Dimmi Parole Sporche

  • May 2020
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  • Pages: 46
DIMMI PAROLE SPORCHE Rodrigo Buchago

Thedelle5emezza editore

Rodrigo Buchago nasce il 9 ottobre del 1970 a Maldonado, città situata a 95 km da Montevideo e famosa per il suo porto, dove ogni giorno arrivano e salpano le navi che tengono vive le sue industrie tessili e alimentari (in particolare l’ esportazione verso il nord America della preziosa Aringa salmistrata del mar de la plata), e per il suo museo di Arte Americana (dove sono esposte, tra le altre, le opere di Joaquin Torres Garcia e le installazioni di Ramiro Esteban Barfonzi). Scrive poesie da quando ha 6 anni e ormai dalla pubblicazione della sua prima opera, il fortunatissimo “Manuale di disegno per pensieri a mano libera” (1988) è considerato tra i più importanti poeti viventi uruguaiani.  L’autore ringrazia Mario Selaschetti per la traduzione.

PREMESSA Premessa della premessa: non so scrivere premesse. Fatemi fare di tutto, scrivere articoli per altri, biografie di politici, ma non fatemi scrivere premesse e tanto meno di un autore come Rodrigo Buchago che rappresenta, probabilmente, un caso unico e raro, se non il Caso, nel mondo letterario degli ultimi vent’anni. E’ praticamente impossibile premettere qualsiasi cosa a un uomo così che da solo ha sfidato la dittatura degli uomini - i famigerati colonnelli Fabras e Vargosa tanto per fare dei nomi - e delle regole della Letteratura. Figuriamoci poi se tentiamo di mettere davanti alla sua opera proprio il racconto del suo alpha fondante. Alpha che, per intenderci, di fatto non esiste. Come vedete anche solo senza entrare nel dettaglio le parole che lo descrivono perdono di efficacia e sembrano nient'altro che una fila di termini tronfi e senza senso. Del resto, e proprio lo stesso Buchago a non fare nulla per rassicurarci mentre lo seguiamo nel suo percorso: guardate ad esempio come si fa beffa di tutti i termini e gli strumenti tecnici utilizzati dai commentatori e dai critici nel mondo della Poesia. “La sua poetica?” Mi chiede. E la mia risposta è venga che gliela mostro. Avverto interesse nel suo modo di rispondere "volentieri". Poi però sembra folgorato da quel che vede. Devo ammettere che la mia poetica nuova fiammante fa sempre la sua porca figura. (Tratto da “Yo no Soy lo que soy” Jorge Parnadel, El Pais de la Plata, 12.8.1996)

Ma, come spesso succede con le persone che non si lasciano conoscere e apprezzare facilmente, quando avviene il momento in cui si ha la sensazione di afferrarne il vero significato e il loro scopo ultimo è davvero un attimo di piacere intenso. Per questo motivo, confidando nel fatto che anche voi riuscirete a scoprire cosa rende Rodrigo Buchago uno dei più grandi poeti viventi, non intendo fornire molte guide alla sua lettura. Mi limiterò solamente a segnalare, diversamente da altri suoi commentatori (confronta Tulio Albelda Fuentes “Uruguay sin embargo”, 2003), come la creazione del suo posticcio moderno1 Alessio Marchetti non costituisca una protesi emozionale2 quanto un'invenzione alla Borges. Io ritengo in altre parole che la figura letteraria del Marchetti, per Buchago, esista davvero e in carne e ossa in un qualche altro universo. O per dirla meglio, se lui è riuscito a immaginarlo, vuol dir che è reale e può esistere. E Buchago assieme a Marchetti crea anche l’ universo di riferimento di questo personaggio, senza andare a imitare un qualcosa di visto. Non rappresenta quindi in nessun modo, come sostiene Fuentes, un esercizio d'immedesimazione. Questo fatto appare molto evidente da uno stralcio di una sua intervista apparsa su una rivista letteraria uruguaiana: (Intervistatore): “..e pensare che il suo eteronimo è un impiegato italiano (Alessio Marchetti N.d.r.), ci racconta com’è nata questa cosa?”Buchago: “Dia un’occhiata in giro, questa è la mia casa. Io e lei siamo seduti nel salone e di fronte a noi, dietro questa grande vetrata c’è l’Oceano. Se solo l’aprissi sentirebbe il profumo di sale arrivarle sino ai calzini. Si sta divinamente qui, non le pare? (Effettivamente la casa di Rodrigo Buchago è una vera oasi di tranquillità, con la sua pineta, appoggiata su una collinetta che degrada dolcemente verso il mare, con tanto di piccola 1 “Eteronimi e fantasmi letterari” T. Luzzato Fegis, ediz. Yguasa 2003 2 Idem

spiaggia privata NdR). Ma la vita è un’altra cosa. Io qui, al riparo da tutto e da tutti ho così tanto tempo per pensarla… per crearla (mi fissa intensamente e I suoi due occhi azzurri diventano quasi due punte di spillo, poi ride Ndr). Mi sono detto cosa c’è di più impastoiato nella vita moderna di un impiegato pendolare in una bella città caotica?Ma questo è stato solo uno spunto. Io non ne so poi molto di quella vitaccia lì. Mi divertivo a farla nascere dal nulla.Tutto qui” ( “Podemos quedar para sabato por la noche”di Xavier Barroso - Marcia” numero 12, novembre 2007)

“Dimmi parole sporche” rappresenta l’opera della maturità per Buchago dopo qualche passaggio a vuoto come ad esempio “Scripta Volant Treni Manent” e qualche picco interessante come “Metropolitanìa”. Si ha la sensazione che essere poeta sia diventato uno scopo vero anche per l’animo che lo ospita. Si hanno segnali di questo in alcune poesie dove il fatto di essere poeta viene più o meno dichiarato direttamente (“La casa di Campiglia”) e in altre, dove la parola, che appartiene di sicuro alla cassetta degli strumenti del poeta, e in particolare il potere della parola assurge a un ruolo salvifico e diventa Logos a tutti gli effetti. La parola come principio, la parola come fine (“perché scrivo?”). Tuttavia è un processo in continua creazione e dissoluzione nella mente del poeta: un dogma di sabbia che può sempre sparire o diventare qualcos’altro sotto i colpi della vita esteriore, ma soprattutto di quella interiore con la sua creatura mortale, identificata da Buchago con la figura della “Grande Noia Nera”, che poi non è altro che la personalizzazione della depressione dell’artista o dell’uomo in genere. Rispetto a “Metropolitanìa”, dove il pendolarismo reale (e dell’anima) è il protagonista indiscusso, in “Dimmi Parole Sporche” il fatto che scatena la risposta della Poesia al mondo esteriore è la nascita del secondo figlio del protagonista posticcio (cioè Alessio Marchetti). Questo fatto di per sé pieno di significati genera una serie di considerazioni sulla vita che vanno dal micro-ordinario (“Evoluzione?”) alle consuete speculazioni sui massimi sistemi come in “16 Dicembre 2007” dove appare in tutta la sua trasparente lucidità, la capacità di Buchago di trattare argomenti seri con una leggerezza tale da renderli diversamente importanti (“Ho pensato che/ a volte/il tempo ti trascina/come una bottiglia di plastica vuota/in qualche ansa quieta/dove le ansie del cuore/non trovano più la spinta/della corrente”). E’ proprio questo suo modo di prendere il particolare debole e inutile della vita di tutti i giorni e di portarlo alla ribalta del Mondo che rende il Buchago una delle cose degne di essere incontrate prima o poi nelle proprie frequentazioni letterarie. In fin dei conti, se la Poesia è “il tentativo di descrivere l’esaltazione folle di chi crede di aver compreso il Mondo con degli strumenti rozzi come sono di fatto le parole”3, allora questo poeta ha di sicuro un sacco di emozioni da farvi provare. Oltre a questo non mi resta che augurarvi di trovare appagante questa lettura perché per dirla alla Buchago “la Poesia è come fare sesso senza sapere cosa esso sia4”. Mario Selaschetti - Milano, ottobre 2008

3 “Manuale di disegno per pensieri a mano libera”, commento finale, R. Buchago, Ediz.Arroz, 1988 4 Tratto da “Cita con el Buchago” di Hernan De Maria, ediz. Gusman 2001

“Ad Alessio, che sicuramente è qua dentro, da qualche parte” (Rodrigo)

ALL’IMPROVVISO NON VUOL DIRE SENZA PREAVVISO

C'è qualcuno qui dentro? Mi ha chiamato mia madre, poco fa. Ha cercato di fare la voce allegra ma sapevo che faceva finta. Deve avermi preso per un pezzo d'asino. Dovrebbe sapere che la conosco. Siamo carne della stessa carne, sangue dello stesso sangue. Poi me lo dice. La sera prima alle 9 e 07 (mi dice) è morto il gatto di casa. Dopo una settimana di agonia ma intendiamoci, senza troppe sofferenze (certo si tratta pur sempre di morire), altrimenti dalla veterinaria gli avrebbero fatto fare la puntura, subito. Non prendetemi male non mi ha fatto piacere e soprattutto mi spiace per lei. Era diventato, al posto mio, la sua protesi. Avrei voluto partecipare meglio, ma ho pensato al domani che è lunedì. Alle mie bollette, alla nuova creatura e a quella meno recente. A mia moglie che vuole tornare a vivere. Ho risposto vago, senza trasporto "l'importante è che abbia smesso di soffrire..." molto più lontano dei 244 km che ci dividevano. Ora mi chiedo: qui attorno c'è qualcuno interessato a quel che provo?

Dimmi parole sporche Dimmi parole sporche stasera non voglio ricordare di chi sono queste labbra a cui mi sto per attaccare Dimmi parole sporche e lascia a casa il mio bel lavoro, le tue buone maniere il bucato fresco e il tuo decoro Dimmi parole sporche prima di accender la luce e far tornare di colpo il tuo viso e la tua voce con i nostri anni passati e poi impilati a prendere polvere così rovinati come vecchie edizioni di cataloghi Ikea mai usati

16 dicembre 2007 Dicembre freddo, una sera accompagnando i miei alla corriera Ho visto il fumo uscirmi dalla bocca e puntare le stelle Ho pensato che a volte il tempo ti trascina come una bottiglia di plastica vuota in qualche ansa quieta dove le ansie del cuore non trovano più la spinta della corrente e tutto ti torna con tutti amici, lavoro, passioni e famiglia e ti senti così al caldo nella tua vita da sciogliere per un attimo quel ben lungo inverno ghiacciato di noia.

Io, Morgan e quella notte Dormiamo tutti questa notte io tu e la mamma e nella sua pancia il tuo prossimo compagno Tra pochi giorni non so ancora quanti andremo a prenderlo io e te all'ospedale da dove vieni anche tu Te lo anticipo non sarà un bel giorno per te Ti toccherà dividere il tuo regno di giochi e attenzioni e vedere quella espressione nei miei occhi che sino ad oggi era solo per te Ma verrà un giorno una mattina in cui noi 4 ci ritroveremo attorno allo stesso tavolo al principio di una giornata qualunque. E qualcuno, allora, farà qualcosa Una risata grassa ci contagerà sino alle lacrime Durerà forse anche meno di un attimo Ma quando accadrà ci guarderemo negli occhi e ognuno di noi sarà felice di essere lì in quell’istante e in quel modo tra la Sua gente E ognuno di noi sentirà di essere parte di qualcosa di più grande di lui Amore mio (se mi passi il termine) volevo solo dirti che vivo per quel momento in cui mi strizzerai l'occhio come per dire ok...hai ragione...è davvero così. Ebbene, da quel momento non ti odierò se deciderai

di lasciarmi in qualche ospizio a finire la conta dei miei giorni.

La cosa più vicina alla passione E' giunto il momento di lasciar stare tutti gli orpelli e gli stucchi da scrittore da 4 soldi che cerca d'impressionare il lettore e un po' se stesso perché adesso si deve raccontare la propria vita senza gonfiarla troppo maneggiandone anche il più piccolo granello, senza rovinarlo e se alla fine avrò fatto un bel lavoro ci penserà lei a risplendere di quella luce semplice e per questo così vera e piena di significati da restare Viva anche quando la rileggerò tra mesi, anni, epoche. Scrivo tutto questo s'un foglio rimediato da un blocco appunti del lavoro mentre ti guardo, sul lettino in attesa che il monitor a cui ti hanno collegato mostri la prossima contrazione sono le 5 del mattino del giorno in cui nascerà Julian e proprio adesso ti metti a sbuffare guardando un punto indefinito davanti a te, nella posizione del gatto in piedi Un'ora fa mi guardavi dormire nel nostro letto la tua valigia già pronta ti aspettava lì a fianco Poi di colpo il segnale "Andiamo!" detto sottovoce per non svegliare Morgan che quando lo farà, più tardi, troverà solo la nonna a dirgli una piccola bugia mentre noi saremo qui ad aspettare il suo primo dispiacere. Prima, camminavo nel lungo corridoio

deserto su cui si affacciano gli ingressi dei vari reparti Ho acceso il mio iPod a caso E l’ho carezzato sperando in un pezzo adeguato Mi ha ricambiato pescando quello che volevo l'ho preso come un buon auspicio Waterloo sunset dei Kinks un vecchio pezzo che conosco solo da due giorni scoperto per caso durante la ricerca di qualcosa dei Blur su Youtube Dovrebbero scaricarlo tutti, gli devo molto perché mentre camminavo in quel corridoio lungo desolato e mal illuminato da quei neon che esistono solo negli ospedali di notte. m'ha levato di dosso l'impressione di essere in qualche film del terrore. Come sei buffa con quel pancione e quelle ciabatte che penzolano dai tuoi piedi seduta sul letto nella tua vestaglia ormai strettissima Scherzi. Mi chiedi il gameboy per distrarti un po' Non sei molto sexy adesso Nonostante le mutandine tigrate che tornerò a desiderare A essere sincero anch'io non sono al massimo con i capelli sfatti e gli occhi rossi di sonno Non mi faccio la barba da una settimana perché nell'ansia dei preparativi son rimasto senza lamette ma questi sono i momenti su cui investire

per chi, come noi vuole stare ancora tanto assieme o almeno ci proverà che poi è la cosa più vicina alla passione quando il momento in cui si può anche non aver più paura d’invecchiare assieme è quasi in silenzio arrivato.

Julian Io e te non ci conosciamo ancora Ti vedo mentre passi, di braccia in braccia, dalla mamma alle nonne, dalle nonne alle zie, dalle zie alla mamma. Tuo fratello ti gira al largo come il topo dall'esca avvelenata Ha già detto che puzzi mentre ti osservava piangere durante il cambio del pannolino Avremo tempo e modo di annusarci con tutti quei lunghi pomeriggi che diventano sera e che si spegneranno prima o poi davanti alla televisione Non mi fido di te, come di tuo fratello. So già che ti amerò alla follia e che mi farai soffrire. perché mi farai gioire tanto. Ma già così, dai primi momenti devo dire che mi sei piaciuto tanto. E se continuerai a mangiare ogni 4 ore e a non farti sentire troppo tra una poppata e l'altra. Allora sono un uomo davvero fortunato.

La casa di Campiglia Le nuvole si avvicinano sembrano un pullover blu scuro arrotolato e buttato sul mare senza troppa cura Le luci di una nave mi arrivano portate dal vento che sa di posti dall'altra parte del mare Di coste ignote e sale di pioggia. Di freddo che cerca di approdare al caldo. Annuso forte poi mi raccolgo sotto la coperta di lana che ci siamo portati dalla nostra casa con il giardino che vede il mare. E da qui in alto dal suo giardino appunto penso di essere un naufrago su una piccola barca là sotto vicino a quella nave imponente. Sul mare scuro. Mi aggrappo alla mia tazza di tè ancora caldo e torno salvo e inebetito da questo mio stupido giochino mentale. La mia piccola isola calda mi proteggerà. Mi chiedi a cosa penso e io ti rispondo a nulla poi mi massaggi le spalle da dietro lo schienale così vedo la tua faccia al rovescio che si avvicina e mi bacia. Ma c'è il bambino che piange così mi ritrovo di nuovo qui ti vedo che combatti con lui

mentre torno a vedere CSI che è riniziato dopo la pubblicità. A parte la lotteria non vedo proprio altri mezzi. Mi dovrò accontentare di mettere giù a parole la vita in cui è davvero nostra la casa dei milanesi dalle parti di Campiglia il cui giardino confina con il mare.

Che mi manca, stamani? Penso sia lì dietro Cerco l’ultimo ingrediente Domenica mattina Cucino un piatto per tutti Per Julian anche se ancora non ne ha bisogno Per me che vivo assente Per Michela che lo sta allattando Mentre guarda un cartone animato E si commuove, assieme a Morgan Per lo stesso orsetto. Non trovo l’ingrediente Ma non importa

METTI I TELETUBBIES E SALIAMO UN PO’ IN CAMERA, DAI..

Evoluzione? Cosa ne direbbe Professor Darwin Di un esemplare che si tocca in bagno In piedi davanti allo specchio Mentre il resto della famiglia dorme? Ma soprattutto.. perché in quel momento mi è venuto in mente proprio lei?

Disordine Mattina, per Dio, no! Sono in bagno E mentre finisco di lavarmi Non trovo da dove iniziare A sbrogliare questa matassa Di cui Tengo in mano La Maglietta che non sai dove mettere Che mi resta in mano senza appoggi Mentre nell’altra ho il deodorante del giorno Questo ti dice che il tuo Mondo non ha ordine Mentre mia moglie da sotto Per superare il rumore della centrifuga Mi grida che devo affrettarmi A uscire Devo comprare I pannolini.

Black Ho mio figlio in braccio Deve fare il ruttino Sono di fronte al mio Mac Itunes aperto Ho bevuto un po’ a pranzo Ma ora sono già le 19 Sento Black dei Pearl Jam da una cuffia E inizio a cantare a squarcia gola Nel pezzo in cui dice “ai nou sandei iu gat a biutiful ai” Canto senza steccare, credo, e mio figlio a un centimetro da me non piange Rutta forte Mentre mia moglie riconosce il pezzo e mi guarda come mi guardava anni fa, per un secondo. O forse è contenta per il rutto. Mezza lacrima mi esce e mi sento da Dio. Ero io 10 anni fa, ma adesso.

Al MiO RE Sento un nodo dolce E di colpo sono di nuovo là A rifar dei kilometri a piedi Di notte tra una curva e l’altra Di quella strada in mezzo ai boschi Di mezza collina Distanza tra la casa dei miei e la casa dei tuoi A bere alcolici per non farmi venire le strizze alla pancia nel bar della piazza 18enne colitico che ti amava tanto con una mezza cicca nella taschina dei jeans sempre pronta Quel pomeriggio giù al fiume le mie mani fredde Nella tua camicia a righe semiaperta La gioia folle del sentirsi grande Vedere la tua mascolinità sciogliersi Sino alla resa Quella notte nella 126 di mia madre. Mie entrambe per una notte. E poi per desiderio e voglia di farlo Posammo i nostri occhi sulle stesse cose sugli stessi mondi sugli stessi sogni per molti anni insieme Sino alla libera scelta improvvisa di essere di nuovo individui Anche a rischio di restare soli Ti guardo che guardi la tv. Siamo ancora qui Nonostante tutto Nonostante noi. L’elastico frusto che si tende 99 su 100 si spezza.

Gasolio per relazioni In casa Due nuovi sconosciuti Io che ti accuso di aver aperto l’acqua Mentre facevo la doccia Fredda per tua colpa Tu che mi accusi di aver svegliato il bambino Così tanti anni per imparare Che la rabbia è quella che ci fa andare avanti?

Andate tutti a fanculo... I power rangers Sono sempre più lontani Eco della televisione Affondo la testa nel cuscino Che sa di altri miei respiri La Domenica pomeriggio. Mi gusto il suo fresco e questa voglia di arrendermi Prima di mollare la presa sul mondo. Ogni animale Giunto il Momento Si dispone verso il Nulla Con impazienza

5 minuti tra la vita e la morte Sessione pomeridiana di sesso clandestino perché un bambino è all’asilo e l’altro dorme Nella stanza a fianco Sento un sordo sentimento di bellezza (?) Venirmi dal basso Là in fondo Da qualche parte nel mio universo. La mia espressione è slegata. Quando mia moglie risale Sono già tornato.

E’ così? Se la vita non ha senso forse Anche queste righe non han senso Anche se sembrano In qualche modo Organizzate Oppure mi sbaglio E solo questi tratti possono darmi un appiglio su questo baratro mentre ascolto musica e guardo senza sentirla una trasmissione soft-porno alla tv

Perché scrivo? Ma perché diamine Vi butto giù così Una dietro l’altra Come tessere di un puzzle Forse per sentirmi meno inutile Quando qualcuno mi chiede Chi sei? Che ci fai qui? Piccole parole sparse Quando vi lascio sul foglio Siete già più vere di me E allora lo chiedo a voi. Che ci fate qui? Chi siete?

S’un libro di Carver lasciato a fianco del cesso I Praticare il caso Cercare il nome di qualcosa O di qualcuno Su Wikipedia Poi guardare solo la voce prima o la voce dopo E’ così che si sconfigge la realtà.. II 13 e 07, agosto L’ombra è svanita Sotto i morsi di questo sole enorme Siamo nel suo regno immobile qui Attraverso questo paese Senza fama Sulla statale che lo taglia Anche il bar nella piazza sfocata Ora è chiuso Sento il brivido dell’esistenza Chiedermi di spegnere L’aria condizionata III Sono seduto Sul gradino della scala A chiocciola Guardo la canzone della buonanotte in tv Con mio figlio sul divano assieme alla mamma E mia sua suocera sulla poltrona. Sono inquieto E fuoriposto.

Inerzia Sopra quei tetti Nuvole lente Si ammassano verso il nulla Là forse c’è il mare A kilometri e kilometri di pensiero da qui. Il caffè è pronto Ma io non so che fare.

Epifania Ho in mano un bicchiere serio Di quelli che ci metti dentro il vino e lo fai girare vorticoso per estrarne gli aromi e provare a indovinare a cosa somigliano dentro un vino sudafricano trovato al supermercato nello scaffalo in basso guardo fuori: una giornata assurda sole caldo cielo azzurro di un azzurro senza fine mi sento allegro mi sento scaldato finisco la bottiglia scende l’ultimo rivolo giallo quasi bianco. per un istante mentre tutto intorno mi basta temo di scordarmi l’inizio di questa poesia che dovrebbe fare una cosa del tipo Ho in mano un bicchiere serio…

DAL MOLESKINE, CON UNA MATITA ROTTA

(I) AristoTele Fuori da qualche parte la gente muore per qualche guerra per la solita fame per natural scadenza Ma io ho appena finito di mettere a posto ciascuno nei suoi alloggiamenti le robe sporche nella lavastoviglie e così la lascio partire contento vedo che il resto della famiglia è al riparo ciascuno nei suoi giusti binari verso il sonno Adesso posso chiudere e lasciare fuori la grande noia nera Il telecomando è a vista.

(XI) Lib-Ero Trasformo il bianco abbagliante che impregna delle figure indefinite (passanti?) che mi vengono incontro, in un mondo più caldo quasi bello blu nel suo cielo da Chroma Key, mettendo la mano sopra agli occhi a bloccare il sole. Sono a un tiro di guinzaglio dal lavoro nella pausa pranzo Suona il cellulare ma io sono impegnato con la lingua a levigare questo pezzo di cioccolato a scolpirlo come un osso di seppia fuori dal bianco della stracciatella di un pomeriggio di tanti tanti anni fa E' buono mi dico mentre penso a una cosa come tante altre senza importanza

(XII) G.N.N. Mi ha preso devo prendere tempo ma sento che mi ha preso ormai è su di me con le sue unghie d’ombra l'ho capito perché rileggendomi l'ho sentito berciare "banale troppo banale" mi sto buttando giù mentre anche l'ultimo Scopo che mi era rimasto si scioglie torno a casa e mi sento come quei pomeriggi la domenica prima di rientrare a casa per fare quei compiti dimenticati cercando un cestino dove buttare la carta di quel gelato ultimo trastullo di quella inutile giornata con le dita appiccicate

(XVI) Parole ben temperate Ecco qui solo qualche riga senza senso evidente tornerò a leggervi domani e poi dopodomani e poi tra giorni, chissà quando. Amiche mie voglio proprio vedere come vi tratterà il tempo

(XVIII) Pappasorci La mia sera questa sera sarà vederti addormentare sognando pappasorci e videogiochi mentre cerco un qualcosa che mi allontani il lunedì mattina è ben duro il mestiere di figlio...

(XIX) Qui dove non sono più, adesso Lieve come le tue carezze un soffio di vento tiepido apre una vecchia finestra c'era l'eco dell'autostrada lontana giugno senza più scuole mattina in attesa del nulla in arrivo un refolo anima la tenda e si porta via i miei pensieri così lontani

(XXI) Via da me 4 o 5 cose vanno di merda succede ma brucia vorrei non riconoscermi + allo specchio non sentire + la mia voce non capire + i miei pensieri ma non per molto solo il tempo di sentire un po' la mia mancanza

(XXII) Incanto D'un tratto i pensieri si ammonticchiano lievi come miele di neve e sul cuore restano quieti in silenzio. fisso un particolare senza importanza dev'esserci stato qualcosa prima ma ora non è più qui.

(XXVI) Nemico caro Nemmeno il pronto mi urli la tua rabbia assurda fatta di noia e depressione post parto Me la faccio scivolare addosso Ma non ci riesco Come quando ti tagli le unghie in bagno e un pezzo ti finisce per terra da qualche parte

(XXIX) Stanco di nulla Dietro alle braccia nude dei platani pròtesi verso il grigio di questa domenica mattina piovosa vedo le nuvole mangiarsi le colline e rendermi viscoso e pesante ogni mio movimento come aprire questo quaderno e scrivere Ho la sensazione che il pomeriggio sia già inutile

(XXX) Alcoolismo ai tempi del Global Warming Strano Aprile Che sembri marzo e anche un po’ febbraio. Indugio ancora con il mio bicchiere di vino rosso Dentro al frigo Nello scompartimento più basso. Lì sotto Attendono ancora sonnacchiose Due bottiglie di birra Verrà pure il vostro tempo Credo

Porco Parco Bloccato da un amico di mio figlio al parco. Devo stare qui ancora un po'. Moscerini mi danzano in bocca e sulle ciglia. Non posso muovere le mani, cariche del suo giubbotto e un Gormito doppio. Per favore Satana, fa il tuo mestiere. Ma lontano da qui.

Titolo originale “No hay que confundir la velocidad con el tocino” CopyLeft - thedelle5mezza.blogspot.com Finito di stampare il 3.11.08

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