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LA CICOGNA SUL TETTO A cura di Gaetano Barbella «Mi piace immaginarmi come una cicogna sul tetto “a sorvegliare” i miei piccoli grandi tesori, che sono i miei alunni. “Fare” per loro non è mai abbastanza. Annarita Ruberto».
Visione poetica di una nuova scienza e di un ordine nascosto «Dove il mondo cessa di essere il palcoscenico delle nostre speranze e dei nostri desideri per divenire l’oggetto della libera curiosità e della contemplazione, lì iniziano l’arte e la scienza. Se cerchiamo di descrivere la nostra esperienza all’interno degli schemi della logica, entriamo nel mondo della scienza; se, invece, le relazioni che intercorrono tra le forme della nostra rappresentazione sfuggono alla comprensione razionale e purtuttavia manifestano intuitivamente il loro significato, entriamo nel mondo della creazione artistica, ciò che accomuna i due mondi è l’aspirazione a qualcosa di non arbitrario, di universale» 1. Albert Einstein
La poesia per immagini «Da tempo la poesia si mescola alle altre arti, in un processo di ibridazione continua. La rivoluzione digitale, permettendo la diffusione di massa di una serie di tecnologie di registrazione di immagine e suono, ha messo in stretta connessione il mondo audiovisivo con quello della poesia, favorendo il suo interfacciarsi anche con il cinema, la videoarte e i new media. In questo contesto nascono i primi video di poesia, una forma d’arte e di “scrittura” ormai diffusissima in tutto il mondo2. Oggi è possibile, grazie alla grafica computerizzata e al veloce trasferimento delle immagini e dei pensieri, che un poeta collabori con un pittore per creare, insieme, una rappresentazione artistica suggerita da una comune ispirazione. 1 http://www.artstudio.it/caos/index.html 2 http://lellovoce.altervista.org/spip.php?article1388
2 Poeti che traggono ispirazione da un quadro o da immagini digitali, o, viceversa, poeti che ispirano pittori tradizionali o appassionati di grafica computerizzata. Sono numerose le mostre di pittura in cui accanto ai quadri esposti compaiono versi di poeti famosi. Perché è così frequente che pittori e poeti sentano la necessità di associare quadri e poesie? Probabilmente perché immagini poetiche e immagini pittoriche provengono dalla stessa area del cervello. La moderna neurofisiologia ha localizzato quella parte dell’encefalo che sovrintende alla formazione delle immagini e alle relative connessioni con i ricordi, i sentimenti, le parole, i suoni. Quest’area, stimolata dalle emozioni, produce le invenzioni creative. Emozioni che producono immagini che possono poi venir espresse in versi o in pennellate di colore. Sono poi le differenti abilità tecniche: manualipittoriche o ritmicolinguistiche a generare produzioni figurative o di poesia3».
Quando il poeta esce a guardare le stelle Di tutte le scienze l’astronomia è probabilmente quella che più ha ispirato e ispira tanto i più grandi poeti, del passato e di oggi, che gli innumerevoli poeti dilettanti. Questo perché il cielo è sotto gli occhi di tutti, e un cielo stellato in una notte buia dà veramente la sensazione dell’infinito. E così è stato per la mia cara amica Annarita Ruberto, professoressa di matematica e scienze della scuola media che aggiunge, alla sua dedizione scolastica e alla famiglia, quella per la poesia. Tra le poesie, che continuamente presenta sul web, attraverso uno dei suoi blog, Web 2.0 and Something Else4, vediamo in questi giorni un bellissimo componimento dal titolo “Notte”: giusto in relazione a quanto premesso, all’astronomia e alla tendenza moderna di avere stretti rapporti con l’arte delle immagini. Infatti l’innato talento poetico di Annarita, nell’occasione è perfezionato dalla sua indovinata scelta di un’immagine tratta da internet5 che fa da copertina alla poesia suddetta, “Notte” e che si ispira in modo eccezionale ai suoi versi. Ma il connubio che vi deriva è così marcato da far sorgere l’idea di una occulta relazione, di un «ordine nascosto» per un “incontro”, giusta la frase di Einstein che ho posto in anteprima per questo saggio. Giudicate voi lettori se ho ragione di vedere così dopo aver gustato la poesia, “Notte”6 della professoressa Annarita Ruberto. Per questo scopo replico l’esposizione dell’immagine di copertina.
3 http://members.xoom.virgilio.it/pennellate/ 4 http://websomethingelse.blogspot.com/2009/08/notte.html 5 http://www.bibliomedia.ch/it/progetti/nottedelracconto.asp#hautdepage 6 http://websomethingelse.blogspot.com/2009/08/notte.html
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NOTTE
Notte che raccogli il saluto del Giorno e incedi lieve nella tua nera dimora. Pietosa signora doni ali ai pensieri. Offri asilo ai desideri che vagano stranieri. Ti struggi sul mondo che riposa mentre qualcuno non dorme nella soffitta silenziosa. Solitario egli osserva il firmamento intorno quasi a lenire l’inquietudine dolorosa. Non ti assopire. Resisti alla lusinga di Morfeo. Mira la stella amica. Placa l’indomito sentire. Artista non ti assopire. Lavora la nuda tela. Completa l’opera. Sei prigioniero del tempo. Poeta non dormire. Libera i pensieri
4 e fissali nei versi quali ostaggi dell’Eternità Notte che smetti l’austera veste e ti congiungi al Giorno perpetuando il rito antico.
La ragion poetica
(Dalla Critica della ragion poetica di Gian Vincenzo Gravina7) «[...] Imperocché ad ogni opera precede la regola: come ogni nobile edifizio è fabbricato secondo le regole dell’architettura sua ministra comunica le proprie ragioni ad ogni bell’opera. Or quella ragione che ha la geometria all’architettura, ha la scienza della poesia alle regole della poetica. E se la medesima geometria che ha dato le regole all’architettura fondate sull’opera, per esempio, degli antichi Egizzi, può darle altre regole fondate sull’opere greche, riducendo quelle dell’una e dell’altra nazione ad un’idea e ragion comune, similmente la ragion poetica che noi trattiamo, secondo la quale i greci poeti e regole loro rivochiamo ad in’idea eterna di natura, può concorrere ancora alla formazione d’altre regole sopra esempi e poemi diversi, che rivolgansi alla medesima idea e ragione, la quale ai greci autori e regole sopra loro fondate. [...]». Sulle regole poetiche conosciamo la nota metrica che qui sintetizzo, riprendendo da Wikipedia lo stretto necessario per capire quanto basta per entrare nell’argomento. Ma in seguito intendo approfondire questo lato per un interessante risvolto. Si tratta del rapporto della poesia di Annarita Ruberto in questione con l’immagine che ella ha scelto per farle da corona. «La metrica è la struttura letteraria di un componimento poetico, che ne determina il ritmo e l’andamento generale: la critica letteraria, analizzando una parte significativa della produzione poetica di una certa cultura stabilisce dei canoni, delle categorie ricorrenti e significative, che classificano la composizione dei versi e delle strofe. In greco ed in latino era fondata sulla quantità (brevità o lunghezza) delle sillabe (metrica quantitativa); nelle moderne lingue anglosassoni si basa su rima e alternanza degli accenti (metrica accentuativa); nelle lingue romanze su rime, accenti e numero delle sillabe. Sempre con il termine metrica si indica anche quella particolare branca della scienza filologica che si occupa dello studio di queste strutture8». Il suddetto stralcio tratto dalla «Critica della ragion poetica» di Gian Vincenzo Gravina introduce nella tematica in discussione la geometria, quasi «ministra» comune che regola sia l’architettura che la poesia conforme «un’idea eterna di natura». La domanda che ora mi pongo è se la geometria si debba intendere solo in modo traslato per la poesia, giusto in relazione alla nota metrica che pone in trono, come sappiamo, l’endecasillabo9, ossia versi di undici sillabe, oppure farvi concorrere implicitamente anche le note regole, esclusivamente valide per l’architettura, per le espressioni delle Belle Arti, senza contare che la stessa Natura se ne avvale in modo sorprendente? 7 Risultati da Google Libri. http://www.poetipoesia.it 8 http://it.wikipedia.org/wiki/Metrica 9 http://it.wikipedia.org/wiki/Endecasillabo
5 Naturalmente si tratta di una considerazione che si pone dal momento che si associa un’immagine, sia opera d’arte che naturale, oggetto di trattazione di questo saggio. Ovviamente una tale cosa porterebbe a stigmatizzare l’opera poetica stessa, dandole ulteriore illuminazione e conseguente prestigio nella misura che vi deriva. Mi riferisco particolarmente alla Proporzione (o Sezione) Aurea, che in arte è stata, per lungo tempo una delle principali risorse alle quali gli artisti hanno ricorso per rappresentare nelle loro opere le leggi armoniche dell’universo.
La Sezione Aurea Graficamente, la Sezione Aurea può essere rappresentata da un segmento diviso in due parti a e b, tali che il rapporto tra l’intero segmento a+b e la parte più lunga a sia uguale al rapporto di questa parte (a) e l’altra più corta (b). Il valore simbolico rilevante in questa proporzione matematica era (ed è a tutt’oggi) implicito nel concetto di avere “una parte, immagine proporzionale del tutto”, ed ancora più rilevante era per gli antichi il ritrovare tale proporzione in natura, ed ancor di più nel fatto che essa fosse stata individuata dall’uomo mediante la propria mente razionale. Ciò esaltò la Cultura Classica, convinta di aver trovato la chiave che manifestava la presenza del Demiurgo, e che quindi la sua utilizzazione nelle attività umane fosse implicito segno di perfezione oltre che metodo per avvicinarsi alla divinità. La Sezione Aurea emerge in natura come risultato della dinamica di alcuni sistemi. È stato ritrovato, tra l’altro, nella struttura delle conchiglie, nella dimensione delle foglie, nella distribuzione dei rami negli alberi, nella disposizione dei semi di girasole, e nel corpo umano. La Sezione Aurea è infatti ritrovabile nella spirale del Dna, ed allo stesso modo nell’evoluzione delle spire dell’animale marino detto Nautilus, che è alla base della modanatura architettonica della spirale, la cui costruzione (ancora oggi parte dell’insegnamento scolastico), si basa sulla formula di Fibonacci: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21… Egizi e greci utilizzarono il rapporto aureo nell’arte, in architettura (per esempio il Partenone di Atene e la Grande Piramide a Giza). I greci in particolare, pensavano che la Sezione Aurea rappresentasse la proporzione “ideale” tra parti del corpo come il viso e il torso, o tra gli arti e il corpo intero. La sezione aurea fu perciò usata come guida per riprodurre accuratamente il corpo umano nella pittura e nella scultura. La Sezione Aurea ha continuato peraltro ad essere utilizzata in tempi recenti da architetti del novecento come Le Corbusier o Giuseppe Terragni. Altre applicazioni si trovano nel design, e studi recenti, mostrano che continua ancora a giocare un ruolo importante nella nostra percezione della bellezza, sebbene altri studiosi abbiano compiuto e divulgato studi tendenti a dimostrare l’esatto inverso. La Sezione Aurea ha avuto anche applicazioni nella musica. In particolare, la struttura di diverse composizioni di Claude Debussy e Béla Bartók riflettono le proporzioni definite dalla Sezione Aurea e dai numeri di Fibonacci. Il pianista Roy Howat ha mostrato che brani di Debussy come Reflets dans l’eau, L’isle joyeuse e il poema sinfonico La mer sono costruiti attorno a diversi schemi geometrici basati sulle proporzioni auree. In epoca ancora più recente, sono state riscontrate proporzioni auree nella sequenza musicale di pezzi dei GENESIS. Esistono inoltre altri studi, tendenti a dimostrare come in botanica, la disposizione a frattali degli elementi che compongono le foglie degli alberi, seguano un diagramma logaritmico analogo ai suoni emessi da un monocordo. A dimostrazione di tale tesi, lo studioso svizzero Hans Kayser pubblicò, nel 1943, un testo di ben 324 pagine per
6 comprovare l’esattezza di tale affermazione, sia dal punto di vista culturale che matematico. Sebbene questi rapporti siano stati scoperti in chiave moderna da Benoit B. Mandelbrot, nel 1975, la loro storia appartiene, come già detto, alle conoscenze esoteriche dell’antico Egitto e pertanto, alla filosofia orfica e pitagorica. Già dai tempi arcaici dell’antico Egitto, infatti , si assumeva l’organicismo della Natura e le sue leggi numeriche come fattori essenziali che preesistono a tutti gli eventi, i quali seguono sempre il medesimo divenire quale che sia la loro manifestazione o campo di applicazione, mostrando ancora una volta come l’uno sia parte dell’infinito.10 Ma la Sezione Aurea non è la sola proporzione cui sono state informate le diverse opere eseguite nel tempo fino ad oggi. Altra frequente configurazione è la cosiddetta “quadratura del cerchio” che comporta far profilare un quadrato in esatto rapporto con un cerchio presente nell’opera in qualche modo (anche con riferimenti che non siano il cerchio o parte di esso). Il lato del quadrato, come si sa dalla geometria di questo caso, è la quarta parte della circonferenza che a sua volta è in rapporto col rispettivo diametro di Pi Greco che è 3,14 con infiniti altri decimali. Ma altre possibili configurazioni sono proposte in seno alle opere in questione, come il pentagramma e l’esagramma e molte altre figure del genere. L’esempio classico del ricorso in architettura della “quadratura del cerchio” è la famosa Piramide di Cheope di Giza d’Egitto. Qui è il quadrato della sua base che corrisponde, appunto, alla “quadratura del cerchio” il cui raggio è l’altezza della piramide stessa.
Geometria composita nella figura della poesia “Notte” La Sezione Aurea
La figura in alto è stata ricavata dall’immagine della poesia “Notte” in esame. I relativi 10 http://edizioniedessae.forumcommunity.net/?t=5701419
7 contorni riguardano il rettangolo ABCD. Si capisce chiaramente che il quadrato TSUV (in rosso), di lato uguale ad AB o CD, si ritiene che sia informato alla suddetta “quadratura del cerchio” di cui il centro di rotazione del suo raggio, OG, è situato sull’asse orizzontale HI passante per il colmo del tetto della casa. Ma come si fa a disegnare perfettamente questa operazione della “quadratura del cerchio”, quando si sa che non è possibile eseguirla con riga e compasso? É vero non si può, ma in modo semplice e abbastanza approssimativo è possibile e a dire il vero i manuali di disegno non ne parlano a sufficienza, anzi non ne parlano affatto. Si parte dal concetto che la radice quadrata dell’inverso della Sezione Aurea, ossia la Sezione Argentea, dia luogo ad un valore abbastanza prossimo alla quarta parte di Pi Greco (), il rapporto dello sviluppo della circonferenza con il relativo diametro. Numericamente il rapporto della Sezione Aurea ()è: (1 + √5)/2 = 1,618033988... La Sezione Argentea (), che è l’inverso, è dunque: 0, 618033988... Ora eseguiamo la radice quadrata della Sezione Argentea () come segue: =0,786151377... Eseguiamo anche la quarta parte di Pi Greco, che si indica , uguale a 3,141592654...: /4=0,785398163... Ecco ora appare evidente che i due valori suddetti non sono tanti discosti l’uno dall’altro, e si possono considerare “identici” quel tanto che basta per eseguire graficamente, appunto, la “quadratura del cerchio” ricorrendo al disegno della Sezione Aurea di un determinato segmento. Di qui anche l’esecuzione del Rettangolo Aureo come si impara a scuola. Nel nostro caso della figura in esame, il rettangolo HLPQ, colorato in giallo, è proprio un rettangolo aureo ed ha per riferimenti, l’altezza OG e il punto P del fianco del camino della casa. Qui il segmento HP rappresenta la Sezione Aurea, mentre il segmento OP la Sezione Argentea. Ma ora vediamo come utilizzare la Sezione Argentea (), così ottenuta, per giungere alla sua radice (), cosa che ci permette di fissare il lato del quadrato corrispondente come sviluppo di quello del cerchio di raggio OG, e così confermare che il semilato OF oppure OE sono esattamente pari a e quindi validi in via approssimativa per /4.
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Per questo scopo, guardando la nuova figura, quella in alto, consideriamo il triangolo rettangolo OFG in giallo. Di questo triangolo conosciamo l’altezza OG, che fissiamo uguale a 1, e il raggio OR uguale a OP che sappiamo sia la Sezione Argentea (). La procedura algebrica è semplice e perciò mi permetto di ometterla lasciando al lettore il compito di concepirla. Comunque mi limito a dare l’avvio impostando un sistema di equazioni che riportano di seguito due modi per calcolare l’area del triangolo OFG in esame. x è il lato OF che non conosciamo ma sappiamo che è la radice quadrata della Sezione Argentea (), perciò queste sono le due equazioni che sono equivalenti: AOGF=(OFOG)/2, ossia (1/2)x; AOGF=(GFOR)/2, ossia [(1+x^2)]/2. La fase successiva di calcolo è questa: (1/2)x=[(1+x^2)]/2 Omettendo la procedura, come anzidetto, alla fine si avrà che: x=, ossia 0,786151377... c.v.d. Colgo l’occasione per riallacciarmi al caso della Piramide di Cheope informata alla “quadratura del cerchio”. Capita di riscontrare opinioni discordi di taluni studiosi che affermano una cosa del genere, ma anche che la stessa piramide è informata alla Sezione Aurea. Come è possibile una simile cosa se i valori relativi al lato di base, come si è visto,
9 sono diversi?
La stella dell’Epifania Fra poco presenterò lo stadio avanzato sulla geometria della figura della poesia “Notte”. Con sorpresa apparirà una stella a undici punte, per la precisione l’endecagramma. Ma non meraviglia scoprire una cosa del genere nelle opere d’arte se viste alla luce di un geometria composita, come già detto. Nel caso nostro, però, come si fa a capire il possibile nesso con la poesia “Notte”? In base a quali principi riferirsi? Nulla che non possa essere immaginato facendo capo alle stesse opere d’arte allorché si presentano casi del genere. Senza contare il caso classico indagato dai filosofi in relazione alla festa dell’Epifania con l’apparizione della stella seguita dai tre re magi secondo la tradizione cristiana. «Inizialmente la festa dell’Epifania» scrive Alfredo Cattabiani11 «nata in Oriente intorno al 120140, celebrava il battesimo di Gesù. Il XV giorno di Tubi – ovvero il 6 gennaio – era la data paleoegizia del solstizio invernale nella quale tradizionalmente si festeggiava il nuovo sole. Il suo nome era Epiphàneia, ovvero in greco “apparizione” e, in senso traslato, “manifestazione sensibile della Divinità”. [...] In una leggenda riportata da Fulcanelli12 si dice che i Saggi che si recarono ad adorare il Bambino, «nella loro lingua erano chiamati Magi, perché glorificavano Dio in silenzio e a bassa voce». Costoro erano «sempre nell’attesa che questa Stella di Felicità apparisse durante la loro generazione». In un’altra leggenda «la forma della stella sarebbe stata diversa: “Più i Magi s’avvicinavano a Betlemme, più la stella brillava con splendore; essa aveva la forma di un’aquila, che volasse per aria agitando le ali; al di sopra di essa c’era una croce”». Nella prima leggenda troviamo la natura di questi Magi, che ci viene svelata dal modo in cui, [...] «gli antichi popoli d’Oriente conservavano le tradizioni primitive». Quindi, i Magi interpretano gli iniziati che attendono l’adempimento dei loro segreti desideri, cioè la speranza che il coronamento dell’Opera avvenga in questa esistenza. Il significato della seconda leggenda non è meno importante. La stella ermetica brilla sempre di più durante l’evoluzione filosofale. Fulcanelli insegna che «nell’iconografia simbolica la stella serve a indicare sia il concepimento sia la nascita». Vale a dire sia l’illuminazione primitiva, sia quella suprema. «Esistono dunque due stelle» precisa Canseliet13 «che, nonostante la poca verosimiglianza, formano, in realtà, un’unica stella. Quella che brilla sulla Vergine mistica annuncia il concepimento e non è altro che il riflesso dell’altra che precede il miracoloso Avvento del Figlio. Questa stella visibile ma inafferrabile, malgrado la sua importanza ed il posto che occupa nelle opere di vari autori, attesta la realtà dell’altra, di quella che incorona alla nascita il Bimbo divino. San Crisostomo ci fa sapere che il segno che condusse i Magi alla grotta di Betlemme, prima di sparire, si posò sul capo del Salvatore e lo circondò di un’apoteosi di luce». Inoltre, la leggenda ci dice che la stella assume la forma dell’aquila, ed è l’emblema della materia che diventa spirituale agitando le ali (lavoro dell’arte). È la stella che brilla con maggior splendore.14 11 http://it.wikipedia.org/wiki/Alfredo_Cattabiani 12 http://it.wikipedia.org/wiki/Fulcanelli 13 http://it.wikipedia.org/wiki/Eug%C3%A8ne_Canseliet 14 http://www.riflessioni.it/angolo_filosofico/significato_epifania.htm
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Geometria composita nella figura della poesia “Notte” L’endecagramma
Questa in alto è la nuova figura che si riferisce sempre a quella esaminata in precedenza. Come si vede risalta, l’apparizione di una certa stella, l’endecagramma, peraltro già detto in precedenza. Ma come considerarla in relazione al suo eventuale significato recondito in relazione alla figura originale e quindi alla poesia “Notte”? Abbiamo visto che la festa dell’Epifania dei cristiani fa capire molto bene il concetto della nostra endecastella che certamente stigmatizza la sfera della poesia facendola brillare in modo speciale, poiché è su questo punto che suggerisco di concentrare l’attenzione della lettura del presente saggio. Lo scopo è di dare rilievo al suo centro che spiega la ragione del titolo relativo, “La cicogna sul tetto”. Ma di questo se ne parlerà in seguito. Ora interessa spiegare l’itinerario geometrico per giungere alla configurazione dell’endecagramma della suggestiva figura in esame. I nuovi punti di partenza per giungere a disegnare l’endecagramma sono tre. Il primo è il curioso volatile che si erge nel punto X sul colmo del tetto poiché ha tutta l’aria di costituire l’elemento chiave che polarizza l’attenzione. Quasi ad apparire come un misterioso guardiano notturno mentre fuori tutto è silente. Il secondo punto è la falce lunare con centro in Z che, con meraviglia individua l’origine della sua luce che proviene dal sole, giusto il punto d’intersezione H del cerchio di raggio OG e all’opposto il punto K dell’altro cerchio dell’endecagramma. Il terzo punto è il quadrato STUV della “quadratura del cerchio” in rosso, sviluppato in precedenza. È facile procedere a questo punto per l’individuazione del cerchio con centro in X e raggio XZ. Si riscontrerà con meraviglia che passa per i due vertici T e U del quadrato STUV. Altra meraviglia nel riscontrare che il settore XYT del nuovo cerchio è la undicesima parte di tutto l’angolo giro relativo.
11 Nulla che possa essere comprovato numericamente, ma ai fini di un’indagine del genere poetico e artistico che riguarda il lato della “notte” della condizione di veglia dell’uomo, quindi non delle certezze, può bastare per impostare i ragionamenti sul filo del sogno, appunto. Il resto appartiene alla casualità delle cose la cui trama è nelle mani del destino che, però, grazie ad un indefinibile filo d’argento il poeta si dispone, quale cantore e musico, e lo fa vibrare come una corda di una magica cetra. Nella figura in esame il filo d’argento può essere il segmento HK che congiunge il disco solare in H con il disco della stella, l’endecagramma, in K. La luna nel punto Z è il poeta e musico che suona la melodia in versi. Sul sogno in fondo, come dice William Shakespeare: «Siamo fatti della stessa stoffa di cui sono fatti i sogni, e la nostra breve vita è circondata di sonno».
La cicogna sul tetto Il destino, il sogno di una “notturna” trama ed altro indefinibile? Ma guardando bene la figura in esame viene da pensare che tutto dipenda da un certo indefinibile volatile, proprio simile a quella sorta di cicogna sul tetto, là dove di solito è solita disporre il suo nido. Come considerarla se conta tanto? Come un’occulta remora, l’analoga stimata preziosa dagli ermetisti, colei che salva i navigli dai naufragi nei mari tempestosi? Se così fosse vale sapere che sono molti gli attributi relativi alla cicogna. Fra questi ne elenco alcuni di seguito: 1 – Simbolo biblico dell’animo puro ed elevato sopra le cose terrene, dedito soltanto alla contemplazione delle cose divine; perché la cicogna cerca sempre luoghi alti per fare il nido. 2 – Simbolo di Mercurio quale messaggero aveva un carro tirato da due cicogne. 3 – Che divora dei serpenti. La prima come simbolo di sentimenti elevati, mentre i serpenti raffigurano le delizie terrene, cioè i piaceri e le passioni materiali, perché strisciano col corpo a terra, o si nascondono sotto terra. 4 – Cicogna che gli indovini ritenevano quale segno di guardia della città; perché spesso nidifica nelle parti più alte delle case. Attila, che per tre anni tenne l’assedio di Aquileia, dopo ripetuti assalti, vide le cicogne abbandonare la città, portando via i loro piccoli col becco; ciò che fu preso per augurio che avrebbe espugnata Aquileia. 5 – Simbolo della pietà per la supposta sua gran cura verso i suoi genitori diventati vecchi; nelle medaglie di Adriano, figura una cicogna con l'iscrizione PIETAS AVGVSTI. Dunque anche simbolo della religione per la sua pietà, appunto. 6 – Ma, comunemente, la cicogna è largamente interpretata come colei che reca i bimbi alle loro madri in attesa che nascano. In conclusione, al di là di tener da conto di tutta la simbologia sopra elencata, una di queste, quella delle cicogne che portano i bimbi nascituri alle loro madri, sembra stimarsi più aderente al possibile messaggio “notturno”, per la poesia “Notte”. Giusta la fonte da cui è stata tratta dal web la figura in esame dalla professoressa Annarita Ruberto. Questa figura è presente nel sito Bibliomedia15 che ogni anno a novembre si predispone per diffondere di notte un racconto in tutta la Svizzera. È LA NOTTE DEL RACCONTO. «La notte del racconto è stata istituita nel 1991 da un’iniziativa dell’Istituto Svizzero Media e Ragazzi. La Bibliomedia da anni collabora con l’istituto nell’organizzazione e nella 15 http://www.bibliomedia.ch/it/progetti/nottedelracconto.asp#hautdepage
12 diffusione della manifestazione. La notte del racconto si basa su un concetto semplice e nel contempo geniale: raccontare, leggere ad alta voce, in tutta la Svizzera, la stessa notte. Perché grandi e piccini possano trascorrere un momento particolare, all'insegna del fascino misterioso dell'ascolto. Il ritorno ad un'antica tradizione per reinventare un modello di comunicazione oggi in disuso eppure più importante che mai. Oltre al naturale piacere della narrazione, vi è anche quello di unire più generazioni con un evento festoso. Raccontare, leggere ad alta voce, ascoltare, ... azioni che acquistano un valore speciale e prezioso nel nostro tempo dedito all'immagine, alla velocità, alla frammentarietà, alla disgregazione, all’impazienza. La Notte del racconto in Svizzera assumere quindi un'importanza e un fascino molto particolari. L’ascolto di una storia, lunga o corta, letta o raccontata non importa, è fondamentale per un’acquisizione piacevole di quelle competenze linguistiche che stanno alla base del saper leggere e dello scrivere. L’ascolto induce alla creazione di immagini mentali, dilata i tempi di attenzione, stimola un territorio comune di idee e di emozioni, è il modo più efficace per suscitare la passione per la lettura, permette di avvicinare testi che risulterebbero troppo difficili per una lettura individuale, è un’esperienza che procura un intenso piacere all’adulto e al bambino. La grande partecipazione alla Notte del racconto in Svizzera degli scorsi anni è la migliore dimostrazione di un progetto convincente. L’iniziativa intende coinvolgere il maggior numero possibile di istituzioni, scuole, biblioteche, librerie, associazioni o gruppi di persone. L’Istituto svizzero Media e Ragazzi La promozione della lettura, la ricerca e la documentazione nel campo della letteratura per l’infanzia e la gioventù sono gli obiettivi principali dell’ISMR, che sviluppa e attua progetti in questo senso in tutta la Svizzera nelle diverse lingue nazionali. Nella Svizzera italiana, come detto, la manifestazione è coordinata da Media e Ragazzi Ticino e Grigioni italiano e dalla Bibliomedia della Svizzera italiana (Biasca). La notte del racconto 2009 si svolgerà all'insegna del titolo: ALL’ALBA DEL MONDO QUAND LE MONDE ETAIT JEUNE ALS DIE WELT NOCH JUNG WAR Anche quest’anno la manifestazione si svolgerà nel mese di novembre. La data è stata fissata per venerdì 13.11.2009». Che aggiungere per commento, nulla se non esclamare: meglio di così! Perché non poteva esserci “cicogna” più adatta per ispirare nel migliore dei modi la poesia “Notte” ad Annarita Ruberto!
L’endecagramma la stella dei poeti L’endecasillabo Si è capito da un pezzo come stimare l’endecagramma che la casualità, nelle mani di un occulto geometra lunare, ha posto in chiara relazione con la poesia “Notte” e, dunque, con la poesia. L’endecasillabo della metrica poetica, che potremmo definire anche geometria poetica, giusta l’idea tratta «Dalla Critica della ragion poetica» di Gian Vincenzo Gravina,
13 menzionata all’inizio di questo saggio. Ma diamo una spolverata sui concetti che riguardano questa geometria dell’edecasillabo che ho tratto sul web dall’enciclopedia libera Msn16, e così si concludono i miei ragionamenti, abbastanza fuori dai canoni letterari. Tuttavia, come ho fatto notare all’inizio, la poesia sta vivendo tempi nuovi e con essa l’arte e, dunque, non meraviglia che i due trovino modo di legarsi l’uno all’altro. Perciò il patrimonio e le regole dell’uno sono anche dell’altro.
L’endecasillabo «L’endecasillabo è il verso di undici sillabe17 (il termine deriva dal greco éndeka, “undici”, e syllabé, “sillaba”), misurato tenendo conto dei fenomeni di diafele e sinalefe18 e di dieresi e sineresi19, e considerando piana (con l’accento20 sulla penultima sillaba) la parola finale del verso21; se invece la parola è sdrucciola, cioè con l’accento sulla terzultima sillaba, il verso ha una sillaba in più, ossia dodici; e se è tronca, ovvero con l’accento sull’ultima sillaba, ne ha una in meno, cioè dieci. L’endecasillabo ha un accento tonico costante sulla 10a sillaba e gli altri accenti principali sono mobili, perlopiù sulla 4a sillaba oppure, in alternativa, sulla 6a; la 4a e la 6a possono essere entrambe toniche, ma non entrambe atone. L’importanza dell’accento tonico sulla 4a e 6a sillaba deriva dal fatto che l’endecasillabo è formato da due membri (separati da una pausa interna al verso, detta “cesura”) che corrispondono a un quinario e a un settenario 22. Se il primo membro è un quinario, l’endecasillabo è chiamato a minore; se il primo membro è un settenario, l’endecasillabo è chiamato a maiore. Poiché sia il quinario sia il settenario possono essere piani, sdruccioli o tronchi, le varianti che ne risultano sono numerose e questo conferisce all’endecasillabo una grande duttilità e spiega la sua impareggiabile fortuna: l’endecasillabo è senza paragone il verso più importante della tradizione metrica23 italiana dalle origini fino al verso libero24 del Novecento, che ancora lo sottende come riferimento dominante. [È il caso della poesia Notte” di questo saggio – n.d.r.] Esempi (tutti tratti da Dante, Inferno, I) delle posizioni più frequenti degli accenti ritmici: “mi ritrovài / per una sélva oscùra” (a minore, 4a, 8a, 10a); “ripresi vìa / per la piàggia disèrta” (a minore, 4a, 7a, 10a ); “Nel mèzzo del cammìn / di nòstra vìta” (a maiore, 6a, 10a, con accenti più deboli su 2a e 8a). L’endecasillabo è spesso legato al sistema delle rime25 (nella Divina Commedia, in tutta la tradizione epicocavalleresca compresi Ludovico Ariosto e Torquato Tasso, nell’Adone di Giabattista Marino e nelle forme metriche del sonetto 26 e della canzone27 ); se invece l’endecasillabo non è legato a tale sistema (tragedie di Vittorio Alfieri, Il Giorno di Giuseppe Parini, i Sepolcri di Ugo Foscolo), prende il nome di “endecasillabo sciolto”. Nella metrica 16 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_981531220/Endecasillabo.html 17 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_981535287/Sillaba.html 18 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_981535113/Dialefe_e_sinalefe.html 19 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_981535114/Dieresi_e_sineresi.html 20 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761576624/Accento.html 21 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761564317/Verso.html 22 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_981535125/Settenario.html 23 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761566707/Metrica.html 24 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761578878/Verso_libero.html 25 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761552048/Rima.html 26 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761575039/Sonetto.html 27 http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761578970/Canzone_(letteratura).html
14 grecolatina, con endecasillabo si indica un verso di undici sillabe costanti (endecasillabo alcaico, saffico, falecio). L’endecasillabo è un verso che presenta l’ictus sulla decima sillaba; poiché la maggior parte delle parole della lingua italiana sono piane, l’endecasillabo è quasi sempre formato da undici sillabe, ma se il verso termina con una parola tronca le sillabe saranno dieci, se termina con una parola sdrucciola, saranno dodici. L’endecasillabo è il verso più usato nella nostra poesia; esso è sempre formato da due emistichi (mezzi versi) separati da una pausa chiamata cesura. Si parla di endecasillabo a maiore se il primo emistichio è un settenario, a minore se è quinario. Tuttavia poiché sia il settenario che il quinario possono essere piani, tronchi o sdruccioli, le varianti dell’endecasillabo, considerato nella sua struttura sillabica, possono essere molteplici. Inoltre occorre considerare anche le varianti legate alla posizione degli accenti: nell’endecasillabo a maiore sono obbligati due accenti fondamentali di 6 e 10 (“Nel mezzo del cammìn di nostra vita”); nell’endecasillabo a minore gli accenti principali possono essere di 4, 8, 10 (“mi ritrovai per una selva oscùra”) oppure di 4, 7,10 (“Era già l’ora che vòlge al desìo”). Nelle posizioni che non prevedono questi accenti principali si possono avere accenti secondari,che contribuiscono a determinare un diverso andamento ritmico.». Ed ora una lode alla simbolica “cicogna sul tetto”, titolo di questo saggio, senza la quale non saremmo arrivati sin qui a far nascere novelle concezioni sulla poesia in stretta aderenza alle configurazioni dell’arte in genere, nonché quelle offerte in infiniti svariati modi dalla Natura. Ma della “cicogna sul tetto” ho avuto occasione di parlarne in un post del blog Scientificando28 dell’amica Annarita Ruberto. Il tema era “27 gennaio 2009, Giornata della Memoria”. È bello costatare di volta in volta nel procedere in simili studi, la mano del destino che preordina anzitempo le cose servendosi di una emblematica “cicogna” per un lungo viaggio. Ma il percorso è ostacolato da fatti funesti che vanno accettati perché solo così si impara la lezione della vita. Il commento cominciava così: «La cicogna sul tetto. Depongo anche qui un mio fiore, una sommessa canzone di Sofia Rotaru, una cantante ucraina degli anni ‘80. Non è specifico per l’occasione, ma la valica risalendo alla causa che permise ai nazisti di sterminare milioni di ebrei, la guerra. Si intitola “La cicogna sul tetto”, quale segno e remora che, per quanto ci siano uomini boia illusi di sradicare dalla faccia della terra civiltà che non accettano, esse si ripropongono con nuove e generose nascite. È comunque l’amore che nasce fra un uomo e una donna dei due versanti opposti, a dispetto delle rispettive imposizioni razziali. Ecco il potere simbolico riposto nella cicogna.[...].» Ecco un giusto parallelo per collegarlo alla poesia ed alle espressioni dell’arte che in questo saggio intravedo unite da una stessa geometria. Ma c’è di più per illuminare a giorno un altro parallelo con la “cicogna” delle meraviglie, poiché in successivo commento dissi questo in onore di Annarita rispondendo a Francesca e Skip che erano intervenute elogiandomi: «Vi sono molto riconoscente per aver apprezzato la cicogna sul tetto. Ma credo che ce ne siano intorno a noi di cicogne, ognuna su un tetto altrui a sorvegliare che i bimbi non vengano offesi. Noi non ce accorgiamo ma sono lì sui tetti. Annarita è una di queste, per esempio. Ella sorvola 28 http://scientificando.splinder.com/post/19684292
15 nel web infaticabilmente, sempre disposta a benvolere soprattutto chi ama i suoi scolari che in matematica sono i “piccoli numeri”, come le gocce d’acqua che formano gli oceani.» E di risposta a tutti: Annarita disse di rimando per gratitudine: «Carissimi, ho letto e riletto i vostri commenti. Vi ringrazio tutti di cuore per i vostri contributi. Gaetano, mi esalti troppo, ma mi piace immaginarmi come una cicogna sul tetto “a sorvegliare” i miei piccoli grandi tesori, che sono i miei alunni. “Fare” per loro non è mai abbastanza. Un abbraccio cumulativo annarita». Ed infine questa è la poesia di Sofia Rotaru:
Una canzone di Sofia Rotaru, una cantante ucraina degli anni ‘8029 Аист на крыше
La cicogna sul tetto
Люди, прошу я, Потише, потише, Войны пусть сгинут во мгле. Аист на крыше, Аист на крыше, Мир на земле.
Gente, vi prego, fate più piano, più piano, lasciate scomparire le guerre nell’oscurità. La cicogna sul tetto, la cicogna sul tetto, pace in terra.
Brescia, 10 agosto 2009
29 http://perqualcheoscuraragione.splinder.com/tag/poesia