Questa volta � diverso. La storia insegna che non bisogna imparare troppo dalla storia. I primi giorni dell�anno sui mercati, lungi dall�essere indicativi della tendenza del nuovo anno come vuole la leggenda, sono silly season, stagione sciocca. Si riparte da zero e se in dicembre � andata bene si � portati a pensare a un naturale prolungamento della tendenza positiva, mentre se � andata male si ha gran voglia di voltare pagina. I soldi ci sono, perch� i libri degli operatori sono puliti o, quanto meno, sfoltiti dalle pulizie di fine anno. Viene in mente il 2001, anno secondo della crisi iniziata nel marzo 2000 e terminata tre anni esatti pi� tardi. Dopo un dicembre negativo si part� di gran carriera e l�SP 500 sal� da 1280 il 2 gennaio a 1380 a fine mese, complice un taglio dei tassi da parte della Fed che, si pensava, avrebbe posto le basi per la ripresa. In realt� il 2001 si chiuse male, a 1148, dopo avere toccato in settembre 970. Anche quest�anno si � partiti con l�idea che il peggio � alle spalle, che i minimi li abbiamo gi� visti, che la discesa del Pil globale sta rallentando, che la pozione magica del grande piano di Obama garantir� una seconda met� dell�anno in riaccelerazione e che dopo un anno in cui le borse si sono dimezzate di valore non pu� essercene un altro con segno negativo. Al clima di entusiasmo ha contribuito perfino la crisi del gas tra Russia e Ucraina. E� salito il prezzo del gas europeo, che ha fatto salire quello del gas americano, che ha fatto salire il greggio, che ha fatto salire petroliferi e minerari (alcuni grandi nomi anche del 40 per cento), che hanno contribuito a fare salire i bond russi e l�SP 500. Bene bene, avrebbe detto Bastiat il paradossale, facciamo saltare tutti i pozzi sauditi, cos� le borse andranno alle stelle e ci garantiamo un anno di prosperit�. L�economia, per�, come dice Feldstein, �� in uno stato terribile e sta peggiorando�. Non solo, continuer� a contrarsi per tutto il 2009 e saremo fortunati, fra un anno, se ci saranno segni di ripresa. Feldstein, repubblicano fiscalmente conservatore, arriva a proporre, oltre a tutte le misure annunciate da Obama, anche un aumento massiccio delle spese militari. Sul 2009, dunque, � imprudente farsi troppe illusioni, anche se il fronte degli ottimisti annovera nomi molto autorevoli come Steve Leuthold, Laszlo Birinyi e Ned Davis tra i quantitativi e Warren Buffett tra i fondamentalisti. Gli ottimisti, quale che sia il loro approccio, sono accomunati dal tema del ritorno alla media. In effetti, se si escludono errori clamorosi di policy o complicazioni esogene come guerre o shock da offerta, guardando alle serie storiche la recessione in corso sarebbe gi� a buon punto e i premi per il rischio sui vari mercati sono gi� cos� alti da incorporare scenari apocalittici. I bond di bassa qualit�, ad esempio, sono arrivati in dicembre a scontare una probabilit� di default maggiore di quella che prezzarono nei momenti pi� bui degli anni Trenta. Il problema delle serie storiche, come abbiamo ben visto nei due anni scorsi con tutte le modellizzazioni di rischio e di prezzo basate sul passato, � che ogni tanto traggono in inganno. Ogni tanto la storia fa un salto, ogni tanto si incontra un cigno nero, ogni tanto � vera la pi� bersagliata e irrisa delle tesi pronunciabili da un economista o da uno strategist, quella per cui �questa volta � diverso�. Nel 1999-2000 �questa volta era diverso� per via dell�accelerazione che Internet avrebbe impresso per sempre alla storia umana. All�inizio del 2007 �questa volta era diverso� per il motivo opposto, ovvero la Grande Moderazione delle politiche economiche che, dando stabilit� strutturale al sistema, ne avrebbe garantito lo sviluppo per molto tempo a venire. Si � visto come � andata a finire. C�� del resto tutta una scuola di pensiero che teorizza che quando si sente ripetere troppo spesso che �questa volta � diverso� � vicino il momento del rientro nella norma. Bisogna dunque essere molto cauti prima di parlare di rottura
storica e non solo quando le cose vanno apparentemente benissimo (come nel 1999 e all�inizio del 2007), ma anche quando vanno apparentemente malissimo, come ora. Ci limiteremo quindi a dire, usando molta cautela, che la crisi in corso � gi� adesso pi� grave della media delle recessioni del dopoguerra. Non solo, � anche pi� grave della media delle recessioni degli ultimi due secoli, cos� come ricostruite da Christina Romer nel suo studio del 1999 �Changes in Business Cycles: Evidence and Explanation�. Questa volta, quindi, � �gi� diverso. L�allineamento infausto di recessione ordinaria da scorte pi� crisi bancaria-immobiliare pi� crisi della finanza personale pi� crisi petrolifera (fino a luglio) non capita spesso. Non possedendo doni profetici non sappiamo dire se questa volta sar� diverso come nel caso della Grande Depressione. Quasi sicuramente non sar� cos�, se anche i pessimisti autorevoli alla Rogoff dicono che tra un paio d�anni ne saremo fuori. Raccomandiamo per� di prendere con le pinze tutti i ragionamenti confortanti costruiti su serie storiche troppo brevi. Detto questo, proviamo a dire qualcosa di positivo. E� evidente che la pressione delle vendite forzate, quelle di chi era a leva elevata, � molto rallentata, cos� come stanno rallentando i riscatti dai fondi di tutti i tipi. La riduzione della leva e i riscatti non si ripeteranno pi�, anche nella peggiore delle ipotesi, nelle modalit� distruttive di questi ultimi mesi. Anche la volatilit�, quindi, pur rimanendo elevata sar� meno devastante. Un secondo dato positivo � che le banche centrali, in particolare la Fed, proseguono a testa bassa nella loro politica di tassi di policy tendenti a zero e di riduzione degli spread temporali (quelli tra tassi a breve e tassi a lungo) e degli spread di credito (in particolare per i titoli legati ai mutui e per i corporate di qualit� medio-alta). Si registrano gi� successi significativi sulla carta commerciale, sull�interbancario, sul Crossover. Alcuni successi sono reversibili, ma in alcuni casi si pu� parlare di normalizzazione gi� a buon punto. Il riavvio del mercato del credito pu� non fare notizia, ma � una condizione necessaria, anche se purtroppo non sufficiente, per l�uscita dalla crisi. Un terzo dato positivo di cui si parla invece molto � quello delle misure fiscali. L�amministrazione Obama sta muovendosi su una linea generale di fermezza nell�affrontare la crisi ma anche di attenzione a non apparire iperaggressiva, per non spaventare troppo i mercati valutari e i compratori di debito pubblico. Dollaro e bond governativi lunghi sono gi� soggetti, e lo saranno ancora di pi� nei prossimi mesi, a ondate di paura non da crisi, ma da eccesso di risposta alla crisi. Sono paure largamente immotivate e per� profondamente radicate in ampi segmenti dei mercati. Nella nostra esperienza personale ci Dan Tague. Money Print. 2008 capita di sentire tutti i giorni quasi pi� preoccupazione per i rischi di inflazione, di crollo del dollaro e di esplosione futura dei tassi che non sull�andamento peraltro disastroso dell�economia reale. Queste ondate di preoccupazione poco fondata offriranno ottime occasioni di trading. Alla stabilit� dei tassi di policy a zero o vicino a zero per molto tempo a venire corrisponder� infatti un grande nervosismo sui governativi lunghi. Che andranno acquistati ogni volta che il mercato si metter� a venderli. L�esperienza giapponese mostra con chiarezza che l�ammontare centrale che non abbia studiato in Zimbabwe ordiner� agli elicotteri di tornare a terra e sar� colmato di onorificenze. Come strategie d�investimento continuiamo a pensare che per quest�anno sia meglio concentrarsi sui rischi moderati (governativi lunghi, corporate di qualit� medioalta, bond bancari pi� o meno garantiti e ben diversificati). Questo non toglie che anche per l�azionario ci possano essere fasi di recupero pi� significative di quelle poche offerte dal 2008. Gennaio e febbraio potrebbero dare qualche (limitata) soddisfazione. In caso di entusiasmi esagerati sar� bene vendere.