Ossetia

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MOLOTOV bollettinomolotov.blogspot.com

20/08/08

Abkhazia Sud Ossezia

Iustum enim est bellum quibus necessarium, et pia arma ubi nulla nisi armis spes est

Costituzione dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche Con le modificazioni e le aggiunte approvate dal Soviet Supremo dell'U.R.S.S. il 25 febbraio 1947 in base al rapporto della Commissione di Redazione

EDIZIONI IN LINGUE ESTERE Mosca 1947 Printed in the Union of Soviet Socialist Republics Capitolo II - STRUTTURA DELLO STATO ARTICOLO 22 La Repubblica Socialista Federativa Sovietica della Russia è costituita dai territori seguenti: Altai, Krasnodar, Krasnoiarsk, Primorie, Stavropol, Khabarovsk; dalle seguenti regioni: Arcangelo, Astrakhan, Briansk, Vielikie Luki, Vladimir, Vologda, Voronez, Gorki, Grozni, lvanovo, lrkutsk, Kaliningrado, Kalinin, Kaluga, Kemerovo, Kirov, Kostroma, Crimea, Kuibiscev, Kurgan, Kursk, Leningrado, Molotov, Mosca, Murmansk, Novgorod, Novossibirsk, Omsk, Oriol, Pensa, Pskov, Rostov, Riasan, Saratov, Sakhalin, Sverdlovsk, Smolensk, Stalingrado, Tambov, Tomsk, Tula, Tiumen, Ulianovsk, Celiabinsk, Cita, Ckalov, Iaroslavl; dalle seguenti Repubbliche Socialiste Sovietiche Autonome: Tartaria, Basckiria, Daghestan, Buriato-Mongolia, Kabardina, dei Komi, dei Marii, Mordovia, Ossetia settentrionale, degli Udmurti, dei Ciuvasci, Iakutia; dalle seguenti regioni autonome: degli Adighei, degli Ebrei, degli Oiroti, Tuva, dei Khacassi, dei Circassi. ARTICOLO 25 Della Repubblica Socialista Sovietica della Georgia fanno parte la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma dell'Abkhasia, la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma dell'Aggiaria e la regione autonoma dell'Ossetia Meridionale.

Saakhasvili, il duce del Caucaso Mercoledì, 20 Agosto 2008 Carlo Benedetti MOSCA. Da oggi quando parleremo di Russia, di Medvedev e di Putin, saremo tutti costretti a fare riferimento anche ad un altro “leader”. Il quale, segnando in negativo la vita e le vicende del Caucaso, crea, nello stesso tempo, non pochi problemi alla Georgia e ai protettori americani. Il personaggio è il presidente attuale della repubblica georgiana: Michail Nikolaevic Saakasvili. Il suo nome tornerà a risuonare ancora per molto in vista che si riunisca un Tribunale internazionale che giudichi le sue azioni criminali che hanno provocato il genocidio del popolo ossetino e le distruzioni dell’Ossezia del Sud. Ma mettiamo da parte le giuste emozioni del momento e cerchiamo di ricostruire la carriera di questo duce del Caucaso. Michail nasce a Tbilisi il 21 dicembre 1967 nella famiglia di un medico. La madre si chiama Ghiuli Alasanija, professoressa di storia specializzata nella cultura medioevale della Georgia. Il padre, Nikolos, è un medico abbastanza noto in tutto il paese; il nonno è un funzionario del Kgb. Michail lascia ben presto la casa natale e viene educato dallo zio materno Temur Alasanija, un diplomatico dell’Urss impegnato alle Nazioni Unite. Termina la scuola media n.51 di Tbilisi con il massimo dei voti e una nota lo segnala come allievo modello. Nel 1962 si laurea in diritto internazionale all’Istituto delle Relazioni Internazionali a Kiev, in Ucraina. In questo periodo c’è però una macchia nera nella sua attività universitaria: nel 1988 viene espulso dall’organizzazione dei giovani comunisti (Komsomol) perchè accusato di aver diffuso materiali antisovietici. Segue l’espulsione anche dalle scuole e viene riammesso solo dopo il 1989 quando accetta di prestare servizio militare nelle truppe di frontiera che sono un reparto d’avanguardia del Kgb.

dell’Accademia europea del Diritto a Firenze; e all’Aja segue lezioni di diritto internazionale. In questi anni è impegnato anche ad Oslo presso l’Istituto dei Diritti. Viene chiamato a collaborare con alcune grosse società americane - Patterson, Belknap, Webb & Tyler - che sono impegnate nei progetti petroliferi della Comunità degli Stati Indipendenti. Rientra in Georgia su invito del suo amico Zurab Zvanja. E qui prende avvio una nuova pagina nella sua vita. Zvanija (nato nel 1963 a Tbilisi) è un politico che si è fatto un nome: nel 1985 si è laureato in biologia all’Università di Tbilisi e nel 1989 ha fondato in Georgia il “Movimento dei Verdi” che trasforma poi in Partito del quale diviene presidente per poi essere eletto co-presidente dei Verdi europei. Nel 1993 diviene segretario generale della “Unione dei georgiani” che appoggia la politica di Eduard Scevardnadze. Nel novembre 1995 - dopo la vittoria elettorale - è nominato Presidente del Parlamento della Georgia. Ed è in questo momento che, appunto, Saakasvili compare sulla scena. Viene eletto deputato per il Partito “Unione dei georgiani”. Nel 1996 è presidente del comitato parlamentare che si occupa delle questioni giuridiche istituzionali. Nell’agosto 1998 è alla guida del gruppo parlamentare. Poi, a partire dal gennaio 2000, si trova al Consiglio d’Europa in qualità di rappresentante della Georgia. E nell’ottobre del 2000 viene nominato ministro della Giustiza del suo paese, ma nel settembre 2001 si dimette dagli incarichi accusando Scevardnadze e l’intero governo di corruzione. E subito organizza un movimento di opposizione al quale aderiscono più di ventimila georgiani. E’ in questo periodo che evidenzia il suo vero volto: c’è un divario tra quello che predica e quello che pratica. E il peggio deve ancora arrivare.

La sua biografia, a questo punto, ci ricorda che si è sposato con una olandese - Sandra Roelofs dalla quale ha due figli, Eduard e Nikolos e che parla sette lingue, tra queste l’inglese, il francese, l’olandese e il russo. Intanto la carriera politica va a coincidere sempre più con l’attività di E c’è ora il salto di qualità. Vince una borsa di Zvanija. Il quale, nel giugno 2002 annuncia la studio del Congresso degli Usa e viene formazione di un nuovo schieramento ammesso alla Università della Columbia (New parlamentare denominato “Democratici” che York). Qui nel 1994 ottiene il titolo di avrà come obiettivo quello di guidare la Georgia “magister” e nel 1995 si laurea presso l’Università “George Washington”. Si trova poi verso l’Occidente. Ed è chiaro che dietro le impegnato negli studi presso l’Istituto dei Diritti quinte ci sono già il miliardario Soros e gli americani della Cia che, comunque, sono già sul umani a Strasburgo e poi frequenta i corsi

posto. Comincia l’aperta demonizzazione della Russia e si scopre sempre più che la Georgia è destinata ad essere una roccaforte americana nel sud dell’Europa. Piombano su Tbilisi gli uomini del grande capitale occidentale ed anche Israele fa i suoi conti, scegliendo di stare dalla parte della nuova generazione dei politici del Caucaso. Arriva così quel sommovimento che verrà chiamato come “Rivoluzione delle rose” con Saakasvili che diviene presidente del Paese e Zvanija primo ministro. Tutto è stato preparato con cura. E l’esercito di Saakasvili si rafforza con le armi più sofisticate che arrivano dagli Usa e da Israele.

Questa è una storia di espansionismo statunitense, più che di aggressione russa Seumas Milne, Guardian - traduzione di mirumir La guerra nel Caucaso è il prodotto dell'imperialismo americano e non solo di conflitti locali, ed è probabile che sia solo un assaggio di eventi futuri.

15 agosto 2008 L'esito di sei lugubri e sanguinari giorni di guerra nel Caucaso ha innescato la nauseante ipocrisia dei politici occidentali e dei mezzi di informazione a essi asserviti. Mentre i commentatori tuonavano contro l'imperialismo E’ il 2004. Il dado - come si dice - “è tratto”. russo e la brutale sproporzione della reazione, il Ora a Tbilisi c’è un vero “americano” che, vice presidente degli Stati Uniti Dick Cheney, destinato a dettare le leggi del nuovo ordine fedelmente riecheggiato da Gordon Brown e mondiale, sarà riconfermato nel 2008 alla carica David Miliband, ha dichiarato che "l'aggressione presidenziale dopo aver avviato le pratiche per russa non deve rimanere senza risposta". George l’ingresso nella Nato in pieno accordo con i Bush ha denunciato la Russia per avere "invaso suoi padroni dell’amministrazione Bush. I quali, un vicino stato sovrano" e minacciato "un tra l’altro, lo corteggiano come non mai e ne governo democratico". Una tale azione, ha fanno l’eroe dei nostri giorni. Sakasvili, intanto, insistito, "nel XXI secolo è inaccettabile". attacca su tutti i fronti quelle regioni come l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud dove si Questi sono per caso i capi degli stessi governi sviluppano forti aspirazioni separatiste e che nel 2003 hanno invaso e occupato – insieme liquida, di conseguenza, l’Autonomia alla Georgia, guarda caso – lo stato sovrano dell’Adzaria. E lo scontro con la Russia si fa dell'Iraq con un falso pretesto causando centinaia sempre più forte mentre si avvicina la prova del di migliaia di vittime? O dei due governi che fuoco. nell'estate del 2006 hanno bloccato un cessate il fuoco mentre Israele polverizzava le Sono le ore zero-zero dell’8 agosto quando le infrastrutture del Libano e uccideva più di mille truppe di Saakasvili attaccano l’Ossezia del Sud civili come rappresaglia per la cattura o e la sua capitale Tsikvali. Comincia il l'uccisione di cinque soldati? bombardamento a tappeto. Cadono sotto i colpi dei georgiani anche i soldati russi delle forze di Dopo tutta questa indignazione per l'aggressione pace. Solo alle 18,23 quando le truppe russe russa quasi si fatica a ricordare che è stata la della 58ma divisione raggiungono i dintorni Georgia a scatenare la guerra giovedì scorso della capitale ossetina, le truppe si Sakasvili attaccando brutalmente l'Ossezia del Sud per fuggono. Ma ormai il genocidio e le distruzioni "ristabilire l'ordine costituzionale", in altre parole sono già avvenuti. il dominio su un'area che non ha mai controllato dal crollo dell'Unione Sovietica. Né, in mezzo a tutto questo sdegno per i bombardamenti russi, c'è stato qualcosa di più di brevi riferimenti alle atrocità commesse dalle forze georgiane contro gli abitanti della capitale Tskhinvali. Diverse centinaia di civili sono stati uccisi a Tskhinvali dalle truppe georgiane. Tra le vittime ci sono anche alcuni soldati russi che operavano in base a un accordo di pace risalente agli anni Novanta. "Ho visto un soldato georgiano tirare una granata in un seminterrato pieno di donne e bambini", ha

raccontato martedì ai giornalisti un abitante di Tskhinvali, Saramat Tskhovredov. Sarà forse perché la Georgia è quella che Jim Murphy, il ministro britannico per gli Affari Europei, ha chiamato "una piccola bella democrazia". Be', sarà certo piccola e bella, ma sia l'attuale presidente, Mikheil Saakashvili, che il suo predecessore sono saliti al potere in seguito a colpi di stato appoggiati dall'Occidente, il più recente dei quali è stato graziosamente chiamato "Rivoluzione delle rose". Saakashvili è stato allora consacrato presidente con il 96% dei voti prima di instaurare quello che l'International Crisis Group ha di recente definito un governo "sempre più autoritario" e che lo scorso novembre ha brutalmente represso l'opposizione, il dissenso e i media indipendenti. In questi casi "democratico" sembra semplicemente voler dire "filooccidentale". La disputa di vecchia data sull'Ossezia del Sud – e sull'Abchazia, l'altra regione contestata della Georgia – è una conseguenza inevitabile del crollo dell'Unione Sovietica. Come nel caso della Jugoslavia, minoranze che erano più o meno soddisfatte di vivere da una parte o dall'altra di un confine interno, la cui presenza non influiva molto sulle loro vite, si sono sentite ben diversamente quando si sono trovate dalla parte sbagliata di un confine tra due nazioni. Negoziare una soluzione per problemi di questo tipo è già difficile in qualsiasi circostanza. Ma aggiungeteci gli Stati Uniti, la loro instancabile promozione della Georgia come avamposto filo-occidentale e anti-russo nella regione, i loro sforzi per portare la Georgia nella NATO, il passaggio attraverso il territorio georgiano di un oleodotto cruciale e mirato a indebolire il controllo russo delle forniture energetiche. Aggiungeteci il riconoscimento, sponsorizzato dagli Stati Uniti, dell'indipendenza del Kosovo – il cui status era stato esplicitamente associato dalla Russia a quello dell'Ossezia del Sud e dell'Abchazia. Aggiungete tutto questo e capirete che il conflitto era solo questione di tempo. Il coinvolgimento della CIA in Georgia è stato forte fin dai tempi del crollo sovietico. Ma con l'amministrazione Bush il paese è diventato a

tutti gli effetti un satellite degli Stati Uniti. Le forze armate georgiane sono equipaggiate e addestrate dagli Stati Uniti e Israele. Quello georgiano è per consistenza il terzo contingente militare in Iraq: di qui la necessità che gli aerei degli Stati Uniti riportassero 800 soldati georgiani in patria per combattere contro i russi. I legami di Saakashvili con i neo-conservatori di Washington sono particolarmente stretti: la società di lobbying presieduta dal consigliere per la politica estera del candidato repubblicano John McCain, Randy Scheunemann, ha ricevuto quasi 900.000 dollari dal governo georgiano a partire dal 2004. Ma sotto il conflitto della scorsa settimana c'era anche la più ampia ed esplicita intenzione dell'amministrazione Bush di imporre l'egemonia globale degli Stati Uniti e prevenire minacce regionali, soprattutto quelle rappresentate da una Russia in ripresa. Questo obiettivo era stato espresso per la prima volta quando Cheney era segretario della difesa sotto Bush padre, ma il suo vero impatto si è sentito solo quando la Russia ha cominciato a riprendersi dalla disintegrazione degli anni Novanta. Nell'ultimo decennio l'inarrestabile espansione verso est della NATO ha portato l'alleanza militare occidentale a premere contro i confini della Russia e a penetrare nell'ex-territorio sovietico. Nell'Europa Orientale e nell'Asia Centrale sono apparse basi militari americane e gli Stati Uniti hanno contribuito a instaurare un governo anti-russo dopo l'altro per mezzo di una serie di rivoluzioni colorate. Adesso l'amministrazione Bush si prepara a installare nell'Europa dell'Est un sistema di difesa antimissile palesemente puntato contro la Russia. La riflessione e il buon senso ci dicono che questa non è la storia di un'aggressione russa, ma dell'espansione imperialista degli Stati Uniti e di un accerchiamento sempre più accentuato della Russia da parte di una forza potenzialmente ostile. Non dovrebbe sorprendere che una Russia divenuta più forte abbia usato il pasticcio dell'Ossezia per limitare quell'espansione. Più difficile da capire è perché Saakashvili abbia lanciato l'attacco della scorsa settimana e perché i suoi amici di Washington lo abbiano incoraggiato. Se è così, le conseguenze sono state spettacolari,

con un costo umano altissimo. E malgrado Bush mercoledì abbia tentato di esprimersi con fermezza, la guerra ha anche smascherato i limiti del potere statunitense nella regione. Finché viene rispettata l'indipendenza della Georgia – e qui l'opzione migliore è quella della neutralità – non dovrebbe essere un male. Il dominio unipolare del mondo ha ristretto lo spazio della vera auto-determinazione, e il ritorno di un qualche contrappeso va accolto favorevolmente. Ma il nuovo assetto porta con sé dei pericoli. Se la Georgia fosse stata membro della NATO il conflitto di questa settimana avrebbe rischiato un'escalation ben più grave. Lo si vedrebbe bene nel caso dell'Ucraina, che ieri ha offerto materiale per un futuro scontro quando il suo presidente filooccidentale ha minacciato di limitare il movimento delle navi russe nella base di Sebastopoli, in Crimea. Con il ritorno dei conflitti tra le grandi potenze, l'Ossezia del Sud è probabilmente solo un assaggio di ciò che verrà. guardian.co.uk © Guardian News and Media Limited 2008 Originale: http://www.guardian.co.uk/ Articolo originale pubblicato il 14 agosto 2008

Analisi difesa Guerra nel Caucaso 18 agosto - Il conflitto lampo tra russi e georgiani nell’Ossezia del Sud ha riportato alla ribalta la situazione sempre critica del Caucaso confermando la precisa volontà russa di mantenere il controllo della regione e impedire il consolidarsi di paesi filo-occidentali addirittura intenzionati a entrare nella NATO. Il conflitto scatenato il 7 agosto dal blitz georgiano contro la regione dell’Ossezia delSud, formalmente georgiana ma abitata da 70.000 russi, ha consentito a Mosca di scatenare la 58a armata che copre il settore del Caucaso settentrionale e che ha inviato verso Abkhazia e Ossezia meridionale circa 10.000 soldati che si aggiungono ai 5.000 già presenti nell’area e a qualche migliaio di paramilitari delle due regioni indipendentiste. Forze impiegate

inizialmente per contrastare i georgiani davanti alla capitale osseta, Tshkinvali e poi per lanciare offensive simultanee convergenti verso la città georgiana di Gori, nodo strategico per i collegamenti tra l’est e l’ovest della Georgia. Un attacco su due fronti che ha costretto i georgiani a ripiegare onde evitare l’accerchiamento dei reparti che avevano lanciato l’offensiva verso Tshkinvali, lasciando però sul terreno gran parte dei mezzi pesanti, carri armati e semoventi d’artiglieria. Negli ultimi tre anni la Georgia ha potenziato i mezzi e l’addestramento dei suoi 29.000 militari. Il 15 luglio il Parlamento ha approvato uno stanziamento aggiuntivo al bilancio della Difesa (che ha raggiunto il 5,6 del Pil con 1,395 miliardi di lari, un miliardo di dollari) per portare a 37.000 gli effettivi in servizio. Le forze georgiane hanno puntato soprattutto sull’addestramento dei reparti e dei riservisti (circa 100.000) e sull’acquisto di mezzi e munizioni dai paesi amici, ex membri dell’URSS e del Patto di Varsavia. Molti dei 170 carri T-72, 350 mezzi corazzati e blindati, 200 lanciarazzi campali, 250 tra cannoni e obici semoventi, 600 mortai in servizio prima del conflitto nell’esercito georgiano provengono dall’Ucraina come buona parte dei missili antiaerei, delle armi anticarro e della trentina di jet da attacco Sukhoi-25 (in parte rimodernati in Israele) e della decina di elicotteri da combattimento Mi-24. La flotta elicotteri comprende anche una quarantina tra UH-1H donati dagli USA, Mi-8 e PZL-2 forniti da Kiev e Varsavia che ha ceduto anche 30 moderni lanciamissili antiaerei Grom, responsabili dell’abbattimento di alcuni jet russi. I paesi della NATO, alla quale la Georgia ha chiesto l’adesione insieme all’Ucraina, hanno fornito altri mezzi come i 100 blindati leggeri turchi Cobra o i 24 obici semoventi Dana cechi. Gli americani hanno fornito anche armi leggere, veicoli ma soprattutto un ampio supporto addestrativo che prese il via nel 2002 quando 600 “Berretti Verdi” raggiunsero Tbilisi per istruire all’antiterrorismo le forze locali. La Georgia ha affiancato agli americani in Iraq un contingente di 2.000 militari impegnati nelle aree più calde da Baghdad alle province di Dyala e Wasit contro i miliziani di al-Qaeda e i gruppi sciiti filoiraniani. Un’esperienza che ha forgiato circa 6.000 militari georgiani avvicendatisi in quella missione nei compiti contro guerriglia e di combattimento nei centri abitati. Veterani che oggi costituiscono la punta di lancia dell’esercito

di Tbilisi. Istruttori britannici hanno addestrato le forze speciali georgiane ma anche Israele ha fornito consiglieri militari insieme ad armi leggere, ai sistemi diu puntamento dei carri T-72 e alcuni velivoli teleguidati da ricognizione Elbit Hermes 450 almeno uno dei quali abbattuto dai russi su Tshkinvali. Punti deboli della Georgia sono la mancanza di aerei da caccia e le limitate forze navali composte da 8 motovedette donate da Germania, Polonia, Grecia e Ucraina. Tra queste, solo due lanciamissili, una delle quali è stata affondata lunedì sera da un missile lanciato dalle navi russe che hanno posto il blocco alle coste georgiane. Per potenziare le capacità navali Tbilisi ha ordinato a Parigi due modernissime corvette lanciamissili che saranno consegnate nel 2010. Proprio grazie alla superiorità aerea e navale i russi hanno potuto colpire le colonne corazzate georgiane pur perdendo una decina di velivoli (4 secondo Mosca, 15 per Tblisi) e grazie all’inconsistenza delle forze navali georgiane la Flotta del Mar Nero ha potuto porre un blocco ai porti georgiani (peraltro pesantemente bombardati dall’aria) sospeso solo dopo l’intervento dell’Ucraina che ha bandito dalla base di Sebastopoli le navi russe impiegate contro Tblisi e l’arrivo di unità statunitensi ufficialmente impegnate a fornire aiuti umanitari ai georgiani. Per potenziare le capacità navali Tbilisi ha ordinato a Parigi due modernissime corvette lanciamissili che saranno consegnate nel 2010. L’accordo per il cessate il fuoco, raggiunto il 12 agosto grazie alla mediazione francese, costituisce di fatto una resa per la Georgia e non sembra vincolare troppo Mosca che prevede di poter ispezionareche in futuro il territorio georgiano a ridosso dei delle regioni autonomiste. Le truppe russe affiancate da irregolari abkazi e osseti e da battaglioni ceceni hanno infatti devastato molti villaggi sulla fascia di confine e occupato a più riprese il porto di Poti e la città di Gori spingendosi fino a 25 chilometri da Tbilisi senza incontrare resistenza. Quelle che il ministro degli esteri russo, Serghei Lavrov, ha definito“misure aggiuntive di sicurezza costituiscono in realtà la sistematica distruzione delle infrastrutture militari georgiane situate nell’ovest, a ridosso dei confini osseti e abkhazi. I genieri della 58a Armata hanno demolito le basi di tre delle quattro brigate di fanteria e della brigata di artiglieria georgiane a

Gori, Senaki, Zugdidi e Kutaisi e nelle ultime due località sono stati distrutti anche gli aeroporti e le installazioni radar. L’obiettivo è azzerare le capacità militari georgiane facendo terra bruciata di depositi, caserme, mezzi e infrastrutture logistiche nelle vicinanze di Ossezia del Sud e Abkhazia, dove era concentrata la gran parte delle forze georgiane. Nel mirino dei guastatori russi soprattutto le nuove grandi basi costruite sul modello di quelle statunitensi con i fondi di Washington, come quella di Senaki, simbolo della modernizzazione delle forze di Tblisi i cui ultimi reparti ancora operativi sarebbero ora schierati intorno alla capitale. Stessa tecnica utilizzata a Poti dove all’esercito si sono aggiunti i marines russi che avrebbero requisito sedici motovedette e gommoni che costituivano la flotta georgiana demolendo le infrastrutture e i radar portuali: obiettivi civili ma di valore strategico come il ponte ferroviario fatto esplodere a Kaspi, tra Tbilisi e Gori. Anche con gli aiuti economici di USA e Nato alla Georgia occorreranno anni per poter ricostituire un apparato militare credibile e capace di minacciare nuovamente le milizie filo-russe di Abkhzaia e Ossezia del Sud. AD http://cca.analisidifesa.it/it/magazine_80342435 44/numero90/article_4567188173874052601241 38067660_6782002623_0.jsp

Nel silenzio dell’opinione pubblica mondiale, l’esercito georgiano bombarda la capitale dell’Ossezia Meridionale, massacrando donne e bambini Comunicato dell’Ufficio stampa della Repubblica dell’Ossezia Meridionale ripreso dal sito del Partito Comunista della Federazione Russa Il 20 settembre 2005, nel giorno in cui il popolo della Repubblica dell’Ossezia Meridionale festeggiava il quindicesimo anniversario dell’indipendenza, le forze armate della Georgia hanno aperto un intenso fuoco di mortai sui quartieri civili della città di Chinvali. Nel corso di questo barbaro atto di aggressione è stato

colpito il kombinat di panificazione e case di abitazione, è morta una donna e sono stati feriti 9 cittadini inermi, tra cui un bambino e una bambina di 2 e 3 anni, che stavano giocando nel cortile di casa. In questo momento i medici stanno cercando di salvare la vita di una ragazza, che versa in condizioni gravissime. Questo atto terroristico è stato compiuto su ordine del ministro della difesa della Georgia Iraklij Okruashvili, che in questo momento si trova nel territorio dell’Ossezia Meridionale, in un villaggio occupato dalla Georgia, e rappresenta un’eloquente conferma del fatto che lo stato criminale georgiano, allo scopo di raggiungere i suoi obiettivi non si ferma neppure di fronte all’uccisione di pacifici abitanti dell’Ossezia, compresi donne e bambini. Ciò consente, per l’ennesima volta, di effettuare un parallelo con il ruolo che la Georgia ha svolto nell’organizzazione e nella realizzazione dell’attacco terroristico di Beslan. Particolare indignazione provoca il fatto che le autorità ufficiali della Georgia neghino cinicamente un fatto di così chiara evidenza, di cui sono state testimoni moltissime persone. Abbiamo verificato come, nello scatenare l’attacco, si sia fatto uso di armi di produzione ceca. Ciò è in contraddizione con la promessa fatta in precedenza dalla Georgia di non utilizzare contro il popolo pacifico dell’Ossezia Meridionale le armi ricevute dalla Repubblica Ceca. La Repubblica dell’Ossezia Meridionale si rivolge alla comunità internazionale perché venga introdotto l’embargo sulle forniture di armamento alla Georgia, perché venga dato avvio alle procedure per la defascistizzazione della Georgia, anche mediante lo scioglimento delle forze armate georgiane che rappresentano, come dimostrano le loro azioni, una comunità criminale che opera nell’illegalità. Chinvali, 21 settembre 2005 Traduzione dal russo di Mauro Gemma http://www.resistenze.org/sito/te/po/os/poos5i24 .htm

Intervista al presidente del Partito Popolare dell’Ossezia Meridionale a cura dell’agenzia “REGNUM” 24 maggio 2005 Nota informativa dell’agenzia “Regnum” Il Partito Popolare dell’Ossezia Meridionale è stato creato nel 2003; presidente del partito è Roland Kelekhsayev. L’età media dei suoi militanti è di 30 anni. E’ uno dei tre gruppi parlamentari dell’Ossezia Meridionale. Durante la sua esistenza il partito ha lanciato alcuni appelli ai capi di stato e ai responsabili delle organizzazioni internazionali. Alla vigilia della visita del presidente USA in Georgia, il partito si è rivolto al leader americano con la richiesta di visitare Zkinvali, capitale dell’Ossezia Meridionale. D. Signor Kelekhsayev, come commenta la dichiarazione del presidente della Georgia, Mikhail Saakashvili, rilasciata il giorno della commemorazione della Vittoria, secondo cui la bandiera georgiana verrà issata in Abkhazia allo stesso modo con cui la bandiera rossa venne issata sul Reichstag dall’abkhazo Meliton Kantarya? R. La spiegazione è molto semplice. Saakashvili è il presidente di uno stato con ambizioni imperiali e con un’ideologia fascista. Tali esternazioni non rappresentano altro che l’aspirazione della Georgia a risolvere con la forza le questioni dell’Ossezia Meridionale e dell’Abkhazia. E’ un vero e proprio oltraggio, nel giorno della Vittoria sulla Germania fascista, infangare il nome dell’eroe dell’Unione Sovietica Meliton Kantarya, offendere la memoria di molte migliaia degli stessi georgiani caduti nei campi di battaglia della Grande Guerra Patriottica. Il Partito Popolare dell’Ossezia Meridionale, come del resto tutte le altre organizzazioni per la difesa dei diritti e i democratici dell’Ossezia Settentrionale e Meridionale, continueranno a mettere in guardia tutto il mondo civile rispetto al fatto che il neofascismo in Georgia intensificherà le sue minacce, fino a quando l’Occidente non si deciderà a favorire la defascistizzazione del paese. D. Nel corso della sua visita George Bush ha dichiarato che i problemi dell’Ossezia

Meridionale e dell’Abkhazia dovranno essere risolti in modo pacifico. Tenendo in considerazione il fatto che gli USA esercitano una certa influenza sulla Georgia, non ritiene che alla Georgia verrà impedito di utilizzare gli strumenti della forza nel suo tentativo di cancellare le autonomie? R. Noi non crediamo affatto alle promesse della Tbilisi ufficiale. E’ l’amara esperienza dei passati 15 anni della nostra indipendenza. Ci piacerebbe veramente credere alle dichiarazioni del presidente USA e del segretario di Stato Condoleeza Rice circa il fatto che il conflitto dovrebbe essere regolato esclusivamente con mezzi pacifici. Ma questo non significa che le dichiarazioni dei “falchi di guerra” georgiani sono campate in aria. Non è proprio il caso di far finta di niente. Basterebbe solo considerare il fatto che Iraklij Okruashvili (ministro della difesa della Georgia) è un uomo che, pur dando segni di instabilità psichica, testimoniata anche da molti politici georgiani, continua a rimanere al proprio posto. E poi, voglio sottolineare che anche in passato ci era stato promesso da USA e Georgia che i “commandos” georgiani addestrati da istruttori americani non sarebbero stati utilizzati nelle zone del conflitto georgiano-ossetino. Ancora nell’estate dello scorso anno proprio questi “commandos” hanno preso parte molto attiva in azioni militari contro il nostro popolo. Non è quindi escluso, dal momento che Bush ha l’abitudine di promettere sempre tutto a tutti, che essi irrompano ancora in Ossezia Meridionale e Abkhazia. D. Secondo quanto afferma lo stesso Bush, la Georgia sta conducendo la strategia più adatta a risolvere i problemi dell’Ossezia Meridionale e dell’Abkhazia… R. Purtroppo, per quanto ne sappiamo, la Georgia non sta facendo nulla di tutto ciò. Anzi, a me risulta il contrario. Ma tutto si spiega con il fatto che, senza alcuna considerazione della situazione concreta, la Tbilisi ufficiale costruisce la sua strategia delle trattative – sempre che possiamo chiamarle trattative – sulla convinzione che l’Ossezia Meridionale e l’Abkhazia debbano essere reintegrate nel corpo della Georgia. Tutte le altre varianti vengono escluse dalla Georgia. Sorge la domanda: come è possibile un processo pacifico in presenza di un simile approccio della Georgia?

In un breve lasso di tempo l’Ossezia Meridionale ha sperimentato due genocidi. Per questo chiederci di rinunciare all’indipendenza, conquistata con il sangue, è semplicemente assurdo. L’Ossezia Meridionale non sarà mai incorporata dalla Georgia. E’ un dato irreversibile. E voglio sottolinearlo: l’unica forma di garanzia per la nostra sicurezza è proprio l’indipendenza. Lo testimonia solo questo fatto, che dimostra fino a che punto la Georgia non si renda conto di cosa sta facendo. Zviad Gamsakhurdia, ideologo riconosciuto del fascismo georgiano (fautore dell’annientamento delle minoranze nazionali), è stato elevato, senza alcun senso della misura, addirittura al rango di santo. E questo non è forse cinismo? Ma di quale spirito di riconciliazione dovrebbero dar prova gli ossetini? E’ solo ipocrisia (…) Traduzione dal russo di Mauro Gemma http://www.resistenze.org/sito/te/po/os/poos5e25. htm

Quella bandiera europea dietro le spalle del bandito Giulietto Chiesa 8 agosto 2008 Piero Gobetti scrisse che “quando la verità sta tutta da una parte ogni atteggiamento salomonico è altamente tendenzioso”. Osservando la tragedia dell'Ossetia del Sud trovo che questo aforisma vi si adatti alla perfezione. Si cercherà, domani, di trovare spiegazioni “salomoniche” per giustificare il massacro della popolazione civile di una piccola comunità schiacciata dal peso della storia, come un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro. Vi sarà sicuramente qualche sepolcro imbiancato che cercherà di distribuire uniformemente le colpe tra chi ha aggredito e chi è stato aggredito, tra chi ha usato gli aerei e gli elicotteri contro una città di 70 mila abitanti, e chi aveva in mano solo fucili e mitragliatrici per difendersi. Ci sarà domani chi spiegherà che gli osseti del sud hanno provocato e sono stati respinti. E poi, sull'onda della controffensiva, quasi per forza di cose, i georgiani sono andati a occupare ciò che, in fondo, era loro di diritto, avendo osato gli

ossetini dichiarare e applicare l'idea del rifiuto di tornare sotto il controllo di chi li massacrò la prima volta nel 1992. Ci sarà, posso prevedere con assoluta certezza ogni parola di questi mascalzoni bugiardi, chi affermerà che tutta la colpa è di Mosca, che – non contenta dell'amicizia tra Tbilisi e Washington - voleva punire il povero presidente Saakashvili impedendogli di entrare in possesso dei territori di Abkhazia (il prossimo obiettivo) e di Ossetia del Sud. E così via mescolando le carte e contando sul fatto che il grande pubblico sa a malapena, sempre che lo sappia, dove stia la Georgia, e, meno che mai l'Ossetia del Sud. Ma le cose non stanno affatto così, anche se il pericolo che questo conflitto si allarghi è grande, tremendo, e chi scherza col fuoco sa che sta facendo rischiare ai suoi cittadini molto di più di quanto essi stessi pensino. Giocatori d'azzardo, irresponsabili, che puntano tutte le carte sul disastro e il sangue. Chiunque dovrebbe essere in grado di capire che una piccola comunità, con meno di 100 mila persone, disperse in duecento villaggi e una capitale, Tzkhinvali, che è più piccola di Pavia, non possono avere alcun interesse ad attaccare un nemico – questa è l'unica parola possibile alla luce di quanto sta accadendo – che è 50 volte superiore in uomini e armi, che ha l'aviazione (e l'ha usata ieri e oggi, mentre scrivo, con assoluta ferocia, bombardando anche l'unica strada che collega l'Ossetia del Sud con l'Ossetia del Nord, in territorio russo, per impedire che i civili possano rifugiarsi dall'altra parte della frontiera), che non ha ostacoli di fronte a sé. Chiunque potrebbe capire che l'Ossetia del Sud non ha rivendicazioni territoriali e non ha quindi in mente alcuna espansione al di fuori del suo microscopico territorio. Chiunque potrebbe capire – qui ci vuole un minimo di sforzo intellettuale, quanto basta per liberarsi di qualche schema mentale inveterato – che nemmeno la Russia può avere alcun interesse a inasprire la situazione. Certo Mosca è interessata allo status quo, con l'Ossetia del Sud indipendente di fatto, ma senza essere costretta a riconoscerne lo status, per evitare difficoltà internazionali. Ma chi ha la testa sul collo dovrebbe riconoscere che è meglio una tregua difficile che una guerra aperta; che è meglio negoziare, anche per anni, che uccidere a sangue freddo civili, bambini, donne. Io sono stato a Tzkhinvali, la primavera scorsa,

e adesso mi piange il cuore a pensare a quelle vie dall'asfalto sgangherato, buie la sera, a quelle case senza intonaco, dal riscaldamento saltuario, a quelle scuole ancora diroccate, ma piene di gente normale, di giovani orgogliosi che non vogliono diventare georgiani perché sono cresciuti in guerra con la Georgia e della Georgia hanno conosciuto solo la violenza dei tiri sporadici sui tetti delle loro case. Mi chiedo: e poi? Che ne sarà di quei giovani? Come si può pensare di tenerli a forza in un paese che non ameranno mai, di cui non potranno mai sentirsi cittadini? Se ne andranno, ovviamente, dopo avere contato i loro morti, a migliaia, in Ossetia del Nord, in Russia, di cui quasi tutti sono cittadini a tuttigli effetti, con il passaporto in tasca. E' questo il modo di sciogliere il nodo georgiano? Lo chiederei, se potessi, al signor Solana, che dovrebbe svolgere il ruolo di rappresentanza dell'Europa in questa vicenda. Che l'Europa, invece di aiutare a risolvere, non ha fatto altroche incancrenire, ripetendo a Tbilisi la giaculatoria che la Georgia ha diritto alla propria integrità territoriale, e dunque ha diritto a riprendersi Ossetia del Sud e Abkhazia. Certo – gli si è detto con untuosa ipocrisia – che non doveva farlo con la forza. Ma, sotto sotto, gli si è fatto capire che, se l'avesse fatto, alla fin dei conti, si sarebbe chiuso un occhio. E' accaduto. Saakashvili non ha nemmeno cercato di nascondere la mano armata con cui colpiva. Non ha nemmeno fatto finta. Ha detto alla televisione che voleva “ristabilire l'ordine” nella repubblica ribelle. Un “ordine” che non esistevadal 1992, cioè da 16 anni. Perché adesso? Qual era l'urgenza? Forse che Tbilisi era minacciata di invasione da parte degli ossetini? La risposta è una sola. Saakashvili ha agito perché si è sentito coperto da Washington, in prima istanza, essendo quella capitale la capitale coloniale della attuale Georgia “indipendente”. E, in seconda istanza si è sentito coperto da Bruxelles. Queste cose non si improvvisano, come dovrebbe capire il prossimo commentatore di uno dei qualunque telegiornali e giornali italiani. Col che si è messo al servizio della strategia che tende a tenere la Russia sotto pressione: in Georgia, in Ucraina, in Bielorussia, in Moldova, in Armenia, in Azerbajgian, nei paesi baltici. Insomma lungo tutti i suoi confini europei. Saakashvili ha un suo tornaconto: alzare la tensione per costringere l'Europa a venire in suo sostegno, contro la Russia; ottenere il

lasciapassare per un ingresso immediato nella Nato e, subito dopo, secondo lo schema dell'allargamento europeo e dell'estensione dell'influenza americana sull'Europa, l'ingresso in Europa. Secondo piccione: chi muove Saakashvili conta anche sul fatto che questo atteggiamento dell'Europa finirà per metterla in rotta di collisione con la Russia. Perfetto! Con l'ingresso della Georgia nella Nato e in Europa gli Stati Uniti avranno un altro voto a loro favore in tutti i successivi sviluppi economici, energetici e militari che potrebbero vedere gli interessi europei collidere conquelli americani. Javier Solana ha la capacità di sviluppare questo elementare ragionamento? Ovviamente ce l'ha. Solo che non vuole e non può perchè ha dietro di sé, alle sue spalle, governi che non osano mettere in discussione la strategia statunitense, o che la condividono. Cosa farà ora la Russia è difficile dirlo. Certo è che, con la presa di Tzkhinvali, le forze russe d'interposizione, che sono su quei confini interni alla Georgia, dovranno ritirarsi. Il colpo all'Ossetia del Sud diventa così un colpo diretto alla Russia. Che, questo è certo, non è più quella del 2000, al calare di Boris Eltsin e delle sue braghe. L'emblema di questa tragedia, che è una nuova vergogna per l'Europa, è stato il fatto che Saakashvili ha annunciato l'attacco, dalla sua televisione, avendo dietro le spalle, ben visibile, la bandiera goergiana e quella blu a stelle gialle europea. Peggiore sfregio non poteva concepire, perchè la Georgia non è l'Europa, non ancora. E meno che mai dovrebbe esserlo dopo questo attacco che offende - o dovrebbe offendere tutti coloro che credono nel diritto all'autodeterminazione dei popoli. Che è sacrosanto per chi se lo guadagna, molto meno con chi usa quella bandiera per vendere subito dopo l'indipendenza a chi l'ha sostenuta dietro le quinte. Qual è la differenza con il Kosovo? Una sola: la Serbia era un prossimo suddito riottoso e doveva essere punita. La Georgia è invece un vassallo fedele e doveva essere premiata. L'Ossetia del Sud questo diritto se lo è guadagnato. E non c'è spazio per alcun atteggiamento salomonico, perchè la ragione sta tutta da una sola parte, e io sto da quella stessa parte. www.giuliettochiesa.it/modules.php? name=News&file=article&sid=326

S.O.S. per l'Ossetia del Sud 15/07/08 Stimato signor Chiesa, La gioventù dell'Ossetia del Sud si rivolge a lei con la speranza di un suo aiuto, affinché porti a conoscenza del Parlamento Europeo la situazione catastrofica in cui ci troviamo. Il nostro popolo è sotto la minaccia di una cancellazione fisica. Ieri notte il battaglione georgiano - che faceva parte della missione quadripartita delle forze di pace dislocate per difendere la popolazione pacifica dell'Ossetia del Sud – ha abbandonato le sue posizioni senza alcuna consultazione preventiva con il comando congiunto. Il 3 luglio vi sono stati alcuni attentati terroristici, che hanno provocato vittime. Nella notte tra il 2 e il 3 luglio la città di Tzkhinvali è stata bombardata con mortai e con artiglieria pesante. Vi sono altre vittime. La gioventù dell'Ossetia del Sud la prega di difendere il nostro diritto alla vita e di denunciare la politica di genocidio portata avanti dal Governo della Georgia. Un piccolo popolo si trova sul confine della distruzione! Difendeteci! Le Organizzazioni Giovanili dell'Ossetia del Sud e anche Aleksei Sanakoev, Alena Gagloeva, Tamara Terashvili Cari amici, leggo con grande inquietudine le notizie che provengono dal vostro paese. Conosco la vostra situazione e so che non è dall'Ossetia del Sud che provengono le provocazioni e le offese. Non è il piccolo che attacca il grande, come ognuno deve sapere. Vi mando la mia personale solidarietà. E farò conoscere il vostro appello al più vasto numero possibile di membri del Parlamento europeo. Farò quanto mi è possibile perché prevalga il buon senso e il realismo politico e le isterie belliche siano fermate, con l'aiuto dell'Europa. Invio un caldo saluto a Aleksei, Alena e Tamara, che incontrai a Bruxelles e che hanno dato il loro prezioso contributo alla conoscenza delle vostre giuste rivendicazioni Giulietto Chiesa

www.megachip.info/modules.php? name=Sections&op=viewarticle&artid=7303

Campagne mediatiche: Dopo la Cina tocca alla Russia Giuseppe Iannello 12 agosto 2008 Dopo la Cina è volta della Russia. Le campagne mediatiche non lasciano spazi ad incertezze o dubbi. Il nemico deve essere identificato e il torto deve essere tutto dalla sua parte. Gli incidenti di Lhasa del marzo scorso non sono stati mai chiariti, ma poco importa, quello che importa è che il Tibet deve essere libero, pertanto il governo cinese è l'unico responsabile degli incidenti che sono stati e che saranno. Gli assalti alla fiaccola olimpica durante il percorso sono quindi giustificati e comprovano da soli da parte di chi sta il torto: è la Cina che se li è voluti. Ed anche se la cerimonia d'apertura delle Olimpiadi è stata bella e senza incidenti di nessun genere, bisogna ricordare al telespettatore che se la sta godendo, seduto comodamente sul divano di casa, che ciò che vede è bello solo “artisticamente” e che non bisogna dimenticare che la Cina non rispetta questo e quell'altro: tutto ciò ad un intervallo strettissimo, mediamente di pochi minuti, perché essendo le immagini di tutt'altra natura, il commento/spot audio deve essere martellante per essere efficace. Contemporaneamente all'epilogo della campagna preolimpica, aveva inizio quella contro il nemico ritrovato: la Russia. Anche RAI News 24 seguiva in diretta l'inaugurazione da Pechino e la intramezzava con le notizie proveniente dall'Ossetia, le news scorrevoli a fondo schermo lasciavano pochi spazi di interpretazione all'utente: i russi erano intervenuti in Georgia e colpivano obiettivi in territorio georgiano; più o meno quello che si leggeva negli altri network internazionali. I giornalisti però, per aumentare il clima convulso della diretta, leggevano i comunicati stampa che gli arrivano quasi in tempo reale, senza distinguere ancora tra quelli di fonte russa e quelli di fonte georgiana. Insomma nessun filtro apparente, anche se ripeto i titoli delle

news italiane erano “europeamente” conformi – tanto per fare un esempio a quelle della BBC. Col passare delle ore è andato scomparendo il nucleo essenziale degli eventi: l'attacco annunciato in diretta TV dell'esercito georgiano contro l'Ossetia del Sud. E l'attenzione si è spostata unicamente sulle azioni da parte russa. Nei telegiornali il filtro è stato perfezionato da servizi di appoggio a quelli provenienti dai corrispondenti, fino a giungere al capovolgimento esatto della notizia che ha trovato emblematica attuazione nell'intervista di Gianni Riotta al TG1 della sera del 9 agosto: infatti alla domanda sul perché secondo lui tutto questo fosse successo proprio nel primo giorno delle Olimpiadi, ha risposto che Putin ha voluto dare in tal modo un segnale mondo. E' stato sufficiente sostituire un cognome quello di Saakahsvili con quello di Putin e il gioco era stato compiuto: l'assalto militare in pompa magna della truppe georgiane era scomparso; o meglio l'assalto c'era stato ed era ovviamente russo. Ma la campagna ha trovato la sua apoteosi nel TG3 delle 19.00 del 10 agosto. Lo spazio dedicato al conflitto tra Russia e Georgia è enorme, più di un quarto d'ora. Questa volta non si tratta solo di servizi di informazione su quanto sta succedendo, si dà ampio spazio anche ai commenti, alle impressioni della gente - che guarda caso sono tutti georgiani: il picchetto attorno al palazzo di vetro ed una manifestazione svoltasi a Roma. A questa addirittura si dedica un ampio servizio con moltissime interviste ai partecipanti (che non si capisce quanti siano), che inneggiano contro i russi: il genere di servizio è quello utilizzato per le grandi manifestazioni di protesta predisposte ed annunciate da giorni: ma qui i tempi di “reazione”- fatto/manifestazione/attenzione dei grandi media - sono stati veramente stupefacenti. Perfino Huxley e Orwell ne rimarrebbero stupefatti. La realtà come al solito supera la fantasia. http://www.aginform.org/media.html

"Le nazioni non invadono altre nazioni"

Guerra in Georgia: la "connection" israeliana

Gianluca Bifolchi, Acthung Banditen venerdì, 15 agosto 2008

14/08/08 di Arie Egozi - da www.ynetnews.com. Tradotto per Megachip da Aurelio Flocco

Con centocinquantamila soldati statunitensi in Iraq e trentaseimila in Afganistan, durante una manifestazione del partito repubblicano John McCain è riuscito mercoledì a dire: "Desidero dialogare con i russi, voglio che si ritirino dal territorio georgiano il più presto possibile. E voglio mantenere buone relazioni con la Russia, ma nel secolo XXI le nazioni non invadono altre nazioni". Il cronista non riporta le reazioni del pubblico e non sappiamo se ci sono stati colpetti di tosse, fischiettii, o persone intente a tracciare ghirigori a terra con la punta della scarpa. Ma se richiamiamo alla mente le immagini tipiche dei meeting repubblicani, con austeri signori vestiti da Zio Sam o Abe Lincoln, obese coppie di mezza età che si fanno fotografare ai lati della sagoma del candidato ostentando sorrisi da pitbull, e sciami di ragazze pon pon che sottolineano la continuità spirituale tra la partita di football e l'assemblea elettorale, viene da dubitare che l'uditorio sia capace di reazioni così sottili e articolate. In genere tutte le frasette che hanno la solennità dello slogan vengono salutate da applausi, cartelli pericolosamente agitati al cielo e strepiti di entusiasmo. Non so con quanta frequenza, ormai, nella grande stampa e nei network televisivi statunitensi ricorrano vocaboli come 'invasione', 'invasore', 'invadere', in relazione all'Irak e all'Afganistan. Se persino Barak Obama - il candidato pacifista - adotta la parola d'ordine "dobbiamo finire il lavoro", l'accento è tutto sul presente e sul futuro, e a nessuno interessa in che maniera, in un dato momento del XXI secolo, le truppe USA si sono trovate in due nazioni asiatiche che non si erano lontanamente sognate di invitarle. La cretineria collettiva che accoglie e riceve come validi questi argomenti è figlia del cosiddetto 'idealismo' americano, che fa apparire credibile una nozione della Provvidenza divina che caso per caso ispira il Presidente a non tenere conto delle regole stabilite per tutte le altre nazioni. L'idealista americano è un pericoloso imbecille. http://achtungbanditen.splinder.com/post/18087 482/%22Le+nazioni+non+invadono+altre

Negli ultimi sette anni, le società israeliane hanno aiutato l'esercito georgiano a prepararsi per la guerra contro la Russia attraverso forniture di armamenti, formazione di soldati minorenni e consulenza sulla sicurezza. Gli scontri iniziati in questo fine settimana tra Russia e Georgia hanno portato alla luce il pesante coinvolgimento di Israele. Questo coinvolgimento include la vendita di armi alla Georgia e la formazione di un reparto di minorenni dell'esercito georgiano. Il Ministro della Difesa ha tenuto, nella mattinata di domenica, un Consiglio straordinario per sapere quale tipo di armamenti sono oggetto di traffico verso la Georgia da parte di Israele, ma nessun cambiamento di natura politica è stato annunciato finora. “La questione è monitorata da vicino” hanno affermato fonti vicine al Ministero della Difesa. “Noi non stiamo operando in nessuna maniera che possa ledere gli interessi israeliani. Abbiamo respinto molte richieste di armi da vendere alla Georgia; e coloro che hanno approvato questa operazione sono stati debitamente interrogati. Finora non abbiamo posto alcuna limitazione alla vendita di misure di protezione”. Israele ha iniziato a vendere armi alla Georgia circa sette anni fa a seguito dell'iniziativa di diversi cittadini georgiani che, immigrati in Israele, divennero uomini d'affari. “Questi uomini hanno contattato funzionari dell'industria della difesa e trafficanti d'armi e hanno garantito loro che la Georgia detiene budget economici relativamente ampi che potrebbero essere investiti nella compravendita di armi israeliane”, ha affermato una fonte coinvolta nell'esportazione di armi. La cooperazione militare tra i due Paesi si è sviluppata rapidamente. Ciò è dimostrato dal fatto che il Ministro della Difesa georgiano, Davit Kezerashvili, un tempo israeliano, è molto ben disposto nei confronti del contributo ebraico

a questa cooperazione. “La sua porta è stata costantemente aperta per gli israeliani che entravano e offrivano al suo Paese sistemi di armamenti prodotti in Israele”, continua la fonte. “In confronto ai Paesi dell'Europa dell'Est, lo smercio in questo Georgia è stato portato avanti molto rapidamente, principalmente grazie al coinvolgimento personale del Ministro della Difesa”. Tra gli israeliani che hanno approfittato di questo vantaggio e hanno iniziato a fare affari in Georgia c'erano l'allora Ministro Roni Milo e suo fratello Shlomo, a quei tempi direttore generale delle Industrie Militari, il BrigadiereGenerale Gal Hirsh e il Maggiore-Generale Yisrael Ziv. Roni Milo ha portato avanti affari in Georgia per conto di Elbit System e le Industrie Militari, e con il suo aiuto la Difesa israeliana fu indirizzata a vendere alla Georgia veicoli pilotati a distanza (gli RPv), torrette automatiche per veicoli blindati, sistemi di protezione da mezzi anfibi, sistemi di comunicazione, intelaiature di protezione e missili. Secondo la fonte israeliana, Gal Hirsh diede all'esercito georgiano consulenza per creare piccoli gruppi di elite come Sayeret Matkal e sul riarmo inoltre organizzò molti corsi sui campi di combattimento in materia di intelligence e guerriglia in zone abitate.

Difesa. Israele concepiva la Georgia come uno stato amico per il quale non ci sono ragioni per non vendere armamenti simili a quelli che Israele esporta in molti altri Paesi del mondo. Appena la tensione tra Russia e Georgia è cresciuta, comunque, voci sempre più fitte si sono fatte sentire presso gli ambienti israeliani – e particolarmente presso il Ministero degli Esteri – richiamando il Ministero della Difesa a essere più selettivo nell'autorizzare il commercio di armamenti con la Georgia per paura che questo portasse a far “arrabbiare” la Russia. “Era chiaro che troppi infallibili sistemi israeliani in possesso dell'esercito georgiano sarebbero apparsi alla Russia come il panno rosso agli occhi del toro” spiega la fonte. I russi avrebbero interpretato i mezzi RPv della Elbit System come una reale provocazione. “Era chiaro che i russi avrebbero reagito male e che l'abbattimento di queste unità mobili negli ultimi tre mesi era una chiara prova di questo malessere. Non tutti in Israele hanno compreso che Israele aveva toccato un nervo sensibile fornendo armamenti ad un Paese le relazioni politiche del quale attraversano un momento di tensione con la Russia. A maggio si dovrebbe decidere l'approvazione di futuri scambi con la Georgia solo per quanto concerne la vendita di armi di difesa come i sistemi di intelligence, comunicazione e sistemi computerizzati, e mettere al bando i rapporti di scambio finalizzati alla vendita di fucili, mezzi anfibi, ecc..

Non odiare i Russi Gli israeliani operativi in Georgia provarono a convincere le Industrie Aerospaziali Israeliane a vendere diversi sistemi tecnologici all'Aeronautica georgiana, ma dovettero subire un rifiuto. I motivi di questo diniego erano le “speciali” relazioni stabilite tra le Industrie Aerospaziali e la Russia in termini di miglioramento dei jet da combattimento prodotti nell'ex URSS e la paura che vendere armi alla Georgia significasse dimostrare odio ai russi e portarli a cancellare lo scambio commerciale con loro. L'attività israeliana in Georgia e il commercio raggiunto erano autorizzati dal Ministero della

Una fonte esperta nell'Industria Militare sabato ha riferito che, al contrario di quel che affermavano alcuni commentatori, le attività dell'industria militare georgiana erano molto limitate. “Abbiamo portato avanti un modesto carico di lavoro per buona parte degli anni scorsi”, ha affermato. “Il resto degli scambi sono rimasti sulla carta”. Don Pikulin, uno dei proprietari della società Authentico specializzata in escursioni e viaggi nell'area georgiana, afferma che “gli israeliani sono i principali investitori nell'economia georgiana. Ognuno è lì, direttamente o

indirettamente”.

nella soluzione dei problemi interetnici […] Perché se il Kosovo può diventare indipendente non potrebbero diventarlo l'Abkazia e l'Ossezia Il Ministro georgiano: Israele dovrebbe essere del sud?” A parlare era l'allora presidente russo fiero Vladimir Putin. Il premier del 2008, dopo l'intervento militare georgiano contro l'Ossezia “Gli israeliani dovrebbero esser fieri di loro del sud, non poteva certo smentirsi. Storia già stessi per l'addestramento e l'educazione scritta, questa guerra estiva, preannunciata nei impartita ai soldati georgiani, ha dichiarato il Ministro georgiano Temur Yakobashvili sabato. dettagli, ad ammonire l'amministrazione americana che la politica dei “due pesi e due misure” non andava bene per i Balcani ma, Yakobashvili è ebreo e parla fluentemente sopratutto, non poteva permettersela nel Caucaso l'ebraico. “noi non stiamo combattendo contro ex sovietico ricco di gas e petrolio. Ricordo il la Russia e la nostra speranza è di ricevere titolo sulle dichiarazioni di Putin fatto allora dal assistenza dalla Casa Bianca, perché lasciata quotidiano belgradese Politika: “Dico Kosovo, sola la Georgia non potrebbe sopravvivere. È penso Caucaso”. A Washington qualcuno era importante che il mondo intero comprenda che distratto. quello che sta avvenendo in Georgia potrebbe Secondo scherzo della poca memoria da calura modificare l'assetto politico di tutto il pianeta. ferragostana. Fine dicembre 2004, titolo del Non è un affare solo della Georgia, ma di tutto Manifesto: “Arancione a stelle e strisce”. Il il mondo”. resoconto di una mia intervista televisiva a Uno dei parlamentari georgiani oltre a invitare gli americani all'intervento, invoca anche quello Stanko Lazendic, ex leader studentesco serbo del di Israele per aiutarli a fermare l'offensiva russa: movimento anti Milosevic “Otpor”, allora “Abbiamo bisogno di aiuto da parte dell'ONU e impegnato ad organizzare la “Rivoluzione arancione” in Ucraina. “Un po' per idealità, dai nostri amici, capeggiati dagli Stati Uniti e sostiene Stanko, ma certo anche per soldi, da Israele. Oggi solo la Georgia è in pericolo – buon professionista. Socio fondatore domani tutti i paesi democratici dell'intero dell'organizzazione non governativa serba globo lo saranno”. «Center of not violent resistence», registrata a Belgrado. Accrediti professionali, oltre a quello Svi Zinger e Hanan Greenberg hanno di Slobodan Milosevic che attende in galera la contribuito a questo reportage. sentenza del Tribunale internazionale dell'Aja per crimini di guerra (allora era ancora in vita, http://www.megachip.info/modules.php? NdR) , la caduta dell'ex presidente georgiano name=Sections&op=viewarticle&artid=7629 Eduard Shevardnadze [...]”. Rileggo la cronaca d'allora e recupero memoria. Per Stanko Lazendic e soci, corsi di addestramento alla “Resistenza non violenta” a Budapest, nel protettorato Nato della Bosnia e in Montenegro. La guerra d'Ossezia è nata in Kosovo Da Stanko ottengo il nome di almeno un «docente» e le molte sigle di chi pagava i conti di 19/08/08 quelle trasferte di «studio». “Nel marzo del 2000, uno dei docenti all'Hilton di Budapest, fu Deve essere il vizio delle guerre di Ferragosto un certo Robert Helvi, già colonnello della Cia, quello di intorpidire, col caldo, anche la memoria. Il famoso e poco elegante “l'avevamo operativo a Rangoon e Burma. L'Ex colonnello Cia (esiste un «ex » in qualsiasi Servizio detto”. Di Abkazia e Ossezia del sud si parlava segreto?), aveva illustrato i 500 modi «non già dal 2004 a Pristina, Kosovo. Le polemiche violenti» per destabilizzare un regime attorno alla dichiarazione unilaterale autoritario. In pratica una rilettura del libro di d'indipendenza del Kosovo albanese, che Gin Sharp, «Dalla dittatura alla democrazia » . stavano preparando gli Stati Uniti col sostegno Tecnica del Colpo di Stato col Guanto di di un bel pezzo di Unione Europea. Per aiutare Velluto”. la memoria incerta, ricorro a fonti indubitabili (Pagine di Difesa). “La comunità internazionale Ricordo l'ex studente serbo negare alcuna deve accogliere dei principi unici e universali dipendenza dalla Cia. «Noi non siamo della Cia,

né lavoriamo per la Cia. Se così fosse, guadagneremmo molto, molto di più dei pochi soldi che riceviamo. Una miseria per i rischi che corriamo». Sarà pure poco, ma chi paga? “La generosità democratica in Serbia, Ucraina, Georgia eccetera, esce dai conti correnti di Us Aid, dall'Istituto Internazionale Repubblicano o dal suo gemello Democratico (Ndi), dalla fondazione Soros o dalla Freedom House, dalle tedesche «Friedrich Ebert» e «Konrad Adenauer» o dalla britannica «Westminster». Le mie trasferte in Ucraina sono state pagate dalla Westminster britannica e dall'American Freedom House. In Georgia, contro Shevardnadze, pagava Soros”.

l'U.S. Agency for International Development (USAID), la Freedom House (Casa della libertà), l'Open Society di George Soros ed una rete attorno al mondo di altre organizzazioni politiche professionali ben finanziate, pubbliche e private [...] Rispetto ai modi clandestini e scopertamente aggressivi con i quali la CIA portò avanti le sue incursioni destabilizzanti dalla fine dagli anni ‘40 alla metà dei ‘70, le attuali forme di manipolazione elettorale sono promosse come “costruzione della democrazia”. Interventi elettorali cruciali per gli obiettivi politici globali degli U.S., per consolidare i vincoli americani con i governi stranieri e stabilire alleanze economiche e militari.

La serba Otpor in formato esportazione partorisce così «Kmara» (Basta) a Tbilisi, e «Pora» (E' ora) a Kiev. Archivio di lontane memorie. Non ho testimonianza personale di “Kmara”, la “rivoluzione” filo occidentale che fece cadere l'ex-leader della diplomazia nella perestroïka, Eduard Ambrosievitch Shevardnadze e portò al potere l'attuale premier Mikhaïl Saakashvili. “Misha”, vincendo le elezioni del 2004, è da allora il Presidente della Georgia. Conoscitore delle tecniche di comunicazione di massa, apertamente filooccidentale, “Misha” ha condotto efficaci e popolari campagne contro “la corruzione”. Questo giovane avvocato, allora di 35 anni, ha perfezionato i suoi studi alla Columbia University di New York. Torniamo per un attimo al mio intervistato serbo di Novi Sad, Stanko Lazenvic. Prossimi impegni professionali, Stanko? (chiesi allora, 2004. NdR) «Vedremo. Dopo gli ottimi risultati ottenuti in Serbia, Georgia e Ucraina, spero che avremo altri contratti. Stiamo già lavorando un po' in Bielorussia e siamo in corrispondenza con l'Azerbaijan. Vedremo». Infatti, stiamo vedendo.

di Ennio Remondino – Megachip dal Manifesto

Da “Monthly Review” del 2007 (mensile americano, fondato a New York nel 1949, che ebbe, tra i suoi primi collaboratori, Albert Einstein). “ I metodi per manipolare le elezioni straniere sono cambiati dai tempi delle operazioni di cappa e spada della CIA ma gli obiettivi generali del dominio imperiale sono immutati. Adesso il governo U.S. in molti casi conta meno sulla CIA e più su iniziative relativamente trasparenti, intraprese da organizzazioni sia pubbliche sia private, come il National Endowement for Democracy (NED),

http://www.megachip.info/modules.php? name=Sections&op=viewarticle&artid=7646

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