Bimbo Bio

  • May 2020
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  • Words: 27,905
  • Pages: 63
STEFANO APUZZO STEFANO CARNAZZI

BIMBO BIO DA 0 A 10 ANNI MANUALE PER DIFENDERLO

© 2005 Stefano Apuzzo, Stefano Carnazzi © 2006 Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri

Quest'opera è rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate. Per il testo integrale della licenza si veda: http://www.creativecommons.it/Licenze/LegalCode/by-nc-nd http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/ (originale inglese) direttore editoriale: Marcello Baraghini www.stampalternativa.it [email protected] Ecoalfabeto collana diretta da Stefano Carnazzi Stampa Graffiti – Roma

Ecoalfabeto – i libri di Gaia Per leggere la natura, diffondere nuove idee, spunti inediti e originali. Spiegare in modo accattivante, convincente. Offrire stimoli per la crescita personale. Trattare i temi della consapevolezza, dell’educazione, della tutela della salute, del nuovo rapporto con gli animali e l’ambiente.

Introduzione Come difendere i bambini dai veleni. Tutti. Il mondo è colmo di inquinamento, la televisione riversa immagini terrificanti, e la sensazione di essere accerchiati da rischi per la nostra salute, il nostro equilibrio, s’insinua subdola nella vita quotidiana... I più esposti, i più indifesi, sono i più piccoli. Le fondamenta per una crescita armonica si rinsaldano innanzitutto con un’approfondita conoscenza degli elementi che possono turbarla, e poi mettendo in atto tutte le contromisure: efficaci, sane, dolci. In questo libro abbiamo esaminato alcuni dei temi che suscitano più preoccupazione, offrendo una guida pratica con strumenti utili, libri e link, per affrontarli consapevolmente. Fritjof Capra, autore per questi tipi di Ecoalfabeto. L’orto dei bambini, introdusse ne Il Tao della fisica l’idea di «partecipazione invece di osservazione». Tutto è connesso, l’ambiente a noi, una generazione all’altra. I bambini imparano a crescere. Noi impariamo a difenderli. S.C. e S.A., febbraio 2006

i libri di

Gaia Animali & Ambiente

con il contributo di

Le emissioni di CO2 conseguenti alla produzione di questo libro sono state compensate dal processo di riforestazione certificato Impatto Zero®

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In pancia Il tao produsse l’uno l’uno produsse il due il due produsse il tre il tre dette vita a tutti gli esseri tutte le cose han sulle spalle l’ombra e tra le braccia portano la luce ma l’infinito spirito le placa. Lao Tse Tao Te Ching (a c. di A. Castellani)

Tutte le coccole per la mamma Fare esercizi di respirazione. Non fumare sigarette. Scegliere i cibi da agricoltura biologica. Evitare tutti i farmaci non indispensabili… La gravidanza è il momento giusto, per concedersi tutto ciò che di più sano la vita può offrire. Come si pongono le basi di uno sviluppo armonico? Ecco cosa “prescrive” la scienza della dolcezza. Ascoltare Claude Debussy, i Nocturnes (1899) e i Préludes (1910); Erik Satie, le Gymnopédies (1888; aveva ventidue anni, quando le compose…); Frédéric Chopin, i Nocturnes e l’avvincente Berceuse (1846, cascata di note iridescenti su un’invariabile battuta); e Ludwig van Beethoven, le Diabelli Variations, 33 variazioni composte a mo’ di sfida su un tema, splendido esempio di quanto è bello crescere e arricchirsi a partire da un inizio germinale… …stimolano l’intelligenza. Vedere Microcosmos, il popolo dell’erba (prodotto da Jacques Perrin, regia dei biologi e fotografi Claude Nuridsany e Marie Perennou, Francia/Svizzera/Italia 1992-1996), Profondo blu, benvenuti in un altro mondo (un viaggio fantastico negli oceani di tutti i continenti, regia di Alastair Fothergill e Andy Byatt e prodotto dalla Bbc, 2003), e Genesis (dagli autori di Microcosmos, 2005), spettacolare viaggio per immagini liquide verso le origini della vita... ...sono calmanti, proiettano nella dimensione della conoscenza tranquilla. Ma soprattutto star bene, sentirsi bene, curarsi dolcemente sono condizioni indispensabili per il benessere psicofisico della mamma. E del bambino. Le medicine complementari offrono un nuovo approccio alla salute e un vasto ventaglio di rimedi, di cure e di coccole terapeutiche. Parliamo di omeopatia, floriterapia, terapie naturali. 6

Gli aspetti più rilevanti dei rimedi omeopatici, ovvero la capacità di stimolare le reazioni dell’organismo, la non tossicità nonché la facilità di assunzione e di assimilazione, rendono l’omeopatia terapia d’eccellenza per questa delicata fase della vita della donna. Pulsatilla 7 CH: 5 granuli prima di dormire nelle ultime due settimane di gestazione in caso di posizione podalica del feto; da utilizzare ogni mezz’ora durante il travaglio in caso di assenza di contrazioni efficaci. Actea racemosa 9 CH: 5 granuli al dì per ridurre l’ansia e favorire il parto nelle ultime due settimane di gestazione e ogni mezz’ora durante il travaglio. Caulophyllum 5 CH: 5 granuli in presenza di falsi dolori notturni che si trasmettono agli arti inferiori. Viene utilizzato anche per rendere soffice il collo dell’utero e favorirne la dilatazione. Arnica 200 CH: un tubo dose prima di andare in ospedale o all’inizio del travaglio e un altro prima del parto, per la sua azione antiemorragica e tranquillizzante. La floriterapia, con la sua azione di sblocco sull’energia psichica, può contribuire a rafforzare la personalità e l’autostima della futura mamma. Tra i Fiori di Bach troviamo alcuni validi aiuti per le donne incinte. Mimulus: è il fiore per le paure di eventi noti, particolarmente indicato nelle ultime settimane di gestazione, contro la paura del dolore e del parto. Agrimony: è indicato per le donne che tendono a nascondere le loro paure e preoccupazioni per l’evento ormai prossimo, minimizzandole o lasciandole soffocare. Red Chestnut invece si può usare in caso di apprensione, quando la futura mamma si preoccupa eccessivamente delle condizioni di salute del bambino. Rescue remedy: è il rimedio d’eccellenza per il travaglio e il parto 7

da utilizzarsi puro, nella dose di 4 gocce sublinguali anche ogni mezz’ora. Provvede affinché il sistema energetico della donna non si disintegri, stimolando l’organismo a reagire in modo positivo e adeguato. Scleranthus, il fiore dell’equilibrio, è utile in caso di nausee mattutine durante la gravidanza. Walnut, il fiore della centratura, aiuta ad affrontare e ad accettare in modo positivo il cambiamento che si manifesta nel corpo della donna. Sarà utile anche ai neonati durante la prima settimana dopo la nascita, aiutandoli ad adattarsi alla vita extra-uterina. Tra gli oli essenziali, ricordiamo quello di melissa, che aiuta a calmare il vomito e le nausee. Si diluisce in un olio vettore, per esempio quello di mandorle dolci, prima di usarlo in massaggio o frizione. Gli oli essenziali dalle note morbide e profumate di rosa, lavanda e gelsomino rilassano e rasserenano. Ricordiamoci di non superare 3, 4 gocce di essenza, da diluire nell’acqua del bagno. L’incenso, meglio di no: fa aumentare il Pm10 all’interno delle stanze. La fitoterapia consiglia il magnesio biologico in caso di nausea e come rinforzante del sistema nervoso. Secondo la medicina ayurvedica, la donna incinta ha bisogno di sostanze nutritive specifiche, e a tal fine sono stati creati dei rasayana, rimedi naturali a base di piante e minerali, appositamente per il periodo della gravidanza (si trovano nelle erboristerie specializzate in Ayurveda). Infine, considerando la cristalloterapia, l’agata, per la sua caratteristica forma a uovo è particolarmente adatta a proteggere la madre e il feto durante la gravidanza. L’agata svolge infatti una funzione simile a quella dell’aura umana, perché protegge l’intero organismo e perché ha un effetto stabilizzante e armonizzante sulla salute. Nell’antichità si usava appoggiare un’agata sul 8

ventre all’altezza del 2° chakra per circa mezz’ora, immaginando il bambino avvolto nella luce.

C’è un libretto che è una gioia. Appartiene a una sorta di ‘collana’ inaugurata con Cinquanta semplici coccole per farti felice. Piccola guida per rilassarsi, ringiovanire e prendersi cura di se stessi. Anche gli studi psicologici hanno dimostrato che l’amore e le coccole che un bambino riceve nel suo primo anno di vita costituiscono il fondamento del suo futuro benessere psicofisico e della sua autostima. Questo manuale raccoglie una serie di consigli per preparare semplici rimedi naturali per i problemi più comuni del neonato; esercizi per farlo rilassare e addormentare dolcemente; speciali massaggi per farlo crescere più sano e robusto; massaggi prenatali per creare un legame col bambino prima della nascita. Karyn Siegel-Maier, 50 Semplici coccole per far felice il tuo bebè, Edizioni Il Punto d’Incontro, 2004

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Un grande compendio online di medicina olistica, con migliaia di articoli sulle medicine complementari ordinati in sezioni e rubriche. In ‘mamma e bimbo’ si legge come riportare il proprio organismo in equilibrio dopo il parto, recuperare l’armonia e infonderla nel piccolo, affrontare serenamente il suo accudimento, con diversi consigli sull’alimentazione e la nanna. La sezione informativa è collegata a LifeGate Clinica Olistica, il centro per la medicina complementare a Milano, dove concretamente medici specialisti effettuano trattamenti, corsi e terapie. www.lifegate.it/salute

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Al telefono coi genitori Ogni mamma in attesa sa intuitivamente ciò che gli scienziati hanno solo recentemente dimostrato: che il bimbo è un individuo sensibile, riconosce la sua voce, ed è capace di creare un forte legame con i genitori. Fin dal quarto mese di gestazione il nascituro, con l’apparato uditivo ben formato, stabilisce uno schema percettivo del mondo esterno: se i messaggi inviati dai genitori sono amorevoli, si può stabilire un «dialogo». Suggeriamo allora le chiacchiere quotidiane, la lettura della favola preferita e delle filastrocche, non solo con la mamma ma anche col papà e gli eventuali fratellini. Attraverso questo speciale «telefono ombelicale» mamma e bimbo possono gustare insieme della buona musica, un metodo eccellente per comunicare sensazioni di gioia al nascituro. Simili metodologie permettono di esplorare l’esperienza emozionale interiore della gravidanza riportandola nella giusta luce, aiutando le future mamme ad affrontare l’attesa non come un qualcosa che deve essere sopportato, ma come un’opportunità di crescita personale. Comunicare i propri stati d’animo è fondamentale per il buon equilibrio della coppia e per trasmettere al bambino una benefica sensazione di protezione. La coppia è il primo esempio di relazione che si dà al piccolo. Il primo, e il più importante... una donna che si sente capita, sostenuta, accudita, protetta e amata, vivrà una gravidanza più felice e serena e trasmetterà inconsciamente al bimbo queste sensazioni ed emozioni di gioia – sia psichicamente, con i suoi pensieri, che chimicamente, con gli ormoni che produrrà in questo stato di benessere. Il periodo prenatale è accompagnato da un «corredo sonoro»: le voci della madre e del padre sono importanti, le loro vibrazioni 10

stimolano e plasmano il sistema neuro-sensoriale del bambino in formazione. Da recenti studi è stato verificato che tali vibrazioni hanno proprietà sinaptogeniche: la voce paterna sollecita prevalentemente le connessioni neuronali del tronco e degli arti inferiori mentre quella della madre consente l’attivazione sensomotoria della parte superiore del torace e del capo. La voce femminile e quella maschile sono, quindi, richiami allo sbocciar della vita. «Se la donna porta nel suo grembo il figlio, il padre lo porta nel suo cuore e nella sua mente... La paternità non è un involucro vuoto e formale, ma lo diventa solo se privata del tessuto di relazioni umane su cui poggia e cresce» scrive Gino Soldera, docente di Psicosomatica all’Accademia Nazionale di Scienze Igienistiche e Naturali Galileo Galilei di Trento. Sì, perché anche il padre «fa» gravidanza, travaglio e parto: accarezza il pancione, parla al bambino, ma soprattutto deve donare sostegno e protezione. E anche nell’uomo, durante la gravidanza della sua donna, avviene un cambiamento ormonale: c’è una diminuzione di testosterone e un aumento di ossitocina. Il messaggio che questi ormoni gli mandano è: «ammorbidisciti». Questo può indurlo a sentimenti di solitudine che è bene comunicare alla propria compagna. In questi momenti è fondamentale che entrambi i genitori mettano in chiaro quali sono le aspettative, le paure, e soprattutto le emozioni di questo magico evento.

E se il nostro distacco dalla natura fosse il riflesso del distacco raggelante e violento del piccolo dalla madre? Gli Yequana, indios dell’Amazzonia venezuelana, ci insegnano come allevare i bambini felici tenendoli in braccio e a stretto contatto con genitori, parenti e amici nei primi anni di vita. Il messaggio che permea ogni comunicazione con loro può diventa11

re: “Benvenuto tra noi, riconosciamo il tuo valore”. Praticare il continuum vuol dire permettere al bambino di riconnettersi – anche noi, noi tutti – alla madre… e a madre natura. Jean Liedloff, Il concetto del continuum, Edizioni La Meridiana, 2005

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Un passo coerente verso una maggior naturalità è il ritorno al parto in casa: conferma, simbolica e pratica, di quanto questo evento sia normale, naturale, fluente col codice della vita. Madre e figlio si trovano fin dall’inizio nel proprio ambiente e, per il padre, niente orari di visita. Essenziale per un parto in casa è la garanzia di una buona assistenza per madre e figlio; una buona occasione per la madre della madre di prepararsi al nuovo ruolo di nonna, mentre è importantissima la scelta dell’ostetrica. Ecco le domande da porsi per pianificare un parto in casa: si prevede un parto normale? La donna è sicura della sua decisione, cioè ha scelto lei o s’è fatta convincere da qualcuno? C’è un’ostetrica disponibile prima e dopo il momento del parto, sicuramente? E l’ostetrica si è già occupata con successo di molti parti? È esperta nella rianimazione di neonati (per ogni evenienza dovrebbe essere comunque in grado di mettere in pratica le misure di rianimazione)? È disponibile un pediatra che faccia visite a domicilio? C’è una clinica raggiungibile in venti minuti? Se invece controindicazioni di salute o il difficile reperimento di un’ostetrica libera professionista, gli spazi in casa ridotti o… le pareti sottili consigliano di recarsi in clinica, si può optare per un parto in acqua. L’ambiente sonoro attutito, morbido, acqueo del grembo materno trova la sua foce più naturale nell’elemento d’origine della vita stessa. Come luogo in cui venire alla luce garantirebbe al bambino un «tuffo» ideale nella vita, 12

anche secondo studi pionieristici: senza la forza di gravità, senza la prima arida boccata d’ossigeno al primo respiro, si eviterebbero lesioni a delicatissime zone del cervello. Certo è più naturale per il bambino, che passa dal liquido amniotico all’acqua della vasca, e meno traumatico per la mamma, che rilassa la muscolatura facilmente rendendo meno dolorose le contrazioni, fa meno fatica per la minor forza di gravità, e ha un parto più breve grazie all’azione di massaggio dell’acqua stessa. Il parto in acqua va eseguito in strutture adeguate con personale professionalmente preparato, come avviene nei circa 35 ospedali attrezzati in Italia. La vasca è di vetroresina, con dimensioni che permettano alla partoriente di muoversi e all’ostetrica di eseguire tutti i controlli. La temperatura dell’acqua è costante, sui 37°C, con un ricambio continuo. Ricorrere al parto in acqua può rivelarsi un’ottima scelta, in particolare per quelle donne che si sentono già orientate verso una scelta olistica, alla quale non rinunciare in uno dei momenti più memorabili della propria vita. Online – a cura dell’associazione Mammole che ha ricevuto il Mercurio d’Oro nell’ambito del premio “Civiltà Del Lavoro 1997” della regione Lombardia – si trovano gli indirizzi aggiornati di tutte le strutture ospedaliere italiane attrezzate, informazioni, consigli, indicazioni. www.partoinacqua.it

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0-1 anno La natura ha dato alla madre le mammelle, fonti che sgorgano, preparando in anticipo il nutrimento per i piccoli che devono nascere. La natura ha dato alla terra, la più antica e la più fertile delle madri, a mo’ di mammelle i corsi di fiumi e ruscelli per bagnare le piante e fornire a tutti gli animali un’abbondante abbeverata. Così la donna è fatta a imitazione della terra, che i poeti chiamano «madre universale, portatrice di frutti, dispensatrice di tutti i beni». Philo Alexandrinus De opificio mundi

Farsi furbi, col latte di mamma Le mamme e i neonati si sono sempre affidati alla natura e all’istinto. Per migliaia di anni è andata così. Questa sapienza innata continua a manifestarsi nell’istinto materno di ogni donna e nei richiami del suo bambino. A volte, però, il frastuono e la medicalizzazione delle nascite moderne ne confondono la voce. Il latte materno è costituito essenzialmente da acqua, proteine, grassi, lattosio (un tipo di zucchero), vitamine, sali e ormoni, componenti che hanno caratteristiche e proporzioni molto diverse da quelle del latte degli altri mammiferi. Il latte artificiale viene prodotto partendo da latte vaccino addizionato con sostanze aggiuntive. Lasciamo, se ci si può riuscire, da parte l’esplosione dell’incidenza di allergie e intolleranze al lattosio, le ricorrenti sanzioni dell’Antitrust ai produttori di latte artificiale per i «cartelli» dei prezzi e le odiose politiche di diffusione del latte artificiale nei paesi del terzo mondo – dove l’acqua o non c’è o è contaminata – che causano stragi. Comunque, nessun latte artificiale è in grado di riprodurre le caratteristiche peculiari del latte materno umano. Le proteine del latte materno proteggono il bambino dalle infezioni distruggendo i batteri dannosi che potrebbero trovarsi nell’apparato respiratorio o in quello digerente, e sono anche più digeribili di quelle del latte vaccino. Il ferro contenuto nel latte materno è in una forma più assimilabile di quello degli altri tipi di latte. Il suo assorbimento è pari al 50%, contro il 4% di quello contenuto nel latte formulato (artificiale). Anche la proporzione fra proteine è diversa: ad esempio la caseina, proteina poco digeribile e fonte di allergie, costituisce il 30% delle proteine del latte materno contro l’80% di quelle del latte vaccino. 16

I princìpi nutritivi che il latte materno contiene sono su misura per i bisogni del bambino. Ad esempio, la percentuale di grassi è più elevata alla mattina che alla sera, per favorire la digestione, e si concentra maggiormente alla fine della poppata, per lasciare al bambino un piacevole senso di sazietà. Il latte materno contiene anche una sostanza calmante che dona un senso di benessere al bambino e gli facilita il sonno dopo la poppata. Inoltre il latte si forma e si accumula nel seno della madre puntualmente, alla temperatura giusta e nella densità più adatta a soddisfare fame, sete o bisogno di coccole. Il neonato allattato al seno riceve dalla madre sostanze (come la taurina) che stimolano lo sviluppo cerebrale, e un corredo di anticorpi che gli dà un periodo naturale di immunità verso molte malattie virali. Il passaggio di anticorpi da madre a figlio inizia con la prima poppata dopo la nascita, quando dal seno non esce ancora vero e proprio latte, ma una sostanza preziosa che si chiama colostro. L’insieme armonico delle sostanze che compongono il latte materno è reso ancora più efficace dall’abbraccio tra la madre e il bambino nel momento dell’allattamento. Il contatto stretto fra madre e figlio crea quegli stimoli psicologici che fanno dell’allattamento al seno la naturale risposta ai bisogni psicofisici del neonato. Per tutti questi motivi l’Organizzazione Mondiale per la Sanità consiglia a tutte le mamme di allattare i propri bambini per almeno sei mesi. Se il bambino viene allattato al seno, si tenga conto che ciò comporta per la mamma la naturale perdita di circa 600 calorie al giorno, il che in caso di leggero sovrappeso può già essere sufficiente per far riacquistare in 6-7 mesi la forma ideale! Sempre il latte materno, differente ogni giorno nel gusto per la va17

rietà dei cibi mangiati dalla madre, assicura quel ventaglio di sapori utile a facilitare lo svezzamento e indispensabile per impostare le basi di una variata e sana alimentazione. Uno studio dei ricercatori del Monell Chemical Senses Center di Philadelphia ha dimostrato che le antipatie e le simpatie per i cibi si sviluppano nei primi mesi di vita, quindi già prima dello svezzamento dei bambini con cibo solido. Pubblicata su “Pediatrics”, la ricerca ha previsto la somministrazione ai bambini di due diversi alimenti per l’infanzia, simili nel contenuto di nutrienti ma differenti nel gusto: uno, più saporito, a base di latte, l’altro a base di una proteina idrolisata, predigerita e quindi più facilmente assimilabile, ma meno dolce. Dopo sette mesi, l’alimentazione è stata invertita: i bambini hanno tutti fortemente rifiutato il nuovo alimento, diverso nel gusto. «I risultati di questo esperimento – ha detto Julie Mennella, autrice della ricerca – rivelano che le abitudini alimentari dei bambini si formano molto prima dell’assunzione di cibo solido». La ricerca condotta dal Great Ormond Street Hospital for Children di Londra e pubblicata su “Lancet” evidenzia che già dalla primissima infanzia è possibile, attraverso l’allattamento al seno, proteggere i neonati dal rischio di sviluppare aterosclerosi e malattie cardiovascolari da adulti. Lo studio ha monitorato due gruppi di adolescenti: gli uni erano stati allattati al seno, gli altri no. Sul totale di 216 adolescenti è emerso che il gruppo non allattato al seno presentava più alti livelli di sostanze (lipoproteina e proteina C-reattiva) associate all’aterosclerosi. Il campione allattato al seno, invece, presentava anche livelli di colesterolo cattivo (Ldl) del 14% più bassi rispetto a quello buono (Hdl). Altri studi? L’allattamento al seno rende più intelligenti i bebè nati sottopeso. La rivista “Acta Paediatrica” ha pubblicato uno studio dello statunitense National Institute of Child Health and Hu18

man Development in collaborazione con la Norwegian University of Science and Technology, secondo cui i bambini nati sottopeso (al termine di una regolare gravidanza di 9 mesi) e allattati esclusivamente al seno per almeno 6 mesi, crescerebbero più intelligenti di quelli nati nelle stesse condizioni, ma nutriti con latte formulato. Secondo quanto evidenziato dallo studio, i risultati del test sul Quoziente Intellettivo (QI) dei primi, sarebbero infatti superiori di ben 11 punti. I bambini allattati al seno hanno circa il 50% di probabilità in meno di diventare miopi. Ad affermarlo è uno studio dell’Università Nazionale di Singapore condotto su 797 bambini tra i 10 e i 12 anni. A proteggerli dallo sviluppo del disturbo visivo, sarebbe il DHA, ovvero l’acido docosaesanoico, contenuto nel latte materno. Il DHA, infatti, stimolerebbe lo sviluppo delle cellule fotorettrici nella retina, cellule che proteggono dalla miopia precoce. Le ultime ricerche dicono che protegge due volte. È noto infatti che le madri che allattano al seno hanno meno probabilità di sviluppare tumori. Ora, un nuovo studio ha rivelato che lo stesso tipo di protezione si ha anche per le bimbe: il latte di mamma riduce il rischio di sviluppare cancro al seno da grandi. La ricerca inglese, pubblicata nell’ottobre 2005 sul “Journal of the National Cancer Institute”, nasceva in realtà dalla necessità di sfatare una vecchia credenza degli anni ‘30, secondo cui l’allattamento naturale poteva trasmettere al piccolo gli «eventuali» virus oncogeni della madre. Altroché. Non era così. È esattamente il contrario: l’allattamento i tumori li previene. Due volte.

L’allattamento al seno troppe volte è dipinto come qualcosa di bello, ideale per il bambino, ma difficilmente praticabile, riservato cioè a poche mamme “votate al sacrificio”. Paola Negri qui sfata questo luogo comune e insegna a percor19

rere la strada dell’allattamento al seno, dribblando i pregiudizi che circondano questa pratica così naturale. Il libro risponde a queste domande: cosa ha portato alla drammatica diminuzione di bambini allattati al seno a tutto vantaggio del latte artificiale? Quali implicazioni ci sono sulla salute dei bambini? È proprio vero che allattare è una questione di fortuna, o sono altri i motivi che portano molte mamme a ritenere erroneamente di non avere latte a sufficienza o che il loro latte non sia adeguato? Partendo dall’assunto che l’organismo femminile produce latte ed è quasi impossibile che ciò non avvenga, l’autrice svela la bellezza e la semplicità dell’allattamento al seno, ma anche la sua delicatezza, la sua fragilità, ponendo l’accento su come sia facile interferire con questo meccanismo biologico, e addirittura ostacolarlo. Paola Negri, Tutte le mamme hanno il latte. Rischi e danni dell’alimentazione artificiale, Il Leone Verde, 2005

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Esiste un’associazione internazionale, la Leche League, che anche in Italia sta svolgendo una preziosa opera di informazione sul tema. Eccone i consigli basilari. «Durante la gravidanza, informati adeguatamente sull’allattamento materno ed accertati che la struttura scelta per partorire offra un adeguato sostegno alla mamma che decide di allattare al seno. Chiedi di allattare il tuo bambino in sala parto o, al massimo, entro la prima mezz’ora dal parto, poiché in questo intervallo di tempo il suo istinto di suzione è molto forte, così come il vostro bisogno di stare insieme. Dove possibile, chiedi da subito il rooming-in 24h su 24, in modo da evitare ogni separazione che non sia necessaria per motivi medici; in questo modo, potrai prendere in braccio ed allattare il tuo piccolo senza orari fissi né limiti di tempo. At20

taccandolo frequentemente al seno già dalle prime ore di vita, stimolerai la produzione di colostro e, successivamente, di latte. Concorda con il personale sanitario che non vengano dati al tuo bambino supplementi (biberon di glucosata, latte artificiale, tisane etc.) che non siano necessari per ragioni mediche; ogni supplemento o tettarella artificiale (ciucci, paracapezzoli, e così via) potrebbe infatti interferire con la capacità del tuo bambino di succhiare correttamente e di stimolare adeguatamente la tua produzione di latte. Chiedi di essere aiutata a posizionare bene il tuo bambino: informati sulle varie posizioni in cui potresti allattare; per esempio, anche se hai subito un cesareo, potrai farlo, da sdraiata, subito dopo l’operazione. Se attaccherai il bimbo correttamente, avrai più possibilità di evitare l’insorgenza di ragadi e stimolerai la produzione di colostro e di latte. Se la posizione è corretta, non dovresti sentire dolore. Con il sostegno e le informazioni necessarie, si può allattare anche dopo un parto cesareo, dopo un parto gemellare, dopo un parto pretermine e nella quasi totalità dei casi. Comunque sia andata dopo il parto, una volta tornati a casa potrai allattare il tuo bambino a richiesta in un ambiente confortevole. Se dovete restare separati per motivi medici, puoi stimolare la produzione di latte fino al suo ritorno con un tiralatte ed eventualmente portarglielo dove è ricoverato. Chiedi sostegno al personale dell’ospedale. A casa, creati una rete di sostegno per le faccende domestiche, così da poterti concentrare sulla cura e sull’allattamento del tuo bambino». www.lalecheleague.org/Italia.html

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Operazione ciucciotto sicuro Ciucci, tettarelle e biberon, ma anche piatti e stoviglie in genere destinati ai più piccini, possono contenere sostanze sospettate d’essere tossiche. Nuove norme europee (luglio 2005) stanno fissando nuovi criteri di solidità e atossicità dei prodotti per puericultura. La Commissione europea ha riconosciuto la pericolosità di alcuni materiali con i quali sono fabbricati giocattoli per neonati e bambini, tra i quali ftalati e polivinile clorurato (PVC). Ora i babyprodotti non dovranno più contenere queste sostanze; al bando, anche in minime quantità, piombo, cromo, mercurio, antimonio e cadmio. Vietate inoltre le nitrosammine, cancerogene, residui della lavorazione della gomma, e gli antiossidanti. Silicone e gomma non devono più contenere VOC-composti organici volatili. Greenpeace aveva testato una serie di giocattoli di plastica come bambole, paperelle per il bagno e giocattoli per la dentizione nel ‘97. Tra gli altri prodotti furono messi sotto accusa un biberon d’una grande catena mondiale di giocattoli nel quale è stato riscontrato il bisfenolo A sospettato di causare danni genetici nei mammiferi e perturbare il sistema ormonale. Due anni dopo il Parlamento europeo approvò un primo bando temporaneo agli ftalati, mentre in Italia un decreto ministeriale ne vietava l’impiego in alcuni articoli per bambini al di sotto dei 3 anni. Per la precisione, la Commissione adottava il 7 dicembre 1999 la decisione 1999/815/Ce, modificata poi da una serie successiva di decisioni, che impone agli Stati membri di vietare l’immissione sul mercato di giocattoli e articoli di puericultura, destinati a essere messi in bocca da bambini di età inferiore a tre anni, fabbricati in Pvc morbido contenenti una o più sostanze al di sopra di un certo limite quali ftalato di diisononile (DINP), ftalato 22

di bis(2-etilesile) (DEHP), ftalato di dibutile (DBP), ftalato di dipentile (DIDP), ftalato di diottile (DNOP), ftalato di butilbenzile (BBP). Dopo le prime denunce, quindi, 8 anni fa, interminabili manovre dell’industria chimica, voluminosi studi, bandi temporanei, ora i bambini europei saranno protetti da 6 tipi di ftalati, sostanze chimiche sospettate di causare danni ai reni, al fegato, al sistema riproduttivo. Tre ftalati (DEHP, DBP, BBP), identificati come dannosi per il sistema riproduttivo sono stati banditi da tutti i prodotti per bambini senza limite di età, mentre altri tre (DINP, DIDP and DNOP) sono stati proibiti solo per giocattoli e altri articoli per l’infanzia destinati a essere introdotti nella bocca. Nell’aprile 2004, in Italia, Greenpeace ha ripetuto le analisi dei giocattoli. In bambolotti per bambini e bambine hanno trovato ancora concentrazioni elevate in particolare di di-isononil ftalato (DINP), un altro ftalato indesiderato. Greenpeace ha presentato un rapporto sui veleni nascosti in giocattoli, maglie e detergenti per bambini. Sui campioni di giocattoli raccolti da Greenpeace, le concentrazioni di sostanze nocive (composti organostannici, nonilfenoli e ottifenoli etossilati) sono elevatissime: fino a 327 milligrammi per chilo il muschio sintetico e 580 milligrammi per chilo il nonilfenolo. Bambini e genitori devono guardarsi anche da altre «innocue» cose di plastica. Un test effettuato nel 2002 dall’associazione tedesca dei consumatori, “Oekotest”, ha rivelato che 29 paia di ciabattine di plastica su 30 contengono ftalati e tributilstagno, sostanze tossiche che si sciolgono al contatto con l’acqua e il sudore (soprattutto ad alte temperature) e che sono assorbite dalla pelle. Sono tutte sostanze usate industrialmente per ammorbidire gli oggetti di plastica. Come riconoscerle? A naso. In etichetta, non si trovano. I Voc «odorano» di plastica e gomma. Avendo per le mani un 23

oggetto di plastica morbido, non deve «odorare» di «nuovo». Un metodo molto approssimativo. Ma è l’unico. Alcuni, sull’etichettatura, dovrebbero riportare «senza PVC» o senza «ftalati». Sostanze rilasciate col tempo e l’uso che vanno a finire nell’ambiente e negli alimenti e perfino nel latte materno. Si trovano nel sangue dei neonati. Un progetto finanziato nel 2000 dall’Europa ha messo a punto una soluzione con le medesime caratteristiche tecnologiche e meccaniche, biocompatibile e non tossica. Il costo è più alto, ma questo non può essere una giustificazione a che si continui a usare sostanze nocive. Lo studio voluto dalla Commissione europea nel 2000 ha dimostrato che i sostituti ci sono, sono additivi naturali che in Danimarca e Svezia sono stati adottati. «Esistono già in pratica, in commercio, esempi di sostituzione, diversi produttori l’hanno già fatto – conclude Vittoria Polidori della campagna Toxics di Greenpeace – è necessario però un obbligo normativo, che imponga la sostituzione soprattutto laddove esistano alternative oggi praticabili. Ci vuole la volontà dei politici e delle aziende». E chi la può smuovere? Le mamme.

special modo i bambini, fin dalla nascita. Online – in italiano – seguendo i link ‘Inquinamento’ e ‘Chimica europea’ si trovano tutti i rapporti: il rapporto «Additivi chimici nei prodotti di consumo»; «Esempi di sostituzione»; «Casa dei Veleni» (si «visita la casa»…); il Rapporto “Eau de Toxines”; il Rapporto “Sostanze chimiche fuori controllo”; la guida ai composti nei prodotti d’uso comune e la guida al sistema Reach. www.greenpeace.it/inquinamento/chimica.htm

Impiego di tecnologie e composti chimici non sicuri, ma anche licenziamenti in massa per trasferire la produzione dove è possibile sfruttare adulti e bambini e distruggere l’ambiente; comportamenti amorali messi in atto da corporations senza scrupoli. Come riconoscerle? Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al consumo critico, Emi 2004

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Greenpeace svolge da anni una vastissima campagna d’informazione e denuncia sul tema dell’aggressione chimica a cui siamo sottoposti tutti, e alla quale sono esposti in

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1-2 anni È chiaro che i bambini piccoli non sono esseri umani. Sono degli animali con una cultura antica e ramificata, come quella dei gatti, dei pesci e anche dei serpenti. Ronald Hughes Un forte vento in Giamaica, 1970

Pigiamino e a nanna Ma… anche nelle fibre di cotone? Anche nei tessuti, nei pigiamini? Il pericolo si annida anche lì, in mezzo ai soffici batuffoli di cotone, addosso agli stessi piccoli, proprio negli innocui pigiamini che Greenpeace ha fatto analizzare nel 2003 da un laboratorio indipendente olandese. Anche nei fili di tessuto possono esserci sostanze tossiche in grado di danneggiare gli organi riproduttivi, interferire con la crescita e lo sviluppo, danneggiare il sistema immunitario e ormonale. Ce li pucciano dentro, poi li fanno asciugare. Più o meno funziona così. Così diventano più colorati, più brillanti i colori, più resistenti o più facili da stirare. E anche un po’ più velenosi. Sotto la lente finirono sia pigiami per bambini, giocattoli e biberon che profumi, vernici, prodotti per la pulizia interna delle auto e deodoranti per interni, rinvenendo le stesse sostanze tossiche che sono trasmesse poi dalla madre al bambino o che il bimbo assorbe respirando o con il contatto. «Abbiamo trovato il nolifenolo, una sostanza che interferisce con il Dna umano e danneggia la produzione di sperma nei mammiferi, in 5 paia di pigiami per bambini di una major del divertimento Usa che abbiamo analizzato – spiegano i responsabili di Greenpeace, aggiungendo – tutti i vestiti per bambini testati contengono poi gli ftalati, banditi perché possono causare danni al fegato, reni e ai testicoli. I livelli più elevati di ftalati sono stati riscontrati in un pigiamino “Tigre”». Metalli pesanti, bagni di formaldeide, teflon e altri «appretti» chimici impregnano così anche i vestitini dei nostri bimbi. Per evitare tutto ciò, c’è un marchio da cercare in etichetta oltre alla taglia e al costo: l’Oeko-Tex Standard 100, una linea curva blu con una margherita ricamata e la scritta «Fiducia nel tessile – test 28

sostanze nocive». Indica che sul prodotto sono stati effettuati test per ricercare la presenza di sostanze nocive per la salute e per l’ambiente e i livelli riscontrati sono inferiori alle soglie previste dallo Standard 100, standard proprio dell’Associazione Oeko-Tex (Associazione Internazionale per la Ricerca e Prova nel campo dell’Ecologia Tessile). La verifica viene fatta attraverso analisi di laboratorio effettuate da un istituto appartenente all’associazione.

«Gli abiti di tutti i giorni. Dagli scaffali al guardaroba, per orientarsi tra mode, tessuti ed etichette» s’intitola una delle 10 piccole guide racchiuse in cofanetto che «Il Salvagente» ha pubblicato nel ‘98 per i propri abbonati. Meritano una menzione anche le altre: «i segreti delle etichette», «il benessere a tavola», «il piatto naturale», «la casa ecologica», «gli elettrodomestici», «l’energia senza sprechi», «il galateo ecologico», «lo spot svelato» e «il computer per amico». Consumare senza essere consumati, Il Salvagente, 1998

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I prodotti tessili contrassegnati dall’etichetta Oeko-Tex «Fiducia nel Tessile» offrono la garanzia di un prodotto finito privo di sostanze nocive. Se da una parte l’impiego di alcune sostanze è assolutamente vietato (sostanze cancerogene, sostanze chimiche che provocano allergie, molecole biocide e ignifughe), dall’altra per alcune sostanze contenute nel prodotto finito, come ad esempio metalli pesanti, pesticidi, formaldeide, fenoli clorurati e plastificanti, sono stati fissati dei limiti severi. L’etichetta viene conferita nell’ambito della fase di trasformazione dei tessili, dopo vari test, tra cui quelli di lavaggio e sfregamento, per garantire un rilascio minimo o nullo di sostanze nocive. www.oeko–tex.com 29

Omogeneizzati Geneticamente Modificati Hanno cominciato tra il 1999 e il 2000 i Nuclei Anti Sofisticazioni e Sanità dell’Arma dei Carabinieri a sequestrare in farmacie e supermercati di tutta Italia una gran quantità di pappe per bebè e merendine, in particolare con latte e soia, contenenti organismi geneticamente modificati. Alcune multinazionali agroalimentari annunciarono: «Basta Ogm». Ma le sorprese non finiscono mai ed ecco che gli Ogm rispuntano qua e là, in patatine e snack a base di mais, nel cioccolato bianco… I dati non rassicurano, per esempio sembra che il 60% della soia in circolazione sia ormai transgenica. Purtroppo, anche alcuni alimenti per bambini potrebbero contenere organismi geneticamente modificati: un’indagine condotta a Torino tre anni fa aveva rivelato la presenza di organismi geneticamente modificati nel 20,6% dei 300 campioni analizzati. Sette prodotti su quarantasette sono risultati positivi ai test, condotti dal laboratorio chimico della Camera di commercio di Torino, analizzando campioni di prodotti di largo consumo venduti in negozi e supermercati di Torino e provincia. Allarmante il risultato per i prodotti a base di soia. A rischio le pappe per neonati: gli Ogm sono stati trovati in 2 campioni su 15. Per il primo campione, i biscotti, la percentuale era dello 0,04%, più preoccupante invece il 4% trovato in una confezione di biscotti di soia. Anche gli «Ogm-free», prodotti quindi che riportano una garanzia scritta di «purezza», hanno evidenziato, in 2 casi su 12, la presenza di Ogm. La sicurezza per le pappe dei bambini è stata raffforzata dall’allora ministro Alfonso Pecoraro Scanio con il DPR 7 aprile 1999, n. 128, in forza del quale non devono esserci residui di antiparassitari superiori a 0,01 mg/Kg e non possono esserci prodotti geneticamente modificati. Ripetiamo, non devono contenere prodotti gene30

ticamente modificati. Ancora meglio, scegliere sempre prodotti «da agricoltura biologica», sottoposti a controlli incrociati e totalmente esenti (non essendo trattati sul campo) da residui di pesticidi.

Qui, è indispensabile munirsi di un buon manuale per informarsi su ‘cosa sono gli Ogm’ e sui loro effetti sulla salute (e sull’ambiente). L’Independent Science Panel coordinato da Mae Wan Ho ha pubblicato nel 2003 un ampio studio che documenta tutti i rischi. Le colture Ogm non hanno portato i benefici promessi. Pongono problemi all’agricoltura. Sollevano gravi preoccupazioni sulla sicurezza del cibo. Geni pericolosi sono incorporati in piante transgeniche alimentari. I diserbanti fatti apposta per gli Ogm sono altamente tossici. Il Dna transgenico nei cibi viene assorbito dall’intestino… Come evitarli? Attenzione alle etichette dei prodotti alimentari: gli ingredienti transgenici (oltre lo 0,9%) devono esservi segnalati. Diffidare della soia non certificata biologica. Altri ingredienti comuni, probabilmente contaminati: mais (negli snack, o col derivato sciroppo di glucosio), “oli e grassi vegetali” indistinti (potrebbero contenere colza Ogm); e anche “idrolizzati di proteine vegetali” nei dadi e nei piatti pronti… Ogm. Le verità sconosciute di una strategia di conquista, a cura di Laura Silici, introduzione di Fabrizia Pratesi, Editori Riuniti, 2004

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Greenpeace e GeneWatch hanno lanciato il primo registro mondiale della contaminazione da Ogm. Il sito, con un pratico motore di ricerca, offre i dettagli di tutti i casi noti di contaminazione da Ogm di cibo, mangimi, semi e piante selvatiche nel mondo. 31

«Nessun governo o agenzia internazionale ha creato un registro pubblico degli incidenti o degli altri problemi associati alle colture Ogm. Non si può chiudere un occhio quando si ha a che fare con il biotech che implica un rilascio incontrollato di organismi viventi nell’ambiente» ha dichiarato Federica Ferrario, della campagna Ogm di Greenpeace. Dalla loro introduzione nel 1996, gli Ogm hanno causato 62 incidenti legati alla contaminazione da Ogm illegali o senza etichettatura, in 27 Paesi, in 5 continenti. E sono solo gli incidenti di cui si è venuti a conoscenza. Scorrendo il registro si scopre che il maggior numero di casi di contaminazione da Ogm si è registrato negli Stati Uniti (11 grandi incidenti). La contaminazione da mais ‘Starlink’ si è verificata in sette Paesi: Stati Uniti, Canada, Egitto; Bolivia, Nicaragua, Giappone e Corea del Sud. Il rilascio illegale di Ogm nell’ambiente o nella catena alimentare è avvenuto in India (cotone), Brasile (cotone e soia), Cina (riso), Croazia (mais), Germania (papaia) e Tailandia (cotone e papaia). www.gmcontaminationregister.org

2-3 anni Che cosa posso sapere io di più alto? Se solo fossi più amabile, come sono i bambini! Se solo potessi cantare, come gli usignoli, il canto spensierato della mia gioia! Friedrich Holderlin

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Futuro assicurato o avvelenato? «Questi bambini… nascono inquinati» ha dichiarato la deputata newyorkese Louise Slaughter alla lettura del rapporto dall’Environmental Working Group e Croce Rossa Americana nel 2005. Metalli tossici, benzina e derivati del petrolio, pesticidi: li hanno trovati non nei serbatoi di una raffineria, bensì analizzando il cordone ombelicale delle mamme americane. Sono stati trovati nei campioni di tessuto e sangue analizzati una media di 287 contaminanti chimici! «Se mai avessimo avuto bisogno di sapere come funzionano nel nostro paese le leggi a difesa dell’ambiente, basta leggere questa lista di sostanze chimiche industriali trovate nei tessuti di bambini che non erano ancora nemmeno entrati a contatto col mondo esterno. Delle 287 sostanze, 180 sono cancerogene, 217 sono comunque tossiche per i tessuti nervosi, 208 possono causare nascite deformi» si legge nel rapporto. Il metilmercurio scaricato da processi industriali ce lo rimangiamo dal pesce (raccomandazione della Food and Drug Administration americana per le donne in gravidanza e allattamento: non più di una scatola di tonno a settimana, proprio a causa dell’alto contenuto di mercurio). Assorbiamo composti del teflon. Idrocarburi policiclici aromatici (PAH) prodotti dai processi di combustione. Dibenzodiossine polibrominate, furani, pesticidi tra cui DDT e chlordane. L’anno prima, quando la stessa ricerca era stata condotta anche sul latte, ci trovarono PBDE (ritardanti di fiamma). Uno studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato dalla rivista “Psychiatric Times” ha accertato che un milione di bambini americani hanno nel sangue livelli superiori a 10 microgrammi/dl di sostanze tossiche dannose per il sistema nervoso, mentre il 90% dei bambini ne mostrava tracce nelle urine. Ben un milione di 34

donne in età fertile, infine, mangia dosi di pesce contaminato da mercurio sufficienti a mettere a rischio i nascituri. Bambini, pesticidi, leucemia. Una relazione analizzata dalla rivista “Environmental Health Perspectives” pubblica i risultati di una ricerca condotta dalle Università di Standford e Berkeley con il sostegno del Wwf. Lo studio, durato 4 anni e condotto su 324 bambini tra 0 e 14 anni (metà dei quali affetti da leucemia) dimostra inequivocabilmente la relazione tra leucemia e sostanze chimiche di sintesi. I feti e i bambini nei primissimi anni di età sono risultati essere i soggetti più a rischio: pericolosi e causa di leucemia si sono rivelati sia l’utilizzo casalingo di insetticidi nell’anno precedente e nei tre anni successivi la nascita del bambino, sia l’esposizione ai pesticidi nel secondo anno di vita o nel grembo materno. I pesticidi chimici che rimangono come residuo sugli alimenti sono pericolosi per gli adulti, ma ancor più per i bambini. I ritmi metabolici dei bambini sono diversi da quelli degli adulti, la loro capacità di metabolizzare ed eliminare le tossine è minore; la loro sensibilità agli agenti allergogeni e cancerogeni è maggiore. Molti studi hanno dimostrato che i pesticidi, se assunti nel periodo neonatale e nella prima infanzia, possono alterare, anche in modo irreversibile, la funzionalità e lo sviluppo dei sistemi nervoso, immunitario, endocrino e dell’apparato riproduttivo. Anche le mamme che allattano dovrebbero evitare di consumare cibi con residui di pesticidi, perché queste sostanze passano nel latte materno. La sovraesposizione del bambino ai pesticidi, inoltre, aumenta il rischio di sviluppare patologie allergiche (anche in età adulta), perché il continuo contatto con sostanze estranee sensibilizza il sistema immunitario predisponendolo a reagire in modo abnorme anche nei confronti di sostanze innocue, come succede nelle allergie. 35

Non è l’«ambiente che ci circonda» a essere inquinato; è l’ambiente di cui noi siamo parte, in cui siamo immersi, fin dai primi istanti di vita. Dobbiamo fare di tutto per salvarlo: per salvarci. E per insegnarlo ai piccoli.

Dopo anni di silenzio, torna l’autore de Il tao della fisica, Il punto di svolta, La rete della vita, libri colossali per ampiezza, profondità, importanza. E torna con un libro… piccolo, piccolo come un “Millelire”, piccolo come i suoi protagonisti: i bambini. Ma quanto grande, nel suo significato! Gli scienziati parlano, in complicato linguaggio specialistico, di «reti autopoietiche», di «strutture dissipative», di «cicli catalitici». Fritjof Capra coltiva le piante. Con i bambini. E glieli spiega, anzi, glieli mostra, questi fenomeni, che sono essenzialmente la rete della vita, il flusso di energia e i cicli della natura. Un vero e proprio ‘abc’ dell’ecologia del terzo millennio è racchiuso qui. Il mondo rivive tutto in un orto a scuola! Coltivare i frutti della Terra ricongiunge i bambini non solo alle basi del cibo, ma alle basi stesse della vita. Coltivare, cucinare, sono esempi di lavoro ciclico – un lavoro che dev’essere rifatto di continuo. Si prepara un pasto che viene mangiato subito, si lavano piatti che ben presto saranno nuovamente sporchi. Si semina, si coltiva l’orto, si raccoglie e poi si pianta ancora. “Dato che sono gli stessi bambini a progettare e coltivare l’orto (naturalmente, con l’aiuto degli insegnanti), sviluppano un grande senso di proprietà verso l’orto e ne hanno grande cura. Dovresti vedere l’entusiasmo con cui i bambini mangiano la verdura che hanno coltivato, quando magari fino a quel momento non gli è mai piaciuto mangiarla!”. Si svolgono nella pratica i cicli alimentari, uno dei primi e più 36

importanti concetti ecologici. S’impara il ruolo delle piante verdi nel flusso di energia di sistemi più ampi: il ciclo dell’acqua, il ciclo delle stagioni e così via – i quali sono tutti dei collegamenti alla rete planetaria della vita. Si diventa consapevoli di come noi stessi facciamo parte della rete della vita! Nell’orto di scuola s’impara che la terra fertile è un terreno vivo che contiene miliardi di organismi viventi per ogni centimetro cubo, ed è il luogo ideale per insegnare ai nostri bambini i meriti della coltivazione biologica. I bambini assistono al ciclo vitale di un organismo – il ciclo di nascita, crescita, maturazione, declino, morte, e la nuova crescita della generazione successiva. Imparano, nell’orto, il mondo reale. Così, la scuola diventa una vera e propria comunità di apprendimento. E per i bambini diventa qualcosa di magico. Come ha detto uno degli insegnanti, “una delle cose più entusiasmanti dell’orto è che creiamo un luogo magico per l’infanzia dei bambini, che altrimenti non avrebbero un posto del genere e che non sarebbero in contatto con la Terra e con tutte le cose che vi crescono. Si può insegnare tutto quel che si vuole, ma esserci per davvero, coltivando e cucinando e mangiando, è un’ecologia che tocca il loro cuore, e che la rende importante”. Fritjof Capra, Ecoalfabeto. L’orto dei bambini, ‘Euro’ Stampa Alternativa, 2005

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Una volta controllava “solo” che i prodotti da agricoltura biologica fossero davvero da agricoltura bio. Oggi, il maggiore ente certificatore italiano s’è aggregato con diverse organizzazioni (Aiab, Associazione Nazionale Architettura Biologica, Demeter-Italia, Associazione Consumatori Utenti, Banca Etica, cioè soggetti di diversi settori accomu37

nati da una sola idea di sviluppo: socialmente equo ed ecologicamente responsabile) diventando l’Icea, e certificando, col suo marchio, tutto ciò che è «equo, eco e bio». www.icea.info

Il giocattolo, cibo per la mente Quale gioco è più adatto per il tuo bambino? È meglio scegliere un animale di pezza, un libro che si gonfia o un giochino con i campanelli? Beh, dipende dall’età del bimbo e dai suoi gusti… e dai nostri! Poche cose sono divertenti, per mamma e papà, più di scegliere il nuovo balocco! Colorati, maneggevoli e divertenti ma soprattutto sicuri e adatti alla sua età: i giocattoli sono gli inseparabili compagni del bambino che, quanto più gioca, tanto meglio comprende la realtà che lo circonda. È vero che per divertirsi a volte possono bastare delle semplici scatole di cartone, o dei fogli di carta e qualche matita. Tuttavia ai giocattoli spetta un ruolo di primo piano nella formazione dell’immaginario del bambino e della sua creatività. Molti infatti sono gli oggetti studiati per stimolare le attività manuali e fisiche, sviluppare il senso sociale così come il gusto estetico e, nel caso dei più grandi, per facilitare l’apprendimento delle materie scolastiche. Per scegliere i giocattoli più adatti al bimbo è fondamentale tenere conto, oltre che della fascia d’età a cui sono rivolti, anche della sicurezza. Sulla confezione del giocattolo devono essere riportati, oltre alla fascia d’età, il marchio CE (occhio che non sia il marchio cinese), 38

nome e indirizzo del fabbricante o dell’importatore e le istruzioni per l’uso (che devono essere in italiano). E, proprio come il cibo, non bisogna farne indigestione. L’eccesso di beni materiali gratifica i parenti (o i genitori…). Ma disorienta i più piccoli. Riempire i bambini di regali è diseducativo perché li induce a chiedere sempre di più e a valutare l’affetto dei genitori in base alla quantificazione materiale dei beni ricevuti. I regali superflui inducono nei piccoli sempre nuovi bisogni falsati ed avulsi dalla realtà, creando scompensi nel momento in cui dovessero venire a mancare. Meglio pochi regali, ma utili; e soprattutto la condivisione con i figli di emozioni vere, vissute, come una esperienza di scoperta in mezzo alla natura, sul comportamento degli animali o sui segreti delle piante.

Gli anni che precedono l’ingresso nella scuola sono per il bambino decisivi: il suo sguardo pian piano si allarga oltre le mura di casa, le sue esperienze si moltiplicano a dismisura, le sue competenze crescono. Tutti i suoi sensi, particolarmente recettivi, vanno stimolati: vista, udito, tatto, gusto, affinché le sue potenzialità ancora inespresse possano dispiegarsi appieno e liberamente. Compito dei genitori è allora di favorire il più possibile le occasioni quotidiane di ‘fare esperienza’: con giochi creativi, attività domestiche ‘su misura’, incontri con la natura, musiche, canti, balli, racconti, disegni… La pedagogia steineriana si fonda proprio sullo sviluppo della creatività. Questo libro offre ai genitori princìpi-guida, suggerimenti, esempi concreti da seguire nella vita familiare di ogni giorno. Tra le materie, «Raccontare ai bambini: fiabe, rime e storie», «Il teatrino: un’arte per tutti», «I girotondi», «Cantare con i bam39

bini», «Costruire giocattoli per i bambini», «La natura del bambino e la natura intorno a noi», «La saggezza nei disegni dei bambini», «Tutti i bambini hanno bisogno di giocare» e «L’“arte di coltivare la meraviglia”». Come sviluppare tutti i talenti dei bambini (aa.vv., cura di Arve Mathisen), Red, 2004

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Facciamo dipingere i bambini! Da questo gioco semplice e benefico, la pittura, l’emergere spontaneo del segno, è nato un metodo psicopedagogico di liberazione. Anche per i grandi! È il Closlieu (dal francese “luogo chiuso”, nel senso di protetto, raccolto) dove il bambino (o l’adulto) sperimenta la sua libertà, la rende fisica, presente. Dipingere diventa seguire il piacere della traccia, in un gioco che si rinnova continuamente. Entrando in un atelier, si scopre uno spazio dove la luce è vibrante di colori, l’atmosfera accogliente, il tavolo-tavolozza invitante... Fissato il foglio sul muro, il gioco comincia, e si intinge un pennello nel colore... liberamente. L’ideatore è Arno Stern, ebreo di origine tedesca emigrato in Francia ancora bambino. A 22 anni, nel 1946, entra in un istituto per orfani di guerra: incaricato di occuparsi dei bambini decide di farli dipingere. E capisce immediatamente il ruolo primordiale del gioco, per il quale inventa un allestimento originale. Oggi, da quasi 50 anni lavora nel suo atelier di Parigi. Gli atelier di pittura «metodo Arno Stern» son diffusi in diversi paesi e coinvolgono bambini, ragazzi e adulti, in gruppi formati da partecipanti di età, sesso, cultura, formazione, provenienza diversa. www.arnostern.com

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3-4 anni Prometto di piantare un albero per ogni anno che trascorrerai su questa terra e, come quell’albero, io ti incoraggerò a crescere più forte di anno in anno. Olivia Newton John su Babypromises.com

Pericolo yo-yo Nel marzo 2005 in un capannone a Milano, la polizia annonaria sequestra oltre 30 mila bambole, robot e orsacchiotti. La grande maggioranza dei giocattoli, provenienti dalla Cina, non aveva alcun marchio o riportava un marchio di sicurezza contraffatto. L’anno precedente l’allarme giocattoli pericolosi fu lanciato anche da Assogiocattoli, per il rischio che i genitori scegliessero giochi «dinamici» a basso costo (skateboard, roller, palloni e racchette) non conformi alla sicurezza. In questo caso, il prezzo troppo basso di un giocattolo è di per sé sinonimo di pericolo e di mancanza di garanzie minime di sicurezza. Sempre nel 2004 la Guardia di Finanza conduce un’operazione che porta al sequestro e alla distruzione di oltre 34 milioni di giocattoli pericolosi, per circa 100 milioni di euro di valore. L’origine del materiale è sempre la Cina e il luogo di smistamento Milano. I prodotti intercettati prima che finissero sul mercato sono elettrodomestici, giocattoli, tra cui una gran quantità di yo-yo ad acqua inquinata, capi di abbigliamento. La Francia li aveva banditi 6 mesi prima, avendone accertato la pericolosità e dopo che due bambini erano finiti all’ospedale. Continuano a riservare sorprese i giocattoli per bambini. Quegli apparentemente innocui yo-yo nascondono una serie di pericoli che ne hanno causato il ritiro dal mercato nel corso dell’estate del 2003. Il Ministero della Salute ha ordinato ai carabinieri del Nas di disporre il sequestro su tutto il territorio nazionale e di imporre il definitivo ritiro dal commercio e lo smaltimento di questi giocattoli. Dalle analisi chimiche è risultato che il liquido contenuto negli yo-yo è costituito «da una soluzione acquosa comparabile ad acqua contaminata», mentre le analisi mi42

crobiologiche hanno rilevato la presenza di svariati microrganismi che, potenzialmente, possono causare «un’ampia serie di infezioni nell’uomo». «La loro patogenicità è generalmente bassa – scrive l’Istituto Superiore di Sanità – ma possono essere causa di infezioni nosocomiali e sono stati segnalati come causa di meningiti, setticemie, polmoniti, endocarditi, congiuntiviti, osteomieliti e sinoviti». Sono stati trovati, inoltre, altri microrganismi appartenenti al genere dei coliformi e quindi indicatori di «contaminazione di origine fecale». Nel liquido erano presenti anche dei funghi ritenuti pericolosi per l’uomo. Sempre ad agosto 2003, la Guardia di Finanza sequestra sul territorio nazionale 50.000 palloncini privi del marchio CE e quindi sprovvisti di garanzie di innocuità e sicurezza. Diffidare da ogni giocattolo a costo basso. Resistere alle tentazioni dei giocattolini cinesi. Distrarsi con promesse di giochi interessanti e fai da te, costruiti in casa o per i quali occorre manipolazione e partecipazione.

Quali sono i più bei giocattoli? Li ha un bambino che discute di filosofia, di antropocentrismo e di umanità col suo compagno, “ferocissimo” (ma paziente) tigrotto. Ha una macchina del tempo che lo scaraventa aldilà d’ogni calendario, la possibilità di proiettarsi in dimensioni fantasmagoriche, e anche una macchina che lo clona in mille esemplari. La macchina del tempo… è uno scatolone. Anche quella clonatrice è una scatola. E l’amico fraterno è un tigrotto di pezza. O almeno… così diventano all’istante, quando un adulto entra nella vignetta. Dopo dieci anni, l’autore, stufo delle pressioni della casa editrice, l’ha chiusa volontariamente. Ci sono molte raccolte. Questa comprende l’ultima tavola dell’intera serie: «Caspita, se ha nevicato, stanotte! Non è splendido?». «È come 43

avere un grande foglio di carta bianca per disegnarci sopra!». «Una giornata piena di possibilità… È un mondo magico, Hobbes, vecchio amico». «Andiamo a esplorarlo». Bill Watterson, Calvin e Hobbes. È un magico mondo, Comix 2002

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È importante che genitori – e poi educatori, insegnanti e studiosi di scienze umane – si impegnino a mettere a disposizione di tutti i bambini giocattoli adatti alla loro età, e organizzino spazio e tempo per il gioco. Ma… come garantire che i giocattoli che arrivano sul mercato italiano siano conformi ai requisiti e alle modalità costruttive da adottare in tutti i Paesi europei? Si trova online una guida all’acquisto («Come scegliere un giocattolo sicuro e adatto all’età del bambino») e diversi documenti su «cosa controllare nei vari tipi di giocattoli» e le misure a tutela del mercato. A cura dell’ente privato Istituto Italiano Sicurezza dei Giocattoli, attivo dal 1978. www.giocattolisicuri.com

Piccoli grandi incidenti in casa Le mura domestiche sono in assoluto il luogo più pericoloso per i bambini minori di 12 anni e, a volte, le mamme si dimostrano un po’ impreparate a prestare soccorso ai propri bambini. L’ingestione di prodotti per l’igiene della casa è causa di ben 30.000 richieste di intervento per avvelenamento di bambini. Ogni anno sono 70.000 le telefonate che giungono da tutta Italia al Centro anti veleni dell’ospedale Niguarda di Milano. La prevenzione aiuta a ridurre in maniera significativa il rischio di 44

incidenti e di danni irreparabili ai piccoli. Il 30% dei bambini che cadono in bicicletta non riporta trauma cranico se utilizza il casco da ciclista; il 90% dei piccoli sistemati nell’apposito seggiolino in auto, non subiscono danni in caso di incidente. Prodotti per la casa e l’igiene, alcolici e oggetti tanto piccoli da poter occludere la trachea in caso di ingestione, devono essere tenuti sotto chiave o lontano dalla portata dei bambini. Mai, sottolineiamo mai, ri-riempire le bottiglie d’acqua di plastica vuote con altri prodotti o miscele! Mai. Sono centinaia, ogni anno, gli episodi da avvelenamento, gravi e non, causati da questo incauto, sciocco ed evitabile gesto. Da evitare anche il fumo in casa e in auto in presenza di minori. Fin qui, gli episodi «acuti» d’avvelenamento. E quelli «cronici», più lenti ma più sottili, a cui i bimbi sono ancor più esposti? Ebbene, secondo una ricerca del Cnr, è tra le mura di casa, ufficio e scuola che si rischia di più. «All’interno degli ambienti chiusi si nascondono molti inquinanti nocivi per la nostra salute – ha ribadito Carla Iacobelli, ricercatrice del Servizio prevenzione e protezione del Consiglio Nazionale delle Ricerche. – Il più delle volte l’aria dove molte persone passano circa il 90 per cento del loro tempo, contiene composti chimici, prodotti da diverse fonti, che possono essere cancerogeni e tossici». Il pericolo riguarda soprattutto i Voc (composti organici volatili), il più noto dei quali è la formaldeide, causa di una vasta gamma di effetti che vanno dal disagio sensoriale fino a gravi alterazioni dello stato di salute. Ma nocivi sono anche il fumo delle sigarette, le esalazioni provenienti dai detersivi e gli spray in genere. L’esposizione al fumo passivo in casa riguarda circa la metà dei bambini che nascono in Italia. «Non è necessario – ha concluso la ricercatrice – che ci siano concentrazioni elevate di sostanze nocive: è soprattutto l’esposizione costante e prolungata a rendere preoccupante la situazione». 45

Ecco alcune cose, all’apparenza innocue, che causano lento rilascio di Voc. Il mobiletto nuovo della cucina. Bella economica, questa credenzina con le antine di laminato, bianca, o beige con le venature del legno, eh?… Ci voleva, per stipare un po’ di roba. Certo, non è di legno massiccio, è di truciolare; rivestito di melammina. Ebbene, nel truciolare, nel trattamento dei trucioli del legno, nel collante per legarli e per il rivestimento di laminato c’è formaldeide. La formaldeide, HCHO, libera a temperatura ambiente vapori irritanti per le mucose e sensibilizzanti per l’epidermide. Li libera lentamente, nei mesi o addirittura negli anni. Si usa anche come legante per colle e plastiche e come antipiega nei tessuti (stoffe, tappeti, abiti, lenzuola). Nell’armadio. Le palline bianche dell’armadio… emanano vapori di naftalina e paradiclorobenzene, sostanze cancerogene che, in seguito a esposizione ripetuta e prolungata nel tempo, nuocciono alla salute. La naftalina causa emicranie, sindromi da affaticamento, nausea. Ma, in fin dei conti, non sono stati creati proprio per intossicare e uccidere? Negli armadi e cassettiere mettiamo invece sacchetti di lavanda o trucioli di cedro, dal profumo decisamente più gradevole. Per proteggere definitivamente gli indumenti in lana, riponiamoli in contenitori a chiusura ermetica. Le “saponette” per wc. Al contatto con l’acqua sprigionano profumi, schiume attive… con cloro e velenoso acido cloridrico, aldeidi e – proprio lo stesso vapore venefico della benzina! – benzene: si diffondono come profumi nel bagno e poi per tutta la casa, e si riversano nell’acqua, nelle fogne, nelle falde acquifere. Sterilizzare, igienizzare e profumare quello che è già uno dei posti più risciacquati e puliti di tutta la casa non dovrebbe essere un’ossessione. Sotto il lavandino… un arsenale chimico! Tra sgrassanti, detersivi e 46

anticalcare, facciamo il pieno di veleni. Basta guardare i bolli quadri arancioni: «tossico T», «nocivo Xn», «corrosivo C», «irritante Xi», «pericoloso per l’ambiente»… e li spruzziamo pure doviziosamente per tutta la casa! Anche risciacquando, poi, i residui rimangono. I tensioattivi uccidono la vita acquatica, sono difficilmente biodegradabili, la soda caustica usata per disincrostare il forno rischia di condire un po’ anche i nostri arrosti, dopo. E proprio più a rischio sono i bambini, che vanno a carponi, e poi lì, con le loro piccole dita, a esplorare quegli interstizi, quegli angolini dove i residui rischiano di restar annidati… Quindi? Sì ai materiali ecologici. Socchiudiamo le finestre, o… viva gli spifferi. Mettere piante verdi in casa. Massima attenzione all’uso (all’abuso?) di cosmetici e detergenti per bambini: un piccolo su tre, infatti, soffre di problemi alla pelle. Il 10% dei bambini soffre di dermatiti allergiche e un altro 10% di angiomi. Rispetto a 10 anni fa, nei paesi industrializzati, è stato riscontrato l’aumento del 30% delle patologie infantili della pelle. Le alternative naturali non mancano.

Detergenti chimici, tossici, irritanti, inquinanti... Male per l’ambiente, per noi, e soprattutto per i più piccoli: nessuno come loro passa il tempo a gattonare sul pavimento e a esplorare gli angolini, entrando così in contatto con i residui dei detersivi. E proprio loro sono i più esposti ai rischi della chimica! Ci sono fior di ricerche e studi sulla pericolosità degli agenti chimici sulla salute. Ebbene, come e più di ogni prodotto sintetico, erbe e oli naturali possono avere proprietà disinfettanti, antibatteriche, fungicide e detergenti. È necessario un manuale per utilizzarli al meglio. Gli ingredienti più ricorrenti sono olii essenziali (spesso d’agrumi: sgrassano), bicarbonato di sodio, sapone di Marsiglia, erbe, borace, ma anche cera, cremor 47

tartaro, glicerina, estratto di semi d’agrume. Un esempio: «polvere detergente alle spezie: 1 tazza bicarbonato, 3 cucchiaini di cannella macinata; 3 gocce olio essenziale di cedro». Sullo stesso stile il rigenerante alle erbe, il detergente universale, lo sgrassatore per il forno, l’ammorbidente per la lavatrice… e c’è anche l’alternativa alla candeggina: «ricetta base per il sapone da bucato (pag. 87): 1⁄4 di tazza borace; 1⁄4 tazza succo di limone… Per un maggior potere sbiancante, stendere al sole». Karyn Siegel-Maier, Casa pulita naturalmente, Il Punto d’Incontro, 2004

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L’aumento delle malattie respiratorie e i malanni dei bambini sono aggravati proprio dalla situazione dell’inquinamento: smog, inquinamento indoor (detersivi, fumo passivo, plastiche, vernici, collanti...) e fumo di sigarette… Non aspettiamo che qualcuno faccia pulizia per noi. Facciamo noi qualcosa. Optiamo sempre per la scelta ‘eco’. Risparmiamo energia, in casa: tutto ciò che non si brucia inutilmente contribuisce a far respirare un po’ il mondo, la nostra casa, e noi stessi. www.lifegate.it/ambiente

4-5 anni Linus e Charlie Brown davanti a un mucchietto di sassi. LINUS. Tu pensi che questo sia un comune mucchio di sassi, vero? No! Questi sassi servono per essere scagliati con rabbia! Quando sono fuori di me, tiro i sassi più forte che posso! (Tira i sassi con foga). Questo per la gente che odia i bambini! E questo per chi picchia i cani!… Charles M. Schulz “Peanuts”. L’aquilone e Charlie Brown, 1959

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La parola vien mangiando Uno studio inglese, condotto da psicologi dell’Università di Birmingham, ha rivelato che la gamma del beige, caratteristica di biscotti, pappine e omogeneizzati, fornisce ai bimbi l’imprinting primordiale, che non sarà mai più dimenticato. Crescendo, i ragazzi ricordano inconsciamente quel beige e lo ritrovano, per sventura della loro salute, nelle patatine fritte, negli hamburger dei fast food. È indispensabile educare i figli fin da piccolissimi ai colori e alla consistenza di frutta e verdura, rinunciando a espedienti più rapidi e scorciatoie, alle solite pappine e biscotti confezionati industrialmente. Ma non contano solo il «gusto» e i «colori». Contano anche i gesti. Partiamo dall’inizio. «Aurora integrale», così s’intitola un bell’articolo di Paola Magni per LifeGate, che pone proprio l’accento su quanto è importante il momento semplice e tiepido del riunirsi al mattino, con la luce di mamma e papà, dopo la notte buia: «Fare una buona colazione è importante. Nutre il corpo e bendispone la mente a vivere la giornata che sta iniziando. La colazione apporta le calorie necessarie all’organismo per “partire”. E raccoglie tutti attorno al tavolo, riavvicinando grandi e piccini, dopo la lunga notte... Studi scientifici dimostrano che chi salta la colazione ha maggiori difficoltà di concentrazione e attenzione durante le ore del mattino, quelle che il nostro orologio biologico ha deputato all’apprendimento. Come si fa la buona prima colazione? Scegliendo pane e cereali integrali, che cedono lentamente gli zuccheri all’organismo, miele, yogurt, torte fatte in casa dolcificate con zucchero di canna, frutta fresca o secca, oppure focacce salate alle erbe aromatiche, uova, formaggi freschi. Per riattivare il metabolismo, 50

niente di meglio che bere, appena alzati, un bicchiere d’acqua o un infuso d’erbe. Sfiziose spremute di frutta e centrifughe di frutta o verdura, latte vaccino o di riso, d’avena, di mandorle, idrateranno apportando nutrienti e mineralizzando l’organismo. È importante che tutti gli alimenti provengano dall’agricoltura biologica». (“LifeGate Magazine” 21 nov-dic ‘04). Stefano Cagno, psichiatra e saggista, pubblica un altro contributo illuminante. «L’alimentazione dei bambini rappresenta un importante momento per rafforzare la relazione con i genitori, e per consolidare il contatto emotivo e affettivo di entrambi. Nei primi anni il cibo diventa un elemento che favorisce il contatto fisico, e quindi emotivo, con la madre. Già prima della nascita il feto viene alimentato attraverso il cordone ombelicale e dopo la nascita, attraverso la suzione del capezzolo il bambino si nutre, ma anche si tranquillizza e rafforza la relazione con la madre stessa. Successivamente i genitori insegnano al figlio come stare a tavola, come usare le posate e come non sporcarsi con il cibo. E quando il bambino si rifiuta di mangiare alcuni alimenti, spetta ai genitori il compito di convincerlo, usando mille espedienti per stimolarlo a sperimentare. Se il bambino, ad esempio, non vuole mangiare la verdura, bisognerà convincerlo dell’importanza di questo tipo di alimento. Per fare ciò sarà inutile parlargli delle carenze di vitamine, ma bisognerà trovare nel suo mondo argomenti convincenti, utilizzando personaggi delle fiabe e dei cartoni animati (ad esempio Braccio di Ferro) o comunque che fanno parte dell’immaginario infantile. La scelta stessa del tipo di alimentazione contribuisce a favorire la comunicazione, basti pensare ai genitori vegetariani che devono spiegare ai figli come mai non mangiano alla stessa maniera dei loro piccoli amici. 51

Tutto ciò diventa utile per i genitori stessi che vengono stimolati a immergersi nel mondo dei propri figli, aiutandoli a comprendere meglio le loro emozioni. Il cibo quindi diventa un collegamento bidirezionale che rinforza il contatto emotivo e affettivo di entrambi. L’utilità di questa funzione risulta particolarmente importante in questo momento storico, dove la cena serale, spesso, diventa l’unico momento in cui la famiglia si riunisce e il bambino ha finalmente la possibilità di stare con i genitori e i fratelli». (www.lifegate.it, 22/10/2001)

È il primo libro ad affrontare le meccaniche mentali in relazione al cibo e all’alimentazione. Si tratta della guida più completa sui meccanismi mentali in relazione all’alimentazione dal concepimento alla vecchiaia. Un libro unico nel suo genere che affronta il tema in modo originale, e con un approccio diverso dai modelli psicologici e psicoanalitici classici. Michele Riefoli, Il rapporto mente-cibo, Armando Editore, 2006

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Abbiamo scelto questi brani dalla sezione ‘Alimentazione’ del portale www.lifegate.it. Vi si trovano moltissimi spunti originali, cosicché ripensare al proprio stile alimentare viene… naturale. Insegna quanto sia facile mangiare bene e sentirsi in forma. Suggerisce come gustare il cibo conservandone intatti i principi nutritivi. Esalta la gioia culturale dello stare a tavola. Offre spunti di riflessione e consigli pratici, accorgimenti immediati. Non sponsorizza diete, ma consiglia come ottenere, dai vari cibi, benefici per la salute e la bellezza. Promuove un rapporto più autentico con l’alimentazione. Per esempio, l’‘Abc della nutrizione’ fornisce approfondimenti e spunti su nozioni basilari, completate però dai primi suggerimenti per ogni elemento nutritivo. In ‘Fare la spesa’ si riassumono, in pochi tratti, le più importan-

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ti nozioni per un consumatore critico, da sfoderare al momento di… andare al supermarket. ‘Oggi mi curo con’ illustra le proprietà terapeutiche di diversi alimenti, prescrive i gesti da seguire per preservarle ed esaltarne l’efficacia. ‘Meglio di stagione’ indica le migliori qualità di tutti i cibi, mese per mese. ‘Diete per…’ non propone calendari settimanali da seguire come bigini, bensì, in modo assai più morbido e suadente, piatti e alimenti da preferire per guadagnare, nei molteplici aspetti della propria salute, in energia e benessere. Moltissime ricette completano poi tutti gli spunti testuali. www.lifegate.it/alimentazione

Voglio un cane! Affiancare uno o due piccoli amici a quattro zampe al nostro cucciolo è una buona idea. Per lui e per noi. Diamo una scorsa ad alcuni aspetti psicologici e sanitari. «Contro le allergie dei più piccoli? Un cagnone!», «Gli animali domestici proteggono i bimbi dall’asma», ecco i primi titoli della nostra rassegna. I bambini che trascorrono il primo anno di vita insieme con un cane hanno un minore rischio di sviluppare allergie, secondo diverse ricerche. Cani e gatti proteggono i loro piccoli padroni dal rischio di ammalarsi di asma allergica. Se ne sono accorti per primi i ricercatori svedesi che hanno analizzato la storia e le condizioni di oltre 2500 bambini. L’esito della ricerca, pubblicato sulla rivista “Clinical Experimental Allergy” rivela che solo il 3% di chi è stato a contatto con cani e gatti nei primi cinque anni di vita soffre di asma entro i 13 anni, contro oltre l’8% di chi ha vissuto solo con mamma e 53

papà. Anche la rinite allergica affligge in misura molto inferiore gli amanti degli animali. Anche gli scienziati americani promuovono a pieni voti la convivenza animale-bambino nei primi anni di vita. I piccoli che hanno la fortuna di crescere con animali come compagni di giochi (con i dovuti accorgimenti s’intende: l’animale non è un giocattolo e può reagire alle insistenze del bimbo) sono meno soggetti ad allergie di varia natura. Uno studio del Medical College of Georgia pubblicato sul «Journal of the American Medical Association» conferma che «il contatto con i batteri presenti negli animali domestici rende più resistente alle allergie il sistema immunitario dei bambini». La presenza degli animali negli anni della prima infanzia aiuta i bambini a rafforzare le difese contro acari, polveri e alcuni tipi di piante. Sono stati notati miglioramenti perfino nei casi di allergie ereditarie e delle reazioni asmatiche di tipo allergico dovute al fumo dei genitori. «Le endotossine di origine animale agiscono sul sistema immunitario dei bambini, mettendolo ‘a registro’ e riducendo il rischio di allergie», afferma Tennis Ownby, uno degli autori della ricerca. Il 45% dei piccoli che vivono con animali ha sviluppato una forte resistenza alle allergie. Negli appartamenti con più di un animale, la percentuale di bambini allergici è inferiore al 5,1%. «Il risultato ottenuto è il contrario di ciò che pensavamo all’inizio della ricerca – ammette Ownby – dobbiamo affermare che le misure precauzionali adottate negli ultimi anni per difendere i bambini dalle infezioni e dal contatto con gli animali, si sono rivelate errate». James E. Gern della University of Wisconsin-Madison conferma che nei bimbi amici dei cani si registrano meno segni indicanti il rischio di sviluppare asma e allergie. Una «cagnolino-terapia» che rinforza il sistema immunitario! La ricerca, pubblicata nel «Jour54

nal of Allergy and Clinical Immunology», è stata condotta con esami compiuti su 285 bambini, nel loro primo anno di vita. In ogni famiglia o la madre o il padre hanno una storia di allergie o di asma. I bambini che hanno convissuto con cani hanno tendenzialmente meno eczemi, sintomo che spesso precede sintomatologie asmatico-allergiche. C’è di più. In chi vive vicino a un cane si nota una minore produzione di una proteina implicata nelle malattie immunitarie, e tende a mostrare più alti livelli di sostanze protettive contro le reazioni allergiche! Gern ha anche notato che i cani riducono i rischi d’allergie... più dei gatti! «Forse perché in genere tendono a essere un po’ meno puliti. O, secondo un altro punto di vista, perché, rispetto ai gatti, ci sono più probabilità che ti lecchino la faccia!» ha concluso... In queste ricerche c’è una promettente prospettiva medico-scientifica: si potrebbe un giorno essere in grado di «mimare» questa situazione protettiva, comprendendo, con le parole dei ricercatori, «quali fattori – come gli animali domestici – in un habitat contribuiscono a un sano sviluppo del sistema immunitario», indicando la via per nuovi tipi di trattamenti preventivi delle malattie allergiche. Ma c’è anche una prospettiva più pratica, domestica. Si tratta di un forte motivo in più, oltre l’amore, l’allegria, l’affetto reciproco, l’importante interazione e la comunicazione non verbale con un altro essere vivente, per avvicinare il nostro bambino a un cane, o un gatto, a un animale. Maturità. Crescita. Senso di responsabilità. Ecco cosa ne può scaturire. Danilo Mainardi scrisse sul «Corriere della Sera» (30/3/97): «…Quello che si deve insegnare al bambino, soprattutto con l’esempio, è proprio l’attenzione, il rispetto per ogni forma di vita, la comprensione e l’apprezzamento per ogni diversità. Un cucciolo che cresce all’interno di una famiglia umana può davvero insegna55

re tutto questo. Se poi sarà il bimbo a curarsi del benessere del cucciolo, ecco allora che questa proiezione e attenzione verso i bisogni altrui smusserà addirittura il suo naturale, infantile egoismo. Un cucciolo davvero può insegnare cose importanti ai nostri figli. Quelle che sono le grandi virtù. Non sottovalutiamolo».

Un rapporto, quello tra bimbi e animali, da costruire con molta attenzione. Ci sono alcune piccole regole per fare felici sia il bimbo sia l’animale. Primo. I genitori devono saper leggere i segnali di disagio del quattrozampe, con i quali il nostro amico ci dice «Per piacere, basta!» o quelli di esasperazione tipo «Ora mi sto proprio arrabbiando...». Per questo deve esserci sempre un adulto nella stanza in cui si trovano contemporaneamente un bimbo e un cane, anche se il quattrozampe non ha mai dato problemi. I movimenti goffi, la voce acuta e le mani che toccano, tirano ed esplorano potrebbero risultare fastidiosi o addirittura intimidatori per il quattrozampe. E allora si dovrà insegnare al bambino che il cane non è un giocattolo, che non gli si devono tirare orecchie e coda, che non bisogna entrare nella sua cuccia né disturbarlo mentre mangia. In una parola: che va rispettato. Secondo. Al bambino, si sa, piace giocare. Al cane, pure (per gli altri animali domestici come il gatto vale un po’ meno). È sempre opportuno differenziare i giochi del bimbo da quelli del cane… I giochi che prevedono il confronto fisico, come il tira e molla, il rincorrersi o l’invito a mordere sono meno indicati: possono stimolare competitività nel cane. Meglio il riporto della pallina o del legnetto. Se viene ben gestito, garantisce divertimento per tutti. Permette al cane di sgranchirsi le zampe e di rapportarsi con il bimbo, che è in grado di lanciare un oggetto sin dalla tenera età. E garantisce al piccolo la felicità, impaga56

bile, di vedere il quattrozampe correre e scattare a una propria azione… Terzo. No alle punizioni fisiche. Per far di qualunque quattrozampe un buon compagno bisogna fargli capire subito chi è il «capobranco»: senza sgridate inutili (che susciterebbero reazioni negative), ma con affettuosa fermezza. Quarto. Se il bimbo è un neonato permettete a cane o gatto di annusarlo. Non proibitegli di entrare nella stanza del bimbo. Riservate alla bestiola molte attenzioni, come bocconcini speciali e carezze, guardatela e parlategli quando è in presenza del neonato. Gli si farà così capire che il neonato è un vantaggio per lei, non un concorrente. E non si avranno mai problemi di «gelosia». In questo libro si trovano tanti altri consigli, suggerimenti e spunti per vivere… felici e contenti. A quattro zampe. Edgar Meyer, Stefano Apuzzo, Qua la zampa, Stampa Alternativa, 2006

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In soccorso della scuola, ora, arriva anche Internet. Sono già parecchi i portali dedicati all’educazione ambientale dei bimbi. Uno è Ciaopet, che ospita uno spazio dedicato al mondo dei giovani e della didattica. «L’idea è di entrare nelle scuole attraverso Internet e offrire così, prima ai docenti e poi agli alunni, percorsi alternativi di conoscenza e approfondimento su questa nuova materia, da sviluppare online con l’ausilio della nuova tecnologia», spiega Anna Morandi, ideatrice di Ciaopet. Una che di rapporto animali-bimbi ne capisce: insegnante per un ventennio, da trent’anni è allevatrice amatoriale. «Ora che il computer e Internet stanno per diventare per la scuola strumenti didattici obbligatori, il nostro portale con il suo spazio ad hoc per le scuole potrebbe diventare un importante punto di riferimento per insegnanti e scolaresche interessati al rapporto con gli animali d’affezione». Imparare 57

navigando, imparando a navigare. Così, gli insegnanti possono trovare utili suggerimenti, proposte di itinerari didattici, informazioni, materiale di lavoro, bibliografia, normative relative all’argomento e altri spunti didattici, mentre ai ragazzi è riservato uno spazio con giochi online, curiosità, informazioni interessanti sul mondo degli animali. Per imparare divertendosi. Ecco allora la storia della papera Martina, così come l’ha raccontata Konrad Lorenz, oppure quella dell’uccello fregata (di nome e di fatto) o ancora di Simon, la sentinella del deserto, e così via. Ed ecco, soprattutto, le favole di Esopo, raccontate online da un simpatico pagliaccio. Siamo entrati così nella galassia dei gruppi di protezione degli animali. I siti zoofili sono moltissimi: parecchie associazioni, dalle più grandi ad alcune piccine hanno un proprio indirizzo web. Molto informativo, ad esempio, quello di Diamoci La Zampa: fornisce, in maniera semplice, informazioni su come viaggiare con gli animali, su cosa fare se si trova un cane vagante, sul pericolo dei bocconi avvelenati, sulla sterilizzazione, sul maltrattamento (spiegando le leggi), su come fare un’adozione a distanza di un micio o un cagnetto, e così via. È anche utile a chi smarrisce il proprio beniamino: attraverso la rubrica Persi & Trovati è possibile segnalare gli smarrimenti e i ritrovamenti dei quattrozampe. Ma il sito è incentrato soprattutto sull’incentivazione delle adozioni dei cani del rifugio: le foto di 70 quattrozampe che l’associazione accudisce servono a questo. www.diamocilazampa.it

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5-6 anni I giorni del bambino eludono il tempo dell’adulto; il loro tempo è ingoiato dalla soggettività, dalla passione, dai sogni inseguiti dalla realtà. All’esterno, gli educatori vigilano, aspettando, orologio alla mano, fino a quando il bambino aderisca e si adatti al ciclo. Raoul Vaneigem cit. in John Zerzan, Apocalittici o liberati? Che cos’è il primitivismo

No, la minestrina no! La hit parade dei cibi più odiati dai bambini vede al primo posto seppioline e piselli, seguita da pasta e piselli, riso e limone, insalata verde, zucchine trifolate e finocchi gratinati. In cima al gradimento invece troviamo patate arrosto, bietole all’olio, pollo, prosciutto cotto, cotolette di pesce e lasagne. Il disgusto per seppioline e piselli raggiunge addirittura quota 91% dei piccoli «clienti» delle mense scolastiche. Perché allora in molti casi ci si ostina a proporre nei menu delle refezioni scolastiche cibi che i bambini non possono neanche vedere? Per stanchezza, mancanza di fantasia, assenza di coordinamento e di educazione alimentare, scarsa comunicazione tra i protagonisti della refezione scolastica. Il 30% del cibo proposto ai bambini delle scuole elementari finisce nella spazzatura. In Italia, gli scarti delle mense scolastiche, dovuti al rifiuto degli alimenti da parte dei bambini, equivalgono a un importo di 131 milioni di euro l’anno. Considerato il costo medio di un pasto, da 3,5 a 4,20 euro e il possibile più proficuo destino delle risorse alimentari si tratta di uno spreco incomprensibile. La causa? Il cibo proposto ai bambini nelle mense delle scuole elementari non va incontro ai loro gusti. Scuole e comuni spendono risorse non indifferenti per consulenti, esperti di alimentazione e dietiste, che approntano il «menu ideale», equilibrato al milligrammo. Peccato che poi i bambini di quel «menu ideale» non ne vogliono sapere. L’importanza del pasto alla mensa di scuola è dovuto anche al fatto che costituisce, nei primi anni di vita e di sviluppo del bambino, il 40% dell’apporto calorico quotidiano. 60

Sarebbe sufficiente, cosa che alcuni Comuni, scuole e Asl stanno facendo, coinvolgere i bambini, i genitori e gli insegnanti per un’indagine sui cibi graditi e per organizzare corsi e percorsi del gusto e della corretta alimentazione. È necessario costruire una sorta di menu partecipato, attivando corsi del gusto e dell’alimentazione che coinvolgano soprattutto i bambini, le insegnanti e i genitori, per definire, insieme, i menu migliori. I menu tutti uguali costruiti in laboratorio, infallibili sulla grammatura dell’apporto proteico e cestinati dopo pochi istanti che giungono in tavola, non rappresentano certo la scelta migliore. L’educazione alimentare è un percorso che parte da casa e arriva a scuola, e viceversa. La fascia d’età tra i due e i sei anni è un periodo molto importante per l’educazione alimentare perché si inserisce nell’epoca in cui il bambino conosce gli alimenti e impara a gustare, masticare e deglutire cibi consistenti, e l’età scolare, in cui la sua autonomia di gusti e l’attrazione per tutti (o quasi) gli alimenti comuni agli adulti dovrebbe essere raggiunta. Chi si occupa della refezione dei bambini delle scuole elementari dovrebbe lavorare su un menu ideale per comporre, con l’aiuto di questionari rivolti ai bambini e con l’aiuto di genitori e insegnanti, il menu appetito dai piccoli: vario, creativo, condiviso. Le merendine industriali ormai entrate di prepotenza in cartelle, cestini e zainetti, dovrebbero essere disincentivate a scuola. Se la frutta, lo yogurt e il budino abbinati al pasto fossero anticipati a mezza mattinata, le famiglie risparmierebbero i soldi di merende e snack e i bambini ne guadagnerebbero in salute. Si riuscirebbe così anche a far mangiare ai bimbi la frutta, troppo rara nei menu quotidiani dei più piccoli. Un’altra proposta creativa e sperimentale è quella di dividere in classi di appetenza gli ospiti delle mini mense, oppure di differen61

ziare le proposte della cucina per le differenti età. Un approccio differenziato e particolare, con molta più pazienza, deve essere riservato ai bambini obesi, tendenzialmente sovrappeso o inappetenti, senza colpevolizzarli e senza farli sentire dei «diversi».

Esiste un rapporto tra l’alimentazione nei primi anni di vita e la salute nell’età adulta. Lo stile alimentare della prima e della seconda infanzia influenza il metabolismo del bambino, e dell’adulto che diverrà, anche a distanza di cinquant’anni. La base per il mantenimento di una buona salute è un’alimentazione corretta fin dai primi mesi di vita, insieme a una precisa educazione alimentare che consenta di imparare il concetto di salute come bene prezioso. Gli alimenti provenienti da agricoltura biologica, non manipolati, senza residui chimici, con alti contenuti nutritivi sono i più indicati per un organismo in crescita. Giulia Fulghesu, nutrizionista e psicologa, autrice per gli stessi tipi di Svezzamento naturale. Guida all’alimentazione del bambino, spiega anche che l’alimentazione è investita di significati emotivi strettamente connessi al loro mondo psicologico, a sentimenti ed emozioni. Giulia Fulghesu, Alimentazione naturale dallo svezzamento all’adolescenza, Tecniche nuove, 2001

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Un’enciclopedia della salute naturale e della scienza, ecco cos’è oggi Eurosalus.com. Ad opera di Attilio Speciani, immunologo noto a livello internazionale, saggista e divulgatore, ecco disponibile un completo archivio colmo di risposte su tutti, veramente tutti i quesiti sulla salute. Vi si trova spiegato anche quello che lui chiama «il mantra dell’educazione alimentare»: «Crudo, vivo e colorato», oggetto di tanti suoi articoli, che ritorna in varie forme nei suoi libri. Si tratta di inse-

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gnare questo, ai nostri figli. Aprendo il frigo, preparando i piatti, non manchi mai qualcosa di «crudo, vivo e colorato», parole che, trasformandosi in variopinte crudité sulla tavola o in fantastici piatti, aiutano bambini (e adulti) a riconquistare e mantenere la loro salute. A non diventare allergici, e spesso anche a guarire dalle allergie. A non diventare grassi, ammalarsi meno d’inverno e mantenere intatta la loro capacità di crescere sani. E gli adulti sappiano di potere così contrastare le malattie cardiovascolari, la degenerazione tumorale (almeno il 50% in meno), e l’osteoporosi… Chiunque lo può mettere in pratica: mangiare un morso di mela o una albicocca prima di bere il caffelatte del mattino; mordere una carota o un finocchio prima della prima forchettata di spaghetti magari con pomodori freschi, addentare un sedano prima di mangiare un panino. Semplici gesti… che salvano la vita. Verdure bollite e frutta cotta non valgono altrettanto. Serve qualcosa di crudo. Anche poco. E che sia colorato: il colore, con la sua varietà, indica i diversi minerali e le diverse vitamine offerte dalla natura. «Ai bambini cui s’insegna questa pratica basta chiedere: quanti colori usi per fare un disegno? Tutti dicono che ne usano tanti. Esattamente come fa la natura con i suoi freschi e vivi gioielli: frutta e verdura». www.eurosalus.com

Che sete L’acqua è l’unico elemento assolutamente indispensabile per il corpo, soprattutto in estate, quando si perdono moltissimi liquidi. Bere aiuta a eliminare le tossine, regola la temperatura del corpo e impedisce la disidratazione. Una parte dell’acqua è assimilata con frutta e verdura, il resto deve essere bevuta al naturale. È in63

dispensabile sia perché tutte le reazioni chimiche delle cellule possono avvenire solo in sua presenza, sia perché svolge un ruolo di depurazione. Il bambino, come del resto l’adulto, tollera la scarsità d’acqua molto meno della scarsità di cibo. Fino al dodicesimo mese, il bisogno di acqua del bambino è di circa 120-135 millilitri per ogni chilo di peso corporeo, con variazioni a seconda della temperatura, dell’umidità dell’ambiente e della sua attività. Già, ma quale acqua scegliere? Se siamo in una regione distante da siti inquinati o a rischio (falda o pozzi lontanissimi da attività industriali o agricole…), si può scegliere con tranquillità la normale acqua del rubinetto. Ripetiamo. La normale acqua di rubinetto può essere migliore di quella nelle bottiglie di plastica, che sta troppo tempo in bottiglia, in viaggio o in magazzino, non sempre stoccata nel migliore dei modi (a volte persino esposta al sole, e i sali di metalli utilizzati come additivo per stabilizzare la plastica delle bottiglie rischiano di essere rilasciati nell’acqua). E quelle in bottiglia? Meglio bere solo occasionalmente quella con molti minerali (nel caso in cui si sia sudato molto) e non abituarlo subito a bere quella addizionata di anidride carbonica (frizzante). L’anidride carbonica può compromettere l’effetto alcalinizzante dell’acqua che favorisce l’eliminazione dell’azoto eventualmente assimilato con la carne. L’acqua minerale naturale proviene da fonti profonde o protette. Meglio quelle d’alta quota. L’acqua «da bere» è quella del rubinetto, ma microfiltrata. E se ha voglia di una bibita, o d’un succo di frutta? Vediamo ora cosa c’è nelle bevande predilette dei bambini. Succhi di frutta. Innanzitutto, se c’è scritto «di frutta» non vuol dire che ci sia solo frutta. Il «vero» succo di frutta proviene dalla pressione di frutti freschi, sani e maturi, non fermentati. I composti che si ritrovano nei suc64

chi in genere sono zuccheri, sostanze aromatiche, ottima vitamina C, beta-carotene, pectine. Il nettare. Si ottiene da polpa di frutta (30-40%) che, dopo essere stata filtrata e centrifugata, viene diluita in acqua e addizionata di zucchero e vitamina C. A differenza dei succhi di frutti freschi i nettari di frutta hanno maggior contenuto energetico ma minore contenuto vitaminico e minerale. Bibite analcoliche alla frutta. Sono le aranciate, le limonate e simili, che contengono il 12% o 13% di succo di frutta. Il resto è acqua, anidride carbonica, aromi, coloranti, saccarosio; e possono essere edulcorate con dolcificanti sintetici. Drink e bibite «alla frutta». Nell’estate 2003 è stata lanciata sul mercato un’“aranciata” «exotic» che di esotico aveva solo i ghirigori giallo mango in lattina. Perché, dentro, c’era lo 0% di frutta. Lo 0%. Neanche una traccia. Acqua, zucchero, aromi e coloranti artificiali, ecco di cosa sono fatte simili bibite. La legge lo tollera, i coltivatori nostrani di frutta e le associazioni di consumatori no. Il ministero delle Attività Produttive aveva emanato una circolare abrogativa della norma che prevede(va) che su lattine e bottiglie di aranciate, nelle bevande, nelle bibite in lattina e in bottiglia non potessero esservi immagini di frutta poi non presente tra gli ingredienti. La circolare, cancellando questo divieto, si rassegnava a una realtà che ognuno può verificare leggendo l’etichetta della bibita «esotica» di quella celebre marca d’aranciata o di fronte al bancone delle bevande «sportive» con dentro sali, aromi e coloranti artificiali. Tutte al «gusto» di arancia, mora viola, flash lemon, super strawberry, exotic, e non contengono la benché minima traccia di vera frutta. I dubbi non riguardano tanto la salute, per la pochezza nutrizionale di bevande fatte solo di acqua, zucchero, aromi e coloranti artificiali. I dubbi riguardano le suggestioni e la correttezza delle informazioni per chi acquista una bevanda col nome, le 65

immagini di frutti presenti solo nell’inchiostro dell’etichetta. Se il bimbo ha sete vera, perché dargli una bibita falsa? Bibite gassate. Occhio, infine, a quest’intelligente notazione: tutte le calorie assunte dal ragazzo con le bibite gassate zuccherate “pesano” il doppio, perché non sostituiscono un’analoga quantità di calorie “solide” dal cibo, ma a queste si sommano. Quindi, le bevande più indicate per il bambino sono i succhi di frutta naturali ottenuti al 100% dalla frutta (meglio, sempre molto meglio se ‘bio’), l’acqua non gasata, infine i ‘nettari’. I succhi di frutta naturali e le spremute di agrumi e di frutta in genere sono un buon modo per dare la frutta anche ai bambini che non la mangiano volentieri. Che il ragazzo beva quanto gli pare, senza restrizioni di sorta! Nel periodo estivo bisogna solo ricordare di non dare acqua o bevande troppo fredde ai più grandicelli che tendono a chiederle continuamente, per la sensazione di immediato refrigerio che ne ricavano. Fino all’adolescenza, meglio niente bevande alcooliche (vino, birra, liquori), perché l’organismo giovane ha una ridotta capacità di metabolizzare l’alcol, i cui effetti negativi sul processo di sviluppo sono noti. Caffè e il tè andrebbero evitati in quanto contengono alcaloidi eccitanti. Se si vuole aggiungere caffè al latte della prima colazione dei bambini, è più indicato il caffè d’orzo; se si vuole offrire un tè, meglio utilizzare infusi o tisane.

Siccome l’acqua è di fondamentale importanza, dobbiamo imparare a conoscerla bene. L’Italia è il primo paese al mondo per consumo di acqua minerale in bottiglia: ogni italiano ne beve all’anno 190 litri, spendendo in media quasi 300 euro. Il giro d’affari è di 5.500 miliardi di vecchie lire, 700 dei quali reinvestiti in pubblicità, ogni anno. C’è un libro che spiega, citando testi, interviste e documenti, tut66

te le dimensioni dell’affaire acque minerali: leggi un po’ troppo accondiscendenti verso alcune sostanze indesiderabili, contaminanti dell’acqua, come si costruisce con la pubblicità l’immagine di un’acqua minerale, i rilievi mossi dal Giurì di autodisciplina, le etichette reticenti, i problemi delle acque minerali e delle acque di rubinetto degli acquedotti... In effetti, l’acqua di rubinetto costa dalle 600 alle 5000 volte in meno. Ma è buona? Per quanto concerne i pro e i contro dell’acqua minerale e di quella del rubinetto, è vero che in alcuni casi l’acqua imbottigliata può contenere più contaminanti di quella di casa e che le etichette possono omettere alcune voci «scomode» (fluoro e fluoruri, altri metalli pesanti indicatori dell’inquinamento dell’acqua), ma è anche vero che l’acqua di rubinetto può contenere residui dei disinfettanti impiegati per renderla più sicura, il cloro ad esempio. L’acqua di rubinetto, meglio e più controllata di quella in bottiglia, in alcune zone d’Italia non ha un buon sapore, ha cattivo odore, è troppo calcarea e potrebbe passare attraverso tubature vetuste e rugginose. Insomma, liscia, gassata o... minerale o di rubinetto? Non è facile come bere un bicchier d’acqua… dettare una regola valida per tutti. Dall’incontro con l’autore abbiamo desunto che l’acqua di rubinetto, anche delle città, è più buona di quello che pensavamo (lo conferma un’inchiesta di “Altroconsumo” del maggio ‘03), e costa poco. Ma concedersi un bicchiere d’acqua cristallina, una «cara» bevuta di acqua minerale d’alta quota, con un basso residuo fisso e zero nitrati... si può fare senza sensi di colpa. Forse la miglior soluzione, per noi e per il nostro portafoglio, è berne un po’ e un po’. Giuseppe Altamore, Qualcuno vuole darcela a bere, Fratelli Frilli, 2003

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Come si sceglie l’acqua? Leggendo l’etichetta. Ebbene c’è un’enorme bacheca online di etichette di tutte le acque minerali commercializzate in Italia, utile per dare un’occhiata anche ai dati analitici in etichetta. Vi si trovano i dati su residuo fisso (TDS), sodio, potassio, calcio, magnesio, cloro, fluoro, bicarbonati, solfati e nitrati. Non offre chiavi di lettura critiche, però. Per cui ne diamo una noi. Le acque minerali con contenuti di nitrati superiori a 10 mg/l sono sconsigliate alle donne in gravidanza e non sono adatte per la prima infanzia. Quindi, più bassi sono i nitrati, meglio è. Alcune acque ne hanno valori pari a 0. Date ora un’occhiata al database, oppure... all’acqua di casa. www.acqua2o.it

6-7 anni La fantasia è come la marmellata. Bisogna solo spalmarla su una solida fetta di pane.

Italo Calvino, Lezioni americane

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Ecco la merendina Merendine «preparate con lo yogurt», «ricche di frutta», «preparate come una volta», «al miele», «naturali e leggere»? Qualsiasi nonna o nonno non si sognerebbe mai neanche di degnarli di uno sguardo, gli snack industriali. Eppure le multinazionali alimentari attingono proprio al frasario dei nonni per convincere bambini e genitori a consumare le inconsistenti merendine industriali. I paesaggi da vecchia fattoria: bicchieri colmi di latte, ciotole di miele, cesti di frutta fresca, servono solo a ingannare i consumatori e le mamme distratte che fanno la spesa depauperando il portafogli ma senza spendere qualche secondo in più per leggere le etichette. Se leggiamo le etichette di snack e merendine, infatti, ci rendiamo immediatamente conto che il contenuto non corrisponde granché a quanto decantato sull’involucro, nel contenitore e negli spot televisivi! Un dolcetto industriale «al miele» ne contiene, se va bene, 1,4 grammi. Le merendine «allo yogurt» ne contengono sì e no tra i 2 e i 4 grammi. L’unica caratteristica peculiare dello yogurt, ovvero i fermenti lattici vivi, è annullata dalla cottura ad alte temperature. La merenda «con latte fresco» ne contiene meno di un grammo, la punta di un cucchiaino. Gli snack «alla frutta» a malapena contengono 1 o 2,5 grammi di frutta (un frutto pesa 35-40 grammi). Gli ingredienti decantati nella pubblicità e sulla confezione come sani e salutari sono sempre inferiori ai grassi. Grassi insalubri, come vedremo, che diventano solo ciccia. Alle mamme sarebbe sufficiente leggere le etichette dei prodotti prima di acquistarli: gli ingredienti sono indicati in ordine di quantità decrescente, dalla maggior quantità alla minore. Scoprirebbero così che le merendine dei propri figli sono piene di grassi, zuccheri, aria, acqua e aromi artificiali. Beh, allora dove si va a documentarsi? Sui giornali? Paolo Bianchi e Sabrina Giannini hanno incontrato la caposervizio di un settimanale femminile che ha detto loro: «Ho proposto di scriverne 70

con senso critico. E passava. Purché non uscissero le marche. Con le marche non passerebbe… Ci fu un casino per il pezzo sulle merendine. Il caporedattore mi disse che avremmo avuto dei problemi. Si parlava dei grassi saturi non evidenziati in etichetta. Era un pezzo interessante che metteva a confronto le merendine in commercio con quelle casalinghe, e si parlava della qualità diversa di grassi. Un’azienda di cui si parlava ne usciva male…» (La repubblica delle marchette, Stampa Alternativa 2004). Ma perché le merendine industriali sembrano piacere tanto ai bambini? La responsabilità potrebbe essere degli aromi artificiali (indicati solo come «aromi»): danno allo snack quell’essenza e quel gusto quasi irresistibile… Micidiale lo zucchero, che arriva a provocare una sorta di assuefazione/dipendenza: non per nulla le bevande che più riscontrano il gradimento dei bambini sono anche le più gassate, piene di aromi, coloranti e zucchero. Ma forse il vero motivo del successo delle merendine industriali è, in realtà, il packaging, la praticità e quindi la comodità assicurata ai genitori, oppure i gadget e gli orpelli… Ma… la buona, cara fetta di pane, burro e marmellata!… Mille volte meglio. Altri suggerimenti? I gusti dei piccoli possono oscillare da una certa abitudinarietà a un’insopprimibile curiosità. Ricetta? Palline di avena e nocciole: tritare finemente l’uvetta e le mandorle nel tritatutto, quindi versarle in una terrina, aggiungere poco miele (quanto basta per legare e formare una massa malleabile). Formare delle palline o dei cilindretti, quindi passarli nei fiocchi d’avena in modo che ne rimangano uniformemente coperti, poi avvolgere una per una le merendine nella carta oleata o da forno. Invece del miele, provate il malto, buono, energetico e si trova bio: il malto di grano (chiaro e dorato), di riso (ancor più chiaro e filante), di orzo (il cibo dei filosofi) e perfino il compatto e saporoso malto di mandorle. Oppure, stuzzicateli con frutta infilzata in spiedini: ingrediente più importante, la fantasia. 71

«Oggi il bambino americano medio è immerso nel mercato di consumo con una modalità tale da annichilire qualsiasi raffronto storico. A un anno guarda Teletubbies e mangia il cibo dei suoi “promo partner” Burger King e McDonald’s. A 18 mesi i bambini sono in grado di riconoscere i loghi commerciali e prima di raggiungere il secondo anno d’età chiedono i prodotti nominandone la marca. Entro i tre anni o i tre anni e mezzo i bambini cominciano a credere che la marca sia in grado di conferire loro caratteristiche uniche, per esempio l’essere in gamba, forti e intelligenti». Comincia così un libro-inchiesta molto documentato sulle tecniche di persuasione sempre più chirurgiche a cui sono sottoposti i bambini. Un intero capitolo è dedicato a snack, merendine e junk food. Il contenuto dei messaggi pubblicitari, la penetrazione nelle scuole, il marketing dell’infanzia con tecniche dai nomi inquietanti quali age compression e trans-toying, le nuove formule di ricerca intrusiva, la vendita – anzi, lo spaccio – di junk food, droga e violenza… viene tutto portato alla luce e analizzato. Così ognuno può rendersene conto. Il sottotitolo reca “salviamo i nostri figli, ostaggi della pubblicità”. Juliet B. Schor, Nati per comprare, Apogeo 2005

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L’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione ha online un decalogo per aiutare le mamme a capire se i propri figli crescono bene. Una ricerca Eurisko-AIDI dice che, nonostante cambino gli stili di vita, la merenda resta ancora un appuntamento irrinunciabile durante la giornata dei bambini italiani. L’importante è variare questo ‘piccolo pasto’ scegliendo tra un panino, una merendina confezionata, una porzione di frutta, uno yogurt. www.inran.it

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Come la vuoi la tua città? I bambini, come vorrebbero che fossero le strade delle città? Con tanti alberi, laghetti e siepi, strisce pedonali e lunghe vie colorate, un pulsante a terra per fermare il semaforo al momento opportuno, marciapiedi più grandi e automobili più lente. Sono i risultati del progetto «Oplà! Una strada da inventare», concorso che fa parte dell’iniziativa della Regione Toscana sui percorsi pedonali casa-scuola «Noi a scuola ci andiamo a piedi». L’iniziativa ha coinvolto l’anno scorso le scuole elementari di Firenze con l’obiettivo di introdurre innovazioni e ampliamenti al progetto di percorsi pedonali e di contribuire a definire ‘criteri tipo’ per la realizzazione di un territorio sempre più a misura di bambino. In particolare, gli alunni partecipanti al concorso hanno esposto i disegni realizzati sul tema della pedonalità, a partire dalla mappa del percorso pedonale ideale. I bambini hanno riportato sulle mappe gli itinerari che maggiormente percorrono a piedi, o i luoghi del quartiere che a loro giudizio sono più rilevanti, come giardini o pasticcerie! È un bel gioco, piacevole e stimolante anche per gli adulti. La realtà? Il grattacielo Pirelli si alza, si sposta e va a sedersi, con tutti i suoi quintali e tonnellate, sugli ultimi quattro alberelli del quartiere Gioia. Questo sta per succedere davvero, a Milano, dove, secondo un progetto in fase esecutiva, in un quartiere già soffocato da traffico, cemento e inquinamento, anche l’ultima zolla verde dovrà sparire. Ma è così in molte città italiane, non più a misura d’uomo, e neanche di bambino. Il rapporto tra numero di abitanti e verde pubblico delle nostre metropoli è sconfortante, umiliante il confronto con le capitali europee. A Pescara ogni abitante ha a dispo73

sizione solo 0,44 mq di verde, Napoli ha 2 mq di verde per abitante, 14 Milano, 25 Zurigo e Amsterdam, 32 Berlino… Cosa fare? Come hanno fatto genitori, scolaresche e abitanti del quartiere Gioia, a Milano. Si sono riuniti in comitato. Hanno promosso una prima raccolta firme che in pochi giorni ha decuplicato le aspettative sulle adesioni, oltre 10.000 in due settimane. A partire dal 7 aprile 2005, il «comitato di cittadini Giardino in Gioia» ha posto un presidio 24 ore su 24 in via Galvani 34, davanti a quest’ultimo boschetto del quartiere. Hanno fatto scioperi della fame, invitato scolaresche, giocolieri e artisti di strada, organizzato serate in locali… A favore si sono spesi Elio e le Storie Tese, Gianni Cinelli, Fabio Treves che ha scritto: «Sono contento per la bella cifra di firmatari... Alla faccia di chi vuole sempre darci dentro con il cemento...». Milena Gabanelli, coraggiosa conduttrice di “Report” su Rai 3, interviene così, «Nessuno deve costruire nel parco donato», sul settimanale del “Corriere della Sera”: «A Milano, fra catrame, cemento e traffico, c’è un ettaro di oasi che da più di cinquant’anni ospita almeno duecento alberi di specie diverse: si chiama “Il Giardino di Gioia”. Nel 1964 la proprietaria del parco, Giuditta Sommaruga Faini, lo lascia in eredità all’Ospedale maggiore di Milano, a condizione – precisa nello scritto – che “non venga venduto né dato in affitto, ma sia destinato a lenire le sofferenze dell’umanità”. E in effetti così succede per molti anni. Poi arrivano gli anni della flessibilità morale e nel 1983 il direttore dell’ospedale vende il parco a un’impresa edile. Tanto su quel terreno non si può costruire! Ma gli imprenditori hanno la vista lunga e sanno perfettamente che basta sapere aspettare. Nel 2001, infatti, ecco che quel terreno diventa edificabile. L’ultima tappa è un accordo firmato da Comune e Regione: dove oggi c’è il bosco sorgerà il grattacielo del Nuovo Polo Regionale. A scombinare i piani sono arrivati gli abitanti della zona, che in 74

pochi giorni hanno raccolto più di diecimila firme, però il destino del Giardino di Gioia pare segnato: secondo gli avvocati, il vincolo posto dalla defunta filantropa è decaduto da anni e nessuno è più obbligato a rispettarlo. Forse questo è vero dal punto di vista giuridico, ma non da quello etico: Giuditta Sommaruga Faini ha compiuto un gesto disinteressato pensando al bene di tutti, l’ente che ha accettato la sua eredità, pur essendo “pubblico”, non ha fatto altrettanto. Ma la cosa più grave è il tradimento di una promessa: chi è a conoscenza di questa storia regalerà mai più qualcosa a un Comune o a un ospedale?» (Milena Gabanelli, “Io Donna”, 24 maggio 2005)... Il bosco è stato tagliato il 27 dicembre 2005. È importante che laddove vivono i bambini, e dove viviamo noi, si possa vivere… davvero. “Vita” e “verde”, nella lingua antica, vengono da viriditas. Hanno la stessa radice.

«A scuola ci andiamo da soli» è il progetto di mobilità sostenibile di Ferrara che ha visto interventi urbanistici nella frazione di Porotto (nuovo giardino delle elementari, nuovi percorsi protetti) e diffusione nelle scuole di materiali educativi: a partire dal 2001 ogni anno si individua una zona nel ferrarese e lo si replica. A Forlì l’anno scorso il progetto «Percorsi sicuri casa-scuola» ha messo in sicurezza le piste ciclabili intorno alle scuole: la modalità di «progettazione partecipata» è stata un tale successo che l’amministrazione comunale estenderà l’esperienza ad altre aree della città. A Piacenza il progetto «Andare a scuola in sicurezza», dopo un’indagine Infoambiente, ha coinvolto le scuole cittadine, la Federazione Italiana Pediatri e l’Arpa. A Modena («Vado a scuola con gli amici») vengono realizzate nuove piazzette pedonali d’incontro per bambini che poi vanno a scuola insieme, esperienza simile a Losanna (con 75

«Pedibus», una sorta di camminata collettiva verso la scuola). Friburgo e Berlino mettono su tutte le scuole nuovi tetti solari e poi spiegano ai bambini come funzionano, Villach (Austria) dà nelle mense alimenti bio ed equosolidali… Sono alcuni dei cento buoni esempi da imitare raccolti in un manuale per tutti: cittadini, amministratori locali, architetti, manager. È il primo libro di questo genere, in Italia. Ecco come l’effetto serra, il degrado cittadino e ambientale, si contrastano, davvero. Sono stati infatti soprattutto i Comuni ad aver preso l’iniziativa, sperimentando misure concrete a favore della sostenibilità. Karl-Ludwig Schibel, Silvia Zamboni, Le città contro l’effetto serra, Edizioni Ambiente, 2005

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Ultime notizie sul Giardino di Gioia! Si trovano su un blog. A partire da… 7 aprile 2005. A Milano, il «Giardino in Gioia»... digiuna! 24 aprile 2005. Per salvare quest’ultimo boschetto verde si mobilitano le scuole! 24 maggio 2005. Presentata in Consiglio Comunale una mozione che chiede la salvezza del Bosco di Gioia. 26 maggio: Performance ‘Do not cross’ di Moreno Gentili – ore 18.30 al Bosco di Gioia, via Galvani 34, Milano... Fino agli ultimissimi sviluppi, la mozione bocciata dal Consiglio Comunale, la proposta alla Provincia di un «vincolo di monumentalità che si potrebbe porre sulle piante più importanti dopo un approfondito esame dell’area»... e il taglio, durante le vacanze di Natale 2005. http://boscodigioia.splinder.com/

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7-8 anni «A chi cercavi di telefonare?» «Alla mamma. (triste) Mi manca tanto...» «Rudy, la mamma tornerà tra una settimana. Se una settimana ti sembra lunga, perché... perché non le scrivi una lettera? (prepara tutto) Ecco. Scrivi... Cara mamma, papà è un papà meraviglioso, che cucina in modo meraviglioso...». Bill Cosby ne “I Robinson”, serie tv, anni ‘90

Ormoni Bambine al di sotto degli 8 anni con significative protuberanze della ghiandola mammaria e bambini di 10 anni con calvizie. La causa scatenante, in entrambi i casi, conclamati a Torino e in alcune città del Nord nel 2002, sembra essere la presenza di ormoni ed estrogeni nella carne somministrata nelle mense scolastiche. A Torino 49 bambine di età inferiore agli otto anni sono rimaste vittime del telarca, manifestazione precoce delle ghiandole mammarie. In alcuni casi la manifestazione è regredita una volta eliminata la carne dal menu. Il Procuratore della Repubblica di Torino, Raffaele Guariniello, è intervenuto ipotizzando il reato di lesioni colpose. La calvizie infantile è l’ennesimo allarme alimentare, accomunato al caso delle bambine vittime del telarca dalla probabile comune causa scatenante: gli ormoni. L’alopecia androgenetica (calvizie) colpisce, generalmente, dopo la pubertà. In Italia ne sono vittime 11 milioni di uomini, generalmente tra i 20 e i 40 anni. «Ho registrato circa 20 casi di alopecia androgenetica precoce, dovuta agli ormoni sessuali, che non dovrebbero essere presenti prima della pubertà», afferma Antonella Tosti della Clinica dermatologica dell’Università di Bologna. Il consiglio dei pediatri per evitare di accumulare, con il cibo, sostanze tossiche e pericolose per la salute dei bambini, è variare la qualità degli alimenti, non insistendo sempre sugli stessi. Marcello Giovannini, pediatra nutrizionista dell’Università di Milano, afferma: «Fin da bambini bisogna seguire un’alimentazione varia. Si eviterà così l’accumulo e l’eccessiva ingestione di tossine. La carne va alternata ad altre fonti proteiche, come uova, pesce, formaggio, yogurt. Frutta e verdura si devono alternare sul piatto». 78

In America i trattamenti con ormoni sono non già solo ammessi, bensì incoraggiati! Zeranolo, estradiolo, testosterone, progesterone, trenbolone acetato, perfino un ormone biotech sono in continuazione iniettati in vitelli, mucche e tori. Così li fanno crescere più velocemente del 50%. Perciò l’Europa continua a tenere le proprie frontiere barricate all’importazione di carne Usa: gli Usa chiedono miliardi in risarcimenti, ma le porte restano chiuse. E in Italia? C’è qualche condanna penale, poche ma senza soluzione di continuità, mentre l’Istituto Superiore di Sanità trova ogni tanto qualche corticosteroide illegale nel latte e 17-beta-estradiolo nel siero bovino. D’altronde, il D. lgs. 27/1/1992 n. 118 vieta la somministrazione di ormoni, però nel contempo li tollera «a scopo terapeutico» e nel periodo successivo al parto, cioè: con qualche forzatura, sempre. Dell’ormone Des (Dietilstilbestrolo), che provoca cancro al seno, è difficilissimo accertare la presenza, essendo attivo anche in quantità minime (parliamo di milionesimi di grammi). Secondo il Comitato Scientifico dell’Unione Europea che doveva pronunciarsi a proposito di doping, anche dosi infinitesimali di queste sostanze usate dagli allevatori danneggiano la salute umana, innescando tumori e alterando le risposte del sistema endocrino e immunitario. Inoltre, i valori residuali di ormoni ritenuti innocui fino a dieci anni fa, sono oggi, grazie a dati scientifici più raffinati, considerati rischiosi per i consumatori, specialmente per i bambini in età pre-puberale. Stefano Carnazzi, Stefano Apuzzo, 4 sberle in padella. Come difendersi dall’inquinamento alimentare, Stampa Alternativa 2000

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Quale antidoto agli ormoni, all’inquinamento alimentare, alla contaminazione? Tenersi aggiornati quotidianamente e mangiare biologico. Per entrambe le cose c’è dal 1995 la community del biologico su Internet, Greenplanet: fornisce un’ottima rassegna stampa quotidiana su tutte le questioni più scottanti che riguardano l’agricoltura, l’alimentazione e la salute. Un apparato informativo unico in Italia per completezza e puntualità, con riferimenti legislativi e approfondimenti vari e anche, quando serve, il coraggio di editoriali graffianti e polemici. www.greenplanet.net

Cosa c’è in tv? Più tv si guarda, più si va male a scuola. Lo diceva Karl Popper, anni fa. Oggi lo hanno confermato i dati emersi da diverse ricerche. In particolare, è stato notato che gli studenti di terza elementare che hanno la televisione in camera ottengono voti più bassi di quelli che non ce l’hanno, tendenza che non si verifica con il possesso di un computer con accesso a Internet. Lo studio rivela che i bambini che hanno un televisore nella propria camera da letto ottengono nei test risultati significativamente inferiori rispetto ai compagni senza televisore in camera. Secondo la stessa ricerca, la presenza di un computer in casa è invece associata a punteggi più alti. Lo studio, condotto da ricercatori della John Hopkins Bloomberg School of Public Health e dell’Università di Stanford, è stato pubblicato sul numero di luglio 2005 di “Archives of Pediatrics & Adolescent Medicine”. Altri studi pubblicati sull’argomento dalla stessa rivista indicano che la televisione ha un impatto negativo sulle capacità d’apprendimento dei bambini molto piccoli (al di sotto dei tre anni), e addirittura che i bambini che guardano meno tv hanno maggiori probabilità di terminare gli studi! 80

Sono circa 4 milioni i bambini italiani che guardano la tv. La metà dei bambini da 3 a 5 anni guarda la tv da 1 a 3 ore al giorno, il 17% per più di quattro ore, percentuale che balza al 25 per i bambini tra 6 e 10 anni. Una indagine Istat ha dimostrato che l’11% dei bambini della terza elementare guarda la tv per più di 5 ore al giorno. Solo una sparuta minoranza (8%) dei bambini fra 3 e 5 anni guarda la tv meno di un’ora al giorno. E il 15% di loro un paio di volte a settimana si addormenta davanti all’apparecchio televisivo acceso… Passano più ore con la tv che con i coetanei. I bambini sono ormai assuefatti in primissima età all’ascolto prolungato e passivo. E iniziano a vederla di prima mattina, cosa che molti esperti giudicano negativamente: prima di andare a scuola il 23% dei bambini delle elementari l’ha già vista, e quasi il 24% dei piccolissimi viene messo davanti allo schermo appena alzato. Queste cifre ci dicono che l’utenza televisiva è costituita, specie in alcune fasce orarie, soprattutto da ragazzi e bambini, che guardano la tv da soli. Oltre il 15% dei bambini da 3 a 5 anni e il 10% da 6 a 10 anni guarda la tv sempre da solo, percentuali che salgono al 25 della prima media e al 37 della terza media. Da tempo le aziende televisive hanno dato vita a codici di autoregolamentazione. Il Comitato incaricato di far applicare il principale codice vigente si è dovuto più volte dichiarare di fatto impotente di fronte alle reiterate violazioni delle regole da parte di quegli stessi che le avevano solennemente sottoscritte. Spunti di alto livello non mancano. Le aziende televisive e le case di produzione devono impegnarsi seriamente a elevare la qualità delle trasmissioni destinate ai bambini. In questo senso dobbiamo aiutare la produzione nazionale ed europea: l’acquisto di format e la proposta di modelli culturalmente lontanissimi ha portato in Italia, insieme a una corsa all’audience e allo share, un abbassa81

mento della qualità della programmazione, e questo pur in presenza di operatori italiani ed europei di ottimo livello. La scuola dovrebbe aiutare gli adulti, le famiglie e i piccoli a un uso corretto e appropriato delle trasmissioni tv: si può collaborare col sistema scolastico per educare bambini e ragazzi a una adeguata alfabetizzazione televisiva. La tv può dunque entrare a scuola, come un mezzo da imparare a usare per crescere e conoscere il mondo. Ci si può battere perché in ogni azienda televisiva sia presente una figura del responsabile delle scelte editoriali rivolte ai minori. C’è il modello francese, che ha funzionato, che ci invita a rivedere i criteri che sono alla base dell’attuale organizzazione delle fasce orarie di programmazione. Il fronte della pubblicità è particolarmente delicato: come dimostrano le indagini svolte dagli stessi operatori, i tetti pubblicitari nelle varie fasce orarie sono particolarmente elevati e si assiste a trucchetti (come la scoperta di programmi contenitore che altro non sono che una serie di cartoons interrotti da spot) per aggirare i divieti vigenti di inserire messaggi pubblicitari nei cartoni animati di durata inferiore ai trenta minuti. Una recente indagine Eurispes ha scoperto che la metà dei bambini tra gli otto e i dieci anni associa la pubblicità a un dato positivo. Meglio non fuggire di fronte alla difficoltà di tutelare i minori. La migliore protezione può e deve avvenire sul piano educativo, prima ancora che a livello legislativo. Soprattutto con i ragazzi si deve intervenire per favorire lo sviluppo delle capacità critiche. La funzione educativa compete innanzitutto alla famiglia e alle istituzioni scolastiche, ma può essere agevolata dalla televisione al fine di aiutare i bambini e i ragazzi a conoscere progressivamente la vita e ad affrontate i problemi. In questo senso le potenzialità del mezzo televisivo e dei nuovi linguaggi multimediali è enorme. 82

Accompagnare il ragazzo alla visione. Assecondare il desiderio di seguire le migliori trasmissioni, quelle che inducono alla manualità, all’arte, alla manipolazione. Stimolare il senso critico del piccolo con domande e dialoghi durante la visione. Stuzzicarne la curiosità, facendogli notare che ciò che si vede in tv non è sempre la realtà, ma il suo specchio.

Una sorpresa, questo Bambino ecologico, Millelire promosso a piccolo saggio della collana “Margini”. Una raccolta di pagine, testimonianze e concisi pareri di esperti sul tema della difesa dell’equilibrio del minore. Del suo essere, dei suoi sentimenti, del suo ambiente. Giovanni Bollea scrive dell’«istinto ecologico dell’infante». L’endocrinologo Leopoldo Silvestroni appunta l’attenzione sulla condotta alimentare della donna in gravidanza; Dina D’Addesa, Inran, consiglia la «pappa della salute» («variare il più possibile, consumare più cereali, legumi, ortaggi, più frutta fresca; una buona prima colazione; limitare i prodotti confezionati; equilibrare l’assunzione di energia e mantenere un buon livello di attività fisica»). Athos de Luca indaga il rapporto tra bambini e televisione. Patrizia Angrisani dell’associazione “Dentro lo specchio” suggerisce un nutrimento «con le fiabe». Lo psichiatra Luigi Cancrini parla dello sviluppo armonico, anche «dando voce al dolore»; Francesco Tonucci dell’Istituto di Psicologia del Cnr esamina il rapporto tra i bambini e la città. Francesco Robustelli dà consigli sulla vicinanza con gli animali domestici. Carla Parisi, pediatra Asl, parla del sonno, Anna Cotugno dell’associazione “il Prato celeste” traccia un «elogio della paura, del dolore, della lentezza» per un’ecologia dei sentimenti… Athos De Luca, Il bambino ecologico, Stampa Alternativa 83

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Nel sito del Ministero delle Comunicazioni si può leggere il testo integrale del Codice di Autoregolamentazione Tv e Minori. Vi si trova l’esatta scansione delle fasce televisive: «Tv per tutti: 7.00 – 22.30», «Fascia protetta: 16.00 – 19.00», le norme sulla pubblicità e anche l’e-mail per inviare segnalazioni. www.comunicazioni.it/it/index.php?Mn1=18&Mn2=98

8-9 anni …Quando invecchiò, mio nonno tornò bambino. Come i bambini doveva curare i campi di granoturco impedendo agli animali di entrarvi... Il nonno li scacciava con alte grida... Poi ci spiegava che gli animali, come gli uomini, sono golosi. Amano rimpinzarsi più del necessario. Rigoberta Menchù

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Il “cicciobomba” Dal 5 all’8% dei bambini italiani sono obesi, cioè superano il peso forma almeno del 20% (30 chili invece di 24, 42 anziché 35), mentre il 20-24% è in sovrappeso. Ogni anno la popolazione infantile oltre il peso forma cresce dell’8%. Un piccolo italiano su quattro deve, in sostanza, dimagrire. Sul totale, solo il 2-3% è interessato da patologie legate a disfunzioni ormonali o metaboliche. La quasi totalità dei bambini ingrassa perché mangia troppo e male. I chili di troppo rappresentano un problema per la salute oltre che per la forma fisica, che si trascina negli anni. Secondo gli esperti dell’Istituto Auxologico di Milano 85 piccoli su 100 sono destinati a divenire adulti con seri problemi di alimentazione. Infatti, il 70% degli adulti in eccesso di peso aveva problemi già dalle scuole elementari. Ingrassano di più i bambini che appartengono a fasce sociali più basse, a causa della mancanza di informazione e di educazione. I genitori non rivestono alcun ruolo educativo sull’alimentazione dei figli e gli lasciano «brucare» qualsiasi cosa a qualsiasi ora. Uno studio condotto dall’Unità di Nutrizione dell’Asl di Brescia dimostra che le zone (come il lodigiano e la zona di Palazzolo nel bresciano) dove scuole, Asl e Comuni investono di più nell’informazione e nell’educazione alimentare la presenza di bambini in sovrappeso è inferiore. Una sana nutrizione dovrebbe essere sobria, ordinata e variegata. E invece, ecco che nei pasti e nei fuori pasto dei bambini, la parte del leone la fanno snack e patatine. «Prodotti confezionati con i peggiori grassi, olio di palma e di cocco, i più nocivi anche per l’apparato cardiovascolare», afferma Oliviero Sculati dell’Asl di Brescia. I grassi di snack e merendine contengono il doppio di calorie rispetto a carboidrati e proteine, otto per grammo, concentrando, 86

in una piccola quantità, dosi elevate di energia. Questa energia o è smaltita, spesso con fenomeni di ipercinetismo, oppure si accumula nell’organismo. I chili in più accumulati rappresentano un problema per la salute dei bambini e dei futuri adulti, esponendoli a rischi più elevati di infarto, malattie circolatorie e altre patologie.

Eppure, il cibo genuino e naturale sembra essere sempre più interessante… e a dirlo sono proprio i bambini! Esiste un Premio Nazionale Libro per l’Ambiente: a decretare i vincitori, una giuria popolare di oltre 1500 ragazzi. Il concorso di “editoria verde” per la fascia d’età tra i 6 e 14 anni è promosso ogni anno dall’Editoriale La Nuova Ecologia, in collaborazione con Comune e Provincia di Ancona, realizzando un’esperienza di lettura collettiva unica nel suo genere, che coinvolge ben 1500 piccoli lettori. Una giuria popolare unica in Italia. L’ultimo anno hanno vinto Operazione Brioche e Dalla Natura alla tavola, che si occupano entrambi delle relazioni tra ambiente e alimentazione. Se questo è l’argomento che ha affascinato i giovani lettori, evidentemente l’attenzione ai prodotti da mangiare sta entrando nel senso comune, a scuola e in famiglia. Anna Lavatelli – Anna Vivarelli, Operazione Brioche, Mondadori, 2005

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Ecco un decalogo presentato nell’ottobre 2005 dal Consensus della Società Italiana di Pediatria per prevenire il rischio di obesità in bambini e adolescenti. 1. Controllare il peso e la statura con regolarità (almeno ogni sei mesi) 87

2. Fare cinque pasti al giorno (colazione, merenda a metà mattina, pranzo, merenda, cena) evitando i “fuoripasto” 3. Consumare almeno cinque porzioni di frutta o verdura al giorno 4. Bere molta acqua limitando le bevande zuccherate 5. Ridurre i grassi dell’alimentazione, in particolare salumi, fritti, condimenti, dolci 6. Evitare di utilizzare il cibo come “premio” 7. Privilegiare il gioco all’aperto, possibilmente almeno un’ora al giorno 8. Camminare a piedi in tutte le occasioni possibili 9. Praticare uno sport con regolarità. Non importa essere campioni a tutti i costi, è più importante fare esercizio fisico e divertirsi 10. Limitare la ‘video dipendenza’ (TV, computer, videogiochi) durante il tempo libero. Massimo 2 ore al giorno complessivamente. Vi sono anche alcune sollecitazioni alla scuola: – vigilare sull’equilibrio della dieta scolastica facendo sempre controllare i menu delle mense scolastiche a un pediatra; – scegliere appropriatamente gli alimenti contenuti nei distributori automatici presenti nella scuola; – non trascurare l’educazione fisica, anzi potenziarla; – favorire l’organizzazione di iniziative come i campi estivi: periodi di incontro e di gioco nei quali i bambini con problemi di peso condividono esperienze e attività volte al dimagrimento e all’acquisizione di un corretto rapporto con il cibo. www.sip.it

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Farmaci contro l’infanzia Il gioco è una condizione naturale, che fa parte dell’infanzia. Un bambino che canta, corre, urla ed è euforico, è un bambino che sta bene! Il gioco e la vivacità sono la natura dei bambini, i bambini scatenati sono bambini sani! Invece no. Negli USA, una nazione dove l’uso dei farmaci è su scala da supermercato, il Ritalin ha già creato 6 milioni di dipendenti. In un articolo del 1° luglio 2005, “Forbes”, nella sua edizione online, riferisce che il controverso farmaco Ritalin potrebbe essere associato anche allo sviluppo di tumore. Si tratta di un farmaco il cui principio attivo è il metilfenidato. Ricercatori dell’MD Anderson Cancer Center presso l’Università del Texas avrebbero purtroppo registrato un danno cromosomico nei bambini che lo assumevano da 3 mesi. Esperti dell’FDA (Food and Drug Administration), del NIH (National Institutes of Health) ed EPA (Environmental Protection Agency) stanno esaminando i dati per accertare l’eventuale pericolosità del farmaco. I dati sono ancora preliminari. Oltre all’iperattività, il farmaco promette di curare la sindrome da «deficienza di attenzione» (bambini trascurati). E in Italia? «Troppi farmaci ai bimbi. Bimbi iperattivi trattati con un farmaco» titola il giornale. Mentre a Torino, secondo la denuncia di un genitore, un neuropsichiatra infantile della Asl avrebbe «illustrato la fenomenologia del disagio infantile in una riunione scolastica, spiegando che tale situazione poteva essere risolta con l’intervento medico tramite la somministrazione di psicofarmaci», una ricerca (luglio 2005) di «Giù le mani dai bambini» dice che il 99,6% dei genitori è «contrario alla somministrazione degli psicofarmaci». Critiche anche al test attraverso cui i bambini vengono definiti 89

iperattivi. No a una definizione troppo facile di bambino iperattivo e, soprattutto, no a un uso spensierato di psicofarmaci per calmarli: una contrarietà espressa quindi dalla quasi totalità di un campione statisticamente rappresentativo, interpellato dalla campagna nazionale di farmacovigilanza «Giù le mani dai bambini» con il patrocinio del Segretariato Sociale della Rai, della Federazione italiana Medici e altri enti. Allarmanti, i dati. In due anni, la somministrazione di psicofarmaci, antidepressivi e calmanti a bambini e adolescenti italiani è quintuplicata. Dal 2000 al 2002 la prescrizione degli antidepressivi ai più piccoli è aumentata di 4,5 volte; secondo l’Eurispes almeno 20.000 bambini e giovani (fino a 18 anni di età) sono in cura con psicofarmaci. A Milano, un istituto di ricerca ha condotto uno studio che ha dato un esito sconcertante: due bambini su mille assumono psicofarmaci. La maggioranza dei farmaci antidepressivi e psicofarmaci sono testati e sperimentati per gli adulti, ma sono ugualmente somministrati a bambini e adolescenti semplicemente diminuendo la dose.

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A cura del quotidiano “La Stampa” e di comitati di medici pediatri. La mission online: «Negli Stati Uniti a oltre undici milioni di bambini vengono somministrati quotidianamente anfetamine o psicofarmaci allo scopo di tentare di risolverne i disagi. Nelle scuole italiane, sono stati recentemente avviati programmi di screening di massa per individuare i bambini sofferenti di problemi di carattere psicologico. Se tuo figlio perde le cose, è disattento a scuola, interrompe spesso gli insegnanti o è aggressivo coi compagni di classe, non è detto che sia malato. Prima di sottoporlo a una cura dagli esiti incerti e dagli effetti collaterali potenzialmente distruttivi, raccogli informazioni complete sul nostro sito, oppure contatta il nostro comitato per ricevere a casa una pubblicazione gratuita. Spesso un bambino ha solo necessità di essere ascoltato con attenzione. Non etichettare tuo figlio. Parlagli!». www.giulemanidaibambini.it

Curato dai responsabili della campagna «GiuleManidaiBambini» c’è un opuscolo di una quarantina di pagine a colori, un piccolo formato che va per la maggiore sia nelle scuole, tra gli insegnanti, che in famiglia, che anche tra gli addetti ai lavori (pediatri, pedagogisti). Per riceverlo, scrivere al Comitato Giulemanidaibambini, Casella Postale 589, 10121 Torino Centro; oppure via e-mail a [email protected]. Sarà inviato a casa col solo contributo delle spese postali. Bambini e psicofarmaci: nuova emergenza sanitaria. 90

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9-10 anni Il futuro è di tutti i cuccioli. Campagna Gaia – Animali&Ambiente, 1998

Come glielo spieghiamo? Il mondo, oggi, può essere terrorizzante. Notizie e immagini da giornali, tv e nuovi media colpiscono noi, i nostri piccoli. Colpiscono, e feriscono. All’indomani della strage della scuola di Beslan in Ossezia (era l’1 settembre 2004: sequestro di 1200 persone, poi un’esplosione, un crollo, 331 vittime – 172 tra i bambini), Marcella Danon, ecopsicologa, propone questa riflessione per non sentirsi inermi davanti agli eventi, ma per rafforzare il proprio impegno personale nei confronti della propria vita, di quella dell’umanità e del pianeta, una riflessione da condurre insieme ai nostri… piccoli adulti. «Che cosa diciamo ai bambini di quanto è successo in questi giorni? Che cosa diciamo al nostro “bambino interiore” sgomento davanti agli schermi, ai giornali, ai monitor, che ci fanno partecipare al dramma con una intensità raramente provata prima, giacché i media sono sempre più presenti nei primi piani del mondo e il mondo è presente sempre più in primo piano nella nostra vita? Che cosa diciamo, per non perderci nel già detto della retorica, nelle facili risposte dell’odio o nell’ancor più facile rimozione di tutto l’accaduto, come fosse un altro terribile telefilm? Ci sono delle cose che non capiamo. Ci sono delle cose in cui non c’è niente da capire, c’è solo da agire... perché non succedano più. E allora qualcosa dobbiamo dire, qualche cosa dobbiamo fare. Perché il rischio è quello di lasciarsi sopraffare dall’angoscia e questo non vale solo per i bambini, ma anche per noi che bambini siamo stati e per i nostri bambini vorremmo creare un mondo degno di essere vissuto. Non siamo inermi e impotenti davanti a ciò che succede, c’è molto da dire, c’è molto da fare. Siamo tutti abitanti di questo stesso 94

pianeta e non ne abbiamo uno di ricambio e dovremo trovare il modo di vivere tutti insieme. Ogni momento è buono per cominciare a “utilizzare” ciò che succede, anche ciò che succede di brutto, di molto brutto, non come una scusa per creare ancora più odio, ancora più divisione, ancora più violenza, ma per rafforzare la nostra volontà di trovare prima di tutto cosa ci accomuna come esseri umani... l’amore per i bambini, tanto per cominciare. È necessario fare leva su quanto di bello di grande e di glorioso condividiamo con tutti gli esseri umani, possiamo provare a immaginarci tutti come cellule di un unico organismo, diversi nella forma e nella funzione ma tutti accomunati da una stessa finalità: vivere e far vivere l’organismo intero. Quando questo è chiaro, qualche cellula impazzita o così sofferente da aver negato la sua stessa origine e la sua umanità non diventa il pretesto per amputare l’organo. Molte malattie, anche molti tumori, possono essere combattuti rafforzando l’insieme, non distruggendo il particolare. Il fatto che una malattia prende piede vuol dire che lo stato generale di salute non è buono. E la nostra società è inequivocabilmente malata, eventi come quelli che seguiamo sempre più spesso sugli schermi ne sono il sintomo, occupiamoci quindi di fare qualcosa di concreto per la sua/nostra salute! Cosa può fare ognuno di noi? Cominciare a sanare rapporti e relazioni nel proprio piccolo, perché c’è uno strettissimo rapporto tra ciò che succede in noi, nella società e nel mondo. Cominciamo a curare il mondo curando la qualità dei nostri pensieri, delle nostre parole, delle nostre azioni. Privilegiando l’ascolto e la comprensione invece del rifiuto e del pregiudizio. Verificando in prima persona dicerie prima di gettare fango su qualcuno solo per “sentito dire”. 95

Frenando la malalingua quando non ha uno scopo propositivo. Ascoltando più spesso quell’ingenua della voce della coscienza che ci guida verso una maggior fiducia negli altri e nella vita. Ricordando che uno degli insegnamenti più essenziali per l’umanità è “ama il tuo prossimo come te stesso” e cominciando con l’amare maggiormente noi stessi. Scoprendo che un gesto gentile ha più forza di uno violento. Affrontando ogni conflitto mirando a un punto d’incontro, non alla distruzione della controparte. Sviluppando la consapevolezza che siamo tutti foglie dello stesso albero. E prima lo capiamo meno ci distruggiamo. Insegnando ai bambini che l’odio è il frutto dell’ignoranza. Mandando pensieri di luce e d’amore alle vittime, piuttosto che odio agli aggressori. Usando il pensiero creativo per porre i semi del mondo che vorremmo. Non permettendo a interessi economici – altrui – di dirigere e strumentalizzare le nostre emozioni. Dando energia alla vita, non all’odio. Questo è solo un inizio di riflessione. Quanto succede in questo mondo ci riguarda. Tutti».

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Per rispondere alle esigenze attuali di una psicologia che comprenda l’individuo nell’ambito del contesto in cui vive e che lo metta in condizione di «essere e agire» con creatività e responsabilità nella vita quotidiana, nasce una «psicologia del noi»: l’ecopsicologia. Nasce dall’incontro tra psicologia ed ecologia e propone una visione molto ampia dell’essere umano riconoscendo le strette interrelazioni tra la qualità delle relazioni coltivate nel mondo interiore e di quelle esternate verso gli altri e il mondo. La crescita personale diventa così un percorso concreto di azione sulla società e di formazione alla coscienza ambientale, in cui la natura è punto di partenza e punto di arrivo di un processo di autoconoscenza e autorealizzazione. Psicologia ed ecologia si arricchiscono e completano reciprocamente verso l’obiettivo comune di porre le basi per un vivere ecosostenibile e gioioso, basato su ascolto, rispetto e collaborazione. Marcella Danon è l’«ambasciatrice» dell’ecopsicologia in Italia ed è anche curatrice della sezione ‘essere’ di LifeGate.it. www.ecopsicologia.it

Ho anch’io i miei diritti Un libro importante per comprendere i profondi legami che esistono tra l’individuo e il mondo di cui fa parte, un incontro tra psicologia, che studia l’uomo, ed ecologia, che studia il mondo, in modo da elaborare strategie di ascolto, rispetto e interazione. Per favorire stili di vita costruttivi e collaborativi per tutti i popoli della Terra. Marcella Danon, Ecopsicologia. Crescita personale e coscienza ambientale, Urra-Apogeo 2006 96

Eccolo, il nostro piccolo uomo, la nostra piccola donna. Ecco che s’affacciano al mondo, a questo mondo di adulti. La nostra è stata chiamata da Norberto Bobbio l’«èra dei diritti». Vediamo quali sono quelli dei bambini, ora. Quelli di tutti i bimbi del mondo. A promulgarli è la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia: approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, è entrata in vigore il 20 settembre 1990. Questa convenzione, ratificata dall’Italia con la Legge n. 97

176 del 27 maggio 1991, è assai più articolata di quella che risale al 1959, consta di 54 articoli (contro i 10 di quella vecchia). Ci sono poi molti termini tecnici, non facilmente comprensibili. Gli articoli vanno tradotti, rendendoli comprensibili ai ragazzi. Ecco fatto. Convenzione dei diritti dell’infanzia Preambolo. Nel preambolo vengono ricordati i princìpi fondamentali dell’Onu, le Nazioni Unite, e le disposizioni dei trattati e dei testi sui diritti dell’uomo e si riconosce che il bambino, e la famiglia, necessitano di una particolare protezione e di cure speciali. Articolo 1. Definizione di bambino È «bambino» (o, nel termine adottato dalla Convenzione, «fanciullo») «ogni essere umano avente un’età inferiore ai diciotto anni», a meno che nel suo paese le leggi dicano che si diventa maggiorenni prima. Articolo 2. Divieto di discriminazione Lo Stato deve impegnarsi a garantire tutti i diritti a ogni bambino, senza distinzioni, anche se il bambino è di colore, etnia, lingua o religione diversa, indipendentemente da sesso, condizione sociale: questo significa che lo Stato ha l’obbligo di tutelare il fanciullo da qualsiasi forma di discriminazione e s’impegna a non violare alcun diritto del bambino, facendo tutto il possibile per lui. Articolo 3. Interesse superiore del bambino In tutte le decisioni riguardanti i bambini, prima di tutto bisogna pensare all’«interesse superiore» del bambino. Lo Stato assicura assistenza al fanciullo anche nel caso in cui i suoi genitori o altre persone responsabili non riescano a fare il loro dovere. Articolo 4. Attuazione dei diritti Lo Stato si impegna ad assicurare l’attuazione dei diritti ricono98

sciuti in questa Convenzione, con i soldi suoi oppure quelli della cooperazione internazionale. Articolo 5. Orientamento del bambino e sviluppo delle sue capacità I genitori e i membri della famiglia, come previsto da cultura, usi locali, tradizioni, hanno il diritto/dovere di dare al bambino l’orientamento e i consigli necessari in modo consono all’evoluzione delle sue capacità. Articolo 6. Diritto innato alla vita Lo Stato riconosce che «ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita», cioè il diritto di vivere! Quindi bisogna impegnarsi a garantire la sua sopravvivenza dopo la nascita e il suo sviluppo. Articolo 7. Nome e nazionalità Il bambino ha diritto a un nome e a una nazionalità. Va registrato subito a un’anagrafe, appena nasce, con un nome e con la sua cittadinanza. Articolo 8. Tutela dell’identità Il nome, la nazionalità, le relazioni familiari del bambino vanno protette. Se si smarriscono, lo Stato fornirà assistenza e tutela affinché venga ristabilita l’identità. Articolo 9. Separazione dai genitori Il bambino ha diritto di vivere con i suoi genitori (a meno che la separazione non risulti necessaria nell’interesse del fanciullo). In caso di separazione da entrambi i genitori o da uno di essi, il bambino ha diritto di mantenere relazioni personali con ambedue i genitori. Se la separazione è dovuta al fatto che papà o mamma vengono messi in prigione, o espulsi, lo Stato deve fornire tutte le informazioni sul luogo in cui si trovi il membro della famiglia. Articolo 10. Riunificazione della famiglia Il fanciullo coi suoi genitori ha il diritto di lasciare qualsiasi Paese e di far ritorno nel proprio ai fini della riunificazione della fami99

glia: siccome va sempre fatta domanda, lo Stato deve valutare questa «domanda» con «spirito positivo». Articolo 11. Trasferimenti illeciti e mancato rientro Lo Stato deve adottare misure ragionevolmente appropriate per lottare contro i trasferimenti illeciti all’estero di fanciulli e il loro mancato rientro da parte di un genitore o da altre persone. Mamma o papà non possono decidere da soli, senza dirlo a nessuno, di portarsi all’estero il figlio. Articolo 12. Opinione del bambino Il bambino, quando diventa capace di avere un’opinione, ha diritto di esprimerla liberamente in merito a tutte le questioni e ai procedimenti che lo riguardano: nella certezza che tale opinione venga tenuta in debito conto. Articolo 13. Libertà di espressione Il bambino ha diritto di leggere e guardare quello che gli pare, cercare e diffondere nuove informazioni e idee, e di esprimere le sue (fatte salve le libertà altrui e le regole). Articolo 14. Libertà di pensiero, di coscienza e di religione Ogni bambino ha libertà di pensiero, di coscienza e di religione nel rispetto del ruolo di guida dei genitori e delle limitazioni che a volte le leggi nazionali prevedono per motivi di ordine pubblico. Articolo 15. Libertà di associazione Il bambino si può vedere, associare, riunire e formare ‘club’ con chi vuole e come vuole, purché siano salvaguardati i normali diritti degli altri. Articolo 16. Protezione della vita privata Anche il bambino ha diritto alla sua privacy, non può essere sottoposto a interferenze nella sua vita intima, nella sua famiglia, nella sua abitazione o nella sua corrispondenza. Articolo 17. Informazione Lo Stato riconosce che giornali e giornalini, la tv, la radio, Inter100

net, sono importanti, e quindi incoraggia i mass media a diffondere informazioni positive, materiali utili per i bambini, incoraggia la stampa di libri per l’infanzia, e però vigila anche per tutelare il fanciullo contro l’informazione e i materiali che gli possono far male. Articolo 18. Responsabilità dei genitori La responsabilità di allevare il fanciullo è in primo luogo di entrambi i genitori, mamma e papà. Lo Stato deve fornire un’adeguata assistenza ai genitori nell’adempimento delle loro responsabilità. Se i genitori lavorano, per esempio, devono esserci sane strutture per la custodia del piccolo. Articolo 19. Protezione da maltrattamenti Lo Stato deve garantire a tutti i bambini la necessaria protezione contro qualsiasi forma di maltrattamento da parte dei genitori o da altre persone che l’hanno in cura. Niente violenze, botte, coercizioni fisiche o mentali, niente sfruttamento sessuale né lavorativo, mai abbandoni. Lo Stato offre programmi di prevenzione e di cura. Articolo 20. Protezione del bambino al di fuori del suo ambiente familiare Se il bambino non può stare con la sua famiglia, lo Stato deve aiutarlo, affidandolo a qualcuno. E chi si occupa del bambino deve rispettare le sue abitudini. La sua cultura, le tradizioni. Articolo 21. Adozione I bambini bisognosi possono essere adottati. Gli Stati che riconoscono o autorizzano il sistema dell’adozione devono sempre verificare che però l’interesse del bambino sia la prima cosa, che ci siano tutte le garanzie del caso e che le autorità competenti abbiano rilasciato le autorizzazioni. Articolo 22. Bimbi rifugiati A volte, da un Paese in guerra o con condizioni civili invivibili è necessario scappare. Il bambino considerato rifugiato o che chie101

de, con i genitori, l’asilo, ha diritto a una protezione speciale. A tal fine lo Stato deve cooperare con le organizzazioni a cui incombe il mantenimento della protezione. Articolo 23. Bimbi disabili Il bambino handicappato ha diritto a cure speciali, a un’educazione e formazione adatte a lui, che promuovano la sua autonomia e facilitino la sua partecipazione alla vita della comunità, a scuola, con gli amici, a casa. Articolo 24. La salute, il dottore Il bambino ha il diritto di stare bene, che la sua salute non venga mai messa a rischio. Lo Stato gli garantisce il diritto ad andare eventualmente in ospedale, dal dottore, per guarire. È molto importante l’assistenza sanitaria di base, la prevenzione, l’informazione della popolazione per ridurre, specie nei Paesi meno sviluppati, il tasso di mortalità infantile. Inoltre, lo Stato deve contribuire all’abolizione delle pratiche tradizionali che possono risultare pregiudizievoli alla salute dei bambini e, per l’affermazione di questo diritto, bisogna rafforzare la cooperazione internazionale. Articolo 25. Riesame di un ricovero Ogni bambino ricoverato in ospedale non va… dimenticato: ci vuole un riesame periodico di tutte le circostanze relative al suo caso. Articolo 26. Sicurezza sociale Anche se lui o i genitori sono poveri, il bambino deve comunque potersi curare, e ha il diritto di beneficiare della sicurezza sociale come tutti i cittadini. Articolo 27. Livello di vita Il bambino ha diritto a un livello di vita sufficiente per crescere bene, per il suo sviluppo. La responsabilità spetta ai genitori; lo Stato deve adottare le giuste misure per garantire l’attuazione di questo diritto da parte dei genitori, se necessario fornendo assistenza materiale per il sostentamento. 102

Articolo 28. Educazione Lo Stato riconosce il diritto del fanciullo ad avere un’educazione. Per questo si impegna a: a) offrire un’istruzione elementare (primaria) gratuita e obbligatoria per tutti; b) organizzare le medie; c) dare la possibilità, a seconda della bravura del bambino, di proseguire gli studi superiori; d) dare un corretto orientamento; e) far di tutto per evitare che il bambino smetta di andare a scuola. La disciplina scolastica dev’essere impartita nel rispetto della dignità del bambino. Articolo 29. Obiettivi dell’educazione Tutti gli Stati del mondo concordano sui seguenti obiettivi dell’educazione: la promozione dello sviluppo della personalità del fanciullo e dei suoi talenti, la preparazione a una vita attiva da adulto, il rispetto dei diritti dell’uomo e dei valori culturali e nazionali del suo e degli altri Paesi. Articolo 30. Bambini di minoranze e di origine autoctona Il bambino che appartenga a una minoranza o di origine autoctona ha il diritto di avere la propria vita culturale, di professare la propria religione e di avvalersi della propria lingua con gli altri membri del suo gruppo. Articolo 31. Tempo libero, attività ludiche e culturali Ogni bambino ha diritto a giocare, al tempo libero, e a partecipare alla vita culturale e artistica. Articolo 32. Lavoro minorile Lo Stato riconosce il diritto del fanciullo a essere protetto contro lo sfruttamento economico, contro qualsiasi lavoro che possa fargli male, nuocere alla sua educazione, alla crescita. Inoltre, si fissano per legge l’età minima per cominciare a lavorare (è vietato lavorare quando si è bambini) e le norme relative alle condizioni di lavoro. Articolo 33. Stupefacenti Il bambino va protetto dall’uso di stupefacenti e di sostanze psicotrope. 103

Articolo 34. Sfruttamento sessuale Lo Stato adotta tutte le misure, nazionali, bilaterali e multilaterali, per impedire che bambini e bambine vengano obbligati ad attività sessuali illegali, che vengano sfruttati o che siano fatti partecipare a spettacoli o pratiche pornografiche. Articolo 35. Vendita, traffico e rapimento Il fenomeno del traffico di minori è gravissimo, orrendo, prelude a gravi sofferenze, allo sfruttamento o alla morte del piccolo. Gli Stati devono prendere ogni misura appropriata per impedire il rapimento, la vendita, la tratta di fanciulli «per qualunque fine e sotto qualsiasi forma». Articolo 36. Altre forme di sfruttamento Comunque il bambino va protetto contro tutte le forme di sfruttamento non menzionate negli articoli 32, 33, 34 e 35. Articolo 37. Tortura e privazione della libertà Nessun bambino dev’essere soggetto a tortura, a trattamenti o punizioni crudeli o degradanti, né alla privazione illegale o arbitraria della libertà. Inoltre, non gli si può dare la pena di morte né l’ergastolo. E se proprio va legalmente privato della libertà, va trattato con cura e detenuto separato dagli adulti, deve avere il diritto di mantenere i contatti con la propria famiglia. Articolo 38. Conflitto armato In caso di guerra, vige il principio per cui nessun fanciullo di età inferiore ai 15 anni venga reclutato come soldato, prenda direttamente parte alle ostilità. Articolo 39. Reinserimento sociale Lo Stato adotterà poi ogni appropriata misura per assicurare il reinserimento sociale di un fanciullo vittima di conflitto armato, tortura, abbandono, sfruttamento o maltrattamento. Articolo 40. Giurisdizione minorile Ogni bambino sospetto o accusato di aver infranto la legge ha di104

ritto al rispetto dei suoi diritti fondamentali, in particolare il diritto a un processo normale, equo, all’assistenza legale o psicologica nella preparazione e presentazione della sua difesa. Inoltre, clausola importante, lo Stato si impegna a evitare il ricorso a un procedimento giudiziario e al trattamento «istituzionale» ogni qualvolta ciò risulti possibile e auspicabile. Articolo 41. Rispetto delle normative vigenti Se uno Stato ha una legge ancora più favorevole alla realizzazione dei diritti del bambino di quelle qui contenute, si applica naturalmente quella. Articoli da 42 a 54. Applicazione ed entrata in vigore Le disposizioni degli articoli da 42 a 54 riguardano l’obbligo di ogni Stato di far conoscere diffusamente presso gli adulti i princìpi e le norme della Convenzione, l’istituzione presso l’Onu di un Comitato sui diritti del fanciullo, composto di 10 esperti, a cui compete il controllo dei rapporti che gli Stati parti si impegnano a sottoporre allo stesso, e la partecipazione attiva delle agenzie delle Nazioni Unite come l’Oil, l’Oms, l’Unesco e l’Unicef. Lanciamo questa inchiesta: «Quali nuovi diritti hanno i bambini?». Ve ne diciamo alcuni: diritto all’ozio, a spazi di tempo non programmati; diritto a sporcarsi; diritto a dir le bugie, primissima espressione di creatività; diritto di toccare, plasmare e manipolare; diritto al «buon inizio», cioè: buon cibo, buona acqua, aria pura fin da «cuccioli»; diritto al selvaggio: a boschetti, a spazi verdi non ordinati, a momenti di sfogo, di liberazione; diritto al silenzio, a potersi rinchiudere ogni tanto nel piccolo mondo di pastelli e di sogni, in pace…. 105

…e poi, chiediamo loro un’idea per un nuovo «diritto»! Un diritto di cui vogliono essere riconosciuti titolari! Arriveranno idee tipo «diritto a non avere la cartella pesante», «di avere un cane» o «di giocare col pallone di gommapiuma in casa»… È questo il germe di una profonda riflessione, di una nuova consapevolezza, per una nuova… generazione.

Realizzato in collaborazione con l’Unicef, il volume ospita storie di bambine e di bambini, di parole e immagini. Una visione toccante dei diritti negati all’infanzia, in cui l’immagine denuncia il reale e la parola si riappropria del diritto violato, della sua imprescindibile necessità di essere ristabilito. Per dire che l’infanzia è un diritto, un obbligo anche dei grandi (a ogni immagine, nel finale, corrisponde un preciso dettato normativo) – per esempio, a pagina 26, il diritto all’amore. Per spiegare anche ai bambini tematiche complesse come la vita, la morte, la guerra, con realismo, ironia e poesia. Giovanni Floris, ill. Lorenzo Terranera, Storie di bimbi senza storia, Lapis Edizioni, 2005

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«Filiale» italiana d’una organizzazione internazionale presieduta dalla duchessa di York, Children in Crisis Italia supporta le campagne internazionali ma ha anche un progetto italiano per affrontare sia sul piano pedagogico che psicologico, in modo integrato, i temi dell’educazione all’affettività, dei rischi per il bullismo, l’abuso alimentare e di sostanze tossiche. È l’unico progetto italiano, certificato dall’Università Cattolica e dall’Asl, che tratta questi temi in modo forte, lavorando nelle scuole: il progetto «Decidi». www.childrenincrisis.it

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Appendice

Come attivare il menu ‘bio’ a scuola Comprare biologico vuol dire sostenere un’agricoltura fonte di vita, vuol dire lottare contro il saccheggio dell’ambiente, rispettare gli animali e salvaguardare la biodiversità del pianeta. Vuol dire proteggere la salute (nostra, dei nostri bambini, di tutti, anche degli agricoltori e… di chi non acquista ancora questi prodotti). È anche una forma di resistenza contro le brutture dilaganti e la follia delle modificazioni genetiche di piante e animali. È una forma di libertà, una speranza da sostenere e nutrire, un investimento sul futuro del mondo. – Baule Volante Sono più sani, più sicuri. Più ricchi nutrizionalmente. Più controllati e garantiti. Per questo, per i nostri bambini sono meglio i cibi da agricoltura biologica; e per questo dovrebbero essere proposti anche a scuola. Metà della frutta e verdura in commercio in Italia non è adatta al consumo per i bambini, a causa dei residui di pesticidi. I cibi bio non contengono la benché minima traccia di residui di pesticidi, perché, secondo le norme europee e italiane, per coltivarli e produrli non si usano veleni chimici. Ecco come fare per ottenere che anche nella mensa della scuola ci siano alimenti da agricoltura biologica certificati. È necessario sapere cosa dice la legge, essere tutti d’accordo, e rivolgersi in Comune alle persone giuste. 1. Dati e costi del menu ‘bio’ Asili, scuole elementari e medie comunali attivano menu biologici nella refezione quando l’Amministrazione Comunale decide in tal 108

senso. Una delle principali remore ad attivare i menu biologici nelle refezioni scolastiche è dovuta ai timori per i costi aggiuntivi. Prima di attivare l’iter amministrativo che porterà alla istituzione dei menu bio, coinvolgendo la Giunta, il Consiglio e gli uffici comunali e le scuole, è necessario convincere il Sindaco e l’assessore all’Istruzione della bontà dell’iniziativa. I costi aggiuntivi dovuti alla istituzione delle mense bio non sono proibitivi né per le famiglie né per l’Amministrazione comunale. Il Comune che attiva le refezioni biologiche deve però comprendere l’importanza della scelta e dell’educazione alimentare dei propri piccoli concittadini, investendo, anche economicamente, in questa direzione. Ciò significa che il pur non considerevole aumento dei costi deve essere sostenuto in parte anche dal Comune. Alcune pubbliche amministrazioni, lo diciamo per esperienza, hanno attivato le mense bio mettendo i costi aggiuntivi a carico esclusivamente delle famiglie, col risultato di una rivolta dei genitori contro la scelta biologica. Altri Comuni hanno, invece, sostenuto parzialmente i costi aggiuntivi dovuti alla scelta biologica, mettendo a carico delle famiglia solo una minima quota. La nuova scelta della pubblica amministrazione deve essere accompagnata da una adeguata campagna di sensibilizzazione e informazione, perché è purtroppo ancora scarsa la consapevolezza dell’importanza di una corretta alimentazione dei più giovani. Speriamo che questo libro contribuisca costruttivamente. I prodotti biologici nelle mense scolastiche rappresentano un investimento in salute sia per le famiglie, sia per la pubblica amministrazione: vale la pena quindi spendere qualche centesimo di euro in più a buono pasto. Ma… di che percentuali di aumento stiamo parlando? 109

L’aumento del costo pasto è, ovviamente, proporzionale al numero e alla tipologia dei prodotti biologici inseriti, nonché della loro frequenza nel menu. Vediamo qualche dettaglio relativo alla previsione di aumento dei costi, in linea del tutto generale, differenziato per le diverse tipologie di alimento biologico: +5%: prodotti ortofrutticoli freschi +5%: legumi secchi, cereali e derivati +6%: condimenti +6%: latte e derivati +18%: carni rosse +25%: carni bianche +10%: salumi +3%: conserve. Come si vede, siamo ben lontani dai costi esorbitanti dei prodotti biologici paventati dai detrattori dell’agricoltura biologica o che si possono trovare in qualche negozio specializzato, decisamente smodato. Si tratta, certo, ancora di un mercato di nicchia e che si sta evolvendo, che dovrà adeguare i propri prezzi anche a tasche più popolari. La maggior richiesta e distribuzione su larga scala dei prodotti biologici consentirà anche la graduale diminuzione ed assestamento dei prezzi. Anche per consentire al biologico di diventare un vero e proprio mercato di massa, con prezzi sempre più accessibili, è necessario che le pubbliche amministrazioni ci credano e investano in questa direzione. La scelta di menu biologici nasce dalla consapevolezza che i bambini sono, rispetto agli adulti, maggiormente esposti all’inquinamento alimentare, come ricordano studi pediatrici, primo fra tutti il rapporto del Consiglio Nazionale delle Ricerche USA del 1993 su «I pesticidi nella dieta dei neonati e dei bambini». Nella 110

fase di crescita il metabolismo è, infatti, più rapido. I bambini, rispetto agli adulti, sono 10 volte più esposti ai rischi di un’alimentazione con residui chimici e sintetici. I residui massimi di sostanze pericolose in agricoltura e negli alimenti, consentiti per legge, hanno come punto di riferimento non un bambino, bensì un adulto dal peso medio di 60 chilogrammi. L’importanza della refezione scolastica di qualità, garantita biologica, è stata riconosciuta anche dallo Stato italiano e dall’Unione europea (Regolamento CEE n° 2092/91 del giugno 1991, zootecnia biologica certificata dal Regolamento CE 1804/1999, valido dall’agosto 2000). L’art. 59 della Legge Finanziaria del 2000, voluto dai Verdi, prevede che le pubbliche amministrazioni dispongano anche la presenza di prodotti biologici nelle mense pubbliche di scuole, ospedali e case di riposo. Alcuni Comuni hanno adottato i menu biologici al 100% con convinzione unanime, in altri è stato necessario proporre in Consiglio comunale una mozione, un ordine del giorno che impegnava in tal senso la Giunta. Più facile l’adozione delle mense bio se il capitolato di appalto per la refezione scolastica è in fase di scadenza e deve essere rinnovato. È comunque possibile chiedere alla ditta che prepara i pasti per le scuole di integrare il proprio servizio, aggiungendo o trasformando i pasti in biologici. Le Commissioni mensa miste, genitori-insegnanti, dovranno avere un compito di partecipazione e non solo di controllo, nel garantire l’accoglimento della nuova proposta e il rispetto rigoroso di quanto previsto nel capitolato. Nel primo periodo di avvio dei nuovi menu biologici potranno riscontrarsi dei piccoli problemi legati al gusto e alle abitudini. I cibi biologici, infatti, vanno cotti per minor tempo. Le carni sono generalmente più dure e più scure, perché gli animali degli alleva111

menti bio si possono muovere, sviluppando la muscolatura e le carni non sono trattate con coloranti e antiossidanti chimici. I nuovi sapori «di una volta», a cui la maggioranza dei bambini e non solo loro, sono ormai disabituati, devono essere accompagnati da informazioni di sostegno e spiegazione. La sicurezza alimentare richiede educazione e qualche piccolo, iniziale, sforzo da parte dei Comuni e degli insegnanti. 2. Per la salute dei bimbi I pesticidi possono essere tossici, cancerogeni, allergenici; ma vi siete mai chiesti che effetto fanno ai bambini? I ritmi metabolici dei bambini sono diversi da quelli degli adulti; la loro capacità di eliminare le tossine è minore; la loro sensibilità agli agenti allergogeni e cancerogeni è maggiore. I pesticidi chimici che rimangono come residuo sugli alimenti sono pericolosi per gli adulti, ma ancor più per i bambini. Secondo le ricerche i bambini che consumano regolarmente cibi con residui di pesticidi corrono un rischio molto più elevato rispetto agli adulti di contrarre il cancro. Sommando il rischio derivante dalla presenza sugli alimenti di 8 pesticidi utilizzati comunemente per la produzione di 20 tra frutti e ortaggi, il bambino tra 0 e 6 anni può vedere decuplicato il livello di rischio considerato “accettabile” dalla medicina. Molti studi hanno dimostrato che i pesticidi, se assunti nel periodo neonatale e nella prima infanzia, possono alterare, anche in modo irreversibile, la funzionalità e lo sviluppo dei sistemi nervoso, immunitario, endocrino e dell’apparato riproduttivo. Anche le mamme che allattano dovrebbero evitare di consumare cibi con residui di pesticidi, perché queste sostanze passano nel latte materno. La sovraesposizione del bambino ai pesticidi, inoltre, aumenta il 112

rischio di sviluppare patologie allergiche (anche in età adulta), perché il continuo contatto con sostanze estranee stressa il sistema immunitario predisponendolo a reagire in modo abnorme anche nei confronti di sostanze innocue, come accade nelle allergie. Quindi, i piccoli sono più esposti degli adulti ai rischi di un’alimentazione con residui chimici. E metà della frutta e verdura in commercio in Italia ha residui di pesticidi superiori ai valori consentiti per l’alimentazione infantile. Ripetiamo, metà della frutta presente sul mercato non è idonea all’alimentazione dei bambini, perché sfora i limiti di legge per la presenza di residui indesiderabili. Un prodotto con residui superiori al limite di legge, ovviamente, non è idoneo all’alimentazione in generale; ancor più rigorosamente, per i più piccoli, la legge italiana – in base al DPR 7 aprile 1999 n. 128 dettato dall’allora ministro dell’agricoltura Alfonso Pecoraro Scanio – dice che il prodotto che presenti residui superiori a 0.01 mg/kg (lo zero strumentale) non è idoneo all’alimentazione dei lattanti e dei bambini. Lo ribadisce poi la norma europea, la Direttiva 2003/13/CE della Commissione, del 10 febbraio 2003, che modifica la direttiva 96/5/CE sugli alimenti a base di cereali e gli altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini: gli alimenti a base di cereali e gli altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini non devono contenere alcuna sostanza in quantità tale da poter nuocere alla salute dei lattanti o dei bambini. In base a ciò: alcuni pesticidi non possono assolutamente essere utilizzati, per altri è tollerato un residuo massimo di 0.003 mg/kg (3 milligrammi per chilo, 3 grammi di pesticida per 1 tonnellata di prodotto), che è sempre praticamente zero, lo zero strumentale. Ecco perché un quinto degli ortaggi e metà della frutta in Italia non posseggono le caratteristiche sanitarie per essere utilizzabili nelle mense degli asili nido e delle scuole elementari e medie (e sa113

rebbe meglio che non arrivassero nemmeno nel piatto dei bambini a casa)! Insalate, pomodori, ravanelli conditi con captàno, diazinon e vinclozolin. È il menu offertoci dai banconi dell’ortofrutta. Lo dicono le indagini italiane ed europee. Su una ciliegia nel 2003 hanno trovato tre diversi pesticidi; un peperone su quattro è fuorilegge; i controlli non sempre sono efficaci e sufficienti. Anche adesso la metà della frutta infatti, stando ai campioni analizzati dalle agenzie ambientali e dalle Asl è contaminata da almeno un tipo di pesticida. In un prodotto su quattro si trova addirittura traccia di più di un principio attivo. Migliore – ma non buona – la situazione della verdura: il 20% dei campioni è risultato contaminato da almeno un pesticida, e nel 5% ne sono stati trovati più d’uno. E poi ci sono pure i campioni fuorilegge, dove non solo i pesticidi ci sono, ma superano le concentrazioni imposte per legge o sono addirittura vietati: sono il 2% del totale; un dato tutt’altro che rassicurante. Tra i veleni più frequentemente rinvenuti: Imazalil, Procimidone, Clorpirifos, Clorpirifos etile, Endosulfan, Captano, Procloraz, Metidation, Tiabendazolo, Difenilammina, Clorprofam, Ortofenilfenol E231. In Europa il trend non è diverso. Non solo non ci sono stati cali nell’uso di pesticidi in agricoltura, ma la percentuale di campioni contenenti residui multipli è aumentata notevolmente e i cocktail che ne derivano risultano essere assai pericolosi per la salute, secondo uno studio della Commissione Europea del 2004. Sono stati trovati residui nel 40,2% dei campioni, e ben il 4,2% superava i limiti di legge. Nel ‘99 la percentuale era pari al 36%: quindi nelle ultime rilevazioni il trend di diminuzione riscontrato negli anni 1996-1998 si è invertito! Si deve mettere a punto una strategia per ridurre i rischi per la salute e per l’ambiente causati dall’impiego di pesticidi in agricoltu114

ra, come ha richiesto il Parlamento europeo a tutti gli Stati membri. I pesticidi producono conseguenze a livello immunologico ed endocrino, possono contribuire allo sviluppo di alcune forme tumorali e contaminano le falde dalle quali si trae gran parte dell’acqua potabile. Per questo il Parlamento di Strasburgo aveva approvato un piano d’azione nel quale raccomanda l’adozione di interventi nazionali finalizzati a conseguire l’obiettivo di ridurre del 50% l’uso degli additivi chimici impiegati in agricoltura, con campagne di informazione, servizi di consulenza agli agricoltori e incentivi per l’agricoltura biologica e sostenibile. Quindi, se dai controlli di frutta e verdura normali in vendita nei supermarket di tutta Europa ogni tanto emerge che i residui di pesticidi ci sono eccome, e “preoccupano”, che in un’insalata su tre la soglia di fitofarmaci è fuorilegge, o addirittura sono state usate sostanze proibite... fondati dubbi devono assalire i genitori più attenti. Nel biologico, invece, tolleranza zero. Basta una piccola infrazione, il produttore perde la certificazione. Non c’è dubbio e, forse, di questo ci si può fidare. 3. Il «diritto al biologico»: la legge 488/99 «...le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere prevedono nelle diete giornaliere l’utilizzazione di prodotti biologici...», questo dice la legge 488/99, che segna una svolta nella politica agricola e alimentare italiana proponendo incentivi per l’istituzione delle mense biologiche e spianando la strada a un mercato, quello degli alimenti puliti e sicuri, dell’agricoltura senza pesticidi. La legge prevede una piccola tassa per i produttori, i distributori e gli utilizzatori di fitofarmaci al fine di raggranellare risorse finanziarie per sostenere l’agricoltura e le mense biologiche. 115

La legge 488/99, articolo 59, «Sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità», recita: «Al fine di promuovere lo sviluppo di una produzione agricola di qualità eco compatibile (...) comma 4. Per garantire la promozione della produzione agricola biologica e di qualità, le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere prevedono nelle diete giornaliere l’utilizzazione di prodotti biologici, tipici e tradizionali nonché di quelli a denominazione di origine protetta, tenendo conto delle linee guida e delle altre raccomandazioni dell’Istituto nazionale della nutrizione. Gli appalti pubblici di servizi relativi alla ristorazione delle istituzioni suddette sono aggiudicati ai sensi dell’articolo 23 comma 1 del Decreto legislativo n° 157 del 17 marzo 1995, e successive modificazioni, attribuendo valore preminente all’elemento relativo alla qualità dei prodotti agricoli offerti». Un’ultima riflessione, affidata a Roberto Pinton, fondatore di Greenplanet, la rete del biologico su Internet, direttore di Consortium Bio e animatore di Federbio. Intervistato per LifeGate Radio nel 2004, ha risposto: «Una raccomandazione. Esiste una legge nazionale, la 488/99, che obbliga i Comuni e gli Ospedali a usare quotidianamente nei menu delle mense pubbliche “prodotti biologici, tipici e tradizionali”. Su 8.109 comuni italiani, sono circa 1.000 i comuni che rispettano questa legge. I genitori possono richiedere al loro Comune che inserisca prodotti bio nella mensa scolastica. Anche perché i dati dicono che metà della frutta e della verdura oggi in commercio non è idonea al consumo da parte dei bambini, a causa dei residui di pesticidi. Con il cibo bio l’assenza di pesticidi è una certezza. E, per i nostri bambini, è un diritto sancito per legge!».

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4. I genitori possono far attivare le mense bio nelle scuole Quindi la legge c’è (ma non ci sono sanzioni per chi non la applica, né le quantità, le modalità). Ecco allora cosa fare. La legge prevede l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di attivare menu anche biologici nelle refezioni scolastiche, senza però specificare la quantità di prodotti biologici da inserire nei menu, né le modalità. A dispetto del basso numero di Comuni che rispettano la legge, circa un terzo dei bambini italiani mangia già almeno qualche prodotto biologico, dato che la maggior parte delle città più grandi e densamente popolate ha inserito la previsione dei prodotti biologici nelle gare d’appalto. Alcune regioni hanno già una legge regionale che dispone l’obbligatorietà. Chi abita in queste regioni può andare in Comune invocandole: Emilia Romagna: Legge Regionale n. 29 del 4 novembre 2002, «Norme per l’orientamento dei consumi e l’educazione alimentare e per la qualificazione dei servizi di ristorazione collettiva» – obbligo di 100% prodotti biologici nelle mense dall’asilo nido fino alle elementari comprese; almeno 70% di prodotti biologici, tipici, tradizionali e da lotta integrata in tutte le altre mense, ma con prevalenza di biologico (cioè quota minima 35%). Marche: Legge Regionale 3 aprile 2002, n. 4 «Modificazioni della Legge Regionale 29 dicembre 1997, n. 76 ‘Disciplina dell’agricoltura biologica’» – nessun obbligo, ma incentivazione anche grazie a un contributo ai Comuni che utilizzano prodotti biologici (fino al 50 per cento delle spese col massimo di euro 77,47 per il primo anno e euro 38,73 per il secondo anno per ogni studente o posto letto che sia stato occupato). Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia: Legge Regionale 8/8/2000, n. 15, «Norme per l’introduzione dei prodotti biologici, tipici e tradizionali nelle mense pubbliche e per iniziative di 117

educazione alimentare» – niente obbligo ma contributi ai Comuni che introducono cibi biologici, nella misura massima del 30 per cento calcolato sull’importo totale della spesa globale, mentre il contributo è del 50% per iniziative di educazione alimentare degli utenti, di aggiornamento professionale del personale scolastico e addetto ai servizi. Basilicata: Legge Regionale n. 18 del 20 maggio 2002, «Disposizioni per la precauzione in materia alimentare e per la coltivazione, l’allevamento, la sperimentazione e la commercializzazione di organismi modificati e di prodotti da essi derivati. Norme per la produzione dei prodotti biologici, tipici e tradizionali nelle mense pubbliche» – niente obbligo, ma contributi nella misura massima del 30 per cento della spesa totale, che sale al 50% per l’uso di prodotti biologici regionali. Veneto: Legge Regionale 1 marzo 2002, n. 6 (BUR n. 27/2002), «Norme in materia di consumo di alimenti nelle mense prescolastiche e scolastiche, negli ospedali e nei luoghi di cura e di assistenza». Nelle altre regioni, le remore all’attivazione dei menu bio nelle mense scolastiche da parte dei Comuni possono essere la maggiorazione dei costi e la burocrazia: specie nei Comuni più piccoli gli addetti agli uffici tecnici preposti alla stesura dei capitolati d’appalto guardano con greve ostilità a ogni cambiamento della routine… Le mamme e i papà più sensibili dovrebbero innanzitutto raccogliere il consenso di tutti o di un gran numero di genitori, poi ottenere un incontro con il Sindaco del Comune, per chiedere con fermezza menu biologici, per i propri bimbi. È importante che molti genitori siano d’accordo per orientare l’Amministrazione Comunale verso la scelta più positiva. Occorrerà anche valutare insieme i costi aggiuntivi e l’aumento del buono pasto bio, per convincere il Comune a farsi carico almeno di una parte dei costi. 118

È bene che un consigliere comunale o un assessore sensibile presentino in Consiglio comunale una mozione che impegna la giunta ad attivare i menu bio. 5. Il testo della ‘mozione’ da presentare in Consiglio comunale Questo è un testo-tipo da presentare a un assessore o a un consigliere comunale, che dovrà proporlo, magari corredato dalle firme di duecento genitori, in Consiglio per approvazione. Premesso che negli ultimi anni si sono succeduti, sempre più allarmanti, scandali di frode e avvelenamento alimentare, dalla “Mucca Pazza” ai polli alla diossina, dall’olio contraffatto al pesce al mercurio fino allo scandalo delle mense e dei refettori scolastici sui quali si speculava a danno della salute degli studenti e degli operatori della scuola. Attestato che l’alimentazione a scuola propone anche dei modelli educativi, culturali, comportamentali ed alimentari che avranno grande importanza per lo sviluppo, non solo fisico, dei ragazzi. Considerato che educare i bambini e i ragazzi a un sano stile alimentare rappresenta un intervento di promozione della salute e prevenzione delle patologie, in definitiva un vero e proprio investimento sul futuro delle famiglie e del paese. Attestato che la normativa vigente è inadeguata a garantire a lattanti, bambini e ragazzi in età scolare un regime alimentare corretto, sano ed esente da rischi dovuti a sostanze tossiche chimiche e residui di pesticidi, estrogeni, ormoni e antibiotici presenti nella carne e negli alimenti. 119

Constatato che il 35% delle cause di insorgenze tumorali è dovuto alla alimentazione e che il recente rapporto USA “I pesticidi nella dieta dei bambini” rileva che i bambini sono esposti dieci volte più degli adulti all’assorbimento e ai conseguenti danni delle sostanze di sintesi, Preso atto che i cibi e gli alimenti biologici comportano un minor rischio per la salute dei ragazzi e degli adulti, in particolare per: a) minor contenuto di nitrati a causa dell’impiego di concimi organici, b) assenza di residui di fitofarmaci, esclusi dalle normative europee per le coltivazioni biologiche c) la dicitura e la provenienza “biologica” degli alimenti implica il rispetto di severe normative e controlli sulla qualità e sul ciclo produttivo, Constatando che la sempre maggior diffusione di veri e propri centri di “diseducazione alimentare” quali sono i fast food, con la scarsa qualità dei cibi somministrati e la proposizione di un modello culturale e alimentare omogeneo, a danno della tradizionale e variegata “dieta mediterranea” IMPEGNA LA GIUNTA a predisporre il prossimo capitolato per la gara di appalto per l’offerta dei servizi di refezione scolastica nelle scuole di ogni ordine e grado amministrate dal Comune (Regione/Provincia) unicamente sulle seguenti indicazioni vincolanti: i prodotti agroalimentari destinati alle mense devono provenire da produzioni, coltivazioni e lavorazioni biologiche certificate ai sensi del Regolamento CEE n° 2092/91 del Consiglio del 24 giugno 1991 e successive modificazioni. 120

I prodotti agroalimentari utilizzati nelle mense devono essere garantiti nella genuinità, nella freschezza, nell’origine di provenienza e nella rispondenza alle norme di sicurezza igieniche e alimentari con cui sono stati ottenuti. Tali prodotti sono assoggettati al regime di controllo determinato dal citato Regolamento CEE. Firme (...)

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Ringraziamenti Per la redazione di questo libro sono stati importantissimi gli scritti, i contributi e gli spunti di molte autrici, in particolare Sonia Tarantola, Laura Verdi e Anna Paioncini; di Vittoria Polidori, che pur impegnatissima tra Roma e Bruxelles è riuscita a dedicarci attimi molto utili per i capitoli sui veleni, Paola Magni, ogni cosa per lei è naturale, e Marcella Danon, latrice di un messaggio etereo e potente nel contempo: “È la bellezza, che salverà il mondo”. Grazie anche a donne senza la cui forza, la bravura organizzativa, il loro lavoro e il “saper fare” questo libro non sarebbe così: Aurelia Costa, Daniela Bellon, Simona Roveda. Ringraziamenti quasi integralmente al femminile, dunque, salvo che per Stefano Cagno, per una supervisione sempre scientificamente puntuale; a Attilio Speciani per l’ispirazione, a Edgar Meyer, lo zampino ce lo mette sempre, a Stefano Bettera per “Children in Crisis”, a Tullio Berlenghi, Giampiero Spagnoli e Stefania Limiti del Gruppo parlamentare dei Verdi (Camera Deputati) e a Roberto Pinton, direttore di Greenplanet.net, al quale per le instancabili battaglie a favore dell’agricoltura biologica e delle mense ‘bio’ tutte le mamme italiane dovrebbero esser grate.

Indice Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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In pancia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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0-1 anno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 1-2 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 2-3 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 3-4 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 4-5 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 5-6 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 6-7 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 7-8 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 8-9 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 9-10 anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 Appendice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

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