Guerrilla Marketing / Davide Contro Golia

  • October 2019
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  • Pages: 150
UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA FACOLTÁ DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE E DELL’ECONOMIA CORSO SPECIALISTICO IN PROGETTAZIONE E GESTIONE DELLA COMUNICAZIONE D’IMPRESA

“Davide contro GOLIA” Piccole imprese all’attacco del leader di mercato da posizione sfavorevole

Di Furattini Simone Matricola 12073

Tutor : Professor Mercurio Maurizio

Anno Accademico 2007 -2008

ABSTRACT ............................................................................................................- 4 INTRODUZIONE...................................................................................................- 7 1

GLOBALIZZAZIONE ...................................................................................- 9 1.1 1.2 1.3 1.4

2

CONCORRENZA.........................................................................................- 24 2.1

3

RESISTENZE PASSIVE ........................................................................ - 46 NICCHIE DI MERCATO ....................................................................... - 47 Nicchie di target ..............................................................................- 50 Nicchie di prodotto ..........................................................................- 50 Nicchie di marchio...........................................................................- 51 Nicchie di velocità ...........................................................................- 51 Nicchie di innovazione ....................................................................- 52 Inventare una nicchia .......................................................................- 54 -

GUERRIGLIA ..............................................................................................- 60 6.1 6.2 6.2.1

7

IL POTERE DEI GRANDI ...................................................................... - 38 -

DIFESA E ATTACCO............ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO. 5.1 5.2 5.2.1 5.2.2 5.2.3 5.2.4 5.2.5 5.2.6

6

OPPORTUINITÀ DA SFRUTTARE .......................................................... - 31 -

ACCENTRAMENTO DEL POTERE .........................................................- 35 4.1

5

CONCORRENZA NELL’ERA GLOBALIZZATA ......................................... - 26 -

POTENZIALITÀ ..........................................................................................- 31 3.1

4

COS’È LA GLOBALIZZAZIONE ............................................................ - 10 GLOBALIZZAZIONE IN ACCEZIONE NEGATIVA..................................... - 13 GLOBALIZZAZIONE IN ACCEZIONE POSITIVA ...................................... - 20 DEREGULATION ................................................................................ - 21 -

PIANIFICAZIONE ............................................................................... - 65 ATTACCO AL POTERE ........................................................................ - 66 Attacco inverso................................................................................- 69 -

COMUNICAZIONE NON CONVENZIONALE ........................................- 78 7.1 7.2 7.3 7.4 7.4.1 7.4.2 7.4.3

PASSATO CONTRO PRESENTE ............................................................. - 79 QUANDO NON C’ERA INTERNET ESISTEVA PUBBLICITÀ A BASSO COSTO?- 85 IL GIGANTE SPIAGGIATO.................................................................... - 88 GUERRILLA MARKETING ................................................................... - 90 Cos’è il guerrilla ..............................................................................- 92 Il guerrilla comunicativo..................................................................- 95 Poco costo e tanto rumore................................................................- 99 -2-

8

RICERCA ...................................................................................................- 111 8.1 8.1.1 8.1.2 8.1.3 8.1.4 8.1.5 8.1.6 8.2

9

FASI GUIDA DELLA RICERCA............................................................ - 112 Definizione dell’obiettivo ..............................................................- 112 Ricerca dei contatti ........................................................................- 112 Scelta dello strumento di divulgazione...........................................- 113 Rilevazione dei dati .......................................................................- 114 Elaborazione delle risposte ............................................................- 115 Domande e risposte .......................................................................- 118 VALUTAZIONE DEI RISULTATI ......................................................... - 134 -

CONCLUSIONI..........................................................................................- 138 -

ALLEGATI.........................................................................................................- 141 RINGRAZIAMENTI..........................................................................................- 148 BIBLIOGRAFIA E SITI WEB CONSULTATI................................................- 149 -

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ABSTRACT L’obiettivo della tesi è dimostrare come piccole aziende, occupanti posizioni svantaggiose nel mercato, possono difendersi e contrattaccare direttamente il proprio leader di settore.

Questo elaborato esamina il divario che spesso si crea sul mercato tra piccole e grandi imprese e suggerisce, tramite l’utilizzo di un mix di tecniche marketing e di comunicazione, soluzioni atte a colmare tale divario.

Per poter costruire strategie solide è necessario conoscere con precisione l’ambiente in cui si opera. Il primo passo della tesi prevede appunto l’inquadramento, la scissione e l’analisi dell’ambiente con cui si relazionano. “Globale” o sarebbe meglio dire “glocale” (globale-locale) è il termine più opportunamente riassume “l’intorno” con cui si relazionano le imprese d’oggi. L’influenza della globalizzazione nei confronti dei mercati mondiali ha portato con sé tre importanti conseguenze:

o deregulation dei mercati

o maggiori potenzialità di mercato (numero potenziale clienti)

o maggiore concorrenza (numero di concorrenti)

La tendenza naturale di questo fenomeno è favorire chi già gode di potere e sfavorire ulteriormente, come nel caso dei piccoli players, chi ricopre una posizioni sfavorevoli. Un’espressione di tale potere è certamente individuabile nell’ondata d’acquisizioni che i big players stanno effettuando nei confronti di molte piccole società, in tutti i maggiori settori commerciali. Il vantaggio creato dalle grandi imprese è basato sulla relazione costi-efficacia e può essere spiegato attraverso la Curva Logistica. Tale modello spiega come chi si trova nella condizione di poter investire al di sopra di una soglia minima d’efficacia venga -4-

premiato/ripagato dei propri sforzi in maniera più che proporzionale, mentre chi investe al di sotto di tale punto minimo ne è sfavorito.

La seconda parte dell’elaborato studia le strategie ad hoc che permettono in primo luogo di sottrarsi a queste logiche di mercato e successivamente di passare al contrattacco del leader di settore.

Trovarsi nella condizione di dover inseguire e attaccare non è semplice, nella maggior parte dei casi solo il primo follower può permettersi di ricalcare le orme del capofila, mentre tutti gli altri competitors si trovano nell’impossibilità economica, strutturale, organizzativa di riprodurre le strategie del capofila. Il primo passo che imprese inadatte al commercio globale devono attuare è quello di rifugiarsi in nicchie specifiche di mercato. Queste, sono un habitat favorevole per la salvaguardia del proprio business. Certamente lo rimangono fino al momento in cui questi “micro-cosmi” non divengono economicamente appetibili dai giganti commerciali. Il secondo passo possibile, una volta allestito un arsenale minimo, è l’attacco della concorrenza di settore e nel caso specifico attaccare il leader. Per poter riuscire nell’impresa di ottenere buoni ritorni da strategie a basso costo sono necessari elementi quali: conoscenza dell’ambiente in cui si svolge lo scontro, studio minuzioso dell’antagonista, idee originali ed innovative, coraggio nell’implementazione del piano d’attacco. Col passare degli anni sono state introdotte molte tecniche “alternative” per sopperire la mancanza di finanze. Un esempio di queste strategie è testimoniato dal celebre testo “Guerrilla Marketing” di Jay Conrad Levinson. Libro in cui si sottolinea come una svantaggiosa asimmetria di potere può essere talvolta soverchiata tramite la trasformazione delle regole che governano in ogni singolo mercato. Un prototipo di questo fenomeno è fornito dal successo di Ryanair che tramite voli lowcost ha ridisegnato il settore dei vettori aerei europei. Cambiare le regole che dominano uno specifico sistema, come ha fatto Ryanair, e trarne profitto è operazione certamente complessa, dispendiosa e rischiosa. Meno difficile è agire tramite strategie o semplici tattiche incentrate sul guerrilla marketing.

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Si tratta d’azioni non convenzionali e a basso costo utilizzate per contrastare la concorrenza. Strategie che, se utilizzate correttamente, hanno un buon rapporto costibenefici. Il termine guerrilla, come la parola stessa lascia intuire, deriva da una logica militare e fa riferimento alla resistenza dei gruppi militanti spagnoli durante l’occupazione napoleonica. I guerriglieri si trovano a fronteggiare un avversario più forte delle proprie possibilità (armi, mezzi e numero d’uomini) e per questo motivo combattono sfruttando e massimizzando le risorse di cui dispongono: attacchi a sorpresa, conoscenza del territorio su cui si combatte la battaglia, aiuti locali e inventiva. Si tratta di un’azione volta a indebolire il nemico nel tempo, non punta sulla guerra lampo come può fare chi si avvale della superiorità delle proprie forze, sfrutta ogni evento e i singoli campi di battaglia. Questo tipo di marketing si adatta a meraviglia alle aziende che vogliono prendersi qualche rischio in più per cercare di modificare la distribuzione del potere nel settore di mercato in cui operano.

L’ultimo passaggio della tesi riguarda la parte di ricerca sul campo. L’intento della fase dell’osservazione è fotografare quali sono attualmente i modelli d’azione intrapresi dalle piccole imprese nel confronti del leader di mercato. L’analisi mette in risalto com’ è possibile difendersi dallo strapotere dei grandi tramite l’utilizzo congiunto più tattiche specifiche. Le risposte della ricerca segnano il passaggio deciso da un’era incentrata sulla produzione di “massa” ad una “personalizzata” che rappresenta il passaggio obbligatorio verso la produzione completamente “su misura”.

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INTRODUZIONE Davide e Golia, sono due personaggi biblici che fungono da drivers per pilotare velocemente il contenuto di questo lavoro. Davide, impegnato in uno scontro squilibrato per il divario di forze messe in campo dai due contendenti, sconfigge Golia, avversario ben più forte e accreditato al successo finale. La medesima difficoltà di scontro la ritroviamo nel conflitto che vede quotidianamente opposte piccole e grandi aziende.

Nel periodo seguente la seconda guerra mondiale, fino agli anni settanta, la crescita dei mercati e l’inizio del consumo di massa favorisce la produzione su larga scala di prodotti standard a basso costo. Le grandi società sono viste come logica conseguenza di questo fenomeno: per soddisfare una grande domanda vi è bisogno d’aziende grandi. L’intera filiera produttiva è verticalizzata per ottenere maggior potere d’acquisto sui fornitori, controllare la tecnologia, esercitare maggior pressione sulla catena distributiva per giungere all’acquirente finale. Questo modello d’agire permette di costruire grandi barriere d’entrata che impediscono l’accesso a nuovi competitors e fanno sì che i mercati siano gestiti da un numero molto limitato di players. All’inizio degli anni settanta la guerra del Kippur e la conseguente crisi petrolifera segnano una battuta d’arresto nella continuità dello sviluppo economico mondiale. Questa discontinuità sgretola la rigidità delle grandi imprese e dà il via ad un nuovo corso d’innovazione tecnologica. Dalla verticalizzazione si passa così all’outsourcing, l’esternalizzazione delle linee produttive migliora la qualità dei prodotti e si creano nuove nicchie di mercato in segmenti che precedentemente erano occupati, ma non soddisfatti, dalle grandi società. Al giorno d’oggi le aziende cercano un perpetuo allargamento dei confini del proprio dominio in direzione orizzontale. La parola d’ordine è “espansione”, obiettivo che spesso passa dall’acquisizione di competitors. Questa manovra porta ad un duplice vantaggio: incremento della propria quota di mercato e diminuzione la concorrenza. Quotidianamente giunge la eco di grossi gruppi imprenditoriali che fanno “spesa” sul -7-

mercato e in un solo giorno sono in grado di assorbire anche più concorrenti. Questo trend colpisce indistintamente in tutti i settori, dal campo farmaceutico a quello tecnologico piuttosto che quello dell’abbigliamento.

In una dinamica di questo carattere si fa sempre più ardua l’impresa di tutte quelle piccole aziende che lottano per la sopravvivenza. L’andamento del mondo economico indica che il modello più forte tra quelli attualmente contrapposti propende per società di grandi dimensioni, con sedi produttive in più territori, volte alla creazione d’economie di scale considerevoli e dedite allo sviluppo di una “brand image” molto forte. Unitamente alle peculiarità strategiche sopraccitate dobbiamo segnalare l’assenza o l’inadeguatezza d’organismi preposti alla sovrintendenza del commercio globale. Tale mancanza favorisce ulteriormente chi già gode di grande e forza e incoraggia i big players ad ampliare i loro confini commerciali ed operare trasversalmente su tutto il mercato globale. L’effetto di tale autonomia è riscontrabile nei risultati economici che questi “colossi” sono in grado di produrre a livello di fatturati: P.I.L. paragonabili a quelli di molti stati mondiali. Questa forza finanziaria permette loro di creare un circolo vizioso tale per cui il loro potere aumenta incessantemente e sempre più velocemente.

In quest’asimmetria di forze tra piccole e grandi imprese sono poche quelle che riescono a reggere il confronto contro tale imponente offensiva ma, come vedremo in seguito, le armi e i modelli da seguire per poter soverchiare le gerarchie non mancano. Quello che realmente serve è un buon bilanciamento di conoscenza e coraggio. Conoscenza per fondare le linee guida della propria azione su schemi vincenti e coraggio per puntare a soluzioni alternative che escano dagli schemi.

La sfida si presenta si presenta ardua ma l’esito è tutto da scrivere.

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1 GLOBALIZZAZIONE

Il mondo in cui viviamo è condizionato da forti interdipendenze: ciò che accade in un determinato contesto territoriale si riflette inevitabilmente anche su altri.

L’economia e gli scambi internazionali sono i fattori che hanno dato il via al “grande cambiamento” del pianeta. L’abbattimento delle frontiere economiche, ma non solo, ha portato al continuo aumento delle transazioni commerciali tra paesi di ogni angolo del globo. A fianco dei grossi mutamenti economici annoveriamo le grandissime scoperte scientifiche e tecnologiche che permettono di azzerare le distanze un tempo ostacolo dello sviluppo. L’avvento di Internet, il miglioramento delle comunicazioni, la maggior mobilità sia di uomini che di merci sono fattori estremamente importanti nello corsa dello sviluppo umano.

La globalizzazione porta con se molti cambiamenti e negli ultimi decenni assistiamo ad un radicale cambiamento del contesto economico di riferimento delle imprese poiché, come ben sappiamo, ogni impresa è immersa in un sistema chiamato “ambiente” che ne influenza e condiziona l’agire e l’evolversi. Sulla base di questa considerazione distinguiamo due tipi di ambiente:

o Macroambiente. Caratterizzato da tutti quei fattori che influiscono sull’impresa e non ne sono reciprocamente influenzati, ad esempio: il clima sociale, politico, culturale, amministrativo

o Microambiente. Caratterizzato da tutti quei fattori che l’impresa è in grado di controllare o comunque influenzare direttamente, ad esempio: concorrenza, fornitori, clienti, intermediari.

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1.1 Cos’è la globalizzazione Le relazioni, i vincoli, le opportunità che influenzano l’universo economico di sviluppo del pianeta sono decisamente mutati negli ultimi tempi contestualmente al variare di altri universi anche non necessariamente prossimi a quello economico. Per questa ragione è impossibile analizzare il concetto di globalizzazione in ambito esclusivamente economico senza analizzare il significato più generali sta che questa vocabolo porta con sé.

Partiamo dalla parola: G-L-O-B-A-L-I-Z-Z-A-Z-I-O-N-E, un lemma che racchiudere almeno dieci sfaccettature per ogni lettera. È un termine difficile da sintetizzare e definire in poche righe. Molte definizioni bibliografiche specificano i diversi livelli sui quali si sviluppa: livello sociale, culturale, tecnologico, economico, politico, religioso ma tralasciano spesso qualche livello di pertinenza, magari non di rilievo primario ma comunque influenzante o influenzato da tale fenomeno. Nelle varie definizioni fornite dalla letteratura il minimo comune denominatore è rintracciabile nel compattamento e nella influenza reciproca dei temi sopraccitati. In molte di esse è specificato, o comunque evinciamo, che tale manifestazione è sospinta in principio dagli scambi commerciali, i quali, dando via ad sistema sempre più fitto di rapporti finisce per coinvolgere e influenzare universi prossimi a quello preso in considerazione. Questa continua influenza e reciprocità che coinvolge quasi tutti gli ambiti della nostra vita è riscontrabile nella quotidianità di tutti noi. Quotidianamente sperimentiamo una forma di vivere sempre più globale. Ogni giorno superiamo i confini sempre più pallidi e sbiaditi del territorio in cui viviamo per connetterci al villaggio globale. Nell’ambito lavorativo allacciamo nuovi rapporti commerciali con paesi lontani. La mobilità delle persone aumenta a dismisura grazie alle tecnologie e all’abbattimento delle frontiere nazionali. Nel campo culinario, sia al supermercato sia al ristorante, siamo sempre più influenzati da piatti, ricette, ingredienti provenienti da tutto il mondo. Nel settore dell’abbigliamento compriamo capi che subiscono lavorazioni in una moltitudine di nazioni prima di giungere allo scaffale della boutique. I mezzi di informazione forniscono notizie sempre più globali e con un’interfaccia che ci dà la possibilità di approfondire la notizia a nostro piacimento. - 10 -

“Sia nei mercati interconnessi che tra i dipendenti delle aziende intraconnessi, le persone si parlano in un nuovo modo. Molto più efficace.” Fonte: Cluetrain manifesto

Dopo questa breve analisi ci chiediamo come sia possibile descrivere tale ampio fenomeno riassumendolo in una definizione? Secondo il mio punto personale, tale parola tocca una quantità così variegata e vasta di argomenti che la definizione non può che essere generica:

“fenomeno di progressivo sviluppo di scambi e relazioni, commerciali e non, che produce una continua e crescente interrelazione tra diverse sfere d’interesse dell’uomo.”

La parola globalizzazione è di per se ampiamente descrittiva della grandezza di tale processo. Trasferisce su scala planetaria i fenomeni che in precedenza avvenivano all’interno di uno stato o territorio meno esteso. Analizzata dall’esterno appare come una rivoluzione già nota agli occhi dell’uomo (pensiamo alla rottura che ha apportato la rivoluzione industriale) ma che si sviluppa su scala e contesto di riferimento senza eguali. La grandezza dell’evento, ossia il numero di persone coinvolte direttamente e indirettamente è decisamente elevata, tutte le classi sociali ne sono coinvolte e anche le istituzioni ne sono contagiate. Ognuno di noi la vive e la fomenta nella sua piccola dimensione quotidiana ed il risultato è data dalla somma di singoli comportamenti e si fissa su scala planetaria. La velocità di diffusione d’idee e modi di vivere tende ad omogeneizzare sempre di più le nostre vite portandole su canoni e standard comuni. Ci rendiamo presto conto che ciò che viviamo tutti i giorni è la più grande rivoluzione che l’uomo abbia mai fatto poiché non riguarda solo una sfera d’interesse dell’essere umano ma spazia a 360° e influenza ogni settore della vita umana. Condivisione, mescolanza, integrazione sono diventate parole all’ordine del giorno. I dialetti di un tempo ora sono sostituiti da “slang” oppure nascono vere e proprie tendenze linguistiche come lo Spanglish.

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Volgendoci al passato per individuare le radici di tale cambiamento prendiamo in considerazione un primo importante passo verso un mondo globalizzato: i flussi migratori del secolo scorso

L’avvento dell’era industriale e la conseguente crescita economica dei paesi in cui le industrie nascenti si rivelavano più floride ha caratterizzato i primi grandi flussi migratori internazionali. Tra ottocento e novecento ma soprattutto negli anni seguenti le due guerre mondiali assistiamo a grandi spostamenti di persone che dall’Europa muovono verso l’America ma non solo. L’Europa non si presenta più come la “locomotiva” economica del tempo poiché sconvolta dai conflitti bellici. In Italia moltissime persone cercarono fortuna nelle Americhe o in Australia per realizzare quelle prospettive di lavoro e di vita che il nostro paese non è più in grado di offrire. Ma a testimonianza di come la globalizzazione ha rivoluzionato le tendenze, abbiamo visto come negli ultimi decenni la situazione sia radicalmente cambiata: da paese di emigranti siamo diventati paese meta di flussi migratori. Per comprendere questa inversione di tendenza occorre interpretare la natura dei processi che hanno luogo nell’economia mondiale e che determinano i flussi migratori. Da paese povero e martoriato dalla seconda guerra mondiale l’Italia è divenuta la sesta economia mondiale, divenendo a sua volta meta di flussi migratori dai paesi più poveri. Fonte: scienzedelleinvestigazioni.it

Nei paragrafi che seguono vogliamo considerare la globalizzazione in tutti i suoi aspetti così da poter delineare un quadro generale e chiaro per valutare come tale fenomeno influenza il sistema impresa.

Come ogni rivoluzione anche la globalizzazione porta con sé aspetti positivi e negativi più o meno condivisibili. Analizziamoli.

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1.2 Globalizzazione in accezione negativa La globalizzazione e’oggetto di aspre critiche e forti dissensi. Un punto fondamentale è comprendere come le moderne migrazioni siano in rapporto diretto con il problema di sottosviluppo che affligge un gran numero di stati nel mondo. L’acuirsi del divario di risorse e delle opportunità tra Nord e Sud del mondo dovuta alla globalizzazione dell’economia crea un collegamento coi flussi migratori. Carlini sostiene che: “il divario tra “primo mondo” e “terzo mondo” tende ad una costante crescita poiché un paese più produce più si arricchisce. Mentre un paese che arranca è destinato a impoverirsi maggiormente creando presupposti non di aspettativa di vita ma di speranza di sopravvivenza.” Questo determinerebbe la spinta migratoria, quindi lo spostamento di masse di persone da aree disagiate ad aree economicamente più floride. Questo spostamento è quindi causa di “mescolanze” di culture e di etnie che genera, inevitabilmente, l’avvento delle tematiche interculturali. Ai giorni nostri l’Europa si ripresenta come una terra promessa per le popolazioni più arretrate. Progressivamente, con l’esponenziale aumento della immigrazione in Europa da parte di popolazioni del terzo mondo, diversi stati devono affrontare il problema di come arginare e bloccare i flussi migratori. La tendenza globale è comunque una migrazione Sud-Nord per quanto riguarda le aree sviluppate; migrazione interregionale in continenti in cui le aree hanno diversa distribuzione delle risorse (Africa). Fonte: scienzedelleinvestigazioni.it

La globalizzazione è causa, primo luogo, della presenza di molte e forti disparità traducibili in forti asimmetrie patite dalle popolazioni più povere nei confronti di quelle più ricche:

o l’asimmetria della polarizzazione di chi trae benefico da essa e di chi ne viene danneggiato

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o l’asimmetria tra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo che si trovano nella condizione di essere sempre più esposti agli effetti delle crisi economiche internazionali, con un evidente rafforzamento di paesi e settori economici già forti

o l’asimmetria tra mercato finanziario e mercato del lavoro, con un rafforzamento del primo rispetto all’indebolimento del secondo

o l’asimmetria fiscale che vede, tendenzialmente, le multinazionali sottrarsi completamente, o quasi, a ogni forma di prelievo fiscale a discapito delle società medie e piccole

o l’asimmetria che comporta la scissione tra mercato – diritto e stato, nel senso che le leggi di mercato travalicano le norme e le frontiere statuali

o l’asimmetria che esiste nella distribuzione dei vantaggi e dei privilegi, ovvero la pesante e drammatica disuguaglianza nell’accesso alle risorse come può essere l’accesso alla tecnologia informatica, un computer ad esempio, costa all’abitante del Bangladesh oltre 8 anni di reddito mentre all’americano medio l’equivalente dello stipendio di un mese

o le asimmetrie che si determinano all’interno di una singola nazione e, in particolare, in quelle più inserite nei processi di globalizzazione. Negli Usa, ad esempio, negli ultimi 20 anni il 5% delle famiglie (ricche) ha concentrato un incremento della ricchezza pari a quella di 50 milioni di famiglie.

In secondo luogo è amplificatrice di tante caratteristiche negative dell’essere umano legate all’economicità delle proprie attività. Contrariamente a quanto afferma Ignacio Ramonet “il mercato è in grado di autoregolarsi” ci permettiamo di dissentire. Alla luce dell’importante ruolo economico, sociale, ambientale, culturale che le imprese ricoprono al giorno d’oggi è fondamentale che esse prevedano anche codici di autoregolamentazione etica. Un vero sistema autoregolamentato dovrebbe esserlo a

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360° e non solo esclusivamente nell’ambito economico/commerciale ma con tutto l’intorno con cui si interfaccia. Non parliamo d’etica fittizia ma di veri e propri programmi stabili in grado di ridistribuire la grande ricchezza economica che le imprese riescono ad accumulare. Per ridistribuzione di ricchezza non consideriamo esclusivamente finanziamenti economici rivolti direttamente a ceti meno abbienti o a territorialità specifiche ma anche l’implementazione di piani a carattere ambientale (annullamento e reintegro dell’impatto ecologico), sociale (sovvenzione di progetti educativi), culturale (finanziamento di musei, biblioteche), lavorativo (corsi per i dipendenti, agevolazioni, ecc). Parliamo di piani stabili e strutturati in maniera responsabile che mettano il valore della persona in primo rispetto all’aspetto economico. Come afferma A. Einstein, la vera sfida è

“Provare a non trasformarsi in un uomo(o impresa) di successo ma in un uomo di valore.” Albert Einstein

Purtroppo supponiamo che quanto finora detto poco importi agli “homo economicus” quali siamo. Del resto non è colpa nostra se viviamo in un sistema che da sempre pecca di egoismo e avidità sociale e se fin dalla nascita ci viene inculcata l’idea che più soldi possediamo più avremo successo. Sulla base di questo preconcetto riteniamo che sia veramente molto difficile costruire un sistema economico-commerciale in grado di essere volontariamente sostenibile e in equilibrio con l’ambiente in cui è immerso.

Il primo passo verso una struttura di questo tipo dovrebbe essere dato dall’aggregazione nel bilancio d’esercizio di fattori etici come ad esempio: impatto ambientale, condizioni del lavoratore, sviluppo sociale, culturale, ecc. che rappresenterebbero parametri di valutazione ben lontani dai bilanci sociali disegnati ad hoc dalle società stesse. Ad esempio, i cinque punti fondamentali presi in considerazione dall’organizzazione no profit ECRA (Ethical Consumer Research Association) sono:

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o Environment (Environmental Reporting, Nuclear Power, Climate Change, Pollution & Toxics, Habitats & Resources) o People (Human Rights, Workers' Rights, Supply Chain Policy, Irresponsible Marketing, Armaments) o Animals (Animal Testing, Factory Farming, Other Animal Rights) o Politics (Political Activity, Boycott Call, Genetic Engineering, Anti-Social Finance, Company Ethos) o Product Sustainability (Organic, Fairtrade, Positive Environmental Features, Other Sustainability)

La valutazione di queste elementi può incrementare il valore dell’impresa ma anche diminuirlo nel caso in cui l’azienda operi in maniera scorretta. Purtroppo, ad oggi, il “modus operandi” delle imprese non viene preso in considerazione nel bilancio e poco incide nelle relazioni commerciali.

Il mercato etico, equo e sostenibile è in crescita e fa gola alle grandi imprese multinazionali. Lo testimoniano le numerose acquisizioni di piccole aziende note per i loro principi etici verificatesi negli ultimi nelle mani del gigante francese dei cosmetici, i prodotti vegetariani di Linda Mc Cartney e la cioccolata Day Chocolate comprate da Nestlè, così come altri prodotti, poco noti a noi consumatori italiani, tra

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cui il dentifricio naturale di Tom’s of Maine acquisito da Colgate-Palmolive e lo yogurt bio di Rachel’s Organics divenuta una controllata della conglomerata americana Dean Food. Il caso dell’azienda di cosmetici naturali Body Shop. Nonostante il coro di proteste che aveva accompagnato la decisione della sua fondatrice Anita Roddick di vendere alla francese L’Oreal, la società dichiara che le vendite non hanno subito cali a seguito dell’accordo. Quello che è certo invece è che la sua reputazione etica ha subito un grave colpo. Infatti, secondo Ethiscore.org, sito della rivista Ethical Consumer che assegna un punteggio da 1 a 20 alle aziende in base ai loro comportamenti nel campo del rispetto dell’ambiente, degli animali e del lavoro, Bodyshop sarebbe passata da 11 a 2,5. E non solo. La rivista ha anche lanciato un appello a boicottare i cosmetici di BodyShop come segno di protesta verso L’Oreal e Nestlè che detiene quest'ultima al 26%. Fonte: equonomia.it

Nelle dinamiche attuali, l’unica cosa fondamentale è che il fornitore procuri un buon prodotto ad un prezzo basso, da dove lo ottenga in quale modo poco importa, purtroppo.

La Sodefor è conosciuta tra le popolazioni locali come Societé de Destruction Forestier (Società di Distruzione Forestale), ma il suo nome significa in realtà Societé de Développement Forestier. Fa parte del colosso forestale NordSudTimber (NST), un’impresa con sede in Lichenstein, che controlla direttamente 4,7 milioni di ettari di foresta in quattro province della RDC1. Tra il 2002 e il 2003, il gruppo NST ha riorganizzato l’assetto dei propri titoli di taglio, in collaborazione con funzionari del ministero. Lo stato della Repubblica Democratica del Congo è azionista di almeno una delle imprese del gruppo NST, anche se al momento non è chiara la partecipazione statale congolese nelle imprese del gruppo. La Sodefor e i contratti della vergogna: “Il signor _____ s’impegna ad evitare o a prevenire tutti i problemi di qualsiasi natura (barricate, sollevazione popolare) verso lo sfruttamento della foresta da parte della Sodefor. Egli è inoltre responsabile della buon - 17 -

andamento del lavoro nel cantiere forestale, senza però interferire nelle metodologie di lavoro. Sodefor, si impegna a elargire “doni” alla popolazione in cambio di rinunciare a qualsiasi diritto e protesti per violazioni contro la foresta 1 novembre 2005, Eyngongo e Elona: due sacchi di sale, 18 barre di sapone, quatto pacchetti di caffè, 24 bottiglie di birra, due sacchetti di zucchero. Fonte: greenpeace.it “Per alcuni, "globalizzazione" vuol dire tutto ciò che siamo costretti a fare per ottenere la felicità; per altri, la globalizzazione è la causa stessa della nostra infelicità.” Zygmunt Bauman

“All’imporsi in tutto il mondo del modello consumistico e dello stile di vita dei paesi occidentali, "veicolati" attraverso la diffusione su scala mondiale dei loro prodotti "simbolo" (Coca-Cola e McDonald's rappresentano solo gli esempi più eclatanti della tendenza alla creazione di un’unica cultura di massa planetaria, favorita dallo sviluppo delle comunicazioni che, portando tecniche e strumenti della persuasione pubblicitaria negli angoli, più remoti del globo, riesce a travolgere "confini culturali" millenari).” Ian Hamilton

La globalizzazione ci vede purtroppo attori destinati a vivere eternamente nel sogno dell’irraggiungibile e condividere un senso d’incompletezza generalmente diffuso. Il sistema di aspettative impostoci dalla comunicazione globale ci porta continuamente a puntare gli occhi verso qualcosa che sta più in alto di noi, verso un complesso di obiettivi/risultati da raggiungere assolutamente nella propria vita pena la mediocrità e la conformità eterna.

Vivere guardando continuamente verso l’alto non ci aiuta ad abbassare lo sguardo verso la base, verso ciò (tanto) che già abbiamo con fatica realizzato, da contrapporre a quanto di superfluo continuiamo ostinatamente a desiderare. Tutto questo è determinato da un sistema di divulgazione frutto del consumismo, dove, la propagazione di un messaggio unilaterale è volta a rimarcare ciò che ci manca per - 18 -

completare la formula della felicità piuttosto che sottolineare ciò che di superfluo e inutile interferisce con essa. C’indebitiamo per poter avere la vettura più bella rispetto a quella del vicino, andiamo in vacanza ai tropici anche se il nostro budget non lo permette, acquistiamo a rate prodotti sempre più cari e sofisticati dei quali sappiamo sfruttarne (forse) il 30% (cellulari, computer, tv). Dobbiamo imparare a guardare avanti e non in alto, con la consapevolezza di non necessitare tutto quello che ci è imposto da un sistema di valori decisamente sballato e accecante.

Questa globalizzazione non è in grado di colmare le enormi disuguaglianze tra paesi poveri e paesi ricchi, ma non solo, anche paesi sviluppati sono interessati da elementi negativi portati dal vento della globalizzazione. Pensiamo alle grandi imprese che decidono di delocalizzare la produzione in aree a basso costo produttivo o con legislazioni più permissive rispetto al paese d’origine.

“ La globalizzazione è il risultato della battaglia condotta dal capitale per rendersi indipendente dallo spazio e inafferrabile dalla politica.” Zygmun Barman

"La globalizzazione [...] non è più una scelta, ma un imperativo, sia per il sistema-paese che per le imprese. E la rapidità d’adattamento alla filosofia e alle logiche dell'economia globale si presenta ormai come un fattore premiante e fonte di vantaggi competitivi." Riccardo Varaldo

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Cattive gestioni di problemi o scelte sbagliate che non fanno altro che incrementare il malcontento sociale portandolo a forme di protesta anche violente.

1.3 Globalizzazione in accezione positiva La globalizzazione ha portato con sé notevoli vantaggi come:

o forte accelerazione delle economie

o maggior flessibilità nell’adattamento a situazioni nuove

o maggiori opportunità per tutti e pressoché in tutti i campi

In questo senso, come afferma Alberto Cuevas, "la globalizzazione porta con sé l’idea di una integrazione e convivenza universale, che offre speranze e ottimismo a grandi moltitudini, promettendo uguaglianza, giustizia sociale e, soprattutto, solidarietà". Essa si inserisce in un processo dinamico di apertura e di maggiore complessità del mondo in base ad un processo di apertura reciproca e di compenetrazione sia degli spazi geografici sia di quelli settoriali: tali dinamiche estese al territorio e ai settori offrono alle imprese ampie opportunità di inserimento nel mercato. Le maggiori dimensioni del mercato e l’intersettorialità comportano grandi opportunità di sviluppo per i paesi e dunque per le popolazioni. Della globalizzazione si sono giovati e si giovano tuttora sia i paesi già sviluppati sia quelli in via di sviluppo. Nei paesi emergenti, i capitali delle aree industrializzate e l’allargamento del mercato creano lavoro e elevano gli standard sociali. Favoriscono il trasferimento di tecnologie e di pratiche manageriali innovative. Sopperiscono alla carenza di risparmio interno, incentivando gli investimenti e la creazione di nuove società. Le economie dei paesi più sviluppati vedono a loro volta moltiplicarsi i mercati di sbocco dei loro prodotti. Vedono crescere occupazione e reddito grazie all’aumento complessivo della domanda. Inoltre, la concorrenza mondiale determina una riduzione dei prezzi di numerosi prodotti, migliorando il tenore di vita delle popolazioni. Il commercio internazionale può generare benefici in tutti i paesi che vi partecipano, sebbene in misure differenti.

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Ma non solo. Oltre a caratteri prettamente economici la globalizzazione è portatrice d’ideali positivi e libertari che ognuno dovrebbe condividere. Molte sono infatti le popolazioni che grazie alla diffusione delle grandi telecomunicazioni hanno potuto prendere coscienza d’ideali e valori quali: garanzia delle libertà fondamentali e l’affermarsi di forme di governo democratiche chiamate a tutelare i propri cittadini garantendo loro una vita decorosa . Oggi si può affermare che non esistono più barriere alle comunicazioni: ognuno è libero, grazie ad Internet, di esprimere il suo pensiero in libertà e farlo conoscere al mondo intero. Uno strumento fondamentale per il reperimento d’informazioni, fonte di confronto e contenitore virtuale di gran parte del sapere umano. Il web contiene informazioni viaggiano libere ed in formati standard, è inutile reinventare la ruota se il risultato che si vuole ottenere è il medesimo. Io stesso, per la stesura della tesi, mi sono avvalso di questo formidabile strumento per affrontare e spiegare problemi/concetti già affrontati da altri in passato. La condivisione, lo scambio, il confronto, sono elementi dai quali la società moderna non può prescindere poiché sono in grado di accrescere il livello culturale, economico, sociale di ogni singolo e di conseguenza del mondo intero.

1.4 Deregulation “[…]La globalizzazione non configura un "gioco a somma zero" ma con alcune economie che guadagnano a spese dei sacrifici e delle perdite subite da altri paesi. Se le politiche economiche adottate soddisfano i requisiti richiesti da mercati concorrenziali su scala mondiale, allora tutti i paesi potranno sviluppare meglio i propri vantaggi competitivi, porsi su un sentiero di crescita potenziale e partecipare pro quota ai benefici di un'economia mondiale resa più prospera." Fonte: World Economic Outlook

"La novità dell'attuale epoca di sviluppo è la globalizzazione del capitalismo, vale a dire la sottrazione della forza e delle logiche del capitale al controllo sociale delle comunità nazionali. Oggi l'economia è globale in un senso in cui la politica non lo è. Viene così meno il vincolo stabile fra - 21 -

stato, territorio, popolazione e ricchezza - "la ricchezza senza nazioni", appunto." Angelo Zamagni

La globalizzazione verte sulla dittatura della cultura neoliberista, la sua filosofia è costituita sul primato del mercato e di tutto ciò che ad esso serve per espandersi, rendersi sempre più autonomo e auto governarsi. Questo è quanto sostiene Ignacio Ramonet.

La teoria afferma che:

“ il mercato possiede in sé i mezzi per autoregolarsi e, libero da vincoli e da condizionamenti, soprattutto dello stato, produce un formidabile potere di espansione. “ Ignacio Ramonet

Vogliamo sottolineare come il mercato ha in sé le caratteristiche per autoregolarsi ma non è assolutamente detto che lo faccia.

Come afferma la teoria, i principi fondamentali del modello concettuale del pensiero unico sono:

o massiccia deregulation dell’economia o ampia autonomia del settore finanziario sia rispetto alla produzione che al commercio o estensione rapida e massiccia del mercato o politica dello stato minimo e leggero rispetto alla dominanza del mercato e della sua mano invisibile o rifiuto dello stato quale agente di integrazione attraverso le politiche sociali o attacco al welfare o flessibilizzazione, tendenzialmente non contrattata, del mercato del lavoro

Le piccole imprese si trovano a fare i conti con un tipo d’economia che favorisce maggiormente chi gode di grande potere e sfavorisce ulteriormente chi ricopre una - 22 -

posizione sconveniente poiché il processo di ristrutturazione mondiale della scala spazio-temporale delle attività produttive e la crescente decontestualizzazione dall’insieme socio/territoriale permette alle compagnie più grandi (facoltose) di investire in zone produttive a basso costo.

Questa considerazione è a dir poco fondamentale se prendiamo in considerazione che il vantaggio competitivo di molti leaders di mercato è strettamente connesso alle economie di scala e alla delocalizzazione produttiva.

Tempo fa, gli stati si difendevano con la costruzione di barriere e dazi doganali che garantivano una valida opportunità per la creazione e l’accumulo di valore all’interno di un paese. Oggi, questi medesimi argini rappresentato un ostacolo allo sviluppo e alla ricchezza dello stesso paese. Cuba ne è un esempio. Altro tipo d’esempio può essere fornito dal mercato della ex Unione Sovietica. Le 4.ooo aziende che ricoprivano questa estesa area del mondo hanno operato fino ai primi anni 90 all’interno del sistema economico del “Comecon”, nei loro mercati regionali protetti, spesso in posizione di monopolio sotto l’egida e la protezione dello stato. Le imprese sovietiche erano tutte in mano alla pubblica amministrazione. L’apertura dei mercati, la caduta del muro di Berlino nel 1989, ha colto impreparato il sistema economico russo che è stato assorbito da strategie e dinamiche economiche di imprese occidentali più liberali e più allenate a sorreggere il peso della concorrenza.

La globalizzazione è un vento che soffia forte e persistente portando con se frammenti dei luoghi che attraversa. Se, nel territorio in cui viviamo, disponiamo di attrezzature adatte a catturare e trasformare questa forza in energia si possono ottenere grandi risultati, viceversa se si dispone di aquiloni e girelle, saremmo sempre più devastati e schiacciati da questo flusso d’aria dal profumo occidentale.

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2

CONCORRENZA

In ogni sistema economico piccolo o grande che sia, esiste una domanda di mercato per prodotti/servizi atti a soddisfare i bisogni umani. La diffusione delle imprese tende man mano a coprire la richiesta del mercato in tutti i settori. “L’ottimo” imprenditoriale, a livello concorrenziale, è determinato dalla presenza di una sola azienda per il soddisfacimento di un determinato bisogno, equivale a dire monopolio. Questo primo passo porta ad una scarsa competizione intrasettoriale ed a una carente specializzazione. Generalmente, solo una volta occupate tutte le possibili posizioni in grado di soddisfare la domanda dei diversi settori di mercato assisteremo alla sovrapposizione di più aziende nel medesimo settore. Grazie a questa sovrapposizione inizia una diversificazione per la copertura di tutti i segmenti di mercato rimasti scoperti oppure scontenti dei prodotti/servizi a loro disposizione. È sempre grazie alla concorrenza che prende piede l’innovazione.

Uno dei modelli utilizzati per valutare le caratteristiche dell’ambiente in cui è inserita l’impresa è quello fornito da Porter. Il modello delle cinque forze competitive (anche detto analisi della concorrenza allargata) è uno strumento utilizzato dalle aziende per valutare la propria posizione competitiva. Il modello identifica le forze che agiscono nell'ambiente economico e che tramite la loro interazione con l’impresa ne variano la redditività nel lungo periodo. Tali forze agiscono con continuità sull’impresa e se non opportunamente monitorate e fronteggiate portano alla perdita di competitività. Tali forze sono:

o Concorrenti diretti: soggetti che offrono la stessa tipologia di prodotto sul mercato

o Fornitori: coloro dai quali l'azienda acquista materie prime e semilavorati necessari per svolgere il processo - 24 -

o Clienti: i destinatari dell'output prodotto dall'impresa

o Potenziali entranti: soggetti che potrebbero entrare nel mercato in cui opera l'azienda

o Produttori di beni sostitutivi: soggetti che immettono sul mercato dei prodotti diversi da quelli dell'impresa di riferimento, ma che soddisfano, in modo diverso, lo stesso bisogno del cliente/consumatore

L'analisi di queste forze permette all'azienda di ottenere un quadro completo sulla sua posizione competitiva, di prendere decisioni strategiche, di stabilire i comportamenti e atteggiamenti da adottare nei confronti di queste forze.

Fonte: Wikipedia

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2.1 Concorrenza nell’era globalizzata La concorrenza ha assunto termini veramente mondiali e mette in rivalità società agli antipodi del globo. Lo spazio “Nazione” occupato da un’impresa è ampiamente superato, il vero termine da prendere in considerazione è la sua“territorialità”. Le imprese moderne si confrontano anche con nuovi players arrivati da paesi non connessi ai maggiori sistemi del commercio mondiale del periodo preglobalizzato. Questi nuovi entranti influenzano pesantemente le dinamiche dei mercati e costringono le imprese meno efficienti ad aggiornare o rivedere il loro approccio al mercato.

Uno dei fenomeni più grandi portati dalla globalizzazione è la “disaggregazione”, cioè il distaccamento sempre più netto dei rapporti sociali dai contesti locali di appartenenza e ad una loro ristrutturazione su scala spazio-temporale. Questo processo origina scambi e produzioni globali. In molti contesti territoriali si passa da forme statiche di competizione, basate su un numero esiguo di competitors e con un lungo ciclo di vita dei prodotti, a forme più “nervose” e meno prevedibili.

La diversa dinamica competitiva emerge chiaramente fissando le differenze tra ieri ed oggi nelle due dimensioni essenziali di spazio e tempo.

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Ieri l’impresa serviva un minor numero di mercati geograficamente prossimi alla propria sede (spazio ristretto) e sui quali aveva un maggior controllo. Ciò comportava una minore necessità di innovare, i prodotti duravano più a lungo (tempo). Oggi la situazione è radicalmente cambiata: l’apertura (anche politica) dei mercati, sistemi di trasporto più efficienti, meno costosi, la possibilità di comunicare su vasta scala a basso costo grazie a Internet e forme di presenza fisica su altri territori ribaltano le logiche di spazio/tempo valide fino a ieri. Oggi l’impresa opera su più mercati anche molto lontani dalla propria sede fisica e amplia il proprio raggio d’azione (spazio allargato).

Prendiamo come punto di riferimento un produttore mondiale nel campo dell’abbigliamento e delle calzature sportive come Nike. Al 31 maggio 2004 dichiarava di avere 700 fabbriche sparse per il mondo, 500 nel continente asiatico, di cui 124 in Cina, 73 in Thailandia, 35 in Corea del sud, 34 in Vietnam, e poi altre ancora in Messico e America latina.

In un’ottica di questo tipo le aziende più piccole, impossibilitate a muovere nella medesima direzione del leader per ovvi problemi strutturali ed economici, devono competere in altra maniera. Nella maggior parte dei casi, infatti, solo il primo follower (che è comunque generalmente rilevante in termini strutturali ed economici) può permettersi di ricalcare le orme del leader mentre gli altri competitors devono cercare valide alternative per fronteggiare il mercato.

Oltre al fattore produttivo varia anche il tempo d’immissione di nuovi prodotti sui mercati: nuovi prodotti in minor tempo. Proprio a causa della necessità di rinnovare continuamente il proprio prodotto/servizio nel minor tempo possibile è fondamentale comprendere a fondo il comportamento dei clienti. Comprendere il profilo della propria clientela e le ragioni per cui acquista (o non acquista) serve a gettare le basi per la differenziazione del prodotto, per capire quali nicchie creare, per capire su quali valori puntare per costruire tutto quell’insieme di caratteristiche tangibili e non che rendono il prodotto unico e difficilmente imitabile. La - 27 -

continua ricerca delle preferenze del cliente allontana l’impresa dalla competizione basata unicamente sul prezzo. Infatti, la prima e più evidente conseguenza dell’intensificarsi della pressione competitiva è lo scatenarsi di guerre di prezzo. Tale contesto favorisce l’impresa grande, la quale usufruendo di importanti economie di scala arrivare a detenere una leadership di mercato legata al prezzo. In quest’ottica, il perseguimento di grandi economie di scala è sicuramente da escludere nell’approccio al mercato delle piccole e medie imprese. Per questo motivo, le piccole imprese, devono sviluppano “antidoti” contro la guerra di prezzo e differenziarsi anche con strategie differenti che permettano loro di incentrare il proprio focus su caratteristiche alternative. Alcune società particolarmente lungimiranti e innovative riescono a costruire azioni al di fuori degli schemi ordinari che regolano l’agire delle imprese del settore. Riescono con semplicità a stabilire un contatto diretto, profondo e duraturo con la clientela, per produrre valore aggiunto in prodotti /servizi diversi rispetto alla concorrenza e, come tali, difficilmente imitabili. Chi mai poteva pensare vent’anni addietro che le persone avrebbero acquistato mobili per la casa e l’ufficio e di montarseli da se? Questo l’ha fatto IKEA ed è diventato leader mondiale. Basso costo, qualità accettabile, buon design, una formidabile assistenza al cliente e punti vendita che comunicano, contribuendo a diffondere l’immagine ed i valori dell’azienda attraverso l’esperienza d’acquisto del cliente.

Il problema principale del mercato attuale risiede nel bisogno di integrare due elementi dalle caratteristiche apparentemente inconciliabili:

o efficienza: minori costi e maggiore capacità di resistere a guerre di prezzi frequenti. Modelli simili sono propri della grande dimensione, dato che in molti settori ci sono significative economie di scala, curve d’esperienza e maggiore potere d’acquisto verso i fornitori all’aumentare dei volumi sugli acquisti.

o flessibilità: una concorrenza più dinamica, più mobile, più difficile da prevedere impone la necessità di dare risposte rapide al mercato, di allestire linee produttive nuove in breve tempo, di avere meno burocrazia e più reattività. Queste sono caratteristiche tipiche della piccola impresa, per natura più flessibile e dinamica della grande. - 28 -

Il dilemma fondamentale è come fare ad avere il potere della grande impresa e la flessibilità della piccola? Una risposta univoca non esiste, ogni impresa deve creare il proprio equilibrio. Ogni impresa deve trovare il giusto rapporto dimensione/flessibilità coerente con il rapporto qualità/prezzo dei prodotti che offre sul mercato. Proprio su questo tema giornali e media attuali suggeriscono la necessità di avere aziende di dimensioni più grandi. Tuttavia, nonostante la piccola impresa sia in molti casi penalizzata, diciamo che il problema in termini esclusivamente quantitativi (la crescita dimensionale) sia fuorviante. Si rischia di dimenticare il nesso tra crescita dimensionale e sviluppo, inteso come crescita qualitativa. La crescita qualitativa (maggiore qualità nel modo di operare, di gestire, di innovare i prodotti ed i processi, di dare più visibilità ai prodotti, ecc.) è indispensabile, e costituisce l’elemento capace di innescare un processo di crescita dimensionale se coerente con la struttura del mercato e con gli obiettivi aziendali. La crescita dimensionale non è di per sé condizione per la sopravvivenza, le piccole imprese possono rivelarsi realtà di successo, a patto che siano in grado di: creare, mantenere e ricreare un vantaggio competitivo sui concorrenti. Inoltre i vantaggi derivanti dalle economie di scala, propri delle aziende più grandi, sono sostituibili con le economie di rete possibili sfruttando i distretti industriali secondo logiche attuali e globali. Con i mezzi attuali, l’unione o la vicinanza possono essere sfruttate anche attraverso la “rete” informatica, questo ne è un esempio:

WineFood.it: l’unione fa la forza per la PMI dei prodotti tipici enogastronomici

Un’occasione gratuita per i piccoli e medi produttori di promuoversi verso nuovi mercati. 03/09/2007 - L’unione fa la forza per il Made in Italy. Da oggi anche i piccoli produttori potranno proporsi su nuovi mercati nazionali ed internazionali, uniti tra loro nel portale di WineFood.it, senza perdere la loro identità ed unicità. Oltre ad Internet anche i canali promozionali - 29 -

tradizionali e gli eventi fieristici saranno strumenti per il successo del progetto. Infrastrutture tecnologiche e marketing “di frontiera” a disposizione dei piccoli imprenditori. Per aver la forza di competere nel mercato globale.

WineFood.it diventa il raccordo tra i produttori ed i consumatori che interagiscono in co-branding con il marchio del portale.

L'obiettivo del progetto è di abbattere le frontiere per la PMI del settore e conquistare una quota del mercato dei prodotti italiani che la Coldiretti stima intorno ai 50 Mil. di Euro.

WineFood.it chiede ai suoi partner di fare una sola cosa: continuare a lavorare con la qualità e genuinità che già adoperano. Così da poter rendere i loro prodotti bandiere del "made in italy" sul mercato. Fonte: comunicati-stampa.net

Le piccole e medie società devono sapersi muovere nel contesto globale con più dinamicità e coordinazione tra loro. Senza una gestione evoluta, crescere dimensionalmente non garantisce la risposta a queste domande e quindi la sopravvivenza negli attuali contesti competitivi. E’questo il vero nodo da sciogliere.

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3 POTENZIALITÀ

3.1 Opportuinità da sfruttare I confini fisici dettati dalla globalizzazione sono pressoché i confini delineati già dall’era preglobalizzata. Già, a variare non sono le dimensioni fisiche del mercato ma la facilità d’approccio al nuovo mercato. Perché nuovo? Perché il mercato come lo viviamo adesso, non è mai esistito. Libertà di comprare e vendere dappertutto, possibilità di fare comunicazione globale, trasporti rapidi, modalità di pagamento preferenziali. L’innovazione tecnologia sommata alla conoscenza permette alle imprese di accrescere in efficacia ed efficienza gli scambi commerciali. La tecnologia dei nostri giorni, Internet in primis, risolve o comunque diminuisce due problemi fondamentali per le imprese: costi e tempi. Questi due elementi ricevono una diminuzione pressoché esponenziale all’aumentare continuo di due variabili come tecnologia e conoscenza.

Numeri indice del volume del commercio mondiale dal 1891 al 2001 (base 1911=100) anno 1891 1901 1911 1921 1931 1941

indice 32 57 100 82 113 103

anno 1951 1961 1971 1981 1991 2001

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indice 142 407 520 586 660 893 Fonte: Istat

Volume del commercio mondiale 1000 893 900 800 586

600

520

500

407

400

32

1891

1901

100

100 57

82

113

103

1941

200

1931

300

1921

valori (1911 = base 100)

660 700

142

2001

1991

1981

1971

1961

1951

1911

0

tempo

Fonte: Istat

Un altro fattore che concorre in maniera rilevante alla maggior facilità di commercio è determinato dalla deregulation. L’abbassamento di vincoli favorisce la possibilità che le imprese si relazionino vicendevolmente e con maggior assiduità. In ambienti poco regolamentati, infatti, le imprese hanno l’opportunità di gestire le loro negoziazioni in maniera pressoché libera. Il vero problema è determinato dall’incapacità delle istituzioni di costituire organismi, a livello mondiale, preposti al controllo di tali mercati o transazioni. L’autoregolamentazione del mercato è fattore importante ma non certamente sufficiente per un corretto funzionamento del mercato.

Tornando al discorso precedentemente affrontato, riguardante le possibilità operative delle imprese, possiamo dunque affermare che il mercato potenziale è rappresentato (tranne poche eccezioni) esclusivamente dai confini fisici del globo terracqueo.

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Tale mercato è raggiungibile poiché gli strumenti moderni, come affermato in precedenza, riescono a ridurre drasticamente le variabili di tempi e costi. Le opportunità per le società, grandi o piccole che siano, sono riconducibili a due dimensioni del mercato:

o maggiori volumi di vendita

o maggior segmentazione del target

Il primo punto è determinato dalle varie confluenze dei diversi mercati mondiali in un unico mercato. Grazie a questa convergenza contiamo un numero maggiore di consumatori e, di conseguenza, anche un maggior volume di consumi. Il secondo punto riguarda l’aumentare della frammentazione della domanda. Aumentando il numero di clienti è probabile che la domanda su prodotti/servizi si faccia più eterogenea (anche se, come vedremo in seguito, si crea speso tensione tra l’omogeneizzazione ricercata dalle grandi imprese contro la richiesta differenziata voluta dai singoli clienti). In tale contesto, le strategie nelle mani delle imprese sono facilmente divisibili in due filoni: la prima verte sul raggiungimento di grandi economie di scala, la seconda invece, su rilevanti fattori di differenziazione per il soddisfacimento delle diverse domande.

Oltre alla domanda mondiale dei consumatori, le società odierne possono fruttare importanti alleanze business to business (b2b). In queste condizioni di mercato diviene importante la propensione a stringere accordi e creare reti internazionali d’alleanze tra imprese, i cui rapporti di cooperazione e di collaborazione si possono articolare in architetture più o meno complesse. Un ulteriore punto di vantaggio giocato dalla globalizzazione a favore delle imprese è determinato dalle possibilità di ricevere finanziamenti, aiuti, sovvenzioni da parte di enti istituzionali, nazionali, continentali, mondiali, affinché contribuisca allo sviluppo di una determinata territorio. Questo fattore incentiva la delocalizzazione produttiva delle imprese che, in questo modo, possono sostanzialmente usufruire di due vantaggi in un momento solo: produzione in aree a basso costo e sovvenzioni istituzionali.

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Quelle appena elencate sono le principali opportunità che le aziende possono tradurre in risultati economici se opportunamente sfruttate.

Concludiamo affermando che la globalizzazione s’inserisce in un processo dinamico di apertura e di maggiore complessità del mondo in base ad un processo di apertura reciproca (impresa/ambiente) e di compenetrazione sia degli spazi geografici sia di quelli settoriali. È altresì chiaro che per attuare tale grande commercio deve esistere da parte delle società la volontà di confrontarsi sul campo, talvolta impervio, del mercato globale. Solo non rimanendo chiusi o vincolati a determinati mercati si possono sfruttare le grandi opportunità che l’era moderna offre.

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4 ACCENTRAMENTO DEL POTERE “In qualsiasi ambito vogliamo proiettare il concetto di strategia, dobbiamo associarlo alla vittoria, o comunque a qualcosa che rapidamente ci fa superare tutti quegli ostacoli che ci separano dal raggiungimento dei nostri obiettivi, sportivi, lavorativi o altro ancora.”

“Durante l’incontro, tutto ciò che facciamo per creare una situazione di squilibrio per il nostro avversario è una strategia.” Qiao Liang - Wang Xiangsui

I dati degli studi effettuati sullo stato dei mercati mondiali (Strategie di nicchia per la crescita delle aziende italiane) indicano una spiccata inclinazione in tutti i settori commerciali ad un’acquisizione e accentramento da parte delle grandi imprese nei confronti dei propri competitors. L’attuale movenza di mercato vede le grandi società rafforzarsi sempre più al vertice del proprio settore con l’acquisizione di molte piccole-medie imprese e/o stringere alleanze con grandi concorrenti.

Un esempio evidente di tale strategia è fornito dal settore automobilistico. In un periodo di 30 anni, le case produttrici d’automobili sono passate da 36 a 14 e le società fornitrici d’elettronica per automobili sono scese da 28 a 9 nel corso di soli 10 anni. Imprese come Maserati, Lamborghini, Aston Martin, Bugatti, Alfa Romeo, De Tomaso, una volta grandi automobili esclusive e di grande fama, oggi esistono solo come marchio e sono gestite, o nel migliore dei casi controllate, da grandi gruppi imprenditoriali mondiali.

Anche nel settore degli apparati elettronici per automobili le dinamiche sono simili. Il numero dei concorrenti si è ridotto a favore d’imprese sempre più grandi e importanti.

- 35 -

Accentramento delle case automobilistiche 1970

1980

1990

2000

Abarth

Alfa Romeo

BMW

BMW

Alfa Romeo

AMC

Chrisler

Daewoo

Alpine

Aston Martin

Daewoo

Daimler Benz

AMC

BLMC

Daimler Benz

Fiat

Aston Martin

BMW

Fiat

Ford

BLMC

Chrisler

Ford

GM

BMW

Daimler Benz

Gm

Honda

Chrisler

De Tomaso

Honda

Hyundai

Citroën

Fiat

Hyundai

PSA

Daimler Benz

Ford

Isuzu

Porsche

De Tomaso

GM

Mitsubishi

Renault Nissan

Fiat

Honda

Nissan

Rover

Ford

Isuzu

PSA

Toyota

Fuji

Lamborghini

Porsche

VW

GM

Lotus

Renault

Honda

Mazda

Rolls Royce

Innocenti

Mitsubishi

Rover

Isuzu

Nissan

Suzuki

Lamborghini

PSA

Toyota

Lotus

Porsche

Volvo

Maserati

Renault

VW

Mazda

Rolls Royce

Mitsubishi

Saab

Nissan

Seat

Peugeot

Suzuki

Porsche

Talbot Matra

Renault

Toyota

Rolls Royce

Volvo

Saab

VW

2010

?

Simca Suzuki Toyota Volvo VW 36

30

21

14

7

Fonte: Strategie di nicchia per la crescita delle aziende italiane - 36 -

Fornitori elettronica per automobili 1994

2001

2004

Delphi Delco

Delphi Delco

Delphi Delco

Megamos

Fuba

Autoliv

Mecel

Autoliv

Lear

Fuba

Morton

Siemens VDO

Autoliv

Lear

TRW

Morton

UTA

Valeo

Lear

Loewe OPTA

Bosch

UTA

VDO

Continental

Loewe OPTA

Philips Car Aurdio

Visteon

Siemens

Huntsville Electr.

Bendix

Siemens

Sylvania

Lucas Varity

Maci Eectric

TRW

VDO

ITT Electrical

Philips Car Aurdio

Sylea

Huntsville Electr.

Valeo

Lucas

Bosch

Varity

Allied Signal ABS

TRW

Continental

ITT Electrical

ITT Brakes

Valeo

term

Bosch

Visteon

Allied Signal ABS Bomoro Continental ITT Brakes Temic Visteon 28

22

9

Fonte: Strategie di nicchia per la crescita delle aziende italiane

Il campo dell’informatica è forse il settore che risente maggiormente di questo modello economico. Vediamo qui riportata la time line di acquisizioni effettuate da Oracle negli ultimi due anni. - 37 -

peoplesoft

Inno DB

timesten

contextmedia

retek

tior

sunopsis

2006 i-flex

portal

Net4call

siebel

Hot-sip

2005 oblix

Sleepucat software

temposoft

metasolv

2007 spl

hyperion stellent

profitlogic

G log

triplehop

octeststring

360°commerce

demantra

@work

Sigma dynamics

Fonte: Oracle.com

Ha rilevato ben 27 imprese in poco più di due anni. Un accentramento di potere quantomeno ragguardevole. È una situazione che invade tutti i settori e difficilmente si trovano comparti indipendenti da questo tipo di dinamica. Tale dinamica prevede due risultati per le piccole imprese: essere assorbite nel processo di consolidamento portato avanti da società grandi oppure venire emarginate ai bordi del mercato e lentamente eliminate.

4.1 Il potere dei grandi La fase di centralizzazione che viviamo è dovuta a due fattori che combinati determinano una diminuzione dei competitors e l’espansione delle grandi aziende di vertice:

o Fattori finanziari

Le grandi aziende normalmente dispongono di una buona copertura finanziaria e possono permettersi il lusso di compiere importanti acquisizioni di mercato per - 38 -

rafforzare ulteriormente la loro posizione strategica. Questa azione aumenta la quota di mercato e integra il proprio sapere con nuovi know-how. In aggiunta, azioni di questo tipo diminuiscono anche la concorrenza del comparto.

o Fattori strutturali

L’effetto scala pone la maggior parte dei leaders nella posizione di convertire i vantaggi di costo unitario, determinati dai grandi volumi, in vantaggi di prezzo. Questo permette di mantenere fisso (ad una bassa soglia) il prezzo di modo da escludere i concorrenti più piccoli dal mercato che non possono certamente avvalersi delle medesime strutture di costi. Una grande impresa è in grado di vendere per molto tempo (anche anni) un prodotto sottocosto per indebolire o estromettere un piccolo competitors dal mercato.

Quanto appena affermato descrive il periodo economico che attraversiamo. Grandi multinazionali ricoprono diversi business in settori completamente diversi tra loro forti di una potenza finanziaria talvolta paragonabile con quella del PIL di molte nazioni mondiali (non solo di paesi sottosviluppati o in via di sviluppo).

- 39 -

Fonte: cnms.it (anno 2004) - 40 -

Se oltre a quest’immenso strapotere aggiungiamo la capacità che possiedono di delocalizzazione la produzione in aree a basso costo comprendiamo che tale fenomeno apporterà loro sempre maggior margine di guadagno, conseguentemente più potere finanziario e quindi ulteriori acquisizioni di concorrenti.

Nestlé è la prima azienda alimentare al mondo, presente con 487 unità produttive e distribuite in oltre 80 Paesi, con più di 250.000 dipendenti e una vendita quotidiana di oltre 1 miliardo di prodotti. Nestlé offre in oltre 130 Paesi una gamma di oltre 10.000 prodotti Caffè: Bonka, International Roast, Loumidis, Nescafé, Nespresso, Ricoffy, Ricoré, Taster’Choice, Zoégas Acqua: Aberfoyle, Acqua Panna, Acqua Vera, Al Manhal, Arrowhead, Contrex, Deer Park, Hépar, Ice Mountain, Levissima, Nałęczowianka, Nestlé Aquarel, Nestlé Pure Life, Nestlé Vera, Ozarka, Perrier, Poland Spring, Quézac, S. Pellegrino, San Bernardo, Viladrau, Vittel, Zephyrhills Altre bevande: Milo, Carnation, Caro, Libby’s, Nescau, Nesquik, Nestea, Vera Prodotti da scaffale: Carnation, Coffee-Mate, Gloria, Klim, La Lechera, Milkmaid, Moça, Molico, Nespray, Nestlé, Nestlé Omega Plus, Nido, Ninho, Svelty, Belthè Prodotti freschi: Buitoni, Chiquitin, Herta, La Laitière, La Lechera, LC1, Molico, Nestlé, Ski, Sveltesse, Svelty, Toll House, Yoco Gelati: Oreo (Canada), Camy, Dreyer's, Frisco, Häagen Dazs, Motta Gelati, Mövenpick, Nestlé, Peters, Push-Up, Savory, Schöller, Valiojäätelö (Finlandia), Antica Gelateria del Corso Alimenti per neonati: Alfare, Beba, Cérélac, FM 85, Good Start, Guigoz, Lactogen, Nan, NAN HA, NanSoy, Neslac, Nestlé, Nestogen, Nestum, PreNan, Alimenti per sportivi: Neston, Nesvita, PowerBar Alimenti per la salute: Modulen, Nutren, Nutren Junior, Peptamen, Peptamen UTI Condimenti: Buitoni, Maggi, Thomy, Winiary Cibi surgelati: Buitoni, Hot Pockets, Lean Cuisine, Maggi, Stouffer’s

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Cioccolato, dolci e biscotti: Aero, After Eight, Baby Ruth, Butterfinger, Cailler, Caramac, Coffee Crisp, Crunch, Damak (Turchia), Kit Kat, Smarties, Perugina, Polo, Galak, Lion, Nestlé, QualityStreet, Rolo, Toll House, Violet Crumble, Yorkie, Wonka Prodotti per la cucina: Chef, Davigel, Minor's, Santa Rica, Cibo per animali: Alpo, Beneful, Dog Chow, Fancy Feast, Felix, Friskies, Gourmet, Mighty Dog, Mon Petit, ONE, Pro Plan, Purina, Tidy Cats Fonti: Nestlé.it e Wikipedia

In questo scenario mondiale, il processo di circolo vizioso di centralizzazione dei mercati sembra essere una legge ineludibile. Le pagine seguenti dimostrano che adottare strategie appropriate nei confronti dei colossi globali è comunque possibile e talvolta vincente. Tali strategie devono essere necessariamente combinabili e flessibili al variare del contesto competitivo. Solo in questo modo potranno essere vincenti.

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5 DIFESA E ATTACCO

Nel mercato non esistono strategie standard che diano risultati garantiti ma, ad ogni situazione si può adottare una strategia con maggiori probabilità di successo rispetto ad altre. Nel mondo economico, esistono fondamentalmente due strade percorribili per competere sul mercato di proprio interesse:

o prezzo

o peculiarità del prodotto/servizio

Nel primo caso è bene ricordare che tale leadership è largamente influenzata da economie di scala ed altri fattori che richiedono grandi numeri produttivi per poterne approfittare. Elementi per divenire leader di costo:

o economie di scala o economie di esperienza o accesso privilegiato alle materie prime o controllo e riduzione di tutti i tipi di costo o eliminazione dei clienti marginali o esternalizzazione o produzione flessibile

La prima forma di competizione è quindi sconsigliabile a piccole medie imprese poiché non possiedono la forza sufficiente per essere i miglior offerenti a livello di prezzo nell’intero comparto. Per competere con i grandi numeri dalle aziende multinazionali è necessario, ai fini della sopravvivenza impresariale, differenziarsi e agire sul mercato in maniera diversa rispetto ai big competitors. Elementi utili per far percepire al cliente il prodotto/servizio come unico: - 43 -

o qualità/design/tecnologia o immagine di marca o assistenza ai clienti o livello di servizio o rete di vendita o …

Elementi per differenziare il proprio prodotto/servizio: o Competenze professionali o Know-how e tecnologie o Qualità materie prime o Organizzazione

La differenziazione nasce generalmente per motivi di sopravvivenza, ovvero cerco di offrire un prodotto/servizio diverso da altri per permettermi un ritorno economico dal business. Raramente la differenziazione avviene per mezzo di uno speen-off in cui una parte (un ramo aziendale) particolarmente forte, capace, innovativo è in grado di creare un segmento a sé stante all’interno della filiera produttiva del settore di competenza. In questo modo diviene fornitore della casa madre per il prodotto/servizio in cui è specializzata e oltre a questo, s’interfaccia direttamente sul mercato come produttore diretto di prodotti/servizi.

Una sorta di vademecum sul come difendersi e attaccare la grande, ma talvolta vulnerabile, struttura di Golia è fornito da Fiona Meckenzie (businessman specializzata nel lancio di sturt- up che vogliano concorrere con leaders di mercato)

Don't make a full-frontal attack Goliath is bigger than you. If you attack him full-frontal he's going to squash you like an ant. It will almost certainly be a costly exercise (especially for you) - and potentially a disastrous one as well. He has more money than you. He has more resources than you and he has more to lose than you. You need to expect a reaction. - 44 -

Don't copy You cannot win by copying Goliath. You can only exploit Goliath's weaknesses.

Find the holes The bigger Goliath is, the more holes appear in the business armoury. Holes are exactly that - they are small areas of weakness, just waiting for David to target. If you are going to tackle Goliath, find and tackle a hole. Keep your focus narrow and on the hole and don't let go.

Don't compete on price Don't go in on a price lead. Goliath has deeper pockets than you and could wipe you out financially.

Service a niche market Look for uncontested areas. Often larger players cannot service niche markets. Look for areas where the cost of servicing the niche outweighs any financial benefit to the larger player (bearing in mind that the bigger you are, typically the greater your cost base and the greater the need to massproduce to create efficiency). Find a niche market that is small enough to defend.

Keep quiet! Don't tell anyone what you are doing. All it does is alert your competitors to the game plan. Do not say anything and move quickly. Surprise is the name of the game. There will be plenty of time to brag later.

Be a leader but don't behave like one Become a leader in your part of the market but don't get complacent and behave like one. If you do, just as you took from someone, someone else will take from you. Fonte: news.com.au - 45 -

Le possibili strategie di difesa/attacco di Davide sono riassumibili nelle seguenti strategie:

o Resistenze passive o Nicchie di mercato o Attacchi di guerrilla (colpire i punti deboli un po’alla volta) o Strategia inversa (soverchiare le regole del gioco)

5.1 Resistenze passive Le maggior parte delle piccole società che non acquisite dal mercato “dei grandi” devono la loro salvezza, se di salvezza si può parlare, a diversi fattori che fino a quel momento possono averle tutelate.

Come prima protezione annoveriamo le restrizioni normative che regnano in una determinato territorio e che impediscono o limitano l’ingresso di competitors in una determinata area. È l’esempio in cui si trovano ad operare le banche popolari.

Altro fattore di riparo è sicuramente costituito dall’irrilevanza dell’impresa per i grandi players. Se l’impresa non possiede una quota di mercato particolarmente rilevante e nemmeno un fattore di vantaggio competitivo né a livello produttivo né a livello di know-how difficilmente sarà inquadrata nel mirino delle acquisizioni. Anche la poca appetibilità a livello finanziario si rivela un fattore di protezione. È da specificare che imprese con che possiedono questi due tipi di conduzione imprenditoriale rischiano d’auto escludersi dal mercato stesso.

Un ulteriore fattore di scarsa attrazione può essere rappresentato dalle difficoltà ambientali in cui è costretta ad operare un impresa. Pensiamo a zone poco raggiungibili come isole, aree montane o desertiche o più semplicemente alla lontananza da importanti rotte di comunicazione.

Un ultimo caso di limitata appetibilità è determinato dalla ferma volontà da parte della dirigenza di rifiutare qualsiasi contratto d’acquisizione o alleanza con altre società. - 46 -

Questo vale soprattutto per l’Italia dove vige un modello imprenditoriale a conduzione pressoché familiare e non è certamente un fattore da sottovalutare.

Riassumendo, la resistenza al fenomeno del consolidamento se subita in maniera esclusivamente passiva non può far altro che aumentare il disagio d’imprese già ai margini del settore. Viceversa, se queste società riuscissero ad affacciarsi al mercato con un approccio propositivo e ben congegnato potrebbero ritagliarsi uno spazio significativo nel settore di competenza.

5.2 Nicchie di mercato Le veloci dinamiche che percorrono il mercato moderno volgono ad una copertura rapida di tutte le “fette” di mercato usufruibili. Difficilmente vengono lasciate parti scoperte e liberamente attaccabili da un nuovo entrante. Soprattutto da parte delle imprese più grandi c’è la tendenza a ricoprire tutti gli ambiti in cui può essere diffuso o potenzialmente richiesto un prodotto/servizio. Risulta difficile che i big players si lascino sfuggire situazioni o anche piccoli anfratti di mercato costituenti fonti di guadagno. Per questa ragione talvolta i piccoli players di un comparto si riparano in nicchie che sono difficilmente attaccabili da economie di scala.

Evoluzioni teoriche dalla coda lunga

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La teoria della “coda lunga” sta iniziando ad essere messa in discussione. Non che Chris Anderson non ci abbia visto “lungo”, ma i dubbi riguardo alcuni aspetti di questa teoria sono più che opinabili. La chiave di volta in un mercato basato sulla “coda lunga” è che in teoria ciascuno può avere un pubblico. Ecco come la spiega brevemente lo stesso Andreson:

“La teoria della Lunga Coda rappresenta la nostra cultura e la nostra economia. Queste si stanno sviluppando spostandosi da un’alta concentrazione di prodotti e mercati in voga in cima alla curva di domanda, verso un vasto numero di nicchie nella coda. Dal momento che i costi di distribuzione e produzione diminuiscono, specialmente online, vi è una minore necessità di raggruppare prodotti e consumatori in un contenitore unico.”

In un’era priva delle costrizioni derivanti dallo spazio fisico dell’esposizione e della distribuzione, beni e servizi di nicchia possono essere economicamente attraenti allo stesso modo di quelli di massa. Un esempio di quanto detto è la previsione secondo cui la domanda dei prodotti non reperibili nei tradizionali negozi è potenzialmente uguale a quella dei prodotti che lo sono. Ma lo stesso vale per i video non reperibili sull’emittenti TV in un dato giorno o per le canzoni non passate alla radio. In altre parole, piccoli mercati, che presi individualmente non vendono abbastanza bene attraverso la vendita tradizionale al dettaglio e la distribuzione delle emittenti, possono ora rivaleggiare con il grande mercato. La condizione si riferisce nello specifico alla parte gialla del grafico delle vendite sopra riportato, che mostra una curva di domanda standard che può essere applicata a qualsiasi tipo d’industria, da quelle dell’intrattenimento a quelle di beni durevoli. La parte rossa della curva rappresenta i mercati di massa, che hanno dominato i nostri mercati e la nostra cultura per gran parte dell’ultimo secolo. La parte gialla è quella delle nuove nicchie.

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La tradizionale economia di vendita al dettaglio impone che i negozi abbiano solo i prodotti di massa, poiché lo spazio d’esposizione è costoso. Ma i venditori online, (da Amazon ad iTunes) possono virtualmente immagazzinare tutto, e il numero dei prodotti di nicchia reperibili supera quello dei prodotti di massa di parecchi ordini di grandezza. Questi milioni di nicchie costituiscono La Lunga Coda, che è stata largamente trascurata fino a poco tempo fa in favore della piccola testa dei prodotti di massa. Quando ai consumatori vengono offerte infinite scelte, la vera domanda di mercato risulta meno di massa di quel che pensiamo. La gente sceglie le nicchie perché soddisfano meglio gli interessi specifici. Tutti in un aspetto o in un altro della nostra vita coltiviamo interessi ristretti. Anderson ha aperto gli occhi a molti indirizzando una certa parte dell’economia della rete verso le nicchie di mercato, quei settori fino ad allora “snobbati” dai più. La teoria potrebbe avere però una “falla”. Stuart Brown (come altri) pensa che godere di una posizione dominante nel mercato di massa sia comunque un fattore abbastanza rilevante da non permettere grossi ritorni economici se si investe nelle nicchie. Il suggerimento è quello di puntare ad un’area definita come la “Punta Dolce”, uno spazio a ridosso dei mercati ultracompetitivi e lontano dall’oscurità dei prodotti di nicchia. Investire in questa porzione di mercato sarebbe più remunerativo.

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Fonte: estrablog.net

Come detto, l’insoddisfazione di una parte (anche ristretta) del target è elemento fondamentale per la nascita e sviluppo di nuove nicchie di mercato in cui investire col fine di accaparrarsi una quota redditizia di mercato. In ambiti, dove i clienti sono ristretti rispetto all’intero target di settore, bisogna fare particolare attenzione alla capacità di assorbire i costi della personalizzazione. La strategia di differenziazione dovrebbe essere la guida per tutte quelle piccole società che hanno poche speranze di diventare leader di mercato. Dovrebbero incentrare il loro vantaggio competitivo su caratteristiche specifiche come target, prodotto e marchio.

5.2.1 Nicchie di target Si creano con utenti che s’identificano in un preciso stile di vita (non di massa) oppure con la richiesta di prodotti ad alto contenuto di valore aggiunto difficilmente replicabili dai leaders di mercato. Ne sono un esempio i possessori di una Harley Davidson.

5.2.2 Nicchie di prodotto In questo caso l’attività aziendale è tutta rivolta verso un unico prodotto che si differenzia sostanzialmente nella creazione della catena del valore tramite un’importante enfasi sul know-how. Ne sono un esempio le auto della famosa marca “Porsche”.

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5.2.3 Nicchie di marchio È la differenziazione che punta sulla forte carica emozionale per dare al brand valore aggiunto rispetto la concorrenza. Frequentemente l’identità viene declinata su una ampia gamma di prodotti anche in settori merceologici distinti tra loro. Un valido esempio è determinato da Bulgari o Nivea.

5.2.4 Nicchie di velocità Un altro fattore differenziante è determinato dalla velocità d’immissione sul mercato di prodotti richiesti. Può essere utilizzato solo oppure sovrapposto ad altre strategie. Aziende che operano con questo tipo di focalizzazione sono generalmente aziende che puntano su segmenti in rapido sviluppo, effettuano una rapida integrazione e verticalizzazione della filiera per accelerare il time to market e per ridurre significativamente i costi. Un modello di questo tipo ha permesso a Zara di divenire una delle catene d’abbigliamento più importanti al mondo.

Zara è una catena internazionale di negozi d’abbigliamento, specializzata nella vendita a prezzi contenuti di prodotti di media qualità. Appartiene al gruppo spagnolo Inditex, proprietaria di altri marchi quali Massimo Dutti, Pull & Bear, Bershka, Stradivarius, Oysho e Kiddy's Class. Fu fondata nel 1975, oggi conta 899 negozi in 62 paesi del mondo. Il modello di business di Zara ha diverse peculiarità ritenute innovative e giustificanti del successo riscosso dall'azienda negli ultimi anni. Una caratteristica esemplare che sancisce il successo del colosso spagnolo è determinata dai tempi molto contenuti tra ideazione della collezione e la sua distribuzione, senza contare il fatto che Zara rifornisce i suoi negozi sparsi nel mondo anche due volte a settimana senza la necessità di dover gestire un magazzino, nessun negozio Zara ha infatti uno spazio adibito a stock. L’invenduto viene ritornato alla casa madre.

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Altri fattori di successo sono caratterizzati da un continuo aggiornamento delle linee proposte legato ai dati di vendita, una produzione esente da outsourcing, l'assenza di campagne pubblicitarie. Fonte: Wikipedia

5.2.5 Nicchie di innovazione Un punto molto importante nella ricerca della differenziazione è giocato dall’innovazione. Soprattutto in Italia dev’essere un punto cardine per lo sviluppo del proprio business poiché ci troviamo ad operare in un territorio influenzato da alti costi produttivi ed alta tassazione. Detto questo non rimane che agire su qualità del prodotto e servizi accessori. Tutto questo si riassumere nella parola innovazione. Genericamente le imprese che creano innovazione continuano instancabilmente ad investire in questa direzione e utilizzano un approccio che trasferisce innovazione non solo ad un unico prodotto ma declinabile a più articoli.

Per riassumere, le piccole o medie imprese, per poter prosperare e vivere nel lungo periodo devono prendere in primo luogo coscienza delle proprie debolezze ed incentrare i propri sforzi sulle qualità dell’impresa. Ciò non significa solamente avere la consapevolezza dei propri mezzi ma avere la visione di una possibile strategia d’approccio al mercato. Per poter essere in grado di competere sul mercato e farlo in maniera rilevante sono necessari almeno uno o più dei seguenti fattori:

o personalizzazione

Come precedentemente accennato, la complessità è letale per l’effetto scala. In un settore che include molteplici sfumature di prodotti/servizi diventa sempre più arduo competere per i leaders di scala.

o dinamicità

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Negli ultimi tempi assistiamo ad una crescente instabilità dei vari settori poiché è difficile pronosticare la direzione esatta in cui muove il mercato. Anche per le grandi società risulta difficile intuire in quale direzione investire. Non sembra lo stesso per Morphosys, imprese operante nel campo delle biotecnologie che inizialmente stringe partnership con imprese operanti nel medesimo settore e punta a rafforzare la propria posizione poi, col passare del tempo e acquisizione di forza, rileva ed ingloba imprese concorrenti del settore di competenza.

partnership con Pfizer

fondazione

partnership con un gruppo farmaceutico giapponese

partnership con Bayer AG.

1992

1999 1997

2003 2001

2005 2004

partnership con Novartis partnership con Pharmacia-Upjohn

partnership con Schering AG

2006

acquisizione di Biogenesis acquisizione di Serotec Group

Fonte: morphosys.com

o innovazioni

Le innovazioni che portano a nuovi prodotti accelerano la pressione sui produttori di scala. Questi ultimi, trovano genericamente difficile adattarsi ai continui cambiamenti che sorgono nella segmentazione del mercato. Il momento d’inserimento delle grandi imprese nel circuito di vendita giunge non appena la novità cessa di essere un qualcosa di estremamente innovativo. A questo punto la domanda del mercato si stabilizza e può essere tranquillamente coperta da economie di scala. Per ovviare a tale problema le società più grandi stringono collaborazioni o acquisiscono piccole società per effettuare ricerca e sviluppo col fine di influenzare il mercato con le loro innovazioni. Questo permette loro di possedere anzitempo tecnologie e know-how per fornire il di massa. - 53 -

5.2.6 Inventare una nicchia Una caratteristica importante che può creare spazio sufficiente per la nascita di una nicchia è determinata dalla diversità della catena del valore rispetto a quella del leader. Non dobbiamo considerare una nicchia come una parte necessariamente piccola del mercato e soprattutto dobbiamo considerare che questa nicchia può espandersi fino a diventare, in certi casi, il segmento principale del settore.

In una pagina dell'edizione del 1993 del catalogo IKEA si diceva :

NOI sviluppiamo i nostri prodotti (per mantenere bassi i costi) NOI siamo i re degli imballi piatti (minori costi di trasporto, di stoccaggio, maggior maneggevolezza) NOI acquistiamo in grandi quantità (e offriamo prezzi vantaggiosi)

VOI vi servite da soli VOI vi portate via direttamente ciò che acquistate VOI assemblate i prodotti da soli (attrezzi e istruzioni sono inclusi in ogni confezione)

Ikea Ambiente Ikea probabilmente non ha inventato nulla di nuovo ma è riuscita a trasferire su larga scala i benefici di un settore non ancora sviluppato per il mondo intero. Il settore arredamento nell’epoca pre-Ikea si presentava estremamente eterogeneo e frutto esclusivo della localizzazione territoriale del punto vendita. Difficilmente i clienti erano disposti a spostarsi di 100Km per acquistare mobili d’arredamento. Con la nuova concezione d’arredamento apportata da Ikea, la mentalità dei consumatori è cambiata e si è adattata a meraviglia a questa nuova corrente. I fattori che hanno portato l’impresa ai risultati attuali sono molteplici ma due in particolare hanno inciso su questo risultato: bassi costo di produzione/logistica, e ridefinizione dei ruoli (produttore, distributore, cliente).

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L’importante contenimento dei costi, è dovuto, fin dalla nascita, ad un’abile capacità del suo fondatore di mettersi in contatto con piccoli produttori locali indipendenti dalle dinamiche che avvolgono il cartello della grande industria. Con questo metodo, la strategia d’approvvigionamento si sviluppata da prima nel paese svedese e successivamente viene trasferita anche in altri paesi (soprattutto Est Europa). Se oltre all’approvvigionamento a basso costo aggiungiamo l’opportunità di trasportare i prodotti in packaging modulari i vantaggi sono doppi. Bisogna comunque sottolineare che generalmente le fonti produttive non sono mai situate in aree distanti dal punto vendita e che i magazzini sorgono in zone periferiche comunicanti con importanti reti di trasporto. Tutto questo favorisce un basso costo d’acquisto ma non è tutto e il cliente lo sa. L’utente che compra Ikea ha a disposizione un prodotto dal prezzo basso, di qualità accettabile, dal buon design e il tutto si consuma in luogo gradevole, con servizi accessori. Il compromesso pare vincente guardando il successo che è stata in grado di ottenere. A questi fattori va aggiunta l’importante ruolo che ha avuto la riassegnazione dei ruoli relazionali nella catena produttore – distributore – cliente. La scelta dei fornitori, come detto in precedenza, è ricaduta su piccoli produttori in quanto le grandi imprese produttive di legname non permettevano prezzi vantaggiosi. La forza d’Ikea non si basa sulla sua forza contrattuale nei confronti dei fornitori ma sullo sviluppo congiunto dei prodotti da commercializzare di modo che il fornitore non sia solamente un produttore ma un elemento in grado di fornire importanti consigli tecnici sul prodotto. Oltre a tutto questo, fornisce un valido appoggio nella ricerca di materie prime a prezzi favorevoli e nuovi partner commerciali in grado di rendere più efficiente il processo produttivo.

L’importante passo effettuato da Ikea nei confronti degli acquirenti è stato senza dubbi rivoluzionario. L’utente sceglie, trasporta e monta il prodotto da solo. Il cliente è parte fondamentale e autosufficiente del processo d’acquisto. Tutto questo processo, oltre a fargli risparmiare il 25%-40% rispetto a prodotti comparabili sotto il profilo qualitativo ma venduti già assemblati, accresce molto il valore percettivo che l’utente attribuisce all’articolo assemblato poiché generalmente si

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apprezza maggiormente un prodotto che è il risultato di fatiche personali rispetto ad un articolo preconfezionato.

Storia Nasce nel 1943. IKEA è l'acronimo di Ingvar Kamprad, nome e cognome del fondatore ed Elmtaryd Agunnaryd rispettivamente il nome della fattoria e del villaggio nel quale il fondatore viveva. All'inizio l’impresa vendeva penne, portafogli, cornici, orologi, gioielli, calze di nylon e altri prodotti a basso prezzo. Negli anni 50 Ikea apre la sua prima esposizione di mobili ad Älmhult. Nell’anno successivo inizia a stampare quello che si rivelerà successivamente il suo strumento di comunicazione più utilizzato: il catalogo. L’attività dell’impresa è in continua crescita e negli anni 60 apre in Norvegia mentre negli anni 70 apre in Germania, Svizzera, Australia, Canada, Austria e nei Paesi Bassi. Tocca successivamente a Italia, Cina sul finire degli anni 80 e 90. Attualmente l’azienda ha 104.000 collaboratori ed è presente in 44 nazioni, realizza l'81% del suo fatturato in Europa. Mentre la sua maggior fonte d’approvvigionamento è la Cina, l’Italia è al terzo posto.

Mission “Creare una vita quotidiana migliore per la maggioranza delle persone”

Comunicazione Il maggior strumento comunicativo utilizzato da Ikea è il catalogo. Ogni anno pubblica 191 milioni di copie. Il primo è stato pubblicato in Svezia nel 1951, ora è pubblicato ogni estate in 55 differenti edizioni, in 27 lingue per 35 paesi. Costituisce il 70% del budget comunicativo. Negli ultimi tempi sta affrontando anche importanti pubblicità via web tramite banner pubblicitari e ha intrapreso nuove strategie di comunicazione, coerenti con i propri valori di marca, che hanno portato le nuove campagne pubblicitarie a toccare l’utente con nuovi approcci.

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Si è trattato di applicare i concetti dello stile Ikea di facilità, dinamismo, spensieratezza e anche un po’d’irriverenza alla comunicazione: un modo per raggiungere un target diverso rispetto a quello del catalogo e per risultare più accattivante verso la fascia dei potenziali clienti più giovani.

Portogallo: centinaia di persona sono state invitate a dormire davanti al nuovo punto vendita la notte prima della sua inaugurazione, per essere tra i primi ad entrarvi e quindi a ricevere in regalo alcuni prodotti. Per incoraggiare l’afflusso di persone e per rendere più comoda e piacevole l’attesa Ikea ha sparso centinaia di materassi di fronte all’ingresso, creando così un grande evento. Parigi: sempre i materassi Ikea sono stati appesi al soffitto delle principali stazioni ferroviarie di Parigi, con impresso sopra il messaggio: “ognuno ha diritto di avere un buon materasso, senza doversi mettere sulla paglia”. Spagna: per pubblicizzare una coperta Ikea sono state create delle affissioni alternative nelle pensiline delle fermate degli autobus raffiguranti una persona sdraiata nel letto, e con la carta un po’stropicciata, simulando una coperta. Italia: la città è stata arredata con riproduzioni giganti dei mobili Ikea più famosi per ricordare l’apertura del nuovo negozio: lampade, sedie, divani, tavolini oversize sono stati esposti nelle principali vie del centro delle varie città, scatenando non poca curiosità. Stati Uniti: la città è stata trasformata ed abbellita con fermate degli autobus che diventavano salottini, chioschi degli hot dog che mutavano in romantici cafè, panchine trasformate in divani, letti, amache, prati già apparecchiati per il pic-nic… il tutto legato ad un sito Internet che consigliava modi semplici e spensierati per fare di ogni giornata una giornata speciale.

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Fondamentale per la differenziazione nella catena del valore è la categoria di settore del business. Per esempio per un bene di largo consumo come le acque minerali, la catena del valore è molto semplice e pertanto non può essere frazionata in molti punti impedendo forti differenziazioni. È chiaro che in queste condizioni la battaglia si gioca su di piano al di fuori della catena del valore. Ad esempio differenziando i benefici in grado di apportare al consumatore piuttosto che sul design della bottiglia o sulla grafica dell’etichetta.

È importante sottolineare che concentrarsi sugli specifici bisogni dei consumatori appartenenti ad una nicchia sufficientemente ampia da garantire un buon business, rappresenta un importante via per il successo poiché, il leader, generalmente, non può permettersi il lusso di frazionare ulteriormente la propria produzione a favore di specifici bisogni. - 58 -

Viceversa, la situazione diviene insostenibile per gli abitanti della nicchia quando il leader, tramite acquisizioni, alleanze, speen-off riesce a coprire sistematicamente la complessità di opzioni e renderle inoffensive.

In definitiva non esiste una ricetta per poter riuscire a ritagliarsi uno spazio importante all’interno di un settore, infatti, non solo ogni settore, società, tecnologia e territorialità possiedono diversi parametri ma offrono anche opportunità e percorsi diversi. L’analisi dettagliata delle aziende di nicchia di successo ci illustra come le tre componenti fondamentali per il presidio di un mercato di nicchia: personalizzazione – dinamicità – innovazione, raramente sono utilizzate singolarmente in percorsi che conducono alla vittoria della sfida.

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6 GUERRIGLIA

“Non esiste una strada già scritta per la vittoria o il successo. Per ogni caso c’è una strada migliore da seguire; Il vincitore ama continuare a percorrere il sentiero che lo ha condotto alla vittoria.” Qiao Liang - Wang Xiangsui

Erano invisibili. Rimanevano ad osservare gli elicotteri volare sulla zona d'atterraggio senza sparare un colpo, nascosti nella più fitta boscaglia. Seguivano lo sbarco e non appena il grosso delle unità si era allontanato, attaccavano il gruppo rimasto indietro.

Il Vietnam era un terreno ideale per la guerriglia: sabotaggi lungo le vie di comunicazione erano facilmente intercettabili in qualsiasi punto. Un dedalo di percorsi protetti dalla foresta e costituiti da gallerie sotterranee, popolazione sparsa nella zona costiera, altipiani e in zone paludose. Una moltitudine di fiumi e di canali con centinaia di villaggi sulle rive, molti dei quali non raggiunti dalle strade.

Avanzavano silenziosamente pronti a confondersi con l’ambiente al minimo rumore, coperti da rami e foglie attaccate a reticelle fissate sulla schiena, traghettati di notte attraversare zone coltivate dai guerriglieri locali. Appena sceso il buio, iniziava l’attacco. A volte i Viet cong si limitavano a bombardare l’obiettivo con i mortai, se erano certi della loro superiorità numerica, sferrando un assalto fino in fondo. Nessun dubbio sulla determinazione e sull’aggressività dei Viet cong in battaglia; uomini feriti continuavo a far fuoco con le proprie armi e a lanciare bombe a mano. Tuttavia, appena il responsabile dell’operazione capiva che gli obiettivi erano stati raggiunti, impartiva l’ordine di ritirata. Gli americani non dovevano avere il tempo per reagire. La loro era la cosiddetta “guerra della pulce”, migliaia di attacchi “mordi e fuggi”, sfruttando al massimo il buio e la velocità dell’azione. - 60 -

Ovviamente tutto ciò era inutile se gli americani potevano far valere la loro potenza di fuoco. I Vietcong lo sapevano bene, perciò cingevano da vicino le posizioni americane, impedendo l’intervento dell’artiglieria e degli aerei d’appoggio. Il metodo dei Vietcong era caratterizzato da “una parte lenta e 4 veloci”:

parte lenta:

ricognizione e sorveglianza dell’obiettivo, costruzione di un modello in scala per prendere confidenza con tutti gli elementi della scena, prova generale dell’attacco, sistemazione di armi e cibo in nascondigli allestiti nelle aree avanzate.

parti veloci:

o trasferimento a piccoli gruppi, dalla base fino all’obiettivo o attacco vero e proprio (la velocità d’esecuzione era essenziale) o sgombro delle armi dal campo di battaglia, recupero dei feriti e dei morti o ritirata, sempre scrupolosamente preparata come parte integrante del piano

La programmazione delle operazioni era quasi sempre la conseguenza di un rapporto del servizio informazioni. Se l’operazione risultava fattibile, dopo una valutazione completa, veniva scelta un’unità che si occupava della pianificazione di ogni dettaglio, gli uomini imparavano a conoscere l’obiettivo: installazioni difensive, edifici, depositi di carburante, piazzole delle mitragliatrici e dei mortai. Ognuno sapeva a perfezione il ruolo che doveva svolgere, il percorso dell’avanzata, il punto di ricongiungimento. Nessuno poteva prendere un’iniziativa, avevano il proprio compito e dovevano svolgerlo con coraggio e disciplina. Era essenziale non essere scoperti durante l’avvicinamento e i villaggi amici, forniti di una rete di gallerie, potevano offrire un valido. - 61 -

Grazie alle precise informazioni, alla disciplina e alla capacità d'occultamento, i Vietcong erano in grado di costringere gli americani a combattere in posizione di svantaggio, nonostante la superiorità della potenza di fuoco e della mobilità…” Fonte: guerravietnam.blogspot.com

I guerriglieri, inferiori per armi, mezzi e numero d’uomini, sfruttano e massimizzano le poche risorse che possiedono: attacchi a sorpresa, studio del nemico, motivazione, conoscenza del territorio, appoggio delle popolazioni locali. È una tattica che mira a debilitare il nemico nel tempo, mira alla demoralizzazione dell’avversario. Non punta alla guerra “lampo” come fa chi conta sulla superiorità delle sue forze ma cerca di sfruttare eventi organizzati ad hoc. Crea imboscate e imprevisti in ambienti il più possibile ostili per l’avversario, studia in modo accurato come sfruttare appieno le proprie caratteristiche per metterlo il più possibile a disagio.

Questo esempio biblico ci fornisce un ottimo spunto su quanto sia rilevante la consapevolezza dei propri punti di debolezza.

38 Saul rivestì Davide della sua armatura, gli mise in capo un elmo di bronzo e gli fece indossare la corazza. 39 Poi Davide cinse la spada di lui sopra l'armatura, ma cercò invano di camminare, perché non aveva mai provato. Allora Davide disse a Saul: «Non posso camminare con tutto questo, perché non sono abituato». E Davide se ne liberò. Fonte: Antico testamento

La scelta di Davide di combattere senza la corazza è legata alla strategia che vuole adottare. L’armatura lo protegge dai pesanti colpi dell’avversario ma purtroppo limita il suo punto di forza: la dinamicità. Indossare la corazza significherebbe avvantaggiare ulteriormente il già forte nemico.

Da questo esempio prendiamo spunto per introdurre la S.W.O.T. analysis. Questo strumento permette la formulazione di strategie sulla base dell’identificazione dei punti - 62 -

di forza, debolezza, minacce ed opportunità d’ogni specifico ambiente ed entità che si relaziona con esso.

L’Analisi è un utile strumento di supporto all’analisi del contesto (interno ed esterno) entro cui si colloca un progetto/intervento. Essa consente di visualizzare contemporaneamente:

o punti di forza interni (Strenght)

o punti di debolezza interni (Weakness)

o opportunità esterne (Opportunities)

o minacce esterne (Threats)

In questo modo è possibile evidenziare in modo chiaro e sintetico le variabili che agevolano oppure ostacolano il raggiungimento degli obiettivi del progetto e permette di distinguere tra fattori legati all’ambiente esterno e fattori legati all’organizzazione interna.

I punti di forza e debolezza possono creare o distruggere valore all’interno di un’azienda; esempi tipici sono le skills (competenze o le risorse) che una impresa possiede, la sommatoria di queste abilità delinea un vantaggio o svantaggio competitivo rispetto ai competitors. Le minacce e le opportunità possono creare o distruggere valore all’interno dell’azienda ma provengono dall’ambiente esterno che circonda l’impresa; spesso l’azienda non può controllarle, tuttavia possono emergere dalle dinamiche competitive del contesto in cui opera l’azienda o da fattori demografici, economici, politici, sociali, legali o culturali.

In base a queste conoscenze individuate attraverso questa analisi delineiamo due tipi di strategie:

o strategia dedotta - 63 -

l’impresa si adatta nel miglior modo possibile alle opportunità offerte dell’ambiente. Si tratta perciò di una strategia adattiva, di un marketing di risposta.

o strategia costruita

questa strategia sfrutta al massimo le risorse e competenze dell’impresa e cerca di costruire opportunità in grado di generare profitti. È il caso del marketing che crea l’offerta. L’efficacia di questo modello dipende dalla possibilità d’effettuare una lettura incrociata dei fattori competitivi individuati con le linee guida che l’impresa si era precedentemente prefissata. Si cerca, quindi, di far emergere gli elementi in grado di favorire o ostacolare il raggiungimento degli obiettivi previsti. Due sono le metodologie attraverso le quali i fattori caratterizzanti (punti di forza, debolezze, opportunità e rischi) vengono determinati: a tavolino (desktop) e con lavori di gruppo (partecipata). Nel primo caso è il ricercatore a formulare, sulla base dei dati raccolti da “saperi esperti” in modo neutrale ed oggettivo, la previsione degli scenari. Nel secondo, invece, vengono investigati scenari condivisi mediante l’analisi congiunta tra esperti e stakeholders. Il risultato finale di questo lavoro è una matrice, organizzata in quattro sezioni, contenente gli elementi critici dell’impresa e del territorio.

FATTORI ENDOGENI

FATTORI ESOGENI

STRENGTH (FORZA)

WEAKNESS (DEBOLEZZA)

Punti di forza

Punti di debolezza

OPPORTUNITY (OPPORTUNITA’)

THREAT (MINACCIA)

Elementi esterni che favoriscono la possibilità di riuscita del progetto.

Fattori che mettono a rischio la buona riuscita del progetto.

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6.1 Pianificazione Davide aveva le idea ben chiare su come contrastare la forza dirompente di Golia. Così aveva pianificato, così aveva vinto.

40 Poi prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nel suo sacco da pastore che gli serviva da bisaccia; prese ancora in mano la fionda e mosse verso il Filisteo. Fonte: Antico testamento

Lo studio del piano strategico ricopre un ruolo fondamentale per il risultato finale. È importante riuscire sempre a creare una strategia appropriata, sintetica e chiara. È necessario approntare uno studio minuzioso soprattutto quando ci raffrontiamo con avversari più dotati.

Prendiamo l’esempio di una squadra di calcio. Durante la settimana che precede l’incontro domenicale basa i propri allenamenti sulle caratteristiche del prossimo avversario o sulle condizioni atmosferiche in cui si svolgerà l’incontro: marcature specifiche; difesa a tre/quattro giocatori; trappola del fuorigioco; piede preferito del diretto avversario, le sue caratteristiche di gioco, lati deboli del carattere, preferenze del rigorista avversario, allenamento serale se la partita sarà giocata in notturna, ecc.

Chi meglio e più velocemente riesce ad individuare i punti di debolezza dell’avversario ha probabilità maggiori di successo a patto di possedere quella minima dotazione tecnico/tattica per poter sferrare colpi incisivi. Questo dev’essere quanto studiato e applicato alla perfezione dall’Hellas Verona nella lontana stagione calcistica 194-1985. Questo è l’ultimo caso calcistico in cui un piccolo player è riuscito a conquistare il titolo di campione d’Italia. Successivamente a questo exploit abbiamo assistito a buone tattiche valide per conquistare singoli risultati ma non a strategie di successo finale. L’Hellas è stata l’unica squadra di città non capoluogo di regione a vincere un campionato di serie A Anche nel mondo calcistico come in quello commerciale assistiamo ad una egemonia da parte di big players che spinti da forti capacità di finanziamento riescono a far valere le proprie forze su quelle altrui. - 65 -

1991-92

Milan

1992-93

Milan

1993-94

Milan

1994-95

Juventus

1995-96

Milan

1996-97

Juventus

1997-98

Juventus

1998-99

Milan

1999-00

Lazio

2000-01

Roma

2001-02

Juventus

2002-03

Juventus

2003-04

Milan

2004-05

Juventus

2005-06

Inter

2006-07

Inter Fonte: Wikipedia

Negli ultimi sedici anni si sono alternati alla conquista dei campionati di serie A solo cinque squadre, di cui due (Milan e Juventus) si sono avvicendate per ben dodici volte. Tra di queste segnaliamo la S.S. Lazio che vince lo scudetto 1999-00 con una faraonica campagna acquisti da parte del presidente Cagnotti che porta al “crack” della “Cirio”.

Sia nel mondo delle imprese che in quello sportivo, contro grandi colossi anche una strategia preparata nel minimo dettaglio può non bastare. Fino a poco tempo fa faceva eccezione l’Inter che, nonostante investimenti rilevanti, non riusciva a generare risultati degni di nota. Ma come vediamo dall’albo d’oro della seria A, il problema non si pone più.

6.2 Attacco al potere Quando ci si trova in posizione sfavorevole nei confronti dell’antagonista è fondamentale spostare il campo di battaglia su piani adatti alla propria dimensione, portare il nemico nel proprio habitat naturale. - 66 -

“…Se occupiamo il ruolo dell’inferiore c’è un solo modo per vincere la guerra, soverchiare le regole di combattimento e portare il nemico sul nostro campo di battaglia…” Qiao Liang - Wang Xiangsui

È importante iniziare da lì e non cercare la sfida in campo aperta dove la disfatta sarebbe più che certa. Un ulteriore gap da colmare, oltre al divario già grande di partenza, sarebbe probabilmente fatale. Anche in condizioni in cui gli equilibri ci appaiono squilibrati, esistono metodologie di lavoro che se ben applicate, possono portare ad un successo difficilmente preventivabile da parte di chi ricopre il ruolo di sfavorito. Nella grande lotta concorrenziale esiste una specifica strategia dedicata alla competizione impari tra imprese che ricoprono ruoli di diversa importanza all’interno del comparto. Per meglio dire è una strategia utilizzata da piccole e medie aziende che studiano i punti di debolezza del leader alla ricerca di pertugi attraverso i quali colpirlo. Questo tipo di condotta, ad un primo colpo d’occhio, pare eleggere un vincitore ancor prima di iniziare la competizione. Sembra strano, ma è appunto per questo motivo che questa tecnica può aver successo. Il leader, colui che detiene la fetta più grande del mercato, dall’alto dei suoi numeri, può sentirsi estremamente rassicurato e forte dei suoi mezzi da agiarsi sui successi ottenuti. È proprio in questo istante che smettere di essere competitivo. Talvolta il motivo di questa perdita di competitività è da ricercare nella distanza che si crea tra venditore ed utilizzatore nel momento in cui l’impresa smette di avere come riferimento il volere o i bisogni dell’utente e tutela maggiormente la salvaguardia degli azionisti. Altro elemento di perdita forza nel mercato è determinato dal disinvestimento in fonti d’innovazione come possono essere attività di R&S o outsourcing. Anche a grandi società può capitare di perdere il primato di settore, gli esempi non mancano: General Motors, Detsche bank, kodak, Sony, Allianz, Kodak, AT&T. Un esempio eclatante per quel che riguarda questo tipo di comportamento è fornito dal colosso General Motors che negli anni 80 godeva di una leadership indiscussa nel - 67 -

settore auto mondale. La sua quota di mercato era più del doppio rispetto al più immediato inseguitore. Le perdite subite dal mercato americano, dovute ad un assortimento d’auto ormai antiquate, ha permesso ai produttori giapponesi ed europei di crescere nelle nicchie lasciate vuote da GM. Toyota, Nissa, Honda e Mazda sono entrate nella fascia medio/bassa specialmente attraverso macchine di buona qualità ad un uso famigliare, mentre i tedeschi sono riusciti a conquistare il mercato con berline ad alta tecnologia e prezzo. GM ha mancato di ricerca e innovazione, la sua gamma si era fatta obsoleta e non rispondeva più a ciò che il mercato desiderava. Il fatto che il leader di mercato sia performante e cerchi di coprire indistintamente la fetta del settore più grande possibile, non garantisce a quest’ultimo l’incolumità da attacchi di competitors anche drasticamente piccoli. Per concludere: il posizionamento del leader di mercato può essere difeso solo se non si accontenta di arrivare in alto, giunto così in alto deve avere la forza di continuare a lavorare per mantenersi il migliore, altrimenti prima o poi dovrà cedere il passo ad un concorrente più performante. Un esempio di un capofila che mantiene a grandi distanze i competitors attraverso innovazione e performance è General Electric. Durante gli ultimi 10/15 anni ha continuato a cavalcare la cresta dell’onda e a difendersi dagli attacchi della concorrenza.

L’attacco è la parte più visibile della strategia. Costituisce una porzione più piccola rispetto alla stesura del piano ma certamente più appariscente.

48 Appena il Filisteo si mosse e si fece avanti per avvicinarsi a Davide, anche Davide corse verso la linea di battaglia contro il Filisteo; 49 mise la mano nella sacchetta, prese una pietra, la lanciò con la fionda e colpì il Filisteo in fronte; la pietra gli si conficcò nella fronte ed egli cadde con la faccia a terra. 50 Così Davide, con una fionda e una pietra, vinse il Filisteo; lo colpì e lo uccise, senza avere spada in mano. 51 Poi Davide corse, si gettò sul Filisteo, gli prese la spada e, sguainatala, lo uccise e gli tagliò la testa. I Filistei, vedendo che il loro eroe era morto, si diedero alla fuga. Fonte: Antico testamento Tempi, schemi e movenze devono essere preordinate in fase di studio del piano. - 68 -

Per essere in grado d’incidere il più possibile, l’attacco, dev’essere rapido e preciso. Dev’essere aggressivo in modo tale da restituire in tempi brevi buone economie di scala alla nicchia e non dare tempo al big competitors di reagire velocemente. Chiaramente la strategia preconcetta può subire variazioni durante la fase di messa in opera senza comunque stravolgere la matrice d’attacco. Cambiare un piano in corsa è senz’altro difficile e impegnativo, di conseguenza anche i risultati si fanno più ardui da raggiungere.

6.2.1 Attacco inverso Generalmente gli attacchi “inversi” si manifestano con una frequenza molto più alta rispetto alle altre fasi di vita di prodotti proprio nel momento della maturità.

Per attaccare e sconfiggere un competitors che offre un prodotto/servizio già nella fase matura del ciclo bisogna conoscerlo molto bene. Infatti, la “domanda” da soddisfare è già completamente coperta e tutti i potenziali clienti sono da sottrarre alla concorrenza. Normalmente le società che operano in questo maniera si inseriscono sul mercato con una nuova offerta o un nuovo modello di business partendo da realtà di nicchia. Sono compagnie che riescono a risalire pian piano la scia del leader e trarne sufficiente linfa per ritagliarsi uno spazio importante.

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Le caratteristiche innovative (diversità) sono in linea di massima contrapposte a quelle del leader di mercato e quindi ne rendono molto difficile la reazione o l’imitazione.

Un esempio d’imprese che sono state in grado di cambiare le regole del gioco é fornito dalle compagnie aeree low cost come Ryanair e dal suo precursore americano Southwest Airlines. Queste compagnie realizzano un’offerta standardizzata di basso prezzo ma con un servizio accettabile che da un lato permette di ampliare il mercato rendendo più accessibile volare, dall’altro ne intensifica l’utilizzo. Il modello impiegato rende questo tipo di strategia poco imitabile da vettori convenzionali non abituati ad operare in altra maniera. I vettori classici, infatti, non sono in grado di replicare questo modello poiché sono strutturati in modo estremamente complesso rispetto al nuovo: costo elevato del biglietto dovuto a servizi offerti di tipo medio/alto, utilizzo di scali primari, continua rinegoziazione dei contratti, costi di gestione elevati (agenzie in molti aeropo rti principali, personale monofase), flotte di aerei articolate e talvolta obsolete.

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Le compagnie low cost si differenziano attraverso vari punti chiave sulla catena del valore: sfruttano Internet come approccio al prodotto, ticket fai da te, utilizzo di scali secondari e quindi meno tassati, servizi medio/bassi, personale incentivato e plurifase, sistemi di promozioni semplici e immediati, basso costo del personale, flotta improntata su un unico modello di velivolo.

Ryanair Quello che Ryanair è stata in grado di realizzare nel corso di due decenni è una vera e propria rivoluzione nel settore del trasporto aereo e del modo spostarsi delle persone. In un settore caratterizzato da bassa profittabilità e forte ciclicità dovute ad una seria d’elementi strutturali o contingenti, tra cui domanda in crescita ma con forti oscillazioni a causa di fattori esterni (ciclo economico, eventi tragici collegati ad attentati terroristici, ecc.) e fattori di strutturazione interna del settore, Ryanair ha saputo cogliere un’opportunità trasformandola in un business redditizio che ha rivoluzionato profondamente il concetto di volare. È riuscita a sfruttare le debolezze dei grandi vettori tradizionali e si è inserita sul mercato con un buon mix prezzo/servizio offerto, che ha generato nuova domanda e ha sottratto rapidamente quote ai competitors. Oltre a fare tutto questo, è riuscita a sviluppare un nuovo modello di business, estremamente semplificato ma fortemente difendibile in quanto sostanzialmente inimitabile dal leader.

Ambiente Fino alla fine degli anni '70 le compagnie aeree operavano in regime di monopolio sulle rotte domestiche ed in regime di duopolio su quelle internazionali; nella maggior parte dei casi erano finanziate e controllate dagli Stati, che stabilivano le rotte da servire e le tariffe applicabili. Questa situazione perdurò fino al 1978 quando negli Stati Uniti fu approvato l'Airline Deregulation Act (ADA) che abolì ogni forma d’intervento da parte del Governo. Alla liberalizzazione dei voli domestici del più grande mercato del mondo seguì, progressivamente, quella di molti altri mercati nazionali (Gran Bretagna, Australia,

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Canada, Nuova Zelanda, India, Comunità Europea, Giappone, Malesia, ecc.) ed un’intensa rinegoziazione degli accordi bilaterali sulle rotte internazionali. Solo in seguito a questi cambiamenti normativi (che, di fatto, permettevano il libero accesso al mercato, la libertà tariffaria e la possibilità di scelta delle rotte su cui operare), si è assistito al passaggio da una situazione di “stasi concorrenziale” ad un’agguerrita concorrenza per il controllo delle rotte più redditizie. La competizione è stata alimentata soprattutto dall'ingresso di nuovi operatori estremamente aggressivi e con una struttura di costo molto contenuta. Le “low cost companies” seguono una strategia di marketing dove il servizio è ridotto al puro trasporto: offrono ai loro passeggeri un servizio di bordo estremamente sobrio, non servono pasti, non concedono la possibilità di connettersi al network di altri vettori, non procedono all’assegnazione dei posti, né alla divisione in classi. In cambio della rinuncia al consueto standard di servizio vengono proposte tariffe bassissime, più vicine al prezzo del treno o dell'autobus che non a quello delle compagnie aeree concorrenti.

La principale strategia competitiva delle “no frill companies” è fondata sulla leadership di costo, che consente un immediato vantaggio nei confronti dei concorrenti meno efficienti. Il vantaggio di costo su una stessa rotta rispetto alle compagnie tradizionali, può oscillare tra il 30% ad oltre il 60%. Ciò è possibile perché le “low cost companies” pur mantenendo attenzione a fattori quali sicurezza, puntualità dei voli e frequenze, riescono ad ottenere ingenti risparmi sulla maggior parte delle categorie di costo rispetto alle altre compagnie e tendono a sfruttare al massimo la propria capacità operativa, ottenendo un’altissima produttività sia per quel che riguarda gli aerei sia per quel che riguarda il personale.

Tale vantaggio permette di praticare tariffe sensibilmente più basse rispetto ai concorrenti pur mantenendo un’alta redditività. Una tale competizione sui prezzi provoca una diminuzione delle tariffe medie, un incremento della domanda e di conseguenza un aumento del traffico aereo. La tendenza generalizzata alla riduzione dei prezzi è un effetto normale della deregulation.

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Le compagnie aeree tradizionali tendono, infatti, a competere principalmente cercando di differenziare il prodotto, specialmente il comfort (spazio fra sedili, larghezza delle poltrone, programmi frequent flyers, sale di attesa business, ecc.).

Mission Ryanair nasce con l’obiettivo di offrire il servizio di trasferimento aereo a basso costo e di permettere al maggior numero d’utenti possibili di usufruire del trasporto aereo.

Storia Ryanair, la principale compagnia aerea europea “low fare”, ha iniziato ad operare nel 1985 con un collegamento giornaliero tra l’aeroporto di Waterford, nel sud-est dell’Irlanda, e l’aeroporto londinese di Gatwick. L’aeroplano utilizzato per effettuare il collegamento era un aereo a turboelica da 15 posti. Nel primo anno di vita, l’azienda contava 57 dipendenti e riuscì a trasportare poco più di 5.000 persone sull’unica tratta attivata. Il traffico è aumentato regolarmente nel corso degli anni e la stessa compagnia prevede di trasportare oltre 50.000.000 di passeggeri nel 2008.

Passeggeri Ryanair

50000000 40000000 30000000 20000000 10000000 0 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

milioni di persone

60000000

anni Fonte: ryanair.com - 73 -

Caratteristiche del servizio Ryanair offre un servizio chiamato “no frills” (senza fronzoli) a tariffe estremamente basse e si inserisce appunto nel settore delle compagnie aeree a basso costo. La filosofia aziendale è basata sulla costanza di bassi prezzi, eliminando le spese inutili e i tipici “fronzoli” delle compagnie aeree. Questo obiettivo viene realizzato in molti modi: le prenotazioni possono essere effettuate on line, sul sito Internet o per via telefonica, vi è così un risparmio di costi di commissione in quanto tutte le prenotazioni vengono registrate direttamente nei centri prenotazione Ryanair senza l’intervento di nessun intermediario. Al momento dell’effettuazione della prenotazione viene dato un numero di conferma che dovrà essere presentato in aeroporto al momento del check-in poiché Ryanair non emette biglietti ed è il solo strumento per avere diritto ad accedere all’aeromobile. Questo sistema permette di ridurre significativamente i costi d’emissione, distribuzione, gestione e contabilizzazione dei biglietti che per le compagnie aeree “tradizionali” ammontano a milioni d’euro ogni anno. Vi è un miglior utilizzo degli aeroporti, sia per tempi di gestione sia per le tasse aeroportuali concordate con le varie società di gestione degli aeroporti. I tempi di gestione ridotti, cioè il turnaround, ossia il tempo intercorrente tra l’arrivo e la partenza dell’aeromobile, è pari a 30 minuti o anche meno, questo consente di effettuare più voli sulle tratte e di sfruttare meglio gli aerei diminuendo i costi unitari. La scelta d’aeroporti più piccoli permette a Ryanair di contenere i costi degli affitti degli hub e di tutte le tasse applicate dalla società di gestione degli aeroporti. Oltre ad essere meno dispendiosi sono anche meno congestionati dal traffico aereo. La scelta di utilizzare scali secondari va analizzata anche sotto l’angolazione del potere contrattuale che, ad aggi, ha assunto Ryanair. Aver la possibilità di far volare questa compagnia “low cost” nei proprio aeroporti significa aumentare significativamente il flusso di persone transitanti. Un esempio di quanto detto è fornito dallo scalo inglese di Liverpool che dal 2004 ha siglato l’accordo per ospitare la compagnia. I risultati parlano da soli.

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Transito passeggeri areoporto di Liverpool 3000000

numerosità passeggeri

2500000

2000000

1500000

1000000

500000

0 2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

tempo

Fonte: liverpoolairport.com

Sui voli non vengono serviti pasti gratuiti, questo consente di evitare prassi burocratiche inutili, rendere la gestione molto flessibile e abbatte significativamente i costi. Il 93% dei voli in media giunge in orario e il 98% di tutti i voli giungono all’aeroporto di destinazione entro un’ora dall’orario d’arrivo previsto. Un altro punto determinante per la buona qualità del servizio è giocato dal fattore “bagagli smarriti”. La compagnia ha una media molto inferiore rispetto allo standard, anzi, è la numero uno in Europa.

Comunicazione La comunicazione di Ryaniar punta su messaggi forti, irriverente e scherzosi per colpire con forza il consumatore. Non ha timore nel confrontarsi con concorrenti né di sfruttare eventi o situazioni a proprio favore. Per quel che riguarda la comunicazione inerente al servizio offerto, si basa sulla caratteristica primaria: il prezzo.

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Fonte: ryanair.com

Fonte: bloggers.it

Concorrenza Questo tipo di strategia particolarmente aggressiva ha chiaramente imposto ai vettori tradizionali di rivedere al ribasso il prezzo di offerta dei loro prodotti ma non certamente quello dei costi di gestione che sono rimasti particolarmente elevati.

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Gli esempi di vettori affermati che hanno cercato di replicare il modello imprenditoriale portato da quest’attacco ne hanno pagato le conseguenze col fallimento. Solo per citarne alcuni: Buzz, Go, JetGreen Airways, V Bird, VolareWeb. Adesso Lufthansa ci sta riprovando attraverso German Wings, una compagnia che trasporta circa 7 milioni di persone all’anno. Vedremo nel tempo se la compagnia riuscirà ad incrementare i risultati. Questo comportamento da parte dei giganti ha giocato ulteriormente a favore delle compagnie low-cost:

o Ha aiutato a stimolare la domanda o Le promozioni delle grandi compagnie sono state recepite spesso solo come una reazione ai nuovi entranti e questo ha aiutato a creare un’immagine positiva per le compagnie low-cost.

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7 COMUNICAZIONE NON CONVENZIONALE

Come visto nel capitolo precedente sono diversi i modi in cui la piccola impresa può difendersi e contrattaccare aziende più quotate. Un importante alleato nella lotta alla grande concorrenza è giocato dalla comunicazione. Questa, come molti altri fenomeni, è strettamente collegata alla curva logistica che prevede soglie minime e massime per il ritorno “ottimo” dell’investimento.

La rappresentazione spiega come chi investe all’interno della soglia d’efficacia (punto B) è premiato in maniera più che proporzionale per gli sforzi profusi, mentre, chi investe al di sotto (punto A) n’è sfavorito.

Dal punto di vista pubblicitario le dinamiche sono le medesime. Le scarse capacità di finanziamento permettono, generalmente, alle piccole aziende d’investire nelle zona A e di lambire solo marginalmente il grande flusso di benefici che scaturisce nella parte B. Chi investe al di sotto della soglia minima d’efficacia spreca tempo e risorse. Come descritto nei capitoli precedenti, anche in questo caso, poter usufruire di finanziamenti ingenti avvantaggia certamente le grandi imprese.

Ad esempio: La marca “crock” fattura 40 mln di € e destina il 7,5% del fatturato (pari a 3 mln di €) a scopo pubblicitario. - 78 -

La marca “crick” fattura 20 mln di € e destina il 10% del fatturato (pari a 2 mln di €) a scopo pubblicitario. La marca (“crock”) leader stanzia sostanzialmente una quota percentuale minore di fondi alla voce “pubblicità” ma come notiamo si tratta di una cifra di 1/3 superiore rispetto a quella del follower. Il follower che decide di investire come il leader (o maggiormente) deve tener conto di un’incidenza superiore sul suo bilancio e di conseguenza su tutte le finanze aziendali. L’impresa che segue il capofila sul suo terreno, in condizioni costanti, è destinata ad essere sconfitta o magari rilevata dallo stesso competitor. È anche per questo motivo che sorgono metodi di comunicazione “alternativi” che forniscono agli small players la possibilità di comunicare efficacemente e a bassi costi.

7.1 Passato contro presente L’evoluzione degli strumenti di comunicazione rende i media, Internet su tutti, molto più accessibili sotto il profilo economico e con risultati assolutamente degni di nota. Tra tutte le categorie d’imprese, le medio-piccole sono quelle che ne traggono maggiori vantaggi, infatti, tale cambiamento permette a chi era precedentemente tagliato fuori dal circuito comunicativo/pubblicitario di inserirsi a sua volta. I nuovi sistemi di comunicazione permettono di attuare politiche di comunicazione lowcost e offrono a molti players il lusso di avvicinare una platea potenzialmente mondiale. Questa possibilità era in passato riservata esclusivamente a grandi società che con budget pressoché illimitati potevano bombardare l’utente come meglio credeva mediante i principali mass-media. Abituati com’eravamo fino a poco tempo fa ai costi esorbitanti per le promozioni di un qualsiasi bene/servizio tramite gli old media, possiamo oggi affermare che i nuovi strumenti di comunicazione sono una pietra appuntita ed efficace pronta per essere scagliata dalla fionda di Davide.

Per riscontrare quanto appena affermato è necessario confrontare il presente e il passato della comunicazione impresariale. Col termine “passato” non volgiamo dare nessun’accezione negativa a tutti quei mezzi di comunicazione come Tv, radio, giornali che da molto tempo fungono da trait d'union

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tra impresa e pubblico. Rappresentano semplicemente strumenti che col passare del tempo cedono il posto alle innovazioni tecnologiche.

Comunicazione tramite old media

Comunicazione tramite new media

monodirezionale (passiva)

bidirezionale (attiva)

pubblico eterogeneo

in grado di scegliere un pubblico omogeneo

alto costo

basso costo

interfaccia standard

interfaccia personalizzabile

Poco versatile e poco virale

molto versatile e molto virale

misurabile (con strumenti discutibili)

misurabile (Internet)

vincoli temporali di trasmissione

relativa libertà di trasmissione

comunicazione esclusivamente top down

possibilità di conversione in bottom up.

Vale comunque la pena ricordare che una comunicazione per essere efficace, sia che passi attraverso nuovi o old media, deve basarsi su buone idee di fondo che sorprendano o che comunque richiamino l’attenzione del ricevente. L’analisi dei fattori sociali, suburbani e culturali riguardo target, concorrenza e mercato in generale rappresentano punti centrali nella definizione della comunicazione da effettuare. L’effetto sorpresa, la novità e la creatività sono spesso segni distintivi di campagne di successo.

Le differenze tra le due forme di comunicazione si possono sostanzialmente identificare in tre caratteristiche:

o interattività tra emittente e ricevente

La prima miglioria riguarda l’interattività dei nuovi strumenti tra emittente e ricevente. La pubblicità nella sua accezione più classica permette una forma comunicativa monodirezionale in cui, l’emittente dirama una comunicazione e il ricevente la coglie in modo sostanzialmente passivo poiché non è prevista la possibilità di replica. Un annuncio su un periodico è un esempio di questo tipo. Un blog di prodotto è l’esempio di come l’utente abbia non solo la possibilità di dare la propria opinione, consiglio o lamentela per tale prodotto/servizio direttamente

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all’impresa, ma anche di relazionarsi con un universo di persone interessate allo stesso tema. Un chiaro documento di questo grande cambiamento in atto ci viene fornito dal Cluetrain manifesto. Scritto nel 1999 da parte di Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls, y David Weinberger raccoglie una serie di 95 affermazioni che delucidano come il mercato nell’era di Internet sia profondamente cambiato. Affermano che è uno strumento completamente diverso da tutti gli altri mezzi di comunicazione convenzionali utilizzati dal mercato di massa poiché permette alle persone di avere conversazioni da “uomo a uomo” (Vedi punti in allegato).

o costo

Low cost per eccellenza. Il contatto col cliente target non è mai costato così poco. Low cost della distribuzione del messaggio: si poggiano su vettori, Internet in special modo, in grado di veicolare e ingigantire il messaggio ad un costo molto basso. Talvolta l’utente non deve nemmeno sforzarsi ed industriarsi troppo per inoltrare il messaggio poiché tramite alcune “funzioni rapide”, basta un click per “postare” il contenuto desiderato.

o misurabilità

Se per Tv, giornali, radio, esistono imprese specializzate nella rilevazione pressoché quotidiana dei risultati d’ascolto/lettura dei media, i nuovi media si possono avvalere addirittura di censimenti e non di rilevazioni statistiche. Ogni utente (in Internet soprattutto) lascia tracce del suo passaggio e questi dati possono essere utilizzati per valutare il risultato generato dalla campagna. A maggior ragione, essendo i nuovi media studiati su base informatizzata, saranno presto in grado di fornire molte informazioni aggiuntive al numero di passaggi.

Per contro gli old media si basano su sistemi di rilevamento del tutto discutibili. Chi non ha mai sentito parlare di Auditel o di altri sistemi di rilevamento dei dati sugli ascoltatori di un determinato media, quale Tv, radio oppure giornali. Per ognuno esiste un organo preposto alla misurazione degli ascoltatori: Auditel per la televisione, Audipress per la stampa, Audiradio per la radio. - 81 -

Questi strumenti interessano in particolar modo ad imprenditori ed agenzie pubblicitarie per individuare il mezzo più adatto da utilizzare come supporto per le loro campagne pubblicitarie. Realmente sappiamo come funzionano e a chi appartengono?

La proprietà della società è divisa in quote del 33% per le tre componenti fondamentali: televisione pubblica (RAI), emittenza privata (network nazionali ed emittenti locali), aziende che investono in pubblicità (UPA) con agenzie e centri media; il restante 1% è di proprietà della Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG). Il consiglio d’amministrazione dell'azienda è composto da 17 persone facenti parte delle categorie sopraccitate.

Negli anni '80 facevano parte del panel 2400 famiglie, dimensione portata nell'agosto del 1997 a 5100 famiglie, con 9500 meter utilizzati da circa 14 mila persone. Il sistema Auditel si basa su tre strumenti: il monitor detection unit (MDU), che rileva lo stato d’accensione e spegnimento dell'apparecchio televisivo e il canale su cui esso è sintonizzato; l'handset ("telecomando"), attraverso il quale la famiglia-campione seleziona il numero di persone che guardano la televisione; il meter, unità centrale di memoria, che trasmette i dati degli MDU provenienti dai vari televisori della famiglia-campione alla centrale attraverso la linea telefonica. I dati vengono poi elaborati e pubblicati la mattina seguente.

La contestazione dei dati Auditel è cominciata, in maniera organica, con un'inchiesta di Giulio Gargia sul settimanale Cuore, allora diretto da Stefano Disegni. Il giornalista riuscì a intervistare una ventina di famiglie del panel Auditel. Dalle testimonianze vennero fuori le distorsioni nell'uso del meter che rendevano inattendibile i dati immessi già dalla loro formazione. Un episodio clamoroso, finito sulle prime pagine de La Repubblica e La Stampa fu quello del 15 luglio 2000, quando, secondo i dati Auditel, tra le 21,03 e le 21,18, più di tre milioni di persone avevano la TV sintonizzata su RAI Uno. In quel momento, però, sui monitor c'era solo il segnale orario per - 82 -

oltre un quarto d’ora. Infatti a quell'ora sui monitor di RAI Uno, dopo l'interruzione per pioggia di un programma all'aperto condotto da Mara Venier e Katia Ricciarelli, è andato in onda l’orologio del segnale orario per oltre 15 minuti.

Altro caso misterioso è quello verificatosi con Telecapri, l’emittente campana più seguita secondo l’Auditel. Dal 16 al 18 dicembre 1998, il segnale dell’emittente fu interrotto da un provvedimento della magistratura, che la mise sotto sequestro. I trasmettitori furono sigillati. Sulle frequenze di Telecapri non c'era nulla, nemmeno il solito monoscopio con i Faraglioni. Eppure i dati Auditel dicono che l'avevano vista, in media, 50mila spettatori al giorno con picchi di 450mila nella notte tra le 2 e le 6 tra il 17 e il 18 dicembre. Fonte: Wikipedia

Ricapitolando: gli importanti dati che vengono presi in considerazione da coloro che operano in campagne pubblicitarie si basano su dati gestiti da una sola società che opera in stato di monopolio. A questo punto bisogna chiedersi se valga la pena investire grosse cifre in questi mezzi oppure investirli su mezzi relativamente nuovi, non ancora affinati ma che certamente permettono: ampio raggio d’azione, basso costo (certamente più basso dei media tradizionali) e probabilmente qualche risultato in più. Per raggiungere un punto accettabile di penetrazione (zona B) tramite gli old media è realmente molto costoso.

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Allora perché le imprese o chi per loro non cambiano l’approccio al pubblico spostandosi su nuove forme di comunicazione? La risposta è molto semplice. Perché le rilevazione vecchia maniera danno sicurezza. Danno sicurezza all’imprenditore che è convinto di prendere la decisione corretta investendo qualche soldo in più in mezzi dal ritorno (presunto) certo, infatti, ci sono i dati audience che lo confortano e al contempo mettono al riparo l’agenzia pubblicitaria che, dati alla mano, può giustificare sempre e comunque il possibile fallimento di una campagna pubblicitaria.

Oltre a questi tre differenze fondamentali tra il vecchio ed il nuovo modo di comunicare esistono anche altri fattori che divergenti.

Analizziamo un altro punto di dissonanza tra i vecchi e nuovi media: l’interfaccia. I new media permettono di avere un’interfaccia accattivante e simpatica che da vita ad un approccio per così dire “user friendly”. Offrono pressoché infinite possibilità di personalizzazione, ad esempio Yahoo o Google, permettono di scegliere liberamente le categorie di notizie di maggior interesse per l’utente, i colori di default della pagina, il carattere di visualizzazione e tanti altri piccoli accorgimenti che rendono questi motori di ricerca più personali. Al contrario, i vecchi media offrono caratteristiche standard sia per quel che riguarda l’estetica che per i contenuti. Non dimentichiamo che l’utilizzo di questi strumenti informatici è, oltretutto, compatibile con altri apparati che permettono di riversarne il contenuto in altri sistemi di propagazione, discussione. Prendiamo ad esempio una pubblicità particolarmente accattivante e diffusa in rete. Questa ha una possibilità di diffusione pressoché illimitata: potrebbe essere inviata da computer a computer tramite e-mail, caricata su piattaforme di file sharing, ripresa dai vari media convenzionali come fenomeno del momento, scaricata con telefonini cellulari ed inviata tramite mms o bluetooth da un telefonino ad un altro telefonino e così via. Come visto, le possibilità che offrono questi nuovi strumenti di comunicazione sono molto ampie e versatili. In una dinamica di questo tipo, le piccole società devono saperne approfittare avendo, per loro natura, un rapporto più diretto con l’utente finale.

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7.2 Quando non c’era Internet esisteva pubblicità a basso costo? Certamente si. In passato, chi non poteva permettersi pubblicità canonica attraverso radio, Tv, giornali, trovava comunque il modo di farsi conoscere e di promuovere i propri servizi/prodotti. È importante sottolineare come siano fondamentali le buone idee per raggiungere buoni risultati. Chiaramente se oltre a queste aggiungiamo anche mezzi di comunicazione favorevoli abbiamo un potenziale molto rilevante.

Wards e Sears forse sono nomi che non conoscete, ma se vi diciamo che alla fine dell'800 e nei primi anni del '900 erano le due grandi “Postalmarket” degli Stati Uniti potete probabilmente farvene un'idea. Bene: la diffusione dei loro cataloghi era più che capillare – e purtroppo, assolutamente identica. In ogni casa c'erano un catalogo Sears, e un catalogo Wards. Le gamme di prodotti non erano particolarmente differenziate, le possibilità di agire sui prezzi minime... e capire come mettersi un passo avanti alla concorrenza non era semplice. Ma Wards ebbe un'idea - soltanto un'idea. Fece stampare i suoi cataloghi in un formato leggermente più piccolo di quelli di Sears. Insignificante? Non proprio: i libri piccoli si appoggiano sopra quelli grandi. E Wards si era assicurato, con una mossa semplicissima, che in tutte quelle case dove c'erano sia il suo catalogo che quello del suo concorrente, il suo fosse il primo ad essere consultato. Molto spesso, bastava questo a vincere quella piccola guerra. Fonte: temantica.it

Questo simpatico aneddoto ci fa capire come talvolta basti una semplice intuizione per rendere il proprio business migliore degli altri.

Un mezzo del quale ognuno di noi è stato sia vittima che promotore è il buon vecchio “passaparola” che tuttora ricopre una significativa importanza nella propensione all’acquisto o consumo di beni/servizi.

Il passaparola è la forma più antica di pubblicità che si conosca, messaggi commerciali ed elettorali sono stati trovati impressi sulle rovine di Pompei.

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Anche a Babilonia, molto tempo prima erano diffuse diverse forme di promozione: insegne con simboli semplici che rappresentavano un negozio, oppure il ritratto dei gestori. Nelle città medioevali erano usate grandi bandiere oppure icone disegnate ed appese all’esterno dell’edificio per renderlo facilmente distinguibile anche dalla concorrenza. Ovviamente la divulgazione pubblicitaria che andava per la maggiore e minor costo era senza dubbio la comunicazione effettuata tramite voce, dove il venditore qualificava e descriveva la merce in vendita. Fonte: Wikipedia

Chi di noi non ha mai consigliato o sconsigliato ad amici o conoscenti qualche ristorante, qualche prodotto, qualche luogo da visitare, ecc. Questo strumento è difficile da guidare attraverso le persone ma possiede una potenza dirompente in colui che recepisce il messaggio. Come afferma il Cluetrein manifesto, “alle persone piace sentirsi parlare da una voce col suono umano e se scaturisce dalla bocca di un amico è ancor più benevola”.

Al di la del passaparola che da sempre è strumento fondamentale della comunicazione, esiste anche tutta una serie di strumenti utili a pubblicizzare i propri prodotti o servizi a prezzi contenuti. Guardiamo per esempio l’Olio Carli.

Come molti sanno rappresenta un marchio indipendente dalle grandi catene multinazionali e con scelte di comunicazione singolari. Quella dell'Olio Carli è ormai una classica storia di successo della società di Imperia. A differenza di molti altri players del mercato, Olio Carli ha scelto di non avvalersi solo dei corrieri ma in buona parte d'Italia ha una rete formata da 154 consegnatari, dotati di furgone con marchio aziendale, che rappresentano un tramite fondamentale con i clienti. Fonte: lineaedppmi.it

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A dir la verità, come vedremo successivamente, non è solo Davide a fare sfoggio di tattiche di comunicazione “alternative”, anche Golia, il gigante che può permettersi qualsiasi tipo di pubblicità, non disdegna la comunicazione “alternativa”. I motivi che lo portano ad utilizzare questi mezzi sono però diversi da quelli che guidano Davide. Davide ne fa uso per il limitato budget finanziario, mentre Golia lo utilizza per dare un volto umano e giocoso alla sua immagine d’impresa grande. Possiamo comunque affermare che, generalmente, sono le piccole società, start-up o singoli individui che vogliono lanciare un prodotto sfruttandone alto impatto e bassi costi ad utilizzare queste tecniche comunicative. Infatti, queste azioni rasentano talvolta i confini della legalità ed è evidente che la maggior parte dei grandi marchi, che negli anni si è costruita una reputazione, preferisca non rischiare spiacevoli evoluzioni negative di una campagna di questo tipo.

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7.3 Il gigante spiaggiato Giant Lego man found at sea August 8, 2007

Map highlighting Zandvoort. A giant, smiling Lego man was fished out of the sea in the Dutch resort of Zandvoort on Tuesday. Workers at a drinks stall recovered the 2.5-metre (8foot) tall toy which had a yellow head and a blue body. "We saw something bobbing about in the sea and we decided to take it out of the water. It was a life-sized Lego toy," said one worker at the stand. At least one witness says that the toy came from the direction of England. Upon his chest are the words 'No Real Than You Are', the meaning of which is still unknown, but one website says that the giant toy is a promotional stunt for an artist by the name of Ego Leonard who is believed to be "aiming to document small pieces of beauty from round the world." It's not known where the giant toy came from or how he ended up in the sea, but has since been placed on display at the drink stand. From Wikinews, the free news source you can write! A goods ideas have not be expensive. Fonte: Wikipedia

8 Agosto 2007, il gigante giallo (che in questo caso non si chiama Golia ma Ego Leonard), comparso misteriosamente sulla spiaggia Olandese di Zandvoort è sulla bocca di tutti. Tg, Blog, siti Internet, giornali, radio. La notizia in pochi minuti fa il tour del mondo più e più volte. - 88 -

Vediamo come se ne parla sul web:

Alcuni link che riportano la notizia: www.levidepoches.fr

www.nettavisen.no

anotacoeseafins.blogspot.com

news.centrodiascolto.it

www.nettavisen.no

vidensbankfornyemedier.dk

mrw.blox.pl

www.molblog.nl

ivancomunica.blogspot.com

news.yahoo.com.au

www.atake.com.br

vids.myspace.com

Il video ha totalizzato ben 53.705 visualizzazioni sul solo sito Youtube.com in appena un mese di tempo. Migliaia anche le visualizzazioni d’immagini su Flickr.com.

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Fonte: brainstorm9.com.br

Come visto, questo è un ottimo esempio di come far parlare di sé in tutto il mondo ad un costo realmente irrisorio. È un nuovo modo di proporsi al target. Come anticipato in precedenza, l’attacco del target di riferimento è il grimaldello per guadagnare forza sul mercato nei confronti della concorrenza. Il consumatore moderno ha cambiato il suo modo di relazionarsi sia con l’impresa sia con gli altri consumatori. Questa dinamica impone alle imprese di modificare il loro approccio col consumatore moderno trasformando profondamente il modo di approcciarlo. Attraverso l’esperienza al consumo e le nuove tecnologie, non v’è dubbio che il consumatore moderno cambi le sue abitudini d’acquisto. Questo si evidenzia non tanto nell’atto d’acquisto in sé ma in tutto quel processo d’indagine che precede l’acquisto unito al processo di feedback, consigli, impressioni che seguono l’acquisto. Di fronte a questa rete d’informazioni è necessario che le imprese evolvano in soggetti in grado di relazionarsi col cliente tramite l’utilizzo di strumenti adeguati e con il medesimo linguaggio/codice dei clienti.

7.4 Guerrilla marketing Prima di immergerci nel guerrilla marketing vogliamo puntualizzare un concetto che riteniamo fondamentale. Molto spesso capita di sentire persone intercambiare come sinonimi le parole marketing e comunicazione, oppure marketing e pubblicità.

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Molte persone tendono, infatti, a scambiare queste diverse discipline ed è opinione diffusa che possono essere utilizzati alternativamente. Inizialmente siamo incappati anche noi in errore in quanto, essendo il guerrilla una branchia relativamente nuova, pochi sono i libri scritti da persone autorevoli e ci siamo avvalsi per lo più di definizioni espresse da blogger semiesperti del campo del marketing.

Analizziamo la differenza tre il significato delle parole Guerrilla marketing e comunicazione di guerrilla. Il guerrilla marketing consiste nell’attuazione d’azioni non convenzionali a livello strategico d’impresa. Mentre il guerrilla (comunicativo) è la protuberanza finale, è la parte visibile di tutta la struttura che internamente la sorregge, è il dito che si estende dalla mano per toccare/impattare l’utente finale. Questa modalità d’azione opta per guadagnare il favore dei potenziali consumatori attraverso azioni simpatiche, divertenti, coinvolgenti, toccanti. È una delle pietre più importanti custodite nella bisaccia di Davide pronta ad essere scagliata al momento più opportuno. In entrambi i casi è una tecnica implementata da chi è costretto per motivi economici, strutturali, organizzativi a non poter fare diversamente che combattere la battaglia in forma diversa dai competitors di settore. Per concludere, si scrive guerrilla marketing ma ha due livelli operativi ben distinti: uno di carattere strategico mentre il secondo di carattere comunicativo.

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7.4.1 Cos’è il guerrilla “Condotta di guerra/battaglia con mezzi ridotti, generalmente non convenzionali, diversi da quelli dal nemico e impiegati senza alcuna inibizione riverenziale.”. Conrad A. Levinston

Punti di forza

Punti di debolezza

Attacca con un minimo di risorse

Rischiosa

Flessibile, si adatta a situazioni

Può essere utilizzata selettivamente

difensive/offensive.

anche dai competitors

Può utilizzare simultaneamente più strumenti Deve cambiare spesso i focus d’attacco Imprevedibile Veloce Inaspettata

Il linguaggio del marketing sin dalla sua nascita è impregnato di parole e di termini di chiara ispirazione militare. Si può fare una campagna politica, militare o pubblicitaria. Si cerca sempre di colpire un target con il più alto impatto possibile. La parola slogan deriva dal gaelico e significa “urlo di guerra”. Quando si pensa, nel marketing, non si riflette, si fa un brainstorming. La marca si chiama brand come il marchio a fuoco impresso sul bestiame. Prima iniziare una campagna (sia essa militare o pubblicitaria) c’è l’immancabile brief. La prima forma di pubblicità in Internet non poteva non risentire di questo approccio: il banner, lo striscione che contraddistingue gli eserciti. Negli ultimi tempi si è sviluppato anche una branchia del marketing di chiara derivazione militare: il guerrilla marketing. Il guerrilla marketing è un tipo di marketing aggressivo che colpisce di sorpresa, come un agguato. È veloce, pungente, originale e potente. Nel campo tattico, la guerriglia non si manifesta con azioni di massa ma punta ad essere portata alla ribalta delle cronache di tutto il mondo per farsi conoscere. La guerriglia non è mai fine a se stessa, ma è sempre un espediente o un ripiego temporaneo: se la guerriglia è la forma principale d’attività bellica per una delle due - 92 -

parti in conflitto, il suo fine è sempre di prendere tempo, oppure di aumentare tanto il costo delle operazioni militari del nemico da indurlo a desistere dal conflitto. La sua vera forza, che è quella morale, proviene dalla comunità che la sostiene, l’alimenta, la protegge e la propaga. L'intensità della guerriglia non è mai costante. Fa seguire a periodi di attività, periodi di attesa e di preparazione. Gli attacchi non possono essere persistenti né continui per due ragioni: non ha le forze per sostenere un conflitto impostato in questo modo e soprattutto non avrebbe più l’effetto sorpresa nei confronti del target.

È fondamentale che il guerrigliero del marketing sappia muoversi nel proprio ambiente, anzi, deve conoscere ogni minimo particolare dell’ambiente in cui sferrare l’attacco e conoscere bene l’obiettivo. La guerriglia procede per zone, si possono sferrare più attacchi contemporaneamente e se ben attuati la somma del risultato è essere maggiore alla sommatoria delle singole azioni. Il suo fondamento consiste nel cogliere alla sprovvista il suo target, proprio nel momento in cui il livello delle difese è minimo. Tutto questo passa attraverso una serie d’attacchi o battaglie minori. Il fine ultimo è quello di trionfare nella guerra. Generalmente lo schema di battaglia è caratterizzato dalla divisione del gruppo di combattimento in tante “cellule” di minor numerosità e dall’attacco selettivo del bersaglio nel suo punto più debole. Si dice generalmente che la guerriglia non vinca la guerra ma che il suo avversario la perda.

La storia militare (Vietnam) ci ricorda che non sempre chi è più forte vince. Nel corso degli anni ottanta J.C.Levinson definiva questa tecnica come "il Marketing vincente, che le aziende dovrebbero applicare come filosofia a trecentosessanta gradi su strategia, mezzi e strumenti".

Dietro all’utilizzo di una tattica superficialmente semplice ed immediata, si nascondono in realtà molte difficoltà che talvolta sfociano in errori.

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Uno dei metodi che può usare per diminuire il margine d’errore è quello di conoscere i peccati mortali per una corretta guerriglia.

Il primo peccato è l’inesperienza. Il guerrigliero accecato da questo peccato, pensa che il nemico sia stupido, ne sottovaluta l’intelligenza, pensa che ogni cosa sia facile e, come risultato, lascia indizi che possono portarlo al disastro. A causa della sua inesperienza, può anche sopravvalutare le forze del nemico, credendole superiori a quanto siano realmente. Facendosi ingannare da questo presupposto, il guerrigliero s’intimidisce, diventa insicuro ed indeciso, paralizzato e povero d’audacia. Il secondo peccato del guerrigliero è il vantarsi delle azioni fatte e raccontarle ai quattro venti. Il terzo peccato è la vanità. Il guerrigliero che “soffre” di questa malattia cerca di risolvere i problemi della rivoluzione con azioni personali, senza preoccuparsi dei principi e della sopravvivenza d’altri guerriglieri che da lui dipendono. Accecato dal successo, comincia ad organizzare un’azione che considera decisiva e che lo costringe a mettere in gioco tutte le risorse dell’organizzazione. Il quarto peccato del guerrigliero è sopravvalutare la propria forza ed intraprendere azioni per le quali non ha le risorse e le infrastrutture necessarie. Il quinto peccato è un’azione sconsiderata. Il guerrigliero può commettere questo peccato quando perde la pazienza, ha un attacco di nervi, non aspetta gli altri e si getta impetuosamente nell’azione, soffrendo una sconfitta incalcolabile. Il sesto peccato è attaccare il nemico quand’è molto arrabbiato. Il settimo peccato è fallire la pianificazione delle cose ed agire spontaneamente. Fonte: piccolo manuale della guerriglia urbana

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7.4.2 Il guerrilla comunicativo Punti di forza

Punti di debolezza

Adatto a tutti gli strumenti comunicativi

Rischiosa

Sfrutta la creatività del messaggio

Poco misurabile

Altamente impattante

One shot

Ideale per chi possiede un’immagine debole

Utilizzabile anche dai big players

Low cost

Non funziona nel lungo periodo

Sfruttare l’effetto virale creato del messaggio

La direzione delle nuove forme comunicative è diretta verso il “salto” del recinto dei media tradizionali per penetrare nel cuore della gente in modo diretto, provocatorio, spiazzante. Le campagne comunicative di nuova derivazione, si trovano nelle strade, sui muri, sulle panchine, sui fondi di bicchieri, in finte conversazioni, sui soldi, sulla frutta, sulla carta igienica, perfino sul corpo umano. L’obiettivo è di raggiungere il consumatore nei momenti e nei luoghi in cui non è attiva la sua "advertising consciousness" (come accade invece davanti alla TV o ascoltando la radio), quando le sue difese nei confronti dei messaggi pubblicitari sono basse.

Fonte: windoweb.it (Fissare il centro della figura fino a visualizzarne il contenuto)

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Non nascono per colpire la massa ma il singolo individuo ed alterano il meccanismo di generazione di notorietà, non più esclusivamente verticalmente (top-down) ma anche in forma orizzontale, tra i diversi utenti o addirittura dal basso (bottom-up). Gli attacchi generano spiazzamento, lo spiazzamento produce passaparola, il passaparola si diffonde in maniera "virale" nella popolazione. La diffusione virale garantisce notorietà al prodotto.

Ecco le regole del guerrilla manifesto che ci permettono di comprendere meglio come dovrebbe comportarsi un’impresa/persona che vuole attuare guerrilla comunicativo:

1) Pensa sempre che il tuo progetto cambierà il mondo: come afferma Guy Kawasaki: "non lanciare un progetto senza essere preparato a cambiare il mondo". People will get excited about your initiatives only if you clearly articulate how your proposition will liberate your customers in a way none of your competitors can.

2) Non bisogna pensare alla guerra, ma alla battaglia: una corretta campagna di guerrilla deve disporre di un budget ridotto; sembra strano a dirsi ma è così. I progetti troppo onerosi non si addicono ad una strategia di marketing nata con l’intento di "colpire e ripiegare" in modo unconventional.

3) Potere agli utenti: nessun’azione di guerriglia o movimento di protesta può aver successo senza il sostegno del "popolo". Le campagne di guerrilla rappresentano un’ottima opportunità per coinvolgere tutti gli utenti incondizionatamente in quanto "colpiscono" nei momenti in cui le "difese pubblicitarie" sono minime.

4) Schierare i mercenari: ovvero, non affidarsi agli eserciti istituzionali (agenzie) ma realizzarsi la maggior parte della pianificazione "militare" in proprio (tranne per la realizzazione del materiale utile alla campagna che va realizzato da qualche buona agenzia). Ricordarsi dei budget esigui che ci "permettono" di stare lontani dai big player.

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5) Think small, ma in modo spettacolare: le campagne di guerrilla si basano molto sull’inventiva e poco sul budget, quindi bisogna partorire l’idea per una campagna low cost ma carica di fascino.

6) Lasciali scommettere: l’aspetto principale su cui basare una campagna di guerrilla è la sorpresa; non solo sugli utenti ma anche sui competitors. Ogni campagna non si ripete mai, neanche se ha come focus lo stesso soggetto. Quindi bisogna ogni volta stravolgerla e ripresentarla in luoghi e forme diverse lasciando scommettere gli utenti ed i competitors sul dove riappariremo.

7) Afferra il malloppo e scappa: tutte le guerrilla campaign vanno eseguite con una precisione laser; anche in caso di insuccesso conviene "prendere" ciò che si è guadagnato (sia economicamente che da un punto di vista di business) ed andarsene!

8) Non dimenticare la propaganda: ogni successo conseguito va urlato; quelli bravi lo chiamano "Word-of-Mouth". Se la campagna ha avuto successo usiamo tutti i canali in nostro possesso per informare della "nostra" conquista del mondo. Fonte: forum.2fmotori.com

Talvolta la forza della guerriglia comunicavo si manifesta attraverso lo sfruttamento di eventi indipendenti derivanti dall’esterno che costituiscono dei veri e propri driver nella veicolazione del messaggio. È come un surfer che attende l’onda buona. Lascia passare quelle non adatte poiché è consapevole di non poter ritornare velocemente nella medesima posizione di partenza. Sa che le sue forze sono limitate e attende sapientemente l’onda più grande, quella che gli permetterà di “surfare” più a lungo.

Calsberg (nota marca di birra) ha sfruttato alla perfezione il trend negativo creato da alcuni video on line che evidenziavano gli effetti a dir poco esplosivi dati dall’unione di Diet CocaCola e Mentos.

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Negli anni '90, il popolare conduttore televisivo e divulgatore scientifico americano Steve Spangler rese celebre l'effetto che le caramelle Mentos producevano quando venivano introdotte in una bottiglia di Coca-Cola light. L'aggiunta di varie caramelle Mentos in una bottiglia di Coca-Cola provoca l'effervescenza esplosiva delle bollicine di diossido di carbonio contenute nella bibita, provocando una vera e propria "eruzione" del liquido, e creando colonne che possono arrivare oltre i 5 metri di altezza. Capovolgendo la bottiglia si può anche ottenere l'effetto opposto ad un'eruzione; la pressione in questo caso spinge la bottiglia di Coca-Cola in alto, come un vero e proprio razzo, anche ad altezze notevoli. Fonte: Wikipedia

Tale fenomeno ha raggiunto una notevole celebrità grazie ad Internet, tramite numerosi video amatoriali apparsi su YouTube. Sullo stesso sito, in un anno, i video contenenti le parole “Coca-cola + Mentos” sono stati visionati per ben 40.000.000 di volte. La Carlsberg, sfruttando appunto questo trend ha creato un video di qualità similamatoriale con gli effetti prodotti dall’unione di birra (Carlsberg ovviamente) e Mentos, risultato? nessuno! Il ragazzo che butta la caramella nel bicchiere di birra si ritrae dal tavolino per paura della reazione tra le due sostanze, in quell’istante (come punizione per il gesto blasfemo che ha compiuto) passa un camion della stessa marca di birra che lo investe. Lo slogan chiude dicendo: “non mettere caramelle in questa birra. Carlsgerg, probabilmente la birra più buona del mondo”.

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7.4.3 Poco costo e tanto rumore Body rent Forma comunicativa che applica il brand da promuovere sul corpo del promotore. La persona “tatuata” funge da mezzo di propagazione per attaccare il target di clienti che verosimilmente frequenta gli stessi luoghi, ha le caratteristiche simili ed ha abitudini affini alle persona che veicola il messaggio.

Stealth marketing Consiste nell’invenzione di un marketing fantasma, sfrutta eventi, siti, campagne e prodotti fasulli, che celano al loro interno un messaggio pubblicitario. È il caso d’Infostrada che per qualche giorno ha pubblicizzato un sito fantasma (abbattiaumenti.com) rivelatosi poi strumento per il lancio del nuovo prodotto. Infatti, al posto del sito AbbattiAumenti è comparsa una pagina d’Infostrada che promuoveva la nuova tariffa Absolute Adsl.

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Viral marketing In genere, il termine è riferito agli utenti della rete che, volontariamente, suggeriscono o raccomandano l'utilizzo di un determinato prodotto. Ultimamente, questa tecnica promozionale si diffonde anche a prodotti non strettamente connessi a Internet. Questo tipo di promozione si basa sull'originalità di un'idea: qualcosa che, a causa della sua natura o del suo contenuto, riesce ad espandersi molto velocemente in una data popolazione. Se guardiamo il viral marketing dal punto di vista epidemiologico, l’obiettivo è infettare la vittima e balzare di soggetto in soggetto.

Come un virus, l'idea che si rivela interessante/divertente per un utente, viene passata da questo ad altri contatti, da questi ad altri ancora e così via. È questo il vero punto di forza del viral, il fatto che sia l’utente a scegliere a chi inoltrare il messaggio. Lui sa chi apprezza certe cose, chi può riderne, chi può essere interessato al messaggio veicolato. Sa chi sono le vittime alle quali rivolgersi. Il messaggio può essere costituito da un gioco, un testo, un filmato, un’animazione. Il caso più famoso di marketing virale è certamente quello che ha per protagonista il servizio di posta elettronica Hotmail.com. La strategia marketing di Hotmail è velocemente riassumibile in due punti:

o Fornire un servizio e-mail gratuito

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o Aggiungere ad ogni messaggio personale via e-mail un messaggio, non invasivo, di questo tipo: “Ottieni la tua casella e-mail privata e gratis con hotmail.com”.

Era il 4 luglio del 1996 quando Jack Smith e Sabeer Bhatia, fondatori di Hotmail, lanciarono quella che sarebbe passata alla storia come la prima azione di marketing virale di successo. Nessun video, nessun giochino o sistema sofisticato. Soltanto un testo alla fine di ogni messaggio inviato dalla casella di posta hotmail.com: “PS Get your free e-mail account at http://www.hotmail.com”. Ad inserire il messaggio era certamente l’azienda fornitrice, ma a dare il consiglio il mittente dell’e-mail. Un amico a cui dare credito. Fonte: farodeinaviganti.wordpress.com

Ogni utente di Hotmail, spedendo messaggi a decine e centinaia di persone, ha fatto una potentissima pubblicità del sito, anche perché il “testimonial” era assolutamente credibile: colui che usava il servizio di mail gratuito lo proponeva, inconsapevolmente, ai suoi amici e conoscenti.

Buzz marketing La parola di derivazione inglese significa brusio. Molto spesso si crea spontaneamente e al di fuori del controllo dell’impresa interessata. Inutile dire che può essere sia positivo che negativo. Nel primo caso aumenta le vendite, nel secondo caso le diminuisce. In alcuni casi, le società possono essere coinvolte anche indirettamente in questi “rumors” come nel caso della Logitech: Nel video “Bowiechick”, come la teeneger si fa chiamare, cerca di sdrammatizzare la fine della sua storia d’amore prendendosi un po’in giro e giocando con gli effetti speciali del computer e della webcam per alterare le sue sembianze. Moltissime persone le chiedevano com’era riuscita a riprendere con una webcam i suoi travestimenti e le trasformazioni delle sue sembianze in maniera tanto realistica e ad effetto. Così ha postato un secondo video in cui spiegava come gran parte del merito fosse da imputare alla sua Quickcam Orbit MP di Logitech. - 101 -

Risultato: in due giorni il video è stato visionato 280.000 volte e ha generato migliaia di commenti. Le webcam Logitech, nelle classifiche di vendita di Amazon.com hanno guadagnano moltissime posizioni influenzate dal buzz generato dall'adolescente alle prese con problemi di cuore.

Quello appena visto è un esempio di buzz non creato ad hoc (si suppone) dall’impresa. Non sempre però i “rumors” che si creano intorno ad un prodotto sono positivi e, in tal caso, le imprese devono saper prontamente intervenire ponendo rimedio agli errori e dialogando con il loro pubblico di riferimento. L'esempio più famoso al riguardo è quello dell'azienda di lucchetti Kryptonite, rimasta prigioniera del suo silenzio. In breve:un video postato su un blog, mostra come sia facile scassinare un lucchetto Kryptonite grazie al semplice ausilio di una penna Bic. L’azienda non ha dato peso alla cosa o forse ignorava del tutto, di fatto, ha dovuto gestire un numero esorbitante di utenti malcontenti e ha perso moltissima brand awarness nei confronti sia degli attuali clienti che di quelli potenziali. L'informazione su come aprire questo tipo di lucchetti ha girato per anni tra gli "addetti ai lavori", ma i punti fondamentali per la diffusioni di tale difetto anche ai non addetti ai lavori sono stati i seguenti:

1) Il post su Engadget.com; 2) Diffusione del post su altri blog/siti/mail. 3) Articoli sulla stampa (New York Times, Boston Globe, ecc.);

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The cunning bicycle thieves of New York City always seem to be one step ahead of lockmakers. Design a more sophisticated lock and the thieves make a better pick. Make a sturdier chain and they get bigger bolt cutters. And if all else fails, they just dig up the parking meter or stop sign to unshackle the bike from it. But to open some of the toughest locks on the market, a thief needs only to flick his Bic pen. Many cyclists erupted in disbelief and anger this week after videos were posted on the Internet showing how a few seconds of work could pick many of the most expensive and common U-shaped locks, including several models made by Kryptonite, the most recognized brand. Mashing the empty barrel of a ballpoint pen into the cylindrical keyhole and turning it clockwise does the trick that has struck fear into the hearts of bicycle owners, especially those in New York, where thousands of bikes are stolen each year. "There was murmuring on various Web sites, and so I decided to go home and pick up a pen and see it if works," said Benjamin Running, a graphic designer who lives in downtown Brooklyn. "Sure enough, within 30 seconds I had broken into my $90 lock. I was in awe. My jaw literally dropped to the floor. It was so easy." And many Internet users had the same reaction this week when they saw the homemade video he posted on his blog of his Kryptonite NY Chain popping open. The problem could have wider consequences. Lock experts said the fault was with a particular type of cylindrical lock that is used not just in bike locks but in vending machines, cable locks for laptop computers, alarm system panels and countless other places. Not all such locks are vulnerable, because some are built with more sophistication. Older Kryptonite locks made before 2002 appear to be less susceptible, according to bike shops that have tried to use the technique on them. But this type of mechanism is used on most of the bicycle locks that are used by millions of people around the country, not just those made by Kryptonite (although the company said yesterday that a new and better model was on the way). - 103 -

As the news spread, bicycle shops across the nation pulled the locks off their shelves and cyclists left their bikes at home, wondering if anything could keep their wheels safe. "You would think for $80 for a bike lock it would be secure," said Marc Weber Tobias, an investigative lawyer and security expert, whose Web site, security.org, has posted warnings about the flaws of cylindrical locks like the ones used in U-locks. "But this doesn't surprise me at all." The trick works because the pen has the right diameter and is rigid enough to hold its general shape but pliable enough to mold into a sort of key that opens the lock. Mr. Tobias said the vulnerability of such locks was well known in security circles. "These are cheaply manufactured locks with serious design flaws," he said. "You can't possibly think your bike is safe with one of these locks." The uproar appears to have started on Sunday, when Chris Brennan, a cyclist in San Francisco, posted an urgent message on the bikeforums.net bulletin board after he was able to pop open his lock with a pen. Like many people, he had been skeptical, but doubts were quickly dispelled when users like Mr. Running started posting digital video clips of the trick. By yesterday, 125,000 people had downloaded it from, his site, thirdrate.com, he said. Meanwhile, nearly 170,000 had seen Mr. Brennan's posting, starting a full-fledged panic. "We are especially concerned because we thought these were the best," said Noah Budnick, projects director at Transportation Alternatives, an advocacy group representing bicyclists in New York City. "Our members get a discount on these locks. What is really shocking is the casualness with which someone could steal a bike with one of these locks on it." Kryptonite, which is based in Canton, Mass., and was bought by IngersollRand in 2001, is named for the only material that can defeat Superman. The company has been making locks since the 1970's and is recognized by most bicycle shops as the leading lockmaker. It is so confident in the security of its locks that if a bicycle is stolen by someone who broke the lock, Kryptonite will pay up to $3,500 to replace the bike, depending on the model of lock, though there are several caveats to the policy. Bike shops in New York City overwhelmingly recommend the - 104 -

company's locks, particularly the four locks that are designed specifically for New York riders. In a statement sent by e-mail yesterday, the company said that it was aware of the problem and was moving quickly to get locks featuring a different mechanism to bike shops and that it was designing a program to let users of compromised locks to upgrade to new ones. Donna M. Tocci, a spokeswoman for the company, stressed that locks made by other manufacturers shared the same vulnerabilities… Fonte: New York Times

Proximity marketing bluetouth Detto anche marketing di prossimità, è uno strumento attraverso il quale è possibile veicolare messaggi e contenuti multimediali direttamente verso i telefonini cellulari degli utenti, passanti per una specifica area. Richiede l'utilizzo di una tecnologia wireless, per il trasferimento dati; Bluetooth è la tecnologia più utilizzata in quest’ambito, principalmente perché non implica costi d’utilizzo o d’accesso al servizio e per l'ampia diffusione. É necessaria la presenza di uno o più access-point Bluetooth (chiamati anche hotspot o nodi) che distribuiscono i contenuti multimediali ai terminali mobili presenti nell'area. La ricezione dei messaggi richiede l'accettazione da parte dell'utente (permission-based message) che può in tal modo rifiutare contenuti considerati spam. Può trovare applicazione in molti contesti, come ad esempio nei cinema (programmazione, trailer, messaggi pubblicitari), centri commerciali (buoni sconto, descrizione dei prodotti), negozi di giochi (demo di giochi Java/Flash per cellulare), fiere (mappe degli stand, agenda degli eventi, business card dei relatori), concerti (suonerie, video musicali), uffici turistici (informazioni varie).

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Ambient marketing Il target viene individuato e raggiunto in luoghi fisici insoliti e in modo in convenzionale.

Sitckering Si tratta di adesivi incollati per strada, sulle automobili, nelle metropolitane e in altri posti ben visibili. Le grandi città ne sono piene. Questa tecnica si è rivelata fondamentale per il lancio pubblicitario di un brand allora sconosciuto come A-style.

- 106 -

Clean-tags Sfrutta elementi già presenti nello scenario da colpire e li focalizza all’utente sotto un’altra ottica.

- 107 -

Experience marketing Portare il target ad essere il protagonista dell’azione.

- 108 -

Street marketing Arte urbana ad uso e consumo della comunicazione.

News making Creazione di false notizie, impacchettate e pronte per essere divulgate al target predestinato. Ad esempio questa è una e-mail che circola da tempo e riguarda la possibilità che Messenger diventi un servizio a pagamento. Io stesso ne ho ricevute più e più copie durante gli ultimi anni.

Il primo novembre dovremo pagare per usufruire di msn messenger e per usare i nostri account hotmail, a meno che non mandiamo questo messaggio al almeno 18 persone della nostra lista! non e’uno scherzo,controllate su msn.com una volta mandati i messaggi, la vostra icona di msn (l'omino) diventera’blu. copiate e incollate il messaggio ai vostri contatti per favore! Fonte: casella di posta personale

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Ovviamente si tratta di una notizia falsa (fake), utilizzata per incoraggiare gli utilizzatori di Messenger ad aggiungere e coinvolgere nuovi contatti.

Search marketing Si tratta di una forma di “quotazione” per meglio dire di raffinamento delle parole chiave che indicizzano il proprio sito, infatti, tramite alcune specifiche tecniche è possibile rendere il proprio sito più “appetibile” ai principali motori di ricerca e vedere il proprio sito catapultato ai primi posti dei motori di ricerca. Ovviamente il ritorno per l’impresa o per il singolo sono molto rilevanti.

Mmorpg marketing (Massive Multiplayer Online Role-Playing Game) Significa introdursi (vivere) nei più frequentati mondi virtuali per pubblicizzare, più o meno velatamente marche e/o prodotti. Second life è certamente il Mmorpg più utilizzato per questo fine.

Oggi possiamo certamente affermare che queste tecniche di comunicazione non convenzionale consentono di ottenere moltissima visibilità e di catturare in pieno l'attenzione degli utenti con messaggi incisivi e persuasivi. La spettacolarità è l'elemento caratterizzante che determina un coinvolgimento emotivo e psicofisico da cui è difficile sottrarsi. Le tecniche per stupire sono moltissime, tanto quanto lo può essere la fantasia e l’ingegno umano.

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8 RICERCA

“Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica Aeronautica, il calabrone non può volare, a causa della forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare. Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare.” Igor Sikorsky (fondatore della dell’impresa Sikorskyelicotteri)

Imprese apparentemente sfavorite per le loro caratteristiche possano essere comunque “aerodinamiche” sul mercato riuscendo, talvolta, a librarsi in volo anche più in alto rispetto ad imprese con peculiarità maggiormente favorevoli ed adatte al volo rispetto al calabrone.

Il paragone col il calabrone si rivela una metafora particolarmente azzeccata poiché è chiaro che la teorica impossibilità al volo è dovuta all'errata applicazione delle leggi della fisica. Di certo, se tutti gli elementi fossero considerati esattamente, il calabrone volerebbe per tutti. Infatti, i principi aerodinamici applicate al calabrone sono sbagliati perciò producono un risultato errato. Il calabrone vola grazie alla turbolenza provocata dal suo battere d’ali, turbolenza che invece non è volutamente prodotta dagli aerei. Per riassumere: se si applicano le leggi degli aeroplani al calabrone cade. Visto che il calabrone non è un aereo e sfrutta altre forze non prese in considerazione, vola.

Queste parole servono da incentivo per tutte quelle piccole società che non vogliono sottostare alle leggi prescritte del mercato globale dove il più grande ha vita agevolata rispetto al piccolo. Per “vita agevolata” intendiamo tutta una serie di agevolazioni/poteri che avvantaggiano la grande dimensione: possibilità di delocalizzazione in zone a basso costo produttivo, potere contrattuale con fornitori e sub-fornitori, influenze su istituzioni, prevaricazione di leggi territoriali avvalendosi del carattere multinazionale dell’impresa. La situazione attuale, frutto per maggior parte degli effetti della globalizzazione, vede le grandi imprese (per lo più multinazionali) strutturasi in maniera sempre più forte e - 111 -

radicata in tutti i settori del commercio, molto spesso anche con operazioni trasversali in diversi settori. Alla luce di quanto detto, vogliamo analizzare se e come sia possibile soverchiare tali dinamiche che attribuiscono in modo crescente maggior potere ai grandi gruppi a discapito delle piccole attività.

8.1 Fasi guida della ricerca 8.1.1 Definizione dell’obiettivo L’intento della ricerca è indagare quali sono le principali strategie utilizzate da imprese che ricoprono i ruoli di “sfavorite” nella corsa al mercato rispetto all’impresa leader di settore. La volontà è ricercare, attraverso l’analisi dei dati derivanti da imprese operanti nei vari settori, se e come sia realmente possibile difendersi dall’escalation di accentramento di potere che sta colpendo indiscriminatamente tutti i settori del commercio mondiale. La vera domanda alla quale vogliamo dare risposta è la seguente: può una piccola azienda competere in modo profittevole contro società più grandi e avvantaggiate?

8.1.2 Ricerca dei contatti La ricerca dei nominativi indagati è stata effettuata tramite il DataBase di Europages. Si tratta di è un sito web dedicato allo scambio d’informazioni commerciali e funge da trait d’union per imprese che operano in modalità Business to business (b2b). La sua finalità è quella di semplificare gli scambi. Il sito web è anche consultabile in versione Consumer to Business (c2b), ossia un cliente privato può mettersi in contatto diretto con l’impresa. Il DB racchiude più di 900.000 nominativi di società impegnate in attività commerciali. La classificazione delle imprese è costituita da 21 macrosettori e rappresenta 25 paesi Europei. Il database è interamente verificato e aggiornato annualmente.

- 112 -

Per reperire le informazioni utili ai fini della ricerca abbiamo utilizzato una particolare applicazione del sito che permette di attivare dei “filtri” per affinare la ricerca in base alle esigenze dell’utente. In particolare, per la conduzione di questa ricerca, abbiamo attivato le opzioni: “fabbricante” e “numero del personale” (inferiore alle 100 unità). Alla scelta delle due restrizioni se né aggiunge una terza (riportata tra le domande d’indagine): “fatturato annuo” (inferiore ai 20.000.000 di Euro). La scelta di queste tre opzioni è stata necessaria poiché la volontà era quella d’i indagare società medio/piccole. Grazie all’incrocio dei dati “dipendenti” e “fatturato” è stat possibile restringere il campo ad imprese che annoverano meno di 100 dipendenti e un fatturato annuo inferiore ai 20.000.000 di € L’opzione “fabbricante” è invece frutto della volontà d’analizzare attività con la massima libertà di scelta nell’applicare la propria strategia di marketing. Generalmente il produttore di un bene può decidere su quale livello competere col leader di mercato ed ha un ventaglio di scelte più ampio rispetto a quello di un commerciante o distributore. In generale è possibile contattare le società desiderate direttamente tramite il sito di Europages mediante la compilazione di un apposito form standard. Purtroppo tale facilitazione si è rivelata poco flessibile rispetto alle esigenze della ricerca, infatti, è possibile inserirvi solamente poche linee di testo. Questo impedimento ha rallentato i tempi di ricerca dovendo ricercare su ogni singolo sito web la voce “contatti”, infatti, solo indagando sito per sito è stato possibile estrapolare l’indirizzo mail necessario per la somministrazione del questionario.

8.1.3 Scelta dello strumento di divulgazione La fase iniziale di ricerca è incentrata sull’individuazione dello strumento più adeguato alla somministrazione dei questionari d’indagine. Dopo una breve fase di studio e vaglio dei punti positivi/negativi dei principali strumenti di ricerca, la scelta è ricaduta sulla somministrazione tramite e-mail per i seguenti motivi:

o Facilità di contatto con le diverse imprese - 113 -

o Economicità dell’operazione o Velocità di risposta o Rapidità di somministrazione e di risposta ai questionari

Sono stati vagliate anche altre modalità d’investigazione come l’intervista diretta o l’intervista telefonica. Entrambe si presentavano dispendiose sia a livello temporale sia a livello economico ma soprattutto poco flessibili in merito agli impegni lavorativi degli intervistati. Al contrario, la posta elettronica ha permesso agli utenti di compilare il questionario in momenti preferenziali nell’arco della gornata.

8.1.4 Rilevazione dei dati Il documento d’indagine è formato da undici domande. La scelta di creare un questionario con domande “aperte” deriva dalla scelta di non voler influenzare, categorizzando le risposte in schemi preallestiti, le strategie implementate dalle varie imprese. Infatti, una ripartizione aprioristica in categorie d’azione può incentivare l’intervistato verso la strada più semplice (sbarramento di una casella) e non rappresentare appieno la condotta competitiva adottata. Abbiamo preferito redigere a posteriori una classificazione delle varie risposte ottenute. La categorizzazione è stata rivista a fronte delle indicazioni fornite durante la presentazione del “Proposal” di tesi. In tale circostanza si evidenziava come i raggruppamenti potessero risentire della soggettività del singolo individuo, pertanto la segmentazione delle categorie è stata rivisitata da 4 dottori operanti nel settore marketing-comunicazione.

N. 3.312 questionari distribuiti N. 712 questionari ritornati N. 697 conformi per modalità di risposta N. 688 conformi x dati (fatturato inferiore a 20.000.000 di Euro

In totale sono state divulgati più di 3.000 e-mail, per la precisione 3.312. I questionari ritornati al mittente sono stati 712, di cui 697 conformi per modalità di risposta (alcuni sono stati esclusi poiché incompleti o mal interpretabili). Da questi 697

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è stato necessario sottrarre le società (nove) con un volume d’affari annuo superiore ai 20.000.000 d’Euro.

8.1.5 Elaborazione delle risposte Il campione statistico di cui è stato effettivamente possibile effettuare l’elaborazione dei risultati è n. 688 questionari. Durante l’analisi delle risposte che prevedevano la possibilità di eleggere fino a tre fattori (domande: 1,2,3,4,10) va rilevato che non tutti i candidati hanno risposto con numero tre scelte. Va comunque sottolineato che tutte le risposte esprimevano almeno una preferenza.

Per poter ottenere una visione globale delle risposte ottenute abbiamo atteso che tutte gli intervistati restituissero il questionario debitamente compilato. Solo dopo quest’operazione è stato possibile iniziare il processo di categorizzazione delle risposte. Per evitare di attendere invano questionari mai compilati abbiamo stabilito una scadenza temporale oltre la quale non sarebbero più state prese in considerazione eventuali questionari ritornati.

Categorie individuate:

1) Prossimità alla fonte di approvvigionamento: vicinanza fisica a fonti d’approvvigionamento di materie prime.

2) Prossimità a distretti industriali: vicinanza ad aree o poligoni con alta concentrazione d’imprese operanti a diversi livelli della filiera industriale del proprio business.

3) Verticalizzazione della filiera: integrazione a monte/valle di attività necessarie per il completamento del proprio business.

4) Prezzo: abilità/possibilità di creare differenziazione basata sul prezzo commerciale dei propri prodotti.

- 115 -

5) Flessibilità di prodotto: abilità di creare articoli su specifica richiesta del cliente.

6) Velocità distributiva: rapidità di consegna del prodotto al cliente.

7) Relazione col cliente: capacità di gestire singolarmente e non in forma automatizzata il rapporto col cliente.

8) Fidelizzazione del cliente: capacità di costruire relazioni stabili e durature col cliente.

9) Tasse o incentivi: imposizione di tasse addizionali (smaltimento rifiuti, salvaguardia dell’ambiente, ecc.) o agevolazioni istituzionali (Ue, nazione, regione, provincia, comune) attribuibili alla specifica territorialità in cui sorge il business.

10) Disponibilità finanziaria: possibilità di finanziare il proprio business.

11) Struttura organizzativa: capacità di gestire il proprio business in maniera efficiente ed efficace.

12) Rete di vendita: capillarità della rete di vendita.

13) Struttura lavorativa: definizione e rispetto delle proprie mansioni all’interno dell’impresa.

14) Alleanze: partnership con altre società.

15) Qualità del prodotto: qualità degli oggetti prodotti.

16) Grandi volumi: capacità di produrre e gestire grandi quantità d’articoli.

17) Adattabilità al mercato: velocità di replica a nuovi prodotti immessi sul mercato da parte della concorrenza.

- 116 -

18) Sinergie: capacità di creare vantaggio competitivo e declinarlo a diversi settori dell’impresa (R&S, amministrazione,produzione, ecc.).

19) Diversificazione del rischio: possibilità d’investire in diversi business per ridurre il rischio specifico.

20) Influenze sul mercato: capacità di creare tendenza sul mercato.

21) Riconoscibilità del brand: forza e capacità del brand di essere riconosciuto dal consumatore.

22) Innovazione: capacità di sviluppare e rinnovare il proprio business.

23) Formazione: educazione dei dipendenti nell’ambito umano/tecnico (corsi di lingua, aggiornamenti, utilizzo software).

24) Specializzazione: abilità dell’impresa di operare in un’area molto specifica della filiera produttiva.

25) Concentrazione del proprio prodotto: numerosità di un prodotto in un’area circoscritta del territorio.

- 117 -

8.1.6 Domande e risposte 1)Quali sono i punti di forza della sua impresa? Which are force points of your company?

Punti di forza degli small player 600 500

453 396

274265

300

125

116

5

33

15

0 grandi volumi

qualità prodotto

strut. lavorativa alleanze

strut. organiz.

rete di vendita

disp. finanziaria

tasse - incentivi

fidelizaz. cliente

vel. distributiva relazione cliente

prezzo

flex. prodotto

verticaliz. filiera

prossimità fonte

pross. distr. ind.

0

23 31 6 16 19 0

5

3

concentra. prod

27

specializzazione

0

formazione

20

innovazione

34 3

riconos. brand

44

diversif. rischio infl. sul mercato

100

151

adatt. mercato

200

sinergie interne

numerosità

400

categoria

Figura 1

Queste prime quattro domande sono necessarie per inquadrare rapidamente i punti di forza/debolezza delle imprese intervistate e quelli del leader con cui si confrontano quotidianamente.

Il grafico (figura 1) evidenza una spiccata maggioranza di scelte categorizzate in: “qualità del prodotto”e “flessibilità del prodotto", seguite da “velocità distributiva” e “relazione col cliente”. Il primo gruppo di risposte evidenzia come il principale punto di forza per le piccole imprese risiede nella qualità manifatturiera del proprio prodotto. Il secondo blocco di risposte sottolinea come sia importante anche la capacità di soddisfare richieste specifiche da parte del cliente. Mentre la velocità di distribuzione degli articoli si rivela un vantaggio quando il prodotto è facilmente sostituibile ed il - 118 -

leader è particolarmente lento nella fase distributiva (es: si trova in zone territorialmente distanti). Anche il rapporto diretto e “prossimo” al cliente rappresenta un punto importante per le piccole società. Un gruppo meno folto di risultati è fornito dal raggruppamento di tre categorie (prossimità a distretti industriali, prezzo, adattabilità al mercato) con dati che oscillano tra i 116 e 151 voti.

2)Quali sono i punti di debolezza? Which are breakness points of your company?

Punti di debolezza degli small player 500

400

numerosità

409

389

289

300

196 180

200

126

119

98

100 0 0

7 infl. sul mercato riconos. brand

5

13

sinergie interne diversif. rischio

47 43 5 13

grandi volumi adatt. mercato

flex. prodotto vel. distributiva

22

alleanze qualità prodotto

14

prossimità fonte

39

9 15 8

11 7 concentra. prod

formazione specializzazione

innovazione

strut. lavorativa

strut. organiz. rete di vendita

tasse - incentivi disp. finanziaria

relazione cliente fidelizaz. cliente

prezzo

pross. distr. ind. verticaliz. filiera

0

categoria

figura 2

Il grafico (figura 2) lascia intravede una concentrazione di voti in due categorie principali: “gestione di grandi volumi” e “disponibilità finanziaria” .

- 119 -

Questi risultati evidenziano la scarsa predisposizione delle piccole società a soddisfare richieste di grandi produzioni sia da parti di clienti acquisiti sia da parte di quelli potenziali. Generalmente questo risultato è determinato dalle ridotte capacità produttive (impianti e dipendenti su tutte) con le quali l’azienda si trova ad operare. Durante la lettura delle risposte “aperte” raccolte nei questionari che sintetizzano il secondo dato rilevante, sottolineiamo una certa delusione da parte degli intervistati nell’impossibilità di non poter finanziare le azioni per lo sviluppo dell’impresa. Segno che idee e voglia d’agire non mancano. Altro dato importante rappresentato a livello numerico nel grafico è il prezzo poco competitivo nei confronti del leader di mercato. Successivamente, troviamo raggruppati punti di debolezza dovuti a scarsa “struttura organizzativa”, “rete di vendita” limitata e basse capacità di gestire la “struttura lavorativa”.

- 120 -

3)Quali sono i punti di forza del leader? Which are your leader force points?

Punti di forza del leader 400

numerosità

291

288

300

269

265

200 138 98

87

100 23

47 55 38

48

34 7

24

75

73 51 42 35 33

13 7 0

3

concentra. prod

specializzazione

innovazione formazione

riconos. brand

diversif. rischio infl. sul mercato

sinergie interne

grandi volumi adatt. mercato

qualità prodotto

strut. lavorativa alleanze

strut. organiz.

rete di vendita

tasse - incentivi disp. finanziaria

fidelizaz. cliente

flex. prodotto

vel. distributiva relazione cliente

verticaliz. filiera prezzo

prossimità fonte

pross. distr. ind.

0

categoria

figura 3

I quattro punti di forza da parte del leader di mercato sono evidenziati in maniera inequivocabile dal grafico (figura 3). Mai come in questo caso è delineata in maniera netta la prevalenza d’un gruppo di risposte rispetto alle altre. Le classi più rilevanti godono d’influenza reciproca e dipendono spesso da fattori legati alla dimensione d’impresa. La capacità di “gestire grandi volumi” si lega fortemente alla componente “prezzo” e ad un’ampia “disponibilità finanziaria” che, come abbiamo visto precedentemente, ricade un po’su tutte le possibilità di sviluppo da parte dell’impresa, anche sulla possibilità di promuovere l’immagine del prodotto o dell’impresa leader. Il resto delle risposte rappresenta un universo non particolarmente significativo confrontato al numero di voti raccolti dalle categorie principali.

- 121 -

4)Quali sono i punti di debolezza del leader? Which are your leader breakness points?

Punti di debolezza del leader 500 422 400 321

300

267 203

200 93 65

56 33

4

8 4

prossimità fonte

pross. distr. ind.

32

22

7 0

29 0

0

0 0 diversif. rischio

100

sinergie interne

numerosità

340

15

0

21

0 concentra. prod

formazione

specializzazione

innovazione

riconos. brand

infl. sul mercato

grandi volumi

adatt. mercato

alleanze

qualità prodotto

strut. lavorativa

strut. organiz.

rete di vendita

tasse - incentivi

disp. finanziaria

fidelizaz. cliente

vel. distributiva

relazione cliente

prezzo

flex. prodotto

verticaliz. filiera

0

categoria

figura 4

La categoria nella quale sono classificati il maggior quantitativo d’opinioni è legato alla bassa “flessibilità di prodotto”. La debolezza è fortemente connessa alla necessità di produrre articoli il più standardizzati possibili per raggiungere grandi economie di scala. Al secondo gradino d’importanza risiede la categoria “relazione col cliente”. Questa classe è rimarcata come fattore di debolezza poiché, probabilmente, relazionandosi con una molteplicità di clienti non riesce ad avere uno stretto rapporto personale con la totalità dei suoi clienti. Al terzo posto per numero di voti troviamo la bassa “adattabilità al mercato”. La lettura di questo dato va considerata nella struttura organizzativa/produttiva delle grandi imprese che spesso impedisce loro una certa velocità di replica. Altro punto che certamente è da considerare è l’elevata “concentrazione del prodotto” nel mercato. Questo dato fa riflettere su quelle che possono essere le strategie commerciali dei grandi produttori. Infatti, una distribuzione troppo capillare in una determinata - 122 -

territorialità mette in competizione due o più clienti (intermediari) che si trovano ad affrontare il mercato con gli stessi strumenti ed inizieranno così una battaglia basata sul prezzo. Questo comportamento può certamente svilire tutte le caratteristiche positive del prodotto e del brand.

5)In percentuale, qual è la sua quota di mercato? In percentage, which is your market share?

Quota percentuale di mercato 120 102 100

numerosità

80

60

52

55 45

45 40

40 35

32 26 25

20

24

27 18 20 16

26 20 21 15

12 5

8 3 1

7

2 0 0 3 3 1

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

0

quota percentuale

figura 5

Le domande richiedenti le quote di mercato detenuta dall’impresa (domanda 5) e quella posseduta dal leader (domanda 6) servono per ottenere un rapporto di grandezza tra le due diverse entità.

Si nota (figura 5) come la categoria rappresentata dal 5% sia la più voluminosa. Presa singolarmente rappresenta il 15% delle risposte totali.

- 123 -

Un elemento da prendere in considerazione come probabile approssimazione dei dati è determinato dai picchi che si rilevano in corrispondenza di cifre “tonde” quali: 5%, 10%, 15%, 20%, 25%. Infatti, se consideriamo questi categorie rispetto a quelle che le precedono e le seguono, assistiamo ad un’alta concentrazione delle risposte. Questo fenomeno è probabilmente attribuibile ad arrotondamenti umani. Raggruppando le categorie in insiemi di 5 punti percentuali in 5 punti percentuali otteniamo una suddivisione dei valori come segue:

Raggruppamento quote mercato

10% - 15% 15%

15% - 20% 14%

20% - 25% 3%

oltre 25% 1%

1% - 5% 43%

5% - 10% 24%

figura 5.1

Da subito emerge una schiacciante rappresentatività delle imprese che oscillano tra 1% ed il 5%, infatti, la prima categoria di dati aggregati racchiude quasi la metà dei voti totali, precisamente il 42% delle sentenze totali. Se sommiamo ulteriormente le prime due categorie otteniamo una cifra pari al 66%, ossia, i 2/3 dei dati totali.

- 124 -

6)In percentuale, quanta parte del settore è detenuta dal leader di mercato? In percentage, which is the part controlled by the leader?

Quota di mercato percentuale del leader 80 71

59

numerosità

60

46 40

20

32 2726 23 22 20 1921 19 16 16 15 9

33 29 27 19 13 9

12 5

10

8

88

6

5

0

4

2

11 0

33

4

9 5 001

00

21

3

3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 più del 50

0

quota percentuale

figura 6

Il grafico (figura 6) rappresenta la ripartizione dei dati sulla base della quota di mercato detenuta dal leader. Si nota che la maggior parte delle risposte è concentrata nell’intervallo che va dal 5% al 20%, infatti, se aggreghiamo i dati di questo intervallo otteniamo il 63% dei voti totali.

- 125 -

Dati aggregati 35% - 40% 3% 30% - 35% 10% 25% - 30% 8%

40% - 45% 1% 45% - 50% 1%

oltre il 50% 1% 1% - 5% 3% 5% - 10% 19%

20% - 25% 10% 15% - 20% 18%

10% - 15% 26%

figura 6.1

Anche in questo caso, come affermato in precedenza, i dati soffrono di un probabile “arrotondamento umano” a cifre “tonde”, infatti, notiamo aumenti di voti in presenza di percentuali quali: 5%, 10%, 15%, 20%, 25% e via dicendo. Da segnalare anche un incremento dei dati in prossimità di percentuali quali 31% e 33%. Queste cifre rappresentano (probabilmente) punti rottura o frazionamenti prefissati nella mente dei candidati. I data dei due grafici a torta inerenti le quote di mercato affermano che la maggior concentrazione di piccole società si ha nello spicchio di mercato che va da uno a cinque punti percentuali, mentre le grandi società detengono una quota che va dal dieci al quindici percento. Mediamente, le piccole aziende detengono una quota di mercato pari al 4,37%, mentre i leaders possiedono una fetta pari al 19,20%. Sottolineiamo come nel calcolo di questo dato pesino molto i dati collocati agli estremi del grafico.

- 126 -

7)In che modo la sua impresa attacca il leader di mercato? In which way you attach the market leader?

Modalità di attacco al leader di mercato

150

numerosità

106 100

89 57

55 50

85 53

48 38

19

18

22

20

innovazione

formazione

specializ dipendenti

fideliz. del cliente

18

riconoscibilità brand

18

contatta clienti lead.

28 14

adattabilità al mercato

struttura rete vendita

relazione col cliente

velocità distributiva

difficoltà del leader

flessibilità prodotto

esclusività zona

miglior assistenza

qualità servizio

prezzo

0

categorie

figura 7

La settima domanda è probabilmente il fulcro di tutta l’indagine. Con questa domanda richiediamo espressamente in quale modo attaccano il proprio “rivale” maggiore e successivamente a quali risultati porta tale manovra.

L’insieme di numeri raffigurato (figura 7) si presenta abbastanza frazionato. C’è certamente una preferenza d’attacco al leader sulla base della “flessibilità del prodotto” in base alle specifiche esigenze del cliente, ossia, personalizzazione. La sfera dei dati restanti è distribuita in maniera piuttosto omogenea tra le diverse categorie. Le piccole società attaccano il capofila giocando sulla loro velocità e dinamicità. Anche la scelta d’attacco basata sulla velocità di replica/riproduzione d’articolo immessi sul mercato da parte di terzi può essere presa in considerazione come strumento

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d’offesa. Certamente non sarà un’azione esclusiva di una sola azienda dato che replica un prodotto altrui ma può certamente comportare danni per il capofila. Le componenti “prezzo” e “assistenza” ricoprono un ruolo secondario rispetto alle classi precedenti. Il resto dei dati raccolti è abbastanza frammentato anche se una nota a margine la meritano strategie come “rete di vendita” e “esclusività di zona”.

8)Attuando la sua strategia, quanta quota percentuale di mercato ha guadagnato nei confronti del leader? Acting his strategy, how much percentage of the market has gained towards the dealer?

Quota di mercato sottratta al leader 250 202 200

numerosità

174 150

100

79 49

2

0

5

1

2

3

8%

9%

10%

più del 10%

12

7%

15

6%

50

5%

4%

3%

2%

1%

0%

0

categorie

figura 8

Il grafico (figura 8) riproduce quanta quota di mercato è stata erosa al leader di mercato grazie all’implementazione delle strategie sopraccitate. Come vediamo si tratta di quote che oscillano tra lo 0% ed il 5%, solo in rari casi assistiamo ad un’erosione superiore. - 128 -

Le quote che superano il 10% sono probabilmente attribuibili a conduzioni fallimentari da parte del leader oppure imputabili a grandi performance da parte dell’impresa in questione. La maggior rappresentatività di risposte è fornita dalle categorie 2% e 3% che aggregate rappresentano ben 376 voti, per una percentuale pari al 54% del totale dei dati raccolti.

9)La sua impresa ha un fatturato superiore ai 20.000.000 di €? Has your company a turnover over 20.000.000 Euro?

Imprese con fatturato superiore a 20 milioni Euro

inferiore 98%

superiore 2%

figura 9

Il grafico (figura 9) a forma descrive con molta semplicità quanta quota gli intervistati è stata estromessa dall’elaborazione dei risultati in base al fatturato troppo elevato. La scelta di estromettere imprese con un fatturato superiore ai 20.000.000 d’Euro nasce dall’esigenza d’evidenziare come, in situazioni particolarmente disagiate, sia comunque possibile riuscire ad attaccare in modo vincente il mercato ed in particolare il leader.

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10)In quale modo effettua pubblicità con piccoli budget (i tre principali strumenti)? In which way you organize advertising with little budgets (three main instruments)?

Strumenti pubblicitari utilizzati 700 613 600 478

numerosità

500 400 300

270

258 223

200 94 9

23

tv

radio

100

18 telemarketing

posta

stampe

eventi

affissioni

on line

stampa

0

strumenti

figura 10

Questa domanda è un’appendice della domanda sulle strategie d’attacco. Il grafico (figura 10) dimostra come lo strumento pubblicitario più utilizzato sono le “stampe”. All’interno di questa categoria racchiudiamo tutte le iniziative che l’impresa stampa su supporto cartaceo (catalogo, opuscoli informativi, ecc.) con lo scopo di pubblicizzare i propri prodotti e/o la propria immagine. La categoria risente molto dell’apporto della voce specifica “catalogo” che ne rappresenta i 2/3 (418 preferenze su 613). Altro mezzo di comunicazione scelto per veicolare la comunicazione d’impresa è rappresentato dalla voce “eventi”. In questo ambito sono racchiusi eventi quali: fiere, open day, eventi a scopo benefico, sponsorizzazioni. Anche in questo insieme è da sottolineare la grande preponderanza rispondente alla classe “fiere” che apporta 445 preferenze pari al 93. La singola voce rappresenta la quasi totalità della categoria. - 130 -

La categoria “stampa” racchiude tutti gli annunci stampati e diffusi tramite supporti di divulgazione pubblica quali: quotidiani, mensili, settimanali, periodici e stampa di settore. La voce più rappresentativa dell’insieme “stampa” è determinata dalla stampa di settore, la quale raccoglie 135 preferenze, determinando poco più del 50% della categoria.

Per quanto riguarda l’insieme pubblicità “on line” racchiude poco più dell’11% delle preferenze guidata dalla voce “indicizzazione” del sito Internet sui motori di ricerca. Questo dato rappresenta più della metà della classe. Il vero dato d’interesse è determinato da coloro che si prodigano per fare pubblicità gratuita on line. Per questo motivo abbiamo ritenuto opportuno suddividere questo tipo di comunicazione in due parti. È vero che utilizzano lo stesso strumento ma rappresentano una sorta di svolta nel mondo della comunicazione d’impresa: la pubblicità gratuita.

Pubblicità on-line a pagamento 120 100

91

60 39

40 20

16 8 3 indicizzazione su motori di ricerca

annunci a pagamento

google map

pop up

0 banner

numerosità

80

strumenti

figura 10.1

- 131 -

Pubblicità on-line gratuita 40 32

15 9

10

5 2

3 filmati non sul proprio sito web

20

Pubbliredazionali

numerosità

30

forum

annunci gratuiti

newsletter

mailing list

0

strumenti

figura 10.2

Con l’utilizzo d’Internet è possibile interegire direttamente con l’utilizzatore (anche finale) e influenzarne le scelte. Ad esempio i forum sono uno strumento molto potente e ancora poco utilizzato in questo senso.

Un discorso a parte lo meritano Tv e radio che per effetto di due fattori quali “costo” e/o “coerenza col prodotto” si rivelano probabilmente poco adatti a divulgare messaggi pubblicitari per quel che riguarda le imprese intervistate.

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11)Effettua delle forme di pubblicità non convenzionali? (viral marketing, stickering, bluetooth marketing o altre forme "alternative") Do you organize unconventional way of advertising? (viral marketing, stickering, bluetooth marketing or others alternative ways)

Pubblicità non convenzionale 2,5 2

2

numerosità

2

1,5 1 1

0,5

0

sms

viral marketing

bluetooth

strumenti

Figura 11

Il grafico (figura 11) ritrae un insieme poco significativo di dati ma che rappresentano l’inizio d’un importante passo avanti nella comunicazione d’impresa. Le società che adottano questo tipo di pubblicità sono 5 su un totale di 688. Questi strumenti sono abbastanza inusuali rispetto a quelli canonici. Alcune imprese, si affidano all’invio di messaggio via cellulare o bluetooth, altre più audaci si affidano a messaggi di viral marketing.

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8.2 Valutazione dei risultati

Small players

Forza

Big players

Qualità del prodotto

Gestione di grandi volumi

Flessibilità del prodotto

Disponibilità finanziaria

Velocità distributiva

Prezzo

Relazione col cliente

Riconoscibilità del brand

Gestione grandi volumi

Flessibilità prodotto

Disponibilità finanziaria

Relazione col cliente

Prezzo

Adattabilità al mercato

Struttura organizzativa

Concentrazione del prodotto

Debolezza

La schema riassuntivo incrocia i dati riguardanti punti di forza e debolezza visti dal lato delle piccole e medie imprese. Le classi riportate sono quelle numericamente più rilevanti e disposte in scala decrescente (dall’alto verso il basso) per numero di voti.

Com’era auspicabile attendersi, e com’è evidenziato nello schema, vi sono molti punti che coincidono come forza dell’uno e debolezza dell’altro. Infatti, i punti comuni, superano la metà dei punti riportati.

Le piccole società incentrano il loro vantaggio competitivo principalmente sulla qualità del loro prodotto. Qualità del prodotto che è chiaramente misurata dal rapporto qualità/prezzo rispetto alla media del mercato di riferimento.

Com’era lecito attendersi, anche gran parte dei punti di debolezza degli small players corrispondono con quelli di forza dei leaders. - 134 -

I risultati della ricerca indicano che i punti di forza dei leaders nei diversi settori commerciali sono rappresentati da tre punti fermi: gestione di grandi volumi, disponibilità finanziaria e prezzo. Si tratta di caratteristiche cruciali nello scontro tra le due parti ma che possono essere comunque contrastare anche da piccole realtà. Ovviamente per essere in grado di contrastare tale forza è necessaria un’organizzazione impeccabile.

I tre punti di forza da parte del leader evidenziati dalla ricerca possono essere combattuti in questo modo:

Gestione di grandi volumi. La risposta alle grandi quantità produttive si chiama out sourcing. Infatti, se l’impresa non è in grado di produrre in grande scala è bene cercare collaborazioni esterne in grado di apportare prodotti al magazzino. Le collaborazioni devono possono essere anche multiple, l’importante è che venga mantenuto lo stesso standard qualitativo.

Disponibilità finanziaria. Continua ricerca sul mercato d’agevolazioni finanziarie da parte d’enti pubblici e privati (sovvenzioni comunitarie, statali, regionali, provinciali, comunali). Investimenti a breve termine con possibilità di liquidità immediata.

Prezzo. Se non si possono abbassare i prezzi dei propri prodotti è meglio agire sul valore che il prodotto porta con sé, si può veicolare un sistema di valori legato al possesso del prodotto. Un’altra opportunità è determinata dall’implementazione di servizi che facilitino la scelta nel momento dell’acquisto e/o una struttura di servizio post-vendita che assista l’acquirente in maniera irreprensibile.

I fattori di vantaggio competitivo delineati da fattori come “struttura organizzativa”e “riconoscibilità del brand” sono relegati in posizioni secondarie ma pur sempre rilevanti nello scontro tra grandi e piccoli. La scarsa capacità e struttura organizzativa è un punto che spesso attanaglia le piccole società ma che grazie alla forte volontà e dedizione dei lavoratori (datori, ma anche prestatori di lavoro) riescono a colmare la disorganizzazione con cui si devono confrontare quotidianamente.

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Per arginare la destrutturazione determinata dalla carenza di personale a tutti i livelli, osserviamo una declinazione dei dipendenti su diversi ruoli dell’organizzazione e un quantitativo di ore lavorative superiore a quelle minime mensili. Quanto appena affermato emerge come appendice di alcuni questionari. Per quanto riguarda la categoria “riconoscibilità del brand”, ossia, la capacità della marca di apportare (fondamentalmente) un maggior volume d’acquisti grazie al suo saldo posizionamento nella mente del consumatore, è probabilmente guidata da due fattori principali: la possibilità di promuovere il brand e/o prodotto attraverso campagne pubblicitarie, ed ampia reperibilità del prodotto leader sul mercato.

Un altro punto di debolezza individuato dal sondaggio è definito dalla bassa capacità di imitare da parte del leader. Questo punto è probabilmente legato alla rigidità che contraddistingue la maggior parte delle grandi società unitamente alla necessità di conoscere l’esito del nuovo prodotto immesso sul mercato (stabilizzazione della domanda). Quando la grande impresa inizia una nuova produzione deve avere la certezza dell’esito positivo dei propri prodotti poiché deve misurarsi con alti costi di gestione e grandi volumi di produzione. Un rifiuto del prodotto da parte del mercato significa grandi perdite. Ciò non significa che alle piccole imprese sia tollerato sbagliare ma certamente la loro esile struttura permette una maggiore velocità di replica a ciò che la concorrenza propone e la possibilità di produrre quantità esigue di prodotti.

Il vero fulcro attorno al quale ruota lo scontro tra queste due diverse realtà è definito dalla flessibilità di prodotto. Ovvero è incentrato sulla capacità di personalizzare articoli in base a quanto richiesto dal cliente. A mio parere questo punto non è affatto da sottovalutare in prospettiva futura. Il mercato in generale si sta movendo verso questa direzione. Il concetto col quale conviviamo quotidianamente è che ognuno di noi è diverso da tutti gli altri. La pubblicità ci assilla sistematicamente sull’esigenza di essere unici e apparire diversi da chiunque altro. Sulla base di questo concetto che si sta radicando sempre più nella cultura occidentale è importante per le imprese riuscire a soddisfare le richieste di ogni singolo cliente, soprattutto per quelle che s’interfacciano direttamente col consumatore finale. - 136 -

Come spiegato nella lettura della figura 4 la personalizzazione è nemica dei grandi numeri (economie di scala), per questo motivo le grandi società cercano di produrre articoli standardizzati. Come si apprezza dal grafico numero 7, la capacità d’accogliere le esigenze del cliente è l’arma principale utilizzata dalle piccole società per attaccare direttamente il capofila. Va detto che esistono già grandi imprese che lavorano in questo senso e permetto di personalizzare (anche se in minima parte) il prodotto. Ad esempio possiamo comprare l’IPod con incisa una frase da noi inventata oppure comprare scarpe Nike con logo o frasi desiderati. La vera personalizzazione del prodotto sarà quando ognuno di noi potrà avere pezzi unici. Quando si passerà dall’era Fordista a quella dei “pezzi unici”. I presupposti per questo passaggio non sono poi così lontani e vanno pian piano aumentando.

La medesima strategia di gestione degli articoli può essere declinata anche sulla relazione col cliente. Tutti noi conosciamo quante siano le difficoltà per una grande impresa di riuscire a generare un rapporto “intimo” e personale col cliente. Lavorano continuamente in questa direzione con personalizzazioni post-produzione e comunicazione personalizzata ma i risultati sono ancora ben lontani da una relazione “intima” con ogni cliente. Tutti noi sappiamo quanto i clienti siano propensi a mantenere una relazione già avviata e in cui si trovano a loro agio piuttosto che avviarne una nuova per cogliere “offerte” leggermente vantaggiose provenienti dal resto del mercato.

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9 CONCLUSIONI

Il mondo globalizzato si muove a gran velocità e fonda la propria dinamicità su due guide che corrono parallele: conoscenza e tecnologia. Le due variabili hanno una correlazione diretta (all’aumentare della conoscenza aumenta anche la tecnologia e viceversa) mentre possiedono un rapporto d’accrescimento esponenziale se relazionate col tempo.

L’azione continuativa che la globalizzazione porta con sé influisce prettamente su tre ambiti fondamentali della vita umana:

o compressione del tempo

o allargamento dello spazio

o aumento delle interconnessioni tra le diverse sfere d’interesse dell’uomo

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Il mondo, come succede per tutte le nuove situazioni, si trova a dover gestire un processo per il quale non è organizzato. Del resto è impossibile istituire norme ancor prima del verificarsi di un evento sconosciuto; sarebbe come se all’epoca dei romani si fosse scritto il codice stradale moderno o come se noi elaborassimo le leggi da rispettare in materia del “teletrasporto”. La regolamentazione di nuovi ambiti è qualcosa di complesso, che richiede tempo, verifiche e continue modifiche. La legislazione dei singoli stati non è sufficiente per regolare un processo così ampio e trasversale come la globalizzazione. C’è carenza d’organismi sovranazionali in grado di regolamentare i diversi ambiti su cui si declina tale fenomeno; certamente stiamo correndo ai ripari ma nel frattempo c’è chi, come le grandi società, si avvale di tale deficienza e coglie appieno le libertà concesse. Imprese che sfruttano leggi territoriali circoscritte, le quali permettono d’avvalersi di manodopera sottopagata e di servirsene per un numero esagerato d’ore durante la giornata, comprare aree privilegiate stipulando contratti poco chiari con nazioni sottosviluppate, rendere il proprio capitale inafferrabile dalle regole economico/giuridiche internazionali depositandoli in “paradisi” fiscali. Le piccole società si trovano così a dover argine una situazione che le vede ricoprire un ruolo doppiamente sfavorevole: le capacità intrinseche della grande impresa e la mancanza di leggi che favoriscono l’accrescimento a ritmi devastanti. Le uniche chances che le piccole aziende possiedono sono date dal rifugio in mercati di nicchia (anche se ormai i grandi gruppi multinazionali possiedono una o più società per ogni nicchia appetibile di mercato), oppure sfruttare i propri punti di forza per scagliarsi con determinazione e intraprendenza verso le fenditure dell’armatura di Golia. Del resto, se i Vietcong sono riusciti a piegare in modo netto una macchina perfetta come l’esercito degli Stati Uniti, ciò significa che il risultato è sempre imprevedibile prima dello scontro tra le parti. La vittoria delle piccole imprese (alias Davide) contro le grandi imprese (alias Golia) passa attraverso fattori fondamentali come: studio minuzioso dell’avversario, conoscenza meticolosa del campo di battaglia, utilizzo d’armi appropriate per il raggiungimento dei propri scopi, sottostima da parte del contendente, forti motivazioni personali. Sostanzialmente il risultato finale passa attraverso elementi che vanno al di là del computo razionale della forza bruta di cui i due antagonisti possono avvalersi.

- 139 -

Una prospettiva che deve incoraggiare imprese e persone verso la realizzazione dei propri obiettivi pur partendo da situazioni sfavorevoli.

Chi vincerà?

Lo scopriremo solo alla fine…

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ALLEGATI

The Cluetrain Manifesto is a set of 95 theses organised and put forward as a manifesto, or call to action, for all businesses operating within what is suggested to be a newlyconnected marketplace. The ideas put forward within the manifesto aim to examine the impact of the Internet on both markets (consumers) and organisations. In addition, as both consumers and organisations are able to utilise the Internet and Intranets to establish a previously unavailable level of communication both within and between these two groups, the manifesto suggests that the changes that will be required from organisations as they respond to the new marketplace environment. The manifesto was written in 1999 by Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls, and David Weinberger. A printed publication which elaborated on the manifesto was published in 2000 by Perseus Books (ISBN 0-7382-0431-5) under the same name. The authors assert that the Internet is unlike the ordinary media used in mass marketing as it enables people to have "human to human" conversations, which have the potential to transform traditional business practices radically. The book and website both challenge what the manifesto calls outmoded, 20th-century thinking about business in light of the emergence of the Web, clearly listing "95 theses", as a reference to Martin Luther's manifesto which heralded the start of the Protestant movement. The term "cluetrain" stems from this quote: "The clue train stopped there four times a day for ten years and they never took delivery." — Veteran of a firm now free-falling out of the Fortune 500 1.

I mercati sono conversazioni.

2. I mercati sono fatti di esseri umani, non di segmenti demografici. 3. Le conversazioni tra esseri umani suonano umane. E si svolgono con voce umana. 4. Sia che fornisca informazioni, opinioni, scenari, argomenti contro o divertenti digressioni, la voce umana è sostanzialmente aperta, naturale, non artificiosa. 5. Le persone si riconoscono l’un l’altra come tali dal suono di questa voce.

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6. Internet permette delle conversazioni tra esseri umani che erano semplicemente impossibili nell’era dei mass media. 7. Gli iperlink sovvertono la gerarchia. 8. Sia nei mercati interconnessi che tra i dipendenti delle aziende intraconnessi, le persone si parlano in un nuovo modo. Molto più efficace. 9. Queste conversazioni in rete stanno facendo nascere nuove forme di organizzazione sociale e un nuovo scambio della conoscenza. 10. Il risultato è che i mercati stanno diventando più intelligenti, più informati, più organizzati. Partecipare a un mercato in rete cambia profondamente le persone. 11. Le persone nei mercati in rete sono riuscite a capire che possono ottenere informazioni e sostegno più tra di loro, che da chi vende. Lo stesso vale per la retorica aziendale circa il valore aggiunto ai loro prodotti di base. 12. Non ci sono segreti. Il mercato online conosce i prodotti meglio delle aziende che li fanno. E se una cosa è buona o cattiva, comunque lo dicono a tutti. 13. Ciò che accade ai mercati accade anche a chi lavora nelle aziende. L’entità metafisica chiamata "L’Azienda" è la sola cosa che li divide. 14. Le aziende non parlano con la stessa voce di queste nuove conversazioni in rete. Vogliono rivolgersi a un pubblico online, ma la loro voce suona vuota, piatta, letteralmente inumana. 15. Appena tra qualche anno, l’attuale "omogeneizzata" voce del business – il suono della missione aziendale e delle brochures – sembrerà artefatta e artificiale quanto il linguaggio della corte francese nel settecento. 16. Le aziende che parlano il linguaggio dei ciarlatani già oggi non stanno più parlando a nessuno. 17. Se le aziende pensano che i loro mercati online siano gli stessi che guardavano le loro pubblicità in televisione, si stanno prendendo in giro da sole. 18. Le aziende che non capiscono che i loro mercati sono ormai una rete tra singoli individui, sempre più intelligenti e coinvolti, stanno perdendo la loro migliore occasione. 19. Le aziende possono ora comunicare direttamente con i loro mercati. Se non lo capiscono, potrebbe essere la loro ultima occasione. 20. Le aziende devono capire che i loro mercati ridono spesso. Di loro.

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21. Le aziende dovrebbero rilassarsi e prendersi meno sul serio. Hanno bisogno di un po’di senso dell’umorismo. 22. Avere senso dell’umorismo non significa mettere le barzellette nel sito web aziendale. Piuttosto, avere dei valori, un po’di umiltà, parlar chiaro e un onesto punto di vista. 23. Le aziende che cercano di "posizionarsi" devono prendere posizione. Nel migliore dei casi, su qualcosa che interessi davvero il loro mercato. 24. Vanterie ampollose del tipo "Siamo posizionati per essere il primo fornitore di XYZ" non costituiscono un posizionamento. 25. Le aziende devono scendere dalla loro torre d’avorio e parlare con la gente con la quale vogliono entrare in contatto. 26. Le Pubbliche Relazioni non si relazionano con il pubblico. Le aziende hanno una paura tremenda dei loro mercati. 27. Parlando con un linguaggio lontano, poco invitante, arrogante, tengono i mercati alla larga. 28. Molti programmi di marketing si basano sulla paura che il mercato possa vedere cosa succede realmente all’interno delle aziende. 29. Elvis l’ha detto meglio di tutti: "Non possiamo andare avanti sospettandoci a vicenda". 30. La fedeltà a una marca è la versione aziendale della coppia fissa, ma la rottura è inevitabile ed è in arrivo. Poiché sono in rete, i mercati intelligenti possono rinegoziare la relazione con incredibile rapidità. 31. I mercati in rete possono cambiare fornitore dalla sera alla mattina. I lavoratori della conoscenza in rete possono cambiare datore di lavoro nel tempo dell’intervallo del pranzo. Le vostre "iniziative di downsizing" ci hanno insegnato a domandarci "La fedeltà? Cos’è?" 32. I mercati intelligenti troveranno i fornitori che parlano il loro stesso linguaggio. 33. Imparare a parlare con voce umana non è un gioco di società. E non può essere improvvisato a un qualsiasi convegno solo per darsi un tono. 34. Per parlare con voce umana, le aziende devono condividere i problemi della loro comunità. 35. Ma prima, devono appartenere a una comunità. 36. Le aziende devono chiedersi dove finisce la loro cultura di impresa. 37. Se la loro cultura finisce prima che inizi la comunità, allora non hanno mercato.

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38. Le comunità umane sono basate sulla comunicazione – su discorsi umani su problemi umani. 39. La comunità della comunicazione è il mercato. 40. Le aziende che non appartengono a una comunità della comunicazione sono destinate a morire. 41. Le aziende fanno della sicurezza una religione, ma si tratta in gran parte di una manovra diversiva. Più che dai concorrenti, la maggior parte si difende dal mercato e dai suoi stessi dipendenti. 42. Come per i mercati in rete, le persone si parlano direttamente anche dentro l’azienda – e non proprio di regole e regolamenti, comunicazioni della direzione, profitti e perdite. 43. Queste conversazioni si svolgono oggi sulle intranet aziendali. Ma solo quando ci sono le condizioni. 44. Di solito le aziende impongono l’intranet dall’alto, per distribuire documenti sulla politica del personale e altre informazioni aziendali che i dipendenti fanno del loro meglio per ignorare. 45. Le intranet emanano noia. Le migliori sono quelle costruite dal basso da singole persone che si impegnano per dare vita a qualcosa di molto più valido: una conversazione aziendale in rete. 46. Una intranet in buona salute organizza i dipendenti nel più ampio significato del termine. Il suo effetto è più radicale di qualsiasi piattaforma sindacale. 47. Se questo spaventa a morte le aziende, è pur vero che esse dipendono fortemente dalle intranet aperte per far emergere e condividere le conoscenze più importanti. Devono resistere all’impulso di "migliorare" o tenere sotto controllo queste conversazioni in rete. 48. Quando le intranet aziendali non sono condizionate da timori o da un eccesso di regole, incoraggiano un tipo di conversazione molto simile a quella dei mercati in rete. 49. Gli organigrammi funzionavano nella vecchia economia, in cui i piani dovevano essere ben compresi da tutta la piramide gerarchica e dettagliati piani di lavoro potevano scendere dall’alto. 50. Oggi, l’organigramma è fatto di link, non di gerarchie. Il rispetto per la conoscenza vince su quello per l’autorità astratta. 51. Gli stili di management basati sul comando e sul controllo derivano dalla burocrazia e al tempo stesso la rafforzano. Il risultato sono la lotta per il potere e una cultura di impresa paranoica.

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52. La paranoia uccide la conversazione. Questo è il punto. Ma la mancanza di conversazione uccide le aziende. 53. Ci sono due conversazioni in corso. Una all’interno dell’azienda, l’altra con il mercato. 54. Nessuna delle due va bene, nella maggior parte dei casi. Quasi sempre, alla base del fallimento ci sono le vecchie idee di comando e controllo. 55. Come politica di impresa, queste idee sono velenose. Come strumenti, sono fuori uso. Comando e controllo sono visti con ostilità dai lavoratori della conoscenza e con sfiducia dai mercati online. 56. Queste due conversazioni vogliono parlare l’una con l’altra. Parlano lo stesso linguaggio. Si riconoscono l’un l’altra dalla voce. 57. Le aziende intelligenti si faranno da parte per far accadere l’inevitabile il prima possibile. 58. Se la volontà di farsi da parte è presa come parametro del quoziente di intelligenza, allora veramente poche aziende si mostrano rinsavite. 59. Seppur subliminalmente, milioni di persone sulla rete percepiscono ormai le aziende come strane finzioni legali che fanno di tutto perché queste due conversazioni non si incontrino. 60. Questo è suicidio. I mercati vogliono parlare con le aziende. 61. E’triste, ma la parte di azienda con cui i mercati vogliono parlare è spesso nascosta dietro una cortina di fumo, il cui linguaggio suona falso – e spesso lo è. 62. I mercati non vogliono parlare con ciarlatani e venditori ambulanti. Vogliono partecipare alle conversazioni che si svolgono dietro i firewall delle aziende. 63. Sveliamoci e parliamo di noi: quei mercati siamo Noi. Vogliamo parlare con voi. 64. Vogliamo accedere alle vostre informazioni, ai vostri progetti, alle vostre strategie, ai vostri migliori cervelli, alle vostre vere conoscenze. Non ci accontentiamo delle vostre brochures a 4 colori, né dei vostri siti Internet sovraccarichi di bella grafica ma senza alcuna sostanza. 65. Noi siamo anche i dipendenti che fanno andare avanti le vostre aziende. Vogliamo parlare ai clienti direttamente, con le nostre voci e non con i luoghi comuni delle brochures. 66. Come mercati, come dipendenti, siamo stufi a morte di ottenere le informazioni da un lontano ente di controllo.

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67. Come mercati, come dipendenti, ci domandiamo perché non ci ascoltate. Sembrate parlare una lingua diversa. 68. Il linguaggio tronfio e gonfio con cui parlate in giro – nella stampa, ai congressi – cosa ha a che fare con noi? 69. Forse fate una certa impressione sugli investitori. Forse fate una certa impressione in Borsa. Ma su di noi non fate alcuna impressione. 70. Se non fate alcuna impressione su di noi, i vostri investitori possono andare a fare un bagno. Non lo capiscono? Se lo capissero, non vi lascerebbero parlare così. 71. Le vostre vecchie idee di "mercato" ci fanno alzare gli occhi al cielo. Non ci riconosciamo nelle vostre previsioni – forse perché sappiamo di stare già da un’altra parte. 72. Questo nuovo mercato ci piace molto di più. In effetti, lo stiamo creando noi. 73. Siete invitati, ma è il nostro mondo. Levatevi le scarpe sulla soglia. Se volete trattare con noi, scendete dal cammello. 74. Siamo immuni dalla pubblicità. Semplicemente dimenticatela. 75. Se volete che parliamo con voi, diteci qualcosa. Tanto per cambiare, fate qualcosa di interessante. 76. Abbiamo qualche idea anche per voi: alcuni nuovi strumenti, alcuni nuovi servizi. Roba che pagheremmo volentieri. Avete un minuto? 77. Siete troppo occupati nel vostro business per rispondere a un’e-mail? Oh, spiacenti, torneremo. Forse. 78. Volete i nostri soldi? Noi vogliamo la vostra attenzione. 79. Interrompete il viaggio, uscite da quell’auto-coinvolgimento nevrotico, venite alla festa. 80. Niente paura, potete ancora fare soldi. A patto che non sia l’unica cosa che avete in mente. 81. Avete notato che di per sé i soldi sono qualcosa di noioso e a una sola dimensione? Di cos’altro possiamo parlare? 82. Il vostro prodotto si è rotto. Perché? Vorremmo parlare col tipo che l’ha fatto. La vostra strategia aziendale non significa niente. Vorremmo scambiare due parole con l’amministratore delegato. Che vuol dire che "non c’è"? 83. Vogliamo che prendiate sul serio 50 milioni di noi almeno quanto prendete sul serio un solo reporter del Wall Street Journal. 84. Conosciamo alcune persone della vostra azienda. Sono piuttosto bravi online. Ne nascondete altri, di bravi? Possono uscire ed entrare in gioco anche loro?

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85. Quando abbiamo delle domande, ci cerchiamo l’un l’altro per le risposte. Se non esercitaste un tale controllo sulle "vostre persone", sarebbero anche loro tra le persone che cercheremmo. 86. Quando non siamo occupati a fare il vostro "mercato target", molti di noi sono le vostre persone. Preferiamo chiacchierare online con gli amici che guardare l’orologio. Questo farebbe conoscere il vostro nome molto di più del vostro sito Internet da un milione di dollari. Ma siete voi a dirci che è la Divisione Marketing che deve parlare al mercato. 87. Ci piacerebbe che sapeste cosa sta succedendo qui. Sarebbe davvero bello. Ma sarebbe un grave errore pensare che ce ne stiamo con le mani in mano. 88. Abbiamo di meglio da fare che preoccuparci se riuscirete a cambiare in tempo. Il business è solo una parte della nostra vita. Sembra essere invece tutta la vostra. Pensateci: chi ha bisogno di chi? 89. Il nostro potere è reale e lo sappiamo. Se non riuscite a vedere la luce alla fine del tunnel, arriverà qualcuno più attento, più interessante, più divertente con cui giocare. 90. Anche nel peggiore dei casi, la nostra nuova conversazione è più interessante della maggior parte delle fiere commerciali, più divertente di ogni sitcom televisiva, e certamente più vicina alla vita di qualsiasi sito web aziendale. 91. Siamo leali verso noi stessi, - i nostri amici, i nostri nuovi alleati, i nostri conoscenti, persino verso i nostri compagni di battute. Le aziende che non fanno parte di questo mondo non hanno nemmeno un futuro. 92. Le aziende stanno spendendo miliardi di dollari per il problema dell’Anno 2000. Come fanno a non sentire la bomba a orologeria nei loro mercati? La posta in gioco è persino più alta. 93. Siamo dentro e fuori le aziende. I confini delle nostre conversazioni sembrano il Muro di Berlino di oggi, ma in realtà sono solo una seccatura. Sappiamo che stanno crollando. Lavoreremo da entrambe le parti per farle venire giù.

94. Alle aziende tradizionali le conversazioni online possono sembrare confuse. Ma ci stiamo organizzando più rapidamente di loro. Abbiamo strumenti migliori, più idee nuove, nessuna regola che ci rallenti.

95. Ci stiamo svegliando e ci stiamo linkando. Stiamo a guardare, ma non ad aspettare.

Fonte: Cluetrain manifesto - 147 -

RINGRAZIAMENTI

Un ringraziamento del tutto sentito ai genitori che mi hanno permesso di compiere tutto questo percorso formativo scolastico nella massima libertà d’azione e di fiducia. A questo, vorrei aggiungere un ulteriore ringraziamento per avermi dato la possibilità di trascorre all’estero un anno di studi che si è rivelato fondamentale per il mio sviluppo umano. Un plauso allo spirito di sopportazione di mia sorella che ha resistito ai miei fastidi durante tutti i pomeriggi passati in comune sui libri. Un ringraziamento al Prof. Mercurio che mi ha seguito in questo ultimo parte del percorso consigliandomi sapientemente quale direzione dare alla mia ricerca. Un grazie a tutte quelle persone che mi hanno aiutato a conseguire questo risultato, soprattutto ai gruppi di studio dei compagni di corso che durante questi anni sono stati fondamentali per la preparazione degli esami. Una particolare riconoscenza a Carlotta per il valido aiuto offertomi durante l’intera laurea. Un bravo autoreferenziale per la costanza con cui ho portato avanti gli studi durante questi anni.

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BIBLIOGRAFIA

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