Verona) il 14 giugno 1926. Dopo aver conseguito la maturità classica, si laurea in Scienze Naturali, nel 1955, presso l'Università "La Sapienza" di Roma. Tornato a Verona e completati gli studi teologici, riceve l'Ordinazione sacerdotale e si dedica per parecchi anni all'insegnamento nel Seminario diocesano e nei Licei della città. Dopo aver svolto il suo ministero sacerdotale come parroco presso la Pieve dei Santi Apostoli, attualmente presta la sua collaborazione presso la Parrocchia di Sant' Eufemia in Verona.

Altri suoi scritti: “La moneta del tempo” - Come santificare il tempo “Fiori di Melograno” - Frammenti di diario. Ed. Athesis Verona 1999 “Il tempo - l’Eternità” - L’uomo di fronte a Dio “Il senso del vivere” Ares Milano 2000

PER ORDINAZIONI RIVOLGERSI A: DON ENZO BONINSEGNA Via Polesine, 5 - 37134 Verona Tel.: 0458201679 * Celi.: 338-9908824 DON FERDINANDO RANCAN Via Risorgimento, 25 - 37126 Verona Tel.: 3492134621

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Il titolo attribuito a queste riflessioni intende proporre alla nostra meditazione i luoghi dove Dio viene incontro all’uomo; là dove egli si rivela alla nostra anima e ci fa dono della salvezza. I luoghi appunto dove Dio e l’uomo – il Cielo e la terra – s’incontrano. Quei luoghi sono principalmente due: la preghiera e la Messa, come dire il Tabor o anche il Sinai e il Calvario. Là Dio ci aspetta, là incontriamo la luce, riceviamo la grazia, otteniamo misericordia. Là facciamo l’indescrivibile esperienza dell’Amore. Le strade dell’orazione e la via del Calvario sono impegnative e richiedono sforzo, ma conducono alle altezze dove abita il Signore e dove ci attende la vera felicità. Incamminarci in esse senza lasciarci sconfiggere dalla paura, senza cedere alla pigrizia, senza lasciare spazio al dubbio e allo scoraggiamento, e perseverare fino alla fine e nonostante tutto, vale la pena! Dio e la nostra comunione con lui nel Cielo è un tesoro troppo grande per essere barattato; tutte le ricchezze della terra e tutti i piaceri di questo mondo non sono che un miserabile pugno di mosche davanti a ciò che Dio ci ha preparato nel Cielo.

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PRESENTAZIONE

A chi mi chiedesse quale sia la causa che più di ogni altra ha portato, nel nostro tempo, al raffreddamento della vita cristiana in tanti credenti, non esiterei a rispondere che il primo e principale responsabile è l’abbandono della preghiera. Purtroppo, la preghiera trova sempre meno posto nella vita di tanti cristiani; in molti di essi è ormai ridotta a un lucignolo fumigante, non c’è quasi più olio che la alimenta. E la vita cristiana ne paga le conseguenze. Con l’abbandono della preghiera, si attenua prima di tutto la Fede; per cui lo splendore di luce che Gesù ci ha portato con la Verità, pian piano lascia il posto alla nebbia e, in molti casi, alle tenebre più fitte. Poi, si affievolisce la Speranza, che è la fiducia in Dio e il desiderio del suo Regno; all’entusiasmo, alla gioia di essere cristiani, subentra la noia, la stanchezza, l’indifferenza. Infine, viene meno la Carità perché, senza preghiera, il cuore si inaridisce, perde slancio e calore, non vibra più né per Dio né per i fratelli. E’ l’insensibilità della morte interiore. E così, oscurata la fede, raffreddata la speranza e inaridita la carità, cosa resta ancora della vita cristiana? Più niente! O forse solo l’apparenza, tanto vuoto, qualche stanca abitudine e nulla più. Con tutte le conseguenze personali e sociali, temporali ed eterne, come è facile immaginare. Ora, ridando vita alla preghiera, si riaccende la fede, si alimenta ogni virtù, si rigenera l’uomo, si favorisce il ritorno a Dio, si pongono le premesse per un risanamento sociale e soprattutto si plasmano i futuri cittadini del cielo per la vita eterna. Sono queste considerazioni che mi hanno spinto, all’inizio del mio servizio sacerdotale, a rivolgere ai fedeli della comunità parrocchiale Santi Apostoli in Verona, questa “lettera”, convinto che ogni volta si ricomincia dalla preghiera. Siccome è un principio che vale per tutti, ho creduto utile mettere queste pagine a disposizione di chiunque voglia ritrovare la gioia e la freschezza della propria identità di figlio di Dio. *****************

La preghiera ha il suo culmine e la sua espressione più alta nella Santa Messa perché la Messa è la preghiera di Cristo stesso che, come Figlio di Dio fatto uomo, è il vero adoratore del Padre ed è l’unico Mediatore tra l’uomo e Dio. Per questo ho ritenuto opportuno completare le considerazioni sulla preghiera con una breve catechesi sul mistero eucaristico che rende presente nel tempo il sacrificio stesso di Cristo dal quale è venuta la nostra salvezza. Del resto, ciò che identifica il cristiano fra quanti nel mondo hanno una fede religiosa, è proprio la Santa Messa. In tutte le religioni si prega, ma il sacrificio di Cristo da cui è venuta la salvezza del mondo, si rende presente solo nella Liturgia della Chiesa 4

cattolica. Non c’è dunque vita cristiana senza la Santa Messa. Troppi cristiani non lo sanno. Perciò, ho intitolato questa catechesi con le parole di Gesù alla Samaritana :”Se tu conoscessi il Dono di Dio!” Affido alla Vergine Santa, modello di preghiera e Madre del Redentore, queste pagine perché le accompagni con la sua materna intercessione e faccia nascere nel cuore di quanti leggeranno un vivo desiderio di conoscere Cristo e di incontrarlo nel Vangelo e nell’Eucaristia per amarlo e testimoniarlo nella propria vita di ogni giorno.

Verona, 15 agosto 1997 - Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria

Nuova ristampa riveduta e ampliata. Verona - 11 febbraio 2003 - Festa della Beata Vergine Immacolata di Lourdes

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Carissimi, le cose che vi scrivo, avrei voluto dirvele a viva voce, venendo a casa vostra di persona, come un amico, come un fratello, come un padre. Sono cose semplici che prendo dal Vangelo e dalla vita stessa di Gesù. Sono cose che avete sentito tante volte negli anni della vostra formazione cristiana, le avete imparate dalle labbra di vostra madre e dalla catechesi dei sacerdoti che avete incontrato nella vostra vita; già le portate, quindi, nella vostra mente e dentro il vostro cuore. Purtroppo per alcuni di voi è accaduto quello che accade spesso nella vita di molti: con gli anni, per la stanchezza, per le preoccupazioni e per le inevitabili crisi nella fede, legate forse a vicende tristi o dolorose che talvolta la vita ci presenta, queste cose giacciono sepolte sotto le ceneri dello scetticismo e dell’indifferenza, patiscono la corrosione del dubbio e dell’incertezza o hanno perduto la freschezza e l’attualità di un tempo.

1 - A voi che non pregate Mi rivolgo prima di tutto a voi che non pregate più da molto tempo. E’ come se il Signore si fosse eclissato nel cielo della vostra anima. Non voglio, qui, fermarmi sugli aspetti dottrinali del vostro problema - dovremmo farlo in altre circostanze -; voglio invece ricordarvi che tra voi e Dio avete messo un lungo silenzio, forse di anni, un silenzio che avete riempito con realtà puramente umane, anche se buone: la famiglia, la politica, la carriera professionale, ma talvolta mescolate a cose meno nobili: l’ambizione, l’interesse, la vanità del successo e forse, in qualche momento, anche macchiate da tristi debolezze - magari giustificate col pretesto delle circostanze, della solitudine, dell’umana fragilità - comunque, tutti surrogati con cui avete cercato di riempire il vostro silenzio con Dio. Così avete camminato nella vostra vita con le provvisorie certezze del sapere umano, della buona salute, della sicurezza economica ma, in realtà, coprivate dentro il vostro cuore un profondo bisogno di luce e di certezza. Avete camminato in una condizione molto simile alla cecità, come chi corre in un tunnel, senza sapere da dove viene né dove va. E continuate a camminare nella nebbia più fitta, con una visibilità quasi nulla...; non pensate che a pochi metri sopra la vostra testa splende un sole stupendo. Basterebbe un piccolo sforzo, un piccolo atto di umiltà - che è sapienza - per innalzarvi solo un poco sopra i vostri orizzonti umani così nebbiosi e incerti, per aprire l’anima verso l’alto e incontrare la luce, una luce piena, gioiosa, che inonda l’universo intero, perché gli occhi di Dio sono aperti su ogni angolo della nostra esistenza.

2 - A voi che pregate solo nei momenti di bisogno. Mi rivolgo poi a voi che, pur pregando qualche volta, lo fate spinti dal bisogno o dalla paura. Pensate a Dio come ad un ricco e potente signore, quasi un estraneo, al quale ricorrete solo nei momenti di bisogno: quando il medico non può fare più nulla, o il sindacato non è più in grado di garantirvi il posto di lavoro, o quando avvenimenti più 6

forti di voi minacciano il vostro onore, i vostri affetti e il vostro futuro. Il Signore non rappresenta il vero fondamento della vostra vita e non orienta in senso autenticamente religioso la vostra esistenza. E così la vostra preghiera corre il pericolo di trasformarsi in superstizione, di diventare una specie di amuleto, un talismano magico al quale ricorrete per accapparrarvi il potere divino e liberarvi così dai vostri malanni. Non intendo togliervi la fiducia che dovete avere in Dio o frenare il vostro desiderio di ricorrere a lui in ogni vostra necessità; voglio solo ricordarvi che non potete vivere come creature impaurite che si sentono sempre minacciate da qualcosa, o creature interessate, tutte tese a proteggere la propria vita di quaggiù, la propria salute, il proprio interesse, la tranquillità di una vita senza dispiaceri. In questo modo finirete col vedere nel Signore esclusivamente uno “scaccia-malanni”, non saprete dare un tono filiale al vostro rapporto con Dio e di conseguenza perderete il senso gioioso della vostra esistenza cristiana Fratelli miei, non dimenticatevi che siete figli di Dio; dovete allargare il cuore, dovete aprire alla vostra anima gli orizzonti della fede, della speranza e dell’amore e lasciarvi attirare dalla paternità di Dio. E’con questi sentimenti che dovete pregare ogni giorno, abbandonando nelle mani di Dio, nostro Padre, ogni sollecitudine e preoccupazione, ben sapendo che egli, se non sempre ci libera dai mali, sempre ci dà la forza di portarli con serenità e fiducia.

3 - A voi che pregate un po stancamente Mi rivolgo, infine, anche a voi che pregate ogni giorno, ma forse fate convivere la vostra preghiera con tante mediocrità quotidiane, senza quel vigore divino che mette la forza e l’amore di Dio nelle cose di ogni giorno. E così la vostra preghiera rischia di trascinarsi nell’abitudine, o di languire nelle preoccupazioni egoisticamente personali, incapace di accendere in voi la santa inquietudine di servire generosamente la Chiesa e le anime. Non voglio certamente scoraggiare i vostri propositi di bene, la vostra costanza quotidiana nelle pratiche della vita spirituale, dando quasi ragione a quanti vi dicono che piuttosto di trascinare la preghiera nell’abitudine è meglio smettere di pregare; vengo, invece, a dirvi il contrario, a fare quello che un tempo si faceva nelle nostre case, quando la fiamma del focolare si era esaurita o spenta: uno dei nostri vecchi, con un soffio robusto e deciso, spazzava via la cenere e alimentava le braci che tornavano ad ardere e a bruciare con una fiamma viva e pulita, attraversata da scoppi di generosità e da guizzi di vita che diffondevano gioia e calore in tutta la casa. Vorrei anch’io, con l’aiuto della grazia divina, soffiare sulla cenere della vostra preghiera e riaccendere nel vostro cuore la fiamma dell’amore di Dio che innalzi la temperatura spirituale della vostra anima e comunichi luce e calore a quanti vi stanno intorno. Non lasciatevi ingannare. Il male dell’abitudine non si guarisce smettendo di fare le cose, ma mettendo amore, ravvivando la fede, lottando contro la pigrizia che sempre si nasconde dietro la malavoglia, la noia o la mancanza di tempo. Mi rivolgo, dunque, a tutti, con l’unico desiderio di aiutare tutti a vivere un po’ più vicini a Dio, con la certezza di aver così contribuito alla vostra felicità, quella del cielo, ma anche quella sulla terra.

4 - L esempio di Gesù.

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Fratelli cari, Gesù è il Figlio di Dio. Prendendo la nostra natura umana, senza cessare di essere Dio, egli si è fatto uomo, - “perfetto Dio, perfetto Uomo” ricongiungendo la terra al cielo e diventando così il punto di riferimento per tutta l’umanità. Gesù si è fatto nostro fratello, il primogenito di tutti gli uomini. Egli ci precede tutti, cammina davanti a noi e ci guida; ci apre la strada che conduce a Dio, nostro Padre; egli traccia, anzi “è” il nostro cammino: egli è la Via. Essere cristiani vuol dire seguire Cristo, “camminare dove cammina lui”, lasciarsi guidare dalla sua luce. E’ la luce che ci viene dalla sua Parola e dalla sua Vita. Come Mosè davanti al suo popolo, egli è il Buon Pastore che cammina davanti a noi per condurci fuori dall’ignoranza e dalla confusione e guidarci per cammini di luce e di pace. Ormai per noi uomini non c’è alternativa: se ci allontaniamo da Cristo, se non ci lasciamo illuminare da lui, dalla sua parola, ricadiamo nelle tenebre e non comprendiamo più nulla di noi stessi e del nostro destino. Gesù diventa così il nostro Modello; dobbiamo specchiarci in lui, ispirarci alla sua figura e all’esempio della sua vita. “Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. (...) Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io facciate anche voi” (Gv.13,14). Gesù ci ha insegnato come deve essere la nostra vita di figli di Dio. Parlarvi di Gesù sarebbe il mio più vivo desiderio e vorrei dedicarvi pagine e pagine su di lui, ma, per ora, quello che desidero è di far nascere nel vostro cuore una sete, una santa curiosità di conoscerlo che vi spinga a mettervi dentro il Vangelo, a prenderlo in mano ogni giorno, a leggerlo con fede, a meditarlo una volta e due e tante..., finché la figura di Gesù vi diventi familiare e la sua vita entri nei vostri pensieri e nel vostro cuore come una presenza illuminante e alla fine dolcissima.

5 - Gesù orante: maestro di orazione Seguendo dunque Gesù da vicino, anche voi, come gli apostoli, vi stupirete nel vedere il Signore immerso in un colloquio intimo e mai interrotto con il Padre. Gesù, senza mai estraniarsi da quello che faceva e da quello che gli accadeva intorno - sempre assediato dalle suppliche dei malati, dedito instancabilmente ad ammaestrare le folle, attento con delicatezza umano-divina alle situazioni più difficili dei suoi apostoli, di villaggio in villaggio lungo tutte le strade della Palestina - era, nel suo spirito, costantemente afferrato da una Presenza superiore, intima e viva, che non lo lasciava mai: era la presenza del Padre. Molte volte gli apostoli udirono Gesù parlare con lui a voce alta, davanti a tutti: “Ti ringrazio, o Padre, Signore del cielo e della terra...”; è un’espressione che si ripete spesso, come nel tempio, davanti alla tomba di Lazzaro e soprattutto in quella preghiera, la più impressionante che sia uscita dalle labbra del Signore dopo l’ultima Cena, accanto ai suoi apostoli: la Preghiera Sacerdotale. Accanto a questa familiarità costante col Padre, ecco i momenti dedicati esclusivamente ad un intimo e solitario colloquio con lui: lunghe ore della notte, dopo giornate impossibili nelle quali non c’era tempo nemmeno per mangiare, alle prime luci del giorno che anticipavano una nuova giornata di fatiche, nelle ore del tramonto e nei momenti più impensati lungo la giornata... Questo comportamento del Signore ha talmente impressionato i discepoli da provocare in loro una specie di crisi interiore: si resero conto che non sapevano ancora pregare, che la loro preghiera era, comunque, molto lontana da quella che vedevano in Gesù, finché un giorno, avendo assistito ancora una volta alla scena ormai abituale di Gesù orante, sentirono il bisogno di dirgli: “Signore, insegnaci a pregare!” (Lc.11,1). 8

Gli apostoli infatti avevano scoperto nel comportamento di Gesù orante un nuovo modo di pregare e un nuovo atteggiamento interiore nel pregare. Il modo nuovo era un tratto con Dio diretto e personale, e il nuovo atteggiamento era quello del figlio con suo padre. Gli apostoli già conoscevano la preghiera con i Salmi che venivano cantati solennemente nel Tempio, oppure recitati in comune nella Sinagoga o in casa nei vari momenti della giornata, e con essi avevano pregato molte volte insieme a Gesù, ma quel pregare da solo, nel silenzio, sui monti, a sera inoltrata o alle prime luci dell’alba, o anche improvvisamente nel pieno delle occupazioni della giornata, quel pregare in modo immediato e diretto, a cuore aperto, come di un figlio con suo padre, come chi conosce da tempo una lunga familiarità con Dio senza alcun timore di lui, chiamandolo col nome dolcissimo di Padre, con la fiducia immensa di chi si sa amato infinitamente e da sempre, questo modo di pregare era per loro nuovo e fino allora sconosciuto. Non pensavano lontanamente che si potesse avvicinare Dio da soli, a tu per tu, con l’audacia di guardarlo negli occhi come un figlio guarda suo padre, affidandosi a lui con fiducia. Hanno potuto farlo solo Mosè e i Profeti che avevano incontrato Dio da vicino. La risposta di Gesù fu una chiara conferma del suo esempio e di quanto egli aveva già detto, forse più volte: “...quando tu preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. (...) Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli...” (Mt.6,6).

6 - Pregare con Gesù, in Gesù, per mezzo di Gesù Questa contemplazione della vita di Cristo ci farà capire che Gesù è la strada per la nostra preghiera. Ormai non è più possibile andare a Dio se non per mezzo di Cristo. “Io sono la Via... Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv.14,6). Non c’è dunque vera preghiera senza Cristo. anzi, Gesù stesso è diventato per noi “la Preghiera”. In altre parole, la nostra preghiera dev’essere “cristiana”, cioè di Cristo; dobbiamo pregare con Lui, in Lui e per mezzo di Lui. Fratelli miei, nessuno può rivolgersi a Dio con le proprie forze; senza Gesù noi saremmo assoluta impotenza. Eppure, parlando con alcuni, ho notato che, pur pregando, la loro preghiera non è quella cristiana. Essi si rivolgono a Dio, ma ignorando completamente Cristo; perciò la loro preghiera viene da una religiosità vaga e astratta, che si rivolge a un “Qualcuno” che – mi dicevano - “deve pur esserci, che è superiore a noi, e che chiamiamo Dio”, ma che rimane, alla fine, un’entità nebulosa e indefinibile, molto simile a quella dei pagani o dei popoli che non conoscono il Vangelo. Ora, la nostra preghiera dev’essere non la preghiera dei pagani, ma quella dei figli di Dio, cioè di coloro che si rivolgono a Dio chiamandolo Padre, nel nome e per mezzo di Cristo, con la forza e con la grazia dello Spirito Santo. Noi preghiamo Dio-Padre, Dio-Figlio, Dio-Spirito Santo, l’unico e vero Dio, Creatore e Signore del cielo e della terra, che si è rivelato a noi per mezzo del suo Figlio Gesù, e in Lui ci ha redenti, ci ha riconciliati e ci predestinati alla gloria del cielo. L’Umanità Santissima di Cristo, la sua persona: ecco la strada per la nostra preghiera: “Per Cristo nostro Signore”, come ci fa dire la Chiesa alla fine di ogni invocazione. Ciò significa che solo attraverso Gesù noi abbiamo la possibilità di pregare e che solo i suoi meriti ci ottengono di essere esauditi dal Padre: “In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà” (Gv.16,23). E significa anche che l’umanità di Cristo è il luogo del nostro incontro con Dio; solo

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passando per Essa incontreremo Dio: “Filippo, chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv.14,9).

7 - La preghiera nelle Religioni Il cristiano, dunque, nella sua preghiera si rivolge a Dio nel nome di Gesù; il cristiano prega “in Cristo e con Cristo”. La preghiera cristiana – lo vedremo più avanti – si esprime perciò nella Chiesa e con la Chiesa. E’ nella Chiesa infatti che Cristo continua la sua presenza in mezzo a noi. Ora, proprio perché “cristiana” la nostra preghiera si differenzia profondamente e radicalmente da ogni altra preghiera, anche da quella che troviamo nelle varie religioni del mondo. Le religioni sono espressione della dimensione religiosa presente per natura nell’anima umana; l’uomo infatti ha sempre avuto coscienza di Dio e del proprio rapporto con lui. Questo vi dice che l’ateismo non solo è un fenomeno secondario, un prodotto di degradazione del pensiero occidentale moderno, ma è anche un controsenso, va contro natura, e perciò un ateismo veramente convinto non esiste. Quello che noi chiamiamo ateismo non è una negazione di Dio, ma il rifiuto di Dio. Ora, nelle diverse credenze religiose il concetto di Dio e le sue immagini si presentano estremamente diverse. Ho detto il “concetto di Dio”, perché le sue rappresentazioni, per quanto diverse, possono anche fare riferimento ad un'unica realtà trascendente, tuttavia l’idea fondamentale della divinità non è affatto identica nelle varie religioni, anche se comunemente si sostiene che è solo questione di nomi. Il nome “Allah” dei musulmani ha ben poco in comune con il vero Dio che si è rivelato all’umanità, e le stesse divinità orientali – induismo, scintoismo, taoismo, buddismo… - sono ben lontane dal Dio vivo e vero. Non parliamo poi delle divinità pagane, antiche e moderne. Ora, la preghiera fa riferimento al concetto che si ha di Dio e del suo rapporto con l’uomo. Il Dio dell’Islam è un Dio assolutamente unico (monoteismo), di una trascendenza irraggiungibile e inconoscibile, che lo colloca in una solitudine assoluta dove viene ammirato e adorato dall’uomo. Nel Corano, il libro-divinità dell’Islam, si nomina Dio migliaia di volte con gli attributi che proclamano la sua potenza, la sua grandezza, la sua forza, il suo potere, il suo dominio assoluto. La stessa “misericordia” in Allah non è che un aspetto dello strapotere di Dio sull’uomo. La preghiera rituale islamica non fa che scandire a ripetizione il primato assoluto di Dio: Allah è Allah, cioè “Dio solo è grande”, oppure “è Dio che ha il sopravvento”. E’ dunque un Dio monolitico che incombe sull’uomo, lo sovrasta e lo determina. Perciò nella preghiera islamica non c’è spazio per un vero dialogo con Dio; non c’è spazio infatti per una vera libertà e perciò per un’autentico rapporto d’amore tra l’uomo e Dio. Il musulmano che prega esprime, anche con la posizione del corpo – si piega profondamente fino a terra – quasi esclusivamente la “sottomissione assoluta a Dio”. E’ una preghiera che ignora la paternità di Dio e la nostra filiazione divina che ci mette in rapporto intimo con la Santissima Trinità. Siamo dunque lontani dalla preghiera cristiana. Nelle religioni orientali, la nozione di Dio si presenta insieme politeista e monoteista. Quando la divinità è concepita in senso personale si ha un olimpo di innumerevoli divinità. Su tutte emerge la Trimurti induista con diverse varianti nelle diverse obbedienze. Quando invece la divinità è concepita in senso impersonale, si ha una entità astratta, indefinita, il Brahma cosmico, che si identifica panteisticamente con l’energia della Natura. 10

Così quando la preghiera si rivolge alle diverse divinità prende le forme dell’adorazione, del culto rituale, sacrificale e anche della petizione, ma con l’intento fondamentale di propiziarsi la divinità verso la quale prevale il timore reverenziale. Quando infine la preghiera si rivolge all’Assoluto impersonale, al Brahma cosmico, prende la forma della meditazione e dell’ascesi interiore nelle quali il nostro io creaturale tende ad annullarsi e scomparire nel mare del Nirvana, molto simile al nulla. La preghiera si serve allora di tecniche psicologiche che mirano al dominio assoluto del proprio corpo e dei sensi per far entrare il nostro mondo interiore nella quiete più assoluta. Tutte queste forme di preghiera fanno leva sull’iniziativa umana, sulle risorse della creatura che cerca in quello che fa – l’obbedienza alla legge degli dei o la devozione rituale, simile alla pietà (bhakti) – i titoli per risultare gradita e accolta dalle divinità. Più ancora, nella meditazione buddista, la preghiera (se ancora si può chiamare preghiera) nasce dallo sforzo solipsistico dell’io che finisce col restare chiuso nel bozzolo egocentrico costruito da sé stesso, senza alcun vero rapporto con Dio. Evitiamo infine il discorso sulle innumerevoli Sette pseudo-religiose, soprattutto su quella attualmente molto diffusa e che ha ben poco di veramente religioso, la New Age, Sette dove la preghiera è totalmente falsata o distorta.

8 - Pregare è consegnarsi a Dio Imparate, dunque, ad accostarvi all’umanità amabilissima di Gesù come facevano i personaggi del Vangelo; proponetevi di avvicinarlo nelle diverse età della sua vita: adoratelo nel grembo verginale della Madonna, contemplatelo bambino nella mangiatoia di Betlemme, imitatelo nella sua vita di lavoro con Maria e Giuseppe a Nazareth, seguitelo per le strade della Galilea dove passò facendo del bene a tutti, accorrete a lui mostrandogli con fiducia le vostre ferite - le malattie della vostra anima, la lebbra, la cecità, tutte le vostre miserie - usando le stesse invocazioni, brevi ma intense come frecciate, che gli rivolgevano i malati del Vangelo: “Signore, se vuoi, puoi mondarmi!”. “Signore, che io ci veda!”, “Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!”, “Signore, aiuta la mia incredulità!”..., e così imparerete a pregare, a rivolgervi a lui con semplicità e immediatezza, senza giri di parole o discorsi ricercati, come se egli dovesse ascoltarvi per il vostro parlare raffinato. A poco a poco entrerete nel cammino della preghiera e, condotti dalla grazia e dall’azione dello Spirito Santo, percorrerete le tappe di una sempre maggiore intimità con Dio. Seguendo Gesù, arriverete a comprendere quella sua orazione di amore e di dolore che lo impegnò nella drammatica notte del Getsemani: abbandonato, prostrato nella polvere come un verme, per ore, gridando, rivolse al Padre sempre la stessa invocazione, che conteneva tutta la debolezza e tutta la forza dell’Uomo-Dio: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice, tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc. 41,22). Vedete? Ecco ciò che veniamo a fare nella preghiera: a consegnarci totalmente a Dio e alla sua volontà santissima. Gesù ce lo aveva già insegnato nel “Padre nostro” e ce ne ha dato qui l’esempio più commovente. La preghiera, miei cari, non può essere soltanto uno sfogo dell’anima; è anche questo, e spesso abbiamo urgente bisogno di effondere davanti al Signore l’amarezza della nostra anima, le nostre necessità e gli stati d’animo che ci pesano e ci opprimono, ma poi la preghiera deve andare oltre, deve andare in profondità e diventare un fatto che esprime l’atteggiamento interiore della nostra persona, la preghiera cristiana esige che deponiamo la nostra volontà ai piedi del Signore consegnandoci a lui, ossia che gli rendiamo per amore la nostra libertà mettendola nelle sue mani di Padre amoroso. 11

9 - Preghiera e Comandamenti Carissimi, c’è un’altra forma di preghiera dalla quale Gesù stesso ha voluto metterci in guardia: la preghiera degli ipocriti. L’ipocrisia ripugna a tutti, perciò molto pochi sono volutamente ipocriti. Per tutti voi, lo dico con assoluta sincerità, nutro profonda stima e so che nessuno cede all’ipocrisia, non con sé stesso e tanto meno con Dio. Quello che a volte può capitare è che, per errore, per carenza di formazione o per coscienza non rettamente illuminata, qualcuno non sa vedere con chiarezza nei Comandamenti la volontà di Dio che vuole difendere la nostra dignità e realizzare la nostra salvezza. Si insinua, allora, nel nostro rapporto con Dio, una sottile ipocrisia, inconsapevole ma sempre dannosa perché impedisce alla nostra anima quella unione con la volontà di Dio che, come abbiamo visto, è il fine di ogni autentica preghiera. Non lasciatevi ingannare da una distorta coscienza! Rimane sempre preghiera da ipocriti quella che non va unita alla sincera volontà di osservare i comandamenti di Dio. Ricordate il noto avvertimento di Gesù: “Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio” (Mt.7,21). Perciò, se qualcuno di voi si accorgesse di non riuscire a pregare o si sentisse come impedito di fronte alla preghiera, si proponga un sincero esame di coscienza per vedere se non stia resistendo alla volontà di Dio oppure se la sua condotta non sia in contrasto con la sua santa Legge. Ognuno chieda luce al Signore per giudicare rettamente sulla propria condizione e non si lasci ingannare dalla mentalità corrente del mondo o dalle leggi umane. Quello che conta veramente è la Legge di Dio. Oggi viviamo in una società che ha cancellato quasi tutti i Comandamenti di Dio a cominciare dai primi tre, soprattutto il primo: Io sono il Signore, Dio tuo! Non avrai altro Dio che me. Dove mai, oggi, Dio è riconosciuto come Signore e messo al posto che gli compete, cioè il primo, nella vita dell’uomo? Dio è stato cacciato dai parlamenti e dai governi degli Stati, gli si nega ogni riferimento nelle leggi e perfino nelle Carte Costituzionali, i mass-media lo combattono, spesso lo deridono e vorrebbero cancellarlo dalla vita pubblica. Anche nella vita personale di tanta gente Dio è completamente assente. La civiltà attuale ha fabbricato innumerevoli idoli che sono, tutti, maschere ridicole del nostro io. Senza dubbio, la preghiera può anche stare insieme al peccato quando si lotta sinceramente per vincerlo; anzi, la preghiera diventa allora un mezzo indispensabile per perseverare e vincere nella lotta; ma non può stare insieme allo stato di peccato, a una condotta non retta o ingiusta, anche se dissimulata con giustificazioni che non giustificano. Chi vive così è morto nel cuore e la sua preghiera è fatta solo di parole che tornano indietro appena uscite dalle labbra. Il Signore gli risponderebbe: “In verità ti dico: non ti conosco!” (Mt.25,12). Per chi vive così, l’unica preghiera possibile è quella di chiedere a Dio la volontà di convertirsi, la sincera decisione di rettificare la propria condotta. Certamente i Comandamenti da soli non bastano perché è l’Amore che salva; e noi cristiani siamo chiamati a vivere di amore e per amore. Ma proprio l’amore, se è vero e libero da ipocrisia, esige come presupposto e come prova l’osservanza dei Comandamenti di Dio. San Giovanni, l’apostolo dell’Amore, è assai esplicito nel commentare la già chiara affermazione di Gesù: “Se mi amate, osserverete i miei Comandamenti” (Gv.14,15).

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Il Signore, vuole dunque da noi una preghiera vera, cioè sincera, libera da ipocrisia, che va unita alla decisa volontà di osservare i Comandamenti di Dio, tutti, senza eccezione, e senza tentativi di applicarci sconti col segreto desiderio di adattare la legge santa del Signore alla nostra mediocrità o pigrizia, che sempre stanno nascoste nel cuore di ciascuno di noi. Vi assicuro che, pur in mezzo a debolezze, a cadute, a ripetuti cedimenti, una preghiera che sia accompagnata dalla lotta per essere fedeli, dall’umiltà di cominciare e ricominciare mille volte, vi riempirà di pace e di gioia, segno che il Signore è vicino a voi e che sta ascoltando la vostra preghiera. Il cieco nato guarito da Gesù rispondeva ai Farisei che lo interrogavano: “Noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori…”. E’ vero, ma chi sono i peccatori? La piccola Bernadette Soubirou, analfabeta, che non aveva ancora fatto la prima Comunione, alla quale la Madonna aveva chiesto di pregare per i peccatori, al parroco di Lourdes che le chiedeva chi erano i peccatori, rispondeva: “Sono quelli che amano il peccato”.Ecco il vero nemico della preghiera: l’amore, cioè l’attaccamento al peccato. E’ questo insano legame che ci costituisce veri peccatori agli occhi del Signore e impedisce alla nostra preghiera di raggiungere il cuore di Dio.

10 - Preghiera e Sacramenti La nostra preghiera - dicevamo - dev’essere “cristiana”, cioè rivolta al Padre per mezzo di Gesù e da Lui ispirata e avvalorata. Ora, potreste domandarvi: “Dove incontreremo Cristo nella sua Umanità santissima e nella sua presenza salvifica?” La risposta non può essere che una: Cristo lo troviamo nella sua Chiesa. E’ nella Chiesa, soprattutto nella sua Liturgia, dove Cristo si rende presente con la sua Parola e con l’azione salvifica dei Sacramenti. Fratelli miei, non c’è preghiera autenticamente cristiana senza Sacramenti. Lasciate che vi parli con chiarezza e anche con forza - l’unica forza possibile dentro la Chiesa, la forza dell’Amore di Cristo - : alcuni tra voi mi hanno detto che, sì, pregano ogni giorno, ma poi non si accostano alla Confessione da anni, e altri partecipano all’Eucarestia solo in certe occasioni.particolari. No, fratelli miei! E’ un inganno diabolico pensare di avere con Dio un rapporto vero, che porti alla salvezza, con la sola preghiera personale, escludendo la Chiesa che è, sulla terra, l’unico “sacramento” di salvezza. La Chiesa, infatti, continua nel mondo la presenza di Cristo e offre a tutti gli uomini, per mezzo del Vangelo e dei Sacramenti, la salvezza che viene dalla passione e dal sacrificio di Cristo sulla croce. Una preghiera non è vera, non è autentica e non è cristiana se non vi porta a desiderare vivamente e a ricevere con frequenza - tutte le volte che la vostra debolezza lo richiede - il sacramento del perdono e della misericordia in una confessione umile, sincera, contrita, e a incontrare nell’Eucaristia, almeno domenicale, il mistero di Cristo morto e risorto per la nostra salvezza. Rifugiarsi nella sola preghiera personale è credere che la salvezza venga da noi stessi, mentre viene solo da Dio che ha inviato per questo nel mondo il suo figlio Gesù. Fratelli miei, non potete pensare di essere leali con Dio soltanto perché non arrivate a negarlo, a rifiutarlo con l’intelligenza, mentre poi lo fate entrare ben poco nella vostra vita, e non vi preoccupate minimamente di sapere che cosa vuole da voi. Se non mettete nella vostra vita la sua volontà amabilissima con i suoi comandamenti e la sua misericordia salvifica attraverso i Sacramenti, la vostra fede e quindi la vostra preghiera non avranno l’efficacia divina di rinnovare la vostra vita e di riempire il vostro cuore di gioia e di speranza.

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11 - Necessità della preghiera Tornando alla figura di Gesù orante, nessuno sulla terra arriverà mai a penetrare il mistero insondabile della sua orazione, a comprendere ciò che accadeva nella sua anima sempre immersa in un sublime e intimo colloquio con il Padre. Possiamo tuttavia riflettere seriamente su quell’esempio divino per rendere sempre più viva in noi la convinzione che la necessità della preghiera è assoluta e inderogabile. Gli apostoli, quella figura di Gesù orante non la dimenticarono per tutta la vita; si convinsero talmente dell’importanza della preghiera che la misero al primo posto fra tutte le cose importanti della loro giornata, perfino prima della loro missione evangelizzatrice. Così affidarono ad altri il compito di amministrare la comunità cristiana e la stessa cura dei poveri e delle vedove, pienamente consapevoli che la prima responsabilità nel loro lavoro apostolico era quella di attendere alla preghiera e la servizio della Parola. La necessità della preghiera nasce, innanzitutto, dal fatto che siamo creature libere; ciò significa che non possiamo aprirci al bene senza una nostra decisione personale. E’, la nostra, una libertà “creaturale”, quella cioè propria delle creature; siamo, appunto perché creature; esseri relativi a Dio e profondamente vincolati a Lui nell’esistenza e nel destino. Questa creaturalità è l’altro motivo che fonda la necessità della preghiera. Non intendo, qui, fermarmi su questi aspetti dottrinali dell’orazione, voglio solo ricordarvi che dove non c’è preghiera non c’è libertà; anzi, proprio nell’orazione e nel nostro colloquio con Dio scopriremo il senso più autentico e gustoso della nostra libertà e insieme avvertiremo con gioiosa chiarezza il nostro legame con Dio come sue creature che portano la sua immagine e il suo sigillo. Fratelli miei, dove non c’è preghiera c’è il buio della schiavitù interiore, c’è lo smarrimento della coscienza che non sa più riconoscere la nostra identità di creature chiamate alla verità e al bene. Gesù, l’Uomo più libero e insieme più vincolato a Dio che sia mai passato sulla terra, è stato “l’Uomo-orante” che ha espresso l’orazione più sublime che mai sia stata fatta. Guardatelo sul Calvario: che cos’è la sua morte sulla croce se non una totale e consumata orazione? Una orazione che ha trasformato il corpo e l’anima di Gesù in un sacrificio orante e adorante. Le sue braccia sacerdotali distese su quel legno e aperte al cielo verso il Padre raccolgono la preghiera umana di tutti i tempi e di tutte le età, la mia e la vostra orazione, che cessa di essere la povera orazione di creature deboli e perdute per diventare la preghiera dei figli di Dio, chiamati ad una ineffabile comunione con Lui.

12 - Preghiera e vita soprannaturale Se la preghiera è necessaria sul piano naturale come creature libere, lo diventa ancora di più sul piano soprannaturale, come figli di Dio. Davanti alla nostra chiamata a vivere la vita divina noi siamo infinitamente sproporzionati e assolutamente impotenti. L’ordine della grazia esige il canale della preghiera e perciò non c’è salvezza senza di essa. E tanto meno è possibile la santità, alla quale siamo chiamati in forza del Battesimo che abbiamo ricevuto. E’ significativo che nella Liturgia del Battesimo il primo invito che la Chiesa ci rivolge appena ricevuta l’acqua battesimale è quello di rivolgerci a Dio con la preghiera propria dei figli: il Padre nostro. Il Battesimo è dunque il sacramento che ci abilita alla preghiera e al colloquio filiale con Dio, anzi ci rende capaci di partecipare e di fare nostra 14

la stessa preghiera di Cristo, quella che egli ha fatto qui sulla terra come fratello nostro, come vittima innocente che ci ha redenti, e quella che Egli continua a fare nel cielo come avvocato nostro, come Re e Signore della gloria. Siamo sulla terra, ma siamo chiamati a vivere vita soprannaturale, vita divina, a rendere cioè divino ogni nostro agire, ogni realtà nobile e retta che entra nella nostra vita quotidiana. La preghiera educa il nostro cuore all’intimità con Dio, fa spazio alla sua presenza divina nella nostre intenzioni e nella nostra vita interiore, e garantisce la dimensione soprannaturale a tutta la nostra esistenza. Senza la preghiera tutti nostri pensieri e i nostri progetti hanno la pretesa di essere autosufficienti, cioè indipendenti da Dio, dalla sua azione e dal suo aiuto; essi perciò restano vani e sterili per il regno dei cieli. Fratelli, non perdete questa meravigliosa, unica, occasione che avete di vivere sulla terra vita divina; non dimenticate che siete stati chiamati a condurre non semplicemente una vita buona e onesta, ma una vita “cristiana” cioè di Cristo, appunto vita divina.

13 - La fede come sorgente di preghiera Molte volte stando alla presenza del Signore nel Tabernacolo e pensando alla vita di tante persone lontane dalla fede, mi si riempie l’anima di dolore e di tristezza nel vedere come il Maligno avvelena tante intelligenze e tanti cuori. Il Maligno, fratelli, non è una vaga astrazione inventata dalla paura o da qualche fantasia malata o superstiziosa, è un essere angelico che se ne va per il mondo a contaminare l’intelligenza e la vita di tanti uomini. Gesù lo ha chiamato il “bugiardo” e “padre della menzogna” perché ha ingannato fin dall’inizio. Oggi la sua arma si chiama confusione e la sua vittoria è il laicismo materialista. Da questo materialismo che, come una caligine triste e buia oscura il cielo di tante coscienze cancellandovi ogni certezza e ogni riferimento a Dio, alla sua verità e alla sua legge santa, voi dovete guardarvi reagendo con tutte le vostre forze; ad esso opponete la fermezza della vostra fede e l’integrità della vostra condotta. Naturalmente non mi riferisco qui a quel materialismo sano che consiste nell’occuparsi in modo positivo delle cose materiali, delle cose di questo mondo; sappiamo, anzi, che le cose del mondo e le realtà materiali ce le ha affidate il Signore come ambiente nel quale muoverci ogni giorno per servirlo nel compimento dei nostri doveri secondo la sua volontà divina. Intendo, invece, quel materialismo pagano che non sa vedere nelle cose materiali la presenza di Dio, per cui ci dedichiamo alle cose di questo mondo senza scoprirvi il loro significato divino; perdiamo così il senso, il valore e la dimensione religiosa della nostra esistenza e di tutte le cose che ci circondano: la natura, le persone e gli avvenimenti. In altre parole, è il materialismo che si perde nel buio della materia e non sa scoprire nelle cose il loro rapporto con Dio, con i suoi disegni di amore e di misericordia, ignorando il destino di eternità che egli ci ha preparato. Fratelli miei, senza il dono della fede, che mette luce divina nella nostra mente, il mondo diventa incomprensibile, la vita e le vicende degli uomini un caos senza logica, una vera brutalità che ci trasforma in animali insaziabili e duri, così spesso anche feroci. Senza la fede che fonda una vita spirituale aperta al dialogo con Dio non ci resta che la durezza della vita materiale col suo spessore opaco ed oscuro. Come vedete, la preghiera che nasce dalla fede è profondamente umanizzante, ci rende più uomini, più degni della nostra identità di creature intelligenti e libere, fatte a immagine e somiglianza di Dio. 15

14 - La preghiera fonte di fede

Abbiamo visto che la fede è sorgente di preghiera. Quando la sua luce illumina la nostra anima e la rende capace di “vedere” Dio, di vedere la sua paterna presenza in tutte le circostanze della nostra vita, la preghiera scaturisce dall’intimo del cuore quasi senza fatica, come naturale conseguenza. E più la fede si fa forte e luminosa, più il colloquio con Dio diventa spontaneo e irresistibile. Se poi la fede è accompagnata dall’umiltà e dal senso vivo della filiazione divina, allora la preghiera diventa un “riposo” nelle braccia di Dio. Il livello della nostra fede possiamo misurarlo anche dal grado della nostra vita di preghiera. Ma anche possiamo dire che la preghiera è fonte di fede. Penso che tutti voi avrete avuto momenti di oscurità nella vostra vita di credenti, momenti in cui vi costava fatica credere, vi sembrava che tutto quello che avete imparato nel catechismo era una teoria astratta che poi veniva smentita dalle vicende della vita; insomma il dubbio e l’incertezza hanno bussato alla vostra porta. Innanzitutto voglio ricordarvi che molti dei vostri dubbi non sono veri dubbi, dubbi seri e fondati, sono piuttosto tentazioni, e come sapete le tentazioni vanno semplicemente respinte con atti espliciti contrari, in questo caso con atti di fede. Dovete dire a voi stessi che Gesù non ci ha ingannati, e quello che lui ha detto e ha fatto è tutto vero, e che volete accogliere il suo insegnamento perché le sue parole sono Parola di Dio, sono “spirito e vita”, e volete aderire alla sua persona perché è il Figlio di Dio. Direte con l’apostolo Pietro: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, e noi abbiamo creduto … che tu sei il Santo di Dio”. Ma poi dovete ricorrere alla preghiera. La fede è un dono di Dio e perciò va chiesta e alimentata con una incessante petizione al Signore. Nel Vangelo trovate esempi commoventi di queste preghiere: Signore, aiuta la mia incredulità! – Signore aumenta la mia fede! Come sapete, il dono della fede lo riceviamo nel battesimo, ma lo riceviamo come un seme, e come ogni seme deve germogliare, crescere, maturare e dare frutti. La fede ha perciò bisogno della grazia, e la grazia viene dalla preghiera. Il pregare, lo dicevamo sopra, è già un atto di fede perché ci rivolgiamo a Dio in quanto crediamo in lui, nella sua bontà e nelle sue promesse. Ma la nostra fede viene spesso messa alla prova dalle vicende della vita, dalle tentazioni del Maligno e dal clima di scetticismo che respiriamo in un mondo che ha voltato le spalle a Dio e spesso deride la nostra fede. E’ allora il momento della preghiera, una preghiera umile, perseverante, che non cede alla stanchezza o al disappunto; vi assicuro che la vostra fede metterà le ali, diventerà più forte di ogni dubbio, più sicura di ogni certezza, perché il Signore è Dio e non un uomo, non mente e non inganna, non delude e non lascia inascoltate le suppliche delle sue creature, e anche se vi sembra che sia lontano o che tardi a dare ascolto alle vostre invocazioni, egli vi farà sentire la sua presenza accanto a voi: sarà lì che vi guarda, che vede le vostre necessità e le vostre preoccupazioni, e sentirete nel vostro cuore l’eco delle sue parole: Non temere; io sarò con te e ti custodirò in tutte le tue vie…, e la pace inonderà la vostra anima e con essa la consolazione secondo le parole di S. Paolo: Il Dio di ogni consolazione vi consolerà in ogni vostra tribolazione. Fede e preghiera: l’una favorisce l’altra, reciprocamente, e insieme daranno profondità alla vostra vita di figli di Dio sulla terra.

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15 - Preghiera e testimonianza Che siete anime di preghiera lo deve testimoniare la saldezza della vostra fede, una fede così salda da esserne santamente orgogliosi. Voglio dire che non vi vergognerete di professarla. Se la vostra fede è vera, autentica, sostenuta da una intensa preghiera non avrete paura di nulla e di nessuno. Il vostro amore a Gesù Cristo e la vostra adesione a lui non verranno meno di fronte agli ostacoli, all’ostilità dell’ambiente, al pericolo di incomprensioni o di derisioni da parte dei vostri amici o conoscenti. Spesso la loro ostilità è segno di debolezza, del bisogno di avere complici nella loro miscredenza o nella loro condotta disordinata o poco pulita. Al contrario, la vostra familiarità con Dio e la vostra fede in Gesù faranno nascere nel vostro cuore il desiderio di diffondere la dottrina di Cristo nel vostro ambiente di vita, nella vostra attività pubblica, nei vostri rapporti sociali compreso l’ambiente famigliare; e tutto questo senza polemica, senza animosità, senza sterili confronti di opinione, ma anche senza compromesi, senza titubanze, senza cedimenti che portino a stemperare la sequela di Cristo in un facile buonismo o ad un comodo perbenismo di facciata. Sarà invece la forza del vostro esempio, l’integrità della vostra condotta, l’amabilità del vostro dire teso a incoraggiare, a illuminare, a dare fiducia, che vi renderà coraggiosi testimoni della verità, anzi vi trasformerà in un altro Gesù che passa accanto a quanti incontrate quotidianamente nella vostra vita e che saranno attratti dalla vostra serenità e dalla vostra gioia. La preghiera infatti e la comunione con Dio vi farà seminatori di pace e di allegria, di quell’ottimismo cristiano che ha le sue radici nella fede, cioè nella convizione che Dio ci ama e non abbandona mai le sue creature. Non nascondete dunque la vostra identità di figli di Dio, la vostra condizione di credenti, di discepoli di Cristo; non abbiate rispetti umani o complessi d’inferiorità anche se dovete soffrire qualche incomprensione o magari persecuzione e disprezzo per la vostra fede. Dai tempi di Gesù il cristiano è costretto ad andare contro corrente nel mondo, a vivere in contrasto con la logica mondana e ad essere un testimone scomodo del Vangelo di Cristo. Ricordate che milioni di fratelli nostri hanno pagato col sangue la loro fedeltà a Gesù e alla propria vocazione cristiana. La preghiera sarà la vostra forza, la vera risorsa che supplirà ai limiti e alle debolezze alle quali è soggetta la nostra povertà umana, e vi troverete vincitori. Non dimenticatelo mai: la disgrazia più grande che può capitare ad un uomo sulla terra è trovarsi lontano da Dio. Ditelo ai vostri amici!

16 - Nostalgia di Dio e preghiera Quando, dunque, vi esorto ad essere uomini spirituali, in definitiva vi chiedo di essere uomini di orazione, che sanno parlare con Dio e frequentarlo, perché lo conoscono, comprendono i suoi disegni di amore verso gli uomini e sanno mettere questi disegni nella propria vita. Mi ha sempre impressionato profondamente un passo del profeta Isaia che contiene un rimprovero carico di dolore rivolto da Dio al suo popolo: “Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone; ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende” (Is.1,3). Fratelli miei, sono gli animali che non pregano, perché non conoscono Dio, “non comprendono”. A noi sono stati dati intelletto e libertà e con essi possiamo aprirci a Dio con amore, e soprattutto ci è stato dato uno spirito di figli nel quale gridiamo “Abbà, Padre!”. Non possiamo ignorare o dimenticare questa altissima

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dignità nostra che ci colloca - soli tra tutti gli esseri del creato visibile - davanti a Dio, capaci di conoscerlo, ascoltarlo, amarlo e servirlo. Non sentite dentro di voi l’anelito urgente di superare i limiti della materia, di salire oltre le angustie del corpo, di uscire dalle maglie di una mera psicologia meccanicistica e aprirvi alla vita dello spirito, a tutte le sue esigenze e a tutto il bisogno di trascendenza che esso contiene e che non si appaga se non nell’incontro con Dio? Non mortificate le nobili aspirazioni della vostra anima, non tenetela prigioniera di assillanti preoccupazioni terrene, o di sorde pesantezze del corpo. Dio vi chiede di reagire con forza al tentativo diabolico di quanti vogliono farvi credere che l’uomo è una bestia, che siamo poveri animali destinati a chiudere in un sepolcro ogni nostro destino. Il nobile desiderio di una vita più alta che abbiamo nel cuore e la nostalgia di Dio - forse inconscia ma insonne - che si nasconde in noi non sono un inganno, non vengono dalla paura o dal bisogno di dare un senso a ciò che non lo ha; sono invece il segno inconfondibile che possediamo il germe di una dignità più alta e ci portiamo dentro il sigillo di Dio. Vi ricordo una delle espressioni più intense di Giovanni Paolo II: “La preghiera rivela tutta la grandezza dell’uomo”. Perché? Perché la preghiera rivela la nostra capacità di conoscere Dio, di parlargli e di innalzarci fino a lui. Chi non prega conduce facilmente un’esistenza incollata alla terra e, prima o poi, finirà col vivere una vita animale. Non lasciate cadere nel fango questa grandezza che avete ricevuto e che aspira a realizzarsi nella piena comunione con Dio.

17 - La preghiera rimedio alla solitudine Ora potete capire perché chi non prega è un uomo solo. Di una solitudine profonda che egli sperimenta nel luogo più intimo della propria anima, in quella parte di noi così personale che non può essere partecipata a nessuno, nemmeno alle persone più care o agli amici più intimi. Lì, dove nessuno ci raggiunge, il nostro io si trova solo con sé stesso e con l’unica Presenza possibile, quella di Colui che tiene il nostro essere nelle sue mani perché lo ha creato e lo conduce con amore. Quando non c’è preghiera, questa presenza è silenzio, e il cuore si riempie di solitudine. La solitudine, a volte pesante, di chi rimane solo con le sue paure, con i suoi timori, con le sue oscurità, le sue inquietudini o, peggio, con le sue miserie e con i suoi peccati. Allora, un uomo potrà anche avere molti impegni che lo assorbono, molti interessi che lo appassionano, molte persone che affollano la sua giornata al punto da apparire sicuro e realizzato, e potrà - forse - guardare alla preghiera come ad un infantilismo ridicolo. Non credetegli! Tutto quel chiasso non è che un alibi, che può apparire convincente perché giustificato da contenuti umani anche buoni e apprezzabili, ma che rimane inevitabilmente un alibi; nasconde la paura di guardarsi dentro e di affrontare sé stesso, la paura di precipitare in un silenzio interiore che è molto simile al vuoto. Si è detto che l’uomo è un essere “dialogico” perché ha bisogno di comunicare; anzi, è proprio comunicando che egli può cogliere sé stesso come soggetto nella sua identità di persona. Comunque sia, non c’è dubbio che il vero dialogo che rivela l’uomo a sé stesso e che rende possibile ogni altro dialogo è quello che l’uomo può stabilire con il suo Creatore. Quando manca il colloquio con Dio, ogni altra comunicazione si corrompe perché diventa un soliloquio dell’io che si confronta, si misura, si inquieta, cerca spettatori o complici, per cadere poi nel bozzolo dei propri discorsi interiori come dentro una tomba. Spesso prende la strada di un soliloquio triste che finisce nel monologo della disperazione. 18

Badate, non sto facendo analisi psicologiche, cerco solo di aiutarvi a comprendere l’invito dell’apostolo Giacomo: “Qualcuno di voi è preso dalla tristezza? Preghi!” (Gc.5,13). Non c’è tristezza più pesante della solitudine del cuore quando si è perduto l’abito della preghiera, perché non c’è compagnia più triste di quella che uno fa a sé stesso quando si è allontanato da Dio; ha infatti perduto l’unica presenza che può strapparlo alla solitudine interiore e al peso della sua miseria Avete mai osservato come il monaco che abita nella cella o nel deserto non vive mai solo, proprio perché lo accompagna una Presenza che non solo gli riempie la vita, ma anche lo unisce profondamente a tutti gli uomini? Ebbene, dobbiamo imparare a non vivere soli nel rumore delle nostre città, a non perdere mai la presenza di Dio; dobbiamo sforzarci di vivere “sempre accompagnati” (Escrivà), sapendo che il Signore, quando la nostra anima è in grazia, abita il centro del nostro cuore. Perciò, in tutte le strade e in tutti gli ambienti di questo mondo, quelli puliti e onesti dove un cristiano e un uomo di onore può vivere, lì è sempre possibile vivere la presenza di Dio avere con lui un colloquio assiduo e intenso. Perciò, ripeteva il Beato Escrivà insegnandolo a migliaia di anime: “La nostra cella è la strada”. 18 - Possiamo pregare dovunque Questa abitudine alla presenza di Dio, questa familiarità semplice e intensa con lui non si improvvisa. Ci si arriva, con la grazia di Dio, dopo un lungo esercizio. Perciò non disdegnate di ricorrere, se necessario, a una rete di accorgimenti sensibili che vi richiamino immediatamente al pensiero di Dio: passate accanto a una chiesa? - quante ne trovate sul vostro cammino nel centro della nostra città! - e subito vi viene alle labbra un saluto a colui che lì, dentro un tabernacolo, vi attende e vi ama; oppure passate davanti a un luogo in cui sapete che si offende Dio, e magari lo sentite e lo vedete offeso per le strade dove camminate?, immediatamente vi esce dal cuore un atto di amore e di riparazione; aspettate un autobus o fate la fila davanti a un ufficio o dentro un negozio?, ecco che la vostra impazienza può trasformarsi in preghiera che fa nascere un sorriso di buon umore al posto del cruccio o della irritazione. E come dimenticare le dolci immagini della Madonna dipinte sui muri di molte case? Forse già le conoscete e tante volte, passando, avete rivolto uno sguardo affettuoso a colei che segue con occhio materno tanta gente che cammina per le nostre strade, forse dimentica di Dio o che porta nascoste nel cuore preoccupazioni e sofferenze. Sono davvero innumerevoli i richiami che possono aiutarvi ad innalzare il cuore a Dio durante la giornata; perfino il saio disadorno di un frate o la tonaca di un prete orami così poco usuali per le strade della nostre città secolarizzate - se per qualcuno sono motivo di disagio o di fastidio, possono essere per molti un “segno”, e a voi che avete fede, possono suscitare nel cuore un’invocazione: “Signore, che i tuoi preti siano buoni e fedeli!”. Possiamo pregare dovunque e in molti modi: con le parole o senza parole quando ci mettiamo in silenzio davanti al Signore alla maniera del contadino di Ars che stava in chiesa senza dire una parola, e al Santo Curato che gli chiedeva che cosa stesse facendo rispondeva: “Lui mi guarda e io lo guardo”; possiamo pregare con i sospiri che sono il linguaggio del cuore e rivelano i desideri e le profonde aspirazioni dell’anima; possiamo pregare con le lagrime quando le lasciamo cadere come silenziose parole di gioia e di dolore nelle mani di Dio che le raccoglie e le conserva; possiamo far diventare preghiera la fatica, la paura, i contrattempi, le umiliazioni, i successi, le cose che ci mancano e quelle che abbiamo in abbondanza…Non c’è nulla che possa impedirci di pregare perchè

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tutto può diventare occasione di incontro con Dio, o motivo per innalzare a lui il nostro cuore..

19 - La preghiera nelle nostre case Permettete, ora, che vi ricordi l’esercizio della presenza di Dio dentro le vostre case. Ogni abitazione cristiana dovrebbe essere un luogo in cui si onora Dio, si rispetta la sua legge divina e si vive il comandamento evangelico dell’amore fraterno. A voi, cari sposi cristiani, a voi genitori, spetta il primo posto in questo esempio di condotta cristiana. Esiste tutto un codice di virtù domestiche fatto di mille piccoli dettagli che sono altrettante occasioni per vivere la presenza di Dio. Così, vi mettete davanti a lui quando dovete prendere una decisione, piccola o grande, che interessi tutta la famiglia; quando dovete intervenire nella condotta dei vostri figli; quando una preoccupazione sembra togliervi la pace o quando cercate di nascondere dietro un sorriso la stanchezza di un lavoro stressante. Innalzerete a lui il vostro cuore per dirgli grazie davanti a tante cose buone che vi circondano in casa, per offrirgli i mille piccoli fastidi della giornata, per chiedergli perdono delle impazienze con cui rispondete alle contrarietà della vita familiare; e ancora: una piccola immagine accanto al telefono può aiutarvi a risparmiare tempo e a non farlo perdere agli altri, a non offendere nella conversazione il prossimo e a ricordarvi di rispondere prontamente al Signore quando vi chiama a un piccolo servizio o a un gesto di carità fraterna.Sforzatevi, insomma, di trovare in tutto l’occasione per rivolgervi a Dio, per conservare con lui una familiarità semplice e abituale. Infine, pur evitando di dare all’ambiente e all’arredamento domestico un tono da sacrestia, cercate di trattare con amore e con fede le immagini sacre che avete nelle vostre case; guardatevi da quella specie di tradimento che consiste nel trasformare in semplici “pezzi da arredamento” immagini che dovrebbero essere un affettuoso richiamo al colloquio con Dio e con la Vergine santa. Senza dire del gesto che sa di sacrilego oltre che di cattivo gusto, di usare il Crocifisso come pendaglio puramente ornamentale e spesso addirittura con l’aria superstiziosa di chi porta un amuleto contro la cattiva sorte o per difendersi dalla “sfortuna”.

20 - I momenti della preghiera Ma torniamo di nuovo all’esempio di Gesù. Egli, che sempre era unito al Padre in tutte le circostanze della giornata, aveva tuttavia dei momenti nei quali, lasciata ogni cosa, si raccoglieva in intima preghiera dedicandosi esclusivamente al colloquio personale col Padre. Ebbene, il Signore si aspetta anche da noi questi “momenti” di preghiera durante il giorno. Potete pensarli come appuntamenti che egli stesso vi dà. Del resto, non è pensabile un amore vero senza appuntamenti, senza incontri nei quali una persona effonde i suoi sentimenti più profondi e la sua confidenza più intima. Così ci sono momenti che sono veri appuntamenti col Signore: in essi egli ci parla e ci ascolta, noi gli apriamo il nostro cuore ed egli ci offre la sua grazia e la sua amicizia. Convincetevi che senza questi appuntamenti quotidiani con Dio la nostra anima si addormenta, il nostro cuore, che ha bisogno di amore, cerca altri cammini che non portano a Dio; finiremo incagliati in sabbie mobili che ben conosciamo per averle altre volte incontrate in compagnia dei nostri egoismi, della nostra sensualità e della nostra vanità. 20

Dovranno essere appuntamenti precisi e su orario, perché non possiamo trattare il Signore con superficialità, lasciando i nostri incontri con lui in balìa del capriccio e dell’improvvisazione, delle nostre voglie o non-voglie, della inconsistenza delle nostre emozioni o della labilità dei nostri stati d’animo. Non è con le sole buone intenzioni che si cammina nella vita cristiana, occorrono propositi concreti e decisi che si possono controllare e verificare, soprattutto al momento della nostra confessione e dell’esame di coscienza.

21 - La preghiera del mattino Permettetemi, dunque, di richiamarvi alcuni di questi “momenti di preghiera”. Già li conoscete perché fanno parte dei normali mezzi della vita cristiana, e per averli voi stessi praticati molte volte. Il primo momento è, ovviamente, quello del mattino. Ogni inizio di giornata è come un appuntamento col Signore che deve trovarci pronti, decisi a servirlo nelle occupazioni e nei doveri che ci attendono nella giornata secondo il nostro stato: in famiglia, in ufficio, in fabbrica, a scuola, nel negozio... Alzatevi, se occorre, un po’ prima del necessario, per trovare quell’istante di calma per raccogliervi alla presenza di Dio e offrire a lui un nuovo giorno della vostra vita. Non basta un segno di croce anche se, fatto adagio e con fede, è una bellissima preghiera - ; prendetevi qualche istante per rivolgervi a Dio e dirgli: “Signore, tutto quello che oggi mi passerà tra le mani è per te; fa’ che non ci sia nulla che ti offende nei miei pensieri, nelle mie opere e nei miei sentimenti; accompagnami con la tua grazia e con la tua presenza perché io possa darti gloria e lasciare una traccia di bene ovunque passerò...”. Ditegli questo e altre cose, senza ipocrisia, in modo che ci sia nelle vostre parole quello che vi sforzate di mettere nelle vostre azioni.

22 - La preghiera della sera Il momento mattutino di preghiera richiama l’altro momento, quello serale. Chiudere la giornata con alcuni istanti di preghiera è ancora la consuetudine che maggiormente resiste nel popolo cristiano. Approfittatene, e cercate che non diventi una cosa di pura abitudine; reagite al sonno e alla stanchezza, mettetevi davanti al Signore per fare con lui un breve rendiconto della vostra giornata: “Signore, che ne pensi tu della mia vita di oggi?...” e subito verranno alla vostra mente le molte cose buone che il Signore vi ha dato, accanto a quelle che, invece, voi avete trascurato o trascinato per malavoglia o con poco amore, e a quelle non buone che sono venute dalla vostra debolezza e dai vostri cedimenti. Vi salirà al cuore un umile atto di contrizione e di amore, e un proposito sincero di lottare più generosamente il giorno dopo. Terminerete poi raccomandando il vostro riposo alla Vergine, nostra madre, e agli Angeli che custodiscono la vostra casa. La fedeltà a questo incontro serale con il Signore e l’efficacia del vostro esame di coscienza dipendono da come passate le ultime ore della vostra giornata. Se sciupate le ore serali in cose oziose o egoistiche, in occupazioni vuote o alienanti - penso alla stupidità di tanta televisione! - o, peggio, vi lasciate andare a cose che offendono Dio, mancherete al vostro appuntamento col Signore o, se ci sarà, la vostra preghiera resterà superficiale, affrettata, ridotta a qualche formula recitata con le labbra ma non col cuore.

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Santificate dunque le ore serali dedicandovi alla vita familiare, a incontri di amicizia con intento gioioso e positivo, a riunioni formative, a eventuali compiti o responsabilità sociali o civili. Allora la preghiera serale sarà la gioiosa conclusione delle vostre fatiche e santificherete il tempo notturno entrando nel riposo con l’anima serena e con la pace di Dio nel vostro cuore.

23 - L orazione mentale Un terzo momento di preghiera - senza dubbio tra i più importanti - è il momento dell’orazione mentale. I maestri della vita spirituale intendono per orazione mentale quella particolare forma di preghiera che si esprime in un colloquio interiore, non solo della “mente” ma del cuore, e perciò intimo e affettuoso con Dio, fondato sul senso vivo della nostra filiazione divina e sull’amicizia personale con Gesù, Maestro e Signore. Parlarvi dell’orazione mentale è una delle cose più urgenti e più consolanti nella vita cristiana, e non bastano certamente le poche righe di una lettera. Ma quand’anche vi scrivessi un intero trattato - che del resto molti santi e maestri di vita interiore hanno già scritto e ai quali vi rimando – esso resterebbe lettera morta e non susciterebbe un solo movimento del vostro cuore senza la vostra personale esperienza. Per capire l’orazione mentale bisogna decidersi a dedicarvi ogni giorno un po’ di tempo. Vincete, se necessario, la pigrizia, la malavoglia, o l’idea che l’orazione sia una cosa riservata ai preti e alle monache; è una cosa per uomini e donne del mondo, come voi, che vivete nel lavoro e nelle vicende della vita quotidiana accanto a tanti uomini vostri fratelli con i quali condividete problemi, ansie e nobili aspirazioni umane, realtà che per mezzo della vostra orazione possono diventare cose divine. Penso particolarmente ai giovani che hanno l’animo ancora aperto, capace di freschezza e di donazione, che hanno il cuore assetato e disponibile all’amicizia forte e sincera, i quali troveranno in questo rapporto personale e intimo con Cristo orizzonti insospettati per la loro generosità di propositi e di decisioni. Scegliete il luogo più adatto. Gesù stesso ci suggerisce: “Quando preghi, entri in camera tua e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto...” (Mt.6,6). Così l’intimità della vostra casa può diventare il luogo dell’intimità con Dio, anche se il luogo privilegiato per l’orazione rimane sempre la chiesa, davanti a un tabernacolo ben visibile e adorno. Non lasciate in abbandono i tabernacoli delle nostre chiese, dove il Signore continua la sua presenza sacramentale a pochi metri dalle vostre case, dalle vostre piazze, dai vostri uffici e negozi. Riservate, poi, all’orazione mentale un tempo vivo della giornata; non la sera quando il sonno comincia ad appesantire la vostra mente e si fa sentire nelle membra tutta la stanchezza del giorno. Ricorrete anche all’aiuto di un buon libro di lettura spirituale che offra un sano e ricco nutrimento alla vostra anima, illumini di luce più profonda la vostra mente sulle verità della fede e sia stimolo per conoscere meglio voi stessi e ciò che Dio si aspetta nella vostra vita spirituale. Infine, non lasciatevi dominare dagli ostacoli esterni: il disordine della giornata, le molte cose da fare, non tutte importanti, con le quali troppo facilmente vi scusate di non avere tempo; lo spirito mondano che vi fa credere l’orazione un inutile bigottismo e, non ultime, le assurde insinuazioni di certi cristiani “impegnati” i quali vi diranno che perdete tempo, che lo rubate ai vostri doveri verso il prossimo, che vi ripiegate in un egoistico intimismo, mentre è urgente “darsi da fare”. Respingete ogni tentazione e siate perseveranti nonostante tutto.

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Vi metterete così su un sentiero che è quello dell’umiltà, della fede e della croce del Signore, un cammino che ha come meta la piena identificazione con Cristo, la santificazione della vita quotidiana in un servizio autenticamente efficace per il regno di Dio,. a vantaggio di tutti i fratelli. Come in tutte le cose, i primi passi di questo cammino possono costarvi, ma se sarete perseveranti, vincendo le difficoltà, il Signore vi darà luce e grazia, e raggiungerete una crescente intimità con lui, perché il cammino dell’orazione altro non è che l’inoltrarsi della vita intima di Dio. Arriverete così a stabilire con lui un’interiorità tutta nuova e capirete cosa significa quel: “Gustate e vedete come è buono il Signore, beato l’uomo che in lui si rifugia. (Sal.33).

24 - Pregare con la Parola di Dio. Un altro momento di preghiera è offerto dall’incontro con la Parola di Dio. C’è un incontro comunitario, ufficiale, che è quello della Liturgia, come avviene nella prima parte della Santa Messa che è detta appunto “Liturgia della Parola”. Ma quello che qui voglio ricordarvi è l’incontro personale con la Parola di Dio nella lettura quotidiana del Vangelo. Penso che tutti conserviate nelle vostre case una Bibbia o almeno il Nuovo Testamento. Tenetelo a portata di mano, nel soggiorno o nella vostra camera, e dedicate ogni giorno alcuni minuti alla lettura di qualche pagina del Vangelo. Fatelo in maniera ordinata, cominciando dall’inizio, e soprattutto raccoglietevi, prima della lettura, per un istante alla presenza del Signore: il Vangelo infatti non è soltanto un libro da leggere, è soprattutto una Persona viva che vi parla. E’ Gesù, ed è lui che dovete conoscere e ascoltare. Spesso sentirete il desiderio di chiedergli: “Signore, cosa volevi insegnarci quando dicevi queste cose e queste parabole ai tuoi discepoli o alle folle, e quando compivi questi gesti e questi miracoli?”. E immaginerete di essere anche voi presenti a quella scena, mescolati tra la gente o vicino a Pietro, a Filippo, a Giovanni, a Giacomo: anche voi sorreggete il paralitico per portarlo al Signore, anche voi distribuite i pani alle folle, o vi unite ai pastori che vanno a contemplare il bambino nella grotta... Fratelli miei, questo comportamento non è infantile, adatto, al massimo, ai vostri bambini che vivono di fantasia; è invece una realtà stupenda perché Gesù è vivo, oggi, adesso; la sua parola e la sua vita sono attuali e dobbiamo entrarci dentro con l’intelligenza e col cuore se vogliamo innamorarci veramente di Gesù Cristo. Vi rendete conto che la vita di Gesù deve ripetersi in qualche modo nella vita di ciascuno di noi e che siamo chiamati a renderlo presente in tutti gli ambienti in cui viviamo? Con le parole del santo Josemaria Escrivà ripeto a ciascuno di voi: “Come vorrei che il tuo comportamento e la tua conversazione fossero tali che tutti, nel vederti o nel sentirti parlare, potessero dire: “Ecco un uomo che legge la vita di Gesù Cristo!” (Cammino n.29). Inoltre nelle famiglie cristiane di un tempo, oltre al Vangelo, i nostri vecchi leggevano frequentemente le vite dei santi. Oggi è una consuetudine ormai scaduta anche perché non esiste più una letteratura agiografica consona alla nostra sensibilità e alla mentalità moderna. Ed è un male perché i santi sono nostri fratelli che hanno incarnato in modo eroico, sia pure in modelli e circostanze che non sempre possiamo imitare, il Vangelo e la vita di Cristo, così da essere per noi stimolo e incoraggiamento. Chi può dimenticare figure colossali come S.Agostino, S.Francesco d’Assisi, Santa Caterina da Siena, Santa Teresa d’Avila e altre, stupendamente umane e moderne, come S.Tommaso Moro, S.Pio X, e tante altre meno note ma ugualmente splendide per l’esempio e per la santità di vita? Potreste, comunque, leggere i loro scritti e le loro 23

opere che possono farvi da guida utile e soprattutto sicura, non inquinata, nel vostro cammino spirituale.

25 - La preghiera più grande: la Santa Messa E veniamo al momento più intenso e culminante della nostra preghiera: la santa Messa. Vi ho già ricordato che l’Eucarestia è la più alta e sublime preghiera che mai sia stata fatta sulla terra, perché è lo stesso sacrificio compiuto da Gesù sulla croce. La Chiesa è scaturita ed è cresciuta sempre intorno all’Eucaristia e lo stesso avviene per la vita spirituale di ogni cristiano. Perciò la Santa Messa è chiamata dal Concilio Vaticano II: “Fonte e apice di tutta la vita cristiana”. Vorrei che questa espressione fosse anche per voi non solo un richiamo a tutta la meravigliosa dottrina teologica intorno alla Santa Eucaristia e alla Santa Messa, ma vorrei che fosse anche un’esperienza gustosamente vissuta nella vostra vita di discepoli del Signore. Fare della Santa Messa il centro della vita spirituale vuol dire portare a Dio, attraverso il sacrificio del suo figlio Gesù, consegnandola nelle sue mani trafitte, tutta la vostra giornata: il lavoro, la fatica, le gioie, gli affetti, le preoccupazioni e anche le vostre debolezze e, insieme, nutrendovi del Corpo dolcissimo di Cristo che diventa cibo e viatico per il vostro cammino, identificarvi con lui facendovi testimoni del suo amore nel mondo, e significa anche prendere la croce del Signore e piantarla in mezzo a tutte le attività umane. Perciò, quando qualcuno mi dice che ha la fede, che crede con tutta convinzione nel Signore ma non frequenta o frequenta solo raramente la Santa Messa, devo rispondergli che la sua fede è ben poca cosa, che è ben lontana da quella fede che trova nell’Eucaristia non solo il suo mistero più alto - misterium fidei - ma anche la sua consumata perfezione nell’amore: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv. 6,56). Fratelli miei, desiderate la Messa, amate la Messa, vivete la Messa. Esiste un comandamento del Signore che ci ordina di santificare il suo giorno ed esiste un precetto grave della Chiesa che indica nell’incontro di ciascuno e di tutti con l’Eucaristia il modo insostituibile di santificare la domenica e le altre feste indicate dalla Chiesa. Ebbene, invitandovi caldamente a compiere con sincerità e umiltà questo atto di obbedienza a Dio e alla Chiesa, vi esorto anche:”Non fate le cose soltanto quando vi sono comandate, non limitatevi strettamente al precetto, liberate l’amore dentro il vostro cuore, lasciate agire la fede viva e forte che accende il desiderio della santità e di una vita generosamente cristiana; il Signore viene verso di voi con l’abbondanza del suo amore e dei suoi doni, non rispondete come gli invitati della parabola lasciando cadere l’invito, non chiudetevi dentro l’indifferenza o l’insensibilità che trovano facili scuse per sottrarsi all’amore. Se voi conoscete solo la misura indicata dall’obbligo, come potete capire il Signore che conosce la misura dell’amore? Nelle nostre chiese vi vengono offerte tutti i giorni sante messe nelle ore più comode e più accessibili: al mattino per le persone che possono disporre del mattino, come le madri di famiglia, gli anziani...; al pomeriggio per le persone che possono disporre del pomeriggio; alla sera per coloro che, terminato il lavoro, sulla strada di casa possono godere di questo incontro con il Signore e portare a lui le fatiche della loro giornata. Fratelli miei, un giorno il Signore ci chiederà conto di tante possibilità che egli vi ha offerto e di cui, forse, abbiamo profittato così poco. Cercate infine di partecipare alla Santa Messa con le migliori disposizioni interiori: raccoglimento, l’umiltà, la contrizione; combattete la fretta fermandovi per qualche minuto di ringraziamento e lottate contro le distrazioni penetrando con la fede il 24

rito che seguite con i sensi. Pensate alla fortuna enorme che abbiamo - è un dono stupendo della sua misericordia - di poter raggiungere, oggi, il Signore Gesù nel mistero pasquale della sua passione, morte e risurrezione, e vedere così compiersi in noi la sua salvezza. L’Eucaristia, annullando tanti secoli e tanta distanza, ci rende il Signore così vicino da poterlo toccare e mangiare, da potergli dire le cose più intime come se sentissimo il battito del suo cuore divino. Che il Signore vi aiuti a capire tutto questo; vi dia purezza di fede e generosità di amore, perché non avvenga che Egli debba aspettare inutilmente sul suo altare i vostri appuntamenti mancati.

26 - Pregare Maria, nostra Madre Infine voglio ricordarvi il momento mariano nella nostra vita di preghiera. La Madonna è il sorriso materno di Dio. Dio l’ha predestinata ad essere la Madre del suo Figlio Unigenito, Gesù Cristo, nostro Redentore. Perciò dove c’è Gesù, lì trovate anche Lei, sua Madre, e non potete separare il Figlio dalla Madre. Gesù poi ha voluto che Maria diventasse anche Madre nostra. Non c’è dunque vita cristiana senza di lei. Gli appuntamenti con la Madonna possono essere diversi e ognuno di voi ha certamente il suo modo personale di onorare la Vergine. La pietà cristiana ha inventato lungo i secoli una grande varietà e ricchezza di espressioni per cantare il suo amore alla Madonna. Ve ne ricordo due tra le più tradizionali e diffuse nel popolo cristiano: l’Angelus e il Santo Rosario. Sono forme complete di pietà mariana, perché sono preghiera, meditazione e contemplazione. L’Angelus è ricordo e meditazione del mistero della Incarnazione del Figlio di Dio che prende la nostra natura umana nel grembo verginale di Maria Santissima. Da quel momento il tempo ha preso un’altra dimensione, quella divina, e noi al centro della giornata, a mezzogiorno, ricordiamo questo mistero rivolgendoci a Maria con le stesse parole dell’Angelo Gabriele. E’ come riconoscere che il tempo, cioè i nostri giorni, la nostra vita, sono misurati dal tempo di Dio, che è il tempo della salvezza. Alla Madonna piace molto questo saluto che, una volta assai diffuso nel popolo cristiano, sopravvive ora nella pietà personale di molti fedeli e negli ormai tradizionali “Angelus” domenicali del Papa con i pellegrini in Piazza San Pietro. Non dobbiamo farci riguardo di interrompere per qualche momento, a mezzogiorno, il nostro lavoro per rivolgere a santa Maria il saluto dell’Angelo accompagnandolo col nostro affetto filiale. Riguardo al Santo Rosario, penso sia già abbastanza noto a tutti voi; si tratta forse di capirlo più profondamente. Non credete al solito pregiudizio della monotonia e delle facili distrazioni; due che si amano possono dirsi mille volte le stesse cose. Il Rosario è dedicare un quarto d’ora a nostra Madre dicendole cose belle e rivivendo con lei i misteri della vita di Gesù. Per capire il Santo Rosario dobbiamo farci piccoli, lasciarci prendere per mano dalla Madonna e percorrere insieme con lei le vicende gioiose, dolorose e gloriose della vita di Cristo. Sforzatevi dunque di pregare il santo.Rosario facendovi semplici come i piccoli; il risultato sarà di innamorarvi di Cristo, e a poco a poco i misteri della sua vita resteranno come ricordi vivi e attuali dentro la vostra anima. Usate la fantasia, l’immaginazione, il cuore. Se necessario adoperate i “tempi morti”: i viaggi, i momenti di attesa...; e qualche volta, ad esempio nel sabato o nelle vigilie delle feste mariane, recitatelo in famiglia; vi assicuro che la Madonna non mancherà di benedire le vostre case. Cercate, dunque, di alimentare dentro il vostro cuore una tenera devozione verso la Madonna, e non dimenticate che: “A Gesù si va e si “ritorna” sempre per Maria”. 25

(Cammino n.495). Perciò affidatevi a lei come figli, vogliatele bene, invocatela frequentemente, onorate le sue immagini e salutatela tutte le sere con l’Ave Maria prima di mettervi a letto, perché conservi casta la vostra giovinezza e pulito il vostro amore coniugale.

27 - Preghiera e unità di vita Vi ho ricordato finora alcuni tra i principali momenti di preghiera che possono entrare nella vostra giornata e che appartengono alla tradizionale pietà della Chiesa. Sono momenti che possono e devono articolarsi con tutta naturalezza nel tessuto della vostra vita quotidiana, amalgamandosi col lavoro, con la vita familiare, con i rapporti sociali, con gli impegni culturali e civili, con i momenti dello svago e dello sport. Non permettete dunque che rimangano come dei “corpi estranei”, messi lì forzatamente, in contrasto col resto delle vostre occupazioni come se rubassero tempo e attenzione agli altri vostri doveri; finirebbero così per diventare un disturbo e un intralcio alla vostra vita quotidiana e non gioverebbero alla vostra vita di cristiani. Fratelli miei, possediamo un cuore solo e con questo unico cuore dobbiamo amare Dio, le persone care e le cose buone di questo mondo. Non potete andarvene per questa terra interiormente divisi: il Signore da una parte e le vostre occupazioni dall’altra. Essere cristiani tutti di un pezzo significa, appunto, questo: vivere l’unità di vita. Come i punti di una circonferenza sono tra loro legati da un unico riferimento: il centro, così tutti i momenti della giornata nella vostra vita di cristiani devono avere un unico centro: Dio. Se, invece, ci fosse in voi una doppia vita, quella del vostro rapporto con Dio e quella delle vostre occupazioni quotidiane, ciascuna indipendente e separata dall’altra, così che tra i momenti di preghiera e il lavoro e la vita familiare e tutto il resto non ci fosse continuità o almeno sintonia, ma ci fosse invece frattura o magari, dissonanza e contraddizione, allora verrebbe a mancare l’aspetto più profondo della coerenza cristiana. Dite al Signore che volete vivere “per Lui, con Lui e in Lui” ventiquattro ore al giorno, senza per questo lasciare le vostre occupazioni ordinarie e i vostri compiti giornalieri; in altre parole chiedetegli di diventare anime di preghiera e di contemplazione, anime che hanno messo Dio al centro nella propria vita di ogni giorno. E’ questo l’unico modo per non esser anime divise, lacerate, anime nevrotiche.

28 - La preghiera di lode Ed ora, prima di concludere queste riflessioni e questi suggerimenti, vorrei ricordarvi alcune forme di preghiera attraverso le quali la Chiesa ha costantemente espresso la sua pietà liturgica e che possono dare contenuto ai sentimenti più profondi dell’anima verso Dio. Innanzitutto la preghiera di lode. E’ la forma più pura e più elevata di preghiera perché in essa ci rendiamo conto della grandezza di Dio; una grandezza che è sapienza, potenza e bontà profuse senza limiti in tutte le sue opere, opere che si rivelano alla nostra intelligenza in tutto il loro traboccante splendore. L’anima è presa allora dallo stupore e da un gaudio profondo, e dal suo intimo prorompe l’inno della lode e dell’esultanza che pervade tutti i suoi sentimenti verso Dio. Pensate che questa sarà l’unica forma di preghiera che esprimeremo in Paradiso. E’ perciò la preghiera più pura e più disinteressata perché si rivolge a Dio per il solo 26

motivo della sua gloria, perché Egli è Dio e Signore. La Sacra Scrittura è ricchissima di luoghi dove si canta la lode di Dio e si inneggia al suo Nome. Moltissimi salmi hanno espressioni traboccanti di lode e tutti i personaggi che sono stati testimoni diretti della grandezza di Dio hanno proclamato la loro esperienza in un cantico di lode al Signore. Ricordate Mosè, Anna, Davide, molti Profeti, Zaccaria, padre di Giovanni il Battista, il vecchio Simeone, ma soprattutto, in forma unica e stupenda, la Madonna nel suo Magnificat. Di solito la preghiera di lode è corale perché esige la partecipazione; essa, cioè, coinvolge il coro di tutte le creature come in un concerto a distesa. Perciò la Liturgia delle Ore, che è Liturgia di Lode, è una recita corale e viene celebrata dalla Chiesa come popolo sacerdotale. Ma vorrei che tutti noi coltivassimo anche quella preghiera personale di lode che nasce dallo stupore dell’anima quando essa viene a trovarsi a tu per tu col Signore e sperimenta la grandezza della misericordia divina riversata in lei come un fiume. L’incontro con Dio, quando è autentico e profondo, non rovinato dalla superbia, causa sempre stupore nella creatura che sperimenta nella sua debolezza tutta la forza del suo creatore, e si sente a lui vincolata con legami dolcissimi, ma esigenti. E’ un trasalire in cui l’anima assapora tutta la verità di quelle parole:”...perché Egli è buono, perché eterna è la sua misericordia”. Esclamate anche voi con l’autore del Salmo: “Cantate al Signore un canto nuovo perché ha compiuto meraviglie!”(Salmo n.97). Sentirete il bisogno di unire la vostra orazione a quella della Madonna, ancella del Signore, che nella sua umiltà trabocca di gioia davanti alle meraviglie della misericordia divina: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore”. Fratelli miei, se vi accorgete che nella vostra preghiera ricorre assai poco la lode di Dio pensate che, forse, vi portate dentro un’anima piccola, raggomitolata nelle sue angustie personali, stretta nelle preoccupazioni dell’amor proprio, certo un’anima rigida, che non sa vibrare di stupore davanti alla grandezza di Dio. Fatela uscire dai suoi piccoli orizzonti, che si affacci a contemplare con occhi pieni di luce le meraviglie di Dio e sciolga la sua voce unendosi al cantico di tutte le creature, del cielo e della terra, in una lode che la riempirà di gioventù e di letizia, che la condurrà a riscoprire lo splendore delle sue origini: la mirabile Sapienza, Potenza e Bontà del suo Dio. Aiutatevi recitando spesso e con gusto l’inno: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli” fermandovi con l’animo appassionato sulle parole: “noi ti adoriamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo... per la tua gloria immensa!...”. E imparerete a pregare con diversa convinzione il “Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo...!”.

29 - La preghiera di ringraziamento La lode di Dio porta immediatamente al ringraziamento, perché fa parte della lode riconoscere che tutto è dono. Per questo, lode e ringraziamento vanno spesso insieme. Gesù rimproverò nove dei dieci lebbrosi per non essere tornati, dopo la guarigione, a rendere gloria a Dio; e il cantico di ringraziamento più noto nella Liturgia incomincia proprio con la Lode “Te Deum laudamus!”. Fratelli, dobbiamo imparare a ringraziare; a farlo non per abitudine come se fosse una formalità, e non solo con le labbra, ma col cuore, profondamente convinti che tutto il bene - ed è tanto! - ci viene da Dio. Un cuore grato è un cuore gioioso. Guardatevi perciò dalla tristezza: è un brutto tarlo che consuma a vuoto le energie del cuore e lo rende incapace di gratitudine. Noi siamo così facili a lamentarci! Basta una piccola cosa che non va e subito ci dimentichiamo delle tante cose buone che il Signore ci ha dato; 27

basta una piccola contrarietà, un malumore, una difficoltà della giornata e già non vediamo più tutto il bene che il Signore ci mette a disposizione. Abituatevi, dunque, a rendere grazie di tutto, molte volte al giorno, delle cose buone e di quelle meno buone, perché sempre potete trasformarle in quella amabilissima Croce del Signore che è fonte di salvezza e di benedizione. “Del resto - scrive San Paolo - sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio...” (Rom.8,28). Avete mai osservato quanto siamo esigenti noi in fatto di gratitudine? Come ci ferisce e ci addolora la mancata riconoscenza per il bene che abbiamo fatto? Non siate così col Signore! Dite spesso dal fondo del cuore, con sincerità: “Ti rendo grazie, o Signore, per tutti i tuoi benefici”. Vi assicuro che sono tanti, innumerevoli, perché sono molto più i benefici che non conosciamo che non quelli di cui ci rendiamo conto. Siamo avvolti dall’amore di Dio e dalla sua benevolenza come una creatura nel grembo materno. A questa sua benevolenza dobbiamo poi rendere grazie con speciale gratitudine per quel dono commovente e immenso che Egli ci fa continuamente: il perdono dei nostri peccati. Tutte le volte che ha messo la pace nella vostra coscienza, dicendovi con le parole del Sacerdote: “Confida, ti sono rimessi i tuoi peccati, va’ in pace”, avete sperimentato che non c’è dono più grande di questa misericordia che perdona. Non dimenticatelo, conservatene profonda e grata memoria tutti i giorni della vostra vita. E infine ringraziate per i doni che vedete nei vostri fratelli. Fuggite l’invidia e la gelosia che sempre vengono da un cuore angusto e mediocre. Ringraziate per il bene che vedete negli altri e gioite per i doni che il Signore dispensa in tanti fratelli vostri; sappiate che in cielo la felicità di uno sarà motivo di gioia per tutti. Se coltiverete la gratitudine verso Dio, vivrete la gratitudine anche fra di voi e sentirete il bisogno di farvi del bene gli uni gli altri, non vantando diritti o privilegi, né difendendo gelosamente le vostre comodità personali, ma trattandovi con larghezza e magnanimità per ringraziare il Padre vostro celeste che è largo e magnanimo verso tutti.

30 - La preghiera di riparazione La lode e la gratitudine sono un dovere di giustizia verso Dio, anche se nei nostri rapporti con Lui non possiamo parlare di giustizia in senso stretto. Ora, nella nostra vita, siamo stati ingiusti con Lui molte volte, tutte le volte che gli abbiamo negato la nostra obbedienza di creature e il nostro amore di figli; dobbiamo perciò sentire il bisogno di tributargli un’umile e sincera riparazione. Questa riparazione è possibile solo attraverso Gesù, nostro salvatore, che per riparare i nostri peccati è salito sulla croce offrendosi vittima al Padre. Chi pensa che Gesù sulla croce ce l’hanno messo gli altri e che lui non c’entra e che, non avendo mai fatto nulla di male, ha le mani pulite di quel Sangue innocente, o si inganna tremendamente o è un presuntuoso bugiardo. Questo stesso atteggiamento abbiamo noi quando non sentiamo il dovere della riparazione e della espiazione. E’ vero che si offre riparazione soprattutto con la vita, cioè con le opere di penitenza e con le opere di misericordia. Con la penitenza chiediamo al corpo e allo spirito, attraverso la mortificazione dei sensi e la mortificazione interiore, di espiare il male commesso seguendo le passioni disordinate come la vanità, l’accidia, la sensualità, l’intemperanza nel cibo e nei divertimenti, ecc…- da sempre nella Chiesa è stata praticata l’espiazione con digiuni, veglie e penitenze corporali che per noi, oggi, consisteranno soprattutto nelle piccole mortificazioni quotidiane -, mentre con le opere di misericordia 28

cerchiamo di restituire a Dio, attraverso il servizio materiale e spirituale al nostro prossimo - “l’elemosina copre una moltitudine di peccati” - quello che noi gli abbiamo negato per soddisfare i nostri egoismi e le nostre comodità. Però, è anche vero che le opere di penitenza e le opere di misericordia non hanno l’efficacia di una vera espiazione se non vengono da un cuore contrito e non esprimono un atteggiamento interiore di amore a Dio e di preghiera. Perciò abituatevi a rivolgere frequentemente al Signore giaculatorie e atti di riparazione; il Vangelo e la liturgia penitenziale possono suggerirvi molte di queste espressioni; “Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia”. “Signore, contro di te ho peccato, abbi pietà e misericordia di me!”, “Signore Gesù, abbi pietà di me peccatore!”... Inoltre, pratiche pie tradizionalmente legate alla riparazione sono la “Via Crucis” e l’Ora di adorazione. Così pure, quando vedete o sentite offendere Dio, vi verranno spontaneamente alle labbra, senza rumore di parole, le espressioni più affettuose della contrizione e della riparazione. Ma, come già vi ho ricordato, la preghiera di riparazione più alta ed efficace rimane sempre la S. Messa perché è il sacrificio stesso di Gesù sulla croce che ha riparato abbondantemente i peccati del mondo. Offrite e fate celebrare Sante Messe in riparazione dei vostri peccati, unendole poi alla penitenza e alle opere di misericordia, e otterrete dal Signore che non usi con noi la sola giustizia - chi potrebbe salvarsi? - ma che apra su ciascuno e su tutti gli uomini le braccia della sua misericordia.

31 - La preghiera di domanda Ed eccoci, infine, alla preghiera di petizione o di domanda. Domandare è il gesto più spontaneo di chi è povero, e noi davanti a Dio siamo talmente poveri che abbiamo bisogno di tutto, di ciò che non abbiamo e anche di ciò che già abbiamo perchè tutto riceviamo da Lui. Egli è il Signore. Perciò, la preghiera di domanda è un atto di umiltà con il quale ci collochiamo al nostro posto di creature e alziamo le mani verso Colui che è origine e datore di ogni dono, e insieme è un atto di fede con il quale ci mettiamo, come figli fiduciosi, nelle mani del nostro Padre celeste che ci ama e ci nutre. Avete qui espresse due fondamentali condizioni della preghiera di domanda: la fede e l’umiltà. Quando esse vengono a mancare, tanta nostra preghiera rimane inefficace, col pericolo per noi di restare quasi frustrati nei nostri desideri e nelle nostre attese. Vi rendete conto allora come mai la forma di preghiera che il Signore ci raccomanda con più insistenza nel Vangelo sia proprio la preghiera che più ci risulta spontanea e frequente: la preghiera di domanda. “Chiedete ed otterrete, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto (...) Qualunque cosa chiederete al Padre nel nome mio, Egli ve la concederà”, “... chiedete ed otterrete, affinché la vostra gioia sia piena”, “Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, voi lo otterrete”. Questi ed altri passi del Vangelo vi ricordano quali sono le condizioni per l’efficacia delle nostre petizioni al Signore.

32 - Chiedere con fede La mancanza di fede è la cosa di cui il Signore si è lamentato di più con i suoi Apostoli: “Uomini di poca fede, perché dubitate?” Fratelli miei, noi facciamo un’offesa al Signore dubitando. Non può accadere di chiedere una cosa a Dio con fede umile e sincera senza che egli ci ascolti, perché Dio non è un uomo; Egli è la bontà 29

misericordiosa e l’Onnipotenza fedele, e non può venir meno a sé stesso. “La sua fedeltà è per sempre” (Salmo 144). Il Signore si è impegnato con noi e ci ha ripetutamente promesso che avrebbe ascoltato le nostre preghiere: “...mi invocherete, e io vi esaudirò...” (Ger.29,12); ora, Dio non può mentire ed è sufficientemente potente per compiere fino in fondo ciò che ha promesso. Passeranno il cielo e la terra, ma non cadrà una sola promessa di Dio. Alimentate dunque nel vostro cuore questa speranza, che dev’essere certezza piena e assoluta, perché è più vera una sola Parola di Dio che non tutte le nostre esperienze messe insieme. Se qualche volta vi sembra di non ottenere quello che chiedete, dubitate di voi stessi, non di Dio. Vi assicuro che il Signore accoglierà la vostra supplica e non tarderà ad esaudire la vostra preghiera, soprattutto se è accompagnata dalle lagrime dell’umiltà e della penitenza. Ciò che rende impotente la nostra preghiera è la debolezza della nostra fede. Se però vi accorgete che la vostra fede è debole, non scoraggiatevi. Quello che potete fare è ricorrere, allora, all’intercessione della Madonna; aggirate, in certo senso, l’ostacolo dicendo a Dio: “Signore, io non ho fede, ma non tenerne conto, puoi ascoltarmi guardando alla fede di mia madre, Santa Maria, che mi ama e ti prega per me”.

33 - Chiedere in unione con la Chiesa Il Signore ci ha poi suggerito di unirci insieme nella preghiera, di chiedere cioè unanimemente, tutti uniti, la stessa cosa, con le stesse intenzioni (Mt.18,19-20). Penso ad esempio alle vostre famiglie: a voi genitori quando vi unite a chiedere la stessa cosa per i vostri figli e insieme con loro chiedete la stessa cosa per tutti: la vostra preghiera moltiplicherebbe la sua efficacia davanti a Dio. Quando, infatti, la vostra famiglia si unisce nella preghiera, il Signore è in mezzo a voi e prega con voi. Penso anche a una parrocchia; se tutti pregassimo uniti chiedendo per le stesse intenzioni, come crescerebbe l’efficacia della nostra orazione! E’ questo il significato della “Preghiera dei fedeli” che facciamo nella Santa Messa. Infine, pensate alla Chiesa intera: tutti i cristiani uniti, come popolo e come famiglia di Dio, a chiedere al Signore le stesse cose; tutti uniti facendo nostre le intenzioni del Papa, chiedendo con forza quello che lui chiede...: un immenso clamore di petizioni si leverebbe dalla terra verso il cielo e provocherebbe la misericordia di Dio su tutta l’umanità. E’ il “Cristo totale” che prega: Gesù in mezzo alla sua Chiesa. E’, questo, un modo stupendo di vivere l’unità all’interno della Chiesa, quell’unità che il Signore ha chiesto per noi: “Che siano tutti una cosa sola... consumati nell’unità” Dite spesso al Signore: “O Signore, mi unisco alla S.Messa che ti offre oggi il Papa, mi unisco alle sue intenzioni e ai suoi desideri, ti chiedo quello che lui ti chiede e per questo ti offro quest’ora di lavoro, questa piccola contrarietà, questa fatica”. Niente commuove di più il cuore di Dio di questo mare di suppliche che può salire a Lui dalla Chiesa unanime. Ricordate la scena commovente narrata negli “Atti degli Apostoli”, quando Pietro fu chiuso in carcere dai Giudei: tutta la Chiesa innalzava unanime a Dio la sua preghiera per lui (At.2,42), e ricordate anche l’osservazione che fa S.Luca sulla primitiva comunità cristiana: tutti erano assidui nella preghiera, animati da uno stesso Spirito. (At.1,14). Concludo con le parole di Giovanni Paolo II: “C’è una enorme necessità di orazione, dell’orazione grande e incessante della Chiesa; esiste la necessità dell’orazione fervente, umile e perseverante. L’orazione è il primo fronte dove si scontrano, nel nostro mondo, il bene e il male. L’orazione apre il cammino al bene e serve per superare il 30

male. L’orazione ottiene la grazia divina e la misericordia per il mondo. Eleva gli uomini alla dignità che ha dato loro il Figlio di Dio, quando uniti con lui ripetono: Padre nostro”. (27 agosto 1980).

34 - Chiedere con umiltà Orazione, diceva il Papa, “fervente, umile, perseverante. Dunque l’umiltà: bisogna chiedere con umiltà. Non possiamo andare al Signore con l’arroganza di chi pretende come se avesse diritti, di chi chiede esigendo come se gli fosse dovuto. Un cuore umile si rivolge a Dio sapendo di non avere alcun titolo per essere esaudito, non meriti, non virtù, non opere buone né alcun’altra qualità che possa dare forza alla sua preghiera; di nostro abbiamo solo il peccato. Però, l’umile sa di essere figlio di Dio. E’ questo l’unico titolo che abbiamo, e ci è stato dato da Lui; perciò l’umile conta sulla bontà e sulla misericordia infinita di suo Padre, e va a lui con il Sangue divino di Gesù nelle sue mani; e confida anche nell’appoggio e sull’intercessione di Maria, madre sua. Perciò, l’umile si fa santamente audace nella preghiera, domandando al Signore le cose più grandi, più belle, le più impossibili, perchè non misura la domanda sulla propria indegnità, ma sull’infinita potenza di Dio e sulla sua paterna bontà. La preghiera dell’umile è allora semplice, non si affida alle molte parole, a frasi sonanti o a espressioni di effetto, come se volesse far colpo richiamando l’attenzione di Dio. Molte volte gli basta una sola parola: “Signore, vedi?...”, e mettendosi in silenzio davanti a lui, denuda le proprie piaghe e gli mostra la propria miseria. Ricordate il lebbroso del Vangelo? Gli si prostra innanzi con profonda umiltà e gli mostra senza vergogna le sue piaghe: “Signore, se vuoi, puoi mondarmi!”. Vedete la semplicità e la fede! Se accompagnerete con l’umiltà la vostra preghiera e le vostre domande al Signore, attirerete su di voi la sua bontà, sulle vostre necessità la sua benevolenza e sulle vostre miserie la sua infinita misericordia.

35 - Chiedere con perseveranza Infine, l’umiltà vi porterà ad essere perseveranti; la perseveranza è un’altra condizione per l’efficacia della preghiera. Anche qui, Gesù è stato assai esplicito. Ricordate le parabole dell’amico importuno e del giudice iniquo nel Vangelo di San Luca? (Lc.18,1-8; 11,5-10). E’ necessario perseverare nella preghiera senza stancarsi mai, perché se un giudice iniquo si decide a rendere giustizia a una vedova che lo importuna, quanto più il Padre celeste ascolterà i suoi che gridano a lui giorno e notte! Alle volte il Signore tarda ad ascoltarci perché vuole far crescere la nostra fede, vuole convincerci che abbiamo in tutto bisogno di lui e vuole che purifichiamo le nostre intenzioni e le nostre richieste, perché sempre l’orazione deve procedere da un cuore puro e da un animo retto. Nell’Apocalisse la preghiera dei Santi è paragonata ad un caso che va riempiendosi di suppliche finché non sia colmo. Dobbiamo perseverare e attendere con pazienza che il nostro vaso di orazioni si colmi e allora la grazia di Dio traboccherà sui nostri desideri e li porterà a compimento. C’è un “tempo di Dio” anche nell’orazione e solo la fede viva e l’umile perseveranza lo possono accelerare. “Persevera nell’orazione. Persevera, anche se la tua fatica sembra sterile - L’orazione è sempre feconda” (Cammino n.101).

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36 - Chiedere certi di ottenere Infine, dobbiamo chiedere convinti che il Signore ci concederà quello che gli domandiamo. Gesù ce lo assicura con il linguaggio più commovente e convincente: “Chi tra voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!” (Mt.7,9). Vedete? La certezza di essere ascoltati nasce dal saperci figli di Dio. Fratelli cari, ecco il vero fondamento della nostra fiducia: la filiazione divina. Molti uomini se ne vanno per il mondo con la mentalità di orfani o di minorenni in attesa di una maggiore età per potersi appoggiare alle proprie forze e alle proprie risorse, o aspettando la fortuna di circostanze favorevoli sulle quali fondare le proprie sicurezze. Noi siamo chiamati a vivere con mentalità di figli, figli forti e responsabili, ai quali il Signore ha affidato la responsabilità del mondo, ma sempre figli che si appoggiano su di lui, sulla sua forza e sulla sua grazia. Non vergognatevi di considerarvi figli piccoli, bambini che hanno nel loro padre una fiducia cieca e assoluta, che si affidano a lui anche quando non capiscono, anzi, proprio quando si trovano in mezzo a fatti che non capiscono perché sembrano assurdi e ingiusti. Sanno invece che Dio non inganna, che non è insensibile alla nostra fiducia filiale, e che non c’è luogo più sicuro delle sue braccia forti e tenere anche quando rimprovera e punisce. Non possiamo dubitare di Dio e della sua fedeltà: dobbiamo imparare a rivolgerci a lui convinti che egli ci ascolta, chiedendo con la certezza viva di ottenere e insieme con la fiduciosa disposizione di abbandonarci a lui per tutto quello che Egli disporrà per noi. Se saprete abbandonarvi così, come bambini piccoli, non resterete delusi; il Signore sopravanzerà i vostri desideri e le vostre attese e vi riempirà di sicurezza e di pace.

37 - Il fascino della figura di Gesù Avviandomi ora a concludere queste riflessioni che, sia pure attraverso i fogli di una lettera vogliono essere una conversazione fraterna e paterna con ciascuno di voi nella calda ospitalità delle vostre case, desidero ricordarvi ancora che l’unico mio desiderio è quello di animarvi a crescere nella vostra fede e di farvi riscoprire la figura amabilissima di Gesù Cristo, figlio di Dio e nostro Salvatore, che si è fatto per noi cammino e salvezza, perché in lui si è compiuta la nostra pace. Carissimi, se il Signore ci attira così poco è perché siamo ciechi, è perché voi e io, siamo così miopi che la sua figura ci appare sbiadita, evanescente, lontana; abbiamo una specie di cataratta sugli occhi dell’anima e il volto di Gesù ci appare appena visibile, come un’ombra, inespressivo, quando addirittura non deformato. Credetemi, se purificheremo i nostri occhi, se li laveremo col collirio della contrizione e del pentimento, se ci avvicineremo a lui attraverso il sacramento della penitenza e della conversione, si aprirà il nostro sguardo e ci apparirà chiaro e luminoso il suo volto, quel volto che ha affascinato i pescatori di Galilea trasformandoli in apostoli, quel volto che ha innamorato i santi e che ora rende felici gli Angeli del cielo; succederà anche a voi quello che accadde all’apostolo San Giovanni quando, dopo la risurrezione, nella seconda pesca miracolosa, s’accorse, lui, l’apostolo-vergine, che quella figura sulle rive del lago, tra le brume del mattino, era Gesù e, preso da un sussulto gridò: “E’ il Signore!”. Anche per voi, se aprirete il vostro cuore alla preghiera, all’umiltà e al pentimento, si scioglieranno 32

le brume fredde dell’indifferenza, si diraderanno le nebbie del dubbio e scoprirete il Signore, vi apparirà più nitido il volto amabile di Gesù, e griderete anche voi con la fede e con l’amore del discepolo prediletto: “Sei tu, Gesù, il mio Signore!”.

38 - Preghiera: fonte di gioia Fratelli miei, Dio ci vuole felici, cioè vicini a lui, fedeli ai suoi Comandamenti e impegnati a farci del bene gli uni agli altri. Nella vita incontrerete difficoltà, conoscerete debolezze e sbandamenti, ma non dovete mai dubitare di Dio. Se non lo lasciate voi, egli non vi abbandonerà mai, e qualunque cosa vi succeda, tornate da lui con il cuore umile e contrito ed egli vi guarirà da tutte le vostre ferite. Termino questa lettera nella festa di Cristo Re. La Chiesa ha voluto che questa festa concludesse l’anno liturgico per ricordarci che Gesù è il Primo e l’Ultimo, l’A e la Zeta, colui che ha la prima e l’ultima parola su ogni cosa: è infatti il Figlio di Dio, nostro salvatore, che ci ha chiamati a partecipare alla sua gloria nel cielo. Sia dunque, il Signore Gesù, colui che apre e chiude ogni vostra giornata, ogni vostra azione, ogni vostro desiderio e progetto. Lasciatevi trovare da lui, lasciatevi condurre, lasciatevi amare. Egli, che è venuto a portare la salvezza, vi condurrà per cammini di pace, quella pace che viene dalla vittoria e dalla gioia della croce. In questa liturgia di Cristo Re, non ho da lasciarvi parole più vibranti di quelle che Giovanni Paolo II ha rivolto a tutto il mondo nel giorno di inizio del suo pontificato: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa. Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. E’ invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi, - vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia - permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna”. La Madonna - Porta del cielo - sia di ogni vostra casa la Porta dolcissima attraverso la quale possa entrare per tutti voi la pace e la salvezza di Cristo Gesù.

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Se tu conoscessi il Dono di Dio...!

Il tesoro della Santa Messa.

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PRESENTAZIONE

Mezzogiorno. Gesù è seduto vicino al pozzo di Giacobbe nei pressi di Sichem. Il lungo viaggio da Gerusalemme lo ha caricato di stanchezza e di sete; sembra cercare riposo e un po’ d’acqua fresca per ristorarsi, ma in realtà arde in lui una sete più profonda che lo ha spinto ad un viaggio ben più lungo, il viaggio estenuante di chi è disceso dal Cielo per cercare e salvare ciò che era perduto. E’ Dio che viene in cerca dell'uomo, e lo aspetta all'incrocio di tutti i suoi smarrimenti, al pozzo di tante dottrine umane e di tante realtà terrene che non hanno saputo placare nessun desiderio della sua assetata inquietudine. Ed ecco la Samaritana, con la sua brocca sulla testa. E' l'umanità con le sicurezze della sua Ragione, l’umanità che si è prostituita a innumerevoli divinità come una donna che si è lasciata ingannare da tanti mariti. E' l'umanità smarrita e confusa, ma anche presuntuosa e superba. E Dio si fa umile davanti all'uomo:Dammi da bere!. Sono di fronte la sete di Dio e la sete dell'uomo. Gesù sa che nel cuore di Dio l'unica sete è quella di salvare l'uomo, di ricuperare la creatura che porta il sigillo della sua immagine. Ma sa anche, Gesù, che una sete falsa e illusoria spinge l’uomo su strade che portano a pozzi di acque mondane, mentre lì è presente l'Acqua vera, la sola che può appagare la sua sete e dargli la vita eterna: ... l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna. Ma l'uomo non lo sa, non ricorda, forse non può o non vuole capire. A questa umanità smarrita si rivolge Gesù con un profondo sospiro : Se tu conoscessi il dono di Dio!.

*** Se tu conoscessi il Dono di Dio! Amico, anche per noi Cristo è qui, davanti a te e a me, come davanti ad ogni uomo che cerca una sorgente per la sete della sua anima. Sono molti gli uomini che non sanno chi è Colui che si ferma in mezzo alla loro strada, davanti alla loro sete; non sanno chi è Colui che afferma: Io sono la Via, la Verità, la Vita. Colui che dice loro: Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo sacrificato per voi!. Sono molti gli uomini che non conoscono Cristo e molti che non lo vogliono incontrare. E tu...? Lo conosci? E se lo conosci, credi in Lui? Cerchi in Lui la Sorgente d'Acqua viva, il Pane disceso dal Cielo, il Dono di Dio per la tua Vita Eterna? E’ nell'Eucaristia che trovi tutto questo. L’Eucaristia è la sorgente che deve irrigare di grazia la tua anima, il Pane che sulla terra deve sostenere il tuo cammino di cristiano, il Dono prezioso che ti arricchisce davanti a Dio. Se tu conoscessi...!

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Vorrei suggerirti di pensare all’Eucaristia, più concretamente alla S. Messa, come a un brillante d'infinito valore. Sta a te saperlo incastonare nella tua vita, collocarlo al centro della tua giornata, come un diamante destinato a illuminare di luce divina la tua esistenza quotidiana.

*** Se tu conoscessi il dono di Dio!... e chi è Colui che ti dice: "Io sono il Pane vivo, disceso dal Cielo! Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno." (Gv. 6,51). Le riflessioni che trovi in queste pagine vogliono essere un piccolo viaggio che facciamo insieme per conoscere un po’ meglio il Dono di Dio: l’Eucaristia, e riscoprire il tesoro prezioso lasciatoci da Cristo: la S. Messa. Gesù è disceso dal Cielo, è venuto a cercarti e vuole insegnarti la strada della salvezza e della felicità; egli ti offre il Pane vero e l'Acqua viva per toglierti alle ghiande amare del “figlio prodigo” e alle tristi pozzanghere della terra.

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INTRODUZIONE

Le statistiche parlano di una frequenza alla Messa domenicale che, oggi in Italia, non arriva al 20% dei cristiani. In Francia e in altri paesi europei le statistiche sono ancora più allarmanti. La fascia di popolazione maggiormente rappresentata in queste percentuali negative è quella dei giovani-adulti, con le motivazioni più diverse, ma che rivelano, tutte, non solo una caduta verticale della fede cristiana unita ad una pressoché totale ignoranza del significato e del valore dei Sacramenti, ma anche un triste oscuramento della coscienza religiosa. Ebbene, amico mio, mi rivolgo a te e a tutti coloro che hanno abbandonato o comunque non partecipano abitualmente alla liturgia domenicale e rinnovo a te la domanda che ho rivolto a tanti: Perchè? A parte coloro che non hanno ricevuto alcuna formazione religiosa e si capisce perciò il loro comportamento, per tutti gli altri la risposta è pressochè unanime: Non lo so! E’ così. Già, è così. Non esiste infatti un vero “perché”. O meglio, in quel Non so! si nasconde la vera risposta che solo alcuni hanno avuto la sincerità di manifestare apertamente: Non ne sento il bisogno… Non m’interessa. Non ne sento il bisogno: vale a dire, il criterio fondamentale che orienta le mie scelte e il mio comportamento è il bisogno, dove per bisogno s’intende l’inclinazione verso ciò che piace , ciò che attira la mia comodità, il mio interesse o la mia vanità. Del resto il consumismo soddisfa ampiamente tutte le mie necessità, da quelle più futili a quelle più sofisticate. Di che altro posso aver bisogno? Come vedi, il materialismo pratico, così largamente diffuso nella mentalità oggi dominante, ha talmente soffocato le aspirazioni nobili e profonde dello spirito da farti pensare, una volta soddisfatti tutti i bisogni materiali, di non aver più bisogno di altro. Se elimini la dimensione spirituale , religiosa, dell’esistenza finirai col vivere una vita a due dimensioni, che nel vocabolario dell’uomo mondano hanno per nome: il piacere e il profitto; in definitiva vivrai una vita incollata alla terra, e sarà – non offenderti! – una vita animale. Anche l’altra risposta: “Non m’interessa”, è analoga alla prima con l’aggiunta di una triste caratteristica: l’indifferenza; anch’essa, per molti, è figlia dell’ignoranza. Infatti, che importanza può avere la Messa e quant’altro della liturgia della Chiesa per risolvere, non dico i grandi problemi dell’umanità, ma semplicemente le situazioni più comuni della vita quotidiana, dove entrano in gioco, invece, realtà ben più concrete ed efficaci come la medicina, la politica, l’economia, la tecnica e tutte quelle risorse che l’uomo ha saputo mettere in atto per rispondere alle esigenze ormai ineludibili dell’uomo per una qualità della vita più dignitosa e felice? Anche questi ragionamenti obbediscono alla logica dell’egoismo, quell’egoismo che rende angusto il cuore, così da non percepire più i legami più profondi, quelli costitutivi del nostro essere come il legame con Dio, e insieme rimpicciolisce i sentimenti così da non comprendere più la logica dell’amore. Per aiutarti a capire ti chiedo: Te la sentiresti di ripetere quella risposta a tua madre, a colei che ti ha portato in grembo e ti 37

ha amato prima che tu nascessi, che ti ha cresciuto attraverso notti insonni e sacrifici senza numero e che è disposta in ogni momento a dare tutta sé stessa per il tuo bene…, te la sentiresti di dirle: Non m’interessi? O ad un amico che avesse messo a repentaglio la sua vita, o avesse speso tutte le sue sostanze, i suoi averi e tutti i suoi beni per tirarti fuori da una situazione disperata, per liberarti dalle mani di aguzzini o risparmiarti la galera, te la sentirseti di dirgli: Non m’interessi?. Ebbene, rispondere a Cristo, che ha dato sé stesso per te, che ha sparso tutto il suo sangue per pagare i tuoi conti con Dio e per meritarti la felicità, quella vera, quella duratura che appaga pienamente il cuore, rispondergli: Tutto questo non mi interessa, è pensabile solo se hai perduto ogni sentimento degno dell’uomo o hai sepolto sotto una triste ignoranza la consapevolezza delle tue origini e del tuo destino. Davvero torna a proposito il lamento di Cristo alla Samaritana: Se tu conoscessi dono di Dio! In queste condizioni non ti resta che pregare Dio perchè illumini la cecità del tuo cuore e tu possa riscoprire la tua identità di creatura relativa a Dio, e di peccatore redento dalla croce di Cristo. Se smarrisci queste due verità non potrai capire più nulla non solo della S. Messa, ma anche del significato stesso della tua esistenza sulla terra.

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PREMESSE DA NON DIMENTICARE

Persone perbene Mi rivolgo ora a te che in qualche misura credi, e che, almeno sultuariamente, frequenti la Messa domenicale. Forse ti è capitato talvolta di pensare che per essere buoni cristiani basta credere in Dio e comportarsi bene nella vita. L'importante - si dice è non fare del male agli altri, rispettare tutti, compiere con coscienza il proprio dovere..., il "resto" ha importanza relativa; se uno si sente di farlo..., se ne ha il tempo o la voglia…, ma non è così necessario. E il "resto" comprende anche "frequentare la chiesa, confessarsi, andare a Messa...". Sì, ogni tanto, nelle occasioni solenni, ci vogliono anche queste cose, sono formalità molto utili, ma l'essenziale rimane sempre quel "comportarsi bene nella vita". Allargando il ragionamento, si arriva a giustificare, in nome della “buona condotta”, situazioni gravemente sbagliate. Succede, ad esempio, che un figlio venga giudicato un "bravo ragazzo" perché non si droga, non perde esami a scuola, è abbastanza educato...; "E' vero, - commenta rassegnato il genitore - non va tanto (cioè mai!) in chiesa, convive con la sua ragazza..., ma sa come sono i giovani oggi!...". Anche qui la cosa giudicata importante è comportarsi da persone civili, educate, che non fanno male a nessuno; insomma, ciò che conta è "comportarsi bene nella vita". Il ragionamento è perfettamente in linea con il moralismo laico, che pretende affermare una morale senza Comandamenti. Simili ragionamenti, se confrontati con la verità morale proclamata nei Comandamenti e con il fine soprannaturale al quale Dio ha voluto chiamare l’uomo, appaiono come un errore tremendo. Essi nascondono l’inganno diabolico di credere che basti la "buona condotta" di persone civili per considerarsi giusti; in altre parole - con termini cristiani - credere di poter andare in Cielo con le nostre forze, di guadagnarci la Vita Eterna con le nostre benemerenze terrene, con l'attestato di "persone perbene" che non hanno mai fatto male a nessuno.

La vita cristiana Ricordi quel fariseo, scrupoloso osservante della Legge mosaica, citato nel Vangelo da San Luca? Ragionava pressappoco così: "Signore - diceva - io non faccio male a nessuno: non sono ladro, adultero, ingiusto..., digiuno, pago le tasse..., e dunque...". Dunque, concluse Gesù, quell'uomo uscì dal tempio non giustificato. Infatti: - quand'anche fossimo persone perbene, noi, davanti a Dio, siamo miserabili peccatori bisognosi di salvezza; e "se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la Verità non è in noi". (1 Gv.1,8) 39

- la vita propria del cristiano non consiste essenzialmente nella buona condotta morale, ma in "qualcosa di divino" che gli viene dato in dono, una "vita nuova", soprannaturale, che riceve da Dio. "In verità ti dico, se uno non nasce di nuovo dall'Alto, da acqua e Spirito Santo, non può entrare nel Regno di Dio." (Gv.3,5) - infine per il cristiano il "comportarsi bene nella vita " ha un solo nome: santità, che non si limita a rispettare scrupolosamente un "codice di buon comportamento", ma osserva i Comandamenti di Dio (tutti!) e tende alla pienezza dell'amore di Dio e del prossimo fino all'eroismo.

Il piano divino della salvezza Ora, la santità e la salvezza sono opera di Dio. Dio solo infatti è santo, e uno solo è il Signore: Gesù Cristo. Gesù stesso ricordava ai suoi discepoli: "...senza di me non potete far nulla.... Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca..." Capisci? Senza Gesù, senza un rapporto intimo con Lui, non possiamo nulla, non siamo nulla, a nulla valgono le nostre "opere di giustizia". San Paolo, che pur raccomandava ai primi cristiani di presentarsi come "modelli di buona condotta in tutto", e "zelanti nelle opere buone", scriveva a Tito: "(Dio) ci ha salvati, non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia, mediante un lavacro di rigenerazione... nello Spirito Santo, effuso abbondantemente su di noi per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia, diventassimo eredi della vita eterna." (Tt. 3, 4-7) L'Apostolo ci ricorda, qui, gli elementi costitutivi essenziali per una vita autenticamente cristiana: la Giustificazione, cioè la remissione dei peccati; la Grazia, cioè la Vita divina che ci viene data dall'Alto e la Carità, cioè la capacità di vivere con pienezza l'amore di Dio e del prossimo. Ebbene, tutto questo, assieme alla Gloria, che è la Beatitudine eterna nel Cielo, ce l'ha meritato Gesù con il suo sacrificio sulla croce. E' questo il piano divino voluto da Dio per la nostra salvezza, e Dio lo attua in ciascuno di noi attraverso i Sacramenti.

Nella Chiesa e mediante la Chiesa Si parla perciò di una "economia sacramentale" che Cristo ha affidato alla sua Chiesa.Sono i sette Sacramenti, ognuno dei quali ci viene dato "Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo", perché è Dio stesso che opera nella nostra anima. Nel Battesimo ci fa nascere come figli di Dio; nella Cresima ci fa testimoni di Cristo e della sua verità; nella Confessione, tribunale di grazia e di misericordia, ci comunica il perdono dei peccati; nell’Unzione degli infermi fa della malattia e della nostra sofferenza la sofferenza stessa di Cristo. Ecco poi i Sacramenti del Matrimonio e del Sacerdozio, che ci abilitano ad essere collaboratori del Dio-Vivente nel servizio alla vita, quella naturale (attraverso l’amore umano) e quella soprannaturale (attraverso il sacerdozio ministeriale) Ma è soprattutto nell’Eucaristia, centro di tutti i sacramenti, che noi veniamo fatti partecipi della pienezza del mistero di Cristo attraverso il suo Corpo sacrificato e il suo Sangue versato per noi. Ben a ragione esso viene indicato come centro e radice della vita cristiana. 40

Vita “cristiana” dunque, cioè la “vita di Cristo in noi”; essa non può essere che opera dello Spirito Santo, il quale agisce nella Chiesa e mediante la Chiesa attrverso i suoi Sacramenti. Se dunque è questa la strada voluta da Dio per condurci alla vita eterna, non possiamo cercarne altre, anche se Dio conosce infinite e misteriose vie per salvare gli uomini, vie che, comunque, passano attraverso Cristo e da Lui derivano la loro efficacia, rimanendo Egli l'unico Salvatore di tutti.

Grazia santificante Dunque, amico mio, quelle famose "formalità": andare in chiesa, accostarsi alla Confessione, partecipare alla Messa..., non sono affatto delle formalità, sono invece "fonte e culmine" della tua vita di cristiano. Le opere buone, le opere di giustizia e di bene, il tuo impegno di comportarti nel mondo con una condotta irreprensibile e degna, tutto questo diventa un "agire cristiano" solo se il tuo "essere" intimo è stato rigenerato, trasformato nell'essere stesso di Cristo. Il catechismo chiama questa trasformazione Grazia santificante; un tesoro che non ha prezzo, che divinizza la tua anima, e ti fa camminare in questo mondo come un altro Cristo.

Il dono divino Purtroppo, queste realtà enormi, divine, noi le possiamo avvilire nel formalismo e banalizzare nella routine, e possiamo anche comportarci in modo incoerente, in contrasto con la grande dignità che esse ci conferiscono; ma questo dipende da noi, dalla nostra superficialità, pigrizia, o anche dalla nostra mancanza di formazione. E così può accadere che realtà divine, capaci di salvare il mondo e trasformare il cuore dell'uomo, non incidano per niente nella tua anima e non cambino la tua vita. Cerca dunque di reagire alla routine: respingi la pigrizia, l'abitudine, l'egoismo, apriti a Gesù mediante la fede e cercalo nei Sacramenti della Chiesa se vuoi trovare la salvezza, perché la salvezza viene solo da Dio. Quale sorte amara la tua se, credendoti persona perbene e a posto, scoprissi un giorno che, in realtà, hai creduto solo in te stesso e nel bene da te compiuto!.., e sentirti dire, alla fine: "In verità ti dico, non ti conosco" (Mt, 25,12).

Centro della vita cristiana Le riflessioni che trovi in queste pagine vogliono aiutarti a mettere l'Eucaristia a fondamento della tua vita cristiana, perché Cristo possa, con la sua grazia, trasformare il tuo cuore e cambiare la tua vita. Se ti deciderai a prendere sul serio la tua vocazione impegnandoti a cercare il Signore con umiltà e perseveranza, arriverai ad amare la Messa fino a desiderarla e a guadagnartela anche tutti i giorni. Non è esagerazione o cosa da vecchiette perditempo, è un impegno per anime forti che hanno capito l'amore di Dio e vogliono vivere sulla terra non vita animale ma vita divina, la meravigliosa avventura di figli di Dio.

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IL PRECETTO

Libertà: dire si al Signore Un motivo che può creare pregiudizio e difficoltà per la assidua partecipazione alla Messa domenicale è l'esistenza di un "precetto" della Chiesa che obbliga in modo grave a santificare la festa anche con la S. Messa. D'accordo - si dice -, queste sono cose molto importanti, ma appunto per questo devono rispondere a un bisogno interiore ed essere lasciate alla libera spontaneità del nostro animo; perciò, imporle con un precetto è compromettere la loro autenticità, col rischio di farle diventare una forzata ipocrisia. Quando non è immaturità tipica dell'adolescenza, anche questo ragionamento nasconde un inganno diabolico: col pretesto della sincerità o di una presunta libertà che le farebbe da garanzia, si difende un vero e proprio rifiuto a Dio, un no alla sua iniziativa d'amore. Rifletti bene e ti renderai conto che troppe volte noi facciamo le cose senza volerle. Ci lasciamo condizionare, ad esempio, dagli stati d'animo e crediamo libertà il capriccio, la malavoglia, la pigrizia; ci lasciamo condizionare anche dall'ambiente o da circostanze esterne: l'opinione corrente, i modelli di vita, le cose che si "devono" fare...; siamo infine condizionati - così facilmente! - dal sonno dell'abitudine e rischiamo di agire non per volontà ma per inerzia. Invece dobbiamo fare le cose perché vogliamo farle; solo così diventano “nostre”, o meglio, diventano espressione della nostra libertà. Perciò l'unico motivo che può spingerti ad "andare a Messa" è questo: perché lo vuoi, perché sai che rispondi a un comandamento di Dio che ti chiama alla sua stupenda iniziativa di amore e di salvezza. La libertà, infatti, è responsabilità, è capacità di rispondere di sì al Signore.

La fede è obbedienza Ma torniamo per un momento a quel "credere in Dio e comportarsi bene nella vita". Hai provato a riflettere seriamente sul significato di questa espressione: "credere in Dio"? San Paolo scrive che la fede è obbedienza, è l'atteggiamento con cui l'uomo si rimette a Dio, si fida e si affida a lui; perciò si lascia guidare dalla sua parola di verità, accoglie docilmente i suoi comandamenti e segue Cristo che è venuto nel mondo per obbedire al Padre e compiere la sua volontà. L'obbedienza a Dio esprime la fiducia della creatura nel suo Creatore con la certezza assoluta che Dio non inganna. Perciò, obbedire a Dio significa "volere" anche noi quello che lui "vuole", convinti che egli vuole solamente ciò che è bene per noi. La disobbedienza a Dio diventa, così, miserabile stoltezza e ottusa stupidità. Ed è anche un'assurda ingiustizia, perché è giusto, è nel diritto, riconoscere Dio per quello che egli è: nostro Creatore e Signore.

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Obbedienza di creature Dobbiamo allora guardarci dall’opinione corrente che vuole la libertà fine a sé stessa. La "libertà per la libertà" non ha senso dal momento che tutto il nostro essere è "relativo"; è, cioè, vincolato da un rapporto esistenziale e assoluto con Colui che è origine e fondamento di ogni essere vivente. Come dire che tutto in noi è mezzo, libertà compresa; Dio solo è fine, è l'Alfa e l'Omega di ogni realtà, la pienezza di ogni cosa. Vedi dunque che Dio ti ha dato una volontà intelligente perché tu possa obbedirgli, e ti ha dato la libertà perché la tua obbedienza fosse amore e non schiavitù. Ricordalo sempre: l'unica volontà che non ti fa schiavo è la volontà di Dio; rifiutarti a questa amabilissima obbedienza significa finire, inevitabilmente, schiavo di qualcosa o di qualcuno, se non altro di te stesso; e non c'è tiranno peggiore del proprio io quando è dominato dalla superbia e dalle passioni.

Obbedienza per amore L'obbedienza, dunque, vale non perché è sentita ma perché è voluta, anche contro voglia, ma per amore. Allora l'obbedienza diventa anche atto di adorazione a Dio, Creatore e Padre. Questo ha fatto Gesù sulla croce; il suo sacrificio fu l'obbedienza totale al Padre e fu anche l'atto supremo di amore. Perciò l'obbedienza a Dio è l'esercizio più alto della nostra libertà e il momento più vero della nostra dignità. Tutto questo vuole ricordarti la Chiesa con il suo "precetto". Non è un capriccio autoritario bensì il consapevole esercizio del suo servizio pastorale; essa ti richiama alla tua realtà di creatura bisognosa di salvezza e alla tua responsabilità di uomo cercato e redento dall'amore di Dio. Non essere, dunque, superficiale, o immaturo; làsciati condurre dalla fede e da una coscienza forte e libera, capace di obbedire e perciò capace di amare. Non fare come gli invitati della parabola al banchetto nuziale del Re. E' sempre brutto mancare agli appuntamenti, ma quando l'appuntamento lo dà il Signore, allora il rifiuto è anche offensivo della sua bontà e della sua misericordia. E rischi di perdere il suo dono per sempre!

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LA PREPARAZIONE ALLA SANTA MESSA

Ostacoli alla vera pietà Ogni cosa grande e importante richiede un'adeguata preparazione. La Santa Messa ha una sua preparazione prossima che si fa in chiesa nella parte introduttiva del rito. Ma c'è anche una preparazione remota che comincia già uscendo di casa, anzi va vissuta molto prima. Preparazione remota, infatti, non significa lontana ma sempre in atto, come un pensiero costante che ci accompagna lungo la giornata o lungo la settimana. La Messa dovrebbe essere come un sole che splende su tutta la tua giornata, la illumina e la riscalda dall’alba al tramonto in tutto quello che fai. In ogni caso, ciò che devi senz'altro evitare è di andare alla Messa "a freddo", in fretta, all'ultimo momento, cioè senza alcuna preparazione, e in più col rischio di arrivare in ritardo. A parte quella norma elementare di educazione che ci obbliga alla puntualità con le persone, qui si tratta di rispetto e di serietà con Dio e insieme di delicatezza verso i nostri fratelli ai quali il nostro ritardo arrecherebbe un fastidioso quanto ingiusto disturbo. E poi la fretta. Se c'è una cosa incomprensibile, anzi incompatibile con il mistero che si celebra nella Messa è la fretta. Parliamo, qui, della fretta interiore, quella che ti fa guardare l'orologio e ti fa scappare da ciò che stai facendo. Davanti all'altare sei come sul Calvario, e diventa assurda qualsiasi fretta che ti aliena dal grande mistero che si sta compiendo. Se non reagisci, non sarai mai un'anima di vita interiore, perché la fretta è la tomba della vera pietà; tanto meno arriverai a quella intelligenza gustosa delle cose di Dio che è la contemplazione. E infine..., è triste stare a Messa aspettando che finisca!

Preparazione remota Tutto questo ci aiuta a capire l'importanza della preparazione remota. Se ti sforzerai di vivere per davvero la tua fede, arriverai a poco a poco a pensare tutta la tua vita dentro l'Eucaristia. Ciò vuol dire che tutto quello che ti passa tra le mani o costituisce il tessuto della tua giornata: il lavoro, la vita famigliare, le amicizie, le responsabilità sociali..., tutto, compresa la tua persona, deve diventare un’offerta a Dio; perciò dovrai passare attraverso Gesù perché ormai non è possibile offrire più nulla a Dio se non attraverso Gesù in unione all’offerta che egli ha fatto di sé stesso e di tutta la sua vita al Padre a nome di tutta l’umanità. Ti chiederai come ciò sia possibile. Non lo sarebbe, infatti, se fra te e Gesù ci fossero duemila anni di distanza. Ora, nel suo amore senza limiti, Gesù ha realizzato un capolavoro di onnipotenza che annulla ogni distanza di tempo e di spazio, e anche ogni estraneità di vita fra te e lui: l'Eucaristia. In essa, per mezzo dei segni sacramentali del pane e del vino, Gesù stesso si fa presente, qui e adesso, per te, perché tu possa nutrirti 44

di lui e partecipare alla sua vita, cioè al mistero della sua Incarnazione, della sua Morte e Risurrezione. Ciò significa che l'Eucaristia attraversa d'un colpo i duemila anni che ti separano da Cristo e, perciò, quando esci di casa per andare a Messa, ricordati che vai ad un appuntamento che il Signore ti ha dato venti secoli fa. Sono duemila anni che Egli ti aspetta! (Cammino 537) Non dimenticare che Gesù è il Figlio di Dio, e l’offerta sacrificale che egli ha fatto di sé stesso al Padre è l’avvenimento determinante nella storia dell’umanità. Gesù riempie il tempo e lo redime, lo pervade da cima a fondo, ricapitolando in sé ogni cosa per ricondurre tutto al Padre. Ciò significa che il suo Sacrificio, pur consumato nel tempo sul Calvario, appartiene all’eternità, e perciò Gesù può renderlo presente, qui e adesso, in ogni luogo e in ogni momento, fino alla fine dei tempi. Gesù è “lo stesso ieri, oggi e nei secoli”, e l’oblazione interiore che l’ha portato sulla croce è attuale anche adesso e lo sarà per sempre, per tutta l’eternità. Perciò, nell’Eucaristia, Cristo viene incontro a ciascuno di noi con il suo amore salvifico per assumere nelle sue mani pasquali, piagate e crocifisse, tutta la realtà umana della nostra vita e offrirla al Padre. Come vedi, una vera vita cristiana non è pensabile senza l'Eucaristia. In questa consapevolezza abituale che ti accompagna lungo la giornata e che ti ricorda di essere contemporaneo di Cristo, anzi - come si esprimeva San Josemaria Escrivà "consanguineo di Gesù" consiste la preparazione remota alla Messa. Coinvolge perciò tutta la tua vita spirituale: la tua fede, la tua orazione, la tua mortificazione e la tua lotta personale per vivere le virtù cristiane. Poteva mai il Signore, pur infinitamente potente, fare di più per noi, perché potesssimo incontrarlo e realizzare con lui la comunione più intima e ineffabile che solo un amore senza limiti poteva desiderare e attuare. Si capisce allora perché S. Giovanni, prima di narrare l’istituzione dell’Eucaristia, scrive che Gesù “avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine”, fin dove, cioè, poteva arrivare un amore onnipotente. E si capisce anche quanto possa ferire il cuore di Cristo la nostra indifferenza, quando per pigrizia o per futili motivi rifiutiamo il suo invito e il suo dono.

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IL RITO LITURGICO

Struttura dei sacramenti Non siamo angeli. Non siamo cioè puri spiriti che non hanno bisogno di mezzi materiali per la loro vita e per la loro attività. Noi uomini siamo fatti di uno spirito incarnato, cioè di un’anima spirituale e immortale sostanzialmente unita ad un corpo materiale attraverso il quale essa si esprime, comunica e agisce. Il nostro essere quindi è insieme spirituale e corporeo, e possiamo dire che tutto ciò che arriva alla nostra anima e da essa deriva passa attraverso il nostro corpo. Ora, il Signore, che sa come siamo fatti e rispetta pienamente la nostra natura, quando interviene e opera nella nostra anima lo fa usando mezzi sensibili, materiali, che indicano la sua presenza e la sua azione. Si tratta di cose materiali che unite opportunamente a gesti e parole da una persona abilitata (ministro) costituiscono il “rito liturgico” della Chiesa. Inoltre gli effetti strettamente soprannaturali dell’azione di Dio nella nostra anima non sono oggetto di esperienza, e senza la mediazione di uno strumento sensibile non ne avremmo consapevolezza. Il rito liturgico è appunto il luogo dove il Signore si fa presente con la sua azione salvifica che trova nei segni sensibili la sua oggettiva conferma. Nella S. Messa il segno sensibile è dato dal pane e dal vino con le parole della consacrazione che il sacerdote pronuncia su di essi. Costituiscono la parte essenziale del rito, ha valore strettamente sacramentale ed è immutabile. L’altra parte del rito è costituita da elementi che possiamo chiamare accessori e sono rivolti ad aiutare i fedeli a realizzare i fini del Sacrificio eucaristico e a trarre da esso il maggior frutto possibile. Possono perciò subire dei mutamenti al fine di adattare il rito alle diverse categorie di fedeli secondo le varie culture e tradizioni, e tenendo conto delle diverse circostanze nelle quali il rito viene celebrato. Vediamo dunque insieme il rito liturgico della Messa perché tu possa partecipare con frutto e con maggiore consapevolezza al grande mistero che si compie.

Riti d introduzione La celebrazione della santa Messa presenta due momenti liturgici fondamentali: la liturgia della Parola e la liturgia del Sacrificio. I due momenti hanno significato diverso: l'uno ha soprattutto lo scopo di suscitare la fede, l'altro di operare in noi la grazia. Ora, la grazia senza la fede è impossibile, e la fede senza la grazia è morta. Per questo il precetto domenicale sancito dalla Chiesa fa obbligo al cristiano di partecipare al rito eucaristico per intero, per cui se un fedele, senza motivi sufficienti, non partecipasse alla liturgia della Parola, è tenuto a supplire a questa lacuna almeno con la meditazione personale del Vangelo. Del resto, ricorderai l'esplicita affermazione di Gesù: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt.4,4). Abbiamo bisogno del Pane e della Parola; è pane la Parola di Dio ed è pane il Corpo di Cristo. 46

Questi due momenti fondamentali della celebrazione sono preceduti da alcuni riti di introduzione. Essi sono: - il saluto del celebrante - l'atto penitenziale - il Gloria e la "Colletta"

Siamo Chiesa La cosa che innanzitutto avvertiamo fin dal primo momento, già entrando nel luogo sacro insieme agli altri fedeli, è che siamo "chiesa"; siamo, cioè, un'assemblea di "chiamati", convocati da Cristo stesso intorno al suo altare. Non formiamo però un'assemblea alla maniera umana; ci unisce infatti un legame che non è di natura sociale o morale o puramente affettiva, non si fonda cioè su elementi umani; è un legame che nasce dal battesimo. Mediante questo sacramento lo Spirito Santo ci trasforma e ci fa diventare membra di Cristo unendoci al suo Corpo Mistico. Ci rende così capaci di celebrare, come Chiesa, la Pasqua del Signore. E' dunque un legame che non conosce discriminazioni né differenze di razza, di lingua, di cultura, di censo o di ruolo sociale. Lì, davanti all'altare, viene meno ogni barriera tra di noi perché è Gesù che ci unisce. In lui ritroviamo come fratello chiunque abbiamo conosciuto come compagno, collega, straniero o anche nemico: siamo la Chiesa unita al suo Capo, Gesù Cristo.

La Messa: azione di Cristo Pertanto, la Messa è sempre azione di Cristo e di tutta la Chiesa, anche se celebrata alla presenza di una vecchietta o di un bambino. L'essenziale nella "azione eucaristica", non è ciò che facciamo noi come assemblea, ma ciò che fa Cristo. Lui è la Vittima, Lui il Sacerdote, suo è il Sacrificio che viene attuato nel sacramento ed è lui che fa della nostra assemblea liturgica una "Chiesa che celebra". Il sacerdote stesso non è che un “ministro” il quale impresta la sua voce, le sue mani, la sua stessa persona a Cristo che è il vero Sacerdote celebrante. Perciò anche se il sacerdote-ministro fosse impreparato o distratto o addirittura indegno la Messa avrebbe ugualmente valore, un valore infinito, perché rimane sempre azione di Cristo che coinvolge nel suo sacrificio tutta la Chiesa. Del resto, tutta la Santissima Trinità è presente nel sacrificio eucaristico: è infatti per volontà del Padre e per l'intervento dello Spirito Santo che il Figlio fatto uomo, Gesù Cristo, si offre come vittima di redenzione per i peccati del mondo. Dove c'è anche un solo sacerdote con un solo fedele, lì è sempre Cristo, sommo Sacerdote e Capo di tutta la Chiesa, che agisce mediante lo Spirito Santo.

Giorno del Signore Giorno della Chiesa Tuttavia, questa realtà di una Chiesa unita - Capo e membra - diventa più esplicita e visibile, più intensamente vissuta, nella Domenica, il "Giorno del Signore". In esso la comunità cristiana si riunisce come Popolo di Dio per celebrare le "opere del Signore". "Tutto ciò che Dio ha creato di più grande e di più sacro, è stato compiuto 47

nella dignità di questo giorno: l'inizio della creazione, la resurrezione del Figlio suo, l'effusione dello Spirito Santo, ebbero luogo in questo giorno. Perciò, nessun altro giorno è altrettanto sacro per il cristiano quanto la Domenica". (nota della CEI) Il giorno del Signore diventa così anche il "Giorno della Chiesa" e tu, dietro l'assemblea alla quale ti sei unito, anche se piccola, puoi vedere un popolo di fratelli che ha le tende piantate sotto tutte le latitudini, fratelli di cui non conosci nemmeno il nome ma che sono figli dello stesso Padre del Cielo, hanno la tua stessa fede, il tuo stesso desiderio di luce e di grazia, il tuo stesso bisogno di misericordia e di salvezza, hanno il tuo stesso "sangue", il Sangue di Cristo, Unigenito del Padre e Primogenito di molti fratelli. Questa verità, se tu la tieni presente quando entri in chiesa, ti aiuterà a non chiuderti in un gretto individualismo, a non restare in chiesa come un estraneo, come uno spettatore che assiste a ciò che fanno gli altri. L’assemblea alla quale ti unisci è “famiglia”, la tua famiglia soprannaturale, quella dei figli di Dio quale tu sei che si uniscono al sacrificio di Cristo e con lui si rivolgono a Dio chiamandolo “Padre”. Non c’è momento religioso, non c’è atto di culto – penso ai Gruppi di Preghiera, ai pellegrinaggi, a imponenti processioni, agli incontri di Lettura biblica, ecc. – che abbiano un significato e un valore comunitario paragonabile alla Messa domenicale. Non c’è comunità che sia “Chiesa” e che renda visibile la Chiesa quanto lo è l’assemblea liturgica che nel Giorno del Signore si riunisce intorno all’altare per celebrare il sacrificio pasquale di Cristo. Non chiuderti dunque nel tuo isolamento interiore, dilata il tuo cuore, respira a piena anima questa benedetta fraternità che ti comunica la certezza di non essere solo nel tuo cammino verso il Signore.

Il comportamento nella partecipazione Il Sacerdote in questa parte introduttiva del rito, ha soprattutto il ruolo di presidente dell'assemblea liturgica. Dialoga con noi e si fa interprete della nostra preghiera davanti a Dio. E' necessario allora che esprimiamo visibilmente, anche nel comportamento, la nostra partecipazione. Il messale ti ricorda a tale scopo alcune cose che sono piccole, ma hanno l'importanza delle cose grandi: • rispondi con voce intelligibile alle preghiere comuni, senza enfasi e forzature, ma con pronuncia chiara e concorde. • partecipa all’azione comune con gli atteggiamenti indicati dal rito: in piedi, seduti, in ginocchio. Perciò non restare in disparte, magari appoggiato alla porta, spettatore muto, quasi estraneo, come se non ti riguardasse quanto sta accadendo intorno a te. • infine, non compiere atti di devozione privata, come accendere una candela, seguire altre letture o preghiere personali... Anche il sacramento della confessione non chiederlo durante la Messa se non eccezionalmente. Fa parte del comportamento anche l'abbigliamento con cui ti presenti in chiesa. Deve essere un abbigliamento ordinato, pulito, dignitoso. Fogge stravaganti, eccentriche o peggio irrispettose, come anche un abbigliamento sciatto o troppo "casalingo" non si addicono né ad un rito che riveste solennità e austera grandezza né a quei sentimenti di delicata cortesia, che è anche finezza d’amore, verso Colui che ti ama immensamente e che tu devi considerare come Re e Signore della tua anima. Impara dalla liturgia della Chiesa; essa veste il sacerdote con vesti liturgiche, per quanto è possibile, preziose e solenni che richiamano la grandezza e l'importanza del mistero che viene celebrato. 48

altare Ed ora, lasciandoci guidare dal messale e seguendo il rito liturgico, cerchiamo di coglierne l'inesauribile ricchezza. Si inizia con l'antifona d'ingresso; il sacerdote entra in chiesa e tutta l'assemblea, in piedi, acclama o canta un versetto biblico ispirato di solito alla festa liturgica del giorno. Esso esprime vari sentimenti dell'animo: desiderio, fiducia, implorazione, più spesso è un invito alla "festa", alla "gioia degli invitati". Intanto il sacerdote sale l'altare e lo bacia. L'altare ha un duplice significato: è l'ara per il sacrificio e la mensa per la cena; i due significati si addicono pienamente all'Eucaristia. Il Mistero Eucaristico, infatti, attualizza il Sacrificio della croce e la Cena del Signore. Sulla croce Gesù sacrifica il suo corpo, quello stesso che egli ha dato in cibo nella Cena pasquale. Così l'altare viene a significare anche l'Umanità stessa di Gesù Cristo: Egli è insieme Altare, Vittima e Sacerdote, perciò i lini usati dalla Liturgia sono tovaglie per la mensa e sindone per il suo corpo. Da questo puoi comprendere il grande rispetto che la Liturgia riserva all'altare facendolo oggetto di tanta venerazione.

Atto penitenziale Il Sacerdote dà poi inizio alla celebrazione con il gesto proprio di ogni inizio: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. "Amen", risponde l'assemblea; è una affermazione di fede, è un sì vibrante all'invito di Dio. Anche il saluto è quello proprio di ogni augurio cristiano: Il Signore sia con voi! Augurio che viene ricambiato dall’assemblea Il sacerdote invita poi all'atto penitenziale. E' un gesto indispensabile se vogliamo accostarci a Dio. Sempre, per incontrare il Signore, il primo atteggiamento è l'umiltà del cuore che si esprime nella contrizione sincera per i propri peccati. Bisogna togliere ogni ostacolo all'amore di Dio nella nostra anima, bisogna purificare la coscienza dall'orgoglio e dalla presunzione ricordando la nostra condizione di peccatori e implorando la misericordia di Dio. Su questo devi riflettere durante la pausa di silenzio; poi, recitando attentamente la formula della contrizione, metterai in quelle parole il tuo animo addolorato e pentito: Signore, pietà! Cristo, pietà! Signore pietà! Ti ricordo che la S. Messa, in quanto Sacrificio redentore, ci ottiene il perdono dei nostri peccati. Il suo valore è infinito, tuttavia i suoi frutti nella nostra anima sono in ragione delle nostre disposizioni interiori, e le prime fra tutte sono appunto l’umiltà e la contrizione del cuore. Proprio per questo la Chiesa, quando si tratta di colpe gravi (peccati mortali), ci fa obbligo di portarle nel sacramento della Confessione prima di accostarci all’Eucaristia.

Inno di Gloria La tua coscienza, liberata dalla colpa, si riempie allora di pace e di gioia, e puoi così cantare la lode del Signore in quell'inno stupendo: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli!..." E' una delle preghiere più belle e venerande della Liturgia e non puoi recitarla "a memoria"; devi farla passare attraverso il tuo cuore e farla arrivare alla tua anima perché

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lì si espanda nella lode, e nella gratitudine a Dio con le appassionate invocazioni che essa contiene. Per la sua intonazione gioiosa, questo inno non si addice all'austerità dell'Avvento e della Quaresima, ma tu puoi recitarlo spesso, anche in altri momenti. Le sue commoventi invocazioni potranno alimentare la tua pietà e il tuo personale colloquio con Dio. Conclude questa parte introduttiva del rito la Colletta. E' la prima delle tre solenni orazioni sacerdotali "presidenziali"; in essa il celebrante, nella sua veste di “presidente” della celebrazione e perciò a nome di tutto il popolo, presenta a Dio i sentimenti e le richieste di tutta la Chiesa, ispirandosi alla festa che si celebra in quel giorno. La Colletta viene proclamata con solennità dal sacerdote che allarga le sue braccia nell'atteggiamento proprio dell'orante. Egli invita l'assemblea dei fedeli ad unirsi a lui spiritualmente: "Preghiamo!" - egli dice - e l'assemblea, dopo aver ascoltato in devoto silenzio, fa propria la preghiera rispondendo: Amen! Così sia.

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LITURGIA DELLA PAROLA

Parola di Dio Parola del Signore Gesù è la Parola vivente del Padre: "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio...". (Gv. 1,1). Nella Rivelazione biblica - la Sacra Scrittura - il Verbo eterno si è fatto linguaggio umano, e per mezzo di esso Dio ha parlato e continuamente parla all'umanità. Il Verbo, poi, "si è fatto Carne e venne ad abitare in mezzo a noi", e immolandosi sulla croce è diventato salvezza e redenzione dell'uomo. L'uomo, dunque, è chiamato a vivere della Parola e della Carne del Figlio di Dio: Parola e Sacramento. Le due realtà hanno tra loro un legame inscindibile e nella Liturgia della Chiesa le trovi sempre presenti. Anche nella Messa ti viene imbandita la mensa della Parola di Dio e la mensa del corpo di Cristo; e, come è avvenuto nella storia della salvezza, la Liturgia della Parola prepara e conduce alla Liturgia del Sacramento. Perciò, la proclamazione e l'ascolto della Parola di Dio hanno somma importanza nella celebrazione eucaristica e sono parte essenziale del precetto domenicale. Quando in chiesa si legge la Sacra Scrittura, è Dio stesso che parla al suo popolo: Parola di Dio, è Gesù stesso che annuncia il suo Vangelo: Parola del Signore. Come vedi, ancora una volta la Liturgia annulla secoli di distanza fra noi e Cristo; egli continua così la sua presenza nel mondo e raggiunge con il suo Vangelo tutti gli uomini, in ogni luogo e in ogni tempo.

Ascolto L'atteggiamento fondamentale che il cristiano deve tenere durante la Liturgia della Parola è l'ascolto. Si ascolta seduti per esprimere la disponibilità ad accogliere la verità di Dio e a meditarla nel nostro cuore. Perciò l'ascolto esige silenzio e attenzione. Non si tratta di un silenzio solo esteriore (evitare ogni rumore, ogni spostamento nella chiesa, la distrazione di guardare altrove...), è il silenzio delle tue opinioni personali, del tuo atteggiamento critico, del tuo scetticismo, il silenzio di tante reazioni umane che alimentano pensieri inutili e inopportuni; un silenzio-attenzione, dunque, che non è inerzia, passività o torpore ma ad-tensione, un moto amoroso dell'anima verso Dio che ti parla, l'umile dischiudersi dell'intelletto verso la Luce che viene a illuminare la tua coscienza. E', dunque, un ascolto meditativo, molto simile alla preghiera, e di preghiera dobbiamo nutrirlo per ottenere dal Signore "orecchi per intendere". Perciò, la Chiesa fa seguire alla lettura una preghiera salmodica, tratta dal libro dei Salmi, nella quale si sviluppa sotto forma di invocazioni e di suppliche il tema proposto dalla lettura. E' appunto il Salmo responsoriale che trasforma il tuo ascolto in un'intima ed umile risposta di preghiera. 51

Proclamazione del Vangelo Il momento culminante della Liturgia della Parola è la proclamazione del Vangelo. Essa viene accompagnata da segni particolari di venerazione da parte del sacerdote: una preghiera prima della lettura, l'inchino, l'incensazione del libro sacro, il bacio del testo, infine l’atteggiamento dell'assemblea che ascolta la lettura in piedi. In piedi per esprimere consapevolezza: colui che parla è Cristo, Maestro e Signore, e "parla con autorità"; in piedi per esprimere convinzione: vogliamo accogliere responsabilmente il Vangelo che ci viene annunciato; in piedi, perché vogliamo esprimere la decisione di conformare la nostra vita alla Parola che ascoltiamo, pronti a professarla con la bocca, a testimoniarla con l'esempio, a difenderla con coraggio e senza tentennamenti. Perciò tracciamo il segno della croce sulla fronte, sulle labbra e sul petto: Cristo nella mente, nelle opere, nel cuore.

Omelia: atto ministeriale Avviene di frequente che i testi delle letture non siano di facile comprensione. D'altra parte tutta la Parola di Dio, quella scritta (la Bibbia) e quella trasmessa (la Tradizione), è stata affidata alla Chiesa che, sola, può interpretarla infallibilmente e con autorità. Ecco allora l'Omelia (chiamata comunemente “la predica”): in essa il sacerdote, ispirandosi al Magistero e ai Padri della Chiesa, e anche agli autori spirituali da essa approvati, ci aiuta a penetrare la Parola di Dio, a vederne i significati e le possibili applicazioni alla vita vissuta. L'omelia dunque, non è l'intervento dell'esperto per una spiegazione scientifica dei testi e nemmeno una generica esortazione fraterna; l'Omelia è un atto “ministeriale” - e come tale è riservato al solo sacerdote - e fa parte dell'azione liturgica. Ciò significa che, per mezzo di essa, il Signore comunica alla tua anima la grazia e la luce dello Spirito Santo, a nutrimento della tua fede.

Il momento dell umiltà Per il "ministero della Parola" il Signore ha voluto utilizzare strumenti umani, strumenti che, seppure "scelti", sono soggetti a limiti, debolezze e stanchezze. Può dunque capitarti di ascoltare la Parola di Dio attraverso uno strumento imperfetto, umanamente povero. C’è il pericolo allora che si faccia sentire dentro di te lo spirito critico negativo che ti porta all'impazienza, all'irritazione interiore o, peggio, al disprezzo, e ti faccia perdere il frutto della Parola di Dio. Ricordati invece che quello è il momento dell'umiltà e della preghiera. In ogni fiore, per quanto povero e disadorno, c'è sempre una stilla di nettare; l'umiltà ti aiuterà a trovarla e ne farai miele prezioso per la tua anima. Inoltre noi cristiani, proprio perché abbiamo a cuore la nostra formazione e la nostra perseveranza nella fede, dobbiamo pregare molto per i sacerdoti, perché siano possibilmente molto dotti e preparati e siano comunque molto santi; solo così la Parola ci arriverà integra, pulita e senza deformazioni.

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Il buon terreno per la Parola Dobbiamo tuttavia fare anche noi la nostra parte, e per quanto ci riguarda dobbiamo meditare la nota parabola del seminatore (Mt.13, 3-23); dobbiamo appunto esaminarci e vedere a quale terreno apparteniamo tra quelli descritti dal Signore. La semente, chiunque sia il seminatore, è sempre buona ed efficace perché è la Parola di Dio; cambia invece il terreno, cioè il nostro cuore. La mancanza di frutti dipende quasi sempre da noi, dalle nostre disposizioni interiori che non sono quelle volute da Dio. Guàrdati soprattutto dalla superficialità e dalle insinuazioni del Maligno che, stuzzicando il tuo orgoglio e il tuo spirito critico, vuole impedire alla Parola di arrivare alla tua anima. Pensa invece alla Madonna: il suo cuore umile e immacolato fu il terreno più disponibile e fecondo per il Verbo eterno del Padre. Essa lo accolse nel suo grembo verginale, ma prima lo accolse, per la fede, nella sua anima. E Gesù la proclamò beata: "Beato colui che ascolta la Parola di Dio e la mette in pratica". (Lc. 11,28)

Il Credo : un unica Fede La proclamazione della Parola di Dio ha lo scopo di suscitare in noi la fede, di fortificarla e di renderla più penetrante. La nostra risposta, proclamata solennemente, ritti in piedi, con la sincera adesione del nostro cuore, sarà, allora, una chiara professione di fede: ecco il Credo o Simbolo degli Apostoli. E' così chiamato perché esprime la fede della Chiesa fin dalle sue origini, fin dal tempo apostolico. Questa stessa fede, testimoniata da generazioni di fratelli nostri lungo venti secoli di storia intessuta di Martiri, di Dottori, di Vergini, di Santi, è quella che vogliamo professare noi, oggi. E' infatti su questa fede apostolica che si sviluppa la continuità della Chiesa nel tempo, ed è su questa fede che l'amore edifica l'unità dei credenti. Là dove, nella storia dei cristiani, ci si è allontanati dalla fede apostolica, si è interrotta la continuità della Chiesa, come s’interrompe la vita in un ramo troncato dall'albero. Questo del Credo è, dunque, un momento di intensa ecclesialità; con esso, non solo esprimi la tua adesione alla fede della Chiesa, ma anche, proclamandolo coralmente insieme a tanti fratelli, ti rendi conto che l'unità della Chiesa si edifica sulla verità, la verità dell'unica fede apostolica senza la quale non ci sarà nemmeno quell'unità nell'amore significata dalla partecipazione all'unico Pane e all'unico Calice del Signore. Se dunque è assurdo vedere offeso nella vita di ogni giorno per rivalità, egoismo, indifferenza o incomprensione, l'amore affermato nella partecipazione all'unica Cena del Signore, è altrettanto assurdo e triste e doloroso vedere lacerata nel pensiero, nella dottrina e perfino nell'insegnamento, quella fede dell'unico Credo proclamata con gli stessi fratelli davanti alla Parola di Dio. Quanto a noi, ci conceda il Signore di essere coerenti con la fede che abbiamo professato, di affermarla con la vita e con la parola, senza cedimenti, senza rispetti umani, senza ridicole vergogne.

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La Liturgia della Parola si chiude con la preghiera dei fedeli o preghiera universale, che vuol essere appunto espressione della cattolicità della Chiesa. E' infatti una preghiera di intercessione nella quale il popolo di Dio eleva suppliche al Padre facendosi carico delle necessità della Chiesa universale, della comunità locale e del mondo intero.

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LITURGIA EUCARISTICA

Nel Nome e nella Persona di Cristo La Liturgia della Parola non è mai fine a sé stessa; ha lo scopo di risvegliare in noi la fede, perché il nostro cuore si apra all'incontro con Cristo che si dona a noi come Redentore. E' quanto avviene nella Liturgia Eucaristica. Essa costituisce la parte propriamente sacrificale della Messa. Ha natura e valore sacramentale: è infatti il "mirabile sacramento del Corpo e del Sangue di nostro Signore Gesù Cristo" offerto in sacrificio per la salvezza del mondo. In altre parole, sotto i segni sacramentali del pane e del vino si rende realmente presente sull’altare mediante le parole del sacerdote - che sono le parole stesse di Gesù - il sacrificio redentore che Cristo ha compiuto sulla croce. Perciò la Messa è chiamata dai Padri greci il "Sacramento dei Sacramenti". Il sacerdote stesso assume, ora, un ruolo prevalentemente ministeriale: è soprattutto "ministro di Cristo", agisce cioè nel "Nome" e nella "Persona" di Cristo. Anche l'azione si sposta dall'ambone all'altare mentre il rito si identifica quasi completamente con ciò che Gesù ha compiuto nell'ultima Cena. E la fede suscitata in noi dalla Parola di Dio si fa stupore, desiderio, amore.

...nella notte in cui venne tradito La Liturgia eucaristica si compone di tre momenti: preparazione delle offerte, consacrazione, comunione. Questi tre momenti ricalcano ritualmente i gesti e le parole compiuti da Gesù nel cenacolo durante la Cena pasquale: " Egli prese il pane (il calice) nelle sue mani sante e venerabili ( = preparazione delle offerte), rese grazie con la preghiera di benedizione... e disse: "Questo è il mio corpo sacrificato... Questo è il mio sangue versato per voi (= Consacrazione), ... spezzato il pane, lo distribuì dicendo: "Prendete e mangiate... (= Comunione). Intorno al tavolo dell'ultima Cena gli apostoli, smarriti, in preda alla commozione e allo stupore, non hanno compreso il mistero che si stava compiendo sotto i loro occhi; capiranno più tardi, quando lo Spirito Santo aprirà la loro intelligenza e il loro cuore su quanto "hanno visto e udito". Ricorderanno anche le parole di Gesù: "Fate questo in memoria di me". Come gli apostoli, anche noi rinnoviamo, oggi, ciò che Gesù fece "nella notte in cui venne tradito". E ci rendiamo conto che davanti a tanto Mistero, non ci bastano la fede, l'umiltà e l'amore.

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Preparazione delle offerte La preparazione delle "offerte" prende il nome di offertorio. Il rito è compiuto dal sacerdote con l'aiuto del ministro, ma vi partecipa anche l'assemblea con un suo gesto offertoriale. Le offerte preparate dal sacerdote sono il pane e il vino che costituiscono la “materia” del sacrificio; i doni portati dall'assemblea sono primizie, prodotti del lavoro o donativi di vario genere, talvolta recati processionalmente all'altare. Normalmente vengono sostituiti da un’offerta ("elemosina") che viene raccolta tra i fedeli. Questi doni, e la tua stessa elemosina, vogliono essere il segno visibile della tua partecipazione alla "materia" del sacrificio. Perciò dovrebbero essere, innanzitutto, espressione della tua magnanimità e nobiltà di sentimenti verso il Signore. Pensa agli aromi copiosi comperati dalle donne per la sepoltura di Gesù e alla sindone di candido lino per avvolgere il suo corpo crocifisso acquistata da Giuseppe d'Arimatea; pensa ancora al vaso di "olio profumato di vero nardo, assai prezioso", versato da Maria sui piedi del Signore. Sono gesti di squisita generosità e di delicato amore che hanno commosso Gesù e, forse, fanno arrossire noi che diamo gli spiccioli o ciò che avanza dalle nostre comodità. In secondo luogo, la tua offerta dovrebbe significare i tuoi doni spirituali: il tuo lavoro, le tue fatiche, le tue gioie, i tuoi successi e le tue sconfitte, soprattutto i tuoi propositi di santità e di opere buone a servizio della Chiesa e dei tuoi fratelli, specialmente dei più poveri e dei più lontani.

I fini della Messa: Nel preparare il vino, il sacerdote aggiunge nel calice alcune gocce d'acqua dicendo sommessamente una preghiera; quelle gocce esprimono l'unione della natura umana con la natura divina in Cristo. Qui, nella Messa, esse indicano anche l’unione delle nostre intenzioni con quelle di Gesù nel suo sacrificio sul Calvario. Anzi, di più: esse esprimono la tua partecipazione all’offerta del Sacrificio. Offrire sacrifici è da sempre un atto sacerdotale. Offrire la Messa è un atto proprio del sacerdote-ministro, ma anche tu puoi partecipare all’offerta in forza della tua partecipazione al sacerdozio di Cristo. Il battesimo infatti, inserendoti nella Chiesa, Corpo mistico di Cristo – un Corpo sacerdotale -, ti ha abilitato ad offrire, in unione alla Vittima pura, santa e immacolata, anche te stesso e tutta la tua esistenza. Il tuo sacerdozio battesimale ti ha costituito sacerdote della tua vita e del tuo lavoro. “Ogni giorno, affermava San Josemaria Escrivà, il cristiano,identificato con Cristo dalla grazia, è in grado di ripetere al Signore, riferendosi alle occupazioni della giornata, le parole che il sacerdote gli rivolge durante la celebrazione della S. Messa: “Ti sia gradito il nostro sacrificio che oggi si compie dinanzi a te”. Quelle gocce d’acqua che il sacerdote aggiunge al vino, oltre a significare la tua partecipazione all’offerta del Sacrificio, indicano anche la tua unione alle intenzioni di Cristo sulla Croce.

1)

l adorazione

La prima intenzione che portò Gesù sulla croce, e che rappresenta il fine primario del sacrificio del Calvario, è l’adorazione, cioè il riconoscimento della trascendenza di 56

Dio, della sua signoria e della gloria che a lui compete come Creatore e Signore. Non dimenticare che l’adorazione è l’atteggiamento proprio della creatura, e in noi, creature che hanno il dono dell’intelletto e della libertà, l’adorazione si configura come umile e sincero riconoscimento della sovranità di Dio e della nostra dipendenza da lui. Nota che in questa nostra dipendenza da Dio sta la verità del nostro essere, e perciò l’accettazione di essa è il gesto più nobile e intelligente della nostra libertà e quindi altamente promozionale della dignità della nostra persona. Ti ricordo anche che nel paradiso terrestre, accanto all’albero della Conoscenza del bene e del male che ricordava ai progenitori la trascendenza e la signoria di Dio, il Signore aveva posto, al centro dell’Eden, l’albero della Vita che ricordava loro la vita divina (la Grazia) che avevano ricevuto in dono e che li costituiva figli. In altre parole, Dio voleva che la sua infinita trascendenza non fosse sentita dall’uomo come una schiacciante superiorità che incombeva su di lui, sul suo essere creatura, ma come elevazione della sua creaturalità che lo portasse ad adorare Dio con l’amorosa e fiduciosa obbedienza di un figlio. Purtroppo i nostri progenitori non hanno avuto fiducia in Dio, hanno rifiutato di riconoscerlo come Creatore e Signore e gli hanno negato l’umile obbedienza che gli dovevano come creature e figli. Le conseguenze furono disastrose e sono costantemente sotto i nostri occhi, perché il rifiuto di Dio è un tentato suicidio dell’uomo. Ebbene, Gesù sulla croce ristituisce a Dio l’adorazione che noi gli abbiamo negato, adorazione che si esprime come atto di filiale obbedienza al Padre al quale si consegna in totale oblazione di sé. La vera partecipazione alla Messa implica il far proprio questo atteggiamento di Gesù. Perciò anche tu unisciti al Signore, e dall’intimo del tuo cuore rivolgi a Dio sentimenti di adorazione: Mio Dio, mio creatore e signore, io ti adoro! con l’intenzione di mettere il Signore al primo posto nella tua vita. Del resto, è ciò che ci chiede il primo comandamento: Sono io, il Signore, il tuo Dio. Non metterai dunque altre divinità nella tua vita. Mettere Dio al primo posto, e noi al nostro posto di creature per servirlo come figli: ecco ciò che veniamo a fare partecipando al Sacrificio della Messa.

1) il ringraziamento Riconoscere che Dio è il nostro Creatore è riconoscere che il nostro essere è un dono; è dono la nostra esistenza,la nostra vita e tutto ciò che ci circonda. Dio non ha creato il mondo per necessità, o per interesse, o per vanità. Dio ha creato per rendere felici della sua felicità altre creature: Dio ha creato per amore. Tutto ciò che esiste è dono d’amore. L’adorazione porta dunque al ringraziamento. Dobbiamo ringraziare Dio di averci creati e di averci dato con l’esistenza gli innumerevoli benefici che accompagnano la nostra vita. L’offerta totale di noi stessi è il modo più giusto per rendere grazie. Gesù, offrendo sé stesso sulla croce, si è fatto voce di tutta l’umanità che esprime al Padre il ringraziamento per aver reso possibile con l’Incarnazione del Verbo la redenzione di tutte le sue creature. “Eucaristia” significa appunto “rendimento di grazie”, e nella liturgia eucaristica ricorrono numerose espressioni di ringraziamento a Dio Padre, che fanno della Messa l’atto di ringraziamento più solenne e perfetto: “…ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale”. Ma soprattutto è nel Prefazio che troviamo l’espressione più completa di ringraziamento: “E’ veramente cosa buona e 57

giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Padre santo, per (mezzo) di Gesù Cristo, tuo dilettissimo Figlio”. Come vedi, rendere grazie a Dio non è soltanto giusto e un nostro preciso dovere, ma anche fonte di salvezza. Nella S. Messa rendiamo grazie a Dio per averci dato Gesù Cristo come salvatore. Il suo sacrificio sulla croce, che ora si rende presente sull’altare, è stato per noi fonte di salvezza. Perciò il rendergli grazie è come accogliere in noi il dono della salvezza.

3)

la propriziazione

Il primo aspetto della salvezza consiste nella remissione dei peccati. La remissione comprende il perdono della colpa e l’espiazione soddisfatoria della pena. Sappiamo che ogni peccato comporta una colpa in quanto è offesa di Dio, e comporta una pena in quanto reca un danno non solo alla nostra anima, ma anche alla famiglia, alla Chiesa e in definitiva all’umanità intera in quanto ostacola il disegno di Dio nel mondo. Ora, procurare un danno è come contrarre un debito, e i debiti bisogna pagarli. Succede però che noi, peccatori e creature limitate, non siamo in grado né di ottenere il perdono né di espiare sufficientemente la pena per nostri peccati. Siamo davanti a Dio come debitori insolventi che non hanno di che pagare. La colpa infatti, in quanto offesa di Dio, ha un qualcosa di infinito, e il danno procurato dai nostri peccati supera enormemente le nostre possibilità di riparazione. Ecco dunque in che cosa consiste il valore propiziatorio ed espiatorio del Sacrificio di Cristo. Vero Dio: il suo Sacrificio ha un valore infinito e copre infinitamente la colpe degli uomini pagandone abbondantemente i debiti; vero uomo, si è fatto solidale con l’umanità peccatrice, e ha reso possibile che a pagare fossimo noi uomini. Questa verità faceva vibrare di commozione S. Paolo che scriveva ai Romani: “Dove abbondò la colpa sovrabbondò la Grazia e la misericordia”. Anche tu, renditi conto della grande bontà di Dio verso di noi! Vedi come Dio non umilia mai l’uomo, e consegnandoci il suo Figlio crocifisso mette nelle nostre mani di peccatori insolvibili il prezzo del nostro riscatto. Pensaci con gratitudine d’amore quando sentirai le parole del sacerdote: “Questo è il calice del mio sangue sparso per voi in remissione dei peccati”. Questo dunque vieni a fare in chiesa quando partecipi alla Messa domenicale, vieni a ricevere il perdono dei tuoi peccati e a pagare i tuoi debiti con Dio.

4) l'impetrazione, L’altro aspetto della salvezza consiste nella possibilità a ricevere tutte le grazie e gli aiuti necesasari per mantenerci fedeli a Dio e giungere alla vita eterna. Gesù, col suo Sacrificio sul Calvario, ci ha ottenuto questo infinito tesoro di grazia e di misericordia, tesoro che nella S. Messa viene messo a nostra disposizione. Attraverso la Messa, le braccia di Gesù, aperte sulla croce, continuano ad essere, lungo i secoli, la “Grande Preghiera” d’intercessione che sale dalla terra al Padre per impetrare da lui ogni grazia e ogni dono per l’intera umanità. Nessuna preghiera umana può avere la forza della preghiera di Cristo; anzi, ormai ogni nostra preghiera, perché arrivi in cielo, dobbiamo affidarla alle mani piagate del Sommo ed Eterno Sacerdote che, pur assiso alla destra di Dio, si fa presente sui nostri altari e intercede per noi. 58

Ebbene, quando vieni a Messa è come se tu prendessi nelle tue mani Cristo crocifisso e lo presentassi al Padre, convinto che egli, per amore del suo Figlio, non ti negherà nulla. Ma per fare questo, abbiamo bisogno della fede umile e pura di chi si affida a Dio con la fiducia dei piccoli. Come vedi, è sempre un problema di fede, e per questo dobbiamo curare la nostra preparazione.alla S. Messa e partecipare con sincera devozione all’atto penitenziale e alla liturgia della Parola.

La preghiera sulle offerte Riprendiamo il rito dell’Offertorio. Il sacerdote ha già messo alcune gocce d’acqua nel calice del vino. Quelle poche gocce diventeranno anch’esse il Sangue di Cristo e parteciperanno al valore infinito del Sacrificio della croce. Come dire che le tue offerte: lavoro, preghiera, sacrifici ..., come quelle gocce, da sole valgono ben poco, sono ben poca cosa, ma quando tu le immergi nel Sangue prezioso di Gesù, cioè le unisci, nella Messa, al Sacrificio eucaristico, parteciperanno al suo valore infinito e diventeranno infinitamente preziose agli occhi di Dio. Così la Messa diventa memoriale anche del mistero dell'Incarnazione. In essa la nostra natura umana, significata dalle gocce d'acqua, viene unita alla natura divina del Verbo, significata dal vino, e ne diventa ineffabilmente partecipe. Il gesto del celebrante ti ricorda che per mezzo di Gesù sei diventato figlio di Dio e che tutta la tua vita deve diventare qualcosa di divino. Vedi con quali sentimenti dobbiamo seguire i gesti del Sacerdote! Risponderemo perciò al suo invito: "Pregate, o fratelli!", unendoci alla "Preghiera sulle offerte" che egli proclama a conclusione dell'offertorio. Questa preghiera, come quella iniziale (Colletta) e quella finale dopo la Comunione, sono le tre orazioni sacerdotali "presidenziali", cioè le preghiere nelle quali il sacerdote si rivolge a Dio a nome di tutto il popolo, con tono solenne e con le braccia distese nel tipico atteggiamento dell'orante. Puoi approfittare di questo momento per affidare al Signore altre intenzioni che hai annotate nel tuo piccolo calendario personale: si tratta di persone che ti stanno a cuore e che ti sono state affidate o di anniversari che riguardano te o la tua famiglia.

La “Preghiera eucaristica” La Liturgia prosegue con la Preghiera eucaristica. E’ la preghiera consacratoria, il “cuore” della Messa. Ora la tua attenzione si farà più viva, il tuo raccoglimento più profondo, la tua anima si immergerà nel silenzio e nell'adorazione. La preghiera è preceduta dal "Prefazio", inno di lode alla potenza e alla misericordia di Dio Padre al quale rendiamo grazie per la salvezza da lui compiuta per mezzo di Gesù. E' un inno solenne pervaso da gioia esultante che esplode nel "Trisagio" finale - il "Tre-volte-Santo" - rivolto alla Santissima Trinità. Lo cantano il sacerdote e l'assemblea, ma lo canta anche la Chiesa celeste cui fanno eco tutte le creature dell'universo. Non puoi restare estraneo a questo immenso "Osanna!" che sale fino nell'alto dei Cieli! Inizia così la Preghiera eucaristica propriamente detta. Attualmente la Liturgia ci offre una varietà di Preghiere eucaristiche intonate ai diversi aspetti del mistero cristiano. Tuttavia in tutte possiamo distinguere tre parti o tre momenti che costituiscono la 59

struttura permanente e stabile del rito sacramentale e, sia pure con parole e accentuazioni diverse, esprimono l’essenza della liturgia eucaristica. Tu cerca di coglierne lo spirito e seguire con devota attenzione ciò che si svolge sull’altare.

1) Invocazione sulle offerte ("epìclesis"). - Questo primo momento precede immediatamente la consacrazione Consta di una preghiera solenne nella quale il sacerdote si rivolge a Dio Padre per appellarsi alla sua volontà e al suo disegno di salvezza per tutti gli uomini, e dal gesto, sempre del sacerdote, che stende le mani sul pane e sul vino invocando la potenza dello Spirito Santo. La "imposizione delle mani" è il gesto che la Chiesa ha sempre usato per invocare l'effusione dello Spirito. In ogni sacramento, infatti, attraverso la Chiesa opera lo Spirito Santo. Così nell'Eucaristia, è Lui che compie il grande miracolo della "Transustanziazione", cioè "la conversione misteriosa e ineffabile ma reale di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del Sangue di Cristo". (Concilio di Trento). E' lui, lo Spirito Santo, che fa delle parole del sacerdote, le parole di Gesù stesso e conferisce loro la medesima forza divina che esse hanno avuto sulle labbra di Gesù nell'ultima Cena. E' un momento stupendo e commovente che ti ricorda quello dell'Annunciazione. Come lo Spirito Santo fece sbocciare, allora, il Corpo adorabile di Gesù nel grembo verginale di Maria, così, ora, rende presente realmente lo stesso Corpo amabilissimo, piagato e crocifisso, nelle mani consacrate del sacerdote. Come possono trovare posto sciocche distrazioni o vani pensieri in un momento così intenso? Una consuetudine vuole che l'inserviente segnali con un tocco di campanello il gesto sacerdotale dell'imposizione delle mani sulle offerte; è un richiamo alla fede e al raccoglimento. Tu, umilmente chinato in ginocchio, piegherai anche i sensi alla devozione; la fantasia stessa seguirà i passi del cuore e ti porterà sul Calvario accanto alla Madonna, a Maria di Magdala, al discepolo amato, oppure nel Cenacolo, vicino a Pietro, a Giacomo, a Giovanni e agli altri..., o forse ti mostrerà il Cielo dove, alla Destra del Padre, la Vittima divina intercede per noi..., oppure, semplicemente, se ne starà silenziosa e attenta a contemplare l'altare dove, accanto al sacerdote, c'è Maria e Giuseppe e gli Angeli.... 2) La Consacrazione. E' il momento culminante della Messa, il momento del grande miracolo davanti al quale tutto il Cielo sta attonito in adorazione. Eppure, nulla traspare agli occhi e ai sensi. Tutto è racchiuso nella più assoluta semplicità dei gesti e delle parole consacratorie. L'unica nota singolare è il modo con cui il sacerdote pronuncia quelle parole, un modo non narrativo come se si trattasse di un racconto, ma celebrativo perché sono parole sacramentali che attualizzano - "celebrano" - in quel momento il mistero di Cristo crocifisso e risorto. Il sacerdote, che in quel momento è ipse Christus, lo stesso Cristo, impresta a Gesù la sua voce e la sua persona, e le parole che pronuncia sono le stesse parole di Gesù: Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi. – Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. E ogni volta egli genuflette in profonda adorazione, poi ti mostra il Pane consacrato e il calice elevandoli in alto perché li possa vedere e adorare anche tu. E forse ti sfuggirà dal cuore, senza rumore di parole, l’ardente e umile adorazione dell’apostolo Tommaso: "Signore mio e Dio mio!". 60

Alla fine il sacerdote ti ricorda che questo è il momento della fede: Misterium Fidei!, e tu con la fede viva della Chiesa risponderai, devotamente, con tutta l'assemblea: "Annunciamo la tua morte, o Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta!". E ora, pensa sotto quale povertà di segni si annulla la grandezza di Dio! San Paolo chiama Kénosi (= annientamento) l'Incarnazione del Verbo nella nostra natura passibile e caduca, e aggiunge che la Kénosi si consuma sul Calvario quando la potenza infinita del Figlio di Dio si eclissa nella umiliante sconfitta della croce. Ma qui, nel silenzio sconcertante di poveri segni sacramentali, l'umiliazione del Figlio di Dio tocca il fondo: più dato, più consegnato di così il Signore non poteva farsi. E comprendi che è davvero il momento della fede:"Adoro te devote, latens Deitas!... Ti adoro devotamente, o Dio nascosto!... che in così poveri segni ti fai realmente presente, col tuo corpo, col tuo sangue, con la tua anima, con la tua divinità..., e viene meno il mio cuore! "totum déficit!" La nostra fede, dunque, di fronte all’umiltà di Dio. Ma vorrei anche che tu riflettessi su un altro significato straordinariamente fecondo per la nostra vita di cristiani, profeticamente presente nel gesto del sacerdote che innalza l’Ostia e il Calice dopo la consacrazione. Un giorno, - il 7 agosto 1931, nella festa posticipata della Trasfigurazione del Signore -, San Josemaria Escivà, nel momento di innalzare l’Ostia consacrata, udì “con forza e chiarezza straordinarie” nella sua anima la frase di Gesù riportata nel vangelo di Giovanni: Quando sarò innalzato da terra attirerò tutto a me! In quel momento, nella mente del Fondatore dell’Opus Dei, le parole di Gesù s’illuminarono di una luce tutta nuova: “…compresi che saranno gli uomini e le donne di Dio a innalzare la Croce con la dottrina di Cristo sul pinnacolo di tutte le attività umane…”. Come dire che ogni cristiano che vive nel mondo e partecipa alle vicende degli uomini è chiamato a ricondurre a Dio, attraverso la Croce, tutte le realtà create collocando Cristo crocifisso alla sommità di tutte le attività umane. La Croce al vertice di tutte le imprese umane, la Croce di Cristo nelle viscere della società. Ti rendi conto, ora, del senso profetico che si nasconde nel gesto del celebrante al momento della consacrazione; non si tratta soltanto di mostrarti l’Ostia consacrata perché tu la veda, quel gesto ti ricorda la tua missione di testimone della Croce di Cristo davanti agli uomini, cioè il significato santificatore e salvifico che ha la tua presenza di cristiano nel mondo. Tu guardi quell’Ostia innalzata sull’altare, ma da quell’Ostia Gesù crocifisso guarda a te e ti chiede di portarlo in tutti gli ambienti dove scorre la tua vita quotidiana e la vita degli uomini tuoi fratelli. In altre parole, il Signore fece vedere a San Josemaria il valore di responsabilità apostolica che è inerente alla nostra partecipazione al Sacrificio di Cristo, e l’unità profonda che deve esistere tra la nostra vita quotidiana e l’Eucaristia alla quale partecipiamo.

3) Memoria (Anàmnesi). Il terzo momento della Preghiera eucaristica, quello che segue alla Consacrazione, fa “memoria” della Morte, della Resurrezione e del ritorno glorioso del Signore. Ora tutta l’attenzione va al mistero della presenza ineffabile della Vittima divina sull'altare, quella vittima innocente che, in Cielo, è diventata il nostro grande Intercessore. Dopo il momento della fede, è ora il momento della speranza: il Cristo immolato che teniamo tra le mani è la nostra forza davanti al Padre. Tutto possiamo chiedergli, perché in Cristo tutto Egli ci ha donato.

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I segni sacramentali del Pane e del Vino, - che ormai sono solo apparenze ("Species") perché la loro realtà sostanziale è costituita dal Corpo e Sangue di Gesù Cristo - in quanto sono segni separati indicano efficacemente la morte di Gesù. Anche le parole della consacrazione parlano di "Corpo dato" (sacrificato), e di "Sangue versato", esprimendo così la realtà del sacrificio di Cristo; lo esprimono efficacemente, cioè lo "significano" e lo fanno "realmente presente". Questa “anàmnesi” (o memoria) che si fa nella Preghiera Eucaristica non è dunque un semplice ricordo, il semplice richiamo a un evento passato, ma un vero “memoriale”, cioè la celebrazione di un fatto che è “mistero”, anzi “Il Mistero” per eccellenza, cioè l’intervento salvifico e determinante di Dio in Cristo, compiuto nel tempo e che si fa presente qui e adesso per te e per tutti. Gesù, dunque, è presente sull'altare in stato di vittima, quella stessa che sulla croce ha sparso il suo sangue per noi; soltanto sono diversi il modo e lo stato: il modo è incruento (senza spargimento di sangue) e lo stato è quello di Vittima gloriosa. Infatti, Gesù è ora in Cielo, risorto e glorificato; tale dunque è anche la sua presenza sull'altare. Perciò la Preghiera eucaristica non ha mai un tono dolente e triste, ma pasquale, cioè gioioso ed eucaristico, di rendimento di grazie appunto, perché la Vittima che ha vinto la morte è stata glorificata. L'Umanità santissima di Gesù, "Vittima vivente e santa", è ora assisa alla destra del Padre e porta i segni gloriosi della Passione; le sue mani piagate e il suo cuore trafitto gridano per noi, notte e giorno, verso la Trinità Santissima per intercedere misericordia e salvezza. Perciò, la Liturgia si rivolge al Padre chiedendo che la Vittima divina che teniamo tra le mani "sia portata sull'altare del cielo, davanti alla sua maestà divina" e, insieme, che egli "rivolga il suo sguardo sereno e benigno" sul suo popolo santo, sui Pastori del suo gregge, sui fedeli presenti e su quelli uniti spiritualmente alla sua Chiesa, sul mondo e sull'umanità intera. E ancora, non poteva mancare il ricordo dei fedeli defunti. Per loro, infatti, il popolo cristiano ha sempre visto nel santo Sacrificio dell'altare il suffragio più prezioso ed efficace e l'aiuto spirituale più vero. Infine, unitamente a questa grande intercessione di Cristo, la Liturgia invoca quella della Vergine Maria, degli Apostoli e di tutti i santi: tutta la Chiesa del Cielo è raccolta intorno a Cristo e intercede per la Chiesa ancora pellegrina sulla terra e per la Chiesa che attende di purificarsi in Purgatorio. La Preghiera eucaristica si chiude con un rito di particolare rilevanza liturgica per il valore e il significato che esso riveste: la "piccola elevazione", detta propriamente "dossologia finale". Levando in alto l'Ostia e il Calice, il sacerdote (solo lui e non i fedeli) proclama con tono solenne che: "Per Cristo, con Cristo e in Cristo" va alla Trinità santissima ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. A questa conclusione così solenne e grandiosa corrisponde il nostro “Amen”, che nelle antiche basiliche veniva proclamato all’unisono con voce possente da tutta l’assemblea. E in effetti è l’Amen più importante di tutta la celebrazione, perché esprime la nostra adesione di fede e di commossa gratitudine a tutto ciò che si è celebrato nella Preghiera eucaristica, cioé le meraviglie che Dio ha compiuto per l’uomo attraverso Cristo. Ancora una volta la Liturgia ci ricorda che Cristo è il centro di tutta la creazione e di tutta la storia umana; in Lui Dio volle “ricapitolare tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra”. Innalzando verso il cielo il Pane e il Vino, cioé il Cristo immolato sulla croce, il sacerdote proclama solennemente che tutto nel mondo deve essere orientato alla gloria di Dio. La Gloria di Dio: in questo sta tutto il senso della nostra esistenza sulla terra. Se ci pensi bene, ti accorgerai che, forse, devi rettificare completamente la tua vita.

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La Comunione Eucaristica Dopo il momento della fede e della speranza, è ora il momento dell'amore. Di quell'Amore di cui scrisse il discepolo prediletto del Signore: "... in finem dilexit", ci amò fino in fondo, di quell'Amore oltre ogni possibilità, di cui è capace solo Dio. Nella Comunione, che è solo e puro dono, il Dono totale, Gesù si fa mangiare per trasformarci in Lui. Egli infatti possiede la stessa vita del Padre e, donandosi a noi, ci fa dono della vita divina che è in lui. "Come il Padre ha la vita... e io vivo per il Padre, così chi mangia me vivrà per me" (Gv. 6,57). Il Signore non poteva darci di più, perché non c'è niente più grande di lui. Non c'è amore sulla terra che possa fare altrettanto. E' un mistero senza confini e devi chiederti se te ne rendi conto. Sei davvero convinto che Dio ti ama fino in fondo? Molti si tengono lontani dall'Eucaristia perché non credono all'amore di Dio. Tu invece, làsciati amare da Cristo, làsciati portare da lui fino alle altezze di Dio. Frequentando Cristo acquisterai un senso nuovo, divino, di tutte le cose, comprenderai che non è possibile tornare alle bassezze e alle cose vergognose del mondo quando si è stati in comunione così intima e sublime con Lui! E tuttavia nessun sentimento di indegnità dovrà trattenerti o impedirti di andare a riceverlo perché né meriti né virtù possono farti degno di questo dono: Domine, non sum dignus! Signore, non sono degno...; il tuo è puro amore, soltanto amore, amore gratuito, dolcissimo, indicibile!

Le nostre disposizioni Da parte nostra deve, invece, corrispondere il fermo proposito di non ricevere mai il Signore indegnamente, e di trattarlo bene. Ricorda il tradizionale insegnamento della Chiesa: per fare una buona Comunione occorre essere in grazia di Dio, sapere e pensare chi si va a ricevere ed osservare le norme del digiuno eucaristico. Essere in grazia di Dio: perciò, se occorre, purificare la nostra coscienza da ogni colpa grave (mortale) con una sincera Confessione sacramentale perché non è giusto far entrare il Signore in un'anima morta per il peccato; ripugnerebbe al Mistero Pasquale che viene celebrato nell’Eucaristia, e sarebbe in contraddizione con l'atto stesso che si compie. Scrive San paolo ai cristiani di Corinto: "Ogni volta che mangiate di questo Pane e bevete di questo Calice voi annunciate la morte del Signore finché egli venga. Perciò, chiunque mangia il Pane e beve il Calice del Signore indegnamente sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore".(1 Cor.11, 26-29). Sarebbe una tragica contraddizione se diventasse nostra condanna Colui che si è immolato per la nostra salvezza. Sapere e pensare..: cioè trattarlo bene. Non basta sapere; dopo quanto abbiamo detto fin qui, lo sai bene chi vai a ricevere; occorre “pensare”, occorre cioè riflettere con lo stupore della fede sulla grande fortuna che ti accade. Se tu fossi in procinto d’incontrarti con un personaggio famoso, con un grande della terra che vuole concederti il privilegio della sua amicizia o di qualche importante concessione, come ti sentiresti fortunato! E con quali disposizioni ti prepareresti a quell’incontro! Ora, qui, ti prepari a incontrare Colui che ti ha creato, che è il Signore del cielo e della terra, e che ti salvato e redento col suo sangue; Colui che la Sapienza, la Potenza, la Bontà infinita, e tuttavia ha 63

voluto farsi piccolo e umile perché tu lo potessi accogliere come amico, come fratello, come medico e salvatore della tua anima. Ti rendi conto allora quanta importanza hanno le nostre disposizioni interiori di fede, di umiltà e di devozione. Dovremmo fargli trovare, nel nostro cuore, una dimora accogliente, almeno come quella che trovava a Betania nella casa di Lazzaro con Marta e Maria. Ma soprattutto ti farai accompagnare dalla Madonna; il Figlio di Dio non trovò sulla terra una dimora più santa e accogliente di quel cuore verginale e immacolato!

Rito di riconciliazione Queste disposizioni, tuttavia, non sarebbero sincere e il Signore non potrebbe entrare in noi se trovasse il nostro cuore chiuso verso i fratelli. "Quando ti avvicini all'altare e ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te... va prima a riconciliarti con lui..." (Mt. 5,23). E' questa una condizione indispensabile per ricevere Colui che ha dato la vita per amore nostro. La comunione sacramentale suppone la comunione fraterna o almeno il desiderio sincero di realizzarla. Perciò la Liturgia premette, come preparazione alla Comunione sacramentale, alcuni gesti rituali che hanno lo scopo di far nascere nel cuore sentimenti di fraternità e di riconciliazione, in modo che diventino un cuor solo e un'anima sola coloro che spezzeranno l'unico Pane e parteciperanno all'unico Calice del Signore. A questo scopo mirano la preghiera del Padre nostro, il rito della pace e la Frazione del Pane. Quest'ultima ricorda il gesto di spezzare il pane compiuto da Gesù nell'ultima Cena, e ricorda anche il gesto tipico del padre di famiglia quando distribuisce il cibo ai figli riuniti intorno alla tavola. E' quindi un gesto che richiama alla fraternità, alla condivisione, a considerarci tutti "commensali" con Cristo.

Un solo corpo, un solo spirito Quanto alla preghiera, sappiamo che nulla, tanto meno l'amore fraterno, è realizzabile senza Gesù. Ora, lui stesso, presente sull'altare, ci guida nella preghiera per eccellenza, quella propria dei figli di Dio: il Padre nostro. Lo recitiamo in piedi, quasi per esprimere l'orgoglio santo di saperci figli del Padre che è nei Cieli, con voce chiara e all'unìsono, come se fossimo una sola persona, un'unica voce. E’ infatti la voce del Cristo totale: Cristo e il suo Corpo Mistico, la Chiesa. Solo allora il celebrante ci augura la pace. Non è un augurio vano, come quelli del mondo; nasce da una promessa di Gesù: "Vi do la mia pace, non come la dà il mondo io la do a voi..." (Gv.14,27), ed è accompagnato da una preghiera commovente rivolta a Colui che, Vittima di pace sulla croce, ci ha riconciliati col Padre e tra di noi. Pensa a queste cose, e il segno di pace che scambi con i tuoi fratelli non sarà allora una semplice "stretta di mano", spesso un po' fredda e formale, ma un richiamo ad una più generosa disponibilità verso i tuoi fratelli, e comunque, a deporre dal tuo animo ogni sentimento di superbia, di rivalità, di invidia, di gelosia, o peggio, di rancore o di rifiuto verso chiunque ti è prossimo nella vita di ogni giorno. Questa, di deporre ogni sentimento negativo e di riconciliarsi con il prossimo, è una cosa estremamente seria, sulla quale Gesù si è mostrato intransigente. Perciò, una moglie che ha ripudiato il marito, o un marito che ha ripudiato la moglie non potranno mai accostarsi alla Comunione, e così fratelli di una stessa famiglia che siano in guerra tra di loro, o colleghi di lavoro, coinquilini, cittadini in lotta tra loro e che non abbiano fatto 64

nulla per riconciliarsi, o almeno per liberare il cuore dai risentimenti col proposito di riparare e di ristabilire la fraternità non potranno aver parte con Cristo nel sacramento dell’Amore. Del resto, due non potranno rivolgersi a Dio chiamandolo Padre se non si sentono tra loro fratelli.

Domine, non sum dignus La Liturgia ci dispone, poi, alla comunione con le note invocazioni: "Agnello di Dio che togli i peccati del mondo...", e "Signore, non sono degno!...". Avessimo anche noi la stessa umile semplicità e la fede del centurione romano che strappò l'ammirazione (e anche il miracolo!) al Signore, e avessimo anche noi la sublime umiltà del Battista che, indicandoci Gesù, ci ricorda che "Egli deve crescere, io invece diminuire"; (Gv. 3,30) è necessario che il nostro io diminuisca perché cresca sempre più in noi Gesù; è questo il segno più sicuro che stiamo ricevendo il Signore degnamente e con frutto. Pensa allora come dovremmo desiderare la Comunione frequente, magari quotidiana, ricevuta con le disposizioni che la Chiesa ci suggerisce. E' il “Pane del cielo" che ci aiuta a percorrere il cammino della santità cristiana e ci porta, a poco a poco, alla nostra piena trasformazione in Cristo, fino a poter dire un giorno come San Paolo: "... Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me". (Gal. 2,20) Anche il sacerdote, nella breve preghiera prima della Comunione, dove non usa il "noi" della Liturgia, ma parla in prima persona, chiede al Signore di non venir mai meno alla sua personale unione con Lui: "Signore Gesù, ... per il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue…fa’ che io sia sempre fedele alla tua legge, e non sia mai separato da te".

Con passi d amore Dopo la comunione del sacerdote, i fedeli si avviano processionalmente verso l'altare. Anche tu, con passi d'amore, ti unirai agli altri senza distrarti per non sciupare momenti così belli e intensi. Ricorda le tante volte che, dal giorno della tua Prima Comunione, hai ricevuto questo dono; come allora, lascia posto nel tuo cuore al desiderio, all'attesa, alla gioia. Potrebbero farti eco nell'anima le struggenti parole del Salmo: "...Di te, Signore, ha sete l'anima mia, a te anela il mio cuore...; mi sazierò al tuo lauto convito e con voce di gioia ti loderà la mia bocca!". (Salmo 42) Lo svolgimento processionale del rito, oltre che segno escatologico - stiamo camminando verso il banchetto del cielo - è fortemente significativo del legame intimo che esiste fra l'amore di Dio e l'amore del prossimo. Circola anche oggi una sottile eresia laicista che vuole separare l'amore verso i fratelli dall'amore verso Cristo; non lasciarti ingannare, è una lacerazione assurda perché si tratta di un solo, unico amore: Amatevi come io vi ho amati. Nel tuo procedere, lento e raccolto, fianco a fianco di altri fratelli che ricevono con te lo stesso Corpo di Cristo, avverti che la comunione sacramentale suppone, sì, la comunione fraterna ma anche la crea e la realizza. Infatti, è la nostra personale unione a Cristo, come insegna la parabola della vite e dei tralci, che ci fa essere in lui "un solo corpo e un solo spirito". Un amore del prossimo che non nasca dall'amore di Cristo si ferma alla pura solidarietà, quando non diventa ingannevole sentimentalismo. Arrivato all'altare, riceverai con dignità e devozione l'Ostia Santa dalle mani del Sacerdote. Egli ti dirà, mostrandotela: "Il Corpo di Cristo". Tu, dopo aver risposto "Amen" - che è la tua professione di fede - aprirai la bocca o stenderai la mano. In 65

questo caso, porgerai la mano sinistra, ben distesa e non a forma di conca, con la mano destra raccoglierai l'Ostia con cura facendo attenzione a non strisciarla sulla mano perché non si stacchino frammenti che possono andare perduti, e la porterai alla bocca tenendo sempre la mano sinistra sotto il mento, e solo allora ti allontanerai dall'altare. Queste precauzioni portano a suggerire, soprattutto per i ragazzi, che spesso sono impulsivi e precipitosi, e per gli anziani, che non hanno più la mano tanto sicura, a ricevere la Comunione in bocca, come per tanti secoli ha praticato la Chiesa.

...dimora in me e io in Lui Tornato al tuo posto, portando dentro di te le Specie sacramentali, segno e luogo della presenza di Cristo, non sprecare i preziosi momenti che passi con lui perdendoti in espressioni generiche e impersonali; cerca una vera intimità con Gesù; fuggi l'anonimato, rivolgiti a lui in prima persona, senza timore o vergogna di dirgli che gli vuoi bene, che ti dispiace di averlo trattato con freddezza tante volte, che vuoi deciderti a servirlo con più fedeltà, e poi ... lascia parlare il tuo cuore che non può avere con lui alcun segreto. E se il tuo cuore non riesce a parlare perché freddo e pesante come una pietra, pensa alla Madonna, e poi, adagio, con la voce dell'anima, digli: "Signore, ti offro la purezza, l'umiltà e la devozione con cui ti ricevette la tua Santissima Madre... la fede e il fervore dei santi". E penserai a tante anime ferite d'amore: Agostino, Francesco d'Assisi, Tommaso d'Aquino, Teresa d'Avila, Caterina da Siena...; essi colmeranno il tuo vuoto e la tua freddezza, e quei pochi minuti di silenzio ti sembreranno (lo sono!) troppo fugaci e troppo brevi. Qualcuno ti dirà che tutto questo è sterile intimismo; non temere, sono persone che non capiscono né l'amore divino e nemmeno l'amore umano, soprattutto non capiscono quelle parole di Gesù: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui". (Gv. 6,56) La Liturgia eucaristica si conclude con la preghiera di ringraziamento dopo la comunione. E' la terza orazione presidenziale; in essa il sacerdote chiede a Dio che il sacrificio celebrato porti frutti efficaci e duraturi di salvezza a quanti vi hanno degnamente partecipato.

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CONCLUSIONE DEL RITO

Non avere fretta Tutta la Liturgia si chiude con un semplice rito di commiato che comprende la benedizione sul popolo e il saluto del sacerdote celebrante. L'assemblea si scioglie rispondendo: "Rendiamo grazie a Dio". Il ringraziamento liturgico di tutta l'assemblea potrebbe continuare nel tuo personale rendimento di grazie. Non avere fretta. Se puoi, fèrmati alcuni minuti per dire al Signore quanto hai apprezzato il dono grande che ti ha fatto. Ci sono bellissime preghiere di ringraziamento dopo la Comunione che la pietà cristiana ci ha tramandato nei secoli. Usale in modo da occupare tutto il tempo in cui il Signore rimane presente nei segni sacramentali che hai ricevuto. La Messa è terminata. Nella chiesa ormai vuota, dove è tornato il silenzio della Liturgia e già filtra il rumore abituale della vita di ogni giorno, ti sorprendi mentre stai ancora pensando a ciò che hai "visto e udito". Quando Mosè scese dal monte dopo essere stato alla presenza di Dio e in intimo colloquio con lui, la sua anima era trasfigurata e raggiante, e il suo volto pieno di luce. Ora, la Santa Messa è molto più del Sinai: è l'Eden, l'Oreb, il Golgota, il Monte Sion..., è l'insieme di tutti i luoghi dove Dio ha cercato l'uomo smarrito e perduto lungo i sentieri della miseria e del peccato, è la Montagna santa sulla quale Dio ha condotto la sua creatura per celebrare con lei la Pasqua della pace e della salvezza, preludio all'incontro nuziale che verrà celebrato nella Gerusalemme del Cielo. Perciò, uscendo dalla Messa, non puoi ritornare alla tua vicenda quotidiana con la stessa anima di prima; qualcosa di divino l'ha toccata, l'ha trasfigurata, l'ha fatta vibrare; non puoi, dunque, tornare alla vita di ogni giorno come se nulla fosse accaduto. Gli uomini, tuoi fratelli, che ritrovi nelle strade di sempre, dovrebbero accorgersi che hai vissuto momenti di comunione con Dio. E in verità, se attraverso il rito liturgico, ci immergiamo nel mistero dell'amore di Cristo celebrato nell'Eucaristia, il flusso divino della grazia accenderà la nostra anima che irradierà luce e calore su ogni realtà quotidiana; e prenderà forza in noi quella vita soprannaturale capace di aprire e orientare ogni lavoro, ogni fatica, ogni gioia, ogni fatto della vita ordinaria alla lode e alla gloria di Dio.

Unità di vita Sai come si chiama questa capacità di orientare a Dio tutte le tue attività? Si chiama “unità di vita”. Essa ha il suo fondamento nel fatto che ogni cosa creata viene da Dio e trova in Dio il suo perfetto compimento. In altre parole: Dio è il fine ultimo di 67

ogni cosa. “Fine ultimo”: perciò non un fine parziale, limitato, condizionato da altri fini; non un fine parallelo, accanto ad altre intenzioni; non un fine facoltativo o marginale, “se mi avanza tempo” o “se ne ho voglia”- e nemmeno un fine così “ultimo” da essere l’ultimo pensiero al quale dedicarti, magari alla fine della tua vita. Dio è la realtà più viva, più attuale, più presente in tutte le cose, presente soprattutto negli esseri come noi, fatti a sua immagine e somiglianza. Se poi consideri che Dio ha voluto donarci col Battesimo la sua stessa vita, “divinizzando” la nostra anima con la filiazione divina, puoi comprendere come per noi cristiani l’unità di vita si realizza a un livello più alto: il livello soprannaturale; dobbiamo vivere in ogni momento come figli di Dio. La nostra vita deve essere insieme umana e divina, precisamente come quella di Gesù. Puoi renderti conto di quanto sia “logica e naturale” una realtà così soprannaturale come l’unità di vita, se pensi che in noi non ci sono due persone o due anime. Perciò non abbiamo due intelligenze ma una sola, e così una sola volontà e un solo cuore. E come con l’unica intelligenza che hai pensi al tuo lavoro, alle persone care, ai tuoi programmi, così con la stessa intelligenza puoi pensare a Dio e metterlo al vertice di tutti i tuoi pensieri. Ugualmente con l’unica volontà che hai prendi tutte le decisioni della tua vita, ma in ordine alla fondamentale decisione di servire Dio come figlio e compiere con amore la sua volontà. Così pure con l’unico cuore con cui ami i tuoi genitori, tua moglie e i tuoi figli, i tuoi amici e il tuo lavoro, ami anche Dio, tuo Padre, Gesù, tuo maestro e redentore, la Madonna che è Madre tua; e questo amore, che è insieme umano e divino, mantiene nobili, retti e puliti tutti gli altri amori. Non puoi dunque vivere diviso: Dio e il tuo rapporto con lui da una parte, e le “tue cose” dall’altra. In Gesù - vero Dio e vero uomo - si trovano la natura umana e la natura divina, ma unica è la Persona, quella del Figlio di Dio. Così anche in noi: abbiamo due vite, la vita umana, naturale, e la vita divina, soprannaturale, alla quale partecipiamo per mezzo della filiazione divina, ma unica è la nostra persona umana che deve vivere in modo umano e in modo divino, nel modo proprio di un figlio di Dio. Ebbene, è soprattutto mediante la Messa che puoi realizzare questa preziosa unità di vita. Nel Sacrificio della Croce Gesù “ha riconciliato in sé tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra; ha perciò tolto ogni divisione e ogni separazione tra sacro e profano: tutto dev’essere divino nella nostra vita di figli di Dio. Se ti sforzerai di vivere la Messa, imparerai a poco a poco, a trovare Dio nel tuo lavoro, nei tuoi affetti, nelle tue responsabilità civili e sociali, e così la Messa diventerà per davvero “centro e radice” di tutta la tua vita di cristiano e finirai non solo col dare luce e calore a quanti ti avvicineranno, ma anche a trasformare in “cammini divini” tutte le strade della terra. Che Maria, Madre dolcissima di Cristo, Madre del suo sacrificio redentore, sia sul tuo cammino e nella tua Messa di ogni giorno.

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IL CULTO ALLA SANTISSIMA EUCARISTIA

Il mistero eucaristico ha il suo momento culminante nella celebrazione liturgica del santo Sacrificio della Messa. Tuttavia è un mistero così grande che non termina nel suo pur solenne momento sacrificale, perché i segni sacramentali che lo significano ne prolungano la presenza oltre il rito liturgico, lungo tutto il tempo della giornata e della settimana. Durante il cammino degli Ebrei nel deserto, Mosè ebbe da Dio il comando di erigere al centro dell'accampamento una tenda - tabernaculum - per collocarvi un'arca tutta d'oro dove conservare le tavole della Legge, la manna e la verga di Aronne, cioè i "segni" della potenza salvifica di Dio in mezzo al suo popolo. Erano "segni" che ricordavano le "meraviglie" compiute dal Signore. Ebbene, noi che siamo il nuovo Popolo di Dio uscito dalle acque del Battesimo è incamminato verso la Terra Promessa del Cielo, conserviamo al centro dei nostri "accampamenti" - nelle nostre città - una tenda, un tabernacolo, ben più importante e prezioso, che contiene non i simboli della nostra salvezza, ma la realtà stessa che ci salva: l'Umanità Santissima di Gesù sacrificata per noi. Pensa, allora, alle decine di tabernacoli disseminati nelle nostre città e nelle campagne (quanti ne incontri nel tuo tragitto quotidiano?); lì è presente il Signore, nostra Salvezza, Manna discesa dal cielo per nutrirci di vita eterna. E' presente lì a pochi metri dalle nostre strade e dalle nostre case, a due passi dalle scuole, dagli uffici e dai negozi dove scorre la nostra vita quotidiana. Rènditi conto che il Signore vive davvero con noi, in mezzo alle nostre vicende di ogni giorno e che si realizzano alla lettera quelle parole di Gesù: "Non vi lascerò soli..., sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt. 28,20). Diventano, allora, segno di cecità imperdonabile e di incomprensibile superficialità, l'indifferenza con cui viviamo vicino a lui o la sbadataggine con cui gli passiamo tante volte accanto senza mai pensarci. Non possiamo comportarci così; dobbiamo proporci di andare ogni giorno a visitarlo nel tabernacolo dove è custodito, anzi dove si è fatto "prigioniero per amore". Cerca di intrattenerti qualche minuto con lui per dirgli, in confidenza, quello che hai nel cuore, per adorarlo e rendergli grazie, per riparare tante cose piccole e grandi della tua vita. Chiedigli luce e forza per essere perseverante e vittorioso nelle tue battaglie interiori. Infine, ricorda che in molte chiese viene fatta ogni domenica l'esposizione eucaristica e la solenne benedizione col Santissimo Sacramento. Quando ti è possibile, specialmente nelle solennità, cerca di assistervi; avrai modo di rinnovare la tua fede con l'inno che per secoli generazioni di credenti hanno elevato all'Eucaristia: Tantum, ergo, Sacramentum, veneremur cernui..., e la benedizione del Signore sarà su di te come la "nube luminosa" che accompagnò il popolo eletto lungo il suo cammino nel deserto.

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PREGHIERE

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AVE VERUM Ave verum Corpus natum de Maria Virgine! Vere passum, immolatum in cruce pro homine. Cuius latus perforatum fluxit acqua et sanguine; Esto nobis praegustatum mortis in exanime. O Jesu dulcis, o Jesu pie, O Jesu, fili Mariae!

Salve, o vero Corpo nato da Maria Vergine! Umiliato e immolato Sulla croce per gli uomini Dal tuo fianco perforato sgorgò sangue ed acqua; sii per me in vita e in morte cibo amabile e desiderato. O Gesù dolce. o Gesù pio, O Gesù, Figlio di Maria!

PREGHIERE IN PREPARAZIONE ALLA SANTA MESSA (Dall'antica Liturgia del Messale Romano) Salirò all'altare di Dio, il Dio della mia gioia, il Dio che rinnova e allieta la mia giovinezza! Signore, tu sei il Dio della mia difesa, perché mi respingi? Perché lasci che io vada con tristezza, oppresso dai miei nemici? Manda in me la tua luce e la tua verità; siano esse a guidarmi, mi portino al tuo santo monte, alla tua santa dimora. Verrò al tuo altare, o Signore, a te che sei il Dio della mia gioia; a te canterò con la cetra, con l'arpa del mio cuore, o Dio, mio Dio! (dal Salmo 42)

*** O Dio, tu sei il mio Dio, fin dall'aurora io ti cerco, perché di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne come terra deserta, arida, senz'acqua! Così vengo a cercarti nel tuo santuario, per contemplare la tua potenza e la tua gloria, perché la tua grazia vale più della vita e le mie labbra diranno sempre la tua lode. (dal Salmo 62) 71

ATTO DI OFFERTA Padre santo, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, Madre della Chiesa e Regina del mondo, ti offro il sacrificio che Gesù, tuo figlio diletto, ha compiuto sulla croce e che ora rinnova su questo altare per le mani del suo ministro. Te lo offro a nome di tutte le creature, unito alle intenzioni del Santo Padre e di tutti i sacerdoti che oggi nel mondo celebrano questo santo e mirabile sacrificio. Ti offro me stesso, le mie intenzioni e quelle di tutti i miei cari, invocando per il mondo intero la salvezza e la pace. Così sia.

Ricevi, o Signore, e prendi tutta la mia libertà. Ti offro la mia memoria, la mia intelligenza, la mia volontà. Tutto ciò che possiedo me lo hai dato tu, è dono del tuo amore; tutto questo io ti consegno e metto a disposizione della tua santissima volonta perchè tu ne disponga secondo il tuo beneplacito. Solo ti chiedo il tuo Amore e la tua Grazia; saranno tutta la mia ricchezza e l'unico mio bene.

Preghiera a San Giuseppe. O beato Giuseppe, uomo felice e benedetto, che hai avuto il privilegio non solo di vedere Colui che molti re desiderarono vedere e non videro, udire e non udirono, ma anche di abbracciarlo, baciarlo, vestirlo e custodirlo, ottienimi con la tua intercessione di servirlo degnamente, con purezza di cuore e santità di opere. Egli, Figlio della Vergine Maria tua sposa, si è affidato alle tue cure e al tuo amore di padre; ora fa’ che anch'io possa ricevere degnamente il suo Corpo e il suo Sangue, così da meritare in futuro la vita eterna. Egli è Dio, e col Padre e con lo Spirito Santo, vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.

*** PREGHIERE DOPO LA SANTA MESSA

Anima di Cristo, santificami. Corpo di Cristo, salvami. Sangue di Cristo, inebriami. Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, confortami. O buon Gesù, esaudiscimi. Dentro le tue piaghe, nascondimi. Dal nemico maligno difendimi. Non permettere che io mi separi da te. Nell'ora della mia morte chiamami. Comandami di venire da te per lodarti con tutti i tuoi santi nei secoli dei secoli. Amen 72

Eccomi, o mio amato e buon Gesù, che alla santissima tua presenza prostrato, ti prego col fervore più vivo di stampare nel mio cuore sentimenti di fede, di speranza, di carità, di dolore dei miei peccati e di proponimento di non offenderti mai più, mentre io con tutto l'amore e con tutta la compassione vado considerando le tue cinque piaghe, meditando ciò che disse di te, o Gesù mio, il santo Profeta Davide: "Hanno trapassato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa".

Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che per la volontà del Padre e con l'opera dello Spirito Santo morendo hai dato la vita al mondo, per il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue liberami da ogni colpa e da ogni male, fa che sia sempre fedele alla tua legge e non sia mai separato da Te. (Dal rito della Messa)

Preghiera alla Madonna. O Maria, Vergine e Madre Santissima, ho ricevuto ora il tuo Figlio diletto; tu lo hai concepito nel tuo grembo immacolato, lo hai dato alla luce e lo hai nutrito al tuo petto, lo hai tante volte abbracciato con tenerissimo amore. Ora sono io che, con tutto l'affetto e l'umiltà, lo affido alle tue braccia: voglio amare col tuo cuore Colui che è stato la gioia dei tuoi occhi e la delizia del tuo sguardo; ti prego di offrirlo alla Trinità Santissima come atto della mia totale adorazione; egli è la tua gloria e il tuo vanto, sia per me e per le necessità di tutto il mondo potente e misericordioso intercessore. Madre mia piissima, ti prego: ottieni il perdono di tutti i miei peccati, la grazia di servire d'ora innanzi il tuo Figlio Gesù con più generosa fedeltà, e infine la perseveranza finale perché io possa un giorno contemplarlo e lodarlo con te per tutti i secoli dei secoli. Amen Preghiera a San Giuseppe. O San Giuseppe, Custode di vergini e Padre, alla tua premurosa fedeltà è stata affidata la stessa Innocenza: Gesù Cristo e la Vergine maria; per l'amore che ti ha unito a questi due Tesori ti supplico con tutto il cuore: fà che, libero da ogni macchia, io possa servire Gesù e Maria con castità, con integrità di cuore e con purezza di spirito, oggi e per tutti i giorni della mia vita. Amen. Preghiera a San Michele Arcangelo. O Arcangelo San Michele, difendici nella lotta; contro le perfide insidie del demonio sii nostro presidio. "Lo respinga Iddio!", imploriamo supplichevoli. E tu, principe delle schiere angeliche, con la forza di Dio ricaccia nell'inferno satana e gli altri spiriti del male che si aggirano nel mondo a rovina delle anime. Amen

PREGHIERE PER LA VISITA AL SS.mo SACRAMENTO 73

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Sia lodato e ringraziato ogni momento, il Santissimo e divinissimo Sacramento Padre nostro, Ave Maria, Gloria (tre volte)

Comunione spirituale. Vorrei, Signore, riceverti con la purezza, l'umiltà e la devozione con cui ti ricevette la tua Santissima Madre, con lo spirito ed il fervore dei Santi.

Preghiera di Sant'Alfonso Signore mio Gesù Cristo, che per l'amore che porti agli uomini, te ne stai notte e giorno in questo sacramento tutto pieno di pietà e di amore, aspettando, chiamando e accogliendo tutti coloro che vengono a visitarti, io ti credo qui presente nel sacramento dell'altare, ti adoro nell'abisso del mio niente e ti ringrazio per tanti doni che mi hai fatto: specialmente di avermi dato te stesso in questo sacramento, di avermi dato per avvocata la tua santissima Madre Maria, e di avermi chiamato a visitarti in questa chiesa. Benedico, o Gesù, il tuo Cuore amantissimo, e voglio salutarlo con questi tre fini: primo, per ringraziarti di questo grande dono; secondo, per compensarti di tutte le ingiurie e le profanazioni che ricevi in questo sacramento; terzo, intendo con questa visita adorarti in tutti i luoghi della terra dove tu, nel tabernacolo, te ne stai meno riverito e più abbandonato. Gesù mio, io ti amo con tutto il cuore; mi pento di avere, nel passato, tante volte disgustato la tua bontà infinita. Propongo, con la tua grazia, di non offenderti più per l'avvenire; e ora, così miserabile come sono, mi consacro tutto a te, ti dono e ti consegno tutta la mia volontà, gli affetti, i desideri e tutte le cose mie. Da oggi in avanti fa di me e delle mie cose tutto quello che ti piace. Solo ti chiedo, e voglio, il tuo santo amore, la perseveranza finale, l'adempimento perfetto della tua volontà. Ti raccomando le anime del Purgatorio, specialmente le più devote del Santissimo Sacramento e di Maria Santissima. Ti raccomando ancora tutti i poveri peccatori che vivono nel peccato. Unisco, infine, Salvatore mio caro, tutti gli affetti miei agli affetti del tuo amorosissimo cuore, e così uniti li presento al tuo eterno padre, e lo prego che in tuo nome e per tuo amore, li accetti e li esaudisca. Amen

INNO DI SAN TOMMASO D'AQUINO

Adoro te devote, latens Deitas, quae sub his figuris vere latitas: tibi se cor meum totum subiicit, quia, te contemplans, totum deficit. Devotamente io ti adoro, Dio nascosto, 74

che sotto questi segni a noi ti celi. Tutto il mio cuore a te si abbandona perché nel contemplarti in te si perde.

Visus, tactus, gustus in te fallitur, sed auditu solo tuto creditur; credo quidquid dixit Dei Filius: nihil hoc verbo veritatis verius La vista, il tatto, il gusto non ti intendono, solo la tua parola fa sicura la mia fede. Credo tutto ciò che disse il figlio di Dio niente più vero di questo Verbo di Verità.

In cruce latebat sola Deitas at hic latet simul et humanitas: ambo tamen credens atque confitens; peto quod petivit latro poenitens. Sulla croce era nascosta la sola divinità, ma qui anche l’umanità è nascosta; l’una e l’altra credendo e confessando chiedo ciò che chiese il ladrone pentito.

Plagas, sicut Thomas, non intueor, Deum tamen meum te confiteor: fac me tibi semper magis credere, in te spem habere, te diligere.

Come Tommaso non vedo le tue piaghe, eppure ti confesso mio Dio. Fa’ che in me si accresca sempre più la fede, la mia speranza e il mio amore per te.

O memoriale mortis Domini, Panis vivus, vitam praestans homini: praesta meae menti de te vivere, et te illi semper dulce sapere. O memoriale della morte del Signore, Pane vivo che dai la vita all’uomo, fa che la mia mente viva di te, 75

e gusti sempre il tuo dolce sapore.

Pie pellicane, Jesu Domine, me immumdum munda tuo Sanguine cuius una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere. O pio pellicano, Gesù Signore, me immondo monda col tuo Sangue di cui una sola stilla può salvare il mondo intero da ogni delitto.

Jesu, quem velatum nunc aspicio oro fiat illud quod tam sitio ut te revelata cernens facie, visu sim beatus tuae gloriae. Amen Gesù, che adesso adoro sotto un velo, fa’ che avvenga presto ciò che bramo: che nel contemplarti faccia a faccia, io possa godere della tua gloria. Amen

BENEDIZIONE COL SANTISSIMO SACRAMENTO

Pange, lingua, gloriosi Corporis misterium, Sanguinisque pretiosi quem in mundi pretium fructus ventri generosi Rex effudit gentium.

Il mistero dell’amore ogni lingua celebri: canti il Corpo glorioso ed il sangue inclito per noi sparso dal Signore re di tutti i popoli.

Nobis datus, nobis natus ex intacta Virgine et in mundo conversatus, sparso verbi semine, sui moras incolatus miro clausit ordine,

A noi dato, per noi nato da intatta Vergine: la parola ci ha lasciato che salvezza germina e la vita sua concluse con stupendo ordine. 76

In supremae nocte coenae recumbens cum fratribus, observata lege plene, cibis in legalibus, cibum turbae duodenae se dat suis manibus.

Nella notte della Cena Cristo nostra vittima celebrando la sua Pasqua in fraterna agape dà sé stesso come cibo per nutrire i dodici.

Verbum caro, panem verum verbo carnem efficit; fitque sanguis Christi merum. etsi sensus deficit: ad firmandum cor sincerum, sola fides sufficit.

Ecco, il Pane si fa Carne nel banchetto mistico, si trasforma il vino in sangue nel mistero altissimo; non i sensi ma la fede dà certezza all’anima.

Tantum ergo sacramentum veneremur cernui: et antiquum documentum novo cedat ritui: praestet fides supplementum sensuum defectui.

Adoriamo il Sacramento Che Dio Padre ci donò. Nuovo patto,nuovo rito nella fede si compì. Al mistero è fondamento la parola di Gesù.

Genitori, Genitoque laus et jubilatio, salus, honor, virtus quoque sit et benedictio: procedenti ab utroque compar sit laudatio. Amen

Gloria al Padre Onnipotente Gloria al Figlio Redentor, Lode grande, sommo onore all’eterna Carità, Gloria immensa, eterno amore, alla Santa Trinità. Amen

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Hai dato loro un pane disceso dal cielo. Che porta in sé ogni dolcezza

Preghiamo: Signore Gesù Cristo, che nel mirabile Sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen

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INDICE PRESENTAZIONE

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LA PREGHIERA NELLA VITA DEL CRISTIANO § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § §

A voi che non pregate pag. A voi che pregate solo nel bisogno .. pag. A voi che pregate un po stancamente pag. esempio di Gesù .. pag. Gesù orante: maestro di orazione pag. Pregare con Gesù, in Gesù, per mezzo di Gesù . La preghiera nelle religioni .. . pag. Pregare è consegnarsi a Dio .. pag. Preghiera e Comandamenti . pag. Preghiera e Sacramenti pag. Necessità della preghiera pag. Preghiera e vita soprannaturale .. .. pag. La fede come sorgente di preghiera . pag. La preghiera fonte di fede pag. Preghiera e testimonianza pag. Nostalgia di Dio e preghiera . pag. La preghiera rimedio alla solitudine pag. Possiamo pregare dovunque .. pag. La preghiera nelle nostre case .. pag. I momenti della preghiera . pag. La preghiera del mattino pag. La preghiera della sera .. pag. orazione mentale . pag. Pregare con la Parola di Dio .. . pag. La preghiera più grande: la Santa Messa .. pag. Pregare Maria, nostra Madre . pag. Preghiera e unità di vita pag. La preghiera di lode .. .. pag. La preghiera di ringraziamento .. pag. La preghiera di riparazione .. . pag. La preghiera di domanda . pag. Chiedere con fede .. . pag. Chiedere in unione con la Chiesa pag. Chiedere con umiltà .. pag. Chiedere con perseveranza . pag. Chiedere certi di ottenere .. pag. Il fascino della figura di Gesù .. pag. Preghiera: fonte di gioia pag.

8 9 10 12 13 pag. 17 21 22 26 28 30 31 33 35 37 39 42 43 45 46 47 49 51 54 57 59 61 63 66 68 69 70 72 73 74 76 77

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IL TESORO DELLA S. MESSA NELLA VITA DEL CRISTIANO

PRESENTAZIONE ... INTRODUZIONE .. PREMESSE § Persone per bene .. § La vita cristiana § Il piano divino della salvezza § Nella Chiesa e mediante la Chiesa § Grazia santificante § Il dono divino

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pag. . pag. .. pag. 87 . pag. pag. .. pag. .. ... pag. .. pag. pag.

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Centro della vita cristiana IL PRECETTO § Libertà: dire di sì al Signore § La fede è obbedienza § Obbedienza di creature § Obbedienza per amore §

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LA PREPARAZIONE ALLA SANTA MESSA § Ostacoli alla vera pietà .. § Preparazione remota

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IL RITO LITURGICO .. § Struttura dei Sacramenti § Riti d introduzione ... .. § Siamo Chiesa .. § La Messa: azione di Cristo § Giorno del Signore - Giorno della Chiesa .. § Il comportamento nella partecipazione § altare § Atto penitenziale .. .. § Inno di gloria

pag. . pag. . pag. pag. . pag. .. pag. . pag. pag.109 . pag. .. pag.

LITURGIA DELLA PAROLA § Parola di Dio, Parola del Signore § Ascolto § Proclamazione del Vangelo § Omelia: atto ministeriale § Il momento dell umiltà § Il buon terreno della Parola § Il Credo : un unica fede

pag. pag. . pag.114 . pag. pag. .. pag. . pag. pag.

113 113

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LITURGIA EUCARISTICA .. § Nel nome e nella persona di Cristo § ... Nella notte in cui venne tradito .. ... § Preparazione delle offerte ... § I fini della Messa ... 1) - L adorazione .. 2) - Il ringraziamento 3) - La propiziazione .. 4) - L impetrazione § La preghiera sulle offerte § La Preghiera Eucaristica ... 1) - Invocazione sulle offerte ( epìclesis ) 2) - La Consacrazione 3) - Memoria ( Anàmnesi ) § La Comunione Eucaristica .. § Le nostre disposizioni .. .. § Rito di riconciliazione ... § Un solo corpo, un solo spirito .. § Domine, non sum dignus .. ... § Con passi d amore .. ... § ... Dimora in me e io in Lui CONCLUSIONE DEL RITO § Non avere fretta § Unità di vita

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IL CULTO DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA

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102 102 103 104 105 106 108 110 111

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PREGHIERE

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