Video Clip

  • July 2020
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Videoclip Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Definizione Il videoclip (conosciuto in Italia anche come video musicale o anche semplicemente video o clip) è un breve filmato prodotto a scopo promozionale per un brano musicale, solitamente una canzone presente in tutta la lunghezza del video. In alcune parti del mondo, come in Giappone, è anche detto promotional video, abbreviato in PV. I videoclip utilizzano differenti forme stilistiche ed espressive per commentare visivamente il brano musicale: molti di essi si compongono della semplice riproduzione filmica del cantante o del gruppo musicale che eseguono il brano; altri creano minifilm con trama (recitati talvolta dagli stessi componenti del gruppo) oppure non narrativi e si possono avvalere di sequenze animate o di immagini documentaristiche. La pratica di abbinamento di immagini filmate a brani musicali risale sin dagli anni cinquanta, ma il videoclip diviene molto popolare a partire dall'inizio degli anni ottanta con la nascita delle prime televisioni con palinsesto interamente musicale.

Origine dei videoclip Come ha dimostrato con le sue ricerche Michele Bovi, i primi filmati musicali a colori che usano le immagini per accompagnare una canzone sono realizzati in Italia, a partire dal 1959. In quell'anno infatti si sperimenta un juke-box ad immagini: il Cinebox, brevettato come "fonografo visivo" dall'inventore Pietro Granelli e realizzato dalla Ottico Meccanica Italiana diretta da Paolo Emilio Nistri. Le prime pellicole del Cinebox, girate dai registi RAI Vito Molinari, Beppe Recchia ed Enzo Trapani, sono interpretate da Peppino Di Capri, Domenico Modugno, Johnny Dorelli, Renato Rascel, Giorgio Gaber, i Brutos, Gino Paoli, Edoardo Vianello e altri. Nel 1963 il Cinebox viene esportato sul mercato americano col nome di Colorama coinvolgendo star come Paul Anka e Neil Sedaka, ma in breve tempo l'esperimento è abbandonato. Tra gli altri precursori del videoclip contemporaneo si possono elencare i soundie (cortometraggi abbinati a brani musicali trasmessi da un rudimentale videojuke-box detto "panorama soundie" nei primi anni cinquanta negli Stati Uniti), gli scopitone (corrispettivi francesi dei soundie girati in technicolor e lanciati sul mercato nel 1964) e le performance che sopperivano all'assenza delle band in studio in alcuni celebri show televisivi degli anni sessanta come Ready Steady Go! (trasmesso dalla BBC) o l' Ed Sullivan Show.

Forme vicine al videoclip contemporaneo vengono realizzate da registi di fama dalla fine degli anni sessanta: i The Beatles per fronteggiare la continua richiesta delle loro apparizioni in giro per il mondo per promuovere i nuovi singoli, realizzarono dei video, col tempo sempre più particolari e fantasiosi, che venivano trasmessi dalle Tv o dai programmi televisivi, una sorta di proto-MTV ante litteram, idea seguita anche da Bob Dylan con il video di Subterranean Homesick Blues girato dal documentarista D. A. Pennebaker e inserito in apertura del film del 1967 Dont Look Back, che si avvale della presenza del poeta Allen Ginsberg come "figurante speciale". Nel 1974 gli ABBA fecero uscire il loro primo videoclip, Waterloo, diretto da Lasse Hallström (che dirigerà la maggior parte dei loro video), seguendo poi ad accompagnare l'uscita dei loro singoli con dei clip promozionali. Nel 1975 i Queen realizzano un lungo videoclip, considerato erroneamente il primo della storia grazie al lancio ideato dai loro promoter, del loro brano Bohemian Rhapsody per il programma televisivo Top of the pops. Con la nascita di MTV (che il 1º agosto 1981 ha ironicamente aperto le proprie trasmissioni con il videoclip Video Killed the Radio Star dei Buggles) e di altre televisioni musicali il videoclip ha assunto sempre maggiore importanza nelle strategie di lancio promozionale dei brani musicali e si è fortemente evoluto dal punto di vista artistico. Il primo videoclip con un alto budget di produzione è stato quello del brano Thriller di Michael Jackson nel 1983, che fu studiato e girato come un vero film dal regista John Landis. Il successivo videoclip considerato ancora oggi tra i più costosi fu quello di Wild Boys dei Duran Duran nel 1984. Il videoclip più costoso nella storia è Scream, di Michael Jackson, costato 7 milioni di dollari.

Author: Antonio Grande INTRODUZIONE La comunicazione audiovisiva, dagli albori sino ad oggi, ha sviluppato diverse quanto variegate forme espressive che si sono gradualmente adattate ai tempi, alle tecnologie e a tutte le sfaccettature sociali che hanno caratterizzato un mondo, quello del '900, in rapida evoluzione. Il videoclip è da considerarsi come una delle "forme brevi" della comunicazione audiovisiva le cui modalità espressive prendono forma dall'esigenza di promuovere un bene di consumo immateriale come la musica. La breve durata temporale e l'accezione commerciale di tale prodotto, che potrebbero sembrare caratteristiche negative almeno per il lato artistico, non influiscono negativamente sull'elevato potenziale espressivo del prodotto, trasformandosi anzi in "paletti" che costringono il videoclip a superare i tradizionali limiti delle forme audiovisive più consolidate per andare a pretendere una propria autonomia espressiva. Per quanto a occhi inesperti il videoclip possa sembrare un'accozzaglia di immagini e suoni, con un'attenta analisi si rivelano tracce di una sperimentazione originale che coinvolge in una vera e propria "messa in scena", nel vero senso dell'espressione, immagini, suoni e ritmi. Proprio sul versante narrativo c'è da sottolineare come il videoclip ormai non si limiti a proporre "storielle" lineari che tanto ricordano altre accezioni dell'audiovisivo, ma va in direzione di un "assemblaggio inedito di frammenti", spesso di archivio ovvero preesistenti nella cultura audiovisiva ma riproposti e inseriti nel discorso videoclip. Quanto detto non può che mettere in evidenza il lavoro e le strategie di montaggio che divengono nel videoclip il campo significativo di creazione espressiva, andando a privilegiare il frammento all' unità narrativa, la ripetizione, la ricorsività a dispetto della successione logica delle sequenze, l'esibizione di "imperfezioni" audiovisive al contrario della perfezione del dolby e della fotografia cinematografica, e soprattutto la de-sincronizzazione rispetto alla spesso obbligatoria coincidenza fra immagini e suoni. Tale prospettiva del montaggio come regolatore dell'espressività del videoclip non può far altro che rimandarci alle origini dell'audiovisivo dove sarà necessario andare ad evidenziare alcuni dei passi fondamentali nell'immenso calderone di produzioni e sperimentazioni che hanno permesso il plasmarsi di modalità espressive altamente articolate come quelle che stiamo trattando. Per passare ad una anticipazione di quanto sarà trattato, la prima parte del lavoro sarà dedicata ad una ricostruzione per punti fondamentali dei contributi significativi per la nascita ed evoluzione del videoclip. Difatti, quanto sopra detto, va anticipato nel tempo perché se si parla di frammentazione nel montaggio non può non venire in mente la scuola Russa (solo l'asincrono ci rimanda tranquillamente al "Manifesto dell'asincronismo"), con esponente di spicco "l'omnicitato", Ejzsenstein fondamentale per le teorie sull'accostamento di immagini significative prima e di suoni poi. Altro settore di sperimentazione che ha dato importanti impulsi all'espressione del videoclip è sicuramente l'avanguardia che pur producendo materiale più di carattere artistico e non ancora legato ad esigenze commerciali ha gettato importanti basi per la nostra "forma breve", come per Renè Clair e il suo "Entràcte", da molti definito il primo e vero capostipite, o l'altro antenato Fischinger da altri indicato come anticipatore del moderno videoclip con "Komposition

in Blau". Molti sono stati i tentativi di ricostruzione storica ed è sempre stato aperto e acceso il dibattito sul primo videoclip. In questa sede sarà data rilevanza non tanto ai primati temporali quanto a primati espressivi e significativi che hanno segnato l'audiovisivo sempre nel rapporto con il pubblico fruitore che determina quali aspetti si "tramandano" sotto forma di segni per diventare modalità espressive del videoclip contemporaneo. Sicuramente sono da citare i "Soundie" statunitensi, il Cinebox e lo Scopitone veri e propri Juke-box visivi che hanno indirizzato molto i gusti del pubblico e che si sono proposti in forme e luoghi diversi determinando fortemente la caratterizzazione di un vero e proprio "genere" con modalità espressive peculiari, teoria che ho intenzione di sostenere in questo lavoro. Per parlare di veri e propri videoclip dobbiamo arrivare fra la metà degli anni settanta, con le prime apparizioni, e gli anni '80 quando, superata l'ostilità del mondo della televisione, il videoclip prende piede grazie alla spinta dell'industria discografica il cui apporto non è da considerarsi in maniera negativa anche se finalizzato al profitto, anzi è proprio grazie alla spinta al guadagno che il videoclip è stato portato a diventare la più avanzata (almeno dal lato espressivo) forma di comunicazione audiovisiva contemporanea. Definiti, quindi, i passi fondamentali nella storia della costruzione delle nostre modalità espressive, nella seconda parte del lavoro saranno analizzate le varie forme espressive su cui fa leva il videoclip e le strategie di comunicazione adottate per raggiungere scopi ben "targettizzati" nella società contemporanea. E' importante, per inquadrare le varie forme, analizzare i pur sempre incompleti e imprecisi tentativi di classificazione linguistica ed espressiva che comunque ci sottolineano alcuni aspetti fondamentali nella comprensione espressiva: minimo comun denominatore di tale processo è sicuramente l'ibridazione linguistica comune a tutti i videoclip e portata dallo "strumento espressivo" per eccellenza, il montaggio. Analizzando quindi il montaggio, le varie strategie di enunciazione, il rapporto fra immagini e suoni, il processo di costruzione della star, andremo a cercare di sostenere l'autonomia espressiva del linguaggio del videoclip. La terza parte del lavoro sarà dedicata all'analisi di un videoclip, proprio negli aspetti appena citati per andare a capire quanto definito teoricamente, per intendere quanto siano sottili i meccanismi di costruzione espressiva di tali forme brevi che si distinguono anche da tutte le altre simili per il tempo breve di durata ma non per la forma (si pensi alla pubblicità che promuove un prodotto mentre il videoclip promuove una confezione, un pacchetto che attraverso la star arriva solo in un secondo momento al vero e proprio prodotto fisico che fra l'altro si sta smaterializzando grazie alla frontiera virtuale che non lo rende più tanto fisico come in passato). Tale considerazione apre la strada alla quarta e ultima sezione del lavoro dove saranno analizzate le strade contemporanee per provare ad ipotizzare prospettive future di un mondo della comunicazione che va verso l'immateriale della rete mutando, di prospettiva, anche la produzione dei lavori stessi. Il mezzo di comunicazione "leader" del videoclip è stato a lungo tempo la televisione, rispetto alle quale sono stati distinti due periodi di evoluzione nella distribuzione del videoclip contemporaneo: dallo sviluppo di inizi '80 a fine anni '90, il videoclip ha conosciuto nuove modalità di rapporto col pubblico grazie alla diffusione prima nelle televisioni generaliste e successivamente nei canali tematici, satellitari; a partire dal boom del digitale e di internet quindi da fine '90, il videoclip ha conosciuto evoluzioni "fuori la televisione" essendo proposto in diversi formati su internet, sul telefonino, sul palmare, oltre che via satellite. Quindi il videoclip "nuota" in un panorama altamente influenzato dalla tecnologia che a sua volta influenza la società che è il pubblico del

videoclip stesso: ogni forma espressiva, specie quelle di accezione commerciale, vive del rapporto col pubblico e se il pubblico e i suoi bisogni variano, lo fanno di conseguenza anche i prodotti a loro dedicati. Proveremo quindi , in ultima analisi, ad ipotizzare dove si può arrivare, facendo presenti quelle che potrebbero essere le linee di tendenza. Il tutto tenendo presente che il rapporto tecnologia/società contemporanea si presta difficilmente a previsioni proprio per una "natura" sperimentale e legata a diverse dinamiche che intrecciandosi, provocano numerosi sconvolgimenti. Allora che cos'è un videoclip? E' utile, ai fini di un miglior inquadramento del raggio di azione di questo lavoro, dare una definizione di questa forma breve che per le sue ibride caratteristiche sfugge a molti tentativi di tipicizzazione. Il videoclip è letteralmente1 un "ritaglio di video", ovvero un formato audiovisivo di natura breve costruito su un brano musicale con immagini molto veloci e frammentate e altri espedienti creativi per raggiungere in maniera fortemente comunicativa il fruitore; il carattere promozionale di tale audiovisivo, nel corso del tempo, è stato anche il "propulsore espressivo" che ne ha consentito uno sviluppo creativo che ha reso il videoclip una delle più avanzate forme di audiovisivo contemporaneo. Con l'era digitale si sono allargate le possibilità produttive e si sono generate importanti evoluzioni che hanno modificato il genere sia dal punto di vista del mercato sia da quello espressivo.

CAPITOLO 1 - EVOLUZIONI STORICHE, IL FILONE DI RICERCA ESPRESSIVA E I PRIMI PASSI SUL MERCATO Linee guida dall'era della sperimentazione al contemporaneo 1.1 Gli antenati del videoclip La maggior parte della letteratura di settore, unita all'intuizione comune che spesso si eleva al rango di sapere, colloca la nascita del videoclip a metà anni '70, spesso con precisione nel 1975 col famosissimo video dei Queen "Bohemian rhapsody" e più sociologicamente con l'affermazione di necessità industriali proiettate verso il pubblico tipiche dell'era New Pop2. Tale interpretazione è da considerarsi almeno parzialmente erronea in quanto già prima, spesso molto prima, nel campo dell'audiovisivo si sono avute manifestazioni che se non potevano definirsi videoclip in toto (manca ancora la tecnologia video vera e propria), sicuramente ne possedevano parecchie caratteristiche specie espressive per forma e ritmo ma anche industriali con le prime forme di promozione del mercato discografico. Questo periodo sperimentale è da includere nella storia del videoclip che altrimenti potrebbe risultare come nato da una sorta di "big-bang" audiovisivo mentre è palesemente frutto della stratificazione delle sperimentazioni audiovisive "fissate" nella storia tramite il rapporto col pubblico nel sapere comune che in quest'ottica risulta ora completo. Come spiega efficacemente Martin Scorzese3 per il cinema, il fenomeno è frutto quindi di una progressiva presa di coscienza audiovisiva: "Ho sempre pensato che il linguaggio visivo è altrettanto importante del linguaggio verbale. Quello che i pionieri del cinema stavano esplorando erano le tecniche specifiche del mezzo. Così facendo, inventarono un nuovo linguaggio basato sulle immagini piuttosto che sulle parole, quella che si potrebbe definire una grammatica visuale...". Il periodo che ruota attorno alla nascita del cinema è un grande calderone in cui ribollivano alcune idee che si sarebbero fatte grande strada

nel corso del secolo. Il dibattito su gli elementi che possano essere riconducibili a sviluppi nel filone del videoclip è aperto. Fra le eterogenee interpretazioni riscontrate la più efficace e minuziosa mi sembra quella di Bruno di Marino che va a rintracciare contatti sin da Wagner e Reynaud per la sinestesia artistica, passando per gli ormai famosi esperimenti di Edison e Dickson4 per arrivare all'avanguardia vera e propria e alla scuola russa di cinematografia, momenti storici che a mio parere hanno contribuito maggiormente alla "metastasi" audiovisiva del videoclip. 1.1.2 Le "fondamenta" di Ejzsenstejn e della scuola russa L'autore che più ha contribuito ad un'azione di codifica delle immagini in movimento ed al quale si può fare riferimento per tutto lo scibile audiovisivo è di sicuro Sergej M. Ejzenstejn; basta citare la sua definizione di film quale "sintesi suprema di tutte le manifestazioni artistiche" per trovarci già molto vicini all'universo del videoclip. Nei suoi testi come "La forma cinematografica", "La natura non indifferente", "Il montaggio", troviamo concetti fondamentali come "montaggio metrico", "ritmico", "tonale", "sovratonale", e suggestioni teoriche come "lo sconfinamento delle immagini nella musica", siamo solo fra gli anni '20 e gli anni '40 proprio dove si sta cercando di collocare l'origine del videoclip. Parlando di "montaggio verticale", Ejzenstejn fa riferimento ad ogni possibile forma di prodotto filmico-video-sonoro attribuendo all'elemento musicale la capacità espressiva di collegare componenti apparentemente disomogenei del prodotto audiovisivo (parole e colori, testo della sceneggiatura e pura dinamica visiva delle inquadrature). L'elemento musicale va a creare la "legatura audiovisiva" di un'opera andando a coordinare elementi apparentemente disomogenei ed andando a definire una sorta di "partitura visiva". La prova tangibile di quanto Ejzenstejn proiettasse le sue analisi direttamente verso il futuro audiovisivo previsto e codificato è contenuta in un documento redatto assieme ad altre due menti della scuola russa Pudovkin e Aleksandrov. Il documento è una dichiarazione a tre voci sul "futuro del sonoro" e appare quasi come una profezia su tutto quello che sarebbe accaduto nei decenni successivi nel rapporto tra musica e immagini in movimento. C'è il doveroso tributo al montaggio, "il mezzo fondamentale e unico con cui il cinema ha raggiunto un così alto livello espressivo", che ha il gran merito di conferire un'efficacia visiva alle immagini infondendo ad esse la capacità di imprimersi nella mente dello spettatore per la carica "iconografica" data da tagli in inquadrature, fotografia nel senso cinematografico della parola, dalla carica di "eccitazione" del ritmo del montaggio. Dalle teorie di Ejzenstejn si può riferire che l'opinione pubblica e la letteratura hanno piazzato l'origine del videoclip solo negli anni '70 proprio perché i clip dagli anni '30 agli anni '70 sono stati montati con uno stile che il maestro russo avrebbe definito "contrappuntistico" ovvero che tende ad assecondare, sottolineare o almeno rispettare il ritmo della canzone in direzione di un'esaltazione della partitura musicale. Tale interpretazione viene poi spazzata via dagli anni '70 e '80 sull'onda di una massiccia e ormai sistematica industrializzazione del prodotto che porta, come sottolineeremo in seguito, il montaggio ad essere l'aspetto principale del linguaggio del videoclip che si esprime con un utilizzo "estremo" dell'editing (chiaramente di matrice russa), sciogliendolo da ogni metrica puramente musicale per tirarlo all'inseguimento di una cinesi quantomeno veemente e purtroppo spesso sgraziata. Molto presto, infatti, la crescita di fruizione del videoclip ha portato lo "speed editing", ovvero l'estrema velocità di montaggio ad essere elemento distintivo per il videoclip fra i prodotti audiovisivi. Un'altra teoria di Ejzenstejn che assume lo status di linea

guida per il videoclip è "il montaggio delle attrazioni" ovvero il "libero montaggio di azioni arbitrariamente scelte, indipendenti, ma con un preciso orientamento verso un determinato effetto tematico finale" ed è così che vengono accostate ad esempio immagini della popolazione in "Sciopero" affiancate ad un bue al macello, l'impatto visivo è dei più forti e dallo shock di questo accostamento si crea l'effetto tematico chiarissimo ormai per il pubblico. Gli anni della scoperta del sonoro vedono ancora una volta Ejzenstejn all'avanguardia. Con grande anticipo, riesce ad elaborare un film "La corazzata Potemkin" tenendo nella massima considerazione la sua componente musicale ancora, ricordiamo bene, non unita nella colonna sonora alle immagini, attribuendo perciò a quello che era un commento sonoro non più la funzione di contorno come da eredità del cinema muto ma attribuendogli un ruolo caratterizzante all'interno dell'opera cinematografica. Ma il punto di maggiore interesse per tale ricerca di radici del videoclip, dove Ejzenstejn si spinse sino alle soglie dell'assunto tecnico e concettuale è rintracciabile in "Aleksàndr Nevskij" opera stilata in collaborazione col compositore Prokof'ev dove vi sono sequenze in cui le inquadrature sono montate sulla colonna sonora già precedentemente incisa. Una vera e propria rivoluzione copernicana, non più la musica in funzione commento rispetto alle immagini bensì inquadrature la cui disposizione viene subordinata rispetto a una preminente struttura sonora: la musica diviene testo immutabile, le immagini si devono sforzare di seguirla armonicamente, proprio quello che avviene per la costruzione del videoclip musicale. Il manifesto "Il futuro del sonoro" va a toccare anche, al quarto punto, il tema tecnologico asserendo che "la scoperta tecnica non è un fattore casuale nella storia...ma lo sbocco naturale dell'avanguardia cinematografica"; cosa che è successa con numerosi artisti che hanno accolto le innovazioni tecnologiche per materializzare nuove forme espressive altrimenti non ricreabili tranne che nella loro fantasia e che succede ancora oggi con la rivoluzione digitale. Come possiamo dedurre da quanto detto sul Ejzenstejn e la scuola russa ci sono delle anticipazioni fondamentali nella teoria già dagl'anni del cinema muto da rintracciare per capire come hanno preso forme le eterogenee modalità espressive del videoclip contemporaneo. 1.1.3 Progenitori d'avanguardia Il contesto storico-culturale ribolliva di spiriti artistici che, sperimentando le nuove possibilità regalate dal mezzo audiovisivo, arrivarono a toccare limiti creativi che se da una parte si sono poi ritrovati nel circolo chiuso che è la video arte, dall'altra hanno spinto la ricerca in direzioni impreviste andando a influenzare decisivamente la codifica del linguaggio contemporaneo . Le sperimentazioni si sono succedute in diverse direzioni e certo è che il territorio della "Musica visuale" esplorato in quel periodo per la necessità di sentire, ha influenzato la produzione linguistica audiovisiva e rappresenta il filone di ricerca da cui, dopo un lungo e articolato percorso di sviluppo si arriva alla videomusica, ovvero al contemporaneo videoclip. Fra i più importanti Richter che realizza i suoi tre famosissimi cortometraggi astratti basati su quadrati e rettangolo Rhytmus5 21, 23, 25; Eggelling che sperimenta la possibilità di dare movimento alle composizioni pittoriche, lavorando sull'evoluzione dinamica di forme astratte in sequenza, prima su lunghi rotoli di carta, quindi approdando al film. Il manifesto La cinematografia futurista recita "il cinematografo è un arte a sé ... deve distaccarsi dalla realtà, dalla fotografia, dal grazioso e dal solenne. Diventare antigrazioso, de formatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero. Occorre

liberare il cinematografo come mezzo d'espressione farne uno strumento ideale di nuova arte..". Il carattere visivo del cinema della contrapposizione alla dimensione teatrale, di scena riprodotta, è sostenuto energicamente dallo stesso Richter, Man Ray6, Duchamp, Léger8: tutti questi artisti si impegnano a produrre film che allargano gli orizzonti del cinema, le possibilità di un uso dinamico dell'immagine esteticamente determinata. Il cinema reattivo di ricerca sperimentale, esplora continuamente le possibilità del mezzo svincolando l'immagine cinematografica dalla soggezione al codice narrativo. La relazione tra arti visuali e cinema si sviluppa in due direzioni: da una parte esiste un gioco di influenze che vengono da un particolare clima artistico verso il cinema generando il cinema futurista, il cinema cubista, il cinema surrealista, il cinema espressionista; dall'altra il cinema con i suoi meccanismi e dinamismi sollecita alcune ricerche dell'aria visuale. Come spiega efficacemente V. Fagone9: "Storicamente la grammatica del cinema è stata costruita nel confronto con il linguaggio di immagine della ricerca d'avanguardia" sottolineando poi come le opere degli avanguardisti influenzano la "zona di crescita" tanto delle arti visive come del linguaggio cinematografico, quindi oggi audiovisivo.

ANALISI SEMIOTICA DI UN VIDEOCLIP: “What you waiting for?” (Gwen Stefani) 1. Introduzione Attualmente il videoclip, insieme ad altre forme brevi quali ad esempio trailers e spot pubblicitari, costituisce uno dei topoi privilegiati per la sperimentazione del linguaggio audiovisivo. Il senso di questa mia affermazione sta nel fatto che attraverso il videoclip è possibile saggiare le nuove possibilità che ci offre un uso oramai sempre più massiccio delle tecnologie digitali anche solo nei termini di una nuovissima resa estetica dell’immagine. Il videoclip sempre di più va confermandosi come il manuale di studio di tutto l’odierno cinema digitale in quanto assurge a punto di riferimento di gran parte del cinema attuale dove l’immagine è sempre di più la tela elettronica del regista che divenuto pittore digitale ne detiene il controllo assoluto pixel per pixel esattamente come un pittore rinascimentale aveva il dominio assoluto su ogni singolo pigmento. In ogni videoclip gli SFX fanno la parte del leone, sono moltissimi e anche piuttosto evidenti. Molti clips hanno uno stile forse eccessivamente “barocco”, caligarista. A tale proposito, Tom Gunning è il teorico del cinema che ha contestato la leggenda che da sempre accompagna la visione del primo film della storia (Arrivée d’un train à la Ciotat, Lumière, 1895) sostenendo che il pubblico del Salon Indien poteva anche essersi spaventato, ma certamente non era così ingenuo da credere veramente che un treno stesse piombando in sala. Secondo Gunning ciò che ha stupito gli spettatori è stata proprio la differenza tra ciò che sapevano essere reale e ciò che vedevano con i propri occhi, ossia essi ammirarono la capacità del medium cinematografico di creare un’illusione così autentica da farli credere per un istante a una cosa impossibile. Con il digitale c’è il ritorno ad un cinema d’attrazione, e più in generale, a un prodotto audiovisivo che gioca proprio su queste discontinuità. In sostanza lo spettatore odierno si meraviglia degli SFX perché ha ormai grammaticalizzato il linguaggio cinematografico come a dire che gusta appieno un trompe l’oeil perché comprende cos’è un trompe l’oeil.

2. Verso un’analisi semiotica Gli strumenti utilizzati nell’analisi fanno perno sulle teorie enunciazionali greimasiane. La durata di questo video è di 8 minuti e 41 secondi. E’ stato realizzato da Francis Lawrence verso la fine del 2004 in occasione dell’uscita dell’album Love, Angel, Music, Baby di Gwen Stefani. La prima inquadratura del video riguarda l’arrivo della cantante all’aeroporto di Los Angeles. Scopo di questo suo viaggio è quello di fare un provino presso una famosa casa discografica per presentare una canzone che le consentirà di firmare con la major un contratto da un milione di dollari. Ben presto però le sue certezze iniziano a vacillare ed entra in una sorta di crisi di ispirazione. Ad un certo punto la si vede, infatti, in sala d’incisione provare qualche verso al pianoforte ma un blocco di creatività non le permette di proseguire. La vediamo alzarsi per andare a prendere un caffè finché la sua attenzione è catturata da uno strano annuncio pubblicitario affisso proprio sulla macchinetta distributrice che promette di risolvere ogni tipo di blocco creativo. La cantante non si perde d’animo e si rivolge presso quello che sembra essere uno studio per la psicoanalisi. Qui, dopo essersi sottoposta a un test psicologico preliminare basato su risposte multiple, entra in scena la dottoressa che si prende carico della sua patologia. Ma, come per magia, mentre esponeva i suoi problemi alla dottoressa, all’improvviso uno strano pupazzetto rosa, simile ad un coniglietto, inizia ad animarsi. E’ così che Gwen entra in una dimensione molto particolare, baroccheggiante, satura di colori e di strani personaggi, una sorta di carrolliano mondo delle meraviglie che ricorda

molto la scenografia e la fotografia di Big Fish di Tim Burton. In questo stato paranoico-delirante, che molto somiglia al metodo paranoico-critico di Salvador Dalì, la mente della deliziosa Gwen, come per incanto, ricomincia a trovare quella vena creativa che sembrava avere smarrito per sempre e proprio mentre è al culmine del suo stato visionario si risveglia ed inizia a danzare al ritmo di quel brano che prima in maniera lucida non riusciva a comporre attraverso la traduzione di quello stato onirico in uno sfrenato ritmo musicale. E’ quasi impossibile non fare un parallelo con un Buñuel, con un Breton, con un Desnos o con un Soupault e il loro modo di esprimersi attraverso quella che i surrealisti definirono la scrittura automatica, in cui le parole fluivano sulla carta senza alcuna logica, dando vita, attraverso un montaggio “analogico”-onirico, a immagini straordinarie simili a quelle scaturite dai sogni. Generalmente il montaggio di ogni videoclip è un montaggio estremamente serrato, frammentato ma ciò non implica l’assenza di una precisa struttura narrativa. La frammentazione non fa altro che tradurre in sequenze il ritmo del brano musicale. Il montaggio interviene a sincronizzare e, quindi, a fondere il ritmo visivo e il ritmo musicale nel ritmo/flusso audiovisivo. 3. Struttura topologica Attraverso l’analisi di What you waiting for? evinciamo la compresenza di due strutture macro spaziali ben definite: uno è lo spazio della metropoli, nello specifico Los Angeles, l’altro è il mondo iperreale nel quale la bionda cantante viene proiettata in seguito al suo stato di trance onirico. La metropoli è a sua volta articolata in sottospazi ben evidenziati dal seguente schema: Metropoli vs. Mondo iperreale generato dallo stato onirico aeroporto strade automobile casa studio d’incisione studio medico A questa articolazione degli spazi è correlata un’articolazione cronologica che presenta la seguente struttura: Metropoli Mondo iperreale Metropoli (tempo 1) (tempo 2) (tempo 3) Tale ripartizione cronologica è strettamente legata ad un’altra articolazione degli spazi così strutturata: Spazio topico vs. Spazio eterotopico (metropoli) (mondo iperreale) A sua volta lo spazio topico si bipartisce in spazio utopico come luogo della performanza dell’eroe e nello specifico rappresentato dalla sala d’incisione e in spazio paratopico che è il luogo della competenza dove l’eroe acquisisce le competenze e quindi gli strumenti per compiere la prova, rappresentato dallo studio medico presso il quale Gwen si rivolge per risolvere i suoi blocchi creativi. 4. Spazio topico

La metropoli costituisce il punto di partenza e d’arrivo del percorso narrativo del video. La prima inquadratura è il primo piano di un cartello che annuncia ai viaggiatori l’arrivo a Los Angeles. La seconda inquadratura è un piano americano della cantante che si avvia con i bagagli verso l’uscita dell’aeroporto. Le successive inquadrature sono all’interno di un’autovettura e ci mostrano la cantante rispondere a una chiamata giunta sul suo telefono cellulare. Dalle prime parole pronunciate dal suo interlocutore deduciamo che si tratta del suo Destinante ossia di colui che manipola l’agire del Soggetto-Gwen attraverso il “far-fare”. La cantante, sulle prime, risponde: “(…) I’m not inspired…” per dire che non si sente ancora pronta a superare la prova decisiva essendo in uno stato di profonda crisi creativa. Trascorso un mese dal suo arrivo a Los Angeles la cantante si decide di andare a provare in sala di registrazione. Davanti a lei c’è un pianoforte, prova ad accennare qualche verso ma un blocco totale della sua creatività non le permette di proseguire. Fa una pausa e si alza per andare a prendere un caffè nella speranza di uscire da quello stato di impasse e qui nota, affisso alla macchina del caffè, un annuncio che promette qualcosa di miracoloso: liberare dai blocchi creativi gli artisti. Gwen non perde un istante e si reca immediatamente in quello che sembra essere uno studio per sedute psicoanalitiche. E’ questo lo spazio paratopico, lo scenario della prova qualificante dove il Soggetto acquisisce le competenze necessarie e propedeutiche per portare a termine la successiva prova decisiva. Qui la dottoressa sottopone la cantante a una serie di test psicologici per cercare di comprendere le cause di questi vuoti mentali. In un’inquadratura successiva rivediamo di nuovo la cantante al pianoforte in sala di registrazione. Stavolta la sua attenzione è attratta da un simpatico pupazzetto, forse è un coniglietto, che inizia ad animarsi e a dirigersi verso di lei. E’ a questo punto che Gwen, lanciando in aria un orologio da taschino con quadrante rosso e che sembra avere le lancette impazzite, entra in uno stato catatonico-onirico che la proietta in una dimensione surreale. 5. Spazio eterotopico E’ adesso che possiamo vedere la bionda cantante nei panni di un’Alice nel suo mondo di meraviglie e possiamo assistere all’operazione di débrayage, ossia di disinnesto spaziale rispetto all’istanza enunciazionale che altro non è che “l’istanza che promuove il passaggio tra la competenza e la performanza linguistiche, tra le strutture semiotiche virtuali che essa avrà il compito di attualizzare e le strutture realizzate sotto forma di discorso”#. In questo spazio surreale si può notare una fotografia dell’immagine satura di colore fino all’inverosimile, molto pitturata, e alcune soluzioni di montaggio come una serie di dissolvenze-assolvenze che esaltano ancor di più lo stato di trance visionario di Gwen. E’ un montaggio che definirei onirico, surrealista perché le immagini fluiscono liberamente senza alcuna logica e sono collegate tra loro in maniera analogica. Solo verso la fine di questa macro-sequenza si può scorgere un montaggio alternato di immagini tra la cantante proiettata nel mondo visionario e lei stessa che, in sala di registrazione e stesa a terra a occhi chiusi, accenna qualche verso. Le immagini dell’una e dell’altra situazione sono perfettamente sincronizzate con l’audio. 6. Spazio utopico: la sala di registrazione Ogni débrayage presuppone un embrayage ossia un innesco, un ritorno all’istanza dell’enunciazione che si ha quando Gwen si risveglia dal suo stato onirico e traduce quel sogno in una ballata indimenticabile. Viene spontaneo a questo punto un parallelismo con Buñuel che parlando della sua collaborazione con Salvador Dalì nella realizzazione di Un Chien Andalou disse: “Questo film

nacque dall’incontro fra due sogni”. Questo video non fa, quindi, che risaltare la geniale visionarietà di Lawrence, uno fra i più interessanti videomakers del panorama contemporaneo. In questa sequenza Gwen la si vede dimenare come un’invasata baciata dalla grazia ispiratrice che le permette di far fluire le parole sulla sua bocca quasi in maniera automatica. Questo luogo, secondo lo schema narrativo greimasiano è il luogo della performanza dove il fare modalizza l’essere e la star compie la prova decisiva che verrà poi sanzionata (positivamente o negativamente). Generalmente, ogni testo audiovisivo ha una propria struttura narrativa che è possibile organizzare secondo lo schema greimasiano:

MANIPOLAZIONE SANZIONE far-fare essere dell’essere

performanza competenza cognitiva di S2 cognitiva di S2

COMPETENZA di S1 PERFORMANZA di S1 essere del fare far essere atto pragmatico

La sanzione (positiva) arriverà nel momento in cui si vede comparire, inquadrata in mezza figura, la dottoressa che bussando dal retro della vetrata che affaccia sulla sala di registrazione, pronuncia le seguenti parole: “Miss Stefani…Miss Stefani! I’ve got the bill!”. La richiesta del conto per la prestazione specialistica fornitale costituisce, così, l’indice del superamento della prova decisiva da parte della cantante e il rispetto del contratto fiduciario stipulato con il suo Destinante. 7. Testo della canzone What you waiting for?

What an amazing time. What a family. How did the years go by? Now it’s only me. Tick… tock… Like a cat in heat stuck in a moving car. A scary conversation shut my eyes can’t find the brake. What if they say that you’re a climber? Naturally I’m worried if I do it alone. Who really cares cause it’s your life you never know it could be great. Take a chance cause you might grow. Rit. WHAT YOU WAITING FOR? Tick… tock …take a chance you stupid ho. Like an echo pedal you’re repeating yourself. You know it all by heart, why are you standing in one place? Born to blossom, bloom to perish. Your moment will run out cause of your sex

chromosome. I know it’s so messed up how our society all thinks. Life is short, you’re capable. Look at your watch now. You’re still a super hot female. You got your million-dollar contract. And they’re all waiting for your hot track. Rit. WHAT YOU WAITING FOR? I can’t wait to go back and do Japan. Get me lots of brand new fans. Osaka, Tokyo. You Harajuku girls, damn you’ve got some wicked style. Look at your watch now. You’re still a super hot female. You got your million-dollar contract. And they’re all waiting for your hot track. Rit. WHAT YOU WAITING FOR? Take a chance you stupid ho.

8.Conclusioni Sostanzialmente, questo videoclip come molti altri, è un formato breve dell’audiovisivo che lavora molto sulla condensazione per via di un montaggio serratissimo che però non va ad inficiare il corpus narrativo del video. Il videoclip si conferma, così, sempre più uno straordinario laboratorio per la sperimentazione dell’immagine dove il montaggio, oltre che temporale, è soprattutto spaziale, ossia all’interno dell’immagine. Lev Manovich sostiene che questo è un modo di operare tipico della logica del database in quanto la linearità non è più l’unica regola. La sintagmaticità delle immagini sfuma verso la paradigmaticità e viceversa. Non esistono più confini precisi perché questi sono oramai sfrangiati e ciò lo si deve all’uso sempre più massiccio delle nuove tecnologie digitali in tutte o quasi le fasi della lavorazione dell’audiovisivo. “Il risultato è quindi un nuovo cinema in cui la dimensione diacronica non viene più privilegiata rispetto alla dimensione sincronica, il tempo non viene più privilegiato rispetto allo spazio, la sequenza non viene più privilegiata rispetto alla simultaneità, il montaggio temporale classico non viene più privilegiato rispetto al montaggio all’interno della singola scena. (…) Il tempo viene spazializzato (…)”.

9. Bibliografia

BISACCIA Antonio, Punctum fluens, Meltemi, Roma, 2002 CASSANI Diego, Manuale del montaggio, UTET, Torino, 2000 MANOVICH Lev, Il linguaggio dei nuovi media, Olivares, Milano, 2002 MARSCIANI Francesco, ZINNA Alessandro, Elementi di semiotica generativa, Esculapio, Bologna, 1991 MILLAR Gavin, REISZ Karel, La tecnica del montaggio cinematografico, Lindau, Torino, 2001 MURCH Walter, In un batter d’occhi, Lindau, Torino, 2001 PEZZINI Isabella (a cura di), Trailer, spot, clip, siti, banner, Meltemi, Roma, 2002

10. Webgrafia http://www.youtube.com/watch?v=AVL9jNxj7z8 http://www.gwenstefani.com

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