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Il Rosso e il Nero Settimanale di Strategia

LA REGOLA DI ZARNOWITZ

9 aprile 2009

Ellismo e viismo a confronto

La Querelle des Anciens et des Modernes divise la cultura francese dal 1688 al 1696. Da una parte, tra gli altri, Boileau e Racine a sostenere la perfezione dei classici, per definizione insuperabile. Dall’altra Perrault e Fontenelle a invocare i meriti della modernità. Letteraria in superficie, la disputa fu in realtà politica e riguardò il principio di autorità e il potere assoluto. Finì dopo otto anni, quando Swift, dall’Inghilterra, buttò tutto in satira. La querelle tra ellisti e viisti, tra quanti cioè vedono un esito a L per la F. Sanna. Quattro equilibri cromatici della consonante vu. Acrilico su juta. crisi e quanti vedono, più 2005. ottimisticamente, la possibilità di una V, è ripartita ieri con due relazioni antagoniste presentate a un evento organizzato dal Peterson Institute, che le pubblica in rete sul suo sito. Il viista è Michel Mussa, che è stato capo economista del Fondo Monetario dal 1991 al 2001. Ellista è invece Simon Johnson, che ha coperto lo stesso incarico nel 2007 e 2008 succedendo a Rogoff. uesta querelle non durerà otto anni, ma non sarà nemmeno breve. In realtà è iniziata più di un anno fa. Il bipolarismo, allora, vedeva contrapposti i teorici della V a quelli dalla U, mentre gli ellisti erano una piccola minoranza rumorosa considerata estremista. Oggi l’ellismo è praticamente pensiero unico. L’uismo è quasi scomparso a livello ufficiale (solo la Fed lo professa, ma per dovere d’ufficio), ma rimane culto diffuso a livello popolare è dà vita periodicamente a movimenti confusi ma importanti, come il bear market rally di queste settimane. Quanto al viismo, non

se ne vedeva più traccia a nessun livello da molti mesi. Per il suo valore di rarità, quindi, l’intervento di Mussa assume particolare significato. ’ellismo, si diceva, è ormai culto universale di stato. Al nucleo originario dei permabear e di Roubini e Rosenberg si è aggiunto da parecchi mesi il Fondo Monetario con tutto il suo peso istituzionale, seguito rapidamente dall’Ocse, da molte grandi case e, buon ultimo, dal pensiero europeo di Commissione e Bce. L’ellismo, in essenza, è una forma di eccezionalismo. Nella sua visione questa non è una crisi ordinaria, è una crisi eccezionale, di quelle che accadono una o due volte al secolo quando il mondo avvia un grande processo di liquidazione degli asset accumulati a debito nei decenni precedenti. Si tratta di una gigantesca asta fallimentare che, lasciata a sé stessa, provoca un circolo vizioso devastante di quattro-cinque anni. Contrastata con interventi di policy, la caduta può essere a un certo punto rallentata o arrestata artificiosamente, in questo caso dopo soli due anni. Le misure di contrasto, tuttavia, non possono impedire l’inevitabile, ovvero la continuazione del processo di sistemazione dello stato patrimoniale di banche, imprese e famiglie. Per questo il massimo cui si può aspirare è una lunga fase (almeno due anni) di crescita zero. Simon Johnson dà corpo alla sua visione ellista disegnando un 2009 in caduta (anche se via via più lenta) e un 2010 (e oltre) di immobilità desolata e soffocante con rischi di ulteriori smottamenti nel caso la crisi bancaria non venga affrontata con la massima energia. Né è il caso di farsi illusioni pensando alla Cina. Uno stimolo fiscale del 3 per cento su un’economia che rappresenta il 6 per cento del Pil globale è un impulso dello 0.18, più o meno un errore di arrotondamento. F. Sanna. Gli egocentrici del terzo palindromo. Acrilico su juta. 2005.

Non indugiamo troppo su Johnson, per quanto sempre interessante. Le sue sono ormai posizioni di consenso. Clamorosamente aliene, e quindi affascinanti, sono invece le idee di Mussa, che ipotizza un netto punto d’inversione per l’economia americana a metà 2009 e un quarto trimestre già brillantissimo (4 per cento), preludio a un 2010 globale splendente di un 3.7 di crescita. Mussa porta ovviamente molte pezze d’appoggio (scorte, case, consumi, interventi di policy) ma quello che è sommamente suggestivo è che tutta la seria argomentazione poggia in ultima istanza su un’idea semplicissima, di quelle che potrebbero venire in mente anche al pastorello errante che contempla il cielo e ha imparato fin dalla più tenera età che più è violenta la tempesta più è terso e bello l’indomani. Il valore aggiunto della scienza, dopotutto, è a volte quello di trovare faticosamente le prove di quello che è già noto da sempre a livello intuitivo. In questo caso Mussa cita la regola di Zarnowitz (in realtà un’opinione espressa informalmente nel corso di una conversazione di 27 anni fa).

Serio studioso dei cicli economici, Victor Zarnowitz aveva notato già negli anni Ottanta che le previsioni degli economisti sulla durata e l’intensità dei cicli non sono mai particolarmente affidabili. I cicli, dal canto loro, non mostrano particolari regolarità, né nelle fasi espansive né in quelle recessive. Una sola cosa, dopo decenni di studi, si può dare per certa e cioè che a una recessione particolarmente profonda segue invariabilmente una ripresa particolarmente forte. Benvenuti nel cuore del viismo. Prima di correre a vendere il bear market rally (se ellisti) o al contrario a comprare tutto il comprabile nelle dieci settimane che ci separano dal grande punto d’inversione viista fermiamoci un istante. Tanto Johnson quanto Mussa partono da due assunti (opposti) non provati. Johnson parte dall’idea che questa volta è diverso, che siamo in una fase storica eccezionale. Natura facit saltus. Mussa invece parte dall’idea che la storia ha delle costanti e che la situazione che stiamo vivendo è già stata vissuta tante volte. Natura non facit saltus. Ora, che la natura o la storia facciano salti o non li facciano è una questione metafisica. Per chi, da investitore, deve fare scelte pratiche è meglio scendere di un gradino e ascoltare, tra gli altri, il più minuzioso, competente e spassionato (benché fervente patriota) macinatore di dati minuto per minuto, Martin Feldstein. Senza spingersi troppo nel lontano futuro, Feldstein nota da più di un anno (e lo ha ancora ribadito nei giorni scorsi) che l’economia americana continua a peggiorare e che i circoli viziosi che la stanno divorando (case che scendono di prezzo, pignoramenti, perdita di valore degli attivi delle banche, credit crunch, recessione, disoccupazione, case che scendono di prezzo ecc.) non mostrano seri segnali di essere prossimi a fermarsi. Victor Zarnowitz (1919 – 2009)

Feldstein concede che ci saranno trequattro mesi di modesto recupero a partire dall’estate, ma considera il recupero assolutamente non strutturale. Una volta terminato l’effetto del pacchetto fiscale l’economia tornerà debole (anche se non più in caduta libera) ancora per qualche mese. Chi investe farà bene a tenersi sempre aggiornato sugli sviluppi dell’ellismo e del viismo, ma si troverà probabilmente di fronte una realtà molto più complessa, fatta di brevi recuperi, magari intensi, e di ricadute. Recuperi e ricadute che verranno enfatizzati dai mercati, che vedranno nei primi l’inizio di un bull market (tutti i bear market rally a un certo punto si trasformano nella psicologia dei mercati in bull market puri e semplici) e nei secondi la conferma di un bear market senza fine. Il limite del viismo è nella banalizzazione della crisi. Il limite dell’ellismo è che tende costantemente a sottovalutare le risposte di policy. Il fatto che queste risposte siano state finora insufficienti non toglie, anzi, che ci possano

essere risposte più aggressive, sempre più aggressive. Solo negli ultimi giorni, senza dare nell’occhio, è stata autorizzata la creazione di 250 miliardi nella valuta speciale del Fondo Monetario e un altro centinaio è stato fabbricato dalla Fed per le altre banche centrali, che li gireranno alle banche (tecnicamente sono swap, in pratica sono nuovi dollari distribuiti in giro per il mondo). Una volta rotti i tabù monetari (quelli fiscali sono più duri da superare) le azioni si faranno più frequenti. Poiché non è facile dosare perfettamente gli stimoli, potranno verificarsi fasi di iperstimolazione e di brusca ripresa, seguite da improvvise paure d’inflazione che costringeranno le banche centrali a togliere temporaneamente il piede dall’acceleratore. Più che a una L o a una V bisogna dunque prepararsi a un andamento irregolare del ciclo (e ancora di più dei mercati). Mussa osserva del resto giustamente che di crisi a L si parla molto ma se ne è vista in realtà una sola. Dal 1945 al 1946 il Pil americano scese del 13 per cento e nei due anni successivi rimase fermo. Ci fu un crollo della spesa pubblica (per la fine della guerra) non bilanciato subito da una ripresa di consumi e investimenti. Esattamente il contrario di quello che succede adesso. Tolta quell’esperienza, di anni e tantomeno di bienni piatti non ce ne sono mai stati. Suona del resto surreale che dopo una caduta drammatica e fragorosa cali il silenzio assoluto della crescita zero. Pragmaticamente pensiamo che possa essere pericoloso sposare completamente uno scenario, soprattutto in una fase che si prospetta molto fluida. A grandi linee pensiamo comunque che sia bene passare gradualmente e (come dice El Erian) incrementalmente a un atteggiamento generale di acquisto di rischio su debolezza. Comprare azioni su debolezza (non ora, quindi), comprare euro contro dollaro su debolezza (sotto 1.30, quindi), comprare materie prime su debolezza. E’ difficile che il rally in corso si prolunghi senza interruzioni fino a saldarsi con il rialzo che accompagnerà la ripresina del secondo semestre. Tra adesso e giugno ci sono gli utili dei prossimi giorni, c’è il deterioramento continuo degli attivi delle banche (che vanno bene a livello operativo, ma è un’altra cosa), la partenza per ora molto deludente della Talf e l’avvio del Ppip rinviato di fatto a luglio. Ci sono quindi occasioni di consolidamento in cui ci si andrà forse a posizionare a metà strada tra i minimi d’inizio marzo e i massimi recenti. E’ lì, nel caso, che si potrà comprare qualcosa per l’autunno.

Alessandro Fugnoli ++39 02 77426.1

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