15 novembre 2008 / Anno XIII / Numero 1202
Lavorare alla Casa Bianca
Cartoniadi: gli atleti della raccolta
a pagina 2
alle pagine 4 e 5
I giudici hanno convalidato la decisione di sospendere l’alimentazione forzata della giovane donna
il colonnino
Eluana, ultimo atto E
luana non può saperlo, lei giace incosciente nel letto di una clinica di Lecco da quando, nel lontano 1992, si schiantò con la sua auto contro un muro. Entrò in coma, poi in stato vegetativo persistente, una situazione da cui molto raramente si esce. Eluana non può saperlo ma questi potrebbero essere i suoi ultimi giorni di vita. Un Tribunale giovedì ha convalidato decisioni prese in passato da altri giudici, autorizzando Beppino Englaro a privare la figlia del sondino che le garantisce la sopravvivenza fornendo l’acqua e il nutrimento di cui il suo corpo ha bisogno. Eluana non è attaccata ad alcun macchinario, non ci sono spine da staccare ma alimentazione e idratazione da sospendere. Se il padre non cambierà idea, nei prossimi giorni la donna, che oggi ha 37 anni, sarà trasferita in un ospedale disponibile a interrompere il flusso di
acqua e sostanze nutritive. In altre parole, certo un po’ crude, Eluana morirà di fame e di sete anche se, assicurano molti dottori, non si accorgerà di nulla. Ed è molto triste pensare che i medici invece di salvare la vita umana questa volta ne interromperanno una. Il padre spiega che Eluana amava la libertà e che mai avrebbe accettato di vivere così, sdraiata in un letto, senza muoversi né parlare. Ma anche se così fosse, chi deve decidere quando finisce un’esistenza? Chi è padrone della vita propria e di quella degli altri? I giudici, forse, oppure i genitori? Oppure, ancora, i medici? Chi ha fede risponde che la vita è un dono e un regalo non si rifiuta mai. Ecco perché monsignor Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la vita, ha definito la sentenza che apre a Eluana le porte della morte «una sconfitta per tutti».
Le suore: lasciatecela
L
asciate che Eluana «rimanga con noi, che la sentiamo viva»; questo chiedono le suore della clinica «Beato Luigi Talamoni» di Lecco, dove la giovane donna è ricoverata da 16 anni. Le suore sperano che la sentenza del Tribunale non venga mai eseguita e che a Eluana sia data la possibilità di vivere ancora, accanto a loro che la curano e la accudiscono con dedizione. «Non chiediamo nulla in cambio – aggiungono – se non il silenzio e la libertà di amare e donarci a chi è debole, piccolo e povero».