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SPETTACOLI
martedì 24 gennaio 2006
UN’ALTRA PREGEVOLE INIZIATIVA DELLA “MORRIS” PER LA SALVAGUARDIA DEL CINEMA ITALIANO
Restaurato “Brancaleone”, l’allegra brigata di Monicelli ROMA. Mancava solo lui, il maestro Mario Mo-
nicelli, costretto a letto dall’influenza, alla presentazione del restauro del film “L’armata Brancaleone” che ha diretto con successo nel ’66 .Ma il 90enne regista ha comunicato via telefono le sue emozioni: «considero questo film uno dei migliori della mia carriera, grazie ad una storia molto diffusa allora, perché parlava di Medioevo e di paladini. Sul set eravamo ruspanti e un po’ maschilisti, prendevamo in giro la Spaak, per metterla a suo agio». Ma la Spaak non è dello stesso avviso, forse perché la divertente “cattiveria” di Monicelli le era già nota: «non conoscevo bene neanche l’italiano e loro avevano inventato per il film un linguaggio che mi creava la situazione ancora più angosciante. Non vorrei dirlo, ma ho sempre pensato che fossero davvero dei maschilisti con-
L’INTERVISTA
vinti, perchè continuavamo a prendermi in giro, a mettermi in imbarazzo. Ero giovanissima, timida e l’unica protagonista femminile a cui era stato dato più spazio nel film. Ma è stata comunque una bella esperienza: peccato che con Monicelli mi incontro così poco». Il restauro è stato realizzato dall’Associazione “Philip Morris Progetto Cinema” e fortemente voluto dal produttore esecutivo Alessandra Giusti, donna forte e tenace, tra le poche in Italia a lottare perché la memoria del cinema italiano non si disperda con la distruzione di pellicole come quella di Monicelli. «Dal 1991 combattiamo per promuovere le potenzialità creative e lo straordinario patrimonio storico del cinema italiano - dice la Giusti - come abbiamo fatto per “Sciuscià”, il film che commosse le platee e
fece vincere a De Sica il primo Oscar italiano; “Pane amore e fantasia” del maestro Comencini con un cast che si avvaleva di Gina Lollobrigida, splendida “bersagliera”; “Una giornata particolare” diretto da Scola nel ’77 che ne ha scritto anche la sceneggiatura insieme a Ruggero Maccari e Maurizio Costanzo, interpretato da Sophia Loren e Marcello Matroianni e restaurata nel 2003. In futuro pensiamo di restaurare “Un sacco bello” di Carlo Verdone” - chiarisce - perchè il meglio del nostro cinema continui a vivere». All’incontro presenti anche il sindaco Veltroni e il produttore Vittorio Cecchi Gori, in rappresentanza del padre Mario che in quegli anni produsse il film: «È una grande gioia rivedere sullo schermo un film che ha fatto tanta storia - dice Cecchi Gori - devo ringraziare anche Tornatore che lo ha promosso
per il restauro. Oggi lo proporrei all’estero e sono certo di un nuovo successo». Nel cast c’erano Vittorio Gassman (nella foto), Gian Maria Volontè, Enrico Maria Salerno, Folco Lulli, Maria Grazia Buccella e Barbara Steele. Sceneggiato da Age a Scarpelli, è una storia ambientata in un villaggio di miserabili, nei pressi dei ruderi di un acquedotto romano, assalito da un gruppo di mercenari. Poco lontano è accampato un gruppo di cavalieri e tra questi Brancaleone da Norcia, che “abita” in un’armatura piena di rattoppi ed ha un ronzino giallo. Con il suo gruppo di coraggiosi e divertenti “sfigati” inizia una grande avventura, tra nobili famiglie bizantine, l’amore non corrisposto della principessa Matelda e l’assalto finale di un gruppo di pirati in un feudo pugliese. Brancaleone era interpretato da Gassman:
«da piccolo ero convinto di essere il figlio di Brancaleone - dice il figlio Alessandro - e quando ho scoperto il contrario ci sono rimasto male. Mi divertiva, lo trovavo molto simpatico. Con il tempo ho capito che mio padre era davvero un grande attore, sapeva interpretare tutto talmente bene da confondermi le idee. È stato anche un padre meraviglioso». Questa sera il film verrà presentato in anteprima nazionale a Roma alla presenza di politici, produttori, personaggi del mondo dello spettacolo e del jet set. ANNAMARIA PIACENTINI
| Licia Maglietta, protagonista al Nuovo del monologo “Una volta in Europa” del commediografo Berger
«Fantasia e ironia per godere della vita» ANNA STROMILLO NAPOLI. Licia Maglietta (nella foto)
È stata in scena al teatro Nuovo di Napoli con un monologo tratto dal grande contemporaneo John Berger “Una volta in Europa”. Diretto ed interpretato dalla stessa Maglietta, la messa in scena, ispirata al quarto racconto del testo di riferimento, narra la storia semplice di cinque personaggi che, al riparo dal rumore della vita frenetica cittadina, vivono autenticamente la propria semplice esistenza. Come gli antieroi di ogni tempo che sentono su sé stessi tutta la verità del tempo che scorre ignaro delle gioie, delle ferite, dei sogni, delle paure, della vita stessa. Odile è una donna triste che soggiogata dal volere della madre rinuncia ai propri studi per ritrovarsi sposa a diciassette anni e vedova solo un anno dopo. La sua forza ed il suo coraggio la indurranno a non mollare ed andare avanti per gioire nuovamente e divenire madre. Il suggestivo monologo si avvale di numerose incursioni interiori che illuminano ed a tratti oscurano la scena per un allestimento di grande suggestione visiva ed emozionale. Licia Maglietta, attrice teatrale, è nota al gran pubblico per aver lavorato al fianco di Mario Martone, Toni Servillo, Andrea Renzi e Carlo Cecchi, ed essere stata interprete cinematografica in “Morte di un matematico napoletano”, “L’amore molesto”, “Pane e tulipani” e di altre piéce di grande rilievo riservandole uno spazio privilegiato nella memoria di tutti. È entusiasta della messa in scena per il lungo lavoro di ricerca ed elaborazione condotto al fianco di Cesare Accetta per l’installazione luci e di Daghi Rondinini per i suoni, componenti essenziali ai fini della rappresentazione condotta fantasticamente ai limiti del surreale. Come vive i panni di Odile?
«Come vivo e penetro tutti i perso-
naggi che interpreto, me li sento addosso, li vivo fino in fondo e quando li conosco finisco per innamorarmene, in questo momento della mia vita sento Odile molto vicina a me, mi ha emozionato molto interpretarne le mille sfaccettature cogliendone mille ombre e tutte le sue infinite sfumature». In “Pane e tulipani” interpretava Rosalba, donna sommessa e sottomessa alle convenzioni familiari che per una fortuita circostanza si scopre capace e impara a conoscersi, frutto di un suo desiderio di riscatto. C’è un’assonanza tra le due donne?
«Assolutamente no, Rosalba è una donna che decide di prendersi un po’ di vacanza dalla sua stessa vita ma poi decide di tornare, non si rifugia nella fantasia, né fugge, Odile vive in un mondo tutto suo, un mondo a parte, immersa nella semplicità della natura, ed è proprio da quello
spazio e da quel cielo che si sente protetta ed amata».
CONSERVATORIO SAN PIETRO A MAJELLA
Il clavicembalo “magico” della spagnola Pozuelo
Che peso ha nella sua vita la fantasia?
«La fantasia è straordinaria così come l’ironia, sono i soli mezzi per assaporare la vita fino in fondo e riuscire a non sentirne talvolta il peso sovrastante». Quanto l’ha emozionata inscenare d’essere su di un deltaplano?
«Tantissimo, credo sia un recondito desiderio di tutti gli uomini poter volare e sentirsi leggeri, meno male che è una finzione altrimenti sarebbe stato un bel problema». Odile è una donna addolorata dalla vita ma che persevera e lotta, quanto crede che le donne possano osare per la loro libertà?
«Tutti gli esseri umani possono osare se ne hanno la volontà e le capacità, l’importante è essere sempre
coscienti di ciò che si vuol raggiungere anche solo per un attimo, come dice Berger, la vita è una e vale la pena comunque di viverla sino in fondo, anche a piccoli passi basta averne il coraggio».
CONCERTO DI MUSICA DA CAMERA AL CONSERVATORIO DI AVELLINO
Smaldone suona le note di Mazzotta AVELLINO.
Nell’ambito della IX “Rassegna di musica da camera” a cura dell’associazione “Euterpe”, si è svolto presso il conservatorio “Domenico Cimarosa” di Avellino il concerto del giovane pianista Antonio Smaldone, vincitore della quarta edizione del premio “Bruno Mazzotta”. Dopo il saluto del direttore artistico Maria Teresa Della Valle, ha preso la parola il professor Antonio Polidoro, che ha ricordato la straordinaria figura umana e musicale del compianto maestro Mazzotta, che fu fra i primi direttori del conservatorio di Avellino. Suoi i “Dialoghi” per pianoforte, composti nel 1973, eseguiti da Smaldone insieme con le Variazioni in do maggiore di Mozart, la Sonata op. 120 di Schubert e il “Carnaval” op. 9 di Schumann. Un programma ampio e difficile, impegnativo principalmente sul piano musicale, abbracciando oltre due secoli di musica, con relative differenze e conquiste poetiche e linguistiche. Il che richiede, oltre a mani robuste e nervi saldi, una sensibilità e una prepara-
zione non comuni. Se le variazioni di Mozart sembrano giocare con la più infantile delle melodie, in realtà richiedono una trasparenza del tocco assoluta; quasi insondabili, invece, le Sonate di Schubert, in cui ogni tensione musicale viene annullata in un unico canto dall’inizio alla fine; per non parlare del romanticismo estremo di Schumann, che confonde vita e creazione artistica, fino alla perdità di identità che preannuncia la crisi dei linguaggi del Novecento. Smaldone, diplomatosi con lode sotto la guida di Maria Pia Cellerino e attualmente allievo di Ciccolini, ne ha offerto un’esecuzione accuratissima e intensa fra l’altro senza intervallo -, caratterizzata da una predilezione per il virtuosismo e il gesto spettacolare, come nei due bis di sua composizione. Successo e applausi calorosi da parte del pubblico avellinese, fra cui anche alcune significative presenze napletane come i maestri Luciano Tomei e Loredana Marino.
UMBERTO GARBERINI
NAPOLI. Amaya Fernandez Pozuelo è clavicembalista spagnola brava, dotta e comunicativa, come si è potuto apprezzare anche dalle note dal lei stessa redatte per il programma di sala; giovane, sorridente, energica e resistente, nonostante il fisico mingherlino, alla fatica di un rècital lunghissimo ed impegnativo, nonché agli spifferi che ogni tanto piombavano indiscreti nell’accogliente e suggestiva sala Martucci del Conservatorio, dove l’artista ha suonato per il Centro di musica antica Pietà de’ Turchini con meritato successo. Sicuramente l’afflusso di pubblico è stato determinato dalla rarità dei rècital di clavicembalo in città, dal notevole numero, al contrario, di estimatori di questo strumento (pubblico di nicchia certo tuttavia qualificato assai) ma anche dal fatto che questi concerti della domenica sera organizzati dai “Turchini” si offrono come dilettevole appuntamento per gli appassionati di classica nel vuoto domenicale. E gli ascoltatori che vincendo il freddo hanno applaudito la Pozuelo, sono stati ben premiati da una serie di esecuzioni brillanti (ripetuto a richiesta “Bells” di Byrd) che hanno visto tra i più soddisfatti, tra i presenti, proprio gli addetti ai lavori, il che accade di rado. La musicista spagnola, e possiamo dire pure musicologa, ha proposto una locandina molto densa ed articolata ad un passo dal trasformare la gioia dell’ascolto in lezione, ma evitando la noia della dimensione didattica, grazie al suo brioso suonare ricco di trovate stilistiche dal fraseggio luminoso e vario. Abbiamo ascoltato un’antologia di brani tratti dalla produzione per
strumenti a tastiera coeva in linea generale alla data di pubblicazione del “Don Chisciotte” di Cervantes: danze variate, canzoni malinconiche, virtuosismi imitativi e tanto altro ancora si è gustato in pezzi innanzitutto di autori spagnoli, a partire da Cabezon, che ritorna con una certa piacevole assiduità nei programmi concertistici napoletani, al punto da essere ormai un po’ familiare al nostro pubblico, come lo sono, per altre e più antiche consuetudini di ascolto, Sweelinck e Byrd. Merula e Magone invece erano noti solo a pochissimi specialisti . Molte di queste composizioni, andando oltre il dato erudito che le ha salvate dall’oblio delle biblioteche per opera di generazioni di studiosi e strumentisti complessivamente giovani, sono piacevoli, dal disegno chiaro, dagli spunti ritmici di presa immediata e di tanto in tanto qualche spunto melodico magari dalle movenze più languide ha offerto una emozione in più, un attimo di lecito abbandono. Dalla corte degli Absburgo di Spagna alle città emporio delle Fiandre all’Inghilterra di Maria “La Cattolica”, o “Sanguinaria” (la regina che dà il nome ad un buon cocktail, però oggi poco richiesto), a Napoli e Milano (proprio negli anni in cui Manzoni ha immaginato la vicenda dei “Promessi sposi”) si è svolto un giro d’Europa che mostrava forte l’influenza della musica spagnola ben oltre quanto ordinariamente si immagina. E concerti di questa qualità colta oltre che di grande piacere di ascolto, indicano con garbo anche nuove prospettive storiche. MASSIMO LO IACONO
PER IL 250ESIMO DELLA NASCITA DEL COMPOSITORE
DOMANI ALLE 18,30 ALL’ART CAFÈ PRESENTAZIONE DI “A TESTA IN GIÙ”
Dissonanzen celebra il genio di Mozart e musica due cortometraggi di Reineger
Il nuovo disco dei “Rossocenere”
NAPOLI. Entrano in sala i quattro musicisti e dal
violino, dalla viola, dal violoncello e dal flauto nasce l’incanto: ecco un fiume di note, ecco la melodia di Mozart, che coinvolge il cuore ed il corpo dello spettatore, regalando un mix di tenerezza, struggimento, malinconia, gioia di vivere. Duecentocinquanta anni fa nasceva uno dei più grandi geni della tradizione musicale europea: l’ensemble “Dissonanzen” ha deciso di celebrare questa ricorrenza inaugurando la sua decima rassegna di concerti e convegni. Nel primo appuntamento di venerdì scorso al Conservatorio di San Pietro a Majella in ricordo di Urbano Cardarelli, Tommaso Rossi (flauto), Daniele Colombo (violino), Andrea Tarantino (viola), Marco Vitali (violoncello), Ciro Longobardi (pianoforte), Claudio Lugo (sax), Marco Cappelli (chitarra); hanno curato un percorso artistico tra antico e moderno, tra tradizione ed innovazione. Dopo l’ottima esecuzione del “Quartetto in re maggiore Kv. 285” e del “Trio in do maggiore KV. 548”, l’ensemble “Dissonanzen”, in accordo alla propria politica di indagine sulle sonorità contemporanee, ha musicato due cortometraggi “mozartiani” di Lotte Reineger
(1899-1981). Siamo nella Germania degli anni Trenta, Reineger immagina e costruisce piccole schegge filmiche come “Zehn Minuten Mozart” e “Papageno”, in cui figurine sottili, quasi cartoni animati, si lanciano in danze, corse, salti, corteggiamenti. Claudio Lugo, lavorando su materiali mozartiani, ha tratteggiato una colonna sonora che segue i passi (e le piccole storie) dei personaggi, dando ad ogni strumento una personalità ed un ruolo particolare nel dipanarsi delle vicende: grazie alla forza delle immagini surreali ed all’originalità della musica, si è creata una buona interazione tra codici artistici e linguaggi diversi. Questa seconda parte dello spettacolo ha consentito, così, all’ensemble “Dissonanzen”, di creare variazioni sul tema, riuscendo ad effettuare una rapida ed efficace incursione nella contemporaneità. I bravi Daniele Colombo, Marco Vitali, Andrea Tarantino, Tommaso Rossi, Ciro Longobardi e Claudio Lugo, hanno dimostrato, in tal modo, che certamente Mozart è nato duecentocinquanta anni fa, ma è forse più giovane rispetto a chi non sa cogliere le mobili geometrie della musica. ANTONELLA CARLO
NAPOLI.
C’è aria di musica “nuova” all’“Art Café”. In pieno clima pre-festivaliero c’è spazio per sentire autenticamente “emozioni in musica”. Domani alle ore 18,30 nello spazio di via Arcoleo, i “Rossocenere” (nella foto) incontreranno il pubblico per presentare il loro lavoro discografico “A testa in giù”. Già premiati e segnalati radiofonicamente dal programma cult “Demo” di Radiouno Rai, curato dai “sempreverdi” Renato Marengo e Michel Pergolati, che al gruppo hanno dedicato un’intera puntata monografica. Numerosi i consensi e gli apprezzamenti raggiunti tra i quali si menzionano la seconda classificazione su migliaia di demo giunti da tutta Italia al “Primis Festival” di Bologna, la partecipazione al concorso “Pofi Rock” e la successiva inclusione nella compilation del 2005 con il pezzo “Terra”. «Crediamo che possa e debba esistere una “terza via” del rock, lontana dalla musica spudoratamente ammiccante e commerciale - dichiarano apertamente - come dalla pretenziosità senz’anima ed all’autoindulgenza di tante esperienze definite “alternative”». Dichiarazione alquanto intrigante e coraggiosa se si pensa all’attuale si-
tuazione discografica italiana. La band, al suo esordio, realizza nel 2003 autoproducendosi un primo singolo “Aroma/Insieme a te sto bene”. Ma il cammino è lungo, e il primo lp “A testa in giù”, di tutt’altro spessore, è frutto di anni di lavoro, per un risultato policromo e struggente, dall’irresistibilità pop di “Allegro ma non troppo” con le sue ritmiche in, ad i saliscendi dinamici di “Redini”, alla dolce mestizia dell’eterea ballata “Livia”, fino ai vertici di “Terra” uno dei pezzi più riusciti della band, che alterna momenti da ballata che entra sottopelle, ad estremi torrenti sonori. Un rock dolce, carezzevole che a tratti s’interrompe per una veemenza ritmica di grande ricerca e raffinata espressione artistica per un risultato decisamente interessante nel “nuovo” panorama della musica
partenopea. I “Rossocenere” nascono nel 2001 su iniziativa di quella che ancora oggi è la formazione originale: Giancarlo Manfredi (voce-chitarra), Massimiliano Fusiello (chitarra/voce), Cesare Porcaro (basso) e Lorenzo Scirocco (batteria). Domani anticiperanno notizie anche sul loro nuovo lavoro discografico non ancora disponibile in cui curiosamente, per un brano in particolare, si sono ispirati al noto testo “Opinioni di un clown” di Heinrich Boll. [AS]