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Il Rosso e il Nero Settimanale di Strategia

LA CASA DA SOGNO A TRE PIANI DI BARBIE

2 luglio 2009

Asset deflation nell’immobiliare per bambini

Nell’agosto del 2008 è stata venduta a Detroit la prima casa a un dollaro. Era una casa piuttosto bella all’8111 di Traverse Street, vicino all’aeroporto. Nel commentare la vicenda, un cittadino di Detroit notò sul suo sito personale che le case della sua città cominciavano a costare molto meno della Barbie Three Story Dream House, allora in vendita a 230 dollari. Stimolati dal bellissimo speciale di Rai Tre “Da Wall Street a Gran Torino” Video illustrativo della Barbie Three (cercatevelo in rete, vale la pena) che Story Dream House della Mattel. Dal mostrava, tra le tante altre cose, lunghe sito di Amazon.com . strade e avenue di Detroit con le case tutte in vendita a un dollaro, abbiamo controllato sui siti delle principali agenzie immobiliari del Michigan e scoperto che il fenomeno è ormai rilevante. Le normative municipali non creano ostacoli particolari per gli eventuali compratori, ci mancherebbe, ma per acquistare una casa a un dollaro bisogna impegnarsi ad abitarvici. Per gli investitori puri, quelli del mattone che è sempre il mattone, bisogna spingersi nella fascia tra i mille e i 5mila dollari. La scelta è ampia. In un sito con 267 proposte quelle sotto i 5mila sono la maggioranza. Per curiosità abbiamo anche verificato i prezzi operativi della Barbie Dream House ( il duro lavoro dell’economista applicato è fatto anche di queste cose). Ebbene, da Toys ‘R Us il nuovo quota oggi 129 dollari, ma da Wal-Mart si porta via tutto a 104. L’usato su eBay va sui 20. La casa è lussuosa. Nel bagno, dice con orgoglio la nota illustrativa, c’è perfino la flushing toilet, con un dispositivo che riproduce il suono dell’acqua che scorre. Non è un particolare trascurabile, perché nelle case in saldo a Detroit (e in tutta l’America) la tazza non si trova più, se la sono portata via i proprietari precedenti dopo il pignoramento.

“Niente di quello che ho appena detto convincerà chi è preoccupato per l’inflazione”, dice Susan Yellen della Fed di San Francisco (A View of the Economic Crisis, 30 giugno) dopo avere spiegato perché teme che l’inflazione sarà troppo bassa, non troppo alta. La Yellen non parla delle case di Detroit o di Barbie (la deflazione immobiliare che la preoccupa di più adesso è nel settore commerciale, non nel residenziale). Parla piuttosto della pressione al ribasso sui salari, della propensione a risparmiare di più e della debolezza della ripresa che verrà. Poi smonta una per una le angosce da inflazione (l’espansione della base monetaria, la Fed che terrà i tassi bassi troppo a lungo e il crescente disavanzo pubblico) e ne conclude che i tassi, probabilmente, rimarranno a zero per molti anni. La Yellen è una colomba da sempre. Diremo di più. Per alcuni è una possibile candidata alla successione di Bernanke, di riserva a Larry Summers. Parlare di tassi a zero per molti anni a venire suona indubbiamente come una musica dolcissima alle orecchie di Congresso e Amministrazione. Detto questo (e si noti che la Yellen ha avuto l’accortezza di non parlare di deflazione, ma di inflazione troppo bassa), lo scenario di lungo termine delle colombe ci appare ex ante altrettanto ragionevole di quello dei falchi vecchi e nuovi. Tra i nuovi segnaliamo Greenspan, che nel suo articolo sul Financial Times parla della possibilità d’inflazione a partire dal 2012, o forse perfino prima. Ci limitiamo a notare che, sia che abbia ragione la Yellen, sia che ce l’abbia Greenspan (o Rogoff o molti altri), l’inflazione non sarà in nessun modo un problema per tutto il resto del 2009, per tutto il 2010 e per gran parte del 2011. Sono almeno 600 giorni, un nulla nel grande schema delle cose ma un’eternità fatta di otto resoconti trimestrali e due annuali per chi gestisce 8111, Traverse Street. La prima casa di portafogli. Pensiamoci, prima di Detroit passata di mano a un dollaro rinunciare per 600 giorni al carry di nell’agosto 2008. curva, alla possibilità cioè di indebitarsi a zero (in dollari) o all’uno (in euro) e godersi i rendimenti dei 2 anni, dei 5 anni e (ma solo nei momenti di panico da inflazione) dei 10 o perfino dei 30. Il sempre ragionevole Feldstein, interrogato da Bloomberg Radio sull’ipotesi della Yellen, dice che, effettivamente, i tassi di policy rimarranno probabilmente fermi a lungo. Quello che si muoverà molto, tra il 2.50 e il 4, saranno i tassi a lungo. A seguire le linee di pensiero di Feldstein raramente si danneggiano i portafogli e assai spesso si fa loro del bene. Comprare dunque i decennali quando si avvicinano al 4, come è stato il caso tre settimane fa, non è una pessima idea (per i prossimi 600 giorni), a patto di venderli, prudenzialmente, tra il 3 e il 3.50. Il sempre ragionevole Feldstein, interrogato da Bloomberg Radio, si sbilancia in un’altra interessantissima ipotesi. Nel terzo e nel quarto trimestre, dice, la ripresa sarà “sostanziale e temporanea”. Vorremmo dire, ripetere e poi

anche sottolineare che Feldstein è uno dei più acuti e attenti (probabilmente il più acuto e attento) tra gli osservatori del ciclo economico. All’inizio del 2010, continua Feldstein, molti degli effetti positivi dello stimolo fiscale verranno meno e la crescita tornerà debolissima, se non negativa, salvo riprendesi un poco più avanti nell’anno. Alle stesse conclusioni di una ripresa fortissima della produzione industriale globale arriva Bruce Kasman di JP Morgan, che la attribuisce non solo agli stimoli fiscali ma anche e soprattutto al ciclo delle scorte. In questo momento il consenso, espresso in particolare dal Fondo Monetario, è invece per una ripresa a U molto graduale che si dispiegherà nei prossimi sei mesi e continuerà senza troppi sbalzi nel 2010. I teorici della W, o se si preferisce del double dip, collocano la ricaduta a fine 2010 (Roubini), nel 2011 (Adam Posen) o ancora più avanti (come l’ultimo bellissimo rapporto annuale della Banca dei Regolamenti Internazionali). Come abbiamo fatto per l’inflazione, non troviamo necessario schierarci fin da subito su questo o quell’esito della W. Ci limitiamo a constatare che da qui a fine anno il flusso di notizie macro sarà positivo, forse significativamente positivo. I pessimisti non hanno bisogno di ricordarci che la disoccupazione è in aumento, che molte aziende sono allo stremo e che tutta questa riaccelerazione, se mai ci sarà, si limiterà al massimo a prolungarne l’agonia. Né devono rammentarci (come fa egregiamente il rapporto della Bri) che se non si sistema in fretta il problema degli asset tossici delle banche fra due o tre anni ci troveremo con le banche malate come adesso e, in più, con una magnifica crisi fiscale globale. Barbie Dream House del 1962.

Sappiamo bene, ahinoi, che il mondo è pieno di guai, ma questo non toglie che i prossimi 600 giorni (per i bond) e i prossimi sei mesi (per l’azionario) saranno tutti da giocare. Senza farsi troppi problemi. I condannati a morte nel Miglio Verde (ma non in Cina) hanno diritto, la sera prima dell’esecuzione, a una cena con tutte le prelibatezze che desiderano. Una parte di loro, travolta da mille pensieri o da un vuoto improvviso, la rifiuta. Che senso ha godere della vita a poche ore dalla sua fine? Molti investitori, pensando continuamente al double dip e ai grandi problemi strutturali dei prossimi anni, si interrogano sul senso di entrare (o aumentare l’esposizione) su governativi o borsa quando si sa fin troppo bene come andrà a finire. A differenza del condannato che rifiuta la cena, tuttavia, gli investitori non hanno davanti poche ore, ma la lunga fatica di vivere gli anni Dieci.

I prossimi anni, dice oggi Bill Gross, saranno belli per gli investitori solo per chi vive nella fiaba di Pollyanna o per chi ha un quoziente d’intelligenza sotto 100. A noi questa pare una ragione in più, non una ragione in meno, per sfruttare il più possibile le poche opportunità esistenti.

Alessandro Fugnoli ++39 02 77426.1

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