La Storia Della Pubblicità

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  • Pages: 12
Istituto Commerciale Salvetti

Katiusha & Fra Anno scolastico 2008-2009

INDICE

Introduzione

Pag 3

CAPITOLO 1 Gli albori della pubblicità

Pag 4

CAPITOLO 2 La nascita del giornalismo pubblicitario

Pag 6

CAPITOLO 3 Da Carosello ai giorni nostri

Pag 8

CAPITOLO 4 L’era contemporanea

Pag 10

Conclusioni

Pag 12

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“La pubblicità è il rumore di un bastone in un secchio di rifiuti”.

George Orwell

Introduzione Definire con il termine pubblicità quella forma di comunicazione a pagamento, diffusa su iniziativa di operatori economici (attraverso mezzi come la televisione, la radio, i giornali, le affissioni, la posta, Internet), che tende in modo intenzionale e sistematico a influenzare gli atteggiamenti e le scelte degli individui in relazione al consumo di beni e all’utilizzo di servizi, sarebbe sicuramente riduttivo. Esistono molte altre classificazioni, che non necessariamente si escludono a vicenda. Si può andare da classificazioni molto generiche come ad esempio quella volta a promuovere un consenso relativamente a tematiche su cui esiste una divergenza di opinioni ; quella impiegata dallo Stato o dalla Pubblica Amministrazione con lo scopo di comunicare informazioni relative ai diritti e ai doveri dei cittadini o del tipo meramente politico volta a reclamizzare un partito o un’ideologia. In virtù di questo ho cercato di parlare di pubblicità intesa come fenomeno sociale, come vettore del processo di crescita della stessa socialità. Il mio obiettivo è stato quello di evidenziare come il percorso sia stato decisamente dinamico e versatile, come testimoniano la stessa evoluzione e metamorfosi degli scenari internazionali. Tutto ciò a rilevare il continuo e progressivo cambiamento del termine Pubblicità e come nel corso dei secoli il sistema comunicativo sia cambiato, e si sia modellato nel contesto socio-culturale nel quale si è sviluppato.

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CAPITOLO 1 Gli albori della pubblicità Parlare adesso della storia della pubblicità non è certo semplice dato che viviamo praticamente circondati da questa forma di comunicazione. Ma dobbiamo, però addentrarci negli albori di questa disciplina che vide i natali sin dai tempi della nascita di Cristo, un duemila anni fa. A quel tempo camminando per le strade di una città, diciamo civilizzata, si potevano notare alle pareti dei palazzi le insegne dei negozi dipinte sui muri, dei veri e propri manifesti. Le insegne erano sempre raffigurate con illustrazioni che mostravano cosa si vendeva in un negozio e strategicamente parlando, vi è da considerare che a quel tempo la maggior parte della popolazione, se non un buon 90% era analfabeta. Di conseguenza si evince da sola la necessità del “venire in contro” alle ristrettezze culturali della popolazione: il fabbro vende spade e l’insegna sarà la spada o la classica incudine. L’uso di queste insegne si protrasse attraverso i secoli fino al medioevo ed ancora più in la ai giorni nostri. Poi venne il tempo dei libri e della loro stesura a cura dei monaci Benedettini, che con pazienza scrivevano in pregevole calligrafia i libri del tempo. In questo tempo vide i natali anche la tecnica “di stampa” xilografica, che consisteva in una tavoletta di legno incisa in modo da ottenere parole e

disegni, la parte in rilievo veniva

così inchiostrata e

sovrapposto un foglio esso veniva premuto, stampandolo. Con le evoluzioni seppur limitate furono introdotti successivamente, attorno al’400 d.c., i punzoni di ferro; ovvero delle vere e proprie riproduzioni delle lettere (dei piccoli timbri, giusto per capire). Il 1450 segnò una rivoluzione, infatti, Johann Gutenberg inventò la stampa a caratteri

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mobili. Sviluppando le tecniche sopra descritte, Gutenberg utilizzò i punzoni per incidere una lastra d’ottone, colando successivamente del piombo fuso, ripetendo l’operazione innumerevoli volte, finché ottenne tanti caratteri, perfetti. Così, la stampa decollò ed i libri ed altri stampati si diffusero enormemente aprendo realmente una nuova epoca. Con la nascita della stampa, venne automatica la nascita dell’editoria, è, infatti, datata solamente ventisette anni dopo l’invenzione della stampa, la prima comunicazione edita per la vendita di un calendario (l’avviso dell’editore W. Caxton reclamizzò un calendario delle festività da lui edito). Il ‘600 detta la nascita della pubblicità sui giornali, infatti sulla Gazzetta di Parigi, comparì il primo annuncio pubblicitario di un medico, per poi nel 1657 il lancio di un nuovo prodotto sul Public Adviser a Londra. In Italia i primi giornali fanno la loro comparsa tra il 1630 ed il 1650; La Gazzetta di Parma e quella di Mantova.

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Capitolo 2 La nascita del giornalismo pubblicitario Solo attorno al 1800 questi fogli acquisteranno una frequenza quotidiana, sempre però avendo radici e contenuti di carattere locale. Nel 1845 in Francia fa la comparsa la prima concessionaria di pubblicità “Société Générale des Annonces”, che gestì l’esclusiva gli spazi pubblicitari di tre grandi giornali. L’Italia non stette a guardare e nel 1863

fu

fondata la Manzoni, organizzazioni che raccoglievano

inserzioni per più giornali contemporaneamente, assicurando così un flusso di denaro costante e crescente, permettendo lo sviluppo della stampa quotidiana dall’800 ad oggi. Gli Stati Uniti, un passo sempre avanti, crearono la prima “agenzia di pubblicità” che offriva ai propri clienti una struttura di scrittori ed artisti per le proprie inserzioni. La crescita vorticosa di questo nuovo metodo di comunicazione, pose all’attenzione i primi limiti comunicativi, in altre parole la ristrettezza di spazi sui giornali e la sintesi dei manifesti. Nell’800 il messaggio pubblicitario apparve sempre più frequentemente nei giornali e ad affiancare questo si impose all’attenzione il manifesto. Oggi ancora icona della pubblicità. La resa di stampa dei quotidiani era scarsa, annunci realizzati grezzamente e confinati in apposite pagine senza colore. La stampa, litografica, dei manifesti permetteva oltre al colore, una resa ottima ed un’ottima qualità. Il manifesto così si impone come mezzo primario di comunicazione di massa. Ed ecco “spuntare” il primordiale Direct Marketing, ovvero il sistema con cui si inviano comunicazioni a degli indirizzi selezionati divisi in categorie. Un particolare sistema per fare pubblicità per le strade ottocentesche fu l’uomo sandwich: un uomo che passeggiando in giù ed in su, portava appesi al corpo per mezzo di bretelle, dei grandi cartelloni con messaggi o manifesti pubblicitari. Nel ‘900 questa disciplina assunse finalmente il termine di

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Pubblicità.

Nel 1907 furono realizzati i primi studi su di essa e suoi

aspetti sociali. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, la pubblicità venne utilizzata per raccolte di denaro, arruolamenti (alzi la mano chi non conosce lo Zio Sam che punta il dito), difesa civile e cosi via. Finita la guerra, la pubblicità assume toni sempre più professionali, tralasciando l’aspetto decorativo affinandosi sempre più verso uno studio

del mercato cui è rivolta, del linguaggio e della

grafica.

Gli anni ’30 vedono la comparsa della radio. Trasmissioni a puntate seguitissime e sponsorizzate. Nascono i primi concorsi sui settimanali, le primordiali promozioni vendite. Nel secondo dopoguerra in Italia fu un fiorire di nuove associazioni “a tema”, datata ’45 è la nascita dell’Associazione Italiana Tecnici Pubblicitari; l’UPA di lì a poco e seguita dalla Federazione Italiana della Pubblicità e così via. Nasce l’associazione per gli studi di mercato e viene indetto il primo premio per la Pubblicità: la Palma d’Oro. Colti impreparati i pubblicitari Italiani, nel dopoguerra videro l’ascesa in casa loro di società internazionali di pubblicità, venute in aiuto agli investitori stranieri visti sprovvisti di strutture adatte e locali.

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Capitolo 3 Da Carosello ai giorni nostri

Gli anni cinquanta e sessanta, come tutti sappiamo, videro il boom industriale, economico e consumistico del nostro Paese. Di calibro, e pesante, è la nascita nel 1954 della Radio Televisione Italiana, la Rai. Nel 1957 cominciò la programmazione di

Carosello, uno spettacolino di due minuti in cui

con scenette

comiche si alludeva ad un prodotto per poi citarlo esplicitamente solo nei quindici secondi finali del programma. Pubblicità all’Italiana. (la saga di Carmencita fu un fulgido

esempio

di tutto ciò – creazione di A. Testa). In questi anni si

diffondono le conoscenze teoriche sulla comunicazione pubblicitaria e viene introdotto il vocabolario dei termini tecnici di questa disciplina. I bambini vengono “presi di mira” e scoperti come target privilegiato su cui puntare, prodotti mirati per questa fascia sono creati dall’industria alimentare e la pubblicità contribuì alla loro diffusione. Nel 1960 lo stile di vita consumistico americano si impadronisce dell’italica popolazione e la pubblicità si sbizzarrisce per promuovere sempre nuovi consumi. Nel 1966 nasce il codice di autodisciplina pubblicitaria (tratterò in seguito questo argomento). Gli anni

della rivoluzione a cavallo tra il ’68 e gli anni ’70

vedono il

rovesciamento delle teorie consumistiche e la presa di coscienza di un modello di vita

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alternativo. Il consumo e le ideologie del lavoro vengono prese di mira e la pubblicità additata come fomentatore del consumismo sfrenato. Anni rivoluzionari che vedranno inoltre l’importante nascita delle televisioni private. Telemilano la prima del gruppo

Berlusconi, insieme a una miriade di altre emittenti private.

Nel

1986 il Convegno Nazionale della Pubblicità porta ad un rilancio della stessa, nell’ottica del rinato consumismo di questi anni. La nuova offerta delle televisioni private porta agli apici del successo la promozione su questo mezzo, gli interpreti sono delle star e la domanda-offerta di spazi e in crescita esponenziale. Il caro e vecchio Carosello andò in pensione lasciando spazio alla consapevolezza che le sponsorizzazioni (sportive, culturali ecc…) erano tecniche di comunicazione di grande rilevanza. La pubblicità è tanta e la confusione pure, nacque l’Auditel, l’ente garante per la rilevazione dei dati di ascolto. E sempre, negli anni ’80 fanno la comparsa i primi programmi di grafica e editoria per computer.

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Capitolo 4 L’era contemporanea Prendendo spunto da una relazione dell’UPA (Utenti Pubblicità Associati) e dall’annuale relazione di Nielsen Media Research possiamo prendere in esame, dati alla mano, il mercato pubblicitario 2008 ed analizzare le previsioni per il 2009. Di pari passo allo stato dell’economia nazionale, anche il settore pubblicitario ha variato i suoi posizionamenti e le sue percentuali sui diversi mezzi. Come attualmente l’economia vede il settore dei Servizi il nuovo motore trainante della macchina Italia, anche nel settore pubblicitario gli investimenti sono per la maggior parte aumentati in questa direzione. I servizi hanno visto un investimento di oltre 170 milioni di euro, raggiungendo un +10% rispetto agli investimenti degli anni precedenti. Nello specifico i maggiori settori che hanno visto un incremento del budget pubblicitario sono raggruppabili in quelli dei

servizi alla persona: telecomunicazioni con un 9,9%, finanza ed assicurazioni 37,8%, servizi professionali 10,7%. Come possiamo vedere è in corso un profondo cambiamento, soprattutto se raffrontato a 15-20 anni fa, dove a farla da padrone erano i beni di largo consumo. Come sappiamo, la vecchia scuola di pensiero è dura a morire, il taglio del marketing è il primo

che

viene

effettuato

quando

una

società

entra

in

crisi.

Come sappiamo questa è una scelta più controproducente che altro, infatti da qualche anno a questa parte, grazie alla congiuntura economica si sono perse oltre 400 aziende che investivano in pubblicità, ma fortunatamente oggi, siamo nuovamente ad un trend positivo; simbolo che chi crede nella comunicazione, sa sfruttarla a proprio vantaggio

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specialmente nei momenti difficili. Analizzando poi l’importanza dei mezzi in Italia, non possiamo non citare l’attuale suddivisione dell’investimento pubblicitario: TV 62,9% – Periodici 15,7% – Quotidiani 12,5% – Radio 5,4% – Affissioni 2,6% –

Internet 1,5% – Cinema 0,9%. Mentre cinema, affissioni e radio subiscono una rigida flessione, il nuovo mezzo che spicca un balzo enorme in avanti è Internet con ben il +12,5% in un anno seguito da periodici, quotidiani e televisione. Se il web ha portato una ventata d’aria fresca, anche la tecnologia comincia ad imporsi fornendo nuovi modi per comunicare: spot interattivi, games advertising, in store advertisng, tv sul cellulare, new locations (taxi, metropolitane, ascensori), veri e propri media alternativi che vedono oltretutto forti investimenti per quanto riguarda il product placement e la sponsorizzazione sportiva. Se lo scenario di riferimento per il 2008 è quello di un mercato piatto sotto il profilo macroeconomico e prudente, ci si può sbilanciare pronosticando un anno nuovo di stabilità e di conferma dei trend e degli orientamenti. Un 2009 che vedrà internet farla da padrone, con una previsione (UPA) di ben 20 e più punti percentuali d’aumento rispetto ai pochi degli altri mezzi. Internet come detto prima, sarà il media che la farà da padrone nell’investimento pubblicitario, capire in quali settori di questo avverranno gli investimenti è arduo saperlo data la frammentazione di mezzi con cui in rete è possibile comunicare. Tutto sommato un bel rilancio della comunicazione, dopo lo stop post new economy.

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Conclusioni

Il mio desiderio, alla fine del percorso didattico e prima che il mio elaborato finisca inesorabilmente nei meandri dell’archivio scolastico, è quello di ringraziare sentitamente tutto il personale della “ Salvetti “ , professori , Preside e compagni di scuola per l’aiuto e l’affetto a me fornito, in questa che è stata senza ombra di dubbio un’esperienza indimenticabile. Un immenso abbraccio va alla mia mamma , a mio fratello e ai miei nonni, sostegni confortanti e pazienti nei momenti di difficoltà. Tuttavia in questi anni difficili il mio augurio più vivo e sincero va a tutto il mondo scolastico e alle sue istituzioni , malgrado le tendenze attuali, e purtroppo future, siano per la riduzione dei fondi verso tutte le strutture didattiche. Bisognerebbe riflettere sulle priorità dei tagli alla spesa pubblica, perché troppo spesso non si tiene in considerazione

che investire nell’istruzione e nella cultura

significa

prevenire i mali della società. Con vero affetto

Kathy & Fra Mark Twain: La verità è la cosa più preziosa che possediamo, per questo motivo dovremo farne economia..

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