L'agricoltore americano David Bradshaw, 50 anni, un giorno, aprendo i suoi alveari, ha scoperto che circa la metà dei 120 milioni di api che possedeva era scomparsa. In 24 Stati americani, altri apicoltori hanno vissuto esperienze analoghe: le loro api stanno scomparendo ad un ritmo allarmante, mettendo a repentaglio la produzione di numerose coltivazioni. «Non ho mai visto niente del genere» ha detto Bradshaw, «alveare dopo alveare… sono tutti vuoti». Mentre gli scienziati si adoperano per cercare di trovare risposte e spiegazioni plausibili per questo fenomeno, gli apicoltori sono sempre più nervosi e preoccupati per la capacità del loro settore commerciale di fare fronte alla crescente domanda di insetti in grado di impollinare decine di colture diverse, dalle mandorle agli avocado ai kiwi. Uno studio della Cornell University ha calcolato che le api da miele impollinano ogni anno colture per un valore di 14 miliardi di dollari, per buona parte frutta. «Su tre bocconi che facciamo consumando i nostri pasti, uno dipende dal miele dell'ape del miele che ha impollinato quel prodotto», ha detto Zac Browning, vicepresidente della Federazione Americana Apicoltori. I ricercatori hanno coniato un nome per questa nuova sindrome: “Sindrome da Dissolvimento della Colonia” (Colony Collapse Disorder - CCD). Sostengono che, presumibilmente, le api muoiono nei campi per la stanchezza perché disorientate e finiscono con l'esporsi al freddo fino a morire. Ma può anche essere che muoiano perché sono «stressate». Qualcuno ha preso anche in considerazione la possibilità che ciò dipenda da un'infezione virale, da un fungo o da un'alimentazione insufficiente al fabbisogno delle api. Si stanno anche esaminando dei pesticidi che in alcuni Paesi europei sono già stati messi al bando, per capire se in qualche modo questi possano interferire con l' innata capacità delle api di ritrovare la strada di casa. Sulla Costa occidentale degli Stati Uniti, la perdita di api è stimabile nel 30-60% del totale, anche se alcuni apicoltori della costa orientale e del Texas lamentano perdite superiori al 70%. Di norma, per un apicoltore è normale subire una perdita di insetti impollinatori del 20%. Gli apicoltori cercano di far sì che le loro api sopravvivano ai lunghi mesi invernali che precedono la stagione dell'impollinazione, che ha inizio a febbraio, e ciò verosimilmente abbassa le loro difese immunitarie nei confronti di eventuali virus. Anche gli acari, loro parassiti, hanno inferto un duro colpo alle colonie di api di tutto il mondo, e gli insetticidi impiegati per cercare di sterminarli stanno compromettendo la facoltà delle api regine di mettere al mondo lo stesso numero di api operaie. Le api regine ormai vivono la metà di quanto vivevano fino a qualche anno fa. Dennis van Engelsdorp, uno specialista di api della Pennsylvania, ha detto che la «forte repressione immunitaria» riscontrata dai ricercatori «potrebbe essere l'Aids dell'industria delle api», rendendole più vulnerabili ad altre malattie che alla fine le portano alla morte. Per far fronte alle perdite, gli apicoltori stanno procurandosi altrove le loro api, così da poter adempiere ai contratti siglati con i coltivatori. Lance Sundberg, un apicoltore di Columbus, nel Montana, ha speso 150.000 dollari nelle ultime due settimane per acquistare 1000 confezioni di api provenienti dall'Australia. Ha perso un terzo dei 7.600 alveari che possiede sparsi in sei Stati. C'è il rischio però, che pur mescolando le specie di api le sparizioni continuino a verificarsi. Secondo una ricerca dell'Istituto di Scienze Naturali dell’Università di Landau (Germania) coordinata dal Dr. Jochen Kuhn, potrebbe essere i campi elettromagnetici generati dai telefoni cellulari ad interferie con il sistema di orientamento delle api, impedendone il rientro nell’alveare e portandole alla
dispersione. In America, sono partite le prime denunce sull'uso di pesticidi: in particolare, l'attenzione sembra concentrarsi su sostanze neonicotinoidi a base di “imidacloprid” - utilizzate nella concia di sementi di mais, girasole e colza - come il “Gaucho” della Bayer, proibito da anni in Francia e per il quale l’azienda stessa ha già preparato un sostituto chiamato “Poncho”. “Escluderei che la moria di api dipenda dalle onde elettromagnetiche. Credo invece che siano i pesticidi neonicotinoidi a base di imidacloprid, come il Gaucho della Bayer”, ha dichiarato Giorgio Celli, docente all'Istituto di Entomologia Agraria Guido Grandi presso l'Università di Bologna e coordinatore del gruppo di ricerca sulle alternative ai pesticidi in agricoltura, commentando lo studio tedesco. “È possibile che le onde elettromagnetiche possano in qualche modo contribuire”, ha detto ancora Celli, “ma solo marginalmente”. In Francia, dove questi pesticidi sono stati sospesi da tempo, ha proseguito Celli, “ho visto con i miei occhi l'effetto che essi provocano sul comportamento delle api, quindi so quello che dico”. Quanto alla posizione assunta da Silvio Borrello, direttore generale della sicurezza degli alimenti e della nutrizione del ministero della Sanità, è stata così liquidata da Celli: “A noi non risulta alcuna domanda di sospensione cautelativa dell'imidacloprid e nessuna ricerca è in corso sulla moria di api. Non abbiamo mai ricevuto alcuno studio pubblico e privato a riguardo”. Sulla stessa lunghezza d'onda di Celli è Claudio Porrini, ricercatore presso la facoltà di Entomologia Agraria all'Università di Bologna: “A seguito di una riunione avvenuta il 25 luglio 2006, l'Istituto Nazionale di Apicoltura avanzò una proposta di sperimentazione che allo stato attuale è ancora in fase di programmazione. Sono i ministeri che devono farsi carico di eventuali ricerche necessarie a garantire la salute dell'uomo e dell'ambiente nel quale esso vive e non le case farmaceutiche o i privati”. Porrini sta conducendo una ricerca finanziata dalla Bayer proprio sull'effetto che ha sulle api l'imidacloprid. “Stiamo ancora lavorando sull'implicazione di questa sostanza ma escluderei – ha concluso Porrini – il coinvolgimento dei campi magnetici. Ho seri dubbi riguardo a quanto emerso dallo studio tedesco condotto dall’Università di Landau. La moria di api si è acutizzata negli ultimi anni mentre i campi magnetici esistono già da tempo”. In Francia, la sospensione cautelativa dell'imidacloprid è stata approvata già nel 2002. Nel 2004 c'è stata un’interrogazione parlamentare che chiedeva la sospensione cautelativa anche in Italia e molti istituti di ricerca e associazioni apistiche avevano inviato senza alcun esito richieste di sospensione al Mipaaf e al ministero della Sanità. “La strategia della Bayer è quella di portare il più possibile per le lunghe queste sospensioni. La casa farmaceutica ha introdotto sul mercato il Poncho, un conciante per le sementi che sostituirà il Gaucho”. Sono stati i campioni di sangue a parlare, quelli prelevati su un campione di 24 ecuadoregni che vivono nel raggio di tre chilometri dalla frontiera settentrionale con la Colombia. Sotto accusa sono finiti gli spray letali spruzzati dal governo colombiano sulle piantagioni di coca come deterrente. Grazie alla tenacia dei ricercatori dell'Università Cattolica di Quito, insospettiti dal forte aumento di disturbi di vario genere in una parte della popolazione a partire dal 2000 - vomito, diarrea, dolori intestinali, vertigini, mal di testa, bruciore degli occhi e della pelle, eritemi in continuazione - si è appurata la verità: 24 pazienti presentano danni al loro DNA fino all'800% in più rispetto alla popolazione che vive a 80 chilometri di distanza, con altissimo rischio di cancro e di compromettere del tutto le generazioni future. Sotto accusa è finito il glifosato, un erbicida venduto alla Colombia dalla statunitense Monsanto con il nome di Roundup, già noto ai ricercatori europei per i suoi effetti letali, spruzzato per via aerea con generosità sui campi che si trovano nella zona di confine e coltivati a coca.
L'area ai confini con la Colombia, dove vive il campione analizzato, è dal 2000 considerata una zona di grande criticità per le enormi coltivazioni della pianta da cui si ricava la cocaina. Nel solo 2006, il DIRAN, la Direzione Antinarcotici della Polizia Nazionale Colombiana, sostenuta dal governo degli USA, ha coperto di Roundup 171.613 ettari, cioè il 24% in più rispetto all'anno precedente. Gli scienziati di Quito aspettano adesso di vedere pubblicato il loro studio sulla prestigiosa rivista scientifica Genetics and Molecular Biology. Il Roundup dà il nome anche ad una gamma di colture geneticamente modificate dette “Roundup ready” (RR) perché resistenti al glifosato. La prima coltura Roundup ready è stata la soia RR, anch'essa un brevetto Monsanto, a cui sono seguite altre specie (ad es. cotone, colza e mais). La produzione di piante Roundup ready, e quindi le problematiche ambientali e di proprietà intellettuale poste dagli OGM e dalla posizione dominante che Monsanto, o comunque le multinazionali del settore, occupano in un'agricoltura di questo tipo, pongono per l'appunto Monsanto al centro di numerose polemiche. Sei nicaraguensi, che negli anni ’70 hanno lavorato nelle piantagioni di banane del Nicaragua in mezzo ai pesticidi, diventando sterili, hanno vinto la causa intentata in un tribunale di Los Angeles contro la multinazionale ortofrutticola Dole Food Co. Inc. e quella chimica Dow Chemical Co. Ai sei querelanti è stato riconosciuto un risarcimento danni complessivo di 3,3 milioni di dollari, con cifre individuali che vanno da 331.200 a 834.000. A sperare che la magistratura continui a fare il suo dovere sono altri 5000 exbraccianti che hanno 5 cause aperte contro la ‘Dole'. Il legale delle vittime risarcite, Pedro Antonio Hernández, ha dichiarato: “Il tribunale ha agito con grande senso di giustizia perché l'azienda sapeva che il pesticida usato era dannoso per la salute e agì con disonestà contro umili lavoratori”. La prima storica sentenza risale al dicembre del 2002: Dow Chemical, Shell Oil Company e Dole Food Company furono condannate a pagare 490 milioni di dollari di risarcimenti a 583 lavoratori di piantagioni di banane danneggiati dal Nemagon, un pesticida tossico che ha sterilizzato migliaia di lavoratori del Centro America. Il prodotto, usato per controllare i nematodi, causa anche impotenza, depressione e probabilmente aumenta i casi di tumore allo stomaco. L'ingrediente attivo del Nemagon è il DBCP (dibromocloropropano), classificato come “obsoleto e da eliminare” dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il pesticida era stato prodotto alla fine degli anni '50 dalla Dow e dalla Shell, che avevano condotto test di tossicità, prima della registrazione negli USA, che rivelarono che il DBCP riduceva lo sperma e atrofizzava i testicoli dei conigli e scimmie; tuttavia, né la Dow né la Shell resero pubbliche quelle informazioni al governo. Nel 1964, il governo statunitense approvò il DBCP per uso commerciale, e le multinazionali procedettero a metterlo nel mercato senza divulgare informazioni sulla sua tossicità né raccomandare l'uso di protezioni. Le compagnie producevano circa 11 mln kg di Nemagon all'anno negli anni '60 e '70. La Dole era il maggior utilizzatore del pesticida in Centro America. Nel 1977, i lavoratori dell'impianto di fabbricazione in California identificarono i primi casi di sterilità umana riconducibile al DBCP. Dopo che il caso era diventato pubblico, il prodotto fu vietato negli USA, ma le esportazioni continuarono. Due delle tre più grandi multinazionali produttrici di banane passarono ad altri pesticidi più costosi, ma la Dole continuò ad usare il Nemagon, che ha causato molto di più della sterilità, ha infettato migliaia di persone. Il fotografo Manuel Esquivel e il giornalista José Adán Silva, chg da molti anni accompagnano con fotografie e cronache giornalistiche la lotta e le rivendicazioni dei bananeros, hanno realizzato del libro “Il Nemagón in Nicaragua: Cronaca di un incubo”, con un importante prologo dello scrittore nicaraguense Sergio Ramírez.
I bananeros della Asociación de Trabajadores y ex Trabajadores Afectados por el Nemagón (ASOTRAEXDAN) chiedono il rispetto degli accordi firmati nel 2005 con il passato governo, ma fino ad ora non hanno ricevuto nessuna risposta. Migliaia di persone continuano a permanere accampate in quella che ormai è conosciuta come la “Ciudadela del Nemagón”, nei pressi della Asamblea Nacional. Durante l'attività di presentazione del libro, il presidente della ASOTRAEXDAN, Victorino Espinales, ha dichiarato che “Ad oggi sono morti 1.902 compagni ex lavoratori delle bananeras e più di 2 mila ex lavoratori della canna da zucchero a causa dell'Insufficienza Renale Cronica (IRC)”. “Il nostro caso ha bisogno oggi di una politica di Stato, in quanto abbiamo il diritto di vivere e che si faccia giustizia per quello che ci è accaduto. Siamo in queste condizioni semplicemente perché a qualcuno è venuta la idea di produrre, commercializzare ed applicare veleno, senza pensare che si dovesse proteggere la vita umana. È anche per questo motivo che non possiamo tralasciare di menzionare l'elemento politico contenuto in questa storia. Nel 2005 - ha continuato Espinales - abbiamo firmato accordi con il governo dell'epoca ed ora il nuovo presidente non li vuole riconoscere ed è per questo che dopo cinque mesi siamo ancora qui a Managua. Sta aspettando che ce ne andiamo per sfinimento o con la forza. Due compagni sono già stati vittime di attentati con arma da fuoco e la Polizia non ci ha ancora dato i risultati delle indagini. Non ce ne andremo da Managua fino a che non avremo una risposta e con altri 14 compagni abbiamo già preso la decisione di iniziare una sciopero della fame indefinito, senza ingerire né cibo, né liquidi. Vedremo se questa misura estrema scuoterà la coscienza dei governanti”, ha concluso il presidente della ASOTRAEXDAN. (Pubblicato su Ecplanet 24-12-2007) LINKS
Bees Dying by the Millions
Honeybees Vanish, Leaving Keepers in Peril New York Times 27 febbraio 2007 Il mistero delle api scomparse Imidacloprid Pesticide Most Likely Cause of Honeybee Colony Collapse Disorder democraticunderground Colony collapse disorder - Wikipedia
Chiquita's Children These Times Magazine maggio 2005 Judge throws out Dole "bananeros" cases reuters 24 aprile 2009
Agrotóxico CBG - Dossier Gaucho CBG - Imidacloprid (Gaucho) Colony Collapse Disorder - Wikipedia