Sistema Carcerario In Italia

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SISTEMA CARCERARIO IN ITALIA. Da sempre gli uomini hanno affrontato il grande problema del se e del come controllare, punire e correggere gli individui, o i gruppi, che si pongono in contrasto con i valori e i modelli di comportamento dominanti. Il sistema carcerario,o prigione,è proprio il luogo dove vengono trattenuti individui del genere,privati della libertà personale in quanto riconosciuti colpevoli di reati per i quali è prevista una pena. Eventi come il suicidio di Diana Blefari,la morte di Stefano Cucchi e la registrazione che arriva dal carcere di Teramo in cui il comandante delle guardie da istruzioni su come picchiare i detenuti,nel giro di pochi giorni hanno attirato l’attenzione dell’opinione pubblica sulle carceri italiane. Le carceri, in Italia sono suddivise in quattro categorie: le case di reclusione, con detenuti condannati in via definitiva o a più di cinque anni, le case circondariali, per i detenuti in attesa di giudizio, gli istituti per le misure di sicurezza e le case mandamentali, con detenuti a bassa pericolosità. Le condizioni di vita delle carceri italiane,come sappiamo,sono regolamentate da una legge del 1975:

« Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona. Il trattamento é improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose. Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari. I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome. Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva. Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.

»

Da tempo però il sistema penitenziario non assume più i compiti che la Costituzione gli affida, poiché presenta, strutture ai limiti dell'invivibilità per le pessime condizioni igienico-sanitarie, celle sovraffollate anche in rapporto ai recenti ingressi immigratori,all’interno delle quali si continua a morire tra l’indifferenza generale. Stando alle varie ricerche,nelle carceri italiane,dove convivono in una sola cella numerose persone con a disposizione un unico bagno e un unico tavolo,la maggior parte dei detenuti non ha una doccia ,non ha acqua calda, non può accendere direttamente le luci dall'interno della propria cella in quanto gli interruttori sono all'esterno. In poche parole si vive in condizioni molto precarie e spesso si assistono a vere e proprie forme di maltrattamento e violenze. Infatti per quanto riguarda la morte

di Stefano Cucchi,il padre ha affermato che già dopo il primo giorno d’arresto,in sede d’udienza il figlio. presentava diversi lividi. Troppi detenuti, pochi agenti ed ecco che sale il numero dei suicidi. Quest’ultimi avvengono proprio nelle carceri più affollate e nei periodi iniziali della pena,quando l’individuo deve confrontarsi con la prospettiva del tempo vuoto da trascorrere rinchiuso,e nei periodi finali quando l’individuo,ormai dipendente da questa istituzione in cui ha vissuto per anni e anni,nel momento in cui si apre la porta del carcere,si apre solo verso il nulla poiché è stato privato nel tempo di relazioni,famiglia e tante altre cose e il più delle volte,dopo anni di detenzione,i detenuti ormai cambiati non hanno più speranze di rifarsi una vita e di reinserirsi nella società. E’ giusto che i detenuti vengano trattati cosi? Come dice l’illuminista Cesare Beccaria un uomo è in carcere perché ha violato il patto che esiste tra lo Stato ed ogni singolo uomo. Nonostante ciò però hanno tutto il diritto di essere considerati come singole persone e il loro trattamento deve essere dignitoso. Ma come abbiamo già detto precedentemente,ciò nella maggior parte dei casi non avviene e quindi i diritti individuali del detenuto,quelli alla vita,alla salute e alla dignità non sempre vengono tutelati. Dallo studio del suicidio in carcere emergono due opposte prospettive per valutare questo complesso fenomeno : ✔ Quella sociologica,che fa riferimento a fattori esogeni : si mettono in evidenzia gli aspetti ambientali. In questo caso il suicidio sarebbe da addebitare alle pessime condizioni ambientale della vita in carcere,indipendentemente dalla natura dell’individuo,dalle sue capacità cognitive e dalle abilità di adattamento. Lo stesso Durkheim sosteneva che il suicidio fosse un fenomeno connesso a situazioni extra soggettive riguardanti la società e i suoi ambiente. Esistono quindi dei fattori sociali che esercitano un influenza determinante e quindi anche per Durkheim la forza che determina il suicidio non è psicologica bensì sociale. ✔ Quella medica che fa riferimento a fattori endogeni : il suicidio è inteso come la conseguenza di una patologia individuale,legata esclusivamente alla natura del detenuto. Attualmente però i due approcci non sono più così opposti. Il punto di vista delle ricerche mediche sul suicidio in carcere sta mutando. Pur mantenendo ferma la concentrazione sull'effetto patologico del problema, tuttavia emerge, sempre con maggior insistenza, la correlazione tra patologia e fattori ambientali. Le teorie mediche partono dall'esame dell'individuo per risalire a quello dell'ambiente. Nelle teorie sociologiche si parte dallo studio dell'ambiente dell'istituzione totale, per arrivare alla conclusione che, per quanto difficili possano essere le condizioni in carcere non tutti i detenuti reagiscono allo stesso modo. Quindi se l'osservazione sociologica come quella realizzata negli studi durkheimiani, è essenziale per comprendere l’ambiente in cui si verifica il problema, tuttavia non è

sufficiente per arrivare al fondo della comprensione del suicidio in carcere, che prima di essere un fenomeno sociale è un comportamento umano. Proprio per questo,molti studiosi ritengono che il suicidio in carcere sia un’ulteriore forma di devianza. A questo proposito ricordiamo Merton : i concetti che egli esprime si prestano bene ad essere utilizzati per descrivere il fenomeno del suicidio carcerario come particolare forma di devianza. Per lui l'individuo in questo modo scarica il carico di aggressività accumulata per la frustrazione derivante dalla inadeguatezza della struttura sociale in cui si trova e per non poter, con mezzi leciti, perseguire le aspirazioni di successo. Una soluzione per tutto questo? Molti sostengono che sia necessario il colloquio,attraverso il quale si giunge ad ottenere un esame completo di personalità dei detenuti ,ed una diagnosi che porta a previsioni sui rischi di atti che potrebbe compiere il soggetto.

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