Lotta contro l'esclusione sociale La partecipazione di tutte le parti in causa
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STREET – Strategie europee e territori è un progetto co-finanziato dalla Commissione europea, Direzione generale Occupazione, Affari Sociali e Pari Opportunità
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Coordinamento editoriale: Letizia Cesarini Sforza
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STREET STRATEGIE EUROPEE E TERRITORI Lotta contro l'esclusione sociale La partecipazione di tutte le parti in causa
Documentazione prodotta in occasione del seminario “La partecipazione come dimensione metodologica per la lotta all'esclusione sociale” del 29 giugno 2007 presso l'Auditorium Diocesano Vallisa - Bari
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INDICE STREET – Strategie europee e territori A CURA DEL CILAP EAPN ITALIA La conferenza di Bari. Partecipazione e sviluppo locale Vincenzo Picardi, Centro Studi Erasmo Le dimensioni della povertà in Puglia Franco Ferrara, Centro Studi Erasmo La programmazione per l’Inclusione Sociale nella Regione Puglia Anna Maria Candela, Dirigente Settore Programmazione ed Integrazione Regione Puglia Il punto di vista di EAPN sulla Strategia europea per la protezione e l’inclusione sociale 20062008 Nicoletta Teodosi, Collegamento Italiano Lotta alla Povertà CILAP
Buone pratiche di partecipazione L'Agenzia per l’inclusione Sociale Nord Barese Ofantino Anna Fontana, Responsabile dell’Agenzia Lo sportello per i diritti degli immigrati Sabino De Razza, RdB Bari L’esperienza delle donne del quartiere di Enziteto di Bari Rosa Matera, Associazione Europa Gli incontri europei delle persone in povertà Paola Aluisi, coordinatrice Incontri europei delle persone in povertà, CILAP EAPN Italia
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STREET STRATEGIE EUROPEE E TERRITORI I materiali che qui presentiamo sono i risultati e il frutto del lavoro fatto per la preparazione di una delle otto conferenze inter-regionali previste dal progetto STREET e, più precisamente, di quella organizzata a Bari, il 29 giugno 2007. Il progetto STREET - Strategie europee e territori, co-finanziato dalla Direzione Generale Occupazione Affari Sociali e Pari Opportunità della Commissione europea, è uno strumento utile a far conoscere la strategia europea per l’inclusione sociale e la protezione sociale e per mobilitare il sostegno di tutte le parti in causa alla sua attuazione. L’obiettivo finale del progetto è quello di rendere tutti gli attori rilevanti più consapevoli degli strumenti offerti da questa strategia, farne conoscere a fondo il suo possibile impatto positivo, massimizzarne la ricaduta e le possibilità di messa in rete a livello territoriale. STREET si articola in otto conferenze interregionali per far conoscere la strategia europea e mobilitare tutte le parti in causa per la sua realizzazione. Ogni conferenza affronta uno o più specifici capitoli della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, inquadrandoli all’interno del Piano nazionale per l’inclusione sociale e della strategia europea che lo sottende, allo scopo di trovare possibili sinergie e collaborazioni con i Piani locali e, in questo processo, rafforzarsi a vicenda. A corollario di questa attività, per assicurare la più ampia diffusione possibile dei temi e dei risultati delle otto conferenze interregionali, STREET prevede la pubblicazione e la messa in rete di altrettanti opuscoli informativi. Attraverso il progetto STREET, il CILAP EAPN Italia e i suoi partner sono impegnati in una campagna mediatica a livello nazionale e locale centrata sulla costruzione del modello sociale europeo e la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale. Un modello sociale europeo che, utilizzando strumenti diversi da paese a paese, poggi su una visione e degli obiettivi comuni a tutti gli Stati membri dell'Unione. Una campagna mediatica che faccia progredire la comprensione che la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale è un impegno al quale nessuno può sottrarsi perché solo eliminando povertà ed esclusione sociale potremo garantire a tutti una migliore qualità della vita. Nell'affrontare i temi della partecipazione, la riflessione si è concentrata su due aspetti che ci sono apparsi prioritari. Il primo riguarda le metodologie da seguire per riuscire a tradurre a livello locale le raccomandazioni della Commissione europea affinché a nessuno, persone in povertà comprese, venga precluso il diritto alla partecipazione. La domanda qui è quali strumenti attivare per passare – come esplicitato dal testo di Vincenzo Picardi del Centro Studi Erasmo che qui presentiamo - da una partecipazione debole, fatta dagli addetti ai lavori, a una partecipazione capace di coinvolgere le comunità locali. Il secondo aspetto affrontato riguarda le cosiddette “buone pratiche” in materia di partecipazione attiva: Abbiamo voluto mettere in risalto quanto di buono si fa in Italia affinché le buone pratiche attivate diventino patrimonio condiviso e possano essere promosse anche in altre realtà italiane. Nella speranza di offrire uno strumento a tutti coloro che lavorano a livello locale in una prospettiva europea, abbiamo infine incluso in questa pubblicazione un “piccolo glossario europeo” utile a ritrovare il bandolo di una terminologia sempre in movimento e che, a volte, risulta particolarmente ostica. CILAP EAPN Italia
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PARTECIPAZIONE E SVILUPPO LOCALE Vincenzo Picardi La conferenza del Progetto STREET a Bari segue a poca distanza l’altro incontro promosso dal CILAP- EAPN Italia “Inclusione è sviluppo”, tenutosi a Bari il 30 marzo scorso e dedicato alla “Partecipazione, risorse collettive e dialogo per la lotta contro la povertà”. Anche in quella sede la partecipazione costituiva il centro focale della nostra riflessione che si va sviluppando in diversi contesti, tra i quali: i laboratori di democrazia partecipata, il giornale di informazione “Cercasi un fine”, la sperimentazione di un “Osservatorio provinciale delle politiche sociali”. Con la legge regionale n. 17/04 prima, e con la legge n. 19/2006 nella nostra Regione molte aspettative di cambiamento si sono concentrate sul livello del governo dei sistemi locali di welfare. L’ambito di zona è divenuto il nuovo livello di governo territoriale dei servizi sociali, ed è a questo livello che si richiede capacità progettuale e strategica, in termini di indirizzo e di orientamento. In questa direzione si auspica il passaggio dal government, quale modalità di governo di tipo gerarchico, alla governance, intesa come sistema in cui le decisioni sono il frutto condiviso di processi di concertazione e di partecipazione. In altri ambiti di policy quello del coinvolgimento dei vari portatori di interesse è una metodologia di lavoro da tempo conosciuta e praticata in diverse forme, che ha legato gli interventi di una molteplicità di soggetti pubblici e privati in funzione di una gestione coordinata delle risorse. Nozioni come co-progettazione e programmazione partecipata si applicano a vari settori e seguono percorsi che si sono strutturati attraverso leggi, regolamenti e canali specifici di finanziamento. Nell’ambito dello sviluppo rurale, sono nati i Gal - Gruppi di azione locali, legati all’iniziativa comunitaria Leader. Vi sono poi gli strumenti previsti per il sostegno dell’occupazione e dello sviluppo industriale come i Contratti d’Area, i Patti Territoriali e PTO - Patti territoriali per l’occupazione. Sul tema della rigenerazione e riqualificazione urbana, si sono sviluppati i Contratti di quartiere, i PRU - Programmi di recupero urbano, e i PIRP - Programmi integrati di riqualificazione urbana; sempre in questo ambito si inseriscono iniziative comunitarie come Urban e Urban II. Per quanto riguarda i servizi sociali alla persona, la partecipazione della società civile organizzata è stata codificata in un numero crescente di disposizioni legislative. Spesso in queste leggi la programmazione partecipata, intesa come processo condiviso di pianificazione e costruzione di interventi e linee d’azione, ha trovato un suo riconoscimento. E’ il caso della L. 285/97 “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza”; la L. 40/98 “Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” ; la L. 45/99 “Disposizioni per il Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga”, ed infine la Legge quadro sull’assistenza n. 328/00, che all’art. 19 ha previsto i piani di zona dei servizi sociali. Queste diverse normative promuovono la co-progettazione dei servizi quale strumento per restituire elevati livelli di efficacia degli interventi, mettendo “attorno a un tavolo” i diversi attori che operano nella stessa area di intervento. L’opportunità di prendere parte ai processi decisionali nelle varie fasi di programmazione, progettazione e valutazione degli interventi, ha generato un processo di responsabilizzazione degli attori coinvolti anche se a volte ha generato, senza nasconderlo, frustrazioni e delusioni imputabili in gran parte al diverso modo di intendere le finalità di tali processi. Il rischio connesso alla partecipazione allargata a più attori, è quello di confondere una mera 6
consultazione con una partecipazione estesa anche al piano della definizione dei problemi, delle proposte e della individuazione delle soluzioni. Questo aspetto sembra emergere dall’esperienza del primo triennio dei Piani sociali di zona (20052007): il coinvolgimento del terzo settore ha talvolta generato attriti tra pubblico e privato, perché nei processi partecipativi si sono generate aspettative, andate spesso disattese. Possiamo infatti riconoscere almeno tre modi diversi di intendere la partecipazione: 1. Semplice consultazione in merito a decisioni già prese. 2. Negoziazione tra pubblico e privato, dove si ricercano punti di mediazione tra obiettivi e interessi diversificati, con una attenzione al solo versante delle risposte e dei servizi. 3. Pratiche co-decisionali tra pubblico e privato dove, pur rimanendo la titolarità delle decisioni di policy in capo all’ente locale, ad esse si giunge attraverso percorsi condivisi che partono dalla definizione dei problemi, prima ancora che dalla definizione delle soluzioni e delle priorità. Il passaggio da una partecipazione debole (consultazione) e riservata agli addetti ai lavori (negoziazione) a una partecipazione capace di coinvolgere le comunità locali, individuate dalla strategia di Lisbona come “attori principali” (co-decisione), può svilupparsi solo se il coinvolgimento della società civile parte dalla definizione dei problemi da affrontare, e successivamente si concentra sulle proposte delle soluzioni da individuare. E’ richiesto tempo ed energia per portare avanti processi di partecipazione che possano determinare una conoscenza condivisa delle problematiche che via via si presentano nei vari sentieri dell’esclusione sociale, ma crediamo sia una strada che val la pena percorrere.
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LE DIMENSIONI DELLA POVERTA’ IN PUGLIA Franco Ferrara La Puglia del 2007 è una Regione del “paradosso”. Nella nostra regione la convivenza con la modernità, prodotta con le risorse pubbliche, non ha sconfitto la povertà anzi l’ha acutizzata. La povertà in Puglia ha i tratti comuni della povertà mondiale: della fame mentre continuano ad aprirsi gli ipermercati, di vivere senza una casa mentre anche nei piccoli centri si continua a costruire e si inizia a registrare un’offerta immobiliare superiore alla domanda, per cercare lavoro i giovani sono costretti ad emigrare, la partecipazione alle decisioni della vita pubblica è impossibile, essere ammalati e non riuscire a essere visitati dal medico del Servizio Sanitario è diventata una regola, recarsi al Pronto Soccorso e non essere accettati è un dato quotidiano, gli spazi pubblici sono sempre più riserve della clientela. La povertà pugliese ha mantenuto una permanenza lunga nonostante il notevole trasferimento di risorse pubbliche. Siamo al terzo “Quadro Comunitario di Sostegno (2007/2013)” con un Asse specifico per l’”Inclusione sociale e la Salute”. A differenza di altre Regioni la povertà pugliese è stata poco analizzata, anzi ogni volta che è stato sollevato il problema di studiare le mutazioni delle forme diffuse di povertà ci si è scontrati con muri istituzionali e sociali di notevole spessore. Manca un rapporto periodico della povertà pugliese. Per comprendere la povertà pugliese dei nostri giorni è necessario stabilire: 1)- quali sono le dimensioni della povertà; 2)- qual è il confine tra le povertà estreme e la ricchezza prodotta; 3)- quali sono gli interventi per sconfiggere la povertà e quali la conservano. Le dimensioni della povertà pugliese sono legate al territorio e alle sue trasformazioni che si sono determinate nei 5 capoluoghi. La povertà della provincia di Foggia ha un volto diverso da quella di Taranto. Mentre a Foggia la povertà è prodotta dall’impostazione che ha l’agricoltura. Al contrario di quella di Taranto legata all’industrializzazione pubblica totalmente subita dalla popolazione. Nelle altre province troviamo le povertà “permanenti”: prostituzione, lavoro minorile, accattonaggio, dipendenze patologiche, sfruttamento dell’immigrazione, criminalità. Il sistema sociale, culturale e politico non riesce ad assumere le varie misurazioni della povertà che sia l’ISTAT che la CARITAS hanno tentato di avviare negli ultimi due anni. Affrontare le caratteristiche della povertà significa comprendere i fallimenti della politica, questa ha indotto una sorta di “disperazione” diffusa nei confronti dell’azione pubblica attraverso politiche di “welfare”. Ma il passaggio più difficile è stabilire il confine tra povertà e ricchezza prodotta. Verificare come si produce la ricchezza permette di stabilire se questa riduce o azzera la povertà. Ma qual è la ricchezza che distrugge la povertà? E’ quella che il sistema sociale riesce ad autorganizzare. Adriano Olivetti considerava la ricchezza come condivisione non come accumulazione. Marco Zupi nel suo: “Si può sconfiggere la povertà? (Laterza, 2003) ha tentato di superare la povertà connessa soltanto all’indicatore economico. All’alba del 2000 le rilevazioni ufficiali hanno recepito questa impostazione in tutte le sedi internazionali e oggi anche a livello della nostra Regione la definizione concordata è la seguente: “povertà è l’insufficiente disponibilità, controllo e gestione delle risorse naturali, finanziarie, organizzative e umane che permettono alle persone di operare le proprie scelte e di vivere dignitosamente, normalmente” (cfr.Zupi). Questa definizione della povertà serve per svelare la contraddizione e l’ambiguità della corrente culturale dell’ ”abile povero”. Questo approccio ci induce a ricononoscere e perpetuare la povertà come “ dato di natura” ovvero “attività criminale”, “costo da pagare per il progresso”. La soluzione viene affidata alla discrezione della beneficenza privata. La recente vicenda dei lavavetri è dentro questo pensiero. La permanenza degli 8
stigmi negativi della povertà non permette di cogliere la portata delle riforme delle politiche sociali, prodotte dai diversi approcci culturali. Dopo gli interventi effettuati dal dopoguerra dal sistema pubblico per frantumare l’”abile povero”assistiamo oggi ad una recrudescenza : Si verificano fatti di criminalità? Subito si stabilisce l’eguaglianza: emarginazione= delinquenza. Si registrano fatti di stupro? Ecco che si evoca il comportamento dei balordi. Si compiono scippi e furti, la colpa è dei senza fissi dimora. L’equilibrio a favore del diritto, vanifica il favoritismo e il clientelismo. Il Volontariato pugliese in maggioranza cattolico ha favorito l’accesso alle risorse pubbliche dei gruppi sociali esclusi. Agli inizi degli anni ’90 troviamo il Volontariato a compiere azioni di supplenza del Servizio pubblico per fronteggiare le emergenze delle esclusione sociale: immigrazione, prostituzione, povertà estreme, persone abbandonate. Si è trattato di interventi “sostitutivi” di quelli pubblici. Quando si è presentato il cambiamento prodotto dalle leggi di riforma dei servizi (L.328/2000 e L.R.n.17/2007) che richiede attori sociali protagonisti alla pari con le Istituzioni Locali e non a queste subordinati, sono emersi i limiti del “privato sociale pugliese”. La stessa area cattolica non ha capito la portata del cambiamento che si apriva e destinato a “sconfiggere la povertà pugliese”. La concertazione ha prodotto il primo “Piano Regionale Sociale” e i primi “Piani Sociali di Zona”. La concertazione è stata effettuata in 44 ambiti Territoriali, coincidenti con i distretti sociosanitari. Alla vigilia di una nuova tornata concertativa , per il secondo Triennio dei Piani Sociali di Zona, a tutti “gli attori” viene richiesto una profonda verifica di quello che è stato fatto e non fatto nel triennio precedente. Nel frattempo è stata riscritta la legge regionale (L.R.n.19/2006) ed è stato pubblicato il nuovo Regolamento di attuazione. Si tratta di strumenti necessari per fermare lo “scivolamento” verso la povertà di gruppi che finora sembravano al riparo. Invece l’incertezza colpisce anche i “benestanti” cittadini pugliesi e da ricchi di oggi si diventa facilmente poveri di domani.
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LA PROGRAMMAZIONE PER L’INCLUSIONE SOCIALE NELLA REGIONE PUGLIA Anna Maria Candela Il Documento Strategico della Puglia varato il 1 agosto 2006, propedeutico alla programmazione 2007-2013, ha individuato come sua priorità trasversale la mobilitazione e l’attivazione della cosiddetta “società civile organizzata”. Così anche il regolamento di attuazione della Legge Regionale n. 19 del 2006 “Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il benessere delle donne e degli uomini in Puglia” indica gli strumenti e le modalità per assicurare la partecipazione dei cittadini e degli utenti e per riconoscere un ruolo attivo al Terzo Settore. In questi documenti si rende obbligatorio il percorso della partecipazione attiva dei cittadini e delle organizzazioni alla programmazione sociale e all’attuazione del Piano Sociale Regionale e si riconosce la centralità dei soggetti del privato sociale, al fianco e non in alternativa agli enti locali, per gli investimenti su un’offerta di qualità di prestazioni sociali e sociosanitarie quantitativamente più adeguate rispetto ai livelli di bisogno sociale delle comunità locali. Il rapporto tra pubblico e privato viene in tal modo ristrutturato, con specifico riferimento non solo alle modalità di affidamento dei servizi, ma anche nelle modalità di implementazione di iniziative sperimentali con il concorso dei privati ed alle modalità di acquisto di prestazioni sociali in quegli ambiti per i quali i Comuni scelgono di non gestire ma di assicurare servizi accreditati, organizzati ed erogati dal settore privato e privato sociale. Il percorso di partecipazione attivato ha portato anche a prevedere nel Programma Operativo Regionale del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR) 2007-2013 un asse specifico: asse III “Inclusione sociale e servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale”, inserito per la prima volta nel Programma Operativo a valere sui fondi comunitari. Sono state assegnate a questo asse circa il 12,5 % delle risorse FESR pari a circa 640 milioni di € che saranno utilizzati per attuare obiettivi e interventi riassumibili in 4 linee di intervento. Obiettivo generale è promuovere una società inclusiva e garantire condizioni di sicurezza al fine di migliorare, in modo permanente, le condizioni di contesto che più direttamente favoriscono lo sviluppo attraverso il miglioramento delle infrastrutture sociali e socio-sanitarie. Sul piano operativo il PO FESR 2007-2013 mira a promuovere e sostenere politiche di prevenzione del rischio di esclusione sociale per le famiglie e i cittadini in svantaggio economico e per quanti possono essere interessati dai processi di cambiamento e di innovazione della dinamica economica e sociale. Le due direttrici individuate nel programma sono: 1. Favorire percorsi di integrazione e reinserimento lavorativo per persone svantaggiate ( dagli emarginati, alle minoranze, ai disabili) 2. Mettere in moto azioni specifiche e trasversali finalizzate a migliorare l’accesso all’occupazione e ad accrescere l’avanzamento delle donne nel lavoro, innanzi tutto rendendo più accessibili i servizi educativi e altre prestazioni sociali volte a favorire la conciliazione dei tempi vita-lavoro. Nell’ambito delle misure rivolte al contrasto della povertà e all’accesso ai servizi è da segnalare come la Puglia abbia anticipato l’istituzione a livello nazionale del Fondo Unico per la non autosufficienza, prevedendo nell’anno 2007 l’Assegno di Cura per le persone non autosufficienti: un massimo di 550€ mensili con il limite di 6 mila € per un anno. La Regione Puglia infatti ha finanziato con 15 milioni di euro per le persone non autosufficienti un assegno di cura che può essere utilizzato sia per sostenere il carico del lavoro di cura delle famiglie, al cui interno è presente una persona non autosufficiente, sia per le spese aggiuntive connesse 10
all’acquisto di servizi specifici (assistenza domiciliare integrata e materiale, trasporto dedicato a domanda individuale, somministrazione pasti a domicilio), oppure ad anziani e disabili che vivono soli. Dopo il trasferimento delle risorse agli ambiti territoriali, i Comuni attribuiranno i contributi ai beneficiari aventi diritto, sulla base degli esiti di un avviso pubblico, a cui potranno partecipare i nuclei familiari che rispettano una serie di requisiti tra i quali: ISEE del nucleo familiare, situazione lavorativa degli adulti presenti, gravità della non autosufficienza. Un’altra misura di aiuto alle famiglie pugliesi proviene dal contributo della Prima dote: fino a 200 € mensili e limite di 2.400€ annui per le famiglie con neonati a carico entro i 36 mesi di vita e con un ISEE fino a 30.000 euro annui. Grazie ad un finanziamento di 8 milioni di euro messi a disposizione dal bilancio della regione Puglia, con l’obiettivo di favorire la conciliazione tra i tempi di vita e tempi di lavoro, si è attuato un intervento che da una parte offre un sostegno concreto alla maternità e alla paternità in nuclei familiari particolarmente giovani, e dall’altra contribuisce a sostenere la domanda sociale verso una crescente offerta di servizi alla prima infanzia, autorizzati nell’ambito territoriale di riferimento.
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IL PUNTO DI VISTA DI EAPN SULLA STRATEGIA EUROPEA PER LA PROTEZIONE E L’INCLUSIONE SOCIALE 2006-2008 Nicoletta Teodosi Estratto dal rapporto di valutazione della Rete europea di lotta contro la povertà sui Rapporti nazionali di protezione sociale e inclusione sociale per il periodo 2006-20081 Un ANNO LEGGERO da non prendere con leggerezza! Per quanto riguarda il Metodo Aperto di Coordinamento la Commissione europea considera il 2007 un anno leggero, in particolare se riferito ai Piani Nazionali per l’Inclusione sociale. EAPN si pone la domanda: quale è stato il beneficio di questo anno e dei Piani rispetto alla lotta contro la povertà e all’esclusione sociale? La Commissione europea ha scelto il 2007 per approfondire un tema chiave: la povertà infantile, attraverso uno scambio di apprendimento reciproco tra gli Stati membri, tuttavia Eapn non considera questo approccio decisivo per un impatto sulla povertà, in termini di rischi, di efficacia del processo a livello nazionale e di raggiungimento degli obiettivi del MAC. Vediamo perché. Per Eapn perché l’anno leggero possa dirsi positivo dipende da tre questioni principali: 1. l’anno leggero ha realmente promosso un effettivo apprendimento reciproco tra gli Stati membri e gli attori rilevanti nel settore della povertà infantile in particolare e, anche se in minor misura, nella inclusione attiva in generale? 2. l’anno leggero ha rafforzato la governance, la partecipazione e l’apprendimento reciproco coinvolgendo una platea più vasta di attori? 3. in che modo gli altri obiettivi del MAC e l’impatto sulla povertà sono stati presi in considerazione nei Piani Strategici nazionali? Il 2007 è un anno cruciale, anche perché anticipa quello che sarà la programmazione 2008-2011 dei Rapporti Strategici Nazionali. Ma per Eapn e le reti nazionali è importante fare il punto sulla situazione, valutare i risultati del Metodo Aperto di Coordinamento sulla Protezione Sociale e sull’Inclusione Sociale prima di fare altre proposte, capire se l’Unione europea intende raggiungere l’obiettivo di sradicare la povertà e l’esclusione sociale entro il 2010. Le reti aderenti ad EAPN hanno visto in maniera favorevole l’approfondimento tematico del 2007 sulla povertà infantile, che ha permesso di conoscere più a fondo le problematiche che stanno intorno ai minori, ma nello stesso tempo segnalano che la povertà infantile è stata collegata troppo strettamente al mercato del lavoro, anziché affrontarla da una prospettiva multidimensionale, basata su un approccio universale e preventivo ai diritti fondamentali. La mancanza di un processo di governance, non ha permesso né alle reti nazionali, né alle persone in stato di povertà, né ad altri attori rilevanti (stakeholder) di poter in qualche modo offrire o scambiare il proprio contributo; né appare chiaro nei PANincl la posizione dei Governi e come questi si integrano con il livello europeo e il MAC. Le reti di EAPN sono preoccupate anche per il fatto che le attività condotte a livello europeo restino esercizi di peer review tra Governi e non si trasformino invece in atti e indirizzi per il livello nazionale. In termini di impatto delle priorità chiave del Metodo Aperto di Coordinamento, le reti nazionali sono su questo punto chiare: la Commissione non ha incoraggiato un aggiornamento dei Rapporti Strategici, non vi è stato di fatto quest’anno un processo di valutazione, che porta ad essere preoccupati sul futuro del Metodo stesso. Le reti mettono in risalto la preoccupazione circa la 1
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Il rapporto Light year: hard work! è stato redatto da Catherine Duffy, con il contributo della Task Force Inclusione sociale di EAPN. La versione inglese completa in www.eapn.org
mancanza di azioni verso alcune priorità politiche nei confronti di: immigrati e minoranze etniche, accesso ai servizi vitali quali l’alloggio e la salute, riduzione dei contributi alle famiglie povere. Forse è arrivato il momento di fare il punto su cosa è successo ai sistemi di welfare in Europa nel processo di modernizzazione, quando è sotto gli occhi di tutti il taglio ai servizi, alle risorse, ai diritti, con un evidente peggioramento delle condizioni di chi è povero e dei socialmente esclusi. A dispetto di queste difficoltà EAPN e le sue reti nazionali credono che il MAC sia ancora un valido strumento di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, a patto che non perda il focus sulle sue più vaste priorità e obiettivi di avere un decisivo impatto sulla povertà e l’esclusione sociale e mantenga il suo impegno verso un approccio integrato, multidimensionale e preventivo. L’apprendimento reciproco deve andare oltre la peer review, che resta un esercizio tra Governi ed esperti, per trasformarsi in un processo più vasto e dinamico. In ciò la partecipazione delle persone in povertà ha un ruolo vitale da giocare, ma necessita di sviluppi che vadano oltre i singoli eventi. Bisogna strutturare un dialogo che sia parte di un processo di governance che assicuri che tutte le persone toccate dalla povertà siano ascoltate e il loro messaggio preso in considerazione. Il Consiglio, la Commissione e il Parlamento europeo dovrebbero ripensare delle linee guida integrate e riconnettere i differenti livelli anche in termini gerarchici come elementi paritari e complementari di una visione che integri economia, sociale e ambiente in un’ottica di sviluppo sostenibile. Dei nuovi strumenti sono necessari per dare maggior vigore all’impegno della lotta contro la povertà. Riflessioni e raccomandazioni di EAPN sulla povertà infantile Se a livello europeo si può dire che EAPN abbia beneficiato dell’anno leggero approfondendo le tematiche sulla povertà infantile, a livello nazionale è mancato un coinvolgimento degli stakeholders che ha di fatto limitato l’importanza dell’apprendimento reciproco (mutual learning) indebolendo il processo del MAC. L’aver individuato un unico tema su cui concentrare analisi e scambio tra governi rischia di ridurre l’impegno verso gli obiettivi più generali di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, così come limita la visibilità e riduce le azioni nei confronti di gruppi a rischio come immigrati, minoranze etniche, anziani soli o verso tematiche precise quali l’accesso ai servizi e l’erosione delle indennità sociali. Per affrontare la povertà infantile è necessario un approccio che si basi su ipotesi condivise, che le reti nazionali di EAPN hanno così sintetizzato: -
abbiamo diritto ad una sola vita. Tutte le persone hanno diritto ad una vita libera dalla povertà. La povertà infantile deve essere inscritta in un’ottica basata sui diritti universali, nella lotta contro la povertà per tutti, sostenuta da misure adeguate ai bambini e a specifici gruppi - non ci sono bambini ricchi in famiglie povere. La povertà infantile può essere separata da una politica per la famiglia. Politiche che abbiano un effetto dovrebbero essere integrate e multidimensionali che supportino l’ambiente familiare dove il minore vive - ascoltare i bambini e i genitori. Le politiche devono essere basate sui diritti umani, sulla dignità umana e sulla partecipazione di tutti. Ciò significa promuovere i diritti dei bambini e dei giovani, ma anche dei loro genitori, riconoscendo alla tematica una dimensione di genere e i diversi modelli di famiglia e di presa in carico dei loro componenti. Le Strategie contro la povertà infantile devono focalizzarsi su come affrontare le cause della povertà, anziché incolpare i genitori, anzi supportandoli nel provvedere ad una migliore qualità della vita per i loro figli. Il punto di partenza deve essere la garanzia per un reddito adeguato per una vita dignitosa, indipendentemente dallo status lavorativo e l’accesso ai servizi primari quali l’abitazione, la salute e l’istruzione. Ciò implica un approccio più radicale nell’affrontare le disuguaglianze di reddito e il finanziamento pubblico dei servizi attraverso meccanismi più forti di redistribuzione. 13
Quali sono i metodi più efficaci? -
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Benefici universali per le famiglie, sostenuti da interventi tarati sui destinatari e strumenti volti a rendere il lavoro salariato più vantaggioso e che metta in grado le famiglie di condurre una vita decente. Prevedere un sistema scolastico di qualità pre e post-scuola; interventi urgenti devono essere presi in favore dei minori istituzionalizzati, specialmente quelli che vivono in alcuni Stati membri di recente ingresso dove l’istituzione è vista come una punizione perché si è poveri e può acuire la condizione di esclusione del minore e della famiglia d’origine. In alcuni Stati membri si deve prendere atto del legame tra abbandono scolastico e mercato del lavoro irregolare e di conseguenza vanno attivate delle misure specifiche in favore di minori non accompagnati, ragazzi di strada e vittime di tratta; inoltre, misure attive devono essere prese per affrontare disuguaglianze e discriminazioni nell’accesso ai servizi nei confronti di specifici gruppi tra cui richiedenti asilo e immigrati.
L’anno leggero deve trasformarsi in azioni: lo scambio di esperienze deve trasformarsi in impatto politico. La Commissione dovrebbe pubblicare una road map per illustrare come i risultati sulla povertà infantile potrebbero essere tradotti in politiche nazionali attraverso un follow up del Piano nazionale per l’Inclusione sociale. Nuovi obiettivi politici, destinatari, indicatori e un buon monitoraggio e valutazione dei meccanismi dovrebbero essere attivati a livello di Stati membri per assicurare una continuazione di queste scelte. Nel PANincl e nel Rapporto strategico dovrebbero essere inseriti espliciti obiettivi come il supporto alla partecipazione dei minori e dei giovani, così come delle persone che vivono in stato di povertà. Alla Commissione spetterebbe il monitoraggio delle policy sulla povertà infantile. Governance e partecipazione Molti Stati membri hanno stabilito con le reti nazionali di Eapn un dialogo strutturato attraverso i Piani Nazionali per l’inclusione sociale, ma questo impegno non si è incontrato con un equivalente impegno da parte dei governi nella ricerca di una qualità della governance e molte reti stanno ancora aspettando di vedere i risultati di questo dialogo. Molte reti protestano sulla scarsa trasparenza e minimo impatto politico, che ha ridotto la sostenibilità del loro coinvolgimento. Vi sono però delle eccezioni, dove le reti hanno giocato un ruolo chiave importante rispetto a nuove policy. A dispetto della mancanza di un coinvolgimento più strutturato degli stakeholder nel corso dell’anno leggero, alcune reti sono state coinvolte nell’organizzazioni di seminari sulla povertà infantile con i propri governi e altri attori rilevanti. Tuttavia nessuna rete ha potuto avere accesso al questionario sulla povertà infantile del Comitato di Protezione Sociale, cosa che fa sorgere non pochi problemi circa la trasparenza e la responsabilità.
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LE BUONE PRATICHE DI PARTECIPAZIONE
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Agenzia per L’inclusione Sociale Nord Barese Ofantino Anna Fontana L’Agenzia per l’Inclusione Sociale del Patto Territoriale per l’Occupazione nord/barese ofantino è stata costituita nell’aprile 2004 con fondi ex lege 208/97 (delibera CIPE 71/98 – delibera CIPE 104/01- Delibera CIPE 83/2002) del Ministero dell’Economia e delle finanze. L’Agenzia, in linea con gli obiettivi della strategia di Lisbona, persegue un approccio integrato e multidimensionale tra le politiche economiche e sociali e le politiche a favore dell’occupazione, su un territorio che comprende 11 Comuni con una popolazione di 427.989 abitanti (Censimento Istat 2001). L’Agenzia ha come oggetto primario la progettazione, la gestione e la produzione di servizi di eccellenza finalizzati sia al miglioramento della soglia di qualità dei servizi pubblici offerti dai Comuni e dagli enti pubblici e privati dell’area nell’ambito dei servizi alla persona, sia la produzione di servizi di assistenza tecnica attraverso la gestione di banche dati specializzate, la realizzazione di indagini nelle materie specifiche, la progettazione e gestione di attività formative di secondo e terzo livello, l’attivazione e la gestione di una rete locale di sistema finalizzata al miglioramento globale del potenziale sociale territoriale. L’Agenzia esercita le proprie funzioni secondo criteri di complementarità, assistenza e supporto tecnico/scientifico, ai servizi propri delle Amministrazioni comunali del Patto e all’intero sistema del pubblico e del privato sociale locale. L’Agenzia per l’Inclusione Sociale del Patto Territoriale per l’Occupazione nord/barese ofantino promuove inoltre azioni di sensibilizzazione e mobilitazione degli attori locali, per stabilire partenariati durevoli ed efficaci, finalizzati a rendere centrale il tema della integrazione delle politiche attraverso l’individuazione di meccanismi per coinvolgere gli stakeholders nei processi decisionali (programmazione partecipata, co-progettazione). Le azioni dell’Agenzia si sviluppano su tre grandi assi: 1. Analisi di contesto attraverso studi e ricerche 2. Politiche del lavoro e occupazione 3. Pari opportunità e inclusione sociale In ordine temporale vengono presentate e brevemente descritte le azioni e i risultati raggiunti. Profili di povertà Il rapporto sui Profili di Povertà propone una dettagliata analisi della situazione nel Nord Barese Ofantino basata su due approcci complementari: quello quantitativo, sviluppato attraverso elaborazioni sui dati SOGEI circa le dichiarazioni dei redditi nell’area e sui dati raccolti in occasione della sperimentazione del Reddito Minimo di Inserimento e quello qualitativo, condotto con una riflessione sulle dinamiche sociali dell’area e con la ricostruzione di alcuni percorsi di povertà. Questo rapporto come gli altri costituisce il punto di avvio di una attività di monitoraggio continuativa e di supporto alle politiche territoriali dell’area. Il potenziale sociale La ricerca ha indagato forme auto-organizzate della società civile del territorio nord-barese Ofantino: analizza da un lato le aree di debolezza del territorio e dall’altro le sue risorse, in modo da promuovere azioni positive per lo sviluppo della coesione sociale di una comunità che non subisce passivamente le trasformazioni economiche. Tra gli attori che giocano un ruolo strategico in questo senso vi sono certamente i soggetti della società civile nelle sue diverse forme di auto16
organizzazione. Con questa ricerca l’Agenzia si propone di sostenere il passaggio dal welfare state alla welfare comunità, da una comunità in attesa a una comunità attiva, valorizzando le risorse che il potenziale sociale espresso dalla società civile organizzata può offrire. Rapporto sull’imprenditoria sociale La ricerca ha consentito di acquisire una approfondita conoscenza del settore dell’imprenditoria sociale sul territorio nord-barese Ofantino, verificandone le attuali potenzialità, ma anche gli elementi di criticità e di debolezza. Attraverso questa ricerca ci si propone di attivare le azioni necessarie per: la valorizzazione della dimensione imprenditoriale e professionale, recuperando gli obiettivi di protagonismo politico e di capacità di trasformazione sociale, far sì che i protagonisti dell’economia sociale possano diventare sempre più parte attiva della “comunità locale” favorire il passaggio ad una dimensione plurale dei centri di decisione, dei livelli istituzionali e sociali attivando una democrazia della partecipazione fondata sul fare solidale Fabbisogni formativi e competenze peculiari del sistema lavoro L’indagine, svolta nel corso del 2006, partendo dai risultati della ricerca sul monitoraggio dei fabbisogni di figure professionali delle imprese ha avuto l’obiettivo di approfondire le competenze distintive necessarie per lo sviluppo dei profili professionali richiesti dalle imprese rapportandole alle attese che i giovani hanno rispetto alle professioni e al lavoro. La ricerca per numerosità dei soggetti coinvolti e dei sistemi messi in relazione, per la prima volta in Italia, ha messo a confronto i giovani, la scuola, le imprese, le strutture territoriali deputate alla promozione dell’occupazione, creando le basi per un possibile e futuro monitoraggio del sistema. La finalità principale del lavoro svolto è quella di fornire informazioni evidenziando i punti deboli del sistema, le potenzialità in uscita dei giovani in uscita dal percorso superiore, l’impegno del corpo docente, le esigenze imprescindibili delle imprese, augurandosi di poter favorire un cambiamento ed innescare quei processi virtuosi di interconnessione dei sistemi per garantire ai giovani un più facile sbocco occupazionale, aiutare gli attori locali ad avviare un migliore dialogo verso la piena e buona occupazione come auspicato dalla strategia di Lisbona. Primo rapporto sull’inclusione sociale dell’area Il rapporto persegue i seguenti obiettivi: descrivere un primo quadro di sintesi dei processi di inclusione sociale nell’area del nordbarese Ofantino frutto delle ricerche, studi e analisi territoriali effettuate dall’Agenzia di Inclusione Sociale contribuire a sensibilizzare e mobilitare tutti gli attori del territorio per rendere centrale il tema della integrazione delle politiche sociali con le politiche economiche e del lavoro; mettere in risalto l’importanza di considerare nei programmi, in maniera inscindibile, la situazione economica e l’inclusione sociale nel territorio, pena l’inutilità e la reale utilità di qualsiasi programma avviare il tema del rapporto esistente tra gli effetti di inclusione delle politiche sociali e gli effetti sociali delle politiche di sviluppo, quindi ragionare sui reali effetti sociali dei programmi di sviluppo economico per comprendere cosa può funzionare; costituire un effettivo legame e un radicamento sul territorio da ottenere con il coinvolgimento degli attori istituzionali e non, attraverso la produzione di ricerche e servizi offerti ai policy maker e ai gestori di servizi e programmi complessi.
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Promozione delle pari opportunità Alla luce dei risultati degli studi effettuati, nel corso del 2007, l’Agenzia ha pianificato due azioni sperimentali per la promozione delle pari opportunità. -
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La costituzione di uno sportello informativo e di consulenza alla legge 53/00 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”; L’attuazione di un percorso di accompagnamento all’inserimento lavorativo per donne disoccupate.
L’accompagnamento – anche emotivo - è stato l’elemento caratterizzante dei due percorsi: le donne sono state guidate, spronate e accompagnate lungo un percorso innovativo alla fine del quale hanno avuto tutti gli strumenti per comprendere il mondo lavorativo presente sul territorio ed inserirvisi. Così, alternando lezioni frontali a momenti di riflessione, attività laboratoriali e tempi destinati alla ricerca sul campo, si sono svolte le prime due fasi di bilancio delle competenze e orientamento. Durante il bilancio delle competenze le corsiste hanno avuto l’opportunità di conoscersi e di riconoscersi e soprattutto di arrivare, tramite il gioco, le simulazioni e le diverse attività di gruppo, a definire le competenze riconosciute e ad individuare le metacompetenze trasversali. L’orientamento invece è stato strutturato come un percorso atto a offrire conoscenze e metodi per affrontare problemi specifici e ad accompagnare operativamente le utenti al raggiungimento degli obiettivi del percorso. Mentre l’aula “Inserimento lavorativo” ha puntato a definire un proprio piano di comunicazione, individuare le imprese sul mercato, definire le strategie e pianificare il proprio percorso di inserimento; l’aula “Creazione di impresa” si è prefissa di condurre le corsiste all’acquisizione della consapevolezza del ruolo imprenditoriale e al possesso delle competenze necessarie al ruolo di imprenditore, attraverso un iter ben definito: analisi del mercato: (definizione dei servizi/prodotti, mercato di riferimento, concorrenti, fornitori, barriere di ingresso), conoscenza delle strutture di supporto presenti sul territorio e analisi dei costi. L’aula “Inserimento lavorativo”, a seguito di una lunga fase di ricerca e di un faticoso investimento sull’auto-attivazione delle corsiste, incontri di verifica, conferma e simulazioni (mentoring) e incontri tra le corsiste e le imprese (il c.d. matching), ha portato all’attivazione di 18 stage, 5 dei quali hanno trovato una prosecuzione con diverse forme contrattuali; L’aula “Creazione di impresa”, dopo una lunga attività di studio e ricerca in cui le corsiste hanno dovuto letteralmente “fare i conti con la realtà”, ha portato alla definizione di 9 business plan.
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Lo sportello per i diritti degli immigrati Sabino De Razza La Puglia è diventata terra di immigrazione solo da alcuni anni. Il fenomeno è però cresciuto velocemente e ha fatto sì che la regione diventasse da zona di transito a vero e proprio luogo di accoglienza, sia per i richiedenti asilo politico appartenenti a varie etnie, sia per coloro che giungono in Italia in cerca di lavoro. Lo sviluppo del fenomeno in maniera così rapida ha però spiazzato le amministrazioni locali, che spesso si sono trovate a operare in situazioni di emergenza, mancando un quadro unitario e una pianificazione coordinata dei vari interventi destinati all’accoglienza e all’inserimento delle comunità immigrate nel territorio pugliese. Sindacati e associazioni hanno in parte rimediato agli spazi vuoti lasciati dalle amministrazioni, attivandosi soprattutto per l’assistenza e la prima accoglienza. Ma l’assenza di una strategia di lungo periodo che andasse oltre l’assistenzialismo e che sapesse cogliere le potenzialità e la ricchezza umana e culturale delle comunità migranti, ha posto un freno al percorso di autorganizzazione degli immigrati, limitandone la possibilità di affermarsi socialmente e di valorizzare le proprie competenze. A integrare l’operato della politica e dell’associazionismo, in una chiave nuova rispetto a quella del solo assistenzialismo, è nato così lo Sportello degli Immigrati Rdb Cub con i suoi servizi mirati a contrastare le situazioni di sfruttamento e di illegalità e far emergere la partecipazione effettiva di questi nuovi cittadini nei vari livelli della società. Un campo problematico nel quale lo Sportello sta, tra le altre cose, intervenendo - non senza incontrare notevoli difficoltà - è quello della forza lavoro in arrivo dai paesi balcanici e dell’ex Unione Sovietica e del relativo aumento della precarietà nel settore dell’agricoltura e della collaborazione domestica, in virtù della disponibilità di questi immigrati a rinunciare a formali contratti di collaborazione o all’assicurazione, in cambio di uno stipendio minimo e di vitto e alloggio. Questa situazione si riversa su quegli immigrati che hanno bisogno di un contratto per poter rinnovare il loro permesso di soggiorno, comportando, inoltre, una proliferazione di ricatti e un incremento della perdita di diritti nei luoghi di lavoro. Altro importante percorso in cui è impegnato lo Sportello Immigrati di Bari è quello a favore dell’autodeterminazione delle donne nigeriane, partendo dall’insegnamento della lingua italiana e dall’individuazione di microprogetti per trovare un’alternativa alla strada. Per contrastare le situazioni di illegalità, presso la sede dello Sportello degli Immigrati Rdb Cub è poi attivo un consultorio in cui una rete di avvocati si occupa della tutela e dell’assistenza legale degli immigrati, rilevando gli abusi, intervenendo nelle problematiche burocratiche da loro incontrate ed evitando perciò ingiuste espulsioni.
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L’esperienza delle donne del quartiere di Enziteto di Bari Rosa Matera Europa è un’associazione senza fini di lucro, nata nel 1989 con l’obiettivo di diffondere le pari opportunità per i cittadini del quartiere Enziteto, per superare le discriminazioni sociali, culturali e lavorative di una delle zone più degradate di Bari, tristemente assurta agli onori della cronaca nel gennaio del 2005 per la morte della piccola Eleonora. Nel promuovere il miglioramento della qualità della vita, l’associazione Europa ha attivato negli anni un lavoro di rete con le istituzioni e i servizi sul territorio (scuole, circoscrizioni, consultori familiari, parrocchie, associazioni di volontariato), sviluppando, nel tempo, una serie di interventi coordinati che hanno permesso di far emergere le potenzialità latenti tra le donne del quartiere e di renderle protagoniste nella vita culturale, sociale e lavorativa del quartiere. L’innovatività del progetto “Europa” consiste principalmente nell’essere riusciti a operare in un territorio difficile, dimostratosi nel passato refrattario a interventi finalizzati a migliorare la convivenza sociale, a garantire l’obbligo scolastico dei ragazzi o a sviluppare opportunità di accesso al mercato del lavoro. L’associazione è riuscita infatti a coinvolgere attivamente le donne del quartiere dando loro il ruolo di promotrici presso altre famiglie del quartiere. E’ nato così il “Comitato donne per Enziteto”, creato con l’obiettivo di diventare un punto di riferimento, mediazione, promozione tra il gruppo di donne proponenti e gli abitanti tutti del quartiere: il Comitato ha permesso di superare le diffidenze iniziali, ha coinvolto altre donne e famiglie, riconoscendone i bisogni sociali e lavorativi, e dimostrandosi quindi fondamentale per sviluppare azioni mirate per gli abitanti di Enziteto. Il percorso che ne è scaturito si è articolato in attività di formazione e autoformazione per le donne del quartiere, finalizzate a coniugare capacità tecniche con competenze di genere. Sono stati realizzati servizi di accompagnamento al lavoro con operatori pubblici e privati, sono stati firmati accordi con le aziende e per agevolare la partecipazione delle donne ai corsi, sono stai creati, accanto alle aule di formazione, degli “spazi di socialità”, con un servizio di baby sitteraggio, un angolo del caffé, e una ludoteca ai bambini di tutte le famiglie coinvolte nel progetto. Si è così instaurato un clima di complicità tra le donne partecipanti, che ha permesso di superare i naturali contrasti e gli attriti che si generano in un ambiente chiuso e diffidente come può essere un quartiere come Enziteto. La presenza dell’angolo del caffé, in particolare, ha creato un’atmosfera di familiarità nella quale è stato più facile scambiare informazioni e conoscenze sui diritti del lavoro e delle donne, favorendo la presa di coscienza della propria condizione e innescando un processo a cascata che è proseguito anche dopo le attività di formazione. La presenza costante degli operatori sul territorio e l’apertura di uno Sportello di orientamento e di un Osservatorio, collegati con i nuovi servizi per l’impiego, hanno invertito per gli abitanti del quartiere la tendenza a sentirsi estranei al sistema, a diffidare delle autorità, a non sentirsi né protetti dalla legge né obbligati a rispettarla, diffondendo al contrario fiducia verso le istituzioni e la civile convivenza. Allo sportello di orientamento si sono rivolte molto più delle trecento persone inizialmente previste, e chi è riuscito a svolgere l’intero percorso formativo è di fatto diventato un punto di riferimento stabile nel territorio di tutte le azioni proposte dal progetto. La costituzione di una cooperativa di gestione e produzione di “tipo b” rappresenta la migliore eredità “operativa” del progetto sul territorio.
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Ma accanto alle attività di orientamento e formazione per il lavoro, una delle strategie di promozione delle pari opportunità attuate dall’associazione Europa è stata la realizzazione di uno spettacolo teatrale, intitolato “Che dire della mia vita”, in cui le donne di Enziteto hanno raccontato e messo in scena le proprie storie di vita. Grazie alla sensibilizzazione del sindacato dei pensionati della Cgil, lo spettacolo è stato rappresentato nel corso del congresso regionale delle donne aderenti allo Spi. La visione dello spettacolo ha arricchito il dibattito congressuale e ha spinto molte donne del sindacato a iscriversi e a partecipare al laboratorio teatrale, che si è così arricchito delle esperienze di vita anche al di fuori di Enziteto. D’altra parte, alcune delle donne del laboratorio, che prima del progetto vivevano in completa solitudine la loro condizione di emarginazione sociale, sono state elette negli organismi direttivi dello Spi provinciale, diventando a loro volta promotrici di iniziative di ricerca sulla qualità della vita di soggetti svantaggiati. Un ruolo importante nella diffusione delle pari opportunità è stato svolto anche dal Centro territoriale per le famiglie “Il Mosaico” presente nel rione di Catino, a cui molte donne si rivolgono per partecipare alle varie attività, ma soprattutto per imparare a confrontarsi con gli altri e a integrarsi con il resto del territorio cittadino. Contemporaneamente, gli operatori del progetto, che si sono trasformati in animatori territoriali, hanno sollecitato i decisori politici fino a ottenere la costituzione di un gruppo di lavoro stabile formato da tecnici e politici, che sta affrontando le diverse problematiche emerse nel corso delle attività. Anche la presenza del sindaco di Bari e degli assessori sul territorio ha contribuito a far uscire dall’isolamento molte persone che finalmente hanno cominciato a sentirsi “cittadini”. I primi segnali di cambiamento, innescati dal progetto, sono stati l’arrivo dei vigili urbani, la presenza delle assistenti sociali due volte la settimana, l’apertura garantita dell’ufficio anagrafe, la presenza di un pediatra e di un dispensario farmaceutico, il potenziamento delle corse dell’autobus e, per la prima volta da quando esiste il quartiere, nelle ultime festività natalizie il Comune ha addobbato le strade e nel centro della piazza è stato allestito un grande albero di Natale. Attraverso lo sportello di orientamento e il laboratorio teatrale, che oggi continua al centro per le famiglie di Catino, il progetto dell’associazione Europa ha permesso a un numero notevole di persone, soprattutto donne, di stabilire nuovi e utili rapporti sociali e professionali e di prendere consapevolezza dei bisogni che prima venivano messi in secondo piano, come la formazione, lo studio e la cultura. Questo ha fatto sì che tra associazione Europa, Ufficio scolastico (l’ex Provveditorato agli studi), Assessorato ai servizi sociali e pubblica istruzione si stabilisse un protocollo per attivare a Enziteto dei corsi di Educazione degli adulti (Eda). In base alle numerose richieste pervenute dal territorio, l’associazione ha ottenuto il consolidamento dei corsi della scuola media inferiore e l’attivazione di percorsi di orientamento per la scuola superiore. E’ stata poi ristrutturata una parte della scuola media, e nei locali rinnovati saranno ospitati anche i vigili urbani e alcuni servizi della Azienda sanitaria. Grazie alla costanza degli operatori che, non si sono limitati alla semplice realizzazione del progetto, ma hanno continuamente stimolato tutte le istituzioni, sono stati reperiti i fondi per ristrutturare e attivare a Enziteto un Centro sociale e un asilo nido che, una volta recuperati, oltre a fornire i servizi necessari alla popolazione offriranno anche opportunità di lavoro. L’associazione Europa ha chiesto di incrementare le attività del centro, per realizzare a Enziteto una ludoteca, corsi di ballo e di ginnastica per le donne, facendo in modo che non venga disattesa quella fiducia che con tanta fatica è stata ricostruita tra i cittadini e le istituzioni in un quartiere che fin dalla sua origine è stato creato come un’ isola nelle terre del sud.
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Gli incontri europei delle persone in povertà Paola Aluisi Gli Incontri europei delle persone in povertà, promossi dalla Commissione europea e dalla Presidenza di turno dell’Unione e con l’assistenza tecnica e scientifica della rete europea di lotta alla povertà (EAPN Europa), nascono nel 2001 con la volontà di far emergere le voci di coloro che si confrontano quotidianamente con la povertà e l’esclusione sociale, restituendo il protagonismo alle persone che vivono questi problemi e promuovendo un’idea ampia di partecipazione. La Commissione europea considera ormai gli Incontri europei delle persone in povertà, insieme al programma di revisione tra pari, ai progetti di scambi transnazionali e alla tavola rotonda annuale sulla povertà e l’esclusione sociale, un importante momento per lo scambio di pratiche e l’apprendimento reciproco. La Commissione ha riconosciuto tale ruolo sia attraverso il suo sostegno diretto all’organizzazione degli Incontri sia riferendosi ad essi nella sua Comunicazione del dicembre 2005: “Lavorare insieme, lavorare meglio: un nuovo quadro per il coordinamento aperto delle politiche di protezione sociale e di integrazione nell’Unione europea”. Infatti, oltre ai numerosi momenti e strutture di concertazione tra i responsabili politici, le amministrazioni locali, le parti sociali e le organizzazioni non governative la Commissione e le Presidenze europee che si sono succedute dal 2001 ad oggi, ritengono importante far emergere – e ascoltare - anche le voci delle persone che direttamente si confrontano con i problemi della povertà e dell’esclusione sociale. La delegazione italiana agli Incontri europei A partire da questi Incontri, il CILAP EAPN Italia, sezione italiana di EAPN, ha coordinato il dibattito tra le organizzazioni che in questi anni hanno promosso e lavorato in Italia a questa iniziativa (fra queste: Casa dei diritti sociali, Comunità di Capodarco, Emmaus Roma, Caritas Diocesana di Avellino, Federazione Città Sociale, Maestri di Strada, Associazione Amici di Piazza Grande, Associazione Europa). Gli Incontri europei delle persone in situazione di povertà, nel corso di questi anni, hanno infatti sedimentato un lavoro che nel tempo ha dato significativi risultati anche in Italia: le organizzazioni coinvolte hanno creato un tavolo di lavoro permanente, che nel corso del tempo si è sempre maggiormente allargato alle realtà di base, che dei temi della povertà si occupano quotidianamente. Ciò ha contribuito a praticare uno scambio fra le realtà interessate e a darsi via via obiettivi che guardassero sempre più lontano per porre con forza questi temi anche nell’agenda politica italiana. Si è lavorato a momenti collettivi di dibattito su povertà ed esclusione sociale, ma anche di acquisizione di consapevolezza su questi temi che coinvolgessero tutti coloro che hanno un interesse diretto rispetto alla povertà, quindi anche i cosiddetti poveri, la maggior parte delle volte esclusi da questo tipo di processi e dibattiti. Nel marzo 2005 è stato organizzato un Incontro a Napoli sul tema dei diritti e dei bisogni dimenticati nel nostro sistema di welfare: si è trattato soprattutto di un momento di scambio dal basso, a partire dai diritti che la Costituzione italiana afferma e delinea con precisione. Un sistema democratico è sempre più debole quando ci sono persone che non riescono ad accedere nemmeno ai più elementari diritti di cittadinanza. Parliamo di persone senza dimora, rom, immigrati, famiglie che vivono in condizioni di estremo degrado in molte periferie delle nostre città e così via. I luoghi della povertà sono molteplici e non parliamo solo di povertà economica, ma anche culturale e morale. La preparazione della delegazione italiana al VI° Incontro delle persone in situazione di povertà ha cercato di mettere insieme le tante esperienze che in questi anni di lavoro hanno caratterizzato le 22
associazioni e le persone che hanno via via partecipato ai lavori preparatori. Il tema di fondo della preparazione in Italia al VI° Incontro può essere sintetizzato dallo slogan “Inclusione e’ sviluppo: partecipazione, risorse collettive e dialogo per la lotta contro la povertà”, che è stato anche il titolo dell’Incontro nazionale su questi temi organizzato lo scorso marzo a Bari dal CILAP – EAPN Italia e dalle organizzazioni del territorio per discutere appunto di partecipazione, povertà e sviluppo. L’organizzazione dell’Incontro nazionale a Bari ha avuto l’intento di portare in Puglia e soprattutto nella città di Bari, la sede di questo momento di dibattito e discussione. La scelta ha avuto un significato emblematico in rapporto alle priorità e alle urgenze che oggi e nel prossimo futuro dovrà considerare chiunque lavori per contrastare le varie forme di povertà economica e di esclusione sociale in Italia. Alcuni dei temi fondamentali su cui si è discusso sono stati: - la necessità di incidere sul clima culturale che vede ancora il povero come colpevole della propria condizione. Da qui discendono uno serie di interventi del sistema di welfare che non sono realizzati sulla base di una reale programmazione, ma che rispondono in maniera affrettata ed emergenziale ai disagi che nascono nei vari territori; in molti luoghi, specialmente nel sud dell’Italia, le infrastrutture sociali e culturali sono poche o del tutto assenti ed i temi della povertà non entrano come dovrebbero nel dibattito pubblico. - i cosiddetti poveri spesso non conoscono i loro diritti: questa condizione non li rende soggetti attivi, ma anzi li pone in una condizione di subordinazione rispetto alle istituzioni che erogano le prestazioni. E’ importante mutare questa prospettiva e rendere le persone in condizione di fragilità soggetti in grado di usufruire dei servizi per godere di un’esistenza dignitosa e decidere responsabilmente della propria vita. Occorre combattere l’abitudine diffusa a non esercitare quelli che sono i propri diritti. Gli operatori sociali e gli amministratori devono imparare l’ascolto, anziché fornire soluzioni preconfezionate ai problemi. La partecipazione delle persone sia per influenzare le politiche contro la povertà che nel determinare le proprie scelte individuali è la strada maestra per l’autonomia. - per combattere la cultura della povertà c’è bisogno di scuola, formazione e cultura: non bisogna più poi parlare di diritti minimi, ma semplicemente di diritti. Quando si chiamano in causa le persone occorre porsi nell’ottica di non chiedere semplicemente quali siano i loro bisogni, ma quali i loro desideri. Ciò farebbe fare un passo in avanti rispetto all’idea di poter colmare una carenza con un intervento scollegato da ciò che c’è stato prima e da ciò che verrà dopo. Per combattere la voglia di assistenzialismo e clientelismo, che ancora c’è nelle istituzioni, la parola d’ordine è prevenzione. - il lavoro di rete è fondamentale per mettere in comune esperienze simili fra loro che possono dialogare e potenziare le buone pratiche presenti nei vari territori. Da questo punto di vista, un’esperienza molto importante, che ha fatto da sfondo all’iniziativa pubblica tenutasi a Bari, ha riguardato l’ideazione di un questionario sui temi della povertà e dell’esclusione sociale e la sua somministrazione ad alcune classi di scuole medie della città di Bari. Questo esperimento ha avuto il fine, da un lato, di capire meglio quale fosse la percezione del fenomeno della povertà e dell’esclusione sociale da parte dei giovanissimi e dall’altra di sensibilizzare i ragazzi rispetto a questi temi. Da questa ricerca di tipo qualitativo sono emersi molti spunti interessanti di riflessione sull’immaginario che circonda i temi della povertà e dell’esclusione sociale ed è stata anche l’occasione per coinvolgere su questo stesso progetto altri territori in Italia, al fine di produrre per la fine del prossimo anno scolastico una ricerca diffusa sul territorio, che coinvolga alcune aree del sud, del centro e del nord Italia. Questo progetto, che è ora in fase di realizzazione, vorrebbe intanto dare una lettura della povertà ancora una volta dal basso, cioè a partire dalle persone, in questo caso i giovani e dal loro modo di 23
guardare a questi temi: è significativo, ad esempio, il fatto che in alcuni ragazzi che hanno risposto al questionario non vi fosse la percezione di appartenere ai cosiddetti poveri. Si è trattato poi di un mezzo per parlare ai giovani, affinché capiscano i temi di cui si parla, cercando di trasmettere loro un messaggio autentico e per una volta non mediato dalle immagine distorte della povertà e dell’esclusione sociale che si possono avere comunemente attraverso, ad esempio, i mezzi di comunicazione. Si tratta infine di una buona pratica perché sta mettendo insieme spontaneamente le risorse, le energie e le capacità di molte organizzazioni che da anni lavorano su questi temi in settori differenti, ma con le medesime prospettive.
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PICCOLO GLOSSARIO EUROPEO
Agenda europea per la Fissa le priorità che dovrebbero orientare l'azione dell'Unione politica sociale (2006- Europea (UE) verso lo sviluppo del modello sociale europeo. Essa intende anche promuovere la coesione sociale come parte integrante 2010) della Strategia di Lisbona e della Strategia a favore dello sviluppo sostenibile. Questo riesame dell'Agenda sociale svolge una funzione essenziale nella promozione della dimensione sociale della crescita economica e migliora l'applicazione delle azioni previste dalla vecchia Agenda sociale (2000-2005). L'Agenda sviluppa una duplice strategia: pone l'accento sul suo ruolo per accrescere la fiducia dei cittadini; presenta azioni chiave secondo due assi maggiori che sono l'occupazione e le pari opportunità e l'inserimento sociale. E’ redatta dalla Commissione europea, DG occupazione, affari sociali e pari opportunità Carta dei fondamentali
diritti E' stata proclamata in forma solenne nell'ambito del Consiglio europeo di Nizza il 7 dicembre 2000. Essa si basa sui trattati comunitari, sulle convenzioni internazionali - tra cui la Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950 e la Carta sociale europea del 1989 - sulle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, nonché sulle varie dichiarazioni del Parlamento europeo. E’ inserita nel Titolo II (articolo 7) del Progetto di trattato che istituisce una Costituzione europea.
Coesione sociale
Letteralmente “essere uniti”. L'espressione “promuovere la coesione sociale” significa che l’UE cerca di fare in modo che ogni persona abbia un posto nella società, per esempio combattendo la povertà, la disoccupazione, la discriminazione.
Commissione europea
E' l'organo esecutivo dell'UE, garantisce l'esecuzione delle leggi europee (direttive, regolamenti, decisioni), del bilancio e dei programmi adottati dal Parlamento e dal Consiglio, ha il diritto di iniziativa legislativa e negozia gli accordi internazionali, essenzialmente in materia di commercio e cooperazione. Il Presidente e i membri della Commissione europea sono nominati dagli Stati membri previa approvazione del Parlamento europeo.
Conferenza intergovernativa (CIG)
Con tale termine si indica la conferenza in cui si riuniscono i governi degli Stati membri dell'UE per modificare i trattati dell'Unione.
Consiglio europeo
Riunisce i Capi di Stato o di governo degli Stati membri dell'Unione europea e il Presidente della Commissione europea. Esso non va confuso né con il Consiglio d'Europa (che è un'organizzazione internazionale), né con il Consiglio dell'Unione Europea.
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Consiglio Europea
dell'Unione E' il principale organo decisionale dell'Unione europea. È l'emanazione degli Stati membri, di cui riunisce regolarmente i rappresentanti, a livello ministeriale: affari esteri, finanze, istruzione, telecomunicazioni. È l'organo legislativo dell'Unione, esercita il potere legislativo in co-decisione con il Parlamento europeo, coordina le politiche economiche generali degli Stati membri, prende le decisioni necessarie alla definizione e all'attuazione della politica estera e di sicurezza comune, sulla base degli orientamenti generali definiti dal Consiglio europeo. Controlla le entrate e le spese dell'Unione Europea al fine di migliorare a contribuire alla gestione finanziaria dei fondi dell'Unione Europea e di garantire così un utilizzo ottimale delle risorse a beneficio di tutti i cittadini dell'Unione.
Corte dei conti
Corte di giustizia Comunità europee
delle Garantisce che la legislazione dell’UE sia interpretata e applicata in modo uniforme in tutti i paesi dell’Unione e che la legge sia quindi uguale per tutti. La Corte vigila inoltre affinché gli Stati membri e le istituzioni agiscano conformemente alla legge e ha il potere di giudicare le controversie tra Stati membri, istituzioni comunitarie, imprese e privati cittadini.
Decisioni comunitarie
Sono norme vincolanti in tutti i loro elementi per coloro cui sono destinate. Le decisioni, quindi, non richiedono una normativa di applicazione nazionale. Una decisione può essere indirizzata a qualsiasi o a tutti gli Stati membri, a imprese o a singoli individui.
Dialogo con la società Fa riferimento alle consultazioni con la società civile che la Commissione europea realizza quando prepara le sue proposte civile legislative. Dialogo sociale
Indica le discussioni, i negoziati e l’azione comune tra le parti sociali europee e le discussione tra queste parti sociali e le istituzioni dell’UE.
Direttive comunitarie
Sono atti normativi dell'Unione Europea e hanno come destinatari gli Stati membri dell'Unione, i quali sono obbligati a raggiungere gli obiettivi indicati nella direttiva emanando, a loro volta, norme che dovranno essere applicate all'interno di ogni Stato membro.
Direzione generale (DG)
Il personale delle principali istituzioni europee (Commissione, Consiglio e Parlamento) è organizzato in un numero di dipartimenti distinti, conosciuti con il nome di Direzioni Generali (DG), ciascuno dei quali è responsabile di compiti o ambiti politici specifici.
Diritto comunitario
In senso stretto, il diritto comunitario è costituito dai trattati costitutivi (diritto primario), nonché dalle disposizioni previste dagli
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atti adottati dalle istituzioni comunitarie in applicazione dei trattati stessi cioè regolamenti, direttive, ecc. (diritto derivato). In senso lato, il diritto comunitario comprende l'insieme delle norme giuridiche applicabili nell'ordinamento giuridico comunitario. Si tratta quindi anche dei diritti fondamentali, dei principi generali del diritto, della giurisprudenza della Corte di giustizia, del diritto scaturito dalle relazioni esterne della Comunità o del diritto complementare scaturito dagli atti convenzionali conclusi tra gli Stati membri ai fini dell'applicazione dei trattati. Feeding in
Assicurarsi che le politiche sociali contribuiscano agli obiettivi di crescita ed occupazione.
Feeding out
Assicurarsi che le politiche per la crescita e l'occupazione contribuiscano alla coesione sociale.
Fondi strutturali
Sono un’importante fonte di finanziamento per le aree più povere, dove il PIL è inferiore al 75% dell’UE (obiettivo convergenza), per le zone più ricche (obiettivo competitività) , e per la cooperazione transfrontaliera. Sono finanziati in parte con risorse comunitarie e in parte con risorse nazionali. In Italia le iniziative di maggior rilievo riguardano le Regioni in ritardo di sviluppo come il Mezzogiorno. La nuova programmazione dei Fondi strutturali riguarda il periodo 20072013
FSE
Il Fondo sociale europeo (FSE) è uno dei fondi strutturali. È lo strumento finanziario dell'Unione Europea per gli investimenti nelle risorse umane. Attraverso una serie di programmi trasferisce agli Stati membri somme significative per sostenere la creazione di posti di lavoro più numerosi e di migliore qualità. Il regolamento 1081/2006 ne determina la sua applicazione per il periodo 20072013.
FESR
Il Fondo europeo per lo Sviluppo Regionale, mira a correggere i principali squilibri regionali esistenti nella UE, comprese le zone urbane e rurali, le isole, le zone di montagna, le zone scarsamente popolate e quelle di frontiera. Il regolamento 1080/2006 ne determina la sua applicazione per il periodo 2007-2013.
Governance europea
Il dibattito sulla governance europea, avviato dalla Commissione europea nel suo Libro bianco del luglio 2001, riguarda l'insieme delle regole, delle procedure e delle prassi attinenti al modo in cui i poteri sono esercitati in seno all'Unione Europea. L'obiettivo consiste nell'adottare nuove forme di governance che avvicinino maggiormente l'Unione ai cittadini europei, la rendano più efficace, rafforzino la democrazia in Europa e consolidino la legittimità delle sue istituzioni.
Grandi orientamenti delle Previsti dall’art 99 del Trattato di Amsterdam, il Consiglio, votando a maggioranza qualificata le raccomandazioni della Commissione, politiche economiche 27
elabora un progetto per i grandi orientamenti di politica economica degli Stati membri e della Comunità. Costituiscono il riferimento centrale del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. Tali orientamenti garantiscono una sorveglianza multilaterale dell'andamento economico negli Stati membri. Dal 2003 i GOPE vengono pubblicati per un periodo di tre anni consecutivi.
GOPE
Inclusione (strategia cooperazione)
sociale Processo avviato al Consiglio europeo di Lisbona nel 2000, volto a di rafforzare la lotta comune contro la povertà e l'esclusione. Comporta in particolare l’adozione del Metodo Aperto di Coordinamento, un processo dove ciascuno Stato membro, elabora Piani d'azione nazionali che definiscono le loro priorità e gli obiettivi di rafforzamento dell'inclusione sociale (PAN inclusione). Attualmente sono stati presentati i PAN per il periodo 2006-2008.
Lavoro in rete
Lavoro collettivo che riunisce gli altri attori chiave. Contribuisce all'individuazione e al consolidamento di tutti o parte dei risultati acquisiti e delle buone pratiche ai fini della diffusione e del mainstreaming.
Libro bianco
Pubblicati dalla Commissione sono documenti che contengono proposte di azione comunitaria in un settore specifico. Essi costituiscono talvolta il prolungamento dei Libri verdi, il cui scopo è invece quello di avviare un processo di consultazione a livello europeo. Allorquando un libro bianco viene accolto favorevolmente dal Consiglio, può portare ad un programma di azione dell'Unione nel settore interessato.
Libro verde
Sono documenti pubblicati dalla Commissione europea attraverso i quali si vuole stimolare la riflessione a livello europeo su un tema particolare. Essi invitano le parti interessate (enti e individui) a partecipare ad un processo di consultazione e di dibattito sulla base delle proposte presentate. I libri verdi sono a volte all'origine degli sviluppi legislativi che vengono poi presentati nei Libri bianchi.
Mainstreaming
Con questo termine inglese si indica il fare in modo che un certo fattore venga tenuto presente in tutte le politiche dell'UE. Per esempio, in ogni decisione su una politica dell'Unione Europea si deve ora tenere conto delle conseguenze della decisione stessa per l'ambiente. Vale a dire che si è proceduto al "mainstreaming" delle preoccupazioni ambientali.
Mainstreaming di genere
Integrazione sistematica delle situazioni, delle priorità e dei bisogni degli uomini e delle donne in tutte le politiche e nelle azioni pratiche allo scopo di promuovere attività basate sull'uguaglianza tra donne e uomini.
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Mainstreaming orizzontale
Trasferimento di esperienze verso altri organismi simili. Il trasferimento può essere specifico (ad esempio uno strumento determinato) ovvero più ampio (ad esempio, contribuire al cambiamento delle prassi).
Mainstreaming verticale
Trasferimento di esperienze e integrazione di tutti o di parte dei risultati sul piano istituzionale, politico, regolamentare o amministrativo.
Metodo aperto di E’ stato utilizzato per la prima volta dopo il trattato di Amsterdam in cui si stabiliva una politica comune europea sull'occupazione. Il coordinamento (MAC) Consiglio di Lisbona ha adottato questo metodo al riguardo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale, da qui al 2010.Tale metodo è finalizzato a rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri, facendo convergere le diverse politiche nazionali su alcuni obiettivi condivisi. Il coordinamento aperto si basa principalmente su 5 punti: 1) la definizione di una serie di obiettivi comuni da raggiungere; 2) l’individuazione degli strumenti necessari per la misurazione dei risultati (statistiche, indicatori) e per la verifica dell’evoluzione verso gli obiettivi prefissati; 3) la redazione di Piani nazionali per la protezione sociale e l’inclusione sociale da parte degli Stati membri per tradurre gli obiettivi dell'UE in strategie nazionali; 4) la pubblicazione di rapporti di valutazione sui Piani nazionali; 5) un programma di azione comunitario per promuovere la cooperazione in materia di politica sociale tra gli Stati membri, lo scambio di apprendimento reciproco e delle buone pratiche. Modello sociale europeo
Più che di un modello unico, si intende un modello basato sugli stessi principi ma attuato con strumenti diversi. Da non dimenticare che, rispettando il principio di sussidiarietà, le politiche sociali sono di pertinenza degli Stati membri.
Obiettivi comuni contro la Nel 2005, la Commissione europea, sulla base degli obiettivi povertà e l'esclusione precedentemente stabiliti dal Consiglio di Nizza (2000), ha proceduto ad una loro revisione. I “nuovi” obiettivi sono: sociale 1. Garantire l’integrazione sociale attiva di tutti promuovendo la partecipazione al mercato del lavoro e lottando contro la povertà e l’esclusione fra le persone e i gruppi più emarginati; 2. Garantire a tutti l’accesso alle risorse, ai diritti e ai servizi sociali di base necessari per partecipare alla società, affrontando nel contempo le forme estreme di emarginazione e lottando contro tutte le forme di discriminazione che sono causa di emarginazione; 3. Garantire che le politiche per l’integrazione sociale siano coordinate in maniera valida e prevedano la partecipazione di tutti i livelli di governo e dei soggetti interessati, comprese le persone in situazione di povertà, che siano efficienti, efficaci e integrate in tutte le politiche pubbliche pertinenti, tra cui le politiche economiche e di bilancio, le politiche dell’istruzione e della formazione nonché 29
Pari opportunità
Quello delle pari opportunità è un principio di carattere generale le cui principali componenti sono il divieto di qualsiasi discriminazione basata sulla nazionalità e la parità tra uomini e donne. Tale principio è applicabile in tutti i campi, segnatamente nella vita economica, sociale, culturale e familiare.
Parlamento europeo
Il Parlamento europeo è eletto ogni cinque anni a suffragio universale diretto. Insieme al Consiglio, svolge una funzione legislativa consistente nell'adozione delle leggi europee (direttive, regolamenti, decisioni), e ne condivide il potere di bilancio. Adotta definitivamente il bilancio nella sua completezza. Esercita un controllo democratico sulla Commissione. Approva la designazione dei suoi membri e ha il potere di censura. Inoltre, svolge un controllo politico su tutte le istituzioni.
Partecipazione attiva
(Lett: Empowerment): rafforzamento del potere. Nel campo dell'inclusione sociale: processo di mobilitazione delle risorse e di sviluppo delle capacità proprie in vista di una partecipazione attiva al proprio futuro.
Partenariato
Principio che mette insieme diversi partner allo scopo di sviluppare una comune strategia, condividere percorsi e obiettivi comuni. E’ conditio sine qua non nella progettazione europea.
Parti sociali
Sono le due parti dell’industria: gli imprenditori e i lavoratori. A livello dell’UE sono rappresentati da tre grandi organizzazioni: la Confederazione europea dei sindacati (CES), che rappresenta i lavoratori; l’Unione delle confederazioni delle industrie della Comunità europea (UNICE) che rappresenta gli imprenditori del settore privato; il Centro europeo delle imprese pubbliche (CEIP), che rappresenta gli imprenditori del settore pubblico. La Commissione europea le consulta nella preparazione di proposte legislative di carattere sociale o relative all'occupazione.
Patto di stabilità
Il Patto di Stabilità e Crescita è il Protocollo del Trattato di Maastricht che impone ai Paesi membri che partecipano alla Unione monetaria di mantenere, fra gli altri requisiti, un rapporto deficit/PIL al di sotto del 3%.
Piani di azione nazionali Sono Piani di azione a cadenza biennale che gli Stati membri sottopongono alla Commissione europea. In questi Piani (anche per l'inclusione detti PAN/inc) ogni Stato membro, basandosi sugli Obiettivi comuni contro la povertà e l'esclusione sociale, analizza la situazione nel proprio paese, identifica gli obiettivi nazionali, presenta una strategia di contrasto e le azioni specifiche che si propone di attivare. Nel 2006 sono stati presentati i PAN/inc relativi al 2006 – 2008. 30
Fanno parte del Metodo Aperto di Coordinamento. Pilastri dell'UE
l'Unione Europea prende decisioni in tre ambiti (insiemi di politiche) distinti, noti anche come i tre "pilastri" dell'UE: 4. L'ambito comunitario, che comprende la maggior parte delle politiche comuni 5. La politica estera e di sicurezza comune 6. La "cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale".
Povertà assoluta
Condizione economica limitata abilità ad acquistare beni e servizi, definita indipendentemente dallo standard di vita medio della popolazione di riferimento. Viene determinata sulla base di un paniere di beni o servizi ritenuti essenziali, rivalutato negli anni per tener conto della variazione dei prezzi correnti.
Povertà relativa
Limitata abilità ad acquistare beni e servizi, definita relativamente al reddito o al consumo medio o mediano della popolazione di riferimento.
Protezione sociale
La protezione sociale è un elemento fondamentale del modello europeo di società. Per protezione sociale si intende quell’insieme di interventi che comprendono la sicurezza sociale, le prestazioni e i servizi sanitari, i servizi sociali, l’istruzione e l’alloggio. Attualmente essa costituisce, in media, circa il 27,5% del PIL (in calo dopo il picco del 29% raggiunto nel 1993). È sugli Stati membri che ricade la piena responsabilità del finanziamento e dell'organizzazione dei loro sistemi. La legislazione comunitaria in materia contempla principalmente le modalità d'applicazione dei principi fondamentali del trattato nei regimi nazionali.
Rapporto congiunto su Analisi e valutazione dei Piani di azione nazionali per l'inclusione protezione ed inclusione sociale sottoposti dagli Stati membri realizzata dalla Commissione europea e dal Consiglio nel quadro del Metodo Aperto di sociale Coordinamento (MAC). Il rapporto congiunto annuale illustra il progresso fatto nell’implementazione del Metodo, fissa priorità chiave ed identifica buone pratiche ed approcci innovativi di comune interesse per gli Stati membri. Nel 2005, al fine di organizzare il processo del Metodo aperto di Coordinamento, è stata avviata la pubblicazione di una relazione congiunta annuale sulla protezione e sull’inclusione sociale. Il rapporto 2006 è basato su Piani e linee guida di politica, sottoposti dagli Stati membri nel 2005, sull’inclusione sociale, le pensioni e la cura della salute. Regolamenti comunitari
Servizi generale 31
di
Sono norme direttamente applicabili e vincolanti in tutti gli Stati membri dell'UE senza che sia necessaria alcuna normativa di trasposizione nazionale.
interesse Sono quelle attività di servizio, commerciali o non, considerate di interesse generale dalle autorità pubbliche e soggette quindi ad
obblighi specifici di servizio pubblico. Essi raggruppano le attività di servizio non economico (sistemi scolastici obbligatori, protezione sociale ecc.), nonché le funzioni inerenti alla potestà pubblica (sicurezza, giustizia, ecc.) ed i servizi di interesse economico generale (energia, comunicazioni, ecc.). Social inclusion profing
Strategia europea l'occupazione (SEO)
Valutazione di impatto e ricaduta sulla povertà e sull’esclusione sociale di tutte le politiche messe in atto, economica, monetaria, ambientale, trasporti, casa, ecc.
per Lanciata con il Consiglio di Lussemburgo nel 1997 è la risposta comune europea ai problemi dell'occupazione che porta gli Stati membri a coordinare le loro Strategie creata sulla base dei tre obbiettivi (pieno impiego, migliorare la qualità e la produttività del lavoro, rafforzare la coesione sociale e l'inclusione). Tale strategia passa attraverso l'adozione annuale di orientamenti e l'elaborazione di piani d'azione nazionali per ciascuno Stato membro.
Sussidiarietà
Il "principio di sussidiarietà" implica che le decisioni dell'UE devono essere prese il più possibile a contatto con i cittadini. In altre parole, l'Unione prende iniziative (tranne che nei settori in cui è l'unica responsabile) solo se l'azione dell'UE è più efficace dell'azione presa a livello nazionale, regionale o locale. Può essere verticale e orizzontale. Consiste nel raccordo tra i diversi livelli istituzionali, tra quello comunitario e gli Stati membri, tra gli Stati e i livelli di governo locali, tra questi e gli attori non istituzionali (sindacati, ONG, organizzazioni rappresentanti gli interessi dei cittadini).
Unione Europea
E' attualmente composta da 27 membri. L'UE è governata da cinque istituzioni: il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea, la Commissione europea, la Corte di giustizia e la Corte dei conti.
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