Il Merlo

  • August 2019
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  • Words: 1,640
  • Pages: 4
Il merlo

Era l'ultima settimana di agosto.Nel percorrere di corsa lo stretto vialetto che circonda il grande abete,cedro del libano,quasi inciam= pai per scansare un piccolo oggetto scuro.Più che dalla forma dello stesso fui attratto dal movimento saltellante.Osservai con attenzione, si muoveva ad impeto .Le lughe e sottili gambe appoggiandosi sul terreno lo spingevano in avanti a molla e l'animaletto,fatto un balzo in avanti,ricadeva repentinamente su se stesso a sedere. Dopo un attimo ricominciava il ciclo e cosi procedeva . Sembrava senza nessuna direzione,se non quella della fuga da me. Lo raccolsi senza difficoltà e lo racchiusi tra le mani come un og= getto prezioso da osservare e da difendere.Lo avevo infatti strappato dalla curiosità selvaggia del mio amico Kriss lupo,che con una pesante zampata lo avrebbe prima ucciso e poi annusato con cura di chi esamina un reperto sconosciuto. Il temporale ormai brontolava da lontano,come un treno che si allontana,e la pioggia cadeva ora solo sotto l'abete in grossi e radi goccioloni che aumentavano di dimensione concentrandosi lungo i rami fino a che il peso non li faceva cadere a terra. Questo aveva tenuto lontano il mio cane e nel contempo aveva per= messo a me di arrivare per primo a scorgere il piccolo di merlo che nel trambusto atmosferico era caduto a terra e ora cercava disperatamente un rifugio sicuro. I genitori per il temporale,forse,erano rimasti per più tempo lontani dal nido.La fame e la paura potevano aver spinto il piccolo,che era sufficien= temente sviluppato,ad andare a cercarli. Poche e rade piume coprivano il suo corpo,poco più grosso di una noce,di colore grigio scuro.Così il becco,sottile come uno stuzzica denti.Una impercettibile peluria copriva la testa,nudo il collo,che teneva retratto.Le gambe di colore nero,tanto lunghe e dritte,quanto grosse e potenti terminavano nelle zampe provviste di unghie vistose. Due grandi occhi neri,tondi,quasi senza riflessi e palpebre.Senza coda.Quella lunga e vistosa coda che solitamente attira la nostra attenzione nei soggetti adulti e che muovono con grazia e ritmo come le signore, di un tempo, il ventaglio. Le ali abbastanza sviluppate con piume di colore più scuro delle altre potevano permettere,al momento,piccoli balzi nell'aria. Madre natura lo aveva dotato di tutto quello che al momento poteva servigli e non di più. Si era acquattato nel palmo della mia mano che avevo conformato a nido.Non dava segni di paura,solamente apriva il becco se io av= vicinavo un dito verso di lui.Spalancava così una gola enorme,rispetto alle altre sue proporzioni,di colore giallo deciso. Non so se questo atteggiamento fosse per fame o per difesa,ma in tutte le piccole creature,tali istinti coincidono e si semplificano. Con gioia lo portai in casa pensando che avrei potuto allevarlo e in primavera liberarlo dalle mie cure e dalla mia gabbia. Nella stagione degli accopiamenti e degli amori,come

accade per gli uomini, avrebbe potuto avere compagnia e famiglia. Avrebbe così imparato cose che io,per il salto di specie,non sapevo ne potevo insegnarli.Arebbe potuto volare dove voleva,cercarsi il cibo che più gradiva,soffrire forse la fame e la sete ma saziarsi sempre di azzurro e di libertà e forse per amore essere ucciso o per cattiveria.Tutto questo si sarebbe affrontato in seguito,anche i pro= blemi più difficili si risolvono partendo da soluzioni contingenti. Si era dischiusa una nostra nuova avventura:per un breve tratto della nostra vita lo avremmo proseguito insieme.Entrambi ci saremmo osservati,studiati,capiti e non capiti.Avremmo messo in comune il nostro amore,che in questo caso,privo di odio mi avrebbe dato felicità. Questo é in sintesi il motivo perché ho sempre amato gli animali e allontanato gli uomini. I primi quindici giorni di ospitalità li passò accovacciato sul fondo della gabbia che gli avevo preparato muovendosi a salti e aprendo il becco ogni volta che gli passavo vicino. Lo chiamavo con un nome-giggio-a cui rispondeva con acuti stridii. Mi rispondeva festoso,allo stesso modo fin dal mattino,anche dalla mia camera al piano di sopra.Se tardavo era lui il primo a chiamarmi. Aspettava lo raccogliessi sul fondo della sua casetta e aperta la porticina lo portavo fuori con la mia mano,già con il becco rivolto in alto e aper= to, cominciando ad inghiottire tutto quello che gli offrivo. Sembrava sicuro dopo le prime volte ed era vorace. I pasti erano molto frequenti e motivo di soddisfazione per entrambi: lui per eseguire un comando della natura,io per osservarlo e giocare. Dopo una decina di giorni la prima novità.Cominciò a stare appolaiato su un bastoncino,daprima per brevi attimi,poi per perio= di più lunghi e definitivi. Era uno dei tanti successi conseguiti man mano che passava il tempo e ce ne furono di stupendi per me che lo osservavo continuamente. Nel periodo dei tre mesi successivi cominciò progressivamente a fare voli sempre più decisi e precisi e a spuntare la coda. Sembrava un pennello piatto che si allugava senza modificarsi in larghezza. Ora volava sulle mie braccia, sulla testa e sul tavolo dove cercava residui di cibo che lasciavo a disposizione.Facevamo anche un altro gioco:tenevo l'alimento su una mano e su l'altra il mio piccolo amico e allargando le braccia lo inducevo a volare dall' una all'altra. Mi accontentava per prendere il cibo finchè aveva fame e poi mi volava sulla testa o su un braccio e si accocolava. La stanchezza per i movimenti e per il pasto lo prendeva e io delica= tamente lo riponevo nel suo nido protetto. Il collo rimaneva nudo,privo di penne,rade quelle della testa. Che dolce sensazione,che sogno!Quel piccolo grande esserino pote= va concellare le mie pene e li affanni del giorno. Ai primi di dicenbre il becco,che si era progressivamente irrobustito, cominciò a mutare colore.Comparve una tinta più chiara,giallo pallida,dalla punta verso la base.Il piumaggio si fece più scuro fino ad acquistare la tonalità nero-lucido e più folto.La parte anteriore del torace anche essa prese lo stesso colore e da ultima. Quando voleva fare il bagno,questo accadeva spesso,spruzzava l'acqua dell'abbeveratoio con il becco guardandomi tra un movimento e l'altro. Allora mettevo sul fondo dell'abitacolo una vaschetta con un dito d'acqua e prontamente vi saltava dentro sbattendo le ali e tuffando la testa,scuoten=

dosi festoso.Seguiva una pulizia accurata delle penne con il becco. Comparve poi uno strano comportamento,che chiamai"danza". Nelle giornate di sole non troppo fredde,quando lo esponevo all'aria e fischiavo per insegnargli qualche suono umano,scendeva sul fondo dell' abitacolo e cambiava atteggiamento. Batteva i piedi sul fondo dell'abitacolo girandosi e muovendosi lentamente. Apriva il becco mostrandomi la sua gola gialla,il collo dritto verso l'alto come pure la testa, mettendo in mostra il piumaggio ormai completo. Le ali apparivano cadenti tantoché la punta toccava le zampe e un fremito le faceva vibrare, la coda,ormai definita,tesa in alto come il capo. Tutta questa configurazione durava il tempo di un mio fischio. Non mi sapevo spiegare questa nuova conquista. Dopo due settimane mi venne la soluzione.Il merlo cominciava ad emettere suoni: prima quasi timidamente, in sordina, tra se, poi dopo giorni via via più forte:ora sentivo anche da lontano i suoi fischi modulati, e caratteristici. La "danza"voleva significare che stava imparando a recepire e a comporre il suo canto. Si era fatto anche meno socievole con me.Non riuscivo più a prenderlo ne a tenerlo in mano.Volava per la stanza cercando di non farsi catturare. A volte perfino spaventato dalla mia presenza troppo vicina e invadente. Il corpo si era irrobustito e presentava tutti i segni del maschio vigoroso. Quando il sole riusciva a bucare le nuvole,ai primi di marzo,portando nuova vita sul suo percorso e i fiori del pesco pennellavano il cielo terso e lucente come una seta azzurra ben tesa,i merli si rimisero come ogni anno al lavoro. Andavano e venivano dai poggi,dal bosco e dai giardini cercan= do amicizie e luoghi per costruire nuovi nidi. Erano molto indaffarati . .Si salutavano da lontano ciurlando e rientravano tardi alla sera sempre con la stessa allegria. Alcuni si avvicinavano,da lontano, cauti e curiosi ad osservare la casetta del mio amico.Lo invitavano a questa gara e a questa festa che stavano prepa= rando nel teatro della primavaera . Si vedeva che tutto questo tramestio lo frastornava perchè era diventato più eccitato ed impaurito.Tutto il suo essere avvertiva certo un nuovo ritmo,una nuova tensione. Era il momento di mantenere la mia promessa alla quale ci eravamo prepa= in questi mesi invernali. Una mattina, più bella e più calda,quando anche le api sono spinte fuori dal tepore,portato fuori l'abitacolo con il merlo e sollevato il tetto, mi misi in disparte ad osservare.Dapprima non si accorse che gli si era offerto un mondo più vasto, con più soddisfazioni e pericoli, e rimase immobile. I primi movimenti furono cauti,indecisi.La novità si accopagnava ad incredu= lità.Bisognava studiare attentamente la stuazione prima di decidere e ci voleva tempo. La decisione venne poi improvvisa con un balzo e un volo nel vuoto e nell'av= ventura.La prima sosta vicina poi altre sempre più lontane.I rami nudi degli alberi mi permisero di osservarlo per lungo tratto,poi il sipario si chiuse con la mia tristezza.Mi aveva promesso di ritornare,di portarmi altri amici.Sapevo che la sua promessa non avrebbe potuto mantenerla.La legge della natura pren= de sempre il sopravvento.Come tutti i miei affetti, quando volati via,non ritorna= no più. Invece ad ogni inzio di primavera ecco il miracolo che si rinnova:tutti i giorni, sento il suo fischio, quelle poche note che gli ho insegnato,assieme a quelle che la sua natura gli ha impartito venire da lontano e farsi sempre più vicine. Ecco,il mio amico merlo mi viene a salutare e così anche alla sera tardi. Se ritarda sono io a chiamarlo fischiando il nostro saluto,da lontano rispode

e si avvicina al mio giardino.Sosta per un certo tempo sempre emettendo trilli di festosi suoni.Poi via,deve lavorare,ora, per mantenere la sua famiglia! Non posso che ringraziare per la sua amicizia e la felicità che quel minuscolo essere del creato mi da. Nel mese di agosto si zittisce,devo aspettare marzo per risentirlo e dialogare nuovamente con lui.

stelvio palmonari

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