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PROCESSO “METASBESTOS” PER LA CONVERSIONE TERMOCHIMICA DELL’AMIANTO CON CONCOMITANTE PRODUZIONE DI LATERIZI Montevenda Engineering International Association V ia B e ss o , 5 9 – 6 9 0 6 L u g a n o (C H ) – C .P . 4 1 6 p h o n e : + 4 1 / 9 1 / 9 6 63 3 6 6 - 9 6 6 8 0 8 6 – t e l e f a x + 4 1 / 9 1 / 9 6160 9 2 responsabile del progetto: Gualtiero A.N. Valeri, e-mail:
[email protected] @ montevenda.net
Introduzione L’amianto è ben conosciuto sin dall’antichità: notizie storiche ne testimoniano l’uso presso i persiani ed i romani; Marco Polo ne descrive l’uso presso i cinesi. Ma è dalla fine del XIX secolo che inizia il suo impiego industriale massiccio, che perdurerà sino a quando, negli anni ’70, riconosciutane la pericolosità, si comincerà a sostituirlo con materiali alternativi. L’amianto, chiamato anche indifferentemente asbesto, è un minerale naturale a struttura fibrosa appartenente alla classe chimica dei silicati e alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli. Le diverse varietà d’amianto sono dei silicati idrati di magnesio, talvolta con calcio, alluminio e minori quantità di sodio, ferro ed altri elementi. É presente naturalmente in molte parti del globo terrestre ed è facilmente ottenuto dalla roccia madre dopo macinazione e arricchimento, in genere in miniere a cielo aperto. Per la normativa italiana sotto il nome d’amianto sono compresi i seguenti sei composti: amianto di Serpentino: −
Crisotilo; amianti d’Anfibolo:
−
Amosite;
−
Crocidolite;
−
Tremolite;
−
Antofillite;
−
Actinolite.
Il processo “Metasbestos” Il processo descritto ha lo scopo di smaltire residui d’amianto d’ogni natura chimica ed in qualunque forma (tessuti, corde, cartoni, cemento-amianto, vinil-amianto, intonaci, coibentazioni, ferodi, ecc.), convertendoli in un materiale innocuo per la salute (non più contente fibrille d’amian-
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to). Il prodotto ottenuto è leggero e dalle ottime caratteristiche meccaniche, ed atto ad essere formato in blocchi da costruzione di varia geometria, similmente agli ordinari laterizi. Tale processo non fa uso di temperature particolarmente elevate (solitamente sino ad un massimo di 1.000°C, dunque con costi d’impianto e d’esercizio contenuti), non genera scarti o rifiuti d’alcun tipo e consente di operare in condizioni di sicurezza per gli operatori e per l’ambiente. A temperature elevate, l’amianto tende a decomporsi. Tale decomposizione dell’amianto ha inizio a 400°C con la liberazione d’acqua di composizione, per completarsi al massimo a 1.080°C, quando si ha il collasso totale della sua struttura chimica, con formazione di silice, forsterite, pirosseni, magnetite, ematite. In quest’intervallo di temperature, parallelamente al procedere della sua decomposizione, l’amianto perde completamente la caratteristica struttura fibrosa. Questo è il fenomeno principale che è sfruttato nel processo qui di seguito descritto, dove, inoltre, detti prodotti di decomposizione si disciolgono in una fase fusa che si genera nella cottura d’opportuni impasti, a temperature comprese tra i 900°C ed i 1.100°C (temperatura massima eventualmente utilizzata). La formazione di tale fase fusa agevola peraltro la decomposizione delle particelle d’amianto. In tali condizioni la massa sinterizza per fornire un materiale leggero e resistente. Il materiale di partenza per il processo è costituito indifferentemente da ogni tipo di residui contenenti amianto, qualunque sia la loro natura chimica o forma; il processo si compie nelle seguenti fasi principali. I residui contenenti amianto sono sottoposti a macinazione sino a ridurli in particelle sufficientemente minute, ed in condizioni tali da evitare qualsiasi dispersione di fibrille nell’ambiente. Ciò si ottiene operando la macinazione ad umido, il che consente anche di ridurre l’usura dei corpi macinanti. La massa così ottenuta è miscelata, sempre ad umido, con quantità opportune d’additivi (da dosare secondo la composizione e natura chimica dei residui d’amianto trattati), principalmente: vetro riciclato, argilla, fondenti, ausiliari di formatura, sostanze atte ad impartire ai manufatti ottenuti particolari colorazioni, acqua. Tutti tali componenti sono polverizzati ad un opportuno grado di finezza. L’impasto ottenuto è formato in pezzi di geometria opportuna. Per misura precauzionale, le operazioni 1, 2 e 3 avvengono in un ambiente circoscritto e l’aria, captata da questo, è inviata a degli elettrofiltri dove è privata d’ogni eventuale fibrilla d’amianto presente. Inoltre, il fatto che l’impasto sia formato in blocchi riduce drasticamente la possibilità che, durante le fasi successive del processo, siano rilasciate fibrille d’amianto. I pezzi ottenuti sono essiccati in un normale forno d’essiccazione. Anche tale forno lavora in aspirazione d’aria, sì da evitare ogni eventuale dispersione di fibrille d’amianto. All’uscita, i pezzi essiccati sono impilati tramite dispositivi automatici sui carrelli che servono il successivo forno di cottura, sì da evitare la presenza d’operatori nelle aree ove è ancora presente l’amianto non trasformato. I pezzi essiccati sono sottoposti a cottura in un normale forno a tunnel da laterizi, con temperature massime intorno ai 1.000°C. Anche l’aria proveniente da questo forno, operante sempre in leggera aspirazione, come quella proveniente dal forno d’essiccazione, è inviata agli elettrofiltri prima di reimmetterla nell’ambiente. Per ragioni d’economia d’energia, l’aria calda proveniente dal forno di cottura può essere avviata ad alimentare il forno d’essiccazione, riducendo, nello stesso tempo, il volume d’aria da avviare agli elettrofiltri. Così pure parte dell’aria proveniente dalle fasi 1, 2 e 3 può essere impiegata per alimentare il forno di cottura. Le caratteristiche del materiale ottenuto possono essere regolate secondo le necessità agendo sulla composizione della miscela di partenza (fase 2) ed, eventualmente, sulla temperatura di cottura
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del materiale. È in questo modo possibile determinarne resistenza meccanica, porosità e colore. Le rese ottenute (volume di laterizi/quantità d’amianto trattata) variano secondo la natura chimica degli scarti d’amianto trattati e, in misura minore, con le caratteristiche degli additivi utilizzati. I manufatti ottenuti sono leggeri, dotati di buona resistenza meccanica e coibenza termica, e sono esenti da fibrille d’amianto. Possono pertanto essere impiegati nelle costruzioni in sostituzione dei laterizi tradizionali ed in assoluta sicurezza. Note attorno ad alcuni risultati sperimentali Commenti alle risultanze analitiche sui prodotti del processo Metasbestos. Esse concernono le seguenti prove eseguite: 1) Spettri di diffrazione ai raggi X dei campioni prima e dopo la cottura, eseguiti presso il Dipartimento di Chimica Inorganica, Metallorganica ed Analitica dell'Università di Padova; 2) Microfoto dei campioni prima e dopo la cottura, eseguite al microscopio elettronico presso il C.U.G.A.S. (Centro Universitario Grandi Apparecchi Scientifici) dell'Università di Padova; 3) Prove di carico di due “mattoni” ultraleggeri (densità minore di 1) eseguite presso il Dipartimento di Costruzioni e Trasporti dell'Università di Padova (prof. Modena). È evidente come il picco - intorno al valore 12 - del crisotilo (la forma di amianto più diffusa, almeno da noi), nelle diffrazioni X appaia chiaro prima della cottura e scompaia completamente dopo di essa: ciò indica la totale distruzione della forma cristallina dopo la cottura. Nelle foto al microscopio elettronico, il tecnico è andato alla ricerca di forme filamentose prima e dopo la cottura, ed è riuscito ad individuare, oltre al crisotilo, della crocidolite (discriminata sulla base dell'analisi elementare compiuta tramite la fluorescenza X del campione). In entrambi i casi, prima della cottura appare evidentissima la tipica fibra dell'amianto, mentre dopo essa appare avere ceduto completamente, in accordo con quanto è riportato in letteratura circa le risultanze della calorimetria differenziale a scansione sui campioni di vari tipi d’amianto. Ovvio che, nelle nostre condizioni di composizione (i mattoni ottenuti sono, chimicamente, dei tipici prodotti ceramici silice-allumina-calce, oltre l'abituale presenza di ossido di ferro, ossido di magnesio - nel nostro caso derivato dall'amianto - e fondenti), i prodotti della decomposizione dell'amianto - silice, forsterite, pirosseni, magnetite, ematite - tendono a disciogliersi nella matrice. Solo elementi isolati possono permanere in una forma morfologica vagamente riconducibile a quella originaria, ed è quella che si nota nelle microfoto. Sempre dai dati di letteratura citati, la decomposizione dell'amianto ha inizio a 400°C con perdita d'acqua, per completarsi al massimo a 1.080°C (per le forme più refrattarie, che tuttavia non sembrano essere commercialmente diffuse). Un aumento della temperatura di lavoro, od un aumento del tempo di permanenza nella zona ad alta temperatura del forno, porterebbe ad una totale scomparsa anche delle forme pseudomorfe (tuttavia prive di importanza sul piano igenico) riscontrate nell'analisi. È tuttavia rilevante come, né prima né dopo la cottura, il laboratorio sia riuscito a separare alcuna fibra dalla massa. Ciò si può interpretare come anche prima della cottura le fibre risultino fortemente legate all'impasto e con ridottissime possibilità di rilascio nell'ambiente, il che ci conforta
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molto circa le precauzioni da prendersi nel processo industriale (ben difficilmente fibrille potranno liberarsi anche dai blocchi crudi). Le prove meccaniche sono state condotte su mattoni ultraleggeri (cotti per 8 ore con picco di temperatura di 900÷950°C, anche se il forno usato - un forno a muffola da tempera - non era molto attendibile sulle temperature, né sull'uniformità del riscaldamento, il che ha provocato tensioni di raffreddamento nel secondo dei campioni con conseguenti microfessure - l’argilla impiegata era inoltre poco adatta alla lavorazione -, mentre eccellente è stato un precedente risultato ottenuto in un forno di ottima qualità con buone materie prime), e il risultato è stato senza dubbio interessante per degli elementi da utilizzarsi in funzione della loro leggerezza ed isolamento termico. È naturale che, aumentando il peso specifico del materiale (s’incrementa rapidamente se portato a temperature maggiori o se mantenuto più a lungo alle temperature di picco), anche le proprietà meccaniche aumentano (come negli ordinari laterizi quando sono maggiormente vetrificati - mattoni stracotti). Risultati indubbiamente migliori sono ottenibili partendo da argille di qualità, tipo quelle “da laterizi”.
Spettro di diffrazione X di un campione prima della trasformazione
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Spettro di diffrazione X di un campione dopo la trasformazione
Immagini in alto: fibra di amianto su campione prima della trasformazione Immagini in basso: dopo la trasformazione le fibra è completamente disgregata
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