Rivoltella 2003 Parte 2

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COSTRUTTIVISMO E PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE ON L/NE

e sostenute dalle pratiche d'uso. Invece la situazione è più complessa. Infatti ci si accorge, ad esempio, che la rappresentazione di tipo salvifico di Internet come agente di trasformazione in grado di imprimere una svolta decisiva alla nostra storia è condivisa anche dagli utilizzatori regolari della Rete;4 allo stesso modo è un utilizzatore regolare che alla domanda relativa alla attendibilità dei giornali e della televisione come agenti di informazione circa la Rete risponde: l/Secondo me sì, perche spiegano passo passo, magari aiutandoti con delle immagini, i procedimenti per usare Internet. Mi sembrano molto utili". I media «spiegano passo passo» l'uso di Internet, forniscono cioè agli utenti dei discorsi di accompagnamento, delle regole d'uso, dei protocolli di comportamento. Come in una gigantesca funzione di paratesto il sistema dei media suggerisce (prescrive?) ai soggetti i criteri in base ai quali accostarsi a Internet, disegna degli scenari mentali, prepara il terreno per una ben precisa ricezione sociale del significato della tecnologia. Gli usi reali, dunque, mentre evidenziano la dipendenza delle rappresentazioni di Internet dai discorsi dei media, non ne restano del tutto esenti. Questo significa che questi discorsi contribuiscono in maniera consistente e profonda alla costruzione dell'immagine sociale della Rete e alla definizione dei suoi frame di consumo. Si tratta di capire come.

L 'affermazione

sociale dei media e delle tecnologie

Un modello molto convincente per spiegare come nell ' attuale società della comunicazione si costruisca il significato della realtà si può ottenere incrociando l'analisi sociologica con la riflessione filosofica e, in particolare, la fondazione epistemologica delle scienze umane e sociali. Sul primo versante è possibile collocare la ricerca di chi, come Philippe Breton, lavora da tempo sul funzionamento simbolico (e ideologico) del tema della «società della comunicazione», sottolineando come esso, più che descrivere una situazione di fatto, si proponga come quadro interpretativo che predispone l'instaurarsi di uno stato di cose: la «società della comunicazione» esiste soprattutto nei discorsi che anche i media contribuiscono ad alimentare su di essa e alla fine diviene realtà proprio nella misura in cui questi discorsi sanno «far passare» la percezione della sua ineluttabilità. Lo stesso rapporto tra la realtà e le sue interpretazioni sociali sta alla base del lavoro di chi, in una prospettiva filosofica, rileva il protagonismo delle scienze 4 Un ragazzo di seconda media, frequente utilizzatore di Internet, dice: «È un sistema che permette alle persone d'informarsi e aggiornarsi ad esempio su awenimenti e decisioni importanti che cambier~nnn il h.tI,rn"

MITOLOGIEDELlA RETE

')1

umane e sociali in questa stessa società. fino a sostenere che esse sono parte integrante della realtà. che descrivono: come dire che non ci sarebbe la «società. della comunicazione» senza le scienze che contribuiscono a definirla proprio come tale. Il trait d'union dei due orizzonti, quello della sociologia e della filosofia, va probabilmente cercato nel carattere di costruzione simbolica che essi consentono di cogliere alla base del lavoro sia dei media che delle scienze umane e sociali. Procediamo con ordine.

La comunicazione

in quanto

valore

sociale

In un libro tra i più interessanti degli ultimi anni, il sociologo francese Philippe Breton (1992) sviluppa un percorso di archeologia delle idee andando a cercare da dove nasca il tema oggi tanto diffuso della comunicazione. L'ipotesi di Breton, ridotta in sintesi estrema,5 è che ci si trovi di fronte a una vera e propria utopia sociale che nasce dal fallimento di quella che in precedenza aveva orientato 10 sviluppo dell'umanità, cioè l'utopia del progresso generata dall'llluminismo e poi fissata dalla cultura del Positivismo. Quell'utopia, che traduceva in programma sociale una fiducia incrollabile nella razionalità tecnoscientifica, vive il proprio rovesciamento dialettico e la propria crisi definitiva ne11942, che Breton ritiene I'annus crucis della storia novecentesca. In quell'anno la tecnoscienza si trasforma nel suo contrario, la razionalità mostra il volto della barbarie: l'opzione dei nazisti per la soluzione finale, la messa a punto dell'atomica nei laboratori di ricerca dell'esercito americano, la decisione di autorizzare i bombardamenti a tappeto sulla popolazione civile da parte degli alleati indicano che il risultato del progresso non è 10 smithiano «massimo di felicità per il maggior numero», ma il rischio concreto dell'autoannientamento. In questa situazione di forte preoccupazione per i destini dell'umanità, viene introdotto il tema della comunicazione. Lo fa, secondo Breton, Norbert Wiener, il cui modello cibernetico viene messo a punto formalmente in un saggio che esce proprio nel 1942 (Behavior, Purpose and Telelogy) e definitivamente fissato in Cybernetics, de11948. Nella prospettiva di Wiener, segnata dalla convinzione di poter studiare qualsiasi fenomeno come un sistema di relazioni, è possibile delineare una ben precisa idea di uomo, di società e di sistema politico. L'«uomo nuovo» di Wiener si costruisce attorno a due convinzioni: Ogni essere che comunica a un certo livello di complessità è degno di vedersiriconoscerela dignità di esseresociale.Inoltre, non è il corpo biologico che fonda tale esistenza,bensìla natura «informazionale»dell'esserein questioPer un'analisi più approfondita

e circostanziata del discorso di Breton. si veda Rivoltella 1200lrl\

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ne. In un certo senso con la comunicazione non ci sono più «esseri umani», bensì «esseri sociali», interamente definiti dalle loro capacità di comunicare socialmente. (Breton, 1992, p. 45)

Un'antropologia, dunque, quella di Wiener, che ridisegna la natura dell'uomo da essere individuale a essere sociale e ne ripensa la struttura non più su basi biologiche ma relazionali: «L'uomo wieneriano»è interamente definito in termini di comportamento di scambio di informazione, non ha interiorità e si trova potenzialmente in diretta concorrenza con altri esseri, dai quali rischia di essere sconfitto sul terreno della complessità. (Breton, 1992, p. 47) Questa concezione di un uomo «senza interiorità» , la cui essenza diventa superficie, configura un'idea di società non più basata sui temi del controllo o del potere ma della trasparenza e della comunicazione: Tutti, nessunoescluso,fanno parte della societàdella comunicazione,dato che la sua forza dipende proprio dalla capacità di liberare le energie comunicative che sono al suo interno. Dal fatto di comunicare, dal semplice fatto di comunicare il più attivamente possibile verrà la liberazione della società, almeno dal rischio di sprofondare immediatamente in un grande naufragio antropico. (Breton, 1992, p. 52) Proprio perche l'informazione è ciò che definisce l'uomo nella sua relazione con i suoi simili, una società della comunicazione dovrebbe essere, secondo Wiener, una società in cui non vi è più copertura, sotterfugio, sofisticazione della verità, ma tutto è portato ad evidenza, alla luce del sole. Un fatto che non manca di produrre conseguenze anche sul piano politico: La società della comunicazione, interamente costituita da reti di informazione, appare così politicamente autorego1ata;Sotto questo aspetto richiama alcuni tratti delle teorie anarchiche dell'Ottocento. È infatti presente la stessa preoccupazionedi organizzarela vita in piccole comunità, lo stessorisentimentOverso lo Stato e ogni forma gerarchicadi organizzazionedel potere, la stessa critica del potere come modalità di interazione tra gli uomini, lo stessopacifismo. (Breton, 1992, p. 54) Si capisce allora quale relazione accomuni la crisi della tecnoscienza con l'affermazione del paradigma cibemetico. Alla metà degli anni Quaranta si assiste all'avvicendarsi di due grandi utopie sociali. Quella tecnoscientifica, costruita sulla convinzione che la possibilità dell'uomo di disporre della natura per rispondere alle proprie esigenze gli dischiudesse infiniti margini di progresso e di benessere, va in crisi, o meglio, mostra il proprio vero volto di distopia, di proQram-

MiTOLOGIE DELLA RETE

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ma di inconsapevole autodistruzione di massa; proprio per cercare di neutralizzare i suoi esiti negativi, le si sostituisce una nuova utopia, quella della comunicazione, che attraverso le idee programmatiche della trasparenza e della relazione prova a costruire un futuro in cui al conflitto si sostituisca la cooperazione. L' elemento di questa analisi interessante ai fini del nostro discorso è il rapporto che essa istituisce tra l'uomo e la tecnologia. AI modello secondo il quale la tecnologia produce degli effetti sull'uomo modificandone in profondità le strutture di pensiero e di comportamento, subentra un modello per cui è l'uomo a preparare I'awento e l'affermazione sociale della tecnologia: nel primo caso si può parlare di una «società della comunicazione» solo come conseguenza del dominio dei media e in particolare del computer; nel secondo, invece, è facile far vedere che la larga diffusione di questi media dipende proprio dalla consapevolezza dell'uomo di voler {dover?) costruire una società della comunicazione.6 Con questo si arriva a un primo punto fermo della nostra analisi: la diffusione del computer, di Internet, delle reti telematiche, non va considerata {solo) come una necessità che si impone dall'esterno, ma {anche) come un valore sociale che lo stesso sistema socio-economico-politico, ma anche culturale, intende promuovere e imporre {o scongiurare e rimuovere).

La

diffusione

sociale

del

valore

Se si cercano le modalità attraverso le quali il valore sociale della tecnologia (nel nostro caso la rete Internet) si afferma, sempre seguendo Breton nella sua analisi si possono individuare due grandi versanti sui quali questo processo prende corpo: il primo opera la valorizzazione della tecnologia in maniera per così dire

6 Sullo sfondo delle due prospettive è facile cogliere i termini della dialettica molto animata che ruota attorno al tema del determinismo tecnologico. Alcuni autori, come Jacques Ellul o Derrick de Kerkhove, sulla scorta delle tesi mcluhaniane circa il carattere protesico dei mezzi di comunicazione rispetto ai nostri sensi, si sono spinti a configurare un paradigma di ricerca in cui il rapporto tra l'uomo e le tecnologie pare determinato unidirezionalmente. Ne è una chiara esemplificazione proprio la teoria del brainframe di de Kerkhove (1991; 1995a) secondo la quale la scrittura, come la televisione, "setterebbero» i quadri mentali degli individui producendo un certo tipo di assetto cognitivo: basato sull'astrazione e sul nesso causale per la scrittura, sull'analogia e l'associazione di immagini per la televisione. Diversi autori hanno sottolineato come questo modello di spiegazione rischi di ridurre fino a eliminarlo 10spazio che altri fattori del contesto sociale esercitano sulla genesi della cultura facendo della tecnologia l'unica protagonista di questo cambiamento. Occorre tuttavia evitare di scivolare nel determinismo opposto, di marca sociologica, in base al quale tutto si risolve negli usi individuali e sociali della tecnologia fino a negare che essa in qualche maniera possa retroagire sull'individuo. La posizione più corretta al riguardo, forse, è quella che pensa tecnologia, individuo e società secondo una relazione sistemica di codeterminazione complessa (Rivoltella, 1998; Feenberg, 1999; Longo, 2001; Richy, 2003).

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esplicita e diretta, «alla luce del sole»; il secondo, invece, attraverso un percorso implicito, che si iscrive nel corpo della tecnologia stessa. Iniziamo a occuparci proprio di quest'ultimo; torneremo al primo nel prossimo paragrafo. Dire che la stessa tecnologia reca in se le condizioni della propria investitura di valore dal punto di vista sociale significa sostenere che, in qualche modo, essa porta iscritta nella sua stessa struttura tecnologica la possibilità di essere destinata a un certo tipo di finalità. Questa affermazione non è priva di conseguenze sul piano teorico. Infatti il sapere comune (ma in larga parte anche la letteratura scientifica) tende di solito a impostare il rapporto tra tecnologia e valore sostenendo la tesi della neutralità dell'una rispetto all'altro: lo strumento, in quanto strumento, è privo di valore; sarebbero gli usi a determinare la declinazione assiomatica di questa neutralità, sia in senso positivo che in senso negativo. Per trasferire questo modo di pensare al nostro problema, nel caso di Internet non si potrebbe parlare di una tecnologia buona o cattiva di per se: farne uno strumento di dominio e di esclusione o di apertura democratica, una trappola della finzione e dell'inganno o il luogo della relazione autentica dipenderebbe solo dagli usi che i soggetti, di volta in volta, scelgono di farne. La ricerca recente ha ben evidenziato come questa prospettiva di analisi vada rovesciata e occorra pensare alla tecnologia come a qualcosa che accompagna e traduce in opera l'intenzione e la finalità: come dice Galimberti (1999), rifacendosi alle analisi di Arnold Gehlen, il rapporto tra l'uomo e la tecnica è organico e strutturale, poiche essa costituisce la condizione ineludibile per poter sopperire all'istinto di cui la natura non l'ha dotato.7 Quindi non esiste tecnologia neutra: la tecnologia porta iscritto in se il proprio programma d'uso, risente di una progettazione ad essa antecedente, materializza finalità che l'uomo mette a fuoco prima ancora che la tecnologia venga sviluppata. 1115 settembre de11863, sul Press di Canterbury , Samuel Butler, celandosi sotto lo pseudonimo di «Lunaticus» scrive:

7 Galimberti propone una rilettura del mito di Prometeo che consente di capire cosa si intende quando si attribuisce alla tecnica la funzione di surrogare la mancanza dell'istinto, Il dono di Prometeo agli uomini -il fuoco -dopo che Epimeteo aveva distribuito tra le altre specie animali tutti i doni messi a sua disposizione dagli dei, ha esattamente questo significato: fornire all'uomo non una dotazione istintuale che ne favorisca l'adattamento all'ambiente, ma la capacità di modificare l'ambiente in modo tale che possa rispondere alle sue esigenze (infatti Galimberti opportunamente nota che parlare di adattamento a proposito dell'uomo è inappropriato: l'uomo non si adatta, ma trasforma l'ambiente perche gli possa risultare ospitale; si tratta di adattamento culturale più che naturale), In sostanza la definizione aristotelica (uomo = animale + razionale) andrebbe rivista modificandone la struttura in termini sottrattivi più che additivi (uomo = animale -istinto). La tecnica è proprio ciò che consente all'uomo di colmare il gap, di vincere l'handicap strutturale costituito dalla mancanza della ~~+~'.;'.'n" ;"tintuale.

MITOLOGIEDELLARETE

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Potremo dire che è stato fatto un considerevole progresso in materia di sviluppo delle macchine quando tutti gli uomini, in ogni luogo, senza perdite di tempo, potranno venire a conoscenza tramite i loro sensi di tutto quello che desiderano conoscere di altri luoghi, a poco prezzo, così che I'allevatore dell'interno potrà sapere che la sua lana è stata venduta a Londra e trattare lui stesso con il compratore; potrà starsene seduto sulla sua sedia in una capanna a sentire l'esecuzione dell'IsraeJe in Egitto alla Exter Hall; potrà gustare sul Rakaia un gelato che ha pagato e ricevuto al teatro dell'Opera italiana del Covent Garden. Potete moltiplicare gli esempi ad Jibitum: ecco il grandioso annullamento di tempo e spazio che tutti desideriamo, e che in piccola parte abbiamo potuto vedere realizzato dawero. (Dvson. 1997. 00.70-71)

Lo scrittore non sta descrivendo la realtà del Web, ma disegna lo scenario che gli viene suggerito dalla posa del primo cavo telegrafico: il villaggio globale, come utopia sorretta dallo sviluppo dei sistemi di comunicazione, anticipa almeno di un secolo McLuhan e I'awento di Internet. Nell'analisi di Breton l'affermazione sociale di una tecnologia avviene in tre passaggi: 1. anzitutto essa viene introdotta, inventata; 2. proliferano i «discorsi di accompagnamento» usando i quali essa viene legittimata e viene indicato l'uso che ne dovrà essere fatto; 3. dopo che è stata sovraccaricata di significato, la tecnologia viene lasciata agire. Possiamo provare a verificare queste tre tappe usando I' esempio di Internet. L'introduzione de[[a tecno[ogia di Internet passa attraverso tre fasi (Berretti e Zambardino, 1995). La prima è quella in cui la rete Internet viene sviluppata in ambito militare, come sistema per la messa in sicurezza delle comunicazioni. Nel 1973 Vinton Cerf definisce il protocollo TCP /IP; due anni dopo la DARPA (Defence Aduanced Research Project Agency) consegna al Dipartimento della Difesa la rete Arpanet. Si tratta di una piccola rete, con un centinaio di nodi, che collega le basi americane sul territorio statunitense e all'estero. Negli anni Ottanta la Rete conosce la sua seconda fase di messa a punto, quella in cui da tecnologia militare si traduce in strumento a disposizione della comunità scientifica per la ricerca e la didattica. Nel 1981 nasce BitNet (Because Ir's rime NErwork), la prima comunità di ricercatori che si possa dire dipendente dalla Rete per le proprie comunicazioni; nel 1986, la Nationa[ Science Foundation vara il programma NsfNet, destinato a garantire una infrastruttura di rete al sistema della ricerca americano. L'anno dopo si assiste al passaggio alla terza fase, quella in cui Internet esce dal chiuso dei laboratori scientifici e si propone come strumento di comunicazione

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di larga diffusione. La transizione è guidata da due fatti almeno: ne11988, la M CI, industria leader nel campo delle telecomunicazioni, propone all'agenzia federale americana di interconnettere il proprio sistema di posta elettronica con la Rete (questo significava affermare il principio in base al quale l'aumento dell'interconnettività tra le reti è un vantaggio per tutti coloro che sono connessi, indipendentemente da «chi paga per cosa»); l'anno dopo, presso il CERN di Ginevra, lo scienziato inglese Tim Berners-Lee sancisce la nascita del World Wide Web, introducendo un sistema in grado di organizzare in forma ipertestuale i materiali circolanti in Internet. Queste tre fasi scandiscono l'invenzione di Internet e ne favoriscono l'affermazione sociale. Tale affermazione, però, non sarebbe possibile se -come suggerisce Breton -non fosse accompagnata da discorsi che ne descrivono le possibilità d'uso. Ne11970, ad Austin, nel Texas, Douglas Engelbart (1970) uno dei padri di Arpanet -interviene alla Interdisciplinary Conference on Multi-Access Computer Networks. Il suo intervento esemplifica in maniera straordinaria cosa si intenda quando ci si riferisce a un «discorso di accompagnamento» della tecnologia. lo penso che le istituzioni di domani potranno (dovranno)adattarsimeglio alloro ambiente e saranno molto più capaci di prowedere per ciascuno un completo stile di vita. Questi cambiamenti richiedono un incremento significativo nella capacità delle istituzioni di sviluppare, sostenere e integrare il potenziale intellettivo degli individui e delle organizzazioni. Dal mio punto di vista, questa abilità dipenderà direttamente dalle applicazioni avanzatedi computer interattivi e di reti di computer multi-utente. Ma è soprattutto la condizione seguentead essererealmente decisivain questo scenariodi «implicazioni»;implementare fino in fondo questatecnologia richiederà allo stesso tempo un intenso sviluppo dei nostri più complessi e sofisticati sistemi di concetti, convenzioni, metodi, abilità, forme organizzative,attitudini e valori. È tempo, e ne abbiamo gli strumenti, di sviluppare per i nostri «organismi sociali»un sistema nervoso migliore. Quando Engelbart scrive (il passo riportato è il summary del suo articolo) la rete Internet è ancora lontana non tanto dalla diffusione assolutamente capillare di oggi (almeno nel mondo occidentale evoluto) ma anche solo dalla possibilità di uscire dalla semiclandestinità dei laboratori militari. Eppure nelle parole dello studioso dello Stanford Research Institute si colgono già in maniera nitida alcuni dei temi con cui oggi abbiamo ormai acquisito dimestichezza e che sono entrati decisamente a far parte del vocabolario della Rete. In particolare emergono chiaramente due indicazioni: innanzi tutto l'associazione di Internet (Engelbart parla di «reti di computer multi-utente») con lo sviluppo delle possibilità intellettive dei singoli e delle organizzazioni, un tema che è stato lanciato e reso familiare più

MITOLOGIEDELLARETE

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di vent'anni dopo dalle riflessioni di Levy (1994a e b) e di de Kerckhove (1995a) sull'intelligenza collettiva (o connettiva); in secondo luogo l'individuazione dello stretto rapporto esistente tra la conoscenza e la tecnologia sia in relazione alla vita degli individui che delle organizzazioni, una sollecitazione che lungo il decennio scorso ha portato alla produzione di una serie di espressioni anch ' esse entrate nell'uso, su tutte quella della «knowledge society». Ma il passo di Engelbart è interessante per un'altra ragione. La metafora che egli vi adotta per descrivere il sistema sociale è quella di un organismo. Di per se l'immagine non è nuova: già Platone nella Repubblica aveva istituito un paragone tra le funzioni della città (governo, difesa, lavoro) e le diverse anime dell'uomo (concupiscibile, irascibile, razionale); in maniera più consapevole e coerente, secoli dopo, Hobbes nel De cive adotta il paradigma corporeista per sviluppare la sua dottrina dello stato; la metafora organica è infine fatta propria da Spencer che anticipa Darwin nella costruzione del paradigma evoluzionista e che però lo vede applicabile in prima istanza nella spiegazione dello sviluppo della società. La novità introdotta da Engelbart (1970) è che nella sua riflessione le reti di calcolatori funzionano da vero e proprio sistema nervoso di questo organismo. Voglio che si fissi nella vostra mente l'immagine di un organismo biologico dotato di formidabili capacità all'interno dell'ambiente in cui si è evoluto, ma che non riesce a sostenere la competizione che un' evoluzione continua ha portato dentro quello stessoambiente. Le organizzazioni umane possono essere paragonate a un organismo biologico e trovo molto utile prendere in considerazioneuna simile analogia. Anche le organizzazionievolvono; le loro mutazioni si verificano di continuo e di continuo vengono monitorate perche da essedipende la loro stessasopravvivenza nel proprio ambiente. Ora, capita che io awerta che l'evoluzione dei loro ambienti oggi sta incominciando a minacciare le organizzazioni,grandi e piccole -trovandole seriamente deficienti nella struttura del loro «sistema nervoso»-e che il livello di coordinamento, percezione, adattamento razionale, ecc. che apparirà nella prossimagenerazionedelleorganizzazioniumane porterà all'estinzione quelle attuali con i loro «goffi sistemi nervosi».[...] Proprio in queste funzioni da «sistemanervoso»,all'interno delle organizzazioni umane, io trovo le implicazioni più significative che, dal punto di vista intellettuale, le prossime reti di computer multi-utente potranno apportare. L'analisi di Engelbart è molto chiara. Nella misura in cui la complessità crescente del nostro ambiente non consente più al «sistema nervoso» delle nostre organizzazioni (stato, azienda, ecc.) di garantirne l'adattamento, si rende necessario introdurre dei correttivi che consentano di far fronte al problema. Questi correttivi trovano nelle reti di computer una applicazione perfettamente rispondente. In questo si coglie all'opera quello che Breton chiama un «discorso di

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COSTRUTTIVISMO E PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE ON L/NE

accompagnamento»: il suo obiettivo «è quello di guidare chiaramente l'uso che verrà fatto delle nuove tecnologie e di indicare il senso che dovrà essere loro assegnato» (Breton, 1992, p. 95). Nel discorso di Engelbart il senso di Internet sta nel fatto di costituire la condizione indispensabile per la sopravvivenza dei sistemi organizzativi oggi; l'uso che ne viene previsto è insieme conoscitivo e comunicativo, sistema di potenziamento della conoscenza e insieme di ottimizzazione del sistema delle relazioni di cui la società consiste. A questo punto 10sviluppo della tecnologia e la diffusione del suo uso sociale fanno il resto: il programma che Internet reca iscritto nel suo DNA tecnologico e che è stato enunciato nei discorsi di accompagnamento di chi come Engelbart ha assistito alla sua nascita passa negli utenti e si incarna nelle loro pratiche rinforzandosi con l'uso.8

Media

e costruzione

sociale

della

Rete

Come abbiamo già ricordato, l'affermazione del valore sociale della tecnologia non awiene solo a partire dalla funzionalità iscritta in essa e dalle indicazioni d'uso che la accompagnano. In questo processo un ruolo consistente viene giocato anche dalla produzione discorsiva che studiosi e osservatori più o meno specializzati organizzano attorno alla tecnologia stessa, favorendone la socializzazione. Queste produzioni discorsive si possono suddividere in due grandi ambiti: quello dei media e della letteratura, nel senso ampio del termine, e quello delle scienze umane e sociali (pedagogia, sociologia, psicologia) che della tecnologia, per ragioni diverse, fanno uno dei propri spazi di ricerca e riflessione. Per quanto riguarda i media e la letteratura, documentare il loro rapporto con la nascita e 10 sviluppo di Internet è abbastanza facile. La letteratura fantascientifica trova in William Gibson, con il suo Neuromancer (1984), di sicuro uno dei principali profeti del futuro di Internet. Lo scrittore americano prepara il terreno alla nascita del movimento Cyber che proprio della Rete fa il suo credo. Intervistato da Franco Forte, Gibson dice: «Nei miei romanzi penso principalmente al mondo che descrivo come a un tipo di riflesso impressionista della società contemporanea» (Gibson, 1993, p. 299). E subito dopo dimostra di cogliere perfettamente la funzione sociale del genere fantascientifico: ,
MITOLOGIEDELLARETE

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giorni, strumenti necessari per ogni profonda ricerca della realtà contemporanea. Il nostro mondo, ormai, è diventato fantascienza» (Gibson, 1993, p. 299). Come si intuisce (e la riprova può venire dall'analisi dei romanzi di Asimov, ad esempio) il rapporto che lega la fantascienza con il futuro che essa descrive è più forte di quanto si possa pensare e si deve leggere nel segno della anticipazione ma anche della costruzione di orizzonti di attesa, di quadri di aspettativa, di protocolli d'uso: in sostanza, i discorsi della fantascienza assomigliano molto ai «discorsi di accompagnamento» di cui parlavamo nel paragrafo precedente, discorsi che determinano le modalità attraverso le quali la società può appropriarsi della tecnologia (di Internet, nel nostro caso) e gli individui possono farne uso. Lo stesso tipo di scenario (e la stessa funzione sociale) si può ritrovare nella letteratura divulgativa. Si pensi a un altro libro che come Neuromancer è presto divenuto di culto perii popolo del Web: I surfisti di internet, diJ.C. Hertz(1995). Si tratta di un «diario di bordo» in cui l'autrice (poi divenuta redattrice di Wired, all'epoca studentessa ad Harvard), annota le sue esperienze nella Rete, in particolare all'interno delle IRC e dei MUD, cioè di quegli ambienti in cui meglio che in altri la dimensione virtuale di Internet può essere sperimentata. Il tema della Rete come luogo «altro», come «mondo parallelo»,9 e insieme come spazio di libertà espressiva e di simulazione, trova proprio nella giornalista americana una delle sue più autorevoli sponsor: Sosto all'incrocio tra un sentiero bagnato e uno asciutto e mi fermo un attimo. Guardo i miei mocassinizuppi, e comincio a pensarea questacosache sorvola tutto il mondo, lungo le linee telefoniche, tutto il giorno e tutta la notte. È proprio sotto al nostro naso, eppure è invisibile. È come Narnia, Magritte, o Star Trek, un intero maledetto mondo. Eccetto che non esistefisicamente. È semplicemente la coscienza collettiva di tutti quelli che ne fanno parte. (Hertz, 1995, p. 8) Anche il cinema e la televisione partecipano a questo lavoro di legittimazione e insieme di predisposizione all'uso di Internet. Nel caso del cinemalo può trattarsi dell'analisi di temi che parallelamente la letteratura scientifica ha evidenziato, come quelli del rapporto tra identità reale e identità virtuale nella comunicazione telematica (C'è post@ per te, di Nora Ephron), del rapporto tra relazioni reali e virtuali (Hello Denise, di HaI Salwen), della evanescenza del corpo in Internet (The Net, di Irwin Winkler); oppure, soprattutto nel genere fantasy o nel thriller, dell'anticipazione di scenari futuribili in cui le paure relative a Internet si 9 La concettualizzazione

«geografica» di internet come «luogo» viene discussa analiticamente

capitolo 2. 10Si vedano Iannicelli, 2001 e Rivoltella, 2002.

nel

30

COSTRUTT/VISMO E PRAGMATlCA DELLA COMUNICAZIONE ON L/NE

materializzano: succede in Nirvana (di Gabriele Salvatores), dove il personaggio di un videogioco chiede a un giocatore di cancellarlo dal programma per eliminare la sua condizione di schiavo, o in Matrix (di Andy e Larry Wachowski), in cui il problema del rapporto tra realtà «reale»e simulazione (tipico dei discorsi sulla rete Internet) diventa 10 spunto per riproporre un tema classico del cinema di fantascienza e cioè quello del rischio futuro di una società dominata dalle macchine. Quanto alla televisione sarà sufficiente, per restare alla situazione del nostro paese, citare il caso di un programma come Mediamente, che nasce come format televisivo di seconda serata e si trasforma gradualmente in un osservatorio multimediale sullo sviluppo della multimedialità e delle tecnologie di rete. La formula è interessante e offre spunti per capire in profondità quanto stiamo argomentando circa la funzione che i discorsi degli altri media esercitano in relazione alla diffusione e alle abitudini di consumo della rete Internet. Mediamente nasce, in termini televisivi, per contiguità da Mister Fantasy,ll cioè da un programma musicale che all'inizio degli anni Ottanta si prefigge l'obiettivo di parlare di musica ai giovani con il linguaggio dei giovani. Il perseguimento di quest' obiettivo, di fatto, produce un doppio effetto sulla programmazione: da una parte, crea un terreno di sperimentazione per l'ingresso della grafica computerizzata in televisione, che da quel momento in avanti diverrà protagonista di un deciso cambiamento di look di tutto il palinsesto; dall'altra consente di comprendere che la tecnologia non è solo un linguaggio accattivante con cui parlare televisivamente ai giovani, ma costituisce l'ambiente naturale in cui essi si muovono e si relazionano con i loro coetanei. Mediamente nasce così, nasce come contenitore in cui la tecnologia può diventare oggetto di discorso: la parentela con Mister Fantasy è garantita dal conduttore, che rimane 10stesso, Carlo Massarini. Con il procedere delle puntate, però, il programma subisce una trasformazione sempre più decisa dall'intrattenimento verso l'approfondimento. Questa trasformazione è sottolineata sia dalla graduale migrazione dalla televisione a Internet, sia dall ' iscrizione sempre più marcata del format all ' interno dell ' area «educational» della HAI. Il conduttore, Carlo Massarini, che esordisce come DJ, a sua volta evolve diventando prima il curioso incursore di un mondo sconosciuto (quello della multimedialità e della Rete), poi l'informato analista di questo stesso mondo, infine il profeta consapevole di Internet e della cybersociety. Non è raro, oggi, trovare Massarini nel panel di qualche convegno sulla New Economy; allo stesso modo è indicativo che Gino Roncaglia, uno degli autori del programma, tenga un insegnamento all'università di Siena. Un sintomo di come in questo tipo di società

1111programma è andato in onda su Rai 1, il martedi in secondaserata, per tre cicli di trasmissione, dal 12 maggio del 1981 al17 luglio de11984.

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