Vox Populi# Speciale Muro Di Berlino

  • June 2020
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Mensile gratuito di politica, attualità, cultura

Il giorno della caduta del Muro fu il giorno della felicità, ma anche il giorno della vergogna. Ma i giovani cancelleranno le ferite del Muro Helmuth Kohl

Oltre ogni MURO...

Vent’anni fa, il 9 novembre 1989, cadeva il Muro di Berlino. L’evento segnò nel modo più spettacolare la fine del dopoguerra, e creò lo scenario per la riflessione sui futuri assetti di una Europa in vertiginosa trasformazione. A PAGINA 2

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L’orrore dei Laogai cinesi

Saharawi: un popolo in lotta

I Laogai sono i campi di concentramento tuttora operanti, oggi, nel terzo millennio, dove uomini, donne e bambini sono attualmente costretti al lavoro forzato in condizioni disumane a vantaggio economico del Governo Cinese e di numerose multinazionali che producono o investono in Cina.

La vicenda del Sahara Occidentale, di una terra e di una tradizione senza pace, che da anni cerca la sua indipendenza. Uno dei tanti muri ancora esistenti, che costringe un popolo all’oppressione. A PAGINA 4

A PAGINA 3

LA RICORRENZA

CONTATTI ● RIUNIONE: Tutti i Lunedì ore 20.30 via Roma 28 Vent’anni fa, il 9 novembre 1989, cadeva il Muro di Berlino. L’evento segnò nel modo più spettacolare la fine del dopoguerra, e creò lo scenario per la riflessione sui futuri assetti di una Europa in vertiginosa trasformazione. DI MARZIO

Oltre ogni MURO...

I

l 9 novembre ricorre il diciannovesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. La Legge del 15 aprile 2005 n. 61 lo ha così riconosciuto: “La Repubblica italiana dichiara il 9 novembre «Giorno della libertà», quale ricorrenza dell'abbattimento del muro di Berlino, evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo. LA STORIA DEL MURO Il muro fu eretto nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961 per volere dell’Unione Sovietica, a seguito dell’intensificarsi dello scontro tra Usa e Urss, per ovviare all’intenso esodo dei cittadini di Berlino Ovest (diviso in tre settori controllati da Usa, Francia e Gran Bretagna) verso Berlino Est (controllata dall’Unione Sovietica), dopo che il confine tra Repubblica Federale Tedesca e Repubblica Democratica Tedesca venne chiuso già nel 1952. Il numero di morti tra i citta­dini dell’Est in fuga e la considerazione che con lo Schandmauer (letteralmente: “il muro della vergogna”) si stroncarono famiglie, a m o r i , amicizie, div i de n do un’intera città e

chiaramente l’economia di questa, la libertà degli uomini in due (non poteva neanche piangersi un defunto se il cimitero si trovasse oltre­confine), fece assurgere il muro a simbolo della tirannia comunista.

L’esempio tedesco scrisse pagina fondamentali del libro della libertà europea Altissimi i tassi di disoccupazione e povertà nella zona est. Su una popolazione totale della DDR di 17 milioni, vi furono: un esodo di 2,6 milioni di abitanti, 5.000 tentativi di fuga, dal 1961 al 1989, di berlinesi che riuscirono a raggiungere il lato ovest, circa 239 uccisioni da parte della guardie della DDR di cit­tadini in cerca di libertà. Cristallino, per Viktor Suvorov, «l’obiettivo del muro: evitare che il popolo potesse scappare dalla Germania socialista. Tal obiettivo, col passare degli anni, rendeva sempre più chiaro un concetto: gli esseri umani possono essere mantenuti in una società comunista solo con costruzioni impenetrabili, filo spinato, cani e sparandogli alle spalle».

John Fitzgerald Kennedy: «Ci sono molte persone al mondo che non comprendono, o non sanno, quale sia il grande problema tra il mondo libero e il mondo comunista. Lasciateli venire a Berlino! Ci sono alcuni che dicono che il comunismo è l’onda del futuro. Lasciateli venire a Berlino! Ci sono alcuni che dicono che, in Europa e da altre parti, possiamo lavorare con i comunisti. Lasciateli venire a Berlino! [...] Tutti gli uomini liberi, ovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso di dire: Ich bin ein Berliner! (Io sono un berlinese)». Il prosieguo è storia felicemente conosciuta: dopo le dimissioni del leader della DDR, Erich Honecker, nel 18 ottobre 1989, il sostituto, Egon Krenz, acconsentì alla concessione di “permessi” per i cittadini di Berlino Est per accedere alla parte ovest della città. L’abbattimento del muro, realizzato con martelli e picconi in un clima di pianto e di gioia, aprì la strada alla riunificazione tedesca, formalmente conclusa il 3 ottobre 1990.

L’esempio tedesco scrisse pagina fondamentali del libro della libertà europea, costruttivamente corretto il 23 agosto 1989 dall’Ungheria, prima nazione del blocco socialista a rimuovere le restrizioni al confine ICH BIN EIN BERLINER! Simbolo della lotta al comunismo il con l’Austria. Questo libro è nostro. discorso berlinese del 15 giugno E’ di ogni italiano, di ogni cittadino 1963 del presidente statunitense europeo, di ogni “berlinese”. Nessuno ha il diritto di apporvi L’INIZIATIVA modifiche grammaticali che Venti di Libertà possano intaccarne lo splendido ed quando: Lunedì 9 novembre 2009 dalle ore 10 essenziale contenuto: la nostra libertà!

dove: Aula Consiliare del Palazzo della Provincia di Salerno

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L’orrore dei LAOGAI cinesi

C

I Laogai sono i campi di concentramento dove uomini, donne e bambini sono attualmente costretti al lavoro forzato a vantaggio economico del Governo Cinese e di numerose multinazionali. DI ALESSIA

os’è un laogai? Tutti sanno cos’è un lager, tutti sanno cos’è la Shoah, tutti commemorano un passato che credono sia ormai chiuso seppur con la sua scia di dolore e vergogna.

dei professanti di ogni religione, collagene ricavato dalla pelle dei morti per produrre cosmetici, aborti e sterilizzazioni forzate, circa 10,000 esecuzioni di massa all’anno. Questo è il “Laogai”.

LA SCARSA INFORMAZIONE Sono davvero pochi invece, coloro i quali sanno che l’abominio di ieri, sotto un altro vessillo (lo stesso se consideriamo i gulag), la stessa efferatezza, viene perpetrato ancora oggi, nella Cina delle Olimpiadi. Sembra incredibile, ma se nel ’45 i pochi superstiti dei lager nazisti venivano liberati dagli eserciti della nazioni democratiche e nel ‘90 gulag staliniani chiudevano i battenti, i Laogai, funzionano floridamente tutt’ora. La parola “laogai” deriva da “alodong gaizao dui” che significa “riforma attraverso il lavoro”; lavoro che si protrae anche per 16 ore al giorno, dopo le quali gli schiavi sono sottoposti all’indottrinamento circa “le infallibili verità socialiste”. Anche se oggi in Cina si parla di “riforma del pensiero” (sostanzialmente un lavaggio del cervello), la sostanza è sempre la stessa: repressione fisica, mentale e morale di ogni più elementare diritto umano e condizionamento totale della vita delle persone sotto ogni profilo. Insomma, sotto forme diverse, i “moderni” campi di concentramento esistono ancora nel 21° secolo . Esecuzione capitale per crimini non violenti, isolamento forzato in celle di 2 metri cubi a digiuno per giorni e giorni, espianto degli organi dei prigionieri politici finalizzato al commercio in Europa , persecuzione

L’OCCIDENTE RESTA A GUARDARE Quand’anche i governi occidentali avanzano proteste formali, lo fanno in maniera molto blanda: il parlamento italiano ha votato mozioni contro la persecuzione religiosa, contro il lavoro forzato, addirittura il 30\10\07 ha approvato mozioni specifiche contro i Laogai. LE OCCASIONI PERSE E IL “MADE IN CHINA” Le stesse Olimpiadi tenutesi recentemente in Cina potevano essere l’occasione per la comunità internazionale di inchiodare il governo cinese di fronte alle proprie r e s po ns ab i lit à . Si po t e v a tranquillamente minacciare il boicottaggio dei giochi olimpici a fronte di aperture in materia di diritti umani; invece si è preferito sottacere il problema perché, non dimentichiamolo, l’economia cinese, negli ultimi anni, sta condizionando sempre più pesantemente il mercato mondiale, in quasi tutti i settori. Il costo del lavoro in Cina, infatti, si aggira intorno al 5% del corrispettivo in UE ed USA; ecco da dove arriva la competitività dei prodotti “Made in China” tanto decantata dai media: dalla schiavitù di un popolo, dalla sistematica oppressione dei più elementari diritti dei lavoratori. È il nostro Paese a subire maggiormente le

ripercussioni dello spadroneggiare dei prodotti cinesi in tutti i campi. L’avversione, il rispetto, l’ossequio, più significativi che il mondo ha innalzato alla memoria di coloro che nella Germania nazista, nell’Unione Sovietica di Stalin, subirono il medesimo atroce destino, viene oggi clamorosamente meno nei confronti della dittatura comunista cinese per motivazioni di carattere meramente economico. COSA SONO I Laogai sono i campi di concentramento in Cina istituiti seguendo l’esempio dell’URSS dove erano in piena funzione i Gulag. QUANTI SONO Al 2008 sono 1422 campi Laogai attualmente attivi L’IMPATTO ECONOMICO Uno degli scopi principali del Laogai è quello di fornire un’enorme forza lavoro a costo zero. Oggi, nei LAOGAI si produce di tutto SITI DA CONSULTARE www.laogai.it www.laogai.org www.asianews.org www.dossiertibet.it www.chinalaborwatch.org www.hrichina.org www.amnesty.org www.hrw.org www.rsf.org

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SAHARAWI: un popolo in lotta

N

el mondo sono ancora presenti alcuni muri che dividono i popoli dalla propria terra: un esempio di questo, è senza dubbio il caso del Sahara Occidentale, un popolo che da trent’anni è diviso

GLI EVENTI Per capire le motivazioni di questa costruzione è opportuna far una piccola e breve analisi storica di ciò che è accaduto negli ultimi anni: protettorato spagnolo dal 1884, il Sahara spagnolo è stato iscritto nel 1963 nella lista dei territori non autonomi. Il 14 Novembre 1975 fu firmata una Dichiarazioni di principi sul Sahara Occidentale a Madrid tra la Spagna, il Marocco e la Mauritania (accordo di Madrid). In virtù di tale accordo la sovranità della Spagna, potenza amministrante, veniva trasferita ad un’amministrazione “tripartita”. Il trasferimento dei poteri amministrativi al Marocco ed alla Mauritania nel 1975 non ha avuto alcun effetto sul Sahara Occidentale, in quanto territorio non autonomo. In seguito La Mauritania si è ritirata dai territori il 19 agosto 1979 a seguito della conclusione del trattato tra questa ed i Saharawi; il Marocco occupò la parte evacuata dalla Mauritania ed amministrò da solo il territorio del Sahara Occidentale da questa data. Dopo varie risoluzioni l’Onu accettò la tesi di indipendenza della regione del Sahara Occidentale e ordinò al Marocco di ritirarsi: dopo il giudizio della Corte si lanciò l’invasione del Marocco, la tristemente nota “Marcia Verde”, rinominata dal popolo Saharawi “Marcia Nera” e

La vicenda del Sahara Occidentale, di una terra e di una tradizione senza pace, che da anni cerca la sua indipendenza. Uno dei tanti muri ancora esistenti, che costringe un popolo all’oppressione. DI PAOLO

LA STORIA Nel 1975 la Spagna abbandona il Sahara Occi­ dentale, 250 mila km2, popolato da circa un milione di Saharawi. Marocco e Mauritania si contendono il controllo della regione, ricca di petrolio e fosfati, e le cui coste sono tra le più pescose di tutta l’Africa occidentale. I Sahara­ wi resistono, fino a che il Marocco occupante non eleva un muro che spezza in due il territo­ rio e la popolazione. In 200mila fuggono a Tin­ douf, nel Sahara algerino, dove vivono in un campo profughi. Gli altri restano nella terra occupata, senza poter espatriare. Nel deserto di Tindouf, i Saharawi ricominciano a vivere. Costruendo ospedali, scuole, realizzando l’impossibile: far fiorire il deserto. costrinse la popolazione Saharawi a stabilirsi in campi nomadi nella zona di Tinduf, Algeria. LA STORIA RECENTE Il Marocco all’iniziò degli anni ’80, cambiò tattica, iniziando la costruzione in sei tappe di un muro,

Il Marocco all’iniziò degli anni ’80 inizia la costruzione in sei tappe di un muro, che fu completato nel 1987. Un muro lungo 2.700 chilometri che divide, spezza e isola che fu completato nel 1987, sul confine nella regione di Laayounne­ Smara­Bou Craa. Un muro lungo 2.700 chilometri che divide, spezza, isola e sorvegliato da più di 90 mila uomini. Uno dei più importanti campi di mine antiuomo al mondo è stato piantato e si estende per centinaia di metri quadrati. Questo muro, di cui si parla poco, che

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rassomiglia per certi versi al muro della vergogna che per cinquanta anni divise la Germania, continua oggi ad uccidere dozzine di persone innocenti e a decimare il bestiame dei nomadi. LA TRAGEDIA DEI SAHARAWI Questa breve cronologia degli eventi è fondamentale per comprendere il dramma Saharawi che passa da evento locale ad un problema politico internazionale di decolonizzazione. La lotta del popolo saharawi per la sua emancipazione dalla colonizzazione venne legittimata dalla Carta delle Nazioni Unite finalizzata alla tutela degli interessi dei popoli dipendenti; nella dichiarazione sull’ottenimento dell’indipendenza per i Paesi e popoli coloniali; in quella in cui gli Stati membri hanno proclamato la necessità di porre fine alla stagione del colonialismo; nelle innumerevoli risoluzioni dell’Assemblea Generale e del Consiglio di sicurezza riservate alla questione del Sahara occidentale.

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