Il Consiglio Pastorale Un primo bilancio e tante domande Dopo due anni di attività, ci si domanda quanto sia stato utile e percepito del lavoro finora svolto dal Consiglio Pastorale. Sarà servito? E’ utile proseguire in questo modo? Cosa è stato sbagliato? Cosa si potrebbe migliorare? Cominciamo dalla programmazione: una bella gita a Cusio, con tanto di lauto pranzo in ristorante! “Ma che razza di lavoro è?”, qualcuno di voi dirà. In realtà, proprio il fatto di essere così “distanti”, così “fuori”, rende questa riunione davvero molto produttiva. Sembra incredibile ma è proprio la distanza che aiuta a ragionare con calma, prendendosi tutto il tempo che serve, godendosi anche un po’ la compagnia, il luogo e la sosta al ristorante. Vedere da lontano molto spesso aiuta a vedere meglio, a cogliere aspetti che da vicino sfuggono ed ad avere il coraggio di pensare “in grande”. Già pensare in grande… perché nell’ultima riunione si sono scritti circa 80 appuntamenti per la comunità, dai primi di Ottobre fino alla prossima sagra! Non sono tutte rose e fiori e anche questo incontro ci sono ombre. Ad esempio, non tutti i membri del consiglio partecipano, per una serie di motivi. Un'altra fonte di rammarico è la mancata presenza dei gruppi che operano in Parrocchia: troppe esperienze solitarie, forse un’eccessiva visione di singolo più che insieme. Ma di sicuro, nessuno dei partecipanti ne rinnega la valenza ed anche, perché no?, la tranquillità di questa diversa collocazione, approccio e modalità di fare insieme, al clima nuovo che si respira dove chiunque può dire la sua. Al ritorno, alla riunione successiva, si riparte con tutto quanto ipotizzato in montagna e ci si confronta. Quanto di quanto pensato è davvero praticabile? Quanto abbiamo la forza di realizzare? Anche in questa fase, non fila tutto liscio. Occorre mediare, coordinare, cedere e chiedere nuove conferme e disponibilità a chi poi realizzerà il
piano di battaglia. Si pensa e si progetta ma serve, soprattutto in questa fase di nuova ripartenza, creare un clima di fiducia in modo da riavviare, ogni volta, l’ingranaggio. Spesso si pensa che tutto questo sia facile, immediato ma non è così … non è mai stato facile. Come si coinvolgono le persone nelle attività ? Non c’è una ricetta ma l’unica cosa che conta è quanto le facciano sentire partecipi delle proposte e soprattutto del loro valore; è inutile dire “hai carta bianca” né l’estremo opposto, “questo è già stato deciso e va fatto così”. Nel primo caso, le persone crederanno di aver una totale libertà e fiducia ma questo ben presto si rivelerà per quello che è : un autentico abbandono. Nell’altro caso, imbriglieremo, in un reticolo perverso senza capo né coda, fatto di limiti, vincoli e recriminazioni, la buona volontà e l’entusiasmo di coloro che hanno “numeri” da esprimere. Non è facile ma vale la pena di fare, altrimenti a cosa serve tutto questo? Siamo una comunità il cui obiettivo è il servizio a tutti, a chi frequenta e a chi non frequenta, a chi viene in Chiesa solo ai funerali e a chi, in Parrocchia, opera concretamente. E’ questo, lo spirito di missione che dà il senso profondo dell’essere Comunità.
L’altra riflessione riguarda la valutazione di un’iniziativa conclusa. Quante di queste
potremmo dire che abbiano avuto “successo”? O meglio come si misura il gradimento di tutto ciò? Certo, oltre ad essere utile, farebbe bene sentirsi dire “Ma che bello questo” oppure “Mi è piaciuto quello” ma viviamo in una società di stitici emotivi, dove esprimere ciò che si sente è a dir poco scandaloso, da condannare, come se dire qualcosa di noi ad un’altra persona violasse la nostra più profonda privacy, o peggio si direbbe che siamo di “destra” o di “sinistra”, come se fosse già sufficiente questa distinzione a capire se una proposta ha significato o no. Certo non vuol dire che qualcosa possa cambiare, in noi, nella Comunità, nel Quartiere e tutti dobbiamo fare un sforzo maggiore per capirci e per farci capire. Il “vivere la Comunità” da cosa può essere misurato? Dal numero di persone che hanno aderito ad un’iniziativa? Ad esempio, la proposta del “Dialogo nel Buio” ha avuto solo circa una quindicina di adesioni e la parrocchia ha quasi 3.500 abitanti. Forse non basta un criterio solo numerico ma una nuova scala di parametri, più rivolti alla qualità che non alla quantità, più attenti al messaggio che quella proposta ha in sé che nel numero di biglietti staccati. Facciamo uno sforzo, ci sarà, in un calendario così ricco e sempre in evoluzione, qualcosa che ci “ispira”? Ed infine quando si può dire che una comunità è viva? Dalla frequenza alle celebrazioni? Dalla fattiva solidarietà? Dalla cura delle cose di tutti? Da cosa propone e come le realizza? Forse tutte queste o forse nessuna. Ma se ci stiamo riflettendo forse non siamo isole, forse si stanno già costruendo ponti.
nm