Olimpia Siede Davanti Alla Solita Finestra

  • November 2019
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  • Words: 889
  • Pages: 2
L’uomo di sabbia Mi sono ritrovata a mischiare i tempi del racconto: un presente che diventa futuro (10 anni dopo) che però riesce solo a “guardare” al passato. E ho mischiato anche i sensi: la vista, l’udito. … 10 anni dopo Olimpia sedeva davanti alla solita finestra, guardando i tetti delle solite case, rimuginando i suoi soliti pensieri. Insomma nulla di insolito. Nulla di insolito insomma. Eppure tutto quel nulla le occupava la mente ormai da 10 anni, instancabilmente. I suoi occhi lasciavano quella finestra ed i tetti oltre la cornice della finestra solo per tornare a leggere quelle lettere. Le aveva lette e rilette tante volte eppure sentiva spesso il bisogno indomabile di ritornare a leggerle. Forse solo per capire. Forse solo per vedere. Ancora una volta riprese tra le mani la lettera scritta dal padre di Nataniele al professor Coppelius… “Caro Professor Coppelius, il nostro piccolo Nataniele cresce. E’ un bimbo felice e vivace. Ci guarda sempre con quei suoi occhi curiosi ed attenti, come lei stesso notò in una delle sue ultime graditissime visite. Sembra non soffrire di alcun male. In questi suoi 3 anni nulla sembra aver scalfito alcunché. Sono stato felice di sapere che lei, caro professore, sarà nostro ospite questo natale. L’aspettiamo. Con tutta la mia stima, il suo servo e sempre debitore”. … Scalfito alcunché, scalfito alcunché.., si ripeteva Olimpia alla ricerca disperata di un significato. Cosa mai avrebbe potuto scalfire la vita di un bambino? Le avevano raccontato che lei, Olimpia, Nataniele lo aveva conosciuto bene. Sì, le avevano detto che lo aveva conosciuto. E, anche se nulla era rimasto nella sua memoria, Olimpia aveva impresse nella sua mente alcune immagini alle quali si aggrappava ogni volta che pensava a lui e così aveva la sensazione di ricordare qualcosa, di ricordarlo. Nataniele, Nataniele…. E lentamente qualcosa si mostrava lì davanti ai suoi occhi, un ricordo che piano piano diveniva più nitido, familiare… ma mai abbastanza nitido per riuscire a guardare negli occhi il suo Nataniele… immagini dense ma che troppo velocemente svanivano… Svanivano troppo velocemente. Quando le avevano raccontato della tragica fine del suo amico, le parve di ricordare qualcosa e ancora poche immagini le si presentarono ai suoi occhi: una torre, un cespuglio, una bambola… Ma quello che spesso le si presentava chiaro come se fosse stato reale lì davanti in quel momento era l’immagine della mano di Nataniele che impugnava la penna e scriveva scriveva scriveva su un foglio che però non mostrava parole. Come se quella penna non avesse avuto inchiostro… Una penna senza inchiostro. E prese tra le mani la lettera scritta da Nataniele al suo amico Lotario… “Caro amico carissimo e fratello, ricorderai la mia ansia nel raccontarti del venditore di barometri, il signor Coppola. Bene, caro amico, sta’ tranquillo, lui è sì tornato a farmi visita ma questa volta nessun presentimento oscuro ha accompagnato la sua vista. Mi sono fidato di lui ed ho comprato un suo cannocchiale. Un bellissimo cannocchiale finemente lavorato, grazie al quale incredibilmente e misteriosamente il mio sguardo si è fatto sereno. Spesso mi ritrovo a guardare attraverso quella lente e questo mi dà

una serenità improvvisa ed ancora inspiegabile. E’ come se il mondo attraverso di esso fosse ad un tratto diventato più vero ed i miei occhi avessero una nuova forza, lucidi chiari trasparenti. Nei miei occhi non c’è più sabbia, caro amico, è come se fossero tornati a vivere… E’ uno sguardo stretto quello del cannocchiale capace di mostrarmi pochi dettagli, immagini quasi senza prospettiva, immobili. Quello che guardo col mio cannocchiale è lontano da m, e quindi è muto, è “senza parole”. Perché, caro fratello, le parole sono spesso ambigue e incomprensibili come le immagini del mondo che troppo spesso mi hanno turbato o addirittura si sono negate alla mia vista. Quando guardo con il mio cannocchiale non ci sono porte da aprire, non ci sono scale da salire, corridoi da percorrere, parole da ascoltare. E’ tutto là, oltre quella lente che senza opacità mi mostra silenziosa la realtà. Sono felice, amico mio non datevi pena per me. Siate felici per questa mia ritrovata serenità. Ti abbraccio”. Come sempre le accadeva, rileggendo questa lettera, le tornarono in mente, così come qualcuno gliele aveva riferite, le ultime parole che Nataniele aveva ascoltato prima di lanciarsi nel vuoto: “Guarda - le aveva detto Clara - guarda quel piccolo strano cespuglio grigio che sembra camminare verso di noi”. E così Nataniele aveva guardato nel suo cannocchiale. E ancora una volta Olimpia si ritrovò a pensare che furono quelle “strane” parole a invadere gli occhi e la mente di Nataniele. Le immagini mute del suo cannocchiale avevano improvvisamente parlato infuocando il suo animo e la sua mente. Ascoltare e vedere nello stesso momento…. Era stato forse questo a turbare Nataniele? Quelle che per lui erano parole ambigue gli avevano infuocato gli occhi? Le parole per Nataniele, quelle profonde che gli scavavano nell’animo, potevano essere solamente scritte, pensò Olimpia. E ancora una volta vide chiaramente la mano di Nataniele, la penna sul quel foglio.. I suoi occhi non potevano ascoltare… non potevano ascoltare.. non potevano ascoltare… Così Olimpia ricordava. Attraverso gli occhi, attraverso quelle poche immagini che riuscivano a dialogare con la sua mente, immagini catturate da quelli che erano i suoi occhi ma che furono, per Nataniele, inquietanti finestre sul mondo.

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