Progetto Di Ricerca3

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Università Ca’ Foscari Progetto di Ricerca 2008-2009

Autore:

Valentina Meli

Ateneo:

Università degli Studi di Venezia Ca’ Foscari

Titolo della Ricerca:

“Sviluppo di un modello e di una strategie di “buone pratiche” nella creazione e condivisone del materiale didattico all’interno della Scuola Secondaria”

Il Contesto della ricerca: Il fenomeno dell’e-learning nella scuola italiana, percepito nella sua importanza e pur fonte di dibattiti e ricerche non ha finora dato che pochi e frammentati risultati negli ambiti scolastici reali. Pur avendone individuato in maniera chiara le utilità anche in termini di un cambiamento formativo orientato verso modelli di apprendimenti di ambito diverso, costruttivista, contestualista, ecc., non si è riusciti ancora a definire una sua applicazione fattibile. La discussione inoltre ha creato una forte linea di divisione e demarcazione tra una cultura di ispirazione pragmatica e tecnologica e una di ispirazione pedagogico umanistica che non è stata fino ad ora in grado di cogliere e sostenere l’evoluzione del sistema scolastico, e che anzi sembra sempre più muoversi su piani diversi. Non si tratta della distanza tra ricerca e applicazione quanto il progettare e innescare una sperimentazione sul campo che abbia chiare le finalità teoriche ma si dimostri anche portatrice di un plus valore generale. La possibilità di utilizzare una rete diffusa e accessibile quale è internet, ha sicuramente favorito la creazione e la concezione di L.O. o di oggetti didattici distribuibili e riutilizzabili, anche se la l’idea della “modularità”, cioè la possibilità di strutturare in maniera molto forte il sapere e la conoscenza non è per niente nuova nella scuola ed è stata in gran parte spinta e favorita a livello istituzionale . In questo senso la modularità stessa non è ancora stata ancora sfruttata al meglio, pur essendo prevista dall’Autonomia Scolastica. La scuola in questo senso si comporta quindi in maniera ambivalente: da una parte si richiede una flessibilità formativa in grado di supportare tutte le diversificate esigenze, dall’altra prevede una flessibilità organizzativa che le risorse scolastiche non sono in grado di fronteggiare. L’idea innovativa dei LO è quella di creare dei moduli autoconsistenti e che non abbiano bisogno di rimandi concettuali e sequenziali come quelli che invece sono ancora in gran parte previsti nella programmazione degli insegnanti. Quanto i LO siano più decontestualizzati e quanto più sono riutilizzabili. Ma è realmente possibile prescindere di riferimenti contestuali nel realizzare materiale modularizzato? La comprensione non ne potrebbe risultare compromessa? E come riutilizzarli in un contesto diverso e senza perdere di quella individualizzazione del percorso formativo che oggi è tanto importante? La standardizzazione delle piattaforme di formazione online realizzata in seguito all’affermazione di SCORM è un esempio tipico di questo. Di per sé il fatto sembrerebbe riguardare un campo strettamente riservato ai ricercatori dell’area tecnologica e agli

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Università Ca’ Foscari di Venezia - Progetto di Ricerca 2008-2009 informatici. Gli oggetti didattici (LO - Learning Object) devono avere, secondo il progetto dell'ADL, alcune caratteristiche comuni: devono essere rintracciabili. Devono essere quindi creati degli standard accettati da tutti per archiviarli, in modo che sia possibile fare ricerche su appositi motori di ricerca che interrogano simultaneamente una rete di database dove gli oggetti risiedono fisicamente e da dove è possibile scaricarli (repository); una volta trovati, questi oggetti devono essere usabili. Devono cioè poter funzionare su diverse piattaforme, sistemi operativi, browsers: è questo il campo che viene comunemente definito “interoperabilità”, cioè la possibilità di far lavorare un oggetto didattico in qualsiasi ambiente in cui chi lo acquisisce abbia intenzione di usarlo; una volta messi al lavoro, gli oggetti didattici devono essere affidabili, e in particolare indipendenti dalle caratteristiche della piattaforma che li ospita: se la piattaforma sottostante viene modificata, devono continuare a funzionare allo stesso modo. Per raggiungere questi obiettivi, il governo americano ha promosso lo sviluppo di un modello di riferimento per i corsi di formazione condivisibili in rete: SCORM, Shareable Courseware Object Reference Model. Un Learning Object per Scorm, può essere o un “Content Aggregation Package” o un “Resource Package”. Un “Resource Package” rappresenta una collezione di assets, cioè di oggetti digitali minimi (singoli files) che non sono organizzati e impacchettati secondo una strategia formativa, ma sotto forma di elementi informativi minimi (un file audio, un’animazione, un’immagine, una pagina di testo, ecc.). Un pacchetto di risorse può contenere uno o più assets, ma in ogni caso, essendo una sorta di collezione di oggetti non strutturati, non conterrà istruzioni sul tracciamento. SCORM è di fatto un insieme di linee guida per definire il formato dei Learning Object e dei corsi che li contengono e che ne consenta la trasportabilità attraverso piattaforme di formazione (LMS - Learning Management System) differenti. SCORM definisce in primo luogo le relazioni dei componenti di un corso, la sua struttura. In secondo luogo definisce come funzionano i vari pezzi del corso, i Learning Object, stabilendo come tracciare e registrare i comportamenti dello studente all’interno di ognuno: cosa legge, che risultati ottiene nei test, quante volte ripete una prova, quante volte è ammessa la ripetizione di una prova. Lo standard SCORM è quindi un insieme di specifiche che danno indicazioni su: come creare un oggetto digitale per l’apprendimento che può essere riconosciuto e messo in funzione da un LMS (una piattaforma per la formazione online) SCORM compatibile. L’oggetto può essere usato dagli studenti e può dare informazioni (che vengono registrate dalla piattaforma) su ciò che ciascuno fa durante il suo utilizzo (tracciamento). Ma, ai fini del nostro discorso, la descrizione dell’impianto superficiale dello standard potrebbe già porre a chi si occupa di scuola qualche interrogativo intorno a due campi problematici: primo fra tutti il campo della riusabilità. E' utile per la scuola un sistema di distribuzione e di interscambio di oggetti didattici impacchettati in involucri chiusi, di cui è possibile leggere una scheda che dà informazioni schematiche? È proponibile un sistema che distribuisce all’insegnante oggetti che nascono nei contesti più disparati, portando con sé le scelte progettuali e le intenzioni formative di chi li ha pensati? L’assemblaggio di questi oggetti somiglierà alla costruzione ordinata di chi li descrive come i mattoncini di un LEGO della conoscenza, o sarà invece un’accozzaglia eterogenea che impegnerà l’insegnante in un gravoso tentativo di dare un senso

Università Ca’ Foscari di Venezia - Progetto di Ricerca 2008-2009 unitario (che è una delle caratteristiche fondanti di ogni ambiente di apprendimento) a pezzi di un puzzle impossibile? Il Ministero della Pubblica Istruzione italiano con la creazione del sito Gold nel 2005 ha iniziato la costruzione per la definizione e raccolta di Oggetti Didattici. Viene proposta una scheda di classificazione in cui, oltre alle indicazioni generali sull’oggetto, ne deve essere suggerito l’uso e il contesto. Il Learning Object vi è definito nel senso più tecnico del termine: la sua semplice, ma efficace struttura modulare, una strategia chiaramente disegnata e motivata, un legame con l’ambiente, che non diventa mai restrizione. Tutti elementi che lo rendono riusabile e trasferibile in tutto o in parte in un gran numero di situazioni. L’essere inserito nella rete Gold in un certo senso lo certifica e diventa parte importante di una documentazione a livello nazionale. Il Ministero sta anche lavorando per la creazione di un sistema di validazione delle risorse. Nell’ambito dei PRIN, (Programmi di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale) del Ministero, in particolare nel progetto EduOnto, che verte sulle nuove prospettive per l'elearning che il web semantico ed i Learning Object offrono, la ricerca vuole verificare se i due problemi fondamentali degli oggetti di apprendimento, la dimensione pedagogica ed il consenso terminologico relativo alla loro indicizzazione, possano essere risolti attraverso la messa a punto e l’utilizzo consensuale di ontologie di dominio. Il progetto EduOnto ha come fine immediato la costruzione di una ontologia utilizzabile per descrivere gli attori, i processi e le tecnologie nelle scienze dell’ educazione e, come risultato finale, la messa a punto di un Learning Object Repository che sfrutta la base ontologica per una loro consultazione intelligente, integrando ciò che di solito costituisce due distinte metodologie di sviluppo – la prima proveniente da uno sfondo sociale costruttivista, la seconda proveniente dal contesto SCORM e Learning Content Management Systems (LCMSs).

Il progetto CALIBRATE, (ottobre 2005 - marzo 2008), coordinato dalla European Schoolnet (EUN) e sostenuto dalla Commissione europea del Society Technologies Programme (TSI), ha sviluppato un programma che consentisse agli insegnanti di accedere alle risorse in una federazione di repository di apprendimento supportato da sei Ministeri della Pubblica Istruzione (Austria, Estonia, Ungheria, Lituania, Polonia e Slovenia). CALIBRATE è stato anche importante strategicamente in quanto ha contribuito a fornire il quadro per un nuovo progetto europeo: LRE, un servizio a livello mondiale che sarà lanciato dalla EUN a partire dal 2008. All’interno del progetto è stata sviluppata LeMill, nuova piattaforma per gli insegnanti. LeMill è anche una comunità Web di 2.840 insegnanti e formatori. Propone metodi per le procedure di creazione del materiale e suddivide le chiavi di ricerca del materiale per Metodo, Contenuti, Strumenti (mappe concettuali, casi, esperimenti) o Comunità di appartenenza. Ogni voce è poi suddivisa in sottocategorie: ad esempio le comunità sono poi suddivise per lingua. In questa raccolta si possono assemblare materiali diversi per

Università Ca’ Foscari di Venezia - Progetto di Ricerca 2008-2009 costruire nuovi percorsi didattici e scrivere uno o più brevi descrizione di come la lezione o il corso verrà sviluppato.

Alcuni progetti pilota condotti dall’Agenzia Scuola (Agenzia Nazionale per lo sviluppo dell’Autonomia Scolastica) come Digiscuola (2006-2007, 560 scuole secondarie coinvolte)1 e Lavagne Interattive (1650 lavagne installate in scuole del sud), attraverso l’utilizzo di un modello di formazione che privilegia un approccio collaborativo, hanno dimostrato che i docenti preferiscono progettare e realizzare i contenuti digitali in modo autonomo a misura di contesto, così da personalizzarli a seconda delle esigenze dei propri studenti e modificarli all’occorrenza. Di questo ne danno conferma i dati raccolti dal monitoraggio del Progetto Digiscuola del quale si è conclusa la prima fase di formazione di recente (2007). Sempre i dati del monitoraggio riportano bassi livelli di soddisfazione da parte degli insegnanti rispetto alla qualità dei contenuti digitali: acquistare un Contenuto Digitale già “confezionato”, senza alcun richiamo alla realtà, senza particolare adattamento alla classe cui ci si rivolge richiama ad una didattica di impianto trasmissivo e che ricalca la logica del libro di testo. Sembra che la rotta che gli insegnati seguono sia quella della conoscenza per mediazione, che vuole fornire agli studenti strumenti e criteri per conoscere la realtà e consentire alla ragione di collegare i saperi.

Se al docente non è possibile rintracciare gli oggetti in base a strategie formative, a modalità d’uso o a elementi qualitativi, l’unico riferimento per progettare assemblaggi resterà il contenuto. Come li adatterà allora alle linee guida della sua progettazione educativa? Sembrerebbe quasi che l’enfasi sull’interoperabilità si basi sull’idea di una scuola senza intenzioni educative, senza strategie per l’apprendimento, tutta basata sui contenuti e priva di metodologia. È un orizzonte in cui la scuola, almeno quella migliore, non si riconosce. Presentarsi alla scuola con progetti che si limitano a proporre l’uso di repository di oggetti da scaricare, senza nessuna ipotesi su un loro uso sul terreno della qualità, può costituire un forte fattore di insuccesso. L’impressione è quella che si stiano facendo grossi sforzi per la ricerca di standard comuni e condivisi e per la ricerca di soluzioni tecnologiche efficienti, ma che si affronti poco il problema pedagogico della costruzione, aggregazione e valutazione degli oggetti. Ci domandiamo dove stia il reale vantaggio, se dobbiamo ricercarlo solo nelle motivazioni di tipo economico che tutto sommato stanno alla base dell’idea stessa di riusabilità (perché è conveniente riusare? Evidentemente, prima di tutto, per evitare di rifare n volte lo stesso lavoro) oppure se è possibile fare emergere considerazioni più “elevate”, nell’ottica di utilizzare veramente in modo nuovo le potenzialità offerte dalle 1

Il progetto si muove ora con la condivisione in rete all’interno del portale Innovascuola creato dal Dipartimento per l'innovazione e le Tecnologie a cui parteciparanno scuole selezionate (http://www.digiscuola.it/)

Università Ca’ Foscari di Venezia - Progetto di Ricerca 2008-2009 tecnologie e da Internet in particolare, e non soltanto per replicare all’interno di ambienti tecnologici i formati consueti dell’istruzione, come la lezione frontale. Il modello di e-learning implicito nello sviluppo dei Learning Object SCORM compatibili non è avvertito come un potenziale supporto agli aspetti qualitativi dell’apprendimento. I docenti, di conseguenza, non si sentono sufficientemente motivati a sostenere il peso dalla fase di familiarizzazione con i nuovi strumenti e ad affrontare i problemi di una nuova organizzazione della didattica richiesta dal loro ingresso in classe. Da un punto di vista teorico, la comunità educativa internazionale non è concorde sull’assegnare all’asset dell’LO una sua autonomia come frammento da addizionare o se esso sia da pensare come molecola di parti. Altro problema è determinare se il LO possa essere utilizzato in un ambiente pedagogico di tipo costruttivista dove è il discente ad essere il protagonista e il materiale a caratterizzarsi come percorso di cui il discente si appropria dandogli un senso, in cui l’apprendimento si attua in maniera personalizzata, con un alto grado di interattività e in modalità learn by doing. L’insieme di specifiche IMS, rilasciate nel 2003 dal Global Learning Consortium, (IMS Global è supportato da oltre 120 organizzazioni) è nato con l'obiettivo di supportare le diversità pedagogiche e l'innovazione, assicurando lo scambio e l'interoperabilità di contenuti in modalità di apprendimento e-learning. Per fare ciò sono state integrate specifiche già rilasciate dal consorzio Educational Modelling Language (EML), risultato dal lavoro svolto dal gruppo della Open University of the Netherlands (OUNL), il "Valkenburg Group". Punto di forza è la capacità di cogliere la diversità degli approcci formativi e didattici. Le specifiche IMS, se opportunamente codificate, potrebbero quindi essere utilizzate per adattare o interpretare il contenuto in un percorso che preveda una strategia diversa da quella per la quale è stato progettato. Le specifiche nascono dalla necessità di individuare un linguaggio e una struttura formali in grado di rendere efficacemente conto degli aspetti pedagogici e didattici di un progetto formativo in modalità e-Learning e che sia soprattutto caratterizzato dal fattore di "interoperabilità". IMS Learning Design Specification (LDS) permette quindi di sviluppare corsi caratterizzati da approcci pedagogici avanzati e offre, nello stesso tempo, un nuovo approccio al ri-uso dei contenuti. Tra i problemi più contingenti dell’utilizzo degli LO nella scuola dobbiamo quindi mettere l’esplicitazione di presupposti pedagogici chiari, il modo in cui questi LO debbano essere pensati e progettati e se sia veramente possibile parlare di un loro riuso, soprattutto in un contesto come quello scolastico, che utilizza l’e-learning come integrazione al percorso in presenza. Se interpretiamo il concetto di innovazione come un percorso educativo verso il cambiamento, allora dobbiamo partire dall’approccio culturale che i docenti hanno rispetto al proprio sviluppo professionale ed indagare i comportamenti sui quali innestare questo processo. Quali i vantaggi dell’utilizzo di risorse riutilizzabili e della loro condivisione, come valore aggiunto al modo di operare tradizionale del docente? L’esplicitazione e la formalizzazione di modelli di buone pratiche e delle conoscenze tacite del gruppo docenti può costituire un passo importante non tanto nella riusabilità

Università Ca’ Foscari di Venezia - Progetto di Ricerca 2008-2009 del materiale, come ha messo in evidenza Trentin 2 quanto il rafforzamento di pratiche operative che rimangono frammentate e imprecise proprio perché non sufficientemente consapevoli, alla costruzione evidente della ricchezza prodotta dal gruppo, ad un investimento economico nelle risorse del sapere docente che resta solitamente (..) solo nel feedback fornito dal successo del percorso dello studente. Esplicitazione di un sapere che, prodotto dalla negoziazione tra docente e studente, può anche essere “immagazzinato” e dare vita a sapere nuovo, proprio perché pensato nell’ottica della rinegoziazione, della implementazione. Bisogna infatti evidenziare che il corpo docente produce enormi quantità di materiale di diversa tipologia, che spesso non riesce a riutilizzare nemmeno nella propria programmazione, proprio perché non vengono seguite precise linee di sviluppo.

Obiettivo della Ricerca: La presente ricerca si propone di sperimentare delle procedure che permettano lo sviluppo di nuovi approcci nella gestione e nella capitalizzazione dell'immenso patrimonio di conoscenze tacite interne alla scuola, collegando la ricerca allo sviluppo professionale attraverso l'identificazione delle buone pratiche per la creazione e condivisione di materiale didattico, con una ricognizione sulle metodologie adottate e sul valore aggiunto determinato dalla prassi. La crescita professionale dell'insegnante viene così a dipendere dalla sua appartenenza ad una vera e propria comunità di pratica che fa dell'apprendimento collaborativo la strategia "principe" della sua azione progettuale. Per rispondere però all’esigenza di interoperabilità del materiale prodotto e utilizzato occorre disporre di una modalità standardizzata per la descrizione delle buone pratiche.

Questo obiettivo può essere suddiviso in ambiti diversi:

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definizione e sviluppo di una cultura di buone pratiche che presupponga la condivisione, lo scambio di materiale e il suo riutilizzo;



sviluppo della pratica della condivisione anche in chiave di open source, Commonce License e collaborative authoring;



definizione di procedure all’interno di un sistema scolastico specifico per la creazione di materiale da condividere che possa essere riutilizzato in contesti diversi. Quindi sistemi di progettazione, gestione e implementazione del materiale didattico che ne prevedano anche il cambiamento dovuto al loro utilizzo, come l’aggiunta di informazioni da parte dell’utenza (insegnanti, studenti);



sviluppo della capacità di saper riutilizzare materiale adattandolo alle proprie linee di progettazione didattica;

Trentin G., Comunità di pratica professionali fra insegnanti: finalità e tipologie di aggregazione, in Form@re, n.22, settembre-ottobre 2003

Università Ca’ Foscari di Venezia - Progetto di Ricerca 2008-2009



costituzione e sviluppo di un gruppo di ricerca e sostegno per la diffusione delle nuove pratiche e quindi sviluppo della capacità di progettazione condivisa all’interno di un gruppo comunitario;



studio dell’ambiente di costruzione e sviluppo di questi materiali soprattutto in chiave di security, visto che l’ambiente verrà utilizzato da studenti minorenni;



rilevazione della qualità di sistema: individuare i punti critici all’interno delle pratiche per poterne sviluppare soluzioni;



Creazione di un repository interno alla scuola e quindi creazione e condivisione in chiave ontologica (ad esempio Minor);



Creazione di un minigruppo di esperti di progettazione e riusabilità dei materiali all’interno dell’istituto. Il progetto dovrebbe così sviluppare un valore aggiunto per chi progetta il materiale e chi lo riutilizza: la messa a fuoco del lavoro concreto che l'insegnante svolge collaborativamente con i propri studenti, l'enfatizzazione della ricerca, riflessione e sperimentazione in un lavoro collaborativo basato sul problem solving; Valore aggiunto per chi ne fruisce: si trova chiamato a condividerne intenti e ad implementarli, a ricostruirli quindi ad essere partecipe in prima persona dei percorsi e dei procedimenti. Valore aggiunto per l’istituto nel quale si opera: guadagnare qualità nel gruppo, poter condividere e scambiare con altre scuole in rete, costruire un patrimonio di appartenenza della comunità con il quale la comunità riconosce anche il proprio lavoro. Tangibilità del lavoro svolto, documentazione e quindi possibile analisi qualitativa delle procedure e delle metodologie adottate all’interno della scuola. Avvicinare la comunità scolastica agli ambienti integrati come progetto che parte internamente alla scuola e non viene invece calato dall’alto e quindi esprime effettivamente bisogno e motivazioni compresi e condivisibili dalla comunità. Sarebbe inoltre interessante valutare l’azione che si sviluppa all’interno di un contesto che può essere considerato come sistema complesso e variabile, valutandone quindi “previsione” e “controllo” anche in chiave contestualistica. Il considerare il tutto come sistema permetterebbe di coglierne la capacità olistica, generativa e produttrice di valore. L’analisi non dovrebbe essere invasiva ma riuscire ad interrogarsi su quali prospettive educative si stiano sviluppando all’interno del sistema e in quali direzioni (individuali, sociali, contestuali e culturali) queste si rendano esplicite.

Innovazione rispetto allo stato dell’arte nel campo:

I progetti di ricerca fin’ora sviluppati hanno riguardato soprattutto alcune parti del problema:

• l’incrementazione dell’utilizzo delle potenzialità offerte dalla informatica in genere e dell’utilizzo dei LO nello specifico, con situazioni calate dall’alto;

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• scenari su base nazionale o internazionali che partono da un ambito di ricerca esterno. Progetti come LRE coinvolgono gran parte della comunità Europea e internazionale e si preffigono la creazione di repository in cui tutti possono reperire tutto;

• si è focalizzata sugli elementi metodologici e tecnologici inerenti la loro progettazione e realizzazione, ed ha tendenzialmente trascurato gli aspetti più direttamente correlati al supporto che i LO possono fornire al processo d’apprendimento. Oggi il cambiamento di medium nel contesto scolastico implica anche la necessità di avviare una riflessione sui contenuti didattici, digitali e non, in funzione del curricolo e sull’uso e la funzione della mediazione delle tecnologie digitali rispetto al processo di apprendimento.

Il progetto di ricerca quindi si basa sul valorizzare le pratiche interne di una comunità partendo dalla comunità stessa, dal concetto di valorizzazione della ricchezza della comunità, dalla presa di coscienza di questo patrimonio e dallo sviluppo di un piano per rendere questo patrimonio visibile, accumulabile e riutilizzabile. Quindi ci si vuole muovere nel piccolo per riuscire a trovare conferma e convalida di buone pratiche che possano svilupparsi creando un nuovo background di tradizioni all’interno di un Istituto, in un ambiente sicuro e protetto dove la comunità di docenti, dirigenza, studenti e genitori si riconosce per valori e può operare un continuo controllo del grado di sicurezza. Il materiale prodotto, che non sarà LO ma sarà orientato verso le Unite of Learning in chiave costruttivista, sarà implementato ed evidenzierà le best pratice. Le risorse saranno costruite e utilizzate in maniera aperta, così che il loro valore sia accresciuto in senso didattico ma anche come rappresentazione della “biografia” dell’Istituto. Così anche da aprire la strada a nuovi modelli di apprendimento mantenendo però lo “stile” dell’Istituto.

Criteri di verificabilità: La popolazione individuata per la sperimentazione è quella del corpo docenti di un Istituto Secondario Superiore di Scuola Pubblica. Lo sviluppo del progetto è stato pensato all’interno di comunità-scuole che abbiano già espresso e in parte applicato l’utilizzo di piattaforme per implementare le esigenze formative della propria utenza. A questo scopo può essere proposto il Liceo Scientifico di Treviso che dispone di una piattaforma on line e che sta avviando un progetto di studio per la gestione delle risorse interne. Altra scuola individuata potrebbe essere il Liceo “Città di Piero” di San Sepolcro che ha aderito al Progetto Scuole e ha creato una piattaforma dove condividere il materiale didattico. Entrambe queste scuole sono state scelte perché l’esigenza è nata all’interno della scuola stessa, perché sono ancora in fase progettuale e sperimentale e perché hanno già costituito nel loro organico delle Commissioni di E-learning che quindi possono collaborare al progetto. Il progetto dovrebbe infatti essere interno alla scuola e posticipare ad una eventuale fase di sviluppo come la condivisione con piccole reti, proprio per mantenere molto

Università Ca’ Foscari di Venezia - Progetto di Ricerca 2008-2009 chiara la matrice della comunità di appartenenza, la sua cultura e i suoi valori condivisi. Solo in un secondo momento sarebbe auspicabile lo sviluppo di gemellaggi e poi di unioni più ampie. Si renderà anche necessaria un’indagine e un confronto sulle buone o cattive pratiche sviluppate nel sistema universitario, o anche nella formazione aziendale, così da avere un riferimento ad ambienti diversi. Il disegno di ricerca prevede un'organizzazione del percorso in più fasi, in modo tale da integrare in modo sistemico il lavoro del gruppo con le osservazioni raccolte e con fasi di confronto nel gruppo. Le fasi di sviluppo e la metodologia saranno incentrate a formare un caso emblematico che possa essere poi analizzato e studiato, condiviso. Allo stesso tempo si cercherà di stimolare un cambiamento all’interno delle pratiche della comunità. La ricerca può essere suddivisa in due macro fasi in cui all’inizio la comunità, dopo essersi creata e aver studiato lo stato di fatto, progetta e crea del materiale didattico individuandone le migliori procedure di progettazione. La seconda macro-fase nasce invece nel momento in cui queste risorse possono essere riutilizzate all’interno di nuovi contesti, e quindi la creazione di un sistema per condividerli ed utilizzarli all’interno di programmazioni didattiche diverse. Questa seconda fase, come la prima dovrebbero quindi essere costituita dalla progettazione delle procedure, dalla realizzazione del materiale, dall’ osservazione dell’utilizzo o riutilizzo di questo materiale. Il tutto accompagnato da una continua condivisione e osservazione del processo. A conclusione di ogni fase verrà redatta una scheda di osservazione in cui confluiranno tutte le rilevazioni raccolte durante la fase stessa. Fasi e strumenti metodologici:

1) fase di studio e analisi centrata su una ricognizione critica biblio-sitografica sullo stato dell'arte dell'area di competenza, sulle questioni procedurali e quindi sui metodi di produzione e sviluppo di materiale didattico riutilizzabile. Questa fase servirà anche per vagliare l’eventuale adesione a reti di scuole o a singole scuole con cui sviluppare un confronto progettuale, quindi su una mappatura del territorio scolastico. Questa fase verterà anche su un primo studio generale sull’uso degli LO nel sistema universitario e in quello della formazione aziendale a cui seguirà la scelta di campioni emblematici da analizzare in maniera più sistematica.

2) fase di costituzione di un gruppo di studio interno alla scuola (Commissione di Studio) e quindi della progettazione di una bozza di procedura standard ad opera dei partecipanti della comunità stessa. Contemporaneamente il gruppo si occuperà di organizzare e somministrare dei questionari per un primo brainstorming all’interno del corpo docente, della comunità dei genitori e di quella degli studenti. Il gruppo di studio sarà molto importante perché avrà lo scopo di esplicitare in forma molto chiara e condivisa il bisogno formativo dell’istituto.

3) terza fase di progettazione di materiali didattici da parte della comunità e sperimentazione all’interno della progettazione di Istituto. Questa fase servirà per raccogliere i dati delle prime osservazioni e fornire un monitoraggio sullo stato di efficacia ed efficienza nella procedura progettata. Potranno partecipare tutti gli insegnanti interessati, supportati dalla Commissione di Studio.

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4) Fase di sperimentazione dei materiali: i materiali verranno utilizzati all’interno dei percorsi predisposti

5) Fase di monitoraggio e osservazione sui prodotti sviluppati: gli strumenti che dovranno raccogliere l’impatto formativo sulla pratica, criticità e possibili fasi di ottimizzazione, dovranno prima essere progettati e discussi dalla Commissione che ne deciderà anche l’attuazione e procederà poi alla lettura dei risultati.

6) Fase di riutilizzo del materiale prodotto: si dovranno sviluppare delle linee guida per poter ricontestualizzare il materiale anche dove sia lo stesso docente che li ha creati a volerli riutilizzare. In questa fase sarà importante raccogliere i pro e i contro, gli effettivi vantaggi e la facilità nella gestione di questo materiale, anche come selezione del materiale stesso, ma soprattutto per individuare i punti critici del processo. Anche questa fase dovrà svilupparsi come sperimentazione.

7) Fase in cui sarà discussa la relazione conclusiva del progetto. I risultati saranno quindi formalizzati e condivisi nella Commissione e poi nel Collegio Docenti. Tutti i dati raccolti saranno poi definiti all’interno di un manuale.

8) Possibili sviluppi: sviluppare sinergie con altri progetti e creare dei gemellaggi tra scuole in un sistema a catena di piccoli gruppi. Lavorare in termini di comunità collegandosi ad esempio a sistemi di comunità già nati in altri ambiti come quello formatosi grazie al progetto Celebrate.

Per la creazione del materiale didattico si farà riferimento alla “guida sulle migliori pratiche” dell’IMS, che costituisce l’insieme di specifiche che catalogano il materiale definendolo come “materiale di collaudo da parte dell’utente”. Inoltre si studieranno e si valuterà l’utilizzo di Editor e Tool per la creazione di Unit of learning come Reload, editor che fornisce il supporto per metadati IMS, IEEE LOM, IMS Content Packaging 1.1.4, SCORM 1.2, e SCORM 2004. O il Learning Design Player sviluppato dall’Università di Palermo (studio su CopperCore, rilasciata dalla Open Universiteit Nederland). Si farà anche riferimento al progetto Learning Resource Exchange della Comunità Europea, di cui fanno parte Calibrate e Melt.

Nella prima fase del progetto, oltre allo studio dell’esistente si darà grande importanza alla condivisione degli obiettivi e alla formazione della Commissione/Comunità di sviluppo e al confronto con altri ambienti di riferimento. Si darà grande importanza ad uniformare linguaggi e conoscenze, con incontri di condivisione e scambio che siano formativi per tutto il gruppo. Come vocabolario condiviso il modello sarà quanto già elaborato all’interno del progetto Calibrate che suggerisce di partire dai Programmi di studio Nazionali per uniformare la terminologia. Si cercherà quindi di creare quel clima collaborativo e culturalmente condiviso che sarà

Università Ca’ Foscari di Venezia - Progetto di Ricerca 2008-2009 importantissimo per far emergere la Cultura della Comunità. Ma allo stesso tempo si cercherà di trasmettere a tutti i membri il necessario il background culturale specifico per operare. La metodologia sarà cooperativa e collaborativa, condotta anche in termini asincroni grazie all’utilizzo di piattaforma e forum di condivisione. (Entrambe le scuole individuate utilizzano Moodle). Nel corso della ricerca si cercherà di verificare l'ipotesi se una comunità di insegnanti possa sviluppare procedure interne al proprio sistema, che le permettano di condividere i frutti della propria progettazione didattica e che queste procedure possano essere poi anche studiate e prese a modello. Allo stesso tempo si potranno verificare gli effettivi vantaggi di tutta la procedura come innovazione all’interno della progettazione dei singoli curriculi.

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