Le vicende biografiche di san Benedetto si possono in gran parte ricavare dai Dialoghi scritti da papa Gregorio Magno alla fine del secolo VI, durante l’invasione dei longobardi. Separando i fatti veri da quelli immaginari, è possibile dire che Benedetto nacque a Norcia, nell’Umbria meridionale, intorno al 490; dopo aver interrotto gli studi classici per dedicarsi completamente a Dio, cominciò una vita solitaria. La sua fama gli procurò i primi discepoli, con i quali fondò a Subiaco dodici piccole comunità monastiche. Costretto ad abbandonare Subiaco, Benedetto andò più a sud, fondando nel 529 un’altra comunità a Montecassino, dove mori intorno al 560. Nell’abbazia di Montecassino, durante gli ultimi trent’anni della sua vita, Benedetto elaborò la sua Regola, che si rifà tanto alle Sacre Scritture quanto alle correnti ascetiche della Chiesa primitiva. A quei tempi ogni monastero aveva la sua regola. lasciata dal fondatore, che aveva cercato di adattare le norme della vita monastica a un luogo e a un’epoca ben determinati. Nel prologo della sua Regola, Benedetto insiste sul carattere spirituale della scelta del novizio: il monastero è una scuola al servizio di Dio, dove il monaco è guidato dall’abate nella pratica delle virtù cristiane, tra le quali ricoprono un posto principale l’obbedienza, il silenzio e l’umiltà. La parte successiva tratta della vita del monaco entro la comunità: l’ufficio divino, la preghiera, la penitenza, il lavoro quotidiano e le diverse responsabilità. L’accento è posto non tanto sui compiti del monaco, quanto sul modo di eseguirli; le occupazioni pratiche hanno meno importanza del miglioramento spirituale dei monaci. Viene comunque sottolineata l’importanza del lavoro manuale, artigiano e agricolo; il motto benedettino era infatti Ora et labora («Prega e lavora»). Gli ultimi capitoli della Regola sono stati probabilmente aggiunti in un momento successivo: dopo aver insistito, nella prima parte, sui rapporti verticali fra il monaco e l’abate (il superiore del monaco), Benedetto pone l’accento sui legami tra i singoli monaci. La vita cenobitica assume una chiara dimensione comunitaria: l’abate diventa, più che un maestro, un padre spirituale; con lui, il monaco può instaurare un dialogo sincero, quando è messo di fronte alle difficoltà di seguire il precetto dell’obbedienza. Oltre all’umiltà, l’accento è posto sulla virtù della carità, in un chiaro richiamo al messaggio evangelico: quello che, secondo san Benedetto, vivifica la vita personale e comunitaria dei monaci è proprio il fuoco della carità. Nel 581 il monastero di Montecassino fu distrutto da Zotone, il duca longobardo di Spoleto, ma gli insegnamenti di san Benedetto non andarono perduti: i suoi monaci, rifugiatisi a Roma, diffusero la Regola negli altri monasteri dell’Occidente. Le qualità del metodico insegnamento benedettino, fatto di discrezione, equilibrio e misura, si imposero sui modelli precedenti, grazie anche alla fama del santo, accresciuta dall’opera letteraria di papa Gregorio Magno. Nel secolo vili i monaci ritornarono a Montecassino, dando nuova vita all’abbazia; nell’817 la Regola divenne la norma esclusiva di condotta per tutti i monasteri carolingi. STORIA • PERSONAGGI
San Benedetto da Norcia e la sua Regola monastica