Intempesta Nocte

  • May 2020
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  • Words: 1,563
  • Pages: 23
INTEMPESTA NOCTE Selezione di poesie personali

In copertina: Caspar Friederich Abbazia nel Querceto, 1809-1810 Berlino, Schloss Charlottenburg.

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IL POETA Ovvero introduzione alla lettura Poeta non è quell'uomo che scrive, ma chi domanda al lettore risposta alla domanda sibillina posta nell'intreccio di immagini verbali; e stuzzica, spiegando come vive la deforme versione del suo io, la curiosità, la brama, il disio dei cervelli che privi son dell'ali. “Non gettarti s'ancor non sai volare, ma sol nel volo puoi trovar libertà!” ti sussurra, e così ti assilla insidioso e infido come Scilla, Cariddi supera per letalità e da Socrate impara a domandare.

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CREPUSCOLO

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SINFONIA SUL FILO D’ERBA Seduto sul mio loggione personale vedo arrivare il maestro vetroso, che accorda mesto l’orchestra. Il lampione nel cielo s’abbassa, a luci soffuse comanda silenzio. Porgo l’orecchio all’umido velo di bruma che schiuma sul verde. Parte il giro d’archi dei grilli: leggerissimi trilli tra i parchi deserti di vita umana. Seppur non vedi senti, ascolti il canto di tanto splendore. Di sopra un fiore l’ape tardiva soffia sul clarinetto d’ali e col bombo fa coppia. Anacleto ritma con la tuba. Più leggiadro il vento ruba l’attenzione soffiando tra i legni: i pini come flauti, le canne son siringhe, i peschi non più muti coloran di tinte sonore l’aria greve. E le more, rosse, fulgenti, fremon come l’arpa 5

tra le dita impazienti del maestro, vestito di gala. I timpani delle nubi, i triangoli dei fiumi, in un crescendo continuo: Mozart rivive osservando, sorridendo, di fronte alle rive del Lete. Correte! Con brio! Andante! Ormai l’oblio della sera copre con la nera ombra il pubblico sognante. Pesante si chiude l’occhio. Il sonno s’insinua in platea. Si chiude il sipario. Gea richiama l’orchestra, il silenzio ritorna signore; sol rimane un suonatore solitario, che osserva il sipario e s’allena per la sera che manca alla fine dell'Era.

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SILFA Con una noce di sangue sul volto l'ho vista, l'ho presa, Odorava di sepolcro rivolto l'ho spinta, l'ho lesa La luce tra alberi e foglie attesa mancava, spariva e lei, che s'era infine arresa sputava, tossiva sentenze su colui che la nutriva umano, mortale che d'ogni altra colpa si pentiva invano. Letale è il suo urlo, creatura animale che dice, non tace che il sangue per chi è morto non vale che fumo, che brace.

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FALCO Ed egli fiero alza lo sguardo nero ed apre il manto e tu, satiro, il canto levi e lui esalti raggiungi il palco, salti e sputi sangue sull'ombra di lui. Eppur teme, l'alato imperatore, il volgere incessante delle ore il giorno in cui dire dovrà: "Io Fui, glorioso, divino, santo, re di tutti i più alti mondi." Satiro canti il nome vero ch'egli ebbe; sia sincero, melodioso canto.

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IL VORME Piove, nel deserto, sciagura mascherata dai profeti. Fonde il Polo, sommerge il popolo di Atlantidi. Di corsa, navi e battelli! Lontano dal futuro, dal mondo perituro per lapilli e furore di coltelli A piedi corre ma non salverà la vita. La Presenza incalza: è il Vorme. Sul muro della torre la roccia rimbalza. Ma essa crolla in piano. Ugualmente mentr'Egli leva ali al cielo salutando il vecchio Melo degli Dei, subitamente apre i denti la Presenza. Di Egli nulla rimane tranne il carnefice: è il Vorme.

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TEMPORALE

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ERA IL LAMPO, SI', L'HO SEGUITO Era il lampo, sì, l'ho seguito, rincorso, coperto di lana pungente, zuppo delle tue parole. Sparito, disperso, ma carpito nella mia pupilla iridescente, pur priva dei raggi del sole. Un attimo di vista, un solco tra le circonvoluzioni del cervello è stato l'istante letto nell'acqua. Non dirò che fu bello, ma terribile, schifoso e scorretto l'aver perso l'udito in un colpo. Era il lampo, sì, mi ha colpito, mi ha trafitto il suo calore ruggente. Ora la sua voce vuole carpire il segreto del mio udito: mi parla con tono che acconsente, ma rapisce come sempre suole.

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FULMINE Io folle, corro sotto la tempesta inebriato dal mio unico vizio impreco. Dalla macabra festa risuona il corno del nuovo inizio del tempo. Campo su campo devasta il mio occhio, e acceca chi alza il capo. Chi sceglie, chi toglie nascita e casta? Se il guanto, che osservi, ti calza sei capo del mio restare. Rendimi libero di ricordare quando tra il nero ero acqua, vitale, che disseta, che scorre sul mio viso come seta.

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LA TEMPESTA Non è il lampo che spinge gli occhi al cielo, non è l’atro delle nubi viste in volo, non è l’urlo del tuono che sussulta; cos’è dunque il richiamo d’attenzione che sospinge becco e calamo sul bianco mortale talamo del pioppo, libagione d’un cuore in tono grave? Che sia forse solo affetto, sentimento riscoperto nella pioggia evanescente, su cui poggia ciò che all’anima è alimento?

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NEL VENTO Punto dall’aria intuisco lo spazio che compete a chi perde il concetto di sé. Due parole danno lo strazio, l’inizio del testo è viziato dalla forma illeggibile e rossa composta a fatica su un lato del tronco. Nero del nero di fossa è l’inchiostro, nuvola di seppia che respiro sotto fulmini e acqua. Ho il volto già ricolorato dal blu di acqua e salmastro. Mi sciacqua Eolo, ma ormai non mi basta: ho perso il concetto di me e spazio.

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RIPOSO

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BUIO Prim-ultimo pensiero di un morto. Un gatto mi guarda di storto, pensando "Umano cervello, contorto e distratto!" Sobbalzo al gufo che urla "Chi fu? Che disse 'al mondo di nuovo? mai più!'" e chiede alla luna: "Ti prego: la morte!" Rinascer non posso: la Terra è più forte. Nell'erba bagnata rinasce il mio occhio, che osserva il presente, il nuovo, il vecchio. Rompe! Rompe la terra e crolla, l'occhio mio muore come una bolla d'aria nell'aria, punto nel bianco, cade, come un vecchio che di camminare è stanco. L'occhio mio vede più cose esplodendo di quante ne vidi io il momento in cui vissi, e cercai, credendo che attivo cercare valesse, in volte, cento. Morto! L'occhio mio è morto, e poggia su un sasso, di storto che pare un gatto dormiente, contorto e distratto.

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VIVREI Vivrei, ogni notte, consapevole d’essere solo un punto verde e nero, coperto d’ombra rossa, mutevole, incapace; ombra fatta davvero da luci e sangue, da nubi di ghiaccio sciolto dalla vita che fuori fugge come un ratto dalla nave dannata. Ma Notte è una bastarda abbandonata dalla madre, orfana che latte sugge dai barboni, che dorme all’addiaccio tra i cartoni. Ed ironia! Pensate che è Notte a volermi supplicare, è Notte a volermi trattenere, Notte, sì, che il nome mio pronunciare non sa. Lei non vuole che voi vi accorgiate che ogni alba è minaccia per lei. Ogni notte, vi ripeto, io vivrei consapevole di non essere suo, ma vivrei! Per lo meno per essere ammiratore di colei che vuole legarsi a chi la brucia, mettere fine alla sua paura di star sola. Vivrei, con lei, coperto d'ombra rossa, se sapessi quale sasso scagliare! Ma al tramonto a me spetta la fossa, muoio io per farla risollevare.

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DOPPIO Guardami, umano, negli occhi ineguali e divina quale fu la mia prima vita, di molte vite che io vissi: ingegna l'animo e i tuoi sensi attuali comprender ti faranno quale rima lo suggerisce, giacché già ti dissi il nome mio, benché nascosto. Muta il tempo di colui che si rifiuta di riconoscer ch'esser due aiuta: così, ritorno in nuova e vera forma osservator di ciò che sotto scorre e cacciatore al seguito dell'orma lasciata da quel tempo che via corre.

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IL NODO Nell'urlo io vivo, con esso defungo; ma quando a te giungo, per quanto schivo tu sia io ti prendo! Ti occorre un secondo per dirmi “mi arrendo” ma nulla nel mondo mi ferma. Colpito sarai dal mio maglio che dal terreno scaglio al cielo. Invito te e le tue ossa nel regno che godo mantenere. Possa non sciogliersi il nodo.

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SPECCHIO, SPECCHIO Quando si attende non basta una vita di paure, se i segni non arrivano dall'etere. In mezzo al nulla contemplare il cosmo terreno non consola chi si è visto nello specchio accecato dal timore di vivere. Guarda! Guarda il mattatoio là! Non basta aprir gli occhi! Guarda! Guarda lo sterminio là! Non basta fissare il terreno! Specchio, scendi ed entra nel macello che riporti. Da quel chiodo manca tutto il dolore del martello sanguinante, dolorante assassino. Sei dannato, tu e la stirpe, e non vedi dove muovono i destini! Perdere un'identità non crea nuove vite: la polvere non fa nuova polvere, la cenere resta cenere. Così lo specchio in schegge un occhio resta, uno solo in mille gocce e mille bombe a piovere. Ma uno! Uno pur sempre resta! Non basta colpirlo più e più! 20

E uno! Uno pur sempre resta! Un uomo nella guerra più infinita! Specchio, scendi ed entra nel macello che riporti. Da quel muro manca tutto il dolore figlio del maglio frantumante, sferragliato omicida. Sei dannato, tu e la stirpe, e non vedi dove cadono i destini!

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Indice generale INTEMPESTA NOCTE........................................................................... 1 IL POETA............................................................................................ 3 CREPUSCOLO........................................................................................ 4 SINFONIA SUL FILO D’ERBA.........................................................5 SILFA...................................................................................................7 FALCO.................................................................................................8 IL VORME.......................................................................................... 9 TEMPORALE........................................................................................ 10 ERA IL LAMPO, SI', L'HO SEGUITO.............................................11 FULMINE.......................................................................................... 12 LA TEMPESTA.................................................................................13 NEL VENTO..................................................................................... 14 RIPOSO.................................................................................................. 15 BUIO.................................................................................................. 16 VIVREI.............................................................................................. 17 DOPPIO............................................................................................. 18 IL NODO........................................................................................... 19 SPECCHIO, SPECCHIO................................................................... 20

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