Cap. I IL MONDO SEMITICO L'Egitto La storia dell’uomo è la storia di una creatura alla costante ricerca di cibo. Ovunque vi fosse cibo in abbondanza là si dirigeva e si stabiliva l’uomo. Dalle regioni interne dell’Africa, dal deserto dell’Arabia e dalla zona occidentale dell’Asia diversi gruppi di uomini si erano diretti verso l’Egitto per rivendicare i ricchi frutti della valle del Nilo, ogni estate resa fertile dallo straripamento del fiume e dal suo depositare sui campi un fecondissimo strato di argilla. Dalla fusione di questi invasori era nato un nuovo popolo: gli Egizi. Il benefico fiume dell’Egitto e gli ingegnosi sistemi di canali e pozzi utili ad irrigare tutto il territorio, consentì all’egizio di dedicare meno tempo, rispetto all’uomo primitivo, al lavoro necessario al sostentamento, permettendogli di impiegare le proprie energie anche per altre attività; fu così che nella valle del Nilo, cinquanta secoli fa (4800 a.C.) si potè sviluppare una evoluta civiltà, la cui prima e più importante conquista fu l’invenzione della scrittura, uno strumento di registrazione visiva del linguaggio che consenta di conservare e utilizzare l’esperienza passata, un sistema di caratteri che riproduce il suono della parola parlata: la scrittura geroglifica, una scrittura fonetica e non pittografia come si credette fino a poco tempo fa. Ma nella valle del Nilo si imparò anche un’altra cosa: l’arte della convivenza sociale, in quanto per scavare canali, costruire dighe ed effettuare altre imponenti opere era necessario un lavoro di gruppo, organizzato: fu per questa ragione che si sentì il bisogno di dar vita, per la prima volta ad uno stato, un sistema organizzato di individui, con precisi ruoli e funzioni, la cui vita in comune fosse regolata da un sistema di norme. Attorno al 1800 a.C. gli Egizi caddero sotto il dominio degli Hyksos, una bellicosa tribù di pastori arabi che per quasi duecento anni furono i padroni della valle del Nilo, ma poi gli egizi di Tebe, nel 1560 a.C., si ribellarono e scacciarono gli Hyksos; novecento anni più tardi, nel VII sec. a.C. l’Egitto perse di nuovo l’indipendenza, divenne parte del regno di Assiria, che ormai dominava tutta l’Asia occidentale (vedi oltre); poi nel 525 a.C., l’Egitto cadde nelle mani dei Persiani di Cambise e duecento anni dopo sotto quelle dei Macedoni di Alessandro Magno (uno dei suoi generali si proclamò re d’Egitto e fondò la dinastia dei Tolomei); l’ultima regina d’Egitto Cleopatra (della dinastia Tolemaica) venne spodestata, nel 30 a.C., dai Romani di Augusto: l’Egitto divenne così una provincia romana. La Mesopotamia In Medio Oriente, tra i fiumi Tigri ed Eufrate, si stendeva una pianura, che i greci chiamarono Mesopotamia (“terra tra i due fiumi”), anch’essa resa fertile, come la valle del Nilo, dalla loro presenza; una terra piena di risorse, che offriva cibo in abbondanza e che attirò popolazioni sia dalle montagne del Nord (guerrieri indoeuropei) che dai deserti del Sud (nomadi semiti). Anche la Mesopotamia fu quindi terra contesa da varie popolazioni, terra in cui si scontrarono varie popolazioni e in cui solo le più forti poterono insediarsi, cosa che spiega perché la Mesopotamia divenne patria di una stirpe fortissima di uomini, capaci di dar vita a una civiltà importante quale quella egizia. I primi a dominare sulla Mesopotamia, nel IV millennio a.C., furono i Sumeri, popolazione di origine incerta di pelle bianca giunti dalle montagne del Nord, quindi fatta convenzionalmente rientrare nella categoria delle popolazioni semitiche ma molto probabilmente già intrecciate con popolazioni indoeuropee; a loro si deve l’invenzione della scrittura cuneiforme, un sistema di segni (a forma di cunei) in sostituzione ai geroglifici; a loro si devono anche le celebri torri di Babele, piccole alture artificiali sulle quali posero i loro altari dotate di sentieri che salivano a spirale. Nel 2400 a.C. vennero sottomessi dagli Accadi, una tribù semitica proveniente dal deserto arabico, nel 2000 a.C. fu la volta di un’altra tribù semitica, gli Amoriti: il loro sovrano Hammurabi diede al suo popolo una raccolta di leggi che rese lo Stato Babilonese l’impero meglio organizzato
del mondo antico. Poi fu la volta degli Ittiti, popolazione indoeuropea proveniente dal Nord; poi quella degli Assiri (popolazione semitica, seguaci del dio Ashur), i quali fecero della città di Ninive il centro di un impero vasto e temuto, che sottomise tutta l’Asia occidentale e l’Egitto fino al VII sec. a.C., quando cioè arrivarono i Caldei, altra popolazione semitica che, col loro re Nabucodonosor, restaurò Babilonia; nel 538 a.C. i Persiani, altre popolazioni semitiche, rovesciarono l’impero dei Caldei; duecento anni dopo caddero nelle mani dei Macedoni di Alessandro Magno, ed infine nelle mani dei Romani. Gli Ebrei Nel XX sec. a.C., una piccola tribù semitica di pastori, gli Ebrei o Giudei, abbandonò la sua terra di origine, la terra di Ur (alla foce dell’Eufrate), alla ricerca di nuovi pascoli; respinti con forza da Babilonia, trovarono riparo in Egitto: per più di cinque secoli vissero tra gli egizi, ma quando questi caddero sotto il dominio degli Hyksos, una bellicosa tribù di pastori arabi che per quasi duecento anni furono i padroni della valle del Nilo, si misero al loro servizio come agenti delle tasse o come funzionari statali; quando poi gli egizi di Tebe, nel 1560 a.C., si ribellarono e scacciarono gli Hyksos, ridussero in schiavitù gli ebrei, impedendone ogni possibile migrazione; finchè Mosè non organizzò la fuga conducendoli nella piana ai piedi del monte Sinai; qui, sul Sinai, Mosè ebbe la rivelazione di Geova, il loro dio, che gli dettò i dieci comandamenti e gli promise come patria, la Palestina; quando gli ebrei vi giunsero la trovarono però già occupata dai Cananei, un’altra stirpe semitica, e dai Filistei, una piccola tribù cretese cacciati dalla loro isola; in Palestina gli ebrei eressero un grandioso tempio al loro dio e vi costruirono la loro città, Gerusalemme. I Fenici Anche i Fenici erano un popolo semitico, stanziatosi lungo le coste orientali del Mediterraneo; costruirono città ben fortificate, Tiro e Sidone, e ben presto si assicurarono il monopolio del commercio nel Mediterraneo; costruirono, infatti, basi commerciali (o colonie) in tutto il Mediterraneo, fino a Gibilterra [la più celebre delle quali sarà Cartagine]; erano navigatori esperti e commercianti senza scrupoli etici, desiderosi solo di realizzare grandi ricchezze; per motivi di ordine pratico semplificarono la scrittura cuneiforme dei sumeri, presero alcuni caratteri dagli egizi e diedero vita ad un diverso sistema di scrittura, riducendo le migliaia di segni diversi esistenti fino a quel momento nelle 22 lettere dell’alfabeto, dalla combinazione delle quali tutte le parole potevan esser formate. Col tempo quest’alfabeto penetrò in Grecia, dove venne modificato, e poi a Roma, dove subì ulteriori modifiche. Gli Egeo-Cretesi Forse si deve includere all’interno del mondo semitico anche la civiltà degli Egeo-Cretesi, anche se di origini incerte e misteriose, scoperta da Schliemann, precedente a quella dei Greci, invasori indoeuropei, di almeno dieci secoli (quindi circa del XXI sec. a.C.), civiltà di intrepidi navigatori dell’Egeo, con città altamente civilizzate, centri di intensi traffici commerciali: Cnosso, Micene, Tirinto, Troia
Cap. II
GLI INDOEUROPEI La decadenza del mondo semitico (Egitto, Babilonia, Assiria, Fenicia, Creta) fu segnata quando iniziò ad apparire all’orizzonte un gruppo di popoli nuovi, dalle energie fresche: gli Indoeuropei (così chiamati perché spinsero il loro dominio dall’India all’Europa occidentale), di pelle bianca e di lingua diversa da quella delle popolazioni semitiche (l’antenata di tutte le lingue europee), che vivevano da molti secoli sulle rive del mar Caspio, nelle steppe dell’Asia occidentale; da li partirono ed un gruppo si diresse in Iran, questo è il gruppo che fu chiamato degli Ariani, un altro gruppo, invece, si incamminò verso occidente e prese possesso delle pianure d’Europa; degli Ariani quelli che si fermarono in Iran furon detti Medi e Persiani, altri proseguirono fino all’India, gli Indù. I Greci Fra gli Indoeuropei che si diressero verso occidente troviamo, sulle rive del Danubio, gli Elleni, popoli rozzi e barbari, i quali, alla ricerca di nuovi pascoli migrarono verso sud, in direzione della Grecia, dove sterminarono i Pelasgi, gli abitanti nativi della Grecia; il clan che aveva guidato le avanguardie elleniche fra i monti della Tessaglia e del Peloponneso erano gli Achei; erano popoli rozzi che vivevano di pastorizia ma ben presto appresero dagli Egei l’arte della navigazione e l’uso delle armi in ferro; quando ebbero appresero abbastanza si rivolsero contro i loro maestri, conquistando tutte le loro città: gli Elleni divennero così, nell’XI sec. (epoca della distruzione di Troia), i padroni della Grecia, dell’Egeo e delle coste occidentali dell’Asia minore. Le polis greche, o città-stato, sperimentarono la prima forma di democrazia: mentre i popoli degli Imperi di Egitto, Babilonia o Assiria erano sudditi di un sovrano assoluto e sacro (deificato), l’ateniese o il tebano non riconoscevano altra autorità se non la volontà dei cittadini che si riunivano in assemblea nella pubblica piazza (agorà). All’inizio gli Achei, pastori e contadini eran tutti allo stesso livello di ricchezza e quando nel villaggio si doveva decidere qualcosa gli anziani convocavano una assemblea nella quale tutti potevan esprimere la loro idea per poi decidere a maggioranza. Ben presto, però, i villaggi si trasformarono in città e a seguito dello sviluppo delle attività economiche, si venne a creare, nelle polis greche, una forte differenziazione sociale: da un lato una maggioranza di poveri, dall’altro una classe ristretta di possessori di beni e di terreni, i cosiddetti nobili, i quali potendosi comprare armi o pagare soldati che combattessero per loro, riuscirono ad acquistare (appunto con la forza delle armi) il potere politico (di prendere decisioni per la maggioranza): così durante il VII e VI sec. a.C. le polis greche caddero preda dei tiranni. Alla lunga questo stato di cose divenne intollerabile, anche perché le città vennero lacerate da continue lotte per il potere tra i nobili, quindi furono avanzate proposte di riforma: gli ateniesi sentirono il bisogno di ridar vita alle antiche pratiche democratiche dei loro antenati Achei e fissare codici di leggi che tutelassero i cittadini dagli abusi e dalle prevaricazioni dei potenti: il legislatore Solone obbligò così tutti i cittadini ad interessarsi e a partecipare al governo della città: iniziò così il governo del demos, cioè del popolo (anche se il diritto alla partecipazione politica era riservata solo ai cittadini liberi, quelli nati da padre ateniese e madre ateniese). L’ideale di vita greco, quello che ancora oggi è riconosciuto come la cifra del classicismo, era, in ogni campo della vita, dalla politica all’etica, dall’arte alla alimentazione, la moderazione o giusta misura (aborrire gli estremi o eccessi, che una parte non prevalga sulle altre, l’equilibrio o armonia delle forme…), che spesso era sinonimo di semplicità, essenzialità, modestia, … le condizioni che rendono lo spirito dell’uomo libero, ossia non schiavo dei beni materiali. I Greci, sul modello dei Fenici, da cui appresero l’arte del commercio, strapparono a questi varie colonie commerciali, ma furon ben presto fermati, nella loro espansione, dai Persiani, quell’umile tribù di pastori che improvvisamente si dedicò alla guerra e conquistò la maggior parte dell’Asia occidentale: i Persiani eran notevolmente civilizzati, non saccheggiavano e distruggevano i loro nuovi sudditi, ma si limitavano a riscuotere un tributo annuo; quando la loro espansione toccò le coste dell’Asia minore fecero altrettanto coi Greci, anche perché consideravano le città-stato della Grecia istituzioni politiche molto pericolose, un pessimo esempio per i popoli che eran tenuti alla sottomissione alla potenza persiana; i Fenici
offrirono il loro aiuto ai Persiani. Lo scontro tra Persiani e Greci era inevitabile: la battaglia di Maratona, quella delle Termopili, quella nell’isola di Salamina, … alla fine il re persiano Serse dovette ritirarsi: così si concluse il primo scontro tra l’Europa e l’Asia a favore della prima: le due maggiori città della Grecia, Atene e Sparta, durante la guerra si erano unite in alleanza e la cosa fu decisiva per la vittoria. Tuttavia finita la guerra e cessata l’impellenza dell’unione Atene e Sparta riscoprirono le loro reciproche diversità (Atene città di commerci, di affari, di scienza, d’arte, di democrazia, di letteratura e di teatro, amante della libertà, Sparta città della totale dedizione e sacrificio alla patria, città amante della guerra e della disciplina) e si riaccese l’antica rivalità: trent’anni durò la guerra tra Atene e Sparta e si concluse con un disastro per Atene. Quando gli Achei abbandonarono le rive del Danubio in cerca di nuovi pascoli e si diressero verso la Grecia, alcuni di loro si fermarono in Macedonia dove diedero vita alla stirpe dei Macedoni. Al tempo delle sanguinose guerre tra Atene e Sparta, Filippo, re di Macedonia, decise di intervenire e di metter fine ad una simile guerra fratricida, unificando tutta la Grecia sotto il suo dominio; poi chiese ai nuovi sudditi di unirsi a lui nella spedizione contro i Persiani, per restituire la visita di Serse ai Greci di centocinquant’anni prima; Serse venne assassinato prima di partire e spettò al figlio Alessandro il grande (l’allievo di Aristotele) portare avanti l’impresa; Alessandro, nel 334, partì: devastò la Fenicia, conquistò l’Egitto, rovesciò l’impero Persiano, arrivando fino all’India; volle dare al suo Impero una impronta greca, ellenistica: i popoli di quest’impero dovevano imparare la lingua greca, vivere in città costruite sul modello greco, e costituire i centri di irradiazione della civiltà greca: la civiltà e la cultura che ne risultò (civiltà ellenistica o Ellenismo) fu la fusione di sapienza e conoscenza greca e asiatica, una miscela di elementi greci, persiani, egizi e babilonesi (quando poi i Romani sconfissero l’Impero Macedone la cultura ellenistica passò in eredità a Roma e con essa la cultura ellenistica si diffuse negli angoli più lontani del continente europeo). In Medio Oriente lo scontro tra semiti e indoeuropei si concluse quindi con la vittoria dei secondi sui primi. I Romani Ben presto uno scontro tra semiti ed indoeuropei si verificò anche ad Occidente: semiti eran i Cartaginesi, infatti Cartagine era un grande e florido emporio commerciale fenicio che dopo la distruzione di Tiro (la madrepatria) da parte di Nabucodonosor (re di Babilonia) acquisì piena indipendenza e divenne l’avamposto più a occidentale raggiunto dai popoli semiti. Cartagine, e le sue colonie, era governata da una plutocrazia, un gruppo ristretto ma fortissimo di poche famiglie di armatori, proprietari di miniere e mercanti che decidevano le sorti della loro patria considerandola come un’impresa economica per i loro profitti; l’influenza economica di Cartagine si stava estendendo sempre più ed ormai la maggior parte della costa mediterranea dell’Africa, la Spagna e alcune zone della Francia divennero possedimenti cartaginesi. Ma Cartagine iniziò a tremare quando giunse la notizia che i Romani, tribù di origine indoeuropea, fondando Roma, un piccolo villaggio sulle rive del Tevere, si eran fatti in breve molto potenti diventando i capi riconosciuti di tutte le tribù latine che abitavano l’Italia centrale e riuscendo ad imporsi sulla precedente civiltà, quella degli Etruschi (originari forse dell’Asia Minore, quindi forse di origine semitica), da cui i romani impararono i principi dell’architettura, della costruzione delle strade, delle tecniche di combattimento, dell’arte, della cucina, della medicina, dell’astronomia; i Romani sfruttarono però anche la vicinanza di un’altra grande civiltà, quella greca delle vicine colonie italiane (la Magna Grecia): dai greci impararono tutto ciò che avesse una utilità pratica, l’alfabeto greco ed infine anche la loro cultura, la loro arte, la loro letteratura, la loro religione (i cui dèi vennero ribattezzati con nomi latini). Ma i Romani, rispetto ai Greci, avevano meno fantasia e meno pathos, preferivano invece interessarsi di questioni pratiche, di politica e del diritto, dell’amministrazione efficiente e razionale degli affari pubblici: iniziarono così ad affidare la gestione degli affari pubblici a due Consoli, assistiti da un consiglio di anziani (Senato), i cui membri eran eletti tra i patrizi (cioè i nobili, gli altri erano la plebe, cioè l’insieme dei liberi cittadini; al di fuori di questi esistevano gli schiavi): i consoli eran magistrati che gestivano il potere assoluto (di fare le leggi, applicarle e giudicare i trasgressori); nel V sec. a.C. i liberi cittadini ottennero l’istituzione del Tribunato, cioè di magistrati eletti dai cittadini (Tribuni), con il compito di
difendere i cittadini dalle decisioni del potere pubblico (in mano ai patrizi) ritenute ingiuste. La vera forza di Roma poggiava sui territori rurali fuori dalle mura della città: proprio nell’amministrazione di queste province Roma manifestò le sue eccezionali doti amministrativa: mentre gli Egizi, i Babilonesi, e Greci pretendevano un trattato di sottomissione da parte dei barbari che conquistavano, Roma diede la possibilità agli estranei di diventare province di Roma, cioè soci di una stessa res publica (Repubblica), cioè di uno stesso organismo politico (con tutti i vantaggi derivanti dall’esser cittadini di uno stato) in cambio di una fedeltà di tipo militare (cioè di combatte per Roma ogni qual volta ve ne fosse bisogno), [d’altra parte in origine Roma era l’unica città fortificata dell’Italia centrale e fin dal suo sorgere offriva rifugio alle altre tribù latine (es Sabini) minacciate da un attacco esterno in cambio di una alleanza militare]; la politica romana di trattare i provinciali come cittadini, di fare affidamento sulla cooperazione concorde e leale delle province, i cui cittadini avevano gli stessi diritti di quelli di Roma, ottenne un grande successo e costituì il fondamento politico del futuro Impero. Quando sia Cartagine che Roma, per motivi commerciali, puntarono le loro mire espansionistiche sulla Sicilia, terra ricca e mal difesa, lo scontro fu inevitabile: la Prima guerra punica durò 24 anni e si concluse con la conquista della Sicilia da parte dei Romani. La Seconda guerra punica si ebbe quando i Cartaginesi, conquistata la Spagna meridionale (per le sue miniere d’argento) si spinsero, alla guida di Annibale (e del suo esercito di guerrieri ed elefanti), in Francia e da qui, attraversando le Alpi, giunsero in Italia; qui nessun generale romano riuscì a fermarlo, però, sul punto di conquistare l’Italia, Annibale trovò l’ostilità degli italiani, fedeli a Roma: Annibale si trovò isolato e impotente: a questo punto i generali romani ottennero facilmente la resa di Annibale; intanto Scipione (generale romano) riconquistava la Spagna, Annibale fuggì in Asia Minore nel tentativo di aizzare siriani e macedoni contro Roma: questo offrì a Roma il pretesto per spostare la guerra in Medio Oriente e annettersi la maggior parte del mondo egeo: sbaragliarono i Macedoni e conquistando la Grecia e la Macedonia (a capo delle quali venne posto un governatore romano), poi passarono alla conquista della Siria, così l’Asia Minore divenne protettorato romano; infine Cartagine venne rasa al suolo, bruciò per due settimane. Da questo momento, 150 a.C., per dieci secoli il Mediterraneo rimarrà mare europeo, cioè fino a quando, crollato l’Impero romano, l’Islam non farà del Mediterraneo un lago arabo. La politica interna di Roma, però, si stava aggravando: un censimento aveva messo in luce che gran parte delle terre della penisola italiana era nelle mani di duecento potenti famiglie patrizie [le guerre avevano rappresentato per i generali romani (e per le loro famiglie) un’occasione per acquisire sempre maggior potere politico (che entrarono sempre più in Senato e in altre cariche pubbliche) e ricchezza (anche per le ruberie e i saccheggi dei paesi conquistati), ricchezza che veniva investita nell’acquisto di terre (latifondi) e di schiavi (delle popolazioni conquistate), sfruttati come bestie nelle campagne; ciò costituì la rovina dei contadini (piccoli proprietari terrieri) ormai schiacciati dalla concorrenza dei nuovi ricchi che potevano vendere i loro prodotti a prezzi inferiori]; dopo i tentativi di riforma a favore del popolo e dei piccoli proprietari terrieri di alcuni riformisti patrizi (Tiberio Gracco e il fratello Caio Gracco), falliti per l’opposizione degli altri patrizi, seguì il periodo del potere assoluto di Silla, generale che assunse il supremo governo di tutti i domini di Roma; poi fu la volta di un altro generale, Pompeo, il quale istituì un triumvirato, un’alleanza privata tra tre uomini potenti, fra i quali troviamo anche Giulio Cesare, governatore della Spagna. Cesare, per coprirsi di gloria e acquistare maggior favore tra il popolo, varcò le Alpi e conquistò la Gallia, poi invase la terra dei Teutoni, attraversò la Manica e occupò l’Inghilterra; Pompeo intanto, a Roma, si fece nominare dittatore a vita, Cesare, infuriato rientrò a Roma per dare una lezione a Pompeo, questo scappò in Egitto, qui Cesare sconfisse l’esercito egiziano e quello romano al seguito di Pompeo, ma si innamorò di Cleopatra, che portò con sé a Roma, nel 46 a.C., il senato romano lo nominò dittatore per 10 anni: Cesare varò riforme molto illuminate (concesse a tutti i liberi cittadini di diventare senatori, riconobbe il diritto di cittadinanza anche alle province più lontane, riformò l’amministrazione delle province periferiche, che le famiglie dei patrizi avevano trattato come loro proprietà private) ma in questo modo si inimicò i patrizi influenti di Roma; questi organizzarono una congiura e lo uccisero (le idi di marzo del 44). Scoppio una lotta per il potere tra Ottaviano (pronipote di Cesare) e Antonio (ufficiale di Cesare), alla fine la spuntò Ottaviano il quale, non lasciatosi sedurre da Cleopatra, fece dell’Egitto una provincia romana; il senato lo proclamò Augusto (illustre), l’esercito lo acclamò Imperatore: la repubblica romana si era trasformata in Impero: lui e i suoi successori furono
imperatori, cioè sovrani assoluti del più grande impero mai visto sulla terra. Ottaviano assicurò ai suoi sudditi 50 anni di pace, dedicandosi alle riforme interne; ma ormai era troppo tardi: i due secoli precedenti avevano rovinato la classe dei contadini liberi, ormai tra le file dei mendicanti, dei miserabili o dei braccianti sottopagati, avevano creato una burocrazia fatta di funzionari sottopagati fra i quali la corruzione era il metodo principale per procurarsi il necessario per mantenere la propria famiglia, avevano impostato tutta la prosperità economica dell’Impero sul lavoro degli schiavi; questi assieme ai braccianti sottopagati e ai mendicanti delle città persero ogni interesse nelle cose di questo mondo, che ritennero una dimora tanto misera e si interessarono sempre più alle promesse di un futuro Regno dei cieli che Gesù di Nazaret e i suoi profeti (come Paolo) andavano predicando (una religione dell’amore per un solo Dio, padre di tutti gli uomini e quindi della fratellanza universale, dell’amore di tutti gli uomini come fratelli, una religione che considerava la vita terrena solo come transitoria in attesa di una vita dopo la morte, un paradiso in cui entreranno solo i giusti, gli umili, i caritatevoli: il Cristianesimo). I Barbari Intanto i Barbari, cioè popolazioni germaniche (indoeuropee) battevano alle porte delle frontire settentrionali dell'Impero (limes): non eran più disponibili truppe romane per bloccarli, perciò si dovettero assoldare mercenari stranieri, di nuovo barbari, il che rendeva assai incerto l'esito della difesa; inoltre, in via di prova fu concesso ad alcune tribù di stabilirsi dentro i confini dell'Impero, ma presto queste tribù protestarono contro gli avidi esattori delle tasse romani e quindi costituirono forti elementi di disgregazione; fu proprio per questo che l'imperatore Costantino, nel 323, spostò la capitale dell'Impero da Roma a Bisanzio, che ribattezzò Costantinopoli; alla sua morte i figli si divisero l'Impero in un Impero d'Occidente e in Impero d'Oriente. Intanto oltre i confini del nord-est dell'Impero gli Unni di Attila avanzavano verso occidente spingendo i Visigoti verso il centro dell'Impero, finchè il loro re, nel 410, prese d'assalto Roma; tuttavia Roma crollò solo nel 476, sotto i colpi di Odoacre, capo di un esercito di mercenari germanici che volevano spartirsi l'Italia: Odoacre riuscì a cacciare l'imperatore Romolo Augustolo da Ravenna e si proclamò governatore di Roma; poi fu la volta degli Ostrogoti di Teodorico, che trucidò Odoacre e prese il suo posto; infine, nel VI sec. fu la volta dei Longobardi che fondarono un Regno italico longobardo a Pavia. Roma, la città imperiale, occupata dai rozzi barbari cadde in uno stato di abbandono: i palazzi, le scuole vennero saccheggiati e bruciati, la rete stradale e i ponti andarono in rovina e con essi anche i traffici commerciali; la civiltà rischiava di scomparire dall'Occidente: è vero che essa continuò a Costantinopoli, ma qui ci si dimenticò delle proprie origini occidentali e tutti gli interessi eran rivolti all'Oriente: venne abbandonata la lingua e l'alfabeto latino a favore di quello greco e l'imperatore assunse le sembianze di un despota asiatico [quando poi i missionari della chiesa bizantina cercarono nuove terre in cui portare il nuovo messaggio guardarono ad oriente e diffusero la nuova civiltà negli sconfinati territori della Russia]. L'Occidente rimase in balia ai barbari e una cosa soltanto preservò l'Europa dalla distruzione completa: la Chiesa.
Cap. III LA CHIESA In materia religiosa il romano era sempre stato molto tollerante in quanto indifferente a tali questioni: i fedeli delle rispettive religioni potevano liberamente professare i loro culti purchè mostrassero rispetto esteriore per l’immagine dell’imperatore e purchè le varie sette rimanessero tra loro in pace; ma le comunità cristiane rifutavano di praticare qualunque forma di tolleranza rispetto alle altre sette, dichiarando che solo il loro dio era il vero ed unico dio e che tutte le altre divinità erano delle
imposture; inoltre i cristiani si rifiutavano di sottoporsi al tradizionale omaggio all’imperatore e di rispondere alla chiamata alle armi, da qui l’iniziale persecuzione dei cristiani; tuttavia i cristiani rappresentarono anche per l’Impero un fattore positivo: i missionari cristiani, infatti, riuscirono dove non riuscì l’esercito imperiale: con il potere delle conversioni religiose riuscirono a fermare l’avanzata dei barbari; così acquistarono in fretta potere nei territori occupati dai Teutoni e dai Franchi; l’Impero si rese conto della portata dell’evento e concesse loro, in alcune province, gli stessi diritti degli altri cittadini; il culmine si ebbe con l’imperatore Costantino il Grande, il quale, convertitosi al cristianesimo, nel 313, riconobbe il Cristianesimo religione di Stato; anche in Oriente, a Costantinopoli, l’imperatore Giustiniano collocò la Chiesa in posizione di dominio: questa fu la fine dell’antico mondo greco. In Italia tanto i Longobardi quanto i Goti (dopo di loro) costituirono unità politiche piuttosto deboli e arretrate, perciò i vescovi di Roma, i papi, riuscirono a conservare l’indipendenza della città, e presto i resti dell’Impero sparsi per la penisola riconobbero i vescovi di Roma come loro capi politici e spirituali (teocrazia: il capo religioso ha potere anche in campo politico; non c’è distinzione di potere temporale e potere spirituale). A Costantinopoli, invece, esistendo ancora l’imperatore la teocrazia assunse una fisionomia diversa: l’imperatore era il capo supremo sia dello Stato che della Chiesa [quando poi Costantinopoli crollerà conquistata dai Turchi e Zoe, la figlia dell’imperatore, sposerà Ivan III di Russia, l’eredità bizantina passerà ai granduchi di Moscovia: così l’aquila bicipite di Bisanzio (ricordo dei giorni in cui l’Impero era diviso in Occidente e Oriente) diventerà lo stemma dell’Impero Russo ed I’imperatore di Russia si chiamerà zar (cesare)].
Cap. IV L’ISLAM Nel VII sec. dopo Cristo, i Semitici tornarono alla ribalta, sfidando il potere dell’Occidente: gli Arabi, di religione islamica, religione monoteistica, il cui dio era Allah e il cui profeta era Maometto, testo sacro: il Corano, luoghi di culto le Moschee, religione che predicava la sottomissione (islam) alla volontà di Allah, cioè accettazione rassegnata del destino voluto da Dio, l’onestà nei rapporti sociali, il rispetto e l’obbedienza ai genitori, la carità ai poveri e ai malati, l’astensione da certi tipi di carne e dalle bevande alcoliche, la preghiera quotidiana 5 volte al dì rivolta verso La Mecca (città sacra dove Allah si era rivelato a Maometto): da sempre gli arabi eran stati pacifici pastori del deserto , senza
alcuna ambizione espansionistica, ma sotto la guida di Maometto e della sua parola si spingeranno sino nel cuore dell’Europa, in Francia, minacciandone l’integrità; quale fu la ragione di quest’espansione? Innanzitutto un motivo ideologico: uno dei dogmi dell’Islam era la guerra santa, cioè impegnarsi con le armi per affermare nel mondo l’unica vera religione (l’Islam appunto), chi sarebbe morto in guerra per la gloria di Allah avrebbe avuto un posto nel suo paradiso. Morto Maometto, capo dei musulmani (califfo) divenne ‘Omar, il quale in meno di dieci anni conquistò l’Egitto, la Persia, la Fenicia, la Siria e la Palestina. Alla sua morte il califfato divenne ereditario e alla funzione originaria di guide spirituali i califfi aggiunsero anche il ruolo politico di governanti dell’Impero (quindi anche nell’Islam vigeva la teocrazia). Agli inizi dell’VIII il generale musulmano Tarik occupa Gibilterra, battè in Spagna i Visigoti, varcò i Pirenei ma venne fermato a Poitiers da Carlo Martello (nel 732), i musulmani vennero così respinti in Spagna dove formarono il Califfato di Cordova o Regno dei Mori, che durò per sette secoli.
Cap. V IL SACRO ROMANO IMPERO La battaglia di Poitiers aveva salvato l’Europa e il suo centro, l’Europa dei papi e degli altri vescovi (che disponevano sia del potere spirituale che di quello temporale), l’Europa della Chiesa insomma, dall’invasione dei musulmani, rimaneva però un pericolo interno: i barbari. E’ vero alcune tribù barbariche si erano docilmente sottomesse al carisma e all’autorità del vescovo di Roma, riconoscendolo come capo spirituale, ma altre eran pronte per irrompere all’improvviso: occorreva che la Chiesa trovasse un alleato disposto a difenderla con la spada in caso di pericolo. Così i papi stabilirono rapporti di amicizia con la più promettente tribù germanica del nord-ovest d’Europa: i Franchi. I loro discendenti erano i Merovingi, questi inizialmente combatterono a fianco dei romani contro gli Unni ma poi (col re Clodoveo) ebbero la forza di estromettere i romani divenendo indipendenti ed espandendosi sempre più. Così il figlio di Carlo Martello, Pipino il Breve, l’ultimo dei
Merovingi e devoto al papa, venne chiamato dal papa per difendere l’Italia dai Longobardi; Pipino accettò, scese in Italia e liberò Ravenna e altri territori dai Longobardi donandoli al papa (questi territori formeranno uno Stato indipendente fino al 19esimo secolo: lo Stato Ponteficio), in cambio il papa Bonifacio incoronerà Pipino re “per grazia di Dio”, una formula che rimarrà per un millennio e che sancirà la pretesa del potere assoluto (sia spirituale che temporale) del papa: il papa, unico intermediario tra Dio e gli uomini, dispone del potere assoluto affidatogli da Dio, “origine divina” del potere, quindi solo lui può eventualmente concedere il potere temporale ad un re. A Pipino successe Carlo Magno ed iniziò così la dinastia dei Carolingi: Carlo conquistò le terre dei sassoni, nella Germania orientale, cercò di combattere i Mori in Spagna ma senza successo (qui si distinse il prode condottiero franco Orlando). Quando poi papa Leone III venne assalito da una banda di briganti romani Carlo Magno intervenne per salvarlo: nella notte del natale dell’800 il papa lo incoronò Imperatore del Sacro Romano Impero. Alla morte di Carlo l’Impero venne diviso in due (trattato di Verdun): la parte occidentale, l’antica Gallia, che divenne un regno a sé, regno di Francia, come del resto la parte orientale, regno di Germania; la corona imperiale venne ben presto rivendicata dai signorotti italiani, che se la contendevano (con o senza il permesso del papa): il papa si trovò di nuovo in pericolo e questa volta chiesa aiuto al più potente dei principi germanici, il principe di Sassonia Ottone: Ottone accettò e il papa, nel 962, lo incoronò Imperatore del Sacro Romano Impero di Nazione Germanica, comprendente anche l’Italia del nord e l’Italia centrale; in Italia meridionale troviamo invece i Normanni. Nel IX sec. i Normanni (“uomini del nord”) o Vichinghi (“guerrieri”), popolazioni di stirpe germanica provenienti dalla Danimarca, dalla Norvegia, dalla Svezia, audaci navigatori, pirati e predoni, dediti al saccheggio, piombarono sulle coste del nord, in Inghilterra, Francia, Germania, Olanda ma anche, come si è detto, in Italia meridionale, dove fondarono piccoli domini indipendenti: all’inizio del IX sec il re dei Franchi, troppo deboli per combatterli, concesse a Rollo un ducato, il ducato di Normandia; nel 1066 Guglielmo di Normandia attraversò la Manica, sconfisse gli Angli e i Sassoni, che all’epoca abitavano l’Inghilterra, e si proclamò re d’Inghilterra. Il Feudalesimo In questo periodo l’Europa era circondata da pericoli esterni: a sud l’Islam, a nord i Normanni, ad est i barbari (Unni, Ungari, Slavi, Tartari, …); inoltre né nel Sacro Romano Impero, né nel Regno di Francia esistevano poteri forti: tanto il potere dell’imperatore quanto quello del re di Francia venivano continuamente sfidati dai potenti signori dell’Impero e di Francia. La gente, in questa costante condizione di pericolo, cercò protezione nei signori locali: nacquero così una quantità di piccoli principati, ognuno governato da un duca, barone, conte o vescovo, organizzati per la difesa militare, grazie ai loro castelli, che sorgevano su una altura vicino ai centri abitati e sempre pronti per ospitare i cittadini in caso di attacchi; questi signori eran quindi signori-cavalieri, si impegnavano a difendere la comunità, a proteggere Chiese e monasteri, a far rispettare l’ordine, a svolgere compiti di funzionari pubblici (riscuotere le tasse, tenere i registri delle nascite, morti, matrimoni, funzioni che affidava ai sacerdoti, visto che quasi sempre non sapevan né leggere né scrivere). Questi signoricavalieri o feudatari erano legati al re o all’imperatore da un vincolo di fedeltà (cioè giuravan loro fedeltà) che, in cambio di un leale servizio militare (qualora fosse richiesto dal re o dall’imperatore) e di una certa quantità di tasse (che a loro volta i signori riscuotevano dalla comunità che proteggevano), permetteva loro di ricevere (dal re o dall’imperatore) un feudo, che amministravano (a causa delle difficili possibilità di comunicazione) in quasi completa autonomia, come loro proprietà privata, attribuendosi, sui loro feudi, pieni e sovrani poteri (fare le leggi e amministrare la giustizia). Fu questo il sistema sociale, politico ed economico che dal X sec. fino al XV sec. organizzò la società medievale e che fu chiamato Sistema Feudale o Feudalesimo. L’ideale della Cavalleria si basavano sui valori della fedeltà e del servizio, considerando il servire, l’umiltà (non vantarsi di sé e delle proprie azioni), l’onestà, la cortesia (le buone maniere, il rispetto ed il riguardo verso l’altro, soprattutto se dama, la dignità della condotta), la generosità verso i bisognosi come qualcosa di nobile e di bello; esempio emblematici di cavalieri erano: in Inghilterra Lancillotto e
gli eroi della Tavola Rotonda di re Artù, in Francia il prode Orlando. Le Crociate (risvegliando i commerci, l’affarismo e dando vita ad una nuova classe sociale, la borghesia), l’invenzione della polvere da sparo e l’impiego di truppe mercenarie, eclisseranno la figura del cavaliere. La lotta tra i Poteri Universali Anche i cosiddetti Poteri Universali, Impero e Chiesa, erano motivo di disgregazione: fino all’XI sec. la Chiesa non aveva mai smesso di avanzare le sue pretese di un potere supremo, assoluto: il papa (questa era l'idea ripresa strenuamente nel 1200 da Innocenzo III), essendo il rappresentante di Dio in terra, non era solo il depositario del potere spirituale, ma anche la più alta autorità nelle questioni mondane, la più alta autorità politica, temporale (visto che nel giorno del giudizio doveva rispondere del comportamento di tutte le pecore del suo gregge, ed anche il re era una pecora del gregge dei fedeli!) poteva infatti, come in realtà fino ad ora era accaduto (da Carlo Magno in poi), elevare un re ad imperatore; questa pretesa poteva sì indisporre l’imperatore ma era mitigato dal fatto che l’elezione del papa era una faccenda priva di regole, quindi i candidati ad imperatori potevano scendere a Roma per appoggiare con tutta la loro influenza il candidato a loro più congeniale; nel 1059, però, le cose cambiarono: papa Nicolò II, stabilì, con un decreto, che solo i vescovi potevan eleggere il papa (quindi senza più nessuna ingerenza del potere laico). I due poteri finirono così per scontrarsi: la cosa non era di poco conto in quanto l’autorità del papa non era inferiore a quella dell’imperatore, ed anzi, poteva incrinare la coesione e la stabilità dell’intero assetto sociale (ad esempio il papa poteva sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà al loro sovrano, anzi poteva istigarli alla ribellione, poteva opporre il veto a qualunque legge emanata da duchi re o imperatori, poteva ordinare di far chiudere le chiese, facendo cessare battesimi, matrimoni, estreme unzioni, insomma poteva bloccare molte funzioni della vita medievale); essendo i due poteri il punto di riferimento di tutta la società, i sudditi si trovarono contesi e lacerati tra l’obbedienza al papa e quella all’imperatore. Il primo scontro si ebbe tra papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV di Franconia (episodio di Canossa, in cui Enrico è costretto umilmente a chiedere scusa al papa, per scongiurare la minaccia che il papa potesse eleggere un nuovo imperatore); quando poi fu la famiglia degli Hohenstaufen (o di Svevia) a conquistare il trono imperiale, fu Federico Barbarossa ad affrontare il papa: Federico sosteneva che il potere dell’imperatore dovesse essere assoluto in quanto proveniente direttamente da Dio, così scese in Italia per imporre il suo potere sul Papa (Alessandro III), sui baroni Normanni del Sud e sui Comuni del Nord (che, attraverso la lotta contro la feudalità locale, avevano appena ottenuto ampie autonomie) e quindi riunificare Germania e Italia (di fatto in mano vuoi ai Comuni indipendenti, vuoi al papa) in un unico Impero; i comuni dell’Italia del nord però non eran di certo disposti a cedere facilmente ad una simile rinuncia di autonomia, così si riunirono, contro di lui, nella lega Lombarda e in quella Veneta) impedendo al Barbarossa di portare a termine il suo progetto; sarà il figlio Federico II, nel XIII sec., cresciuto in Sicilia e influenzato dalla grande civiltà araba, a proseguire la lotta, dominò sull’Italia meridionale sostituendosi ai Normanni (le sue Costituzioni Melfitane sono il primo esempio di Stato accentrato e burocratizzato, utile a limitare e controllare il potere locale dei baroni attraverso l'attività amministrativa dei funzionari imperiali) e il suo sogno era riunificate tutta l’Italia, ma i papi (Innocenzo III, Innocenzo IV e Clemente IV) non si arresero e forti delle loro alleanze con i baroni meridionali e i comuni italiani riuscirono a deporre Federico e i suoi successori, consegnando i domini italiani dell’Italia meridionale agli Angioini, a Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia, il quale trasferì la capitale del Regno di Napoli e di Sicilia da Palermo a Napoli e insediò in tutto il meridione italiano i prepotenti baroni francesi; ma gli angioini poi, a causa del loro malgoverno, perderanno la Sicilia, dopo una rivolta popolare (Vespri Siciliani), la quale andrà agli Aragonesi, cioè agli Spagnoli: si ebbe così un Regno di Sicilia in mano agli Aragonesi e un Regno di Napoli in mano agli Angioini (poi, nel 1400, anche il resto dell’Italia meridionale andrà agli Aragonesi). La lotta tra papato e Impero proseguirà poi tra Filippo il Bello, re di Francia, e papa Bonifacio VIII, agli inizi del '500: il re di Francia proclamava il diritto divino del re (cioè che il potere del re derivava direttamente da Dio, senza l'intercessione del papa), il papa, da parte sua, rispose con la Bolla Unam Sanctam, con cui ribadiva la supremazia del potere papale
(tradizione innocenziana), scontro che si concluse con il celebre schiaffo di Anagi, in cui il papa venne umiliato dagli emissari del re di fi Francia: il papato caddè così sotto l'influenza e il controllo della Francia: la sede del papato venne trasferita per 70 anni ad Avignone e tutti i papi di quel periodo furono papi francesi (Cattività Avignonese). Lo scontro era oggetto di una divisione anche nel mondo delle lettere: troviamo infatti accanto a scrittori curialisti (sostenitori dei principi della Unam Sanctam), scritturi regalisti sostenitori del diritto divino dei sovrani (lo furono Dante e Marsilio da Padova con la precisazione che il sovrano, riceve sì il suo potere direttamente da Dio, ma che ad attribuire l'autorità imperiale spetta al popolo) La lotta tra papato e Impero finì solo con l’approvazione da parte di Carlo IV di Lussemburgo della Bolla d’Oro (1356) che regolava l’elezione imperiale riservandone il diritto ai principi di area germanica (4 laici e 3 ecclesiastici) e non rendendo più necessaria l’approvazione papale [l’Impero coinciderà sempre più con le dimensioni e lo spirito di uno Stato Nazionale, di matrice germanica]. La città e il Comune Il Comune, o città medievale autogovernata, sorse gradualmente: prima gli artigiani iniziarono ad aprire le loro botteghe nelle vicinanze del castello feudale, per ricevere protezione in caso di pericolo e, in cambio, per soddisfare i bisogni del signore; poi, quando incominciò, con le Crociate, la corsa verso la Terrasanta, e le città marinare (Pisa, Amalfi, Genova, Venezia) si fecero intraprendenti organizzatrici del trasporto dei pellegrini in terrasanta, intensificando i loro traffici commerciali e realizzando grandi guadagni, iniziò a circolare denaro (proveniente dall’Oriente) anche nei villaggi, a questo si affiancò l’ascesa della classe borghese (ceto sociale di intraprendenti mercanti arricchiti, che sperimentarono le prime forme di industria manufattoriera, in sostituzione dell’artigianato: produzione su larga scala stipendiando operai e rivendita in proprio); ora nel villaggio, la classe borghese primeggiava in ricchezza e disponeva abbastanza denaro da concedere prestiti anche ai signori feudali; questi, infatti, pur non avendone fino ad ora fatto uso (il rapporto tra il signore e il villaggio degli artigiani era basato sullo scambio in natura, sul baratto), si videro costretti (per le loro esigenze) al credito; i signori non potendo garantire la restituzione del debito si videro costretti a cedere ai borghesi del villaggio sempre più diritti sul suo suolo, fino a strappare al suo feudo un territorio sul quale potessero governarsi in piena autonomia, istituendovi un Consiglio di mercanti eletti dal popolo (nel Palazzo del Comune, che sorgeva, con la sua Torre, nella Piazza del Mercato), col potere di amministrare gli affari della città, senza interferenza da parte del castello: si trattò di un processo lento e graduale di trasferimento del potere dal castello alla città: mentre le città si arricchivano e prosperavano, i signori feudali si impoverivano, costretti a vendere i loro latifondi, acquistati dai borghesi arricchiti, i quali diedero origine alle prime forme di capitalismo agrario, in sostituzione del sistema feudale: contratti di affitto coi contadini, che così si poteron rendere autonomi, oppure di mezzadria, introduzione di nuove tecnologie per aumentare la produzione (passaggio da una economia di sussistenza ad una economia di mercato: si produce per vendere, per il profitto, e non solo per le esigenze vitali). Cerchiamo ora di capire il fenomeno, più volte ricordato, delle Crociate. Nel VII sec i musulmani avevano conquistato la Siria e la Palestina, luogo sacro per i cristiani (e per gli ebrei), tuttavia non si erano mai dimostrati intolleranti verso i pellegrini cristiani che si recavano al sacro sepolcro; ma agli inizi dell'XI sec. una popolazione tartara proveniente dalle steppe dell'Asia, i Turchi Selgiuchidi, si impadronì dell'impero arabo in Asia occidentale, facendo cessare la tolleranza verso i cristiani e interrompendo ogni traffico tra est e ovest. Alcune città italiane che avevano basi commerciali lungo le coste dell'Asia minore e in Palestina temevano per i loro possedimenti, inoltre si cominciava a riferire delle atrocità commesse dai turchi sui cristiani; infine, l'Europa era spesso preda di carestie e crisi economiche, ciò provocava disoccupazione, malcontento, ribellioni, quindi l'Asia occidentale appariva un eccellente zona di emigrazione. La Chiesa si attivò così per aizzare l'odio per gli infedeli musulmani lanciando l'idea della Crociata in Terrasanta per recuperare il sacro sepolcro alla cristianità. I genovesi e i veneziani si offrirono di trasportare i fedeli in Terrasanta e siccome le tariffe eran molto alte chiesero ai crociati di combattere un po' anche per loro: in questo modo Venezia
estese notevolmente i suoi possedimenti lungo le coste adriatiche, in Grecia, nelle isole di Cipro, Creta e Rodi. L'iniziale fervore religioso si spense alla svelta e le Crociate divennero ben presto un grande affare: per la possibilità di estendere i propri domini in Medio Oriente, per la possibilità di intensificare i traffici commerciali (commercio delle spezie, della seta, ....) e per l'affluenza sempre maggiore di metalli preziosi; a seguito delle Crociate il denaro ricominciò a circolare anche in Europa, portando alla ribalta la nuova classe dei mercanti arricchiti, i borghesi, e dando vita a quella nuova unità politica, sociale ed urbanistica il cui nascere e svilupparsi si legava strettamente al commercio: la città. Contestualmente a queste nuove unità politiche (le città) anche i regni, alla fine del Medioevo, subirono una trasformazione politico-istituzionale: i principi feudali (feudatario investito dall'imperatore, dal re o dal papa, di sovranità, cioè di poteri giurisdizionali sui loro territori, feudi) ed in generale la nobiltà feudale (conti, duchi, baroni, signorotti, vescovi....) era una classe in declino, subiva la concorrenza della classe in ascesa, la borghesia, la classe ricca alla quale tanto i re quanto gli imperatori chiedevano collaborazione e alleanza; questo avvicinamento borghesia - corte regnate trova un suo primo sintomo nella concessione, da parte del re inglese Giovanni Senza Terra (nel 1215), della Magna Charta, un documento con cui il re riaffermava i tradizionali privilegi dei feudatari (di disporre dei loro sudditi come di proprietà private) ma, in più, concedeva certe garanzie al nascente ceto mercantile. Il figlio, re Enrico III, consentì poi (nel 1265) che una piccola rappresentanza delle città fosse ammessa alle sedute del consiglio reale e partecipassero in veste di esperti finanziari, esprimendo il loro parere per quel che riguardava l'imposizione delle tasse (visto che erano i cittadini a doverle pagare, dato che vescovi e feudatari non avevano abbastanza oro e argento): poco alla volta i rappresentanti dei Comuni vennero consultati su molti altri problemi e all'assemblea dei nobili ed ecclesiastici (Camera dei Lord) sia aggiunse anche quella dei rappresentanti dei comuni (Camera dei Comuni) trasformandosi in un vero e proprio Parlamento, cioè un luogo in cui si discuteva prima di prendere importanti decisioni di Stato; così il potere del re non era più assoluto ma sempre più limitato, in quanto affiancato da quello del Parlamento, espressione dei bisogni non più solo della nobiltà ma anche della cittadinanza. Il medesimo processo si impose anche in Spagna (le Cortes), in Francia (gli Stati Generali), in Germania (la Dieta) e nei Paesi Bassi. In Italia un tale sistema non esisteva ancora, era ancora frammentata in tante realtà politiche autonome, tuttavia, in questo periodo le piccole città libere dell’Italia settentrionale, organizzate in Comuni, con una intelligente politica di altalena tra Impero e papa (filoimperiali, o ghibellini, e filopapali, o guelfi; stando cioè dalla parte del papa contro l’imperatore o con l’imperatore contro il papa, a seconda delle opportunità e della convenienza), riuscirono ad accrescere il loro potere e la loro autonomia rispetto all’uno e all’altro; a questo punto i Comuni (autogoverni cittadini fondati su di un potere assembleare) si trasformarono in Signorie (governi monocratici, il Signore, di solito un potente condottiero o il membro di una potente famiglia) e questi in Principati (trasmissione ereditaria del potere, potere dinastico), miranti ad inglobare i territori limitrofi; nacquero così Stati regionali, così potenti da esser in grado di sfidare tanto il papa quanto l’imperatore, ma sempre in lotta tra loro, nell’intento di voler sottomettere gli stati vicini e di voler porre l’intera penisola sotto il proprio dominio: si aprì così l’epoca delle Lotte per il predominio in Italia: i maggiori Stati italiani (il ducato di Milano dei Visconti e degli Sforza, la Repubblica di Venezia delle ricche famiglie di commercianti, la Repubblica di Firenze dei De Medici e il Regno di Napoli di Roberto d'Angiò e subito dopo di Alfonso di Aragona) cercarono a turno di affermarsi sopra i loro rivali (in un vario intreccio di alleanze) senza tuttavia riuscirvi; questa situazione di sostanziale equipotenza in cui nessuno Stato riusciva a prevalere sugli altri venne sancita dalla Pace di Lodi (1454). Questi piccoli stati regionali divennero il crocevia dei più importanti traffici commerciali tra l'est e il nord-ovest d'Europa: Venezia, una Repubblica marinara sorta nel V sec, governata da un Maggior Consiglio (in cui eran rappresentate le più ricche famiglie di mercanti della città) e da un Doge (il capo della repubblica) [quindi una plutocrazia], fece la sua fortuna grazie al monopolio del sale (molto richiesto, in quanto senza il sale ci si ammala), la aumentò grazie alle Crociate divenendo il crocevia tra il Medio oriente e il nord Europa; nella Repubblica di Firenze vi era invece un governo opposto, una democrazia realizzata grazie ad un governo comunale in cui eran presenti i rappresentanti, oltre che dei nobili e
degli ecclesiastici (Magnati), anche delle varie arti, o corporazioni (associazioni di lavoratori per difendere gli interessi di categoria), dette Arti Maggiori e Arti Minori, ma dopo qualche secolo anche Firenze si trasformerà in una plutocrazia, quando la famiglia dei Medici (famiglia di potentissimi bancari) acquisterà un potere assoluto sulla città; Firenze fece la propria fortuna grazie alle manifatture e grazie alla sua posizione geografica che le consentiva di controllare l'arteria stradale che collegava Roma al nord Europa; Genova, altra Repubblica marinara, fece la propria fortuna grazie ai traffici con la Tunisia e il mar Nero e per essere il crocevia verso la Francia; lo Stato Ponteficio ricavava le sue ricchezze dalla riscossione di tasse nei suoi vasti domini; al Sud d'Italia non esistevano nè comuni nè Repubbliche ma detenevano il potere gli Aragonesi. Le città del mar Baltico (Amburgo, Burges, Gand, Lubecca, ...) si specializzarono nel commercio del pesce (che riuscirono a conservare con il sale) e si riunirono nella Lega Anseatica per difendere i loro interessi commerciali.
Cap. VI IL RINASCIMENTO
L'uomo del Medioevo, lo Scolastico, traeva tutta la sua conoscenza dai libri, la Bibbia a cui si aggiunsero nel dodicesimo secolo alcuni testi di Aristotele, quindi sempre in maniera indiretta, mai direttamente cioè attraverso l'esperienza, l'osservazione [Principio d'Autorità]; questo non tanto perchè si volesse tenere l'uomo nell'ignoranza, quanto per scongiurare il pericolo del dubbio e dello scetticismo, insidie che la libertà di pensiero porta sempre con sè; in altre parole, l'autorità (Chiesa e Stato) si preoccupavano, come madri premurose, della sicurezza dei loro sudditi [Paternalismo], tanto nel campo del sapere, quanto in quello materiale: nel medioevo il servo conduceva certamente una vita misera, non poteva aspirare a migliorare la sua condizione (nel medioevo vi era un sistema sociale gerarchico e rigido, in cui ognuno era giusto che mantenesse il suo posto) ma del resto poteva esser sicuro di ciò che aveva, era sicuro che il signore non lo avrebbe cacciato e l'avrebbe sempre protetto; da parte loro i mercanti e gli artigiani si riunivano in corporazioni per scongiurare il pericolo della competizione e concorrenza reciproca (che avrebbe fatto arricchire alcuni e fallire altri); per altro verso erano condannate dalla Chiesa tutte quelle attività, come l'usura, che consentivano di arricchirsi speculando; lo Stato cercava di regolare i prezzi dei mercanti e condannava il mercato all'ingrosso (che avrebbe favorito il fenomeno dell'accaparramento, della concentrazione di ricchezze). Questo stile di vita era indotto anche dalla persuasione che la vita terrena fosse solo un transito temporaneo, in attesa di un Giudizio finale in cui si veniva giudicati da Dio non per le proprie ricchezze materiali o per la propria posizione sociale ma per la rettitudine della propria esistenza terrena; questo faceva si che la propria esistenza terrena fosse vissuta non come qualcosa di fine a sè stesso, ma come una dimora in cui si era solo di passaggio e ci si doveva adattare con rassegnazione e senza troppe ambizioni, sapendo che solo una condotta retta e umile avrebbe permesso di varcare le soglie del paradiso. Infine, il Medioevo era caratterizzato da una Mentalità Internazionale: i poteri universali (Chiesa e Impero) univano tutti gli uomini da un vincolo di fretellanza-sudditanza che parlava un'unica lingua, al di sopra dei vari particolarismi nazionali, il latino, la lingua ufficiale, della Chiesa, dell'Impero e della Cultura Universitaria (le Università erano corporazioni di docenti e studenti nate nel Medioevo) Nel Rinascimento il punto di vista sulla vita cambia: non concentravano più tutti i pensieri e gli sforzi sulla vita che li aspettava in paradiso ma cercavano di realizzare il paradiso sulla terra; questo obiettivo equivaleva vivere in un mondo come quello degli antichi Greci e Romani, il Mondo Pagano, un mondo fatto di bellezze artistiche, di poesia, di letteratura, di libertà, di democrazia, di piaceri, di gioia e di vitalità, di amore per la vita terrena, vissuta non come un semplice transito ma come la dimora unica, quindi la sola vera possibilità di vita, questo mondo viene riscoperto, fatto rinascere, preso a modello e ideale di vita; in questa rinascita culturale e intellettuale al latino, come lingua ufficiale e della cultura, si affiancò il greco e questo permise di leggere direttamente in lingua originale i classici, Omero, Platone, Aristotele, riscoprendone il significato originario (contestualizzazione storica) al di là delle interpretazioni tendenziose (piegate a significati teologicoreligiosi, in realtà assenti in quegli autori) degli scolastici. Firenze, con la sua Accademia fiorentina (i nuovi luoghi del sapere, in concorrenza alle università: corti di nobili e aristocratiche famiglie dove fiorì il Mecenatismo, dare ospitalità ad artisti e letterati in cambio della loro opera), divenne il centro dell'Umanesimo (dal rifiorire delle Humanae Litterae). Il Rinascimento è anche l'età dell'espressione: grazie all'invenzione della stampa da parte del tedesco Gutemberg, sempre più libri vennero scritti, stampati e la cultura iniziava a diffondersi e ad essere alla portata di sempre più persone. L'ultimo tentativo, ormai anacronistico, di tener in vita lo spirito del Medioevo, a Firenze, fu quello del domenicano Savonarola, il quale si presentava come il portavoce dell'ira divina per la nuova eresia del paganesimo greco e latino, invitando i fiorentini a distruggere i simboli di quell'eresia (libri, statue, dipinti, ...) in un "falò delle vanità"; ma ormai il medioevo era finito e il suo tentativo di rifondare a Firenze una Repubblica etica, governata dai principi cristiani della rettitudine, dell'onesta, dell'umiltà fallì, scontrandosi con gli interessi e gli affari dei nuovi ceti borghesi arricchiti (i Medici, potentissimi bancari), realizzati sempre più in un clima di corruzione, malcostume e senza più scrupoli morali.
Le grandi scoperte geografiche Altro eclatante rivolgimento del periodo rinascimentale furono le Grandi scoperte geografiche: le Crociate avevano insegnato agli europei l'arte di viaggiare; nel '200 i fratelli Polo (mercanti veneziani) avevano raggiunto la Mongolia, la Cina e si erano spinti fino in Giappone, terre che facevano sperare in favolosi tesori e che avevano un prodotto assai richiesto in Europa: la seta e le spezie (all'epoca non esisteva la conservazione col freddo, quindi la carne e il pesce si deterioravano facilmente, dunque potevan esser mangiate solo con una abbondante spolverata di pepe o di noce moscata); veneziani e genovesi avevano il primato in questi commerci con l'Oriente ma ora, alla fine del '400, la via per l'Oriente era bloccata dalla presenza turca a Costantinopoli, quindi occorreva cercare un'altra via per le Indie: furono portoghesi e spagnoli ad avviare le prime esplorazioni: il portoghese Diaz, alla ricerca del misterioso impero del prete Gianni (leggendario sacerdote cristiano che si dicesse avesse fondato un impero ad est) [imprese intraprese su iniziativa del re di Portogallo Enrico il Navigatore, dell'ordine dei Templari, ordine sorto durante le Crociate], navigando, aveva raggiunto la punta estrema medirionale dell'Africa, il Capo di Buona Speranza. Nel 1490 il regno del prete Gianni sarà trovato da De Covilham, in Abissinia, un regno con a capo un negus nero, i cui antenati si eran convertiti al cristianesimo, nel IV sec. A questo punto si aprì una disputa: alcuni credevano che, per raggiungere le Indie, si dovesse continuare a navigare verso Est, doppiando il Capo di Nuova Speranza, altri ritenevano invece che si dovesse navigare verso Ovest e, visto che la terra era rotonda, raggiungere le Indie dalla parte opposta [in questi anni, infatti il matematico polacco Copernico aveva dimostrato che la terra è un pianeta sferico che, come gli altri pianeti del sistema solare, ruota attorno al sole, soppiantando così il sistema del geografo egizio, Tolomeo, che voleva la terra al centro dell'universo, in linea con il messaggio biblico, di una terra come sede della storia divina, luogo in cui si era manifestato Dio; la Chiesa si dimostrò molto intollerante nei confronti di tutte quelle forme di pensiero, vuoi astronomico (Copernico, Galilei, Bruno, ...), vuoi religioso (le eresie degli hussiti, degli albigesi e dei valdesi, che rifiutavano la proprietà privata e vivevano secondo l'originaria povertà evangelica), che si discostava dai suoi imperativi, reprimendo le eresie con veri e propri Tribunali dell'Inquisizioni]. Tra i sostenitori della rotta verso ovest c'era Colombo, un navigatore genovese, figlio di un mercante, il quale, finanziato dai regnanti di Spagna (Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona) partì nel 1492 con tre Caravelle e con un equipaggio formato in prevalenza da galeotti (ai quali era stata offerta la libertà in cambio della partecipazione all'impresa): dopo due mese arrivò in America Centrale (El Salvador) credendo di esser arrivato in Asia. Nel frattempo il portoghese De Gama, doppiando il Capo di Buona Speranza, raggiunse l'India; gli italiani Caboto (al servizio della Spagna) raggiunsero Terranova, il fiorentino Vespucci (al servizio della spagna) raggiunse il Brasile e diede il nome di America (dal suo nome, Amerigo) al nuovo continente, il portoghese Magellano (al servizio della Spagna) , doppiò la punta estrema dell'America Latina, attraversò l'Oceano Pacifico, arrivò nelle isole Filippine (così chiamate in onore di Filippo II). Da allora Spagna e Portogallo impiegarono tutte le loro risorse a sviluppare traffici con le Indie e le Americhe; per evitare un conflitto armato papa Alessandro VI decise la cosiddetta spartizione di Tordesillas: i portoghesi potevano fondare colonie a est del 50° di longitudine, gli spagnoli a ovest; è per questo che tutta l'America (Centrale e Meridionale), ad eccezione del Brasile, diventò spagnola, mentre il Brasile, l'Asia e l'Africa diventarono portoghesi, almeno fino a quando inglesi e olandesi, disinteressandosi delle disposizioni del papa, non cominciarono, anch'essi, imprese coloniali. L'Oceano Atlantico divenne il nuovo centro del commercio mondiale, il Mediterraneo invece perse di valore e con esso Genova e Venezia: la civiltà si spostò, nel sedicesimo secolo, dal Mediterraneo all'Atlantico, facendo dei paesi che si affacciavano su questo Oceano i padroni della Terra. L'Europa nell'epoca della Riforma Il Rinascimento fu anche un'epoca di grandi sconvolgimenti politici; ecco gli avvenimenti che prepararono il nuovo assetto geopolitico dell'Europa: la caduta di Costantinopoli, l'Impero bizantino cadde in mano ai Turchi; nel mondo cristiano era scoppiato un grave dissidio interno che aveva
portato a spostare la sede papale per 70 anni in Francia ad Avignone (Cattività Avignonese) e poi a far coesistere 3 papi contemporaneamente (papa francese, quello romano e quello pisano) [Grande Scisma d'Occidente], una spaccatura che aveva profondamente disorientato il popolo dei fedeli, senza più una guida e un punto di riferimento univoco; la cosa aveva fatto nascere, in Inghilterra (con Wycliffe) e in Boemia (con Huss), movimenti di riforma religiosa, ispirati ad un ritorno alla purezza cristiana delle origini e ad una maggior equità e giustizia sociale, movimenti dichiarati ereticali dalla Chiesa ufficiale ma che saranno importanti per l'imminente Riforma Protestante; infine Francia e Inghilterra si combatteranno per 100 lunghi anni (Guerra dei Cent'anni), per questioni dinastiche ma anche economiche (ci si contendeva le Fiandre, importanti per le industrie tessili), rinsaldando il loro senso identitario e la loro autonomia nazionale (prima confusa a causa di dinastie regnanti tra loro imparentate, col pericolo di guerre per la successione al trono). Nel 1500 nacque il futuro imperatore Carlo V d'Asburgo, nipote da un lato di Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona, e dall'altro di Massimiliano d'Asburgo, imperatore del Sacro Romano impero; quindi alla morte dei nonni Carlo V ereditava: la Germania, l'Austria, i Paesi Bassi, la Spagna, l'Italia e le colonie americane; questa immensa concentrazione di potere fu la causa delle cosiddette Lotte per il Predominio in Europa tra l'Impero di Carlo V d'Asburgo e la Francia di Franceso I di Valois: la Francia, infatti, sentendosi accerchiata ad est ad ovest e a sud dalle varie parti dell'Impero, temendo di venir schiacciata come in una morsa, tentò più volte lo scontro aperto con l'Impero (persino arrivando ad allearsi con i Turchi musulmani e i principi potestanti tedeschi pur di indebolire il potere dell'Imperatore); questa serie di scontri non mutarono l'assetto geopolitico dell'Europa, ed ebbero come conseguenza solo il fatto che in Italia si alternò più volte il dominio vuoi della Francia vuoi della Spagna, anche se alla fine fu la Spagna ad aggiudicarsi il dominio sull'Italia (Pace di Cateau Cambresis, 1559), e la divisione dell'immenso impero di Carlo V, prima di morire, in due: i territori tedeschi, austriaci, boemi e ungheresi che andarono al fratello Ferdinando, assieme al titolo imperiale, ed il resto, cioè la Spagna, l'Italia, le Fiandre e le colonie americane, che andarono al figlio Filippo II, sovrano quindi del Regno di Spagna. Carlo V aveva tentato di tener unito l'immenso ed eterogeneo territorio del suo Impero con lo strumento ideologico della religione cattolica (come farà anche il figlio Filippo II), impresa assai ardua, in quanto la Chiesa era in profonda crisi [insidiata dalla corruzione (compromissione col potere politico), dal nepotismo (favorire i parenti nell'assegnazione delle carche ecclesiastiche), dalla simonia (vendita delle carche ecclesiastiche), dalle indulgenze (perdono dei peccati in cambio di denaro), dal malcostume e immoralità (matrimonio di ecclesiastici, vita lussuosa di corte, concubinato, ...)], questa crisi aveva avuto come reazione una serie di movimenti riformistici volti al ripristino dell'originario spirito di povertà e servizio evangelico (Catari, Valdesi, Albigesi, Hussiti, Lollardi di Wycliffe); il culmine della reazione si ebbe con la Riforma Luterana o Protestante: mentre negli altri paesi il potere era rimasto nelle mani di autorevoli monarchie, che avevano saputo difendere i sudditi dalla cupidigia del clero (vescovi e prelati sempre alla ricerca di denaro per la Chiesa di Roma, che cercavano di estorcere imponendo continuamente tasse), in Germania il potere dell'Imperatore era pressochè assente e di fatto regnava una turbolenta schiera di piccoli Principi, e in questo senso era più esposta ai soprusi dei dignitari della Chiesa di Roma; inoltre la Germania era la culla della stampa, il primo luogo dove iniziarono a circolare libri (il primo dei quali era la Bibbia) e dove la gente iniziò a leggere. Martin Lutero, monaco sassone dell'ordine degli agostiniani, tradusse in tedesco la Bibbia affinchè il popolo la potesse leggere autonomamente, inoltre si scagliò contro lo scandalo della vendita delle indulgenze, grazie alle quali la Chiesa si arricchiva alle spalle del popolo tedesco, protestando, nel 1517, con le "95 tesi", contro la Chiesa di Roma: lo scontro tra la Chiesa e Lutero si era irrimediabilmente aperto: il papa scomunicò Lutero, questo ottenne sempre più influenza sui principi tedeschi, molti dei quali abbracciarono la nuova religione riformata, il Protestantesimo, approfittando per cacciare gli ecclesiastici ed impossessarsi dei loro possedimenti e monasteri, aumentando così il loro potere e rendendosi politicamente sempre più indipendenti rispetto al potere dell'Imperatore; questo trasformò la Germania in una scacchiera di migliaia di staterelli, alcuni dei quali Cattolici altri Protestanti, in aperta lotta tra di loro [situazione sancita dalla Pace di Augusta del 1555, concessa da Carlo V, pace che instaurò il principio del cuius regio eius
religio: si lasciavano liberi i Principi tedeschi di scegliere la religione che desideravano, obbligando però i sudditi alla religione del loro padrone]. Il primato spirituale universale della Chiesa Cattolica era finito e presto, con la diffusione del Protestantesimo anche in altre nazioni, l'Europa divenne un campo di battaglia dove Cattolici e Protestanti si ammazzavano a vicenda. La Riforma si era diffusa in Svizzera, con Calvino, nei Paesi Bassi, in Francia (con gli Ugonotti); una Riforma, poi, era in corso in Inghilterra, dove il re Enrico VIII aveva spogliato il clero inglese di tutte le proprietà e si era proclamato capo supremo della Chiesa Anglicana, assumendosi l'antico diritto papale di nominare vescovi e sacerdoti. La Chiesa Cattolica reagì con il movimento della Controriforma, attuata dai fedeli della confraternita dello spagnolo Loyola, la Compagnia di Gesù, e con i tribunali della Santa Inquisizione. Morto Carlo V i possedimenti di Germania e Austria andarono al fratello Ferdinando, assieme al titolo imperiale, tutto il resto, invece, andò al figlio Filippo II, fanatico e intransigente cattolico: nonstante l'immenso regno la Spagna era in forte crisi economica: è vero che disponeva delle immense ricchezze in oro e argento provenienti dalle colonie americane, ma queste non erano reinvestite in attività economiche (agricoltura e manifatture) [gli spagnoli infatti disprezzavano il lavoro e consideravano nobili solo l'arte della guerra e le attività amministrative], inoltre avevano appena cacciato i Mori (laboriosi artigiani e mercanti) da Granada, quindi dovevano importare tutto ciò che non producevano dall'estero; gli unici possedimenti dove intense erano le attività produttive erano i Paesi Bassi, quindi in questi territori le imposizioni fiscali erano gravosissime; fiamminghi e olandesi avevano per giunta aderito alla Riforma, rifutandosi di riconoscere l'autorità del papa, quindi Filippo II inviò nei paesi Bassi lo spietato Duca d'Alba, che massacrò i leader protestanti; infine proprio mentre gli ugonotti francesi venivano massacrati nella notte di S.Bartolomeo nel 1572 (guerra civile di religione tra i Guisa, cattolici, e gli Ugonotti, protestanti), Filippo II ordinò l'assalto a Leida, importante centro manufattoriero dell'Olanda: le sette province del nord dei Paesi Bassi si unirono in una lega difensiva, l'Unione di Utrecht, Guglielmo d'Orange ne era il capo: gli olandesi, per salvare Leida, tagliarono le dighe sconfiggendo gli spagnoli. Filippo II poi fece assassinare Guglielmo, gli Stati Generali (assemblea dei rappresentanti delle 7 province) allora abiurarono il malvagio re Filippo e si dichiararono sovrane sul loro territorio, proclamarono la loro Indipendenza dell'Olanda dalla Spagna. Nel 1586 l'Invincibile Armata di Filippo II salpò in direzione dell'Olanda, ma anche l'Inghilterra, ormai era diventata protestante (salita al trono Elisabetta, morta Maria la Cattolica o La Sanguinaria in quanto, figlia di Enrico VIII e Caterina d'Aragona, divenne moglie di Filippo II e restaurò il Cattolicesimo in Inghilterra), quindi gli Spagnoli si trovarono nella Manica di fronte agli Olandesi coalizzati agli Inglesi: l'Invincibile Armata fallì. L'Olanda, uscita vittoriosa dalla guerra contro la Spagna, fondò la Compagnia olandese delle Indie orientali e la Compagnia olandese delle Indie occidentali ed iniziò una guerra sistematica e senza quartiere per conquistare le colonie americane, asiatiche e africane della Spagna e del Portogallo. Con Enrico IV di Borbone e il suo celebre Editto di Nantes (1598), con il quale concedeva la libertà di culto, anche in Francia finì il periodo della guerra civile di religione
Cap. VII IL SEICENTO
La Guerra dei Trent'anni La guerra tra Cattolici e Protestanti si spostò nel continente, dove scoppiò la celebre Guerra dei Trent'anni: iniziò nel 1618 quando l'avversario dell'imperatore (cattolicissimo) Ferdinando II d'Asburgo, il protestante Federico divenne re di Boemia: gli eserciti asburgici però si trovarono di fronte, oltre che i Boemi, anche uno schieramento protestante formato da Danimarca, Svezia (Gustavo Vasa) e Francia (che pur essendo regnata dai cattolici Borboni si alleò coi protestanti per la loro rivalità nei confronti degli Asburgo). La guerra non risolse nulla e si concluse con il Trattato di Vestfalia (1648) con il quale venne riconfermato il principio della Pace di Augusta (di un secolo prima), cosa che rendeva l'Impero un insieme frammentato e diviso di tanti piccoli staterelli, ma che fece per sempre finire le guerre di religione tra Cattolici e Protestanti. L'Italia, nel seicento, subisce l'egemonia Spagnola: la Spagna regna direttamente, coi suoi vicere, sul Regno di Napoli, di Sicilia, di Sardegna, sul Granducato di Milano e sullo Stato dei Presidi (in Toscana), e indirettamente su tutti gli altri Stati italiani; la continua e inserobabile decadenza economica della Spagna (prostrata dalle continue guerre, priva di attività economiche significative, vista l'assenza di industrie manufatturiere ed il disprezzo per il lavoro) la rendeva sempre più dipendente dall'oro e dall'argento che affluiva dalle colonie (privilegio ora sempre più insidiato da olandesi e inglesi in rivalità con gli spagnoli per il primato marittimo e dei traffici commerciali transoceanici) e dall'estenuante fiscalismo attuato ai danni dei possedimenti italiani; da qui il malgoverno spagnolo in Italia, ostile nel concedere spazi di autonomia agli Stati italiani e autore di un fiscalismo opprimente (non pochi furono i tentativi di rivolta; celebre quella di Masaniello del 1647) La Rivoluzione Inglese Vediamo ora il ‘600 quale rivoluzione portò in Inghilterra. Da quando il duca di Normandia, Guglielmo il Conquistatore, nell’XI sec., conquistò l’Inghilterra, questa divenne, con Guglielmo e coi suoi successori, i d’Angiò-Plantageneti (un ramo della casa d’Angiò, il cui capostipite era solito metter in testa un ramoscello), una colonia della Francia; ma un po’ alla volta la colonia divenne quasi più potente della madrepatria, si accese una aspra rivalità e alla fine, con la Guerra dei Cent’anni, ne uscirono due nazioni distinte e autonome; l’Inghilterra poi fu dilaniata dalla guerra civile tra i nobili (Guerra delle Due Rose), questo consentì alla corona di rafforzarsi (visto che i nobili si stavano massacrando a vicenda) divenendo, all’inizio del ‘500, con Enrico VIII Tudor, una monarchia fortemente centralizzata; Enrico VIII si rese autonomo dalla Chiesa di Roma e diede vita alla prima forma di religione nazionale (Anglicanesimo), svolgendo anche funzioni di capo spirituale. Dopo l’intermezzo di Maria la Sanguinaria (figlia di Enrico VIII), che sposò Filippo II e restaurò il Cattolicesimo, Elisabetta (altra figlia di Enrico VIII) restaurò l’Anglicanesimo e instaurò rapporti di alleanza con l’Olanda, abbattendo la già ricordata Invincibile Armata di Filippo II e istituendo un blocco protestante: olandesi ed inglesi colsero il momento per intraprendere una corsa per il possesso delle colonie americane, asiatiche e africane della Spagna e del Portogallo. Agli inizi del ‘600 salì al trono Giacomo I Stuart (figlio di Maria Stuart, regina di Scozia e poi rivale cattolica di Elisabetta): Giacomo ereditò un paese a cui era stata risparmiata la sorte dei regni continentali, dilaniati dalle guerre di religione tra cattolici e protestanti (Guerra dei Trent’anni): l’Inghilterra si era riformata senza guerre e questo aveva favorito enormemente il paese nella corsa coloniale, assicurandogli un ruolo guida nel commercio internazionale che sarebbe durato più di tre secoli. Certo gli Stuart non eran ben visti in Inghilterra, erano cattolici ed eran considerati stranieri, ma ciò nonostante continuavano ad esercitare il loro diritto divino, amministrando il regno come vicari dell’autorità divina, cioè in modo assoluto, senza consultare i sudditi; così la classe borghese, dei mercanti e dei proprietari, fece della Camera dei Comuni la linea di difesa contro gli abusi della Monarchia. Carlo I Stuart sciolse le Camere e governò da solo, da dittatore per 11 anni, amministrando il regno come una proprietà privata; ma poi dovette riconvocare il Parlamento:
necessativa di denaro per finanziare la guerra contro i presbiterani ribelli di Scozia; a questo punto il Parlamento presentò la Grand Remonstrance (l’elenco delle loro lamentele): ne seguì una spaccatura: una fazione a favore della Corona e una fazione a favore del Parlamento, con a capo Oliver Cromwell leader dei Puritani (anglicani che avevano cercato di purificare al massimo le loro dottrine), le parti si armarono e ne seguì una guerra civile: i puritani di Cromwell vinsero e nel 1648 condannarono a morte Carlo I e con la proclamazione a lord protector di Cromwell venne instaurata una dittatura, imponendo a tutti il credo puritano (Prima Rivoluzione Inglese). Morto Cromwell ritornarono gli Stuart: di nuovo l’Inghilterra cadde in preda al disordine e alla paura; di nuovo due fazioni: i sostenitori del re e dell’assolutismo, i Tories, e i sostenitori della classe borghese e della politica parlamentare, i Whigs; per risolvere le tensioni e scongiurare un’altra guerra civile venne chiamato Guglielmo III d’Orange dall’Olanda; questi sbarcò nel 1688, convocò il Parlamento e fu acclamato sovrano d’Inghilterra: Seconda Rivoluzione Inglese (1688). Il paese tornò ad essere protestante; venne inoltre approvata la Carta dei Diritti (Bill of Rights), che stabilì che il re d’Inghilterra doveva appartenere alla Chiesa anglicana, che non aveva la facoltà di sospendere le leggi, né di imporre le tasse senza l’approvazione del Parlamento ed infine che la responsabilità del governo doveva appartenere al Ministro (o Gabinetto), cioè a quello che anticamente era il consigliere del re e che ora, considerata la forza accresciuta del Parlamento doveva rappresentare la forza (Tories o Whigs) che aveva la maggioranza al Parlamento; anzi, da questo momento il re si disinteressò sempre più del governo e lasciò prendere tutte le decisioni di governo al Ministro. In modo quindi pacifico, con una rivoluzione pacifica, il Parlamento sottrasse sempre più potere al re e dotò l’Inghilterra di un governo rappresentativo; in questo modo l’Inghilterra potè evitare gli scoppi rivoluzionari del diciottesimo e diciannovesimo secolo, che invece imperversarono in Europa. L'Assolutismo Francese Altra monarchia assoluta, monarchia cioè che rivendicava il diritto divino del re (amministrando il regno come vicario dell’autorità divina, cioè in modo assoluto, senza consultare i sudditi), era quella, in Francia, del Re Sole: Luigi XIV di Borbone. Luigi salì al trono quando gli abili cardinali Mazzarino e Richelieu avevano appena riorganizzato l’antico regno francese nello stato più fortemente centralizzato e assoluto d’Europa e che per l’efficientissima forma di governo e organizzazione amministrativa sarà chiamato, durante l’Illuminismo, Dispotismo Illuminato: uno stato accentrato che esautorava i poteri degli Stati Generali ed accentrava nelle mani del sovrano (e in quelle dei propri collaboratori: il Mazzarino e il Richelieu) ogni potere, istituendo come diramazione del potere centrale una efficiente burocrazia, questa ha come fine la giurisdizione del governo centrale su tutto il territorio dello Stato, l’applicazione delle leggi centrali, il controllo del rispetto delle leggi e l’eventuale ripristino della legalità in tutte le province; un tale sistema si servirà della collaborazione, in veste di funzionari statali, della classe borghese, più attiva e intraprendente di quella dei nobili; i funzionari, a differenza dei nobili feudatari, saranno stipendiati, ossia non possederanno a titolo di proprietà privata il territorio che amministrano (distinzione tra sfera pubblica e sfera privata, assente nel feudalesimo); l’aggettivo illuminato si riferisce alle riforme che tale stato varerà (riforme a favore del popolo, del bene collettivo), tuttavia queste riforme saranno concesse, elargite, dal sovrano, non proposte e approvate democraticamente dai rappresentanti del popolo, quindi il sovrano, così come le ha concesse, le potrà in ogni momento sospendere (“tutto per il popolo, niente attraverso il popolo!”). In politica religiosa Luigi XIV revocò l'Editto di Nantes (1685), dando vita ad una serie di misure repressive nei confronti degli ugonotti ed emanò le Libertà Gallicane, ossia il diritto del re di nominare prelati: atto di costituzione del Gallicanesimo, o Chiesa Nazionale Francese. Questo, da un lato lo rese ostile al Papato, dall'altro lo rese colpevole, agli occhi delle altre potenze europee, di aver violato il Trattato di Vestfalia (che ribadiva il principio della libertà religiosa, Pace di Augusta); da qui l'isolamento internazionale in cui stava rischiando di cadere la Francia. Quando con la Pace di Vestfalia, si decretò la fine del predominio asburgico in Europa, Luigi sentì che era giunto il suo momento: sposò Maria Teresa, figlia del re di Spagna, e rivendicò per sé, come dote, il Belgio (Guerra di Devoluzione); ciò avrebbe minacciato la sicurezza degli stati protestanti. Luigi penetrò in
Belgio, ma di nuovo gli Olandesi tagliarono le dighe. Anche la Guerra di Successione Spagnola, agli inizi del '700, non consentì a Luigi di affermare il predominio francese in Europa: morto il re di Spagna, Carlo II, non avendo figli maschi, fu nominato come erede Filippo, nipote di Luigi XIV: questo avrebbe significato l'unione delle due potenze, Francia e Spagna; la cosa mobilitò quindi le potenze europee protestanti (Inghilterra e Olanda) in una comune lega antifrancese; la pace che ne seguì proibì a Filippo V (re di Spagna) di succedere anche al trono di Francia e lo obbligava a cedere l'Italia del Nord all'Austria (il meridione d'Italia rimase invece dei Borboni). La lunga e inutile catena di guerre fece emergere un nuovo principio di politica internazionale: il Principio dell’Equilibrio delle Potenze: nello stadio di sviluppo nazionalistico raggiunto in Europa nessuna potenza era in grado di prevalere decisamente sulle altre e di ottenere un dominio su tutta l’Europa. Mentre nel ‘500 i due blocchi contrapposti ed equipotenziali erano l’Impero di Carlo V d'Asburgo e la Francia di Francesco I di Valois (entrambi cattolici) [guerra anch’essa conclusa con un nulla di fatto], nel ‘600 i due blocchi contrapposti ed equipotenziali erano gli Stati cattolici (la Francia e la Spagna, entrambe dei Borboni, e l'Austria degli Asburgo) e quelli protestanti (l’Inghilterra e l’Olanda degli Orange). L'ascesa della Russia Ma nel ‘600 si ebbe l’ascesa di una nuova potenza: la Russia. Le foreste e le pianure russe erano originariamente abitate da tribù slave, poi vennero abitati dai Normanni (Kiev), poi divennero il campo d’azione dei missionari bizantini; poi nel ‘200 subirono le invasione dei Mongoli (Tartari) di Genghiz-Kahn, che instaurarono un dominio violento e spietato, riducendo i contadini in schiavitù e rimasero fino al ‘400, quando il principato di Moscovia, discendenti dei primi conquistatori normanni, divenne abbastanza forte da ribellarsi ai tartari: tra ‘400 e ‘500 i Vasilevic (Ivan III e Ivan IV il Terribile, dinastia che risaliva ai Normanni) rivendicarono l’eredità imperiale (sia temporale che spirituale) di Bisanzio assumendo il titolo di Zar (cioè Cesare, vale a dire Imperatore); a questi succedettero, nel ‘600, i Godunov (per metà di sangue tartaro): la Russia era un impero povero, così si decise di obbligare i contadini nomadi a coltivare la terra, privandoli della libertà e legandoli per legge alle terre da loro coltivate, che non potevano quindi abbandonare (servitù della gleba); il nuovo impero si estese rapidamente fino alla Siberia. Alla fine del ‘600 salirono al trono i Romanov: Pietro il Grande si formò in Europa, alla scuola politica ed economica dell’Inghilterra e dell’Olanda, rientrato in patria diede vita ad una serie di riforme tese a occidentalizzare il suo impero: fondò una nuova capitale, affacciata sul Baltico, quasi in segno di avvicinamento ma anche di sfida all’Occidente: Pietroburgo; e difatti di una sfida si trattò: in una guerra contro la Svezia le strappò tutti i possedimenti baltici, tranne la Finlandia. L'ascesa della Prussia Nel ‘600 emerse un’altra grande potenza: la Prussia. I soldati franchi di Carlo Magno, nell’XI sec, avevano conquistato le terre delle popolazioni pagane slave e lituane, che vivevano tra il Baltico e i Carpazi; sorse così lo Stato del Brandeburgo, stato di frontiera sorto per difendere i confini orientali dell’Impero incursioni dei Sassoni; nei 4 secoli seguenti una serie di famiglie nobili esercitarono le funzioni di governo; nel 15esimo sec emerse la famiglia degli Hohenzollern (di umili origini, venuti dalla Germania del sud, ma grazie a matrimoni vantaggiosi divenuti principi elettori imperiali; al tempo della riforma divenuti protestanti) che trasformò il Brandeburgo in uno dei più efficienti Stati moderni; nel ‘600 troviamo Federico Guglielmo, detto il Re Sergente, che con un’azione di governo saggia e attenta utilizzò tutte le forze intellettuali ed economiche per organizzare uno Stato in cui i desideri e le aspirazioni individuali dovevano essere subordinate agli interessi della Comunità; e dopo di lui, nel ‘700, il figlio Federico II detto il Grande, antimachiavellico (per Machiavelli il sovrano doveva esser astuto, mentitore, simulatore, …) esempio di sovrano illuminato (anche se di un dispotismo illuminato), servitore fedele della nazione, abolitore della tortura, riformatore del sistema giudiziario, artefice di una amministrazione rigorosa e scrupolosamente onesta, di nuovi ed efficienti
servizi e strutture pubbliche (strade, scuole, università), inoltre mentre altrove (negli altri stati) il bilancio era in passivo in Prussia era in attivo; insomma i cittadini per la prima volta ebbero la sensazione che il loro denaro fosse speso bene. Nel momento della morte dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo, avendo questo come unica erede Maria Teresa d’Austria (che da quel momento diventerà imperastrice d'Austria), Federico, con la scusa di qualche incerto e antico diritto, invase la Slesia: fu il primo atto dell’ascesa della potenza prussiana (Guerra di Successione Austriaca). Il Mercantilismo In quest’ampia panoramica degli Stati europei del ‘600 vi e una costante: tutti gli Stati moderni del ‘600 cercarono, una volta nati, di rafforzarsi all’interno (di accentrare il loro potere, servendosi della burocrazia, al contrario del Medioevo, in cui esistevano centri autonomi di potere, i feudi) e di esercitare la massima influenza possibile sulla politica internazionale; l’apparato burocratico, coi suoi funzionari stipendiati, l’esercito, la marina, … tutto ciò richiedeva denaro; ora, grazie alle scoperte delle Americhe e dell’Estremo oriente, oro e argento circolavano in Europa (a differenza del Medioevo), tuttavia le nazioni europee cercarono di tesaurizzare, più che far circolare, le monete di oro e di argento, in quanto oro e argento costituivano ricchezze effettive; così si impose la teoria che le nazioni che avevano nei loro forzieri più oro e argento erano di conseguenza le più ricche e le più potenti; ora, per tesaurizzare oro e argento era necessario che lo Stato regolamentasse l’economia, attraverso leggi, decreti e finanziamenti (Stato imprenditore), in modo da favorire le esportazioni riducendo il più possibile le importazioni: da qui l’esigenza di reperire materie prime, nelle colonie (considerate riserve d’oro, d’argento e di materie prime da spremere il più possibile), utili alle industrie nazionali, e la ricerca di nuovi mercati di sbocco, dove vendere i prodotti dell’industria interna: da cui l’impulso all’Imperialismo e Colonialismo e quello all’imposizione dei Sistemi monopolistici, ossia sistemi di esclusivo commercio delle colonie con la madrepatria Questo sistema economico fu definito Protezionismo o Mercantilismo o Colbertismo (da Colbert, ministro francese); sistema adottato dalla Spagna, dall’Inghilterra, dall’Olanda, dalla Francia. E’ vero che questo sistema favorì il nascere delle industrie nazionali, delle connesse infrastrutture (strade, canali, …) e che portò ricchezze alle nazioni europee ma è anche vero che le condizioni degli operai peggiorarono (ancora più sottopagati a causa della concorrenza con la manodopera degli schiavi), inoltre trasformò il mondo in un enorme campo di battaglia in cui ogni nazione cercava di strappare i mercati delle altre nazioni ed impossessarsi delle loro ricchezze. Alla fine del ‘700 l’Europa si convertirà ad un altro sistema, teorizzato da A. Smith, detto Liberismo, o Sistema del Libero Mercato o Economia di Mercato, regime di libertà dei commerci sia nazionali che internazionali, abolizione dei monopoli e dell’interferenza dello Stato nell’economia (concezione dello Stato Negativo o Guardiano), basato sull’idea che la ricchezza di una nazione risieda nella possibilità del mercato (sia interno che estero) di autoregolarsi in base alle sue leggi interni, quelle della libera concorrenza (legge della domanda e dell’offerta, che stabilisce il prezzo di una merce).
L'Illuminismo L'Illuminismo è un movimento politico, culturale e intellettuale di portata europea che pervade l'intero secolo XVIII; celebre è la definizione che il filosofo Kant dà dell'Illuminismo: "l'Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità, imputabile alla sua incapacità di valersi autonomamente della propria ragione", definizione sintetizzata nel motto: "sapere aude", ossia: abbi il coraggio di affidarti al lume della tua ragione; l'Illuminismo coniuga la fiducia dei razionalisti nella Ragione Universale [ossia la ragione presente in tutti gli uomini, la quale ragione non riconosce altra autorità che sè stessa: con la luce della ragione gli illuministi ritenevano quindi di poter dissolvere le tenbre dell'ignoranza e della superstizione; nella tradizione infatti gli illuministi avvertono una forza ostile che alimenta credenze e pregiudizi; la loro posizione è quindi antitradizionalista, una posizione che rifiuta il principio di autorità (una tesi è vera e valida solo se suffragata e supportata dall'ipse dixit di una autorità, sia essa politica, religiosa o filosofica)] con la consapevolezza dei limiti nei quali l'indagine razionale deve mantenersi per riuscire feconda, ossia l'Esperienza degli empiristi [dunque l'esperienza empirica, quell'esperienza che si fonda sulle impressioni sensibili, quell'esperienza di cui si serve il metodo sperimentale, come strumento di verifica delle ipotesi teoriche, un'esperienza dal valore antimetafisico (quindi ciò che non è dimostrabile empiricamente è solo sogno, delirio, illusione)]. Una delle più importanti idee guida dell'Illuminismo è l'idea ottimistica di Progresso, quindi l'Illuminismo è un'epoca di continuo fiorire di ricerche e di studi, tanto in campo scientifico e tecnologico (si impone una visione scientifica del mondo, depurata galle spiegazioni di tipo irrazionale e divino, fondata sui principi della appena conclusa Rivoluzione scientifica del '600: lo sperimentalismo galileiano, la fisica atomistica newtoniana, il meccanismo cartesiano; un esempio è la concezione evoluzionistica di Linneo: l'uomo al pari degli altri animale è il prodotto di una evoluzione naturale; la scienza, come già era stato ribadito nel Rinascimento, non necessita più, nelle sue spiegazioni, di punti di riferimento che rimandino al soprannaturale, ossia di spiegazioni finalistiche, ora la natura è spiegata sulla base di principi puramente materiali, masse, forze..., e di leggi deterministiche, di causa-effetto) quanto in quello delle scienze umane (ad es. la storiografia del Muratori: ricostruire la storia su basi scientifiche, attraverso la ricerca dei documenti e delle fonti; anche in questo campo il sapere si laicizza e non si parlerà più di una storia che ha come soggetto la Provvidenza divina). L'ideale del progresso si coniuga con la volontà di diffondere il sapere, un proposito di divulgazione delle conoscenza, delle scoperte scientifiche e delle invenzioni tecnologiche che trova concreta attuazione nella pubblicazione dell'Enciclopedia (Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri) ad opera di Diderot, d'Alambert, Voltaire, Rousseau, d'Holbach, vissuto come un impegno morale: diffondere la conoscenza per permettere al genere umano un sempre maggior progresso, una sempre maggior autonomia ed emancipazione (tanto dai bisogni materiali quanto dalle forme di asservimento politico e religioso) In campo religioso prevale la Religione Naturale o Deismo (contrapposta alla Religione Positiva o Rivelata: questa predica
l'esistenza di una divinità rivelata, esistita storicamente, quindi è basata sulla fede, la religione naturale, invece, dimostra razionalmente Dio e i principi religiosi, quindi non si basa sulla fede ma sulla ragione: Voltaire) e l'Ateismo (dopo la lezione rinascimentale di Machiavelli, secondo cui si doveva tener distite politica ed etica, due sfere eterogenee che non devono essere confuse, una si interessa del comportamento l'altra dell'interiorità, d'Holbach ritiene doveroso separare anche religione ed etica: quindi l'agire mortale non necessita più dell'adesione alla religione, e quindi l'uomo riscopre, come ne Rinascimento, valori non più trascendenti ma terreni). L'Iluminismo ha come protagonista la classe sociale della borghesia, una borghesia, quella del '700, conscia della propria operosità, della propria intraprendenza, attiva e fiduciosa nei propri mezzi e nelle proprie capacità, una borghesia individualistica, che, affermatasi socialmente ed economicamente, anela ad affermarsi anche politicamente; la corrente politica che rispecchia questa esigenza è sicuramente il Liberalismo inglese (Locke), liberalismo che ha una matrice giusnaturalistica: il potere politico, per Locke, deve cessare di avere un'origine divina (il sovrano, come rappresentate della volontà di dio in terra, riceve la propria autorità e il proprio potere direttamente da dio) per assumere quella esclusivamente terrena e umana: il sovrano è il delegato, il rappresentante, e l'esecutore della sovranità popolare: gli uomini si associano in uno Stato attraverso un contratto, un patto, affidando ad un sovrano il potere politico, esercitando il quale il sovrano deve impegnarsi a garantire e tutelare i cosiddetti diritti naturali o libertà inalienabili dei cittadini (libertà di pensiero, di culto, di espressione, di partecipazione politica, di associazione, di proprietà privata, di iniziativa economica,...). L'Illuminismo è anche la culla del Pensiero Repubblicano (Montesquieu): una Repubblica è per Montesquieu uno Stato di Diritto, ossia uno Stato in cui a regnare sono le leggi, le quali valgono erga omnes (per tutti indistintamente), e non l'arbitrio di un sovrano (questo sarebbe abuso di potere, ossia Assolutismo): la conditio sine qua non di un sistema repubblicano è la divisione dei poteri, ossia che i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) siano separati e autonomi (ossia detenuti da persone diverse) e non concentrate in un'unica persona; in questo caso, infatti, la persona che detiene il potere non è più l'esecutrice della legge ma è la legge ad essere l'esecutrice dei suoi interessi e del suo arbitrio (abuso di potere, privatizzazione del potere pubblico). L'Illuminismo è poi la culla della Democrazia (Rousseau): uno Stato giusto, per Rousseau, ha come compito principale quello di assicurare ai cittadini il godimento del più importante dei beni: l'uguaglianza e la libertà; l'uguaglianza è l'indistinzione di tutti di fronte alla legge, la libertà è invece il conformarsi, nelle azioni, alla propria volontà; la condizione del godimento della libertà è l'istituzione di un governo rappresentativo del popolo (in questo modo i cittadini obbedendo alle leggi avrebbero obbedito a sè stessi); questo però non è sufficiente in quanto la società è, per Rousseau, corrotta e lacerata dalla diseguaglianza: ora, la causa della diseguaglianza è la proprietà privata e le leggi che la tutelano, quindi un governo giusto deve far creare le condizioni non solo per una uguaglianza di tipo formale (giuridica) ma anche sostanziale (sociale ed economica), per questo è necessaria una politica di riforme (Riformismo). L'Illuminismo è poi la culla del Cosmopolitismo: per il fatto che gli illuministi considerano la ragione come una facoltà presente in tutti gli uomini (appunto una ragione universale), si considerano quindi come cittadini del mondo, affratellati da comuni ideali al di sopra delle frontiere nazionali; c'era però chi (Voltaire) riteneva la cosa prematura: per Voltaire il popolo è ancora barbaro, ignorante e incapace di autogovernarsi, quindi va guidato e governato da un sovrano che si preoccupi del suo bene concedendo riforme illuminate (Dispotismo illuminato)
Cap. VIII LA RIVOLUZIONE AMERICANA E QUELLA FRANCESE La Rivoluzione Americana Gli spagnoli e i portoghesi avevano esplorato e colonizzato il nuovo mondo (America, Asia, a Africa), ma si erano anche inimicati le popolazioni delle nuove terre, con le loro brutalità e violenze inaudite, distruggendo i loro villaggi, le loro tradizioni, le loro culture e religioni, privandoli della libertà e sfruttandoli come schiavi nelle loro miniere, piantagioni e manifatture (solo la Compagnia di Gesù cercò di mitigare la violenza e lo sfruttamento delle tribù indigene, gli Indios, assistendoli, aiutandoli, con la costruzione di villaggi, scuole, officine e a volte prendendo le loro difese contro gli spietati Conquistadores spagnoli e portoghesi, i cui principali modelli erano Cortez e Pizzaro). Tuttavia qualche anno dopo la scoperta dell’America da parte di Colombo, anche l’Inghilterra e la Francia raggiunsero il nuovo continente: Caboto (italiano al servizio della marina inglese) e Verazzano (italiano al servizio della marina francese) sbarcarono in America; da quel momento anche inglesi e francesi fondarono colonie in America: nel ‘600 alcune sette religiose (protestanti) di dissenzienti, i Puritani (i Padri Pellegrini) e i Quaccheri, perseguitati in madrepatria, si stabilirono in Nuova Inghilterra, in Pensylvania e più a sud fino alla Carolina e alla Virginia: erano piccole comunità spinte da un profondo bisogno di indipendenza dalla madrepatria (tant’è che erano fuggiti perché non tollerati!) ed erano l’espressione della vitalità commerciale delle classi medie inglesi; le colonie francesi, invece, rimasero sempre un possesso della madrepatria, erano insediamenti abitati da funzionari al servizio del re di Francia e da gesuiti (agli ugonotti non si concesse la possibilità di raggiungere l’America). Inglesi e Francesi finirono per scontrarsi e l’esito dello scontro andò a vantaggio dell’Inghilterra (il Trattato di Parigi, 1763, sancì il dominio dell’Inghilterra sul continente nord-americano). Come si è già detto, nel ‘600, con Guglielmo d’Orange, anche l’Olanda partecipò alla corsa coloniale, assieme e contro l’Inghilterra, con le rispettive Compagnie delle Indie, per strappare le colonie spagnole e portoghesi in America, Africa e Asia: queste potenze avranno buon gioco a sostituirsi ai primi colonizzatori, in quanto vennero accolti, dalle popolazioni di quelle terre, quasi come amici e liberatori; inglesi e olandesi erano, infatti, prima di ogni altra cosa, mercanti, i quali, pur di ottenere ciò che desideravano (oro, argento, spezie, e altre materie prime) erano disposti a lasciar vivere gli indigeni come volevano, tollerando i loro costumi e la loro cultura. Le numerose guerre navali combattute tra Inghilterra e Olanda finirono con la vittoria dell’Inghilterra. Ma veniamo ai motivi della Rivoluzione delle Colonie Americane: si è già detto che le colonie americane erano state fondate da dissidenti inglesi per dar vita ad una società nuova, conforme ai loro principi (puritani), e dunque per rendersi autonomi dalla madrepatria; ma la madrepatria non smetteva di interferire negli affari delle colonie: il parlamento di Westminster approvava norme sulle colonie senza la presenza di rappresentanti delle colonie, legavano l’economia delle colonie alla dipendenza con la madrepatria attraverso un rigido monopolio (le colonie potevano commerciare solo con la madrepatria). Gli americani inizialmente decisero di protestare in modo non violento, col
boicottaggio, con l’affondamento di un carico inglese di te (guerra del te), ma poi imbracciarono le armi, mettendosi al seguito di Washington; infine, nel 1776, i rappresentanti delle colonie si riunirono a Philadelphia e approvarono la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America (scritta da Jefferson): per la seconda volta (dopo la Rivoluzione Olandese) veniva solennemente proclamato il Principio di Autodeterminazione dei Popoli (ciascun popolo è sovrano sul proprio territorio, ha il diritto di autogovernarsi ed essere indipendente rispetto a tutti gli altri); a questo seguì l’approvazione della Costituzione (la legge fondamentale di un certo Stato), la quale stabilì di organizzare gli USA in una Repubblica Federale: il termine repubblica si riferisce sia alla sovranità popolare, quindi al principio democratico, di matrice rousseauiana (attuato attraverso la rappresentanza politica dei cittadini al Parlamento, attraverso loro delegati o deputati), che al principio (di Montesquieu) della divisione e autonomia dei poteri statali, legislativo, esecutivo e giudiziario (per evitare l’abuso di potere, tipico delle dittature, in cui i tre poteri sono detenuti da un’unica persona o assemblea e quindi chi giudica non può essere imparziale, in quanto può, a seconda del suo arbitrio, cambiare le leggi nel momento stesso in cui giudica, visto che dispone anche del potere legislativo); il termine federale si riferisce invece ad un sistema di governo in cui più Stati autonomi, relativamente a certe materie, (governi locali), si associano ed entrano a far parte di un sistema di governo più ampio (governo federale) il quale ha giurisdizione in altre materie (es. politica economica, difesa, …). La Rivoluzione Francese Le notizie della Rivoluzione Americana raggiunsero immediatamente l’Europa e qui, in Francia, scoppiò un’altra, più fragorosa Rivoluzione (una Rivoluzione è il rovesciamento, lo sgretolamento improvviso di tutto ciò che fino a quel momento ha costituito l’essenza della vita sociale, religiosa, politica ed economica di una nazione): la Rivoluzione Francese. La monarchia dei Borboni, l’Ancien Regime, era uno Stato assoluto: dal 1614 non venivan convocati gli Stati Generali, e quindi le redini del governo erano nelle mani della corte reale, con sede a Versailles, residenza della dinastia reale circondata dalla nobiltà e dal clero, cioè da quei primi due Stati (in passato la classe dei funzionari dello stato feudale; sostituiti ora, in queste mansioni, dalla più efficiente borghesia) che conducevano una vita inutile, sfarzosa e parassitaria, classe privilegiata (che non avevano mai pagato tasse), classe dispendiosa, di soli consumatori, che non produceva assolutamente nulla, motivo di una continua emorragia finanziaria. La dinastia reale e i primi due Stati si mantenevano con le tasse imposte al Terzo Stato: classe eterogenea comprendente le classi popolari, sia urbane (operai) che rurali (contadini, braccianti), ma anche la piccola borghesia (artigiani, mercanti, …), la media borghesia (medici, banchieri, avvocati, insegnanti, intellettuali, …) e l’alta borghesia (cioè quella arricchita e possidente, che cercava, attraverso matrimoni misti, con i baroni impoveriti, di acquisire titoli nobiliari), una classe intraprendente, attiva, produttrice di ricchezza e di servizi, a cui era stata affidata l’amministrazione dello stato (burocrazia), ma che ora prendeva coscienza della sua importanza, del fatto che fosse costretta a mantenere i nobili e il clero e del fatto che fosse ancora priva di potere politico, potere che ora rivendicava. Il debito dello stato francese raggiunse l’esorbitante cifra di 4 miliardi di franchi e Luigi XVI ancora una volta non ebbe il coraggio di tassare i primi due Stati; decise invece di tassare ulteriormente il Terzo Stato, questo era esausto: i prezzi salivano, la fame dilagava (18 milioni di affamati), la rabbia e il malcontento esplodevano in tumulti e disordini per il pane; lo slogan, lanciato dai rivoluzionari americani “nessuna tassa senza rappresentanza politica” si diffuse tra le classi medie e tra la plebe: la folla parigina si stava trasformando in quella forza bruta utilizzata dai capi della rivoluzione per ottenere con la violenza ciò che non potevan ottenere in modo legale. Nel 1789 fu necessario convocare gli Stati Generali, i rappresentanti del Terzo Stato si fecero portavoce dei cahiers des doleances, cioè dei quaderni nei quali i loro elettori avevano scritto le loro lamentele e le loro rivendicazioni, e fu subito scontro in merito alla modalità con si sarebbe dovuto votare: i primi due Stati volevano che si votasse “per Stato” (ogni Stato un voto, quindi vittoria sicura), il Terzo Stato ”per testa” (ogni deputato un voto, quindi vittoria sicura, visto che erano numericamente superiori); il re alla fine cedette e gli Stati Generali si trasformarono in un’Assemblea Costituente, la quale avrebbe dovuto approvare la nuova
Costituzione, l’assetto del nuovo Stato. La regina Maria Antonietta (figlia di Maria Teresa d’Austria) organizzò la controrivoluzione, chiamando a Parigi truppe fedeli alla monarchia (da altre corti europee, Vienna, Berlino e Madrid); appena il popolo lo seppe prese d’assalto la Bastiglia, la fortezza prigione nella quale erano detenuti i prigionieri politici; molti nobili fuggirono all’estero, anche il re tentò, ma venne fermato; intanto la Costituente abolì tutti i privilegi e si approvò la Dichiarazione dell’Uomo e del Cittadino; nel 1791, approvata la Prima Costituzione, l’Assemblea Costituente si sciolse e si formò l’Assemblea Legislativa, nella quale entrarono molti esponenti rivoluzionari, fra i quali i più estremisti erano i Giacobini. Prussia ed Austria formarono una Coalizione Antifrancese e si misero in marcia verso Parigi per ripristinare l’antico regime; i disordini popolari si moltiplicavano (assalto al palazzo reale della Tuileries, dove il re fu fatto prigionieiro), i Giacobini, capeggiati da Robespierre, Danton, Marat e Saint Just, presero in mano la situazione: sciolsero l’Assemblea Legislativa e istituirono la Convenzione Nazionale, composta in maggioranza da estremisti, la quale abolì la monarchia, istituì la Repubblica e condannò il re alla ghigliottina; ma l’esercito della Coalizione Antifrancese avanzava, i capi Giacobini allora sospesero la Costituzione fino a quando non fosse finita la guerra contro le potenze straniere: tutti i poteri andarono ad un ristretto Comitato di Salute Pubblica, i moderati, i Girondini, vennero ben presto eliminati (fu a questo proposito istituito un Tribunale Speciale Rivoluzionario): si aprì la fase del Terrore: la repubblica venne così sostituita dalla tirannia, la rivoluzione si trasformò in reazione: tutti sospettavano di tutti e la Francia si trasformò in un immenso mattatoio e alla fine anche Robespierre venne trascinato sulla ghigliottina; con lui terminò anche il Terrore. Intanto le armate rivoluzionarie si battevano con coraggio sul Reno, in Italia, in Belgio e in Egitto, iniziando ad esportare i principi della Rivoluzione; a Parigi fu eletto un Direttorio composto da cinque membri al governo della Francia, Consoli della Repubblica Francese; poi il potere cadde nelle mani di un giovane e brillante generale corso, Napoleone Bonaparte, che divenne il Primo Console della Repubblica di Francia, cioè Console unico, nel 1799; nei quindici anni seguenti l’Europa, grazie a Napoleone, divenne il laboratorio di molti esperimenti politici, che mai si erano visti prima: a mano a mano che i vari paesi europei verranno “liberati” da Napoleone (liberati dalle rispettive monarchie) in essi si formeranno Repubbliche simili a quella francese, con analoghe Costituzioni [i principi politici della Rivoluzione francese, eran i principi del cosiddetto Liberalismo democratico-repubblicano, compendiati nella “libertà, uguaglianza e fraternità”: il primo si riferiva a quei diritti del cittadino considerati inalienabili, cioè la libertà di pensiero, di espressione, di stampa, di riunione, di associazione, di proprietà, di iniziativa economica, i secondi due si riferivano all’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge; principi che lo Stato si doveva impegnare a realizzare e tutelare; questi principi venivano realizzati attraverso Repubbliche democratiche, cioè rispettose del principio della sovranità popolare (o democratico-rappresentativo), del principio dello stato di diritto (a governare sono le leggi, valevoli erga omnes, per tutti allo stesso modo, e non più il volere e l’arbitrio di un sovrano), e del principio della divisione dei poteri (o principio repubblicano)]. Fino al 1804 Napoleone fu il grande leader della Rivoluzione Francese, sconfisse l’Austria (ad Austerlitz), l’Italia (a Marengo), l’Inghilterra (sul Nilo) e la Russia, perché lui stesso e i suoi soldati si sentivano gli apostoli del nuovo credo di “libertà, uguaglianza e fraternità”, amici del popolo e nemici dei re; ma nel 1804 Napoleone si proclamò imperatore dei francesi e invitò alla sua incoronazione papa Pio VII proprio come mille anni prima, nell’800, papa Leone III aveva incoronato Carlo Magno; una volta al trono il leader della rivoluzione dimenticò i suoi capi spirituali, i giacobini, smise di difendere gli oppressi e divenne invece il capo degli oppressori, tenendo i plotoni di esecuzione pronti a fucilare chiunque osasse opporsi alla sua volontà; quando i suoi eserciti invasero la Spagna, massacrando gli oppositori, e costringendo gli spagnoli a riconoscere un re che odiavano, la pubblica opinione europea iniziò ad avversare sempre più Napoleone; a questo punto l’Inghilterra potè dare un orientamento comune ai sentimenti di odio verso Napoleone e mettersi a capo di una sempre più convinta e forte Coalizione Antifrancese: così Napoleone iniziò a perdere le sue battaglie: dopo Trafalgar (sulla costa sud-occidentale della Spagna dove il generale Nelson annientò la sua flotta) perse di nuovo in Russia (sconfitto dall’esercito dei cosacchi ma prim’ancora dal generale inverno) ed infine a Lipsia e poi a Waterloo.
Cap. IX LA RESTAURAZIONE Il fenomeno storico-politico della Restaurazione iniziò con l’apertura del Congresso di Vienna, nel 1815: qui si riunirono i capi di governo dei principali Stati reazionari riusciti nell’impresa di aver abbattuto l’impero napoleonico, vale a dire lo zar Alessandro, il Metternich (che rappresentava gli Asburgo ed era il più pericoloso nemico dei principi della Rivoluzione francese), il ministro inglese Castlereagh e il ministro francese Talleyrand inviato dai Borboni per cercare di salvare il salvabile: l’obiettivo del Congresso era quello di ristabilire la pace in Europa, di dar vita ad un sistema internazionale stabile, ma questo, nelle intenzioni dei partecipanti era sinonimo di Reazione, di ripristino, nei singoli Stati europei, dei precedenti governi monarchici, degli assolutismi prerivoluzionari, quindi di ritorno al potere delle precedenti dinastie regnanti (Principio di Legalità). Su iniziativa dello zar Alessandro venne stipulata la cosiddetta Santa Alleanza: una alleanza degli Stati reazionari, utile a mantenere lo status quo negli Stati restaurati, un’alleanza di Stati disposti a soccorrersi militarmente a vicenda nel caso in uno si essi fosse scoppiata una rivoluzione (di ispirazione liberale, giacobina, simile a quella francese) [Principio di Intervento, attuato dagli eserciti della Quadruplice Alleanza], una alleanza fondata su di una sorta di comune fratellanza di ispirazione cristiana, ispirazione ideologica che rinsaldava l’alleanza tra le case regnanti e la Chiesa (Alleanza Trono-Altare): del resto il clero e i Gesuiti erano ideologicamente utili al regime, non predicavano forse l’obbedienza e la sottomissione alle legittime dinastie? Dal Congresso di Vienna uscì la nuova sistemazione politico-geografica dell’Europa, sistemazione che non si preoccuperà minimamente delle aspirazioni di indipendenza nazionale dei vari popoli (Principio di autodeterminazione dei Popoli: diritto di un popolo ad essere sovrano sul proprio territorio, a governarsi da sé, autonomamente): sul trono di Francia tornarono i Borboni (Luigi XVIII); Olanda (protestante, già indipendente dal ‘600) e Belgio (cattolico, non resosi indipendente come l’Olanda) furono uniti in modo innaturale (contro la volontà delle rispettive popolazioni), anzi di proposito, per far sì che si indebolissero a vicenda; la Polonia divenne, contro la volontà della sua popolazione, una provincia della Russia; in Italia alcune Repubbliche napoleoniche vennero abolite e trasformate in Principati sotto gli Asburgo; in Spagna rientrò il sovrano borbonico Ferdinando VII; la Germania dopo la Riforma e la Guerra dei Trent’anni era diventata un mosaico di Stati (i due Regni di Austria e di Prussia) e staterelli (granducati, ducati, principati, baronie, città libere), ora questa situazione di divisione rendeva debole la Germania, quindi fu mantenuta, anzi sancita con l’istituzione di una Confederazione Germanica, governata da una Dieta (dove le decisioni dovevan esser prese all’unanimità, ciò voleva dire bloccare la presa di qualsiasi decisione) sotto la guida dell’imperatore di Austria; ad est, nei Balcani e in Grecia, non fu fatto nulla per migliorare le tragiche condizioni delle popolazioni slave e greche, ancora sottomesse ai Turchi ottomani.
Cap. X IL RISORGIMENTO Risorgimento e Romanticismo A Vienna si incontrarono i capi dei governi europei reazionari, convinti dell’incapacità dei popoli di autogovernarsi, di avere sovranità su loro stessi (Principio dell’Autodeterminazione dei Popoli), cercando cioè di soffocare le aspirazioni nazionali, secondo lo schema del Dispotismo Illuminato, ma era uno schema ormai sorpassato, inadatto ai tempi, maturi per una presa di coscienza: c’eran state due grandi rivoluzioni (quella americana e quella francese) e nulla sarebbe mai più stato come prima; il tentativo di riportare indietro le lancette della storia, di ritornare alle monarchie prerivoluzionarie (la Restaurazione) quindi fallì! I principi della Rivoluzione si era irrimediabilmente radicati nella mentalità delle masse ed il primo di essi era appunto il Diritto di Autodeterminazione dei popoli, il diritto alla sovranità popolare sul proprio territorio, cioè il diritto alla Nazionalità; ben presto, quindi, i vari popoli d’Europa si misero a scavare nel loro passato storico, tra le rovine dell’età feudale, alla ricerca delle radici delle loro stirpi nazionali, della loro originaria civiltà, delle loro tradizioni culturali, in forza delle quali ricostruire la loro identità nazionale, patriottica (Patria = terra dei padri, degli antenati); la prima metà dell’800 fu il periodo delle grandi ricerche storiche e il risultato fu il sorgere di un nuovo sentimento di orgoglio per i propri antenati e per la propria patria: questo coacervo di sentimenti d’orgoglio per il proprio glorioso passato, per la propria particolarità e specificità etnica, per la propria identità civile e culturale (particolarismo in contrasto con l’universalismo della Ragione illuministica e di conseguenza con il suo cosmopolitismo), sfociò nel movimento culturale del Romanticismo. Quindi per un verso il Romanticismo è un movimento di opposizione all’Illuminismo, in quanto ne rifiuta la Ragione universale (omologante e spersonalizzante), per altro verso è una ripresa dei suoi rivoluzionari Ideali Liberali (principio di sovranità popolare, diritto alle varie libertà); in maniera analoga: per un verso il Romanticismo è l’ideologia della Restaurazione (in quanto è un movimento tradizionalista, fa resuscitare le tradizioni culturali e religiose, base dell’alleanza Trono-Altare), per altro verso è un movimento rivoluzionario (perché l’identità culturale di un popolo si fa principio politico di nazionalità, diritto all’autodeterminazione di un popolo sul proprio territorio); quindi, relativamente a quest’ultimo aspetto possiamo dire che il Romanticismo è l’ideologia del Risorgimento. Le Guerre d'Indipendenza I primi fuochi del movimento risorgimentale si accesero in Sud America, nei primi dell’800: le colonie spagnole dell’America Latina erano costrette ad un regime di monopolio con la madrepatria: questo era svantaggioso per le colonie (che non potevano commerciare liberamente con altre nazioni e quindi non potevano emanciparsi e prosperare economicamente); il loro obiettivo divenne quindi di emanciparsi dal dominio spagnolo: scoppiò così la Guerra di Indipendenza del Venezuela (capo della rivolta: Bolivar), a cui seguirono quelle di altri Stati del Sud America; in queste guerre i patrioti furono aiutati sia dagli inglesi (che avevano interesse commerciare con le colonie spagnole in quanto voleva il dominio delle rotte commerciali di tutto il mondo; a loro volta i sudamericani eran favorevoli al libero mercato degli inglesi, che consentiva loro di trattare liberamente, di contrattare i prezzi delle loro merci) che dagli statunitensi (i quali intravedevano la possibilità di estendere il loro dominio
politico ed economico sul Sud America). La Santa Alleanza (a cui non partecipava l’Inghilterra) era pronta ad intervenire, così nel ’23 il presidente degli Stati Uniti Monroe pronunciò la celebre Dottrina Monroe: “l’America agli Americani” vale a dire che l’Europa non aveva il diritto di intervenire negli affari del continente americano. Non fu organizzata nessuna spedizione della Santa Alleanza e il Sud America ottenne l’indipendenza; certo questa indipendenza non era una indipendenza pura, ma limitata, una sorta di sovranità limitata: in altre parole, negli Stati liberati dal dominio spagnolo si instaurarono delle Repubbliche che di democratico avevan ben poco, erano in realtà delle Dittature Militari, i cui governi erano collusi con le grandi corporations statunitensi: queste fornivano finanziamenti ai governi e garantivano l’investimento dei loro capitali nelle miniere, nelle industrie e nelle piantagioni degli Stati del Sud America, in cambio i governi dittatoriali consentivano a queste corporetions lo sfruttamento delle risorse e della manodopera locale (soffocando le rivolte dei contadini e operai sfruttati con le armi). Tentativi di rivolta furono soffocati dalla Santa Alleanza in Spagna, in Italia (rivolte organizzate dai Carbonari, una società segreta di ispirazione repubblicana e liberale, avente come scopo la liberazione dell’Italia del Sud dai Borboni e dell’Italia del Nord dagli Austriaci), in Russia (il Movimento Decabrista contro lo zar); solo in Grecia, i patrioti (dell’Eteria), aiutati da arditi patrioti europei (es. Byron per l’Inghilterra) ma poi anche da un coordinato intervento di potenze (Inghilterra, Russia e Francia, anche perché si trattava di scacciare i musulmani dall’Europa!) riuscirono a liberarsi dai Turchi: nel 1927 nella baia di Navarino la Santa Alleanza incassò la seconda grande sconfitta! Nel ’30 scoppiò una rivoluzione a Parigi, i Borboni furono cacciati e si voleva ritornare a una forma di governo repubblicano; a causa delle già citate incompatibilità religiose scoppiò una rivoluzione anche in Belgio per liberarsi dal governo olandese, rivolta che portò il Belgio all’indipendenza; la Polonia invece non riuscì a liberarsi dei Russi; anche in Italia le rivolte furono sedate dagli austriaci. Dopo la Rivoluzione del ’30 salì al trono Luigi Filippo (figlio del duca di Orleans, che durante la rivoluzione francese era passato dalla parte dei rivoluzionari), ma la Francia era stanca di re (anche se quest’ultimo sembrava essere diverso, perché figlio di un duca giacobino) e la rivoluzione del ’48 spazzò via anche lui: così tutt’Europa fu investita da una nuova ondata rivoluzionaria: in Austria il Metternich fu cacciato, in Ungheria i rivoluzionari di Kossuth furono repressi; in Italia i patrioti furono aiutati da re del Piemonte Carlo Alberto nella Prima Guerra d’Indipendenza ma vennero sconfitti a Custoza e a Novara dal generale austriaco Radetzky; in Germania nacque un grande movimento liberale a favore dell’unità politico-doganale e di un governo rappresentativo (cioè un governo i cui membri eran scelti da un Parlamento) anche se Prussia e Austria continuavano a contendersi la supremazia all’interno della Confederazione; tra le autorità della Confederazione si distinse il Bismarck (uno junker, possidente terriero, che rappresentava la Prussia nella Confederazione), il quale ben presto riuscì a dar attuazione politica alla sua innovativa idea: trasformare la confederazione degli impotenti staterelli tedeschi in uno Stato forte e unito, guidato non più dagli Asburgo ma dai prussiani Hohenzollern; Bismarck capì che non avrebbe realizzato il suo sogno senza muover guerra alla sua rivale: così rafforzò l’esercito e con una scusa (la spartizione di alcuni ducati danesi conquistati assieme all’Austria) le dichiarò guerra, sconfiggendola a Sadowa: in questo modo la Prussia assunse la leadership della Confederazione, l’Austria si rese indipendente dalla Confederazione. Poi, con un’altra scusa (il telegramma di Ems, una manomissione della corrispondenza tra i due sovrani, di Francia e di Germania), Bismarck fece in modo che scoppiasse una guerra anche contro la Francia: nel ’52 la Rivoluzione in Francia era finita e sul trono salì Napoleone III, il quale restaurò l’Impero (Secondo Impero) proclamandosi imperatore “per grazia di Dio e volontà del popolo” (cioè aggiunse al suo potere una connotazione nazionale); Napoleone perse in breve tempo la guerra, perdendo l’Alsazia e la Lorena, cadde il Secondo Impero e si formò la Terza Repubblica e, a Parigi, si diede vita ad un esperimento: la Comune di Parigi, un governo cittadino di tipo rivoluzionario, socialista; intanto a Versailles, nel 1871, il re di Prussia (Guglielmo I) venne proclamato imperatore del Reich Tedesco, del nuovo Stato Germanico. Nel frattempo, nei primi anni ’60, l’Italia riusciva in parte a cacciare gli austriaci (dal Nord) e i Borboni (dal Sud) e a dar vita ad una monarchia unita sotto la bandiera dei Savoia, grazie soprattutto ai tre profeti dell’Unità d’Italia: Mazzini (teorico della Giovine Italia, cioè dell’ideale di una Italia unita, repubblicana e indipendente dallo straniero, da attuare attraverso una rivoluzione armata popolare;
Gioberti, invece, avrebbe voluto una federazione di Stati italiani sotto la presidenza del papa; Cattaneo un federalismo con ampie autonomie comunali, il cosiddetto municipalismo, …) Garibaldi (eroe popolare, mazziniano, capo delle Camice Rosse), entrambi democratico-repubblicani, e Cavour, il ministro della casa Savoia, quindi monarchico, quindi favorevole ad un progetto di unificazione degli Stati italiani sotto la corona sabauda. Lo stratega diplomatico dell’Unità fu Cavour, il quale seppe sfruttare la situazione internazionale per il progetto della futura Italia unita: Napoleone III assieme all’Inghilterra, stava cercando di fermare l’avanzata russa verso i Balcani ancora sotto il Sultano (avanzata pericolosa per l’intera Europa!), nella Guerra di Crimea; Cavour capì che quella era l’occasione buona per inserire l’Italia nel gioco delle potenze europee: accordò il suo aiuto alla Francia, stabilendo così una salda alleanza con la Francia; poi, a guerra finita, provocò sapientemente la guerra contro l’Austria sicuro di avere l’appoggio della Francia: l’esercito francoitaliano sconfisse gli austriaci a Magenta e Solferino: da questo momento iniziò l’annessione del resto d’Italia (ottenuta grazie alle azioni militari dei patrioti, seguite da plebisciti con i quali il popolo esprimeva la decisone di entrare a far parte del Regno di Sardegna: anche l’Italia Meridionale venne liberata dai Borboni con l’impresa dei Mille di Garibaldi; infine, ultimo atto: l’occupazione dello Stato Pontificio). L’Italia, dopo l’Unità sarà governata, in un primo tempo, dalla politica autoritaria ed elitaria della cosiddetta Destra Storica (gli eredi del liberalismo Cavour) e, in un secondo momento dalla politica della Sinistra Storica (De Pretis), una sinistra non socialista ma riformista che darà vita al celebre trasformismo, un sistema di governo in forza del quale si formeranno maggioranze governative sulla base non di comunanze ideologiche ma di accordi di programma, una prassi di governo che di fatto alimenterà il clientelismo ed il sistema delle lobbies (intese non palesi fra classe imprenditoriale e classe politica per sostenersi a vicenda nei rispettivi interessi: voto di scambio: accordare il voto onde ottenere favori da politici e funzionari governativi); negli ultimi decenni del secolo, con Crispi, si ebbe una svolta autoritaria della politica della Sinistra Storica e si fecero sempre più intense le simpatie e l’alleanza con la Germania del Bismarck.
Cap. XI LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Durante le Crociate i borghesi delle città erano riusciti ad accumulare ricchezze con i traffici commerciali tra Occidente e Oriente, rivaleggiando coi nobili e cavalieri medievali, e alla fine assumendo u ruolo primario non solo nell’economia ma anche nella politica delle città; la Rivoluzione Americana e Francese, poi, furono le rivoluzioni del Terzo Stato, cioè della borghesia, quella classe attiva e intraprendente che ora si vedeva riconosciute anche diritto politici e sociali (le libertà propugnate dal Liberalismo e Liberismo); questa nuovo ceto sociale fu artefice quindi di un’altra rivoluzione, la Rivoluzione Industriale, nel momento in cui decise di investire le sue risorse economiche nella costruzione delle fabbriche, luoghi adibiti alla produzione in serie (catena di montaggio, ogni operaio svolge una sola mansione, al contrario del lavoro artigianale in cui il lavoratore segue tutte le fasi della lavorazione del prodotto, dal reperimento della materia prima alla decorazione del prodotto finito), produzione che impiega la forza motrice delle macchine (e questo grazie alle scoperte scientifiche e tecnologiche del fine ‘700 - inizi ‘800: Watt inventa la macchina a vapore, impiegata sia nei trasporti, locomotiva e battelli, sia nelle industrie tessili, il telaio meccanico; Volta la pila elettrica, Faraday la dinamo, Edison la lampadina, Morse il telegrafo, Bell il telefono, Marconi la radio); le città si circondarono di squallidi e miseri suburbi, dove vivevano masse di proletari, operai sfruttati 14 ore al giorno nelle fabbriche; questi cercarono di organizzarsi in associazioni (sindacati) per rivendicare migliori condizioni di lavoro, ma i capitalisti, grazie alle loro ricchezze, erano in grado di esercitare notevoli pressioni sui politici, inducendoli ad approvare leggi che proibivano le associazioni operaie, in nome del Liberalismo e della tutela della “libertà” dell’operaio di poter vendere liberamente sul mercato del lavoro la propria forza lavoro, come se si trattasse di un libero mercato in cui le parti sociali (lavoratore e imprenditore) si regolassero da sè senza l'intromissione dello Stato; la nuova classe imprenditrice chiedeva che lo Stato non si occupasse dell'economia, che questa si regolasse in base ai suoi principi interni (legge della domanda e dell'offerta, valevole non solo per la compravendita delle merci ma anche per la compravendita della forza lavoro), chievano che lo Stato "laissez faire" (lasciasse fare, con le parole del ministro francese delle finanze di Luigi XVI, Turgot); parole ripetute da Smith e dalla sua teoria del Libero Mercato (Liberismo): la ricchezza di una nazione dipende dalla libertà di proprietà, di iniziativa economica e dalla libera concorrenza del mercato. I capitalisti ne trassero immensi guadagni e, in Inghilterra, si attivarano perchè fosse esteso il diritto di voto anche ai quei recenti centri industriali, che non avevano ancora rappresentanza politica: in questo modo (Reform Bill del 1832) gli industriali iniziarono ad assumere potere anche all'interno del Parlamento. La Guerra di Secessione Americana Il primo attacco al disumano sistema di lavoro che imperava in tutto il mondo avvenne in America: la schiavitù era stata introdotta in America dagli spagnoli, all'inizio ai danni delle popolazioni indigene per il lavoro nelle piantagioni e nelle miniere, poi queste furon sostituite dai negri dell'Africa, fisicamente più resistenti; storie di crudeltà incredibili arrivarono sempre più numerose in Europa, qui sosero movimenti abolizionisti della schiavitù: a metà dell'800 la schiavitù venne abolita in Inghilterra, Francia, Portogallo, Olanda, Russia e infine anche negli Stati Uniti: qui infatti la schiavitù risultava essere persino anticostituzionale (la Dichiarazione di Indipendenza aveva infatti fissato il principio che "tutti gli uomini nascono uguali e liberi") ma negli Stati del Sud continuava ad essere la regola per i negri, si diceva che senza gli schiavi negri non sarebbe stato possibile coltivare il cotone; gli Stati del Nord facevano pressioni affinchè la schiavitù fosse abolita anche al Sud e alla fine, con l'elezione a presidente di Lincoln (convinto abolizionista), si venne alla guerra: la Guerra di Secessione Americana: gli Stati del Sud si separarono dall'Unione e seguirono 4 anni di guerra civile tra Stati del Nord abolizionisti e Stati del Sud schiavisti; alla fine vinsero i nordisti e nel 1863 venne proclamata da Lincoln la emancipazione di tutti gli schiavi.
Riformisti e Socialisti In Europa, però, pur essendo la schiavitù abolita, i proletari vivevano in condizioni disperate: di due tipi furono i tentativi politici di risolvere questo problema: quello dei Riformisti, cioè di quegli uomini politici che si battevano per far approvare riforme a favore dei lavoratori (leggi di regolamentazione dei rapporti tra lavoratori e datori di lavoro) senza proporsi l'abbattimento del sistema capitalistico, il quale anzi andava salvaguardato visto che era fonte di benessere, questi furono attivi soprattutto in Inghilterra, dove eran detti Radicali (perchè volevan riforme radicali), e grazie al loro operato e alle riforme approvate grazie ad essi l'Inghilterra potè evitare la devastazione delle rivoluzioni che invece invasero l'Europa continentale; e quello dei Socialisti, i quali non volevano limitarsi a far approvare riforme ma volevano una rivoluzione del sistema politico, economico e sociale, l'abbattimento del sistema capitalistico e la sua sostituzione con un sistema diverso, comunista, basato sull'uguaglianza non solo giuridica (uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge) ma anche economia e sociale dei cittadini: società senza più classi e senza più il potere dello Stato, società basata sull'abolizione della proprietà privata, sulla autogestione dei lavoratori e sulla comunione dei mezzi di produzione; erano queste le idee tanto del socialismo utopistico (Owen, Furier, Blanc...) quanto del socialismo storicodialettico (Marx ed Engels); da qui la nascita del Partito Socialista e della Prima Internazionale Socialista (organo di coordinamento dei partiti socialisti delle varie nazioni, onde realizzare il socialismo su scala mondiale).
Cap. XII LA PRIMA GUERRA MONDIALE
Alla fine dell'800 le potenze europee cessarono di essere solo potenze politiche e divennero anche immense potenze economiche: il costante aumento dell'industrializzazione in Inghilterra, Germania e Francia induceva queste nazioni ad azioni imperialistiche nei confronti di altri continenti: il reperimento di materie prime e la creazione di mercati di sbocco per l'esuberante industrializzazione (i cui prodotti non riuscivano ad essere riassorbiti dal mercato interno) portò queste nazioni ad estendere la loro influenza in Africa ed Asia (il Congresso di Berlino del 1878 sancì la spartizione, quasi geometrica, cioè senza tener conto delle esigenze e volontà delle popolazioni autoctone, delle zone di influenza europea in Africa e Asia), dando vita ad una rivalità internazionale, soprattutto tra le nazioni a maggior sviluppo industriale (Inghilterra e Germania), per assicurarsi il dominio commerciale sui mari. Quindi una delle cause della I Guerra Mondiale fu proprio la Rivalità Inghilterra-Germania; un'altra rivalità molto forte era quella tra Germania e Francia, per motivi territoriali (la Francia aveva infatti perso l'Alsazia e la Lorena); vi era poi l'irrisolta Questione Balcanica: Tanto la Russia quanto l'Austria ambivano ad avere uno sbocco sul mare, ossia nei Balcani; qui la situazione era, anche per altre questioni, esplosiva (tant'è che si può parlare di "polveriera balcanica"): al Congresso di Berlino era stata affidata all'Austria l'amministrazione della Bosnia-Erzegovina, naturalmente contro le aspirazioni nazionali del suo popolo, che invece avrebbe voluto rientare a far parte di uno Stato PanSlavo, assieme ad altre nazioni balcaniche (in testa la Serbia), quindi in Bosnia nacque un forte Movimento Irredentista Serbo (avente come centro organizzativo la Serbia e come obiettivo l'indipendenza dall'Austria ma anche dall'Impero turco, per quelle nazioni ancora sotto l'impero Ottomano): s'accese infatti in Bosnia, a Sarajevo (con l'assassinio dell'arciduca austriaco Franceso Ferdinando, da parte di uno studente irredentista serbo), nel 1914, la prima scintilla che fece scoppiare la Grande Guerra: l'Europa si spaccò in due blocchi contrapposti: gli Imperi Centrali (Germania e Austria) e le potenze dell'Intesa (Inghilterra, Francia e Russia); si aprirono due fronti: quello occidentale (Francia e Inghilterra contro Germania) e quello Orientale (Germania contro Russia), a cui si aggiunse poi quello italiano (Italia contro Austria), quando l'Italia entrò in guerra, passando dalla parte dell'Intesa (prima infatti era nella Triplice Alleanza, con Germania e Austria, per le simpatie nutrite da Crispi nei confronti di Bismarck), nel tentativo di recuperare i territori del nord ancora irredenti. La Rivoluzione Russa Nel '17 in Russia scoppiò la Rivoluzione Bolscevica: l'Armata Rossa di Lenin occupò il Palazzo d'Inverno, abbattè il governo Zarista (presa violenta del potere, attraverso le armi) e lo sostituì con una "dittatura del proletariato" e uno Stato Comunista [nazionalizzazione delle industrie e delle banche, autogestione della produzione, sia agricola (previa distribuzione delle terre ai contadini) che industriale, attraverso i Soviet, consigli dei lavoratori, eliminazione degli avversari politici, quindi sopravvivenza al governo di un unico partito, quello comunista, istituzione di una polizia politica, la Ceka]. La fine della guerra La fine della guerra, conclusasi con la vittoria delle potenze dell'Intesa, fu accelerata dall'intervento (a fianco delle potenze dell'Intesa) degli Stati Uniti: questi volevano impedire che la Germania (già temibile come potenza economica) si impadronisse politicamente dell'intera Europa (divenendo così un temibile avversario), inoltre avevano interessi economici che le potenze dell'Intesa vincessero la guerra: avevano effettuato ingenti prestiti agli Alleati durante la guerra (oltre ad essere i principali esportatori in Europa di prodotti agricoli; l'economia europea era infatti stata in buona parte riconvertita in una "economia bellica") quindi se gli alleati non avessero vinto non avrebbero potuto restituire i prestiti all'America. A guerra conclusa il presidente americano Wilson, onde scongiurare per il futuro ulteriori conflitti, gettò, coi suoi celebri 14 punti, le basi teoriche degli accordi di pace: fra questi l'importantissimo
Principio di Autodeterminazione dei Popoli (che avrebbe tutelato le nazioni da future guerre di invasione), principio base del Diritto Internazionale, e contestualmente l'istituzione della Società delle Nazione (l'antesignana dell'ONU), il primo esperimento di una società sovranazionale incaricata di far valere e rispettare quell'importante principio; tuttavia la debolezza di quest'organo internazionale risiedeva nell'esser percepito dall'Europa come un atto di intromissione americana nella politica di casa propria (tant'è che l'America non vi entra) e nel non disprorre di nessun mezzo coercitivo (per far rispettare i suoi principi) fuorchè quello delle sanzioni economiche. Dagli accordi di pace nacquero nuove nazioni indipendenti: la Polonia, l'Ungheria, la Cecoslovacchia, la Jugoslavia.
Cap. XIII IL PRIMO DOPOGUERRA E LE DITTATURE EUROPEE I Totalitarismi
Visto che, oltre gli USA, nemmeno la Russia partecipò alla Società delle Nazioni, dato che nessuna nazione europea condivideva il modello comunista, l'Europa iniziò ideologicamente a spaccarsi in due rispetto alle due neonate SuperPotenze rimaste al di fuori della Società delle Nazioni: chi a favore degli ideali politici ed economici degli USA (Liberalismo e Liberismo) e chi a favore degli ideali politici ed economici dell'URSS (Dittatura e Comunismo); naturalmente fu solo un accenno di inizio, le potenze europee non si schierarono ancora nei due blocchi contrapposti della Guerra Fredda, ma quel che è certo è che il primo dopoguerra fu l'epoca dei Totalitarismi o delle Dittature [dittatura è un sistema di governo in vengono aboliti i principi democratici (principio della sovranità popolare o della rappresentanza popolare: cioè che il potere di governo sia l'espressione della volontà popolare, manifestata liberamente, senza pressioni, tramite regolari elezioni; e principio della pluralità di governo: cioè che il potere di governo sia rappresentativo, cioè tenga conto, anche delle minoranze e delle opposizioni), i principi repubblicani (divisione e autonomia dei tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario) e quelli liberali (in base al quale esistono inalienabili libertà, o diritti, concernenti la sfera privata, che non ammettono ingerenze da parte dello Stato: libertà di opinione, di espressione, di associazione, di proprietà, di iniziativa economica, di appartenenza etnica e culturale, etc.)]. Lo Stalinismo In Russia dopo Lenin troviamo Stalin: per eguagliare o superare la potenza economica dell'USA Stalin diede vita ai piani economici quinquennali, un progetto di industrializzazione forzata e massiccia, milioni di piccoli proprietari terrieri (a cui era stata distribuita la terra durante la rivoluzione e consentito di coltivarla autonomamente con la Nuova Politica Economica di Lenin) furono espropriati con la forza (massacrati se si opponevano) e costretti a trasformarsi in operai delle industrie di Stato; Stalin divenne il capo unico e induscusso del Partito Comunista e dell'intera politica sovietica, visto che la politica del partito unico aveva preso il posto della prassi democratica (principio della pluralità): tanto gli oppositori quanto gli avversari vennero o reclusi o esiliati o eliminati fisicamente o deportati nei campi di lavoro (gulag); fu l'epoca dello Stalinismo. La Grande Depressione Statunitense L'altra superpotenza, gli USA, con la politica di Harding, diede il via ad una gara sfrenata per sfruttare tutte le forme di impresa economica: sperperi, illegalità, speculazioni e corruzione si diffusero nel paese, nelle alte sfere come in basso; il calderone della Borse di Wall Street continuò a gorgogliare allegramente fino al '29, quando di colpo traboccò spegnendo la fiamma che lo alimentava: in quell'anno infatti crollarono i titoli della Borsa di New York e l'intera economia cadde in una crisi drammatica. Che cos'è la Borsa valori? E' un luogo di contrattazione internazionale (visto che ormai, col telegrafo e col telefono l'economia si era già internazionalizzata) in cui "agenti di cambio" (cioè banchieri che concedono prestiti alle industrie e alle imprese) offrono al miglior offerente, mettono all'asta, "quote di titoli ", cioè parti del prestito (da loro concesso all'imprenditore) per realizzarne guadagni, speculazioni (la quota di un titolo ha un valore variabile: dipende cioè dalla domanda e dell'offerta, la quale a sua volta dipende dall'andamento economico, dai profitti, di quell'impresa: più l'impresa è prospera più i titoli hanno valore; la speculazione si realizza comprando il titolo per poi rivenderlo quando il suo valore è aumentato). Perchè i titoli crollarono? Perchè l'economia statunitense iniziò ad entrare in una fase di recessione: gli USA durante la I Guerra Mondiale era il pincipale esportatore di prodotti agricoli in Europa, ma ora la guerra era finita e le economia europee erano in ripresa e non necessitavano più, come prima, di importazioni. Il Nazismo
La Grande Depressione Statunitense ebbe un effetto domino anche sulle maggiori potenze europee (il disastro fu internazionale in quanto l'economia era divenuta internazionale), in primis sulla Germania: la perdente Germania si diede una Repubblica (Repubblica di Weimar) di ispirazione sia socialdemocratica che liberale (in altre parole non si volevan scontentare nè la classe dei lavoratori, nè la classe dei conservatori junker); ma il tentativo non fu di esito felice, scontentò infatti sia i socialisti più radicali, gli Spartachisti (Luxemburg e Liebneckt), che volevan in Germania una Rivoluzione Comunista sul modello sovietico (movimento che fu represso nel sangue), sia i conservatori nazionalisti (gli junker, che non ne volevan sapere di rivoluzioni socialiste), sia il nuovo Partito Nazionalsocialista o Partito Nazista di Hitler, che raccoglieva i malcontenti ed i rancori della classe media, la piccola e media borghesia, ostile alla politica arrendevole dei socialdemocratici di Weimar, accusati di aver accettato (a Versailles) una resa troppo svantaggiosa (restituzione dell'Alsazia e Lorena alla Francia, occupazione del bacino minerario della Rur, pagamento di ingentissime riparazioni di guerra ai vincitori), una resa di cui ora il popolo stava pagando le conseguenze: una economia al tappeto, una svalutazione alle stelle, disoccupazione, povertà, fame: Hitler promise ai tedeschi una rivincita, una riscossa, il ritorno alla Germania forte, potente e prospera di un tempo: per persuadere la nazione Hitler utilizzò due argomenti: la Germania poteva diventare la dominatrice del mondo in quanto i suoi abitanti erano i discendenti di una razza pura, gli Ariani (un particolare ceppo indoeuropeo), una stirpe eletta, gli antichi dominatori dell'Occidente, razza onesta e laboriosa, che ora avevano bisogno di quello "spazio vitale" loro necessario per far valere la loro superiorità sugli altri popoli; ma il popolo tedesco si stava indebolendo, stava sempre più per essere contaminato dalla vile tempra degli ebrei, razza di astuti speculatori, usurai, i quali divennero il capro espiatorio dell'attuale rovina della Germania, assieme ai comunisti (accusati con il loro egualitarismo sociale ed economico di voler omologare e livellare tutti i popoli, impedendo che l'identità migliore, quella ariana, prevalesse come era giusto che fosse, di voler annullare il Volk germanico, lo Spirito tedesco, l'insieme delle tradizioni, della cultura e della mitologia nordica, di voler impedire che la selezione naturale dei popoli e delle razze facesse il suo corso, in una sorta di darwinismo razziale); alla morte del vecchio presidente Hindenburg, Hitler assunse la carica sia di cancelliere che di presidente, dichiarandosi il fuhrer del nuovo Reich Tedesco: iniziò l'epoca del Nazismo: si sbarazzò di chiunque bloccasse il suo cammino, si alleò con il ceto degli industriali, tradizionalmente conservatori, abolì le libertà democratiche istituite dalla Repubblica di Weimar, varò le leggi razziali (leggi di Norimberga), dando vita ad una lotta senza quartiere contro ebrei e comunisti, procedendo alla loro eliminazione sistematica (molti intellettuali e scienziati ebrei migrarono in altri paesi più liberali, come gli USA: con Einstein se ne andò pure la formula che avrebbe posto la bomba atomica nelle mani dell'America, anzichè della Germania); questo quadro delirante si sarebbe dovuto concludere con l'invasione della Russia. Perchè? La spiegazione ci viene da uno dei principi basilari della geo-politica (quell'impostazione storica che studia le relazioni tra politica e geografia): il continente Eurasiatico (la zona di diffusione degli antichi abitatori del continente, gli Indoeuropei) può essere diviso in un cuore e in un margine, ora, chiunque riesca a dominare il cuore e abbia accesso al mare dominerà il mondo; questo cuore del continente è la Russia (d'altra parte da lì partirono i primi Indoeuropei per poi espandersi in tutto il continente). I contraccolpi sull'Inghilterra Anche l'Inghilterra risentì della crisi internazionale; da tempo l'Impero Britannico non era più l'indiscusso dominatore del mercato internazionale, era stato soppiantato dagli Stati Uniti (fu proprio approfittando della Grande Guerra, che vide impegnate le maggiori potenze europee, che gli USA assunsero la leadersheap dei traffici mondiali); il primo sintomo tangibile della perdita della centralità dell'Inghilterra fu la soppressione del Gold Standard (nel '31): fino a quando la Gran Bretagna fu quella grande potenza mondiale che i suoi avversari conoscevano la sua moneta, la sterlina, fu imposta come moneta di riferimento (l'unica moneta che poteva esser scambiata con l'oro) e tutte le altre monete dovevano regolarsi sul suo valore (valore a cambio fisso), ma quando anche l'Inghilterra entrò in crisi si passò ad un sistema del tutto diverso: il sistema della inconvertibilità della moneta con
l'oro: il valore di una moneta non era più determinato dal suo corrispondere ad una certa quantità di oro bensì dalla domanda e dall'offerta: più una moneta era richiesta più il suo valore aumentava (proprio come accadeva per i meccanismi di borsa), la qual cosa dipendeva dall'andamento degli scambi commerciali, degli investimenti e quindi dall'andamento della produzione economica; sistema istituito dagli USA dopo la Crisi del '29: per superare la crisi gli USA avevano infatti visto fuoriuscire dai propri confini ingenti quantità di oro, quindi per gli USA il Gold Standard non era più un sistema conveniente. Inoltre, altri motivi della crisi inglese: l'India, con il movimento nonviolento indipendentista di Gandhi stava cercando di rendersi autonoma dalla madrepatria; la Palestina, già inglese (l'avevano sottratta ai turchi), nel '17 fu dichiarata "focolare nazionale ebraico" (dichiarazione di Balfour) e l'incremento dell'immigrazione ebraica iniziò ad incontrare sempre più ostilità da parte delle popolazioni arabe (islamiche) che abitavano la Palestina e che si vedevano scacciati dagli Ebrei Sionisti (movimento che si batteva per la costituzione di uno Stato ebraico di Israele). L'Imperialismo Asiatico Nel giro di tre secoli il Giappone da antico Impero medievale divenne una grande potenza industriale: come tutte le grandi potenze industriali la sua politica estera finì per avere una tendenza imperialistica, espansionistica (le ragioni si sono già viste: sovrapproduzione e ricerca di mercati di sbocco, reperimento materie prime, sovrappopolazione e ricerca di colonie di popolamento): l'Imperialismo Asiatico fu sostenuto anche da una religione (lo Scintoismo) che si prestava molto bene allo scopo (una religione per cui l'Imperatore era una sorta di Dio in terra e morire per lui in guerra rappresentava un onore): il Giappone si espanse a danno della Cina (conquistando Formosa e la Corea) e della Russia (conquistando la Manciuria). Il Fascismo In Italia, nel ’21, si era appena concluso il biennio rosso (un periodo di accesi scontri di classe, con insurrezioni, occupazione delle fabbriche e delle campagne; azioni organizzate dai partiti di sinistra: socialisti e comunisti) e Mussolini, un ex socialista, diede vita, con l’appoggio degli industriali e degli agrari (che volevano scongiurare, per il futuro, ogni altro possibile tentativo di rivoluzione) al Partito Fascista (dal nome del "fascio" simbolo di potere dell'Antica Roma Imperiale), inaugurando una dittatura (il Fascismo) che durò 20 anni: una dittatura che abolì le libertà democratiche fondamentali (un es. per tutti: furono introdotti i reati di opinione e il Fascismo divenne l'unico partito legittimo, tutti gli altri eran fuori legge) e le principli prassi repubblicane (un es, per tutti: il Gran Consiglio del Fascismo si sostitì completamente al Governo del Regno); la crisi del '29 non risparmiò l'Italia e Mussolini la affrontò con un sistema economico autarchico (rigido protezionismo, ruolo direttivo del governo nel mondo economico attraverso il sistema corporativo: assenza di libertà di iniziativa economica e di libera contrattazione lavoratori - datori di lavoro); Mussolini intensificò sempre più i rapporti di amicizia e alleanza con Hitler: anche Mussolini volle fare dell'Italia un Impero (come nel periodo del glorioso Impero Romano): i suoi occhi caddero sull'Abissinia (Etiopia), il paese extraeuropeo più povero di difese: l'invasione ebbe luogo e Mussolini proclamò il re d'Italia imperatore d'Etiopia. La Guerra Civile Spagnola e il Franchismo Il segno tangibile dell'alleanza tra il duce e il fuhrer fu l'azione congiunta di Germania e Italia durante la Guerra Civile in Spagna: nel '30, vinse le elezioni il Fronte Popolare (coalizione di partiti di sinistra) e la Spagna diventò una Repubblica Popolare, sbarazzandosi del governo dittatoriale di De Rivera (al quale eran stati affidati pieni poteri da Alfonso XIII di Borbone): tuttavia il fronte opposto dei Nazionalisti, composto dai militari (la Falange del generale Franco) e dai clericali, cercò di riprendere
il potere: si aprì una lunga e sanguinosa guerra civile che durò tre anni e che vide mobilitate la Germania e l'Italia, in aiuto ai Falangisti, e i Russi, in aiuto ai Repubblicani (Francia e Inghilterra non intervennero, in quanto temevano una possibile presenza russa in Spagna; nemmeno gli USA intervennero, anzi vendevano armi ai falangisti); alla fine vinsero i Falangisti, Franco divenne il Caudillo, cioè il dittatore della Spagna: iniziò l'epoca del Franchismo. La guerra civile spagnola fu chiamata la prova generale della Seconda Guerra Mondiale; fu infatti in questo quadro che si delinearono i nuovi schieramenti: si formo l'Asse Roma-Berlino-Tokyo, un Patto anti-Comintern (anticomunista) tra Germania, Italia e Giappone. Il New Deal Cosa provocò negli USA la crisi del '29? Mentre in Europa e in Russia portò alle Ditatture (Fascismo, Nazismo, Franchismo, Comunismo) in America portò, con il presidente Roosevelt, al New Deal, cioè al nuovo corso dell'economia statunitense: riprendendo le idee economiche dell'inglese Keynes, la nuova politica economica americana abbandonava lo sfrenato liberismo del precedente periodo e si faceva carico di una oculata regolamentazione statale del mondo economico; il risultato fu: una serie di riforme economiche [legge antitrust, cioè antimonopoli (un sistema economico è fecondo, cioè assicura profitti per gli imprenditori e prezzi vantaggiosi per i consumatori, solamente grazie alla libera concorrenza, questa però è possibile solo dove non vi sono monopoli), e istituzioni di alcune aziende statali, cioè a conduzione statale] e sociali [una legislazione sociale, cioè a favore dei lavoratori, della tutela sindacale, della salute e dei pensionati... detta anche Welfare State, o Stato del benessere]. Verso la Seconda Guerra Mondiale Ottenuto il saldo controllo della Germania, Hitler, nel '38, procedette all'annessione dell'Austria (Anschluss); poi, con il pretesto di voler rientrare in possesso della regione dei Sudeti (nel quale vivevano 3 milioni di tedeschi), invase la Cecoslovacchia occupando quella regione. Intanto le truppe giapponesi dilagavano su grandi aree della Cina; al comando del generale nazionalista Chiang Kai-Shek l'esercito cinese combattè un'accanita battaglia difensiva. Nel '39 Hitler assicurato del non intervento dell'URSS (stipulando un patto di non aggressione tra Germania e Russia: il patto Ribbentrop-Molotov, un patto che lasciò sbalorditi i comunisti di tutt'Europa e che si spiega solo con l'accordo segreto sotteso al patto stesso: la restituzione alla Germania dei comunisti tedeschi rifugiatisi in Russia nel '33) mosse all'invasione della Polonia; Francia e Inghilterra capirono che Hitler, se avesse continuato così, avrebbe conquistato tutt'Europa, quindi si schierarono dalla parte della Polonia e dichiararono guerra alla Germania: la Seconda Guerra Mondiale era scoppiata.
Cap. XIV LA SECONDA GUERRA MONDIALE La Seconda guerra mondiale si aprì dunque con l'invasione della Polonia, il primo atto del progetto imperialistico di Hitler, il Pangermanesimo: i territori occupati non devavan esser altro che serbatoi di forza lavoro e di materie prime, da sfruttare per il benessere e la prosperità del popolo eletto, quello tedesco, della razza pura, quella ariana. Piegata la Polonia si aprì un fronte in Occidente che vedeva contrapposte la linea Maginot (la linea fortificata francese, obsoleta e inefficace di fronte alla potente aviazione tedesca, la Luftwaffe e la tattica della Blitzkrieg, guerra lampo) alla linea Sigfrido (linea difensiva tedesca); Hitler come primo passo del piano di invasione dell'Inghilterra ordinò di occupare Norvegia e Danimarca, in modo da accerchiare l'Inghilterra ed assicurarsi basi e porti nel Mare del Nord: la Danimarca fu piegata in fretta, la Norvegia resistette; Hitler aggirò la linea Maginot, occupò il Belgio, l'Olanda e il Lussemburgo ed infine la Francia, Parigi fu occupata; iniziarono i borbandamenti sulle città inglesi: Chamberlain venne sostituito da Churchill, l'aviazione britannica (RAF) reagì prontamente e rispose ai bombardamenti; Roosevelt decise il pieno appoggio all'Inghilterra, approvò la legge "affitti e
prestiti", che facilitò le forniture belliche agli alleati, poi si incontrò con Churchill e i due stesero la Carta Atlantica, la quale fissava i punti fondamentali di quella che sarà la carta delle Nazioni Unite (ONU), condannando qualunque forma di guerra di invasione, di espansione territoriale: 26 nazioni sottoscrissero i principi della Carta Atlantica. Gli italiani di Mussolini intanto procedevano a nuove invasioni: nel '39 invase l'Albania, ma in nessuna delle sue mosse successive Mussolini seppe cavarsela da solo e dovette sempre chiedere aiuto a Hitler: nel '40 mossero dalla Libia (loro colonia conquistata nell'epoca giolittiana) verso l'Egitto ma qui vennero respinti dagli inglesi e dovettero chieder aiuto ai tedeschi (generale Rommel); poi mossero dall'Albania alla conquista della Grecia ma anche qui dovettero chiedere aiuto a Hitler; infine gli inglesi riuscirono a cacciare gli italiani persino dalla loro colonia etiopica. Infine Hitler passò all'atto finale: l'operazione Barbarossa: l'invasione dell'URSS: ma a Stalingrado i tedeschi furono fermati, inoltre si imbatterono, come un secolo prima era accaduto a Napoleone, nel miglior alleato della Russia: il generale inverno; infine i Russi avevano trovato un nuovo alleato: gli USA. Questi avevano congelato tutte le proprietà e gli interessi giapponesi in USA (visto che il Giappone era coinvolto a pieno titolo nelle iniziative dell'Asse): il Giappone rispose attaccando , a sorpresa, di notte, la base americana di Pearl Harbor, nelle isole Hawaii. Il Giappone stava realizzando il suo progetto di egemonia asiatica (era già nel nord-est della Cina, aveva conquistato le Filippine, le isole Marianne, le Indie orientali olandesi, l'Indocina francese, la Thailandia e minacciava l'India); gli USA misero tutta la loro potenza industriale al servizio bellico (da li a poco sarebbe uscita dai laboratori americani la micidiale bomba atomica!); gli americani sbarcarono in Nord Africa in soccorso agli inglesi: da qui iniziò la riscossa: dopo la vittoria in Nord Africa gli Alleati sbarcarono in Sicilia e iniziarono a liberare l'Italia dai nazisti e dai fascisti (l'Italia infatti, con Mussolini, non era diventata altro che una provincia della Germania, anzi uno stato cuscinetto della Germania); il Fascismo cadde (Mussolini cercò poi di ricostruire un nuovo Stato fascista a Salò: Repubblica di Salò) e il generale Badoglio firmò l'8 settembre del '43 l'armistizio; iniziò così in Italia la cosiddetta Resistenza o Guerra di Liberazione che vedeva da una parte i fascisti ed i nazisti e dall'altra gli alleati con i Partigiani (partiti di sinistra, liberali e repubblicani) scontrarsi per due anni in una guerra civile senza quartiere. Per allentare la tensione sul fronte orientale Stalin aveva chiesto agli alleati di aprire un nuovo fronte ad occidente: con lo sbarco degli alleati in Normandia (il celebre D-Day) furono accontentati; così fu possibile liberare anche la Francia (la resistenza fu organizzata dal generale populista De Gaulle). A est intanto i sovietici continuavano ad avanzare: l'Armata Rossa entrò in Romania, poi in Ungheria, Cecoslovacchia e Polonia (tutti Stati che divennero Stati satelliti dell'Unione Sovietica, cioè Stati a regime comunista); intanto il maresciallo comunista Tito liberava Jugoslavia e dava vita ad uno Stato comunista sotto il suo regime dittatoriale; infine l'Armata Rossa entrava in Austria e Germania. Nel '45 i "tre grandi" (Roosevelt, Churchill e Stalin) si riunirono a Yalta (in Crimea) per decidere l'attacco finale a Hitler: Hitler ormai accerchiato si suicidò; la Cina di Chiang Kai-Shek riuscì a liberarsi dai giapponesi; gli USA diedero il colpo finale sganciando le due micidiali Bombe Atomiche: una su Hiroshima e l'altra su Nagasaki: la Seconda Guerra Mondiale era finita
Cap. XV IL SECONDO DOPOGUERRA E LA GUERRA FREDDA L'ONU e la Guerra Fredda Nonostante il totale fallimento della Società delle Nazioni durante il primo dopoguerra si decise di dar vita all'ONU, l'Organizzazione delle Nazioni Unite, una organizzazione internazionale permanente grazie alla quale regolare pacificamente (con lo strumento della diplomazia internazionale) le controversie tra gli Stati, onde scongiurare lo scoppio di ulteriori conflitti armati; una organizzazione dotata di una Assemblea Generale (organo decisionale), di un Consiglio di Sicurezza (organo esecutivo), di una Corte internazionale di Giustizia (organo giudiziario) e di una forza militare (i "caschi blu"); a Norimberga venne istituito un tribunale per il processo dei capi nazisti accusati di "crimini di guerra e crimini contro l'umanità"; Per sviluppare la propria economia gli USA avevano bisogno di nazioni con cui commerciare, perciò avviarono un piano di aiuti finanziari rivolto soprattutto (ma non esclusivamente) agli Alleati che avevano beneficiato dell'intervento americano durante la Resistenza: il Piano Marshall: tale piano era una forma molto sottile di ricatto: gli USA avrebbero concesso aiuti finanziari alle nazioni appena uscite dalla guerra (fondi utili alla Ricostruzione) in cambio di una certa "fedeltà" politica: che il governo di quegli Stati non fosse un
governo di Sinistra, filosovietico [questo fece delle Nazioni beneficiarie del Piano delle "Nazioni a sovranità limitata": il caso dell'Italia è emblematico: per quanto l'elettorato potesse essere a maggioranza di sinistra, i servizi segreti italiani, di concerto con quelli americani, misero sempre in atto strategie volte ad impedire al paese di dotarsi di un governo di sinistra: la "strategia della tensione" è una di quelle: creare un clima di disordine, tensione e addirittura terrore (attraverso bombe e stragi) per giustificare l’emergenza di un governo autoritario, di destra]. Al Congresso di Bretton Woods, negli USA, vennero creati il Fondo Monetario Internazionale, per regolare i meccanismi finanziari internazionali, e la Banca Mondiale, la quale aveva la funzione di concedere prestiti per la ricostruzione postbellica [questi prestiti eran e sono però concessi a determinate condizioni: ad es. che le economie dei paesi beneficiari fossero di stampo liberista, il che voleva e vuole dire: disponibilità ad accettare investimenti delle multinazionali statunitensi, vantaggiose politiche fiscali per le multinazionali, assenza di norme sulla salvaguardia dell'ambiente e della salute dei cittadini, assenza di norme per la tutela sindacale e contro lo sfruttamento... e dunque politiche nazionali solidali a queste condizioni; da qui il problema di nazioni "a sovranità limitata" e del prevalere degli interessi economici su quelli politici e sociali]. Le nazioni che rientrarono nell'orbita statunitense si organizzarono in una organizzazione militare internazionale in funzione antisovietica e anticomunista: la NATO (Organizzazione del Trattato NordAtlantico) [in cui rientravano, oltre gli USA, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Danimarca, Norvagia, Francia, Gran Bretagna, Germania dell'Ovest, Italia, Irlanda, Grecia, Turchia. Quanto ai paesi balcanici essi entrarono sempre più nell'orbita dell'Unione Sovietica, alle direttive di Stalin [anche questi paesi, naturalmente, eran paesi a sovranità limitata, anzi governati da vere e proprie dittature di tipo comunista], tranne la Jugoslavia di Tito, che, pur essendo comunista, si mantenne indipendente dall'URSS; alla NATO i paesi sovietici e filosovietici contrapposero una analoga organizzazione militare internazionale: il Patto di Varsavia [in cui rientravano, oltre all'URSS, Albania, Bulgaria, Ungheria, Romania, Cecoslovacchia, Polonia, Germania dell'Est]. Si aprì così l'epoca della Guerra Fredda, ossia della contrapposizione tra le due superpotenze e i loro alleati (paesi satelliti), tra due sistemi politici ed economici (Liberalismo, Liberismo, Capitalismo Privato americano da un lato, Totalitarismo, Comunismo, Capitalismo di Stato dall'altro), tra due forze militari (NATO e Patto di Varsavia) e tra due arsenali, entrambi dotati di bombe atomiche. La Guerra contro il comune nemico nazista aveva temporaneamente messo tra parentesi le rivalità tra i due sistemi politico-economici, anzi USA e URSS erano finiti per allearsi; ma ora che il nemico non c'era più rivalità riesplosero (un po' come accadde ad Atene e Sparta). La Guerra Fredda fu un'epoca dai vari e tristi capitoli che coinvolse l'Europa e il mondo intero in una serie interminabile di tensioni e di guerre. La divisione della Germania La Germania venne divisa in due: una Repubblica Federale a Ovest (FDR), filooccidentale, e una Repubblica Democratica a Est (DDR), filosovietica; a Berlino i sovietici eressero un muro che la divideva in una parte Est, filosovietica, e in una parte Ovest, filoamericana, un muro che divenne il simbolo della Guerra Fredda. Mentre i tedeschi dell'Ovest, con gli aiuti americani, riuscirono nel miracolo di ricostruire in breve un paese devastato e raggiungere un livello di benessere uguale a quello degli altri paesi europei, le condizioni di vita dei cittadini della Germania dell'Est erano assai più misere: il paese, rientrando nel sistema comunista, non era potuto decollare economicamente come nell'Ovest. L'Europa dell'Est e la Russia Le differenze di condizioni di vita, a loro volta riflesso di sistemi economici e politici differenti, garanzia nell'Occidente di ripresa e di benessere, nell'Est di arretratezza e di oppressione, furono le scintille che portarono, negli anni '50, nei paesi dell'Est europeo allo scoppio di rivolte popolari anticomuniste e antisovietiche: rivolte contro i governi fantoccio (cioè non eletti democraticamente
dal popolo ma imposti da Mosca) scoppiarono nella Germania dell'Est, in Polonia, in Ungheria (tutte represse nel sangue dall'Armata Rossa sovietica); queste rivolte, sebbene fallite, mostrarono il grado di insofferenza vissuto dai paesi satelliti dell'URSS. In URSS dopo Stalin, nel '55, Chruscev si allontanò dalla "linea dura" di Stalin, abbandonò la rigidità e l'inflessibilità del precedente regime dittatoriale, ridusse le spese per gli armamenti, cercando di accrescere la produzione di beni di consumo, infine cercò di migliorare le relazioni diplomatiche con l'Occidente e tesse i primi accordi diplomatici per la limitazioni delle armi nucleari tra USA e URSS; con il suo successore, Breznev, che rimase in carica fino all'81, invece, vi fu un ritorno indietro: dissidenti e oppositori del regime vennero di nuovo perseguitati; nel '79 l'Armata Rossa sovietica intervenne in Afganistan per reprimere la rivolta anticomunista al regime filosovietico (rivolta dei musulmani mujaidin); poi fu la volta della Polonia, dove l'Armata Rossa represse il movimento Solidarnosc (il suo leader era Walesa), un movimento politico-sindacale che voleva un socialismo dal volto più umano, ciò rispettoso delle libertà democratiche (e non dittatoriale come quello sovietico). La Decolonizzazione Gli anni '50 furono anche gli anni della Decolonizzazione dell'Africa; per alcuni di questi paesi (come nelle ex colonie britanniche) il processo di indipendenza nazionale significò la transizione da governi coloniali a governi a partecipazione popolare, in altri, invece, la corruzione continuava (un po' come in America Latina) a mantenere in vita dittature militari che si facevano strumento politico degli interessi economici delle potenze Occidentali (soprattutto per lo sfruttamento delle materie prime) più che di quelli delle popolazioni locali: questo bloccò il processo non solo di emancipazione politica dell'Africa ma anche di ripresa economica; l'Africa continuerà ad essere Terzo Mondo (serbatorio di risorse per i paesi dell'Occidente industrializzato); infatti USA, URSS vennero incontro ai paesi del terzo mondo con programmi di aiuto e di sviluppo, ma naturalmente si trattava di un'arma a doppio taglio: aiuti in cambio dell'entrare a far parte delle rispettive zone di influenza (nella logica della Guerra Fredda). In Oriente si ebbe una larga diffusione dell'influenza sovietica, soprattutto in quei paesi che eran state colonie delle potenze occidentali: nell'ansia di liberarsi dal giogo dell'Occidente, dal suo sistema di sfruttamento economico e di cattività politica (le potenze coloniali infatti non si accontentavano di imporre monopoli commerciali a questi paesi ma li privavano pure della libertà politica, con pressanti ingerenze politiche), salutarono i sovietici come loro liberatori e quindi vennero attraversati da insurrezioni e rivolte di stampo comunista. Un es. per tutti: quello della Cina (vedi oltre). L'India ottenuta l'indipendenza dalla Gran Bretagna dovette affrontare un ulteriore conflitto interno: quello dei musulmani pakistani che volevano costituire uno Stato Pakistano indipendente dall'India hinduista: dopo sanguinose lotte lo ottennero. La Cina di Mao La guerra contro il Giappone aveva messo temporaneamente tra parentesi le rivalità interne tra Nazionalisti e Comunisti, che riemersero subito dopo la liberazione: i Comunisti di Mao Tse-Tung, nel '45, spalleggiati dai sovietici abbatterono il governo reazionario e dittatoriale dei Nazionalisti di Chiang Kai-Shek. Con Mao iniziò un periodo di collettivizzazione forzata ancora più radicale di quella di Stalin; mentre la Rivoluzione Russa istituì un comunismo operaio, industriale, quella Cinese istituì un comunismo contadino, agrario, una rivoluzione non solo economica e politica ma anche culturale, la quale aveva come fondamenti l'antioccidentalismo e la diffusione delle idee comuniste (il celebre "libretto rosso" di Mao), la qual cosa si sposò con l'eliminazione sistematica di tutti i dissidenti del regime: la Cina stava diventando con Mao la terza grande potenza (dopo USA e URSS), e stava quindi contendendo alla Russia la guida dei paesi comunisti, quindi i rapporti tra i due iniziarono sempre più ad incrinarsi, soprattutto quando la Cina, con il "grande balzo in avanti", impegnò tutte le sue risorse in un rapido processo di industrializzazione. Nel '76, alla morte di Mao, salì al potere
Deng Xiao-Ping: la Cina abbandonò il modello rigidamente comunista e concesse maggiore libertà di iniziativa economica sia nel settore industriale che in quello agricolo, inoltre migliorarono i rapporti con gli USA e l'URSS Il Giappone In estremo Oriente il Giappone fece passi da gigante verso la ricostruzione e l'espansione economica attraverso la cooperazione con l'Occidente: il Giappone si trasformò in uno dei tre poli del capitalismo mondiale, assieme ad Europa Occidentale e USA. Così la posizione degli USA nell'economia mondiale cambiò: le industrie automobilistiche e dell'elettronica vacillarono di fronte alla spietata concorrenza dei prodotti giapponesi e tedeschi, spesso tecnologicamente superiori e di prezzo inferiore. Il Maccartismo, la Guerra in Corea e quella in Vietnam In USA, negli anni '50, la propaganda e l'ideologia anticomunista aveva raggiunto livelli da vera e propria "caccia alle streghe": era il fenomeno del cosiddetto Maccartismo. Eisenhower, con la sua politica del contenimento comunista, finalizzata a bloccare la diffusione del comunismo, fece sapere che gli USA eran disposti ad intervenire in Asia contro la presenza sovietica (è la cosiddetta Dottrina Eisenhower). Altro capitolo della Guerra Fredda fu la Guerra in Corea: la Corea era stata divisa in una Repubblica popolare del Nord, filosovietica e occupata dall'URSS, e in una Repubblica del Sud, filooccidentale, occupata dagli USA: la rivalità tra le due Repubbliche scoppiò, nel '50, in una guerra tra nordcoreani e sudcoreani che mobilitò i due schieramenti internazionali (da una parte gli USA e l'Europa e dall'altra l'URSS e la Cina) e fu uno dei tanti capitoli della guerra fredda; la stessa cosa avvenne con la Guerra in Vietnam: a metà degli anni '50 il Vietnam era stato diviso in due: Vietnam del Nord, filocomunista presieduto da Ho Chi Minh e un Vietnam del Sud, filoamericano presieduto da Dinh Diem: nel '59 l'America impedì lo svolgersi delle elezioni che avrebbero potuto portare a un Vietnam unito, così iniziò la guerra tra i guerriglieri comunisti del nord (vietcong) e i marines americani; nel '70 la guerra si estese anche alla Cambogia, dove i vietcong avevano trovato rifugio; alla fine vinsero i vietcong e nel '75 tutto il Vietnam era in mano ai comunisti. Anche gli USA, come l'URSS, hanno pesanti responsabilità nelle vicende degli altri Stati: nel '73 un colpo di stato militare in Cile (voluto dalla CIA, i servizi segreti statunitensi) rovesciò il governo socialista di Allende, democraticamente eletto, sostituiendolo con la dittatura militare di Pinochet; in America Latina anche altre dittature militari erano appoggiate dagli USA: in Argentina, in Brasile, in Guatemala, in Salvador, in Nicaragua; ma anche in Asia: nelle Filippine e in Corea. La Questione Palestinese La Questione Palestinese si faceva sempre più spinosa: i Sionisti insistevano per formare uno Stato indipendente ebraico, la Lega Araba (lega dei paesi arabi) minacciava di opporsi con le armi a questo tentativo; nel '48 l'ONU proclamò la nascita dello Stato ebraico di Israele: la guerra con gli arabi scoppiò immediatamente e gli ebrei, forti degli aiuti americani, ebbero subito la meglio e consolidarono le loro posizioni (le usurpazioni precedenti); ora molti arabi palestinesi nati nelle terre poi occupati da Israele, vivevano da profughi, da rifugiati in Libano o in Cisgiordania; questi rifugiati ora complottavano per distruggere Israele e ritornare nelle loro terre occupate; le stesse nazioni arabe del Medio Oriente e del Nord Africa si rifiutavano di riconoscere il nuovo Stato Ebraico, anche loro volevano distruggerlo e l'Egitto di Nasser assunse il ruolo di paese guida del mondo arabo (dal '52 al '70): l'URSS appoggiò gli arabi, gli USA appoggiarono Israele:la posta in gioco erano i giacimenti petroliferi della penisola araba e del Nord Africa, il controllo del Canale di Suez e il
dominio militare nel bacino del Mediterraneo. L'appoggio militare americano dato a Israele nella guerra del Kippur (giorno della festività ebraica), nel '73 (guerra vinta dagli israeliani), indusse i paesi arabi, come strumento di guerra nel conflitto arabo-israeliano, a decretare l'embargo petrolifero (cioè il blocco delle vendite del petrolio all'Occidente): i prezzi di tutti i derivati del petrolio andarono alle stelle, mettendo in crisi l'economia occidentale; il petrolio fece del Kuwait un paese straricco e gli arabi divennero grandi proprietari immobiliari in Occidente. Tre milioni di profughi palestinesi formarono un popolo senza terra che vivevano sparsi nei territori arabi vicini oppure nei campi profughi del Libano o della Cisgiordania: in questa situazione disperata acquistò sempre più forza l'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina, il cui leader era ed è Arafat) che colpì Israele con l'arma del terrorismo; i terroristi dell'OLP attaccavano gli israeliani, Israele rispondeva bombardando Beirut o massacrando innocenti nei campi profughi in Palestina (massacro di Sabra e Chatila) Il Fondamentalismo Islamico Nel '79, in Iran lo scià di Persia (mantenuto al trono grazie agli aiuti americani) venne rovesciato da una rivoluzione che portò al potere l'ayatollah Khomeini, il leader religioso che fondò uno stato islamico fondamentalista (un regime dittatoriale di tipo teocratico), che nutriva un odio implacabile per l'America e gli americani. L'Italia e l'Unione Europea L'Italia nel '46 indisse un referendum popolare e si trasformò in una Repubblica; accettando gli aiuti al Piano Marshall rientrò nell'orbita statunitense, nella NATO, insomma nel sistema internazionale anticomunista; negli anni '70 l'Italia fu attraversata da un'ondata di terrorismo di estrema sinistra (Brigate Rosse) e di estrema destra; il primo voleva l'abbattimento del capitalismo, il secondo, invece, di concerto con i servizi segreti italiani e americani (e più in generale della NATO), cercavano, con stragi efferate, di impedire nel paese una svolta a sinistra ("strategia della tensione": la strategia consisteva infatti nell'attribuire alla sinistra la responsabilità delle stragi creando così un clima di emergenza che giustificasse una svolta autoritaria del governo, un governo di destra; un esempio per tutti: la bomba a di Milano, a p.zza Fontana del ’69, è stato provato che è opera della CIA!). Intanto, nel '50, nasceva il Consiglio d'Europa, il primo abbozzo della futura Unione Europea; così nel '58 nasceva la Comunità Economica Europea (CEE), una organizzazione sovranazionale per lo sviluppo delle attività economiche, con l'eliminazione delle tariffe doganali tra i paesi membri, il libero movimento dei capitali e del lavoro e l'auspicio (nei progetti dei suoi ideatori, il francese Schuman e l'italiano De Gasperi) di una futura unione anche politica e di difesa (per rendersi autonomi dalla dipendenza USA). Nel '75 in Spagna moriva il dittatore Franco e re Juan Carlos favorì la transizione pacifica alla democrazia; la stessa cosa accadde in Grecia, che a metà degli anni '70 riuscì a liberarsi della dittatura militare di destra di Papadopulos (voluta dagli USA per tutelare le loro basi militari in quel paese strategico); in Irlanda del Nord si intensificò la lotta terroristica dell'IRA, l'Esercito repubblicano irlandese, cattolico, per cacciare i protestanti inglesi dal Nord
Cap. XVI LA FINE DELLA GUERRA FREDDA Il crollo dei Sistemi Comunisti La Guerra fredda finì quando il sistema comunista, tanto in URSS quanto nei paesi satelliti, crollò; due sono le cause fondamentali: il sistema economico comunista non riusciva a garantire lo stesso benessere offerto dal sistema liberista occidentale e non riusciva a garantire quelle libertà democratiche essenziali (libertà di pensiero, di espressione, di partecipazione politica, di iniziativa economica) che l'Occidente aveva da tempo riconosciuto come essenziali alla dignità dei popoli. A metà degli anni '80 in Unione Sovietica la crisi economica interna si aggravava: l'economia sovietica, economia comunista (cioè pianificata dal partito), era infatti indirizzata ad incrementare l'apparato militare (in competizione con quello degli USA) più che a favorire la produzione dei beni di consumo; Gorbaciov, diventato segretario del partito, annunciò il suo programma di governo: la Perestrojka, un progetto di ristrutturazione dell'economia sovietica per renderla più produttiva e per garantire una certa distribuzione dei beni di consumo, dando maggior libertà alla proprietà privata, favorendo gli investimenti dei capitali occidentali in URSS, rivendicando un maggiore pluralismo democratico all'interno della politica sovietica e allentando lo stretto nodo della censura, insomma correggendo le storture della dittatura comunista con una sapiente apertura al liberismo e al liberalismo; così verso la fine degli anni '80 un po' in tutta l'URSS, negli Stati baltici (Lituania, Estonia, Lettonia), in quelli a sud (Ucraina, Georgia, Armenia), e negli Stati dell'Europa dell'Est, l'opposizione democratica prese coraggio, chiedendo riforme democratiche e liberali e a volte (negli
Stati baltici e in quelli del sud dell'URSS) unendosi ai gruppi nazionalisti, che volevan l'indipendenza dall'URSS; Gorbaciov fece sapere che l'URSS non sarebbe intervenuta per reprimere questi movimenti, quindi gli Stati dell'Est si allontanarono, l'uno dopo l'altro dal comunismo, abbattendo i rispettivi regimi: nell'88 l'Ungheria, nell'89 la Polonia e la Germania dell'Est, dove fu abbattuto il celebre Muro di Berlino, nel '90 libere elezioni si espressero per la riunificazione delle due Germanie; poi fu la volta della Cecoslovacchia, della Bulgaria, della Romania e dell'Albania; la Lituania si dichiarò indipendente dall'URSS e a lei seguì l'indipendenza di altre ex Repubbliche sovietiche. Il collasso improvviso dei regimi comunisti dell'Europa dell'Est accellerò le richieste di cambiamento in URSS: per la prima volta furono ammessi al Congresso dei deputati partiti anche non comunisti (in segno di apertura al pluralismo democratico), Gorbaciov fu esiliato a seguito di un tentato golpe di conservatori, ma la sua linea fu proseguita dal riformista Eltsin, con il quale l'URSS si aprì all'economia del libero mercato: la cosa fu alquanto dolorosa perchè con la liberalizzazione del mercato sia interno che esterno i costi dei beni di prima necessità triplicarono (sia per la fine del controllo dei prezzi da parte dello Stato che per la concorrenza dei prodotti stranieri); inoltre l'indebolimento dell'autorità dello Stato (inevitabile in uno Stato liberale, "negativo" appunto) lasciò spazio ad una ondata di grande e piccola criminalità. Con la fine del comunismo, inoltre, riesplosero le rivalità tra i vari popoli e gruppi etnici, primi costretti a vivere in forzata armonia dall'autorità repressiva dello Stato: questo divenne tragicamente evidente in Jugoslavia, dove serbi, croati e bosniaci formavano i tre principali gruppi etnici, ognuno con la propria religione (ortodossa, cattolica e musulmana): i Serbi dominavano la Federazione Jugoslava, controllando i poteri fondamentali e l'esercito, e quando la Slovenia dichiarò l'indipendenza, e dopo di lei la Croazia e la Bosnia, scoppiò una feroce guerra civile, in cui la pulizia etnica e il genocidio furono la regola.
Le ripercussioni internazionali Il crollo dei sistemi comunisti ebbe ripercussioni anche in Italia: i partiti del centrosinistra al potere, prima balurado contro il "pericolo" comunista in Italia, persero le protezioni e le immunità di cui avevano fino ad ora goduto: una inchiesta giudiziaria mise a nudo una fitta rete di corruzione tra mondo politico e mondo imprenditoriale (Tangentopoli) spazzando via un'intera classe politica. Anche la Cina di Deng si era aperta al libero mercato, ma sul fronte delle libertà politiche ben poco era cambiato dai tempi di Mao; così nell'89, a Pechino, si delineò un nutrito movimento popolare che chiedeva riforme in senso democratico e liberale: un milione di persone scese in piazza, fu ripristinata la legge marziale e i carri armati dell'esercito, in P.zza Tienanmen represse con la violenza la protesta. Il solo paese comunista che sopravvisse, al di fuori dell'Asia, fu Cuba, in mano a Castro: gli USA da anni praticavano uno spietato embargo (anche di farmaci e di altri generi di prima necessità) nei confronti dell'isola, nel tentativo di favorire un rovesciamento del regime di Castro; con la Caduta dell'URSS comunista Cuba si trovò privata anche degli aiuti sovietici. In Argentina, Cile, Paraguay si riuscirono ad abbattere le dittature militari di destra, volute dagli USA, e si avviò un processo di democratizzazione; l'opposto avvenne in Nicaragua, dove i contras di destra, finanziati dagli USA, scatenarono la guerra civile contro i sandinisti comunisti al governo (Ortega), e a Panama, dove gli USA rovesciarono il governo del narcotrafficante Noriega favorendo la nascita di un governo di loro gradimento. Nell'80 si aprì tra Iran e Iraq una guerra durata 8 anni per la supremazia in Medio Oriente; la lunga guerra contro l'Iran di Khomeini aveva portato l'Iraq di Saddam Hussein sull'orlo del fallimento; per impossessarsi degli importanti giacimenti petroliferi, che avrebbero risollevato la sua economia, Saddam invase il Kuwait; gli USA, dietro delibera dell'ONU, intervenne con bombardamenti e con uno spietato embargo (simile a quello cubano).
Nel '92 12 paesi europei firmarono il trattato di Maastricht, per la pianificazione e il coordinamento economico degli Stati membri della Unione Europea (UE) e per l'istituzione di una nuova ed unica moneta europea (l'euro). Di fronte alla sfida economica dell'Unione Europea il Congresso degli USA votò il NAFTA, l'accordo per il libero scambio tra USA, Canada e Messico, con il proposito, per il futuro di estenderlo a tutto il mondo, in modo da sancire ed estendere al mondo intero il principio del libero mercato, ossia la deregulation del mercato (ossia l'abolizione delle norme legislative e dei controlli delle autorità pubbliche sulle aziende private e sui loro investimenti); per perseguire tale obiettivo venne istituito il WTO, l'organizzazione mondiale del libero commercio, una organizzazione sovranazionale che ha il potere di condizionare le politiche nazionali dei singoli Stati col ricatto dell'estromettere quel paese dal "gioco" dell'economia globale [un espropriazione di fatto delle varie sovranità politiche ed economiche dei paesi ed una supremazia dell'economia sulla politica]
Settanta secoli di storia 5000 a.C. - 2000 d.C.