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periodico bimensile Numero 5 Sabato 15 Maggio 2004
Album di famiglia Bambini vietnamiti scappano dalle loro case a Trang Bang, l’otto giugno 1972. Un aereo sud vietnamita aveva per errore sganciato bombe napalm sul villaggio a 45 kilometri da Saigon. Venticinque anni più tardi Kim Phuc (nata nel 1963) la piccola bambina nuda e ustionata che scappa dal villlaggio fu nominata ambasciatrice dell’UNESCO. La foto valse a Nic Ut di Associated Press un Premio Pulitzer http://en.wikipedia.org/wiki/Kim_Phuc_Phan_Thi
Bi=Dc Il gigantismo delle immagini e lo Bombe Intelligenti cioè Danni Collaterali. Potrebbe sembrare un semplice teorema. Per di più sciocco, autoindulgente e consolante. Ipocrisia allo sta- scadimento della vita politica L’incipiente campagna elettorale viene divinizzata in vita in quanto senso espressionista dei tratti del to puro. Potrebbe. Ma la storia sembra suggerirci che non è proprio così. Potremmo ricordare il Viet Nam, per esempio. Per esempio sottolineare con una punta di fastidio che quello era un nostro problema, anche se non avevamo truppe quella volta. Che la parte di Cuba che ci fa più paura non è quella con capitale Avana. Che gli italiani, brava gente, usavano i gas in Etiopia; “ma c’era il fascismo non era colpa nostra” si dice, e se non è autoindulgenza questa. E in Somalia quasi sessanta anni dopo, dieci anni fa, usavano le scariche elettriche nei genitali. Che il nostro problema non è il Gulag ma il Lager. Non perché siamo comunisti (libero qualcuno di esserlo) ma perché fanno parte della nostra storia e ci toccano. Noi siamo stati fascisti. E chi ci ha portato la libertà e insegnato la democrazia (allargando incidentalmente il mercato a una marca di bibite gassate al gusto finto di chinotto), i figli benedetti che avevamo mandato oltre oceano perché qui si moriva di fame (quando il primo mondo non sapeva ancora di non essere più terzo mondo), i puri e gli innocenti di Camelot (come direbbe Billy Bragg), loro, insomma, cosa vanno a combinare? Ammazzano persone in mezzo alla strada, ammazzano gli studenti a fucilate, e ammazzano, per sbaglio in questo caso, villaggi con il napalm. Erano i fantastici anni ‘60 e i mitici anni ‘70. Mentre quattro sciocchi figli di papà indossavano i pantazampa, autoindulgenti intellettuali discettavano di futuro, purché li si notasse, sotto le note compiaciute di un drappello di eroi musicali che facevano a gara nell’originalità dell’ultimo gesto per restare nella storia. Bisogna davvero indignarsi come delle verginelle per quello che sta succedendo? Non ci si poteva ricordare prima del Viet Nam, tanto per fare un esempio? Non si sapeva che la guerra uccide? Emanuele Quinto
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Intuizioni e Interpretazioni: Rivelazioni Kronstadtkaffee: “…andiamo da quelli delle giubbe rosse!”
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[…]: Fungi (da Yuggoth) di H.P.Lovecraft ovvero: Fashion, anche se si pronuncia “fascion” non è per forza una cosa che riguarda la destra fumetto: Sentinella (parte terza) Come si scrive un articolo per Kronstadt: Füsternberg colpisce ancora - il modello di Wassaua
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Le colonne dell’accesso: Rete Lilliput cronaca: Quando il franchising era una brutta parola… La bacheca
per il rinnovo del parlamento europeo mostra il ritorno di un interessante fenomeno nel mondo della comunicazione politica: l’uso del gigantismo delle immagini dei leader nei manifesti elettorali. La potenza espressiva e persuasiva del gigantismo è nota fin dagli anni ’30 dello scorso secolo. I regimi totalitari di ispirazione nazifascista e comunista ne fecero largo impiego nella loro propaganda e da allora questo mezzo di persuasione è stato usato molte volte. Anche il mondo arabo non ne è alieno come mostrano le immagini colossali di Saddam Hussein in Iraq, i ritratti giganteschi di Khomeini in Iran e le gigantografie degli attuali presidenti siriano e egiziano. La diffusione universale di questo mezzo ci fa pensare che il suo impiego non è direttamente legato solo a un tipo di regime politico strettamente definito ma piuttosto a un clima culturale diffuso. Infatti, esso non è tipico solo di epoche recenti. Il grande storico e critico d’arte Ranuccio Bianchi Bandinelli nel volume dedicato alla fine del mondo antico della sua monumentale e ricchissima storia dell’arte antica (R. Bianchi Bandinelli, Roma – La fine dell’arte antica, Rizzoli, Milano, 1970) rimase colpito dai ritratti colossali degli imperatori che caratterizzano i secoli della decadenza dell’Impero Romano percorsi da quell’angoscia della fine così ben compresa da E.R. Dodds (Pagani e cristiani in un’epoca d’angoscia, La Nuova Italia, Firenze, 1970). Secondo Bianchi Bandinelli la dimensione colossale dei ritratti imperiali di quell’epoca, l’accentuazione innaturale dei tratti del volto dell’imperatore, l’altezza a cui erano posti, il pathos esagerato delle pose e l’intensità esasperata degli sguardi in funzione espressiva, fino alla perdita totale del realismo che aveva costituito il cuore dell’arte greco-romana, cresce nella misura in cui diminuisce il prestigio politico riconosciuto alla funzione imperiale e quindi aumenta in proporzione l’importanza della persona dell’imperatore che
reggitore perfetto e assoluto del mondo e non post mortem come era sempre stato l’uso. In un’epoca confusa e pericolosa, percorsa da guerre e da rivolte nelle province, caratterizzata dal sentimento della distanza e della illegittimità del potere politico, di crisi dei fondamenti del diritto di fronte al dispotismo delle leggi, segnata dalla concentrazione del potere, dalla sua inettitudine e dalla sua rozzezza di fronte agli enormi problemi di un mondo minato da molteplici tendenze centrifughe e dalle tensioni di una complessità crescente, un’epoca di crisi di un modello economico e di impoverimento generale, in cui a poche grandi figure politiche si alternano sul seggio imperiale schiere di mezze figure di usurpatori, di inetti, di disonesti arraffoni e di rozzi ex legionari, l’esibizione aperta, quasi iperbolica della potenza divina, taumaturgica e paternalistica della persona dell’imperatore, capace con la sua sola presenza in effigie di tutelare la sicurezza e di realizzare grandiosi prodigi risolutivi di tutti i problemi – splendida mistificazione della realtà – si fa sempre più urgente e forte. Di qui la deformazione in
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volto e l’uso del gigantismo delle immagini in funzione persuasiva che Bianchi Bandinelli chiama “volontà di potenza”. Il personalismo è una malattia degenerativa del corpo politico i cui sintomi sono l’irrazionalità, l’esagerazione, il fanatismo, la faziosità, lo scadimento del dibattito a disputa personale, lo svuotamento delle idee a mere ideologie da rigettare in toto, cadendo nella vacuità dei contenuti, o da abbracciare in toto., cadendo nell’ipocrisia dei ragionamenti. Si tratta di una condizione in cui sul primato dei contenuti hanno buon gioco gli strumenti persuasivi più bassi e rozzi come il gigantismo delle immagini, i proclami iperbolici e le formule taumaturgiche. E’ vero che, storicamente, questa degenerazione si manifesta specialmente in epoche di particolare debolezza del corpo sociale, ma essa non è un evento destinale e inevitabile della vita politica. Chi ha introdotto questo germe si è reso responsabile dello scadimento della polemica politica e chi lo segue - o lo insegue - su questa strada ha tutto da perdere e ben poco da guadagnare. Matteo Canevari
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periodico bimensile Numero 5 Sabato 15 Maggio 2004
Intuizioni e Interpretazioni Rivelazioni
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“Evocare a poco a poco un oggetto per mostrare uno stato d’animo o, inversamente, scegliere un oggetto e ricavarne uno stato d’animo con una serie di deciframenti”: è una definizione di simbolismo in letteratura, dataci da Mallarmé. Poesia è un grande gioco di interpretazione che si svolge tra le cose del mondo e l’animo di chi crea. Crea che cosa? Simboli, cioè interpretazioni, che nell’opera definiscono o evocano oggetti e situazioni di qualsiasi provenienza e da lì finiranno nel mondo di chi legge, moltiplicandosi all’infinito. Perché il simbolismo, secondo le parole di Novalis, “provoca un’attività spontanea”: sia nella mente di chi scrive e confronta la propria volontà con il flusso di esperienze che la vita gli offre, sia in chi legge il prodotto finito e a partire da questo crea i propri infiniti collegamenti ed evocazioni. Si potrebbe stilare una lista di autori secondo i quali questa attività di creazione simbolica è perfettamente cosciente, poiché estende la limpida volontà del poeta sul mondo, e una lista di altri secondo i quali si tratta di un processo oscuro, che mobilita desideri inconsci, che avviene indipendentemente dall’intenzione di chi scrive, quasi come una possessione. Ma non è questo il punto centrale: invece è importante sottolineare come a questo mondo
La sparatoria avvenne alla Kent State University, Ohio, dove la Guardia Nazionale degli Stati Uniti aprì il fuoco sugli studenti, il 4 maggio 1970. Nel corso di quattro giorni, gli studenti della Kent State protestarono contro l’invasione statunitense della Cambogia, che il Presidente Richard Nixon aveva lanciato il 1 maggio. Il 2 maggio, a seguito di una notte di agitazioni, il sindaco dichiarò lo stato d’emergenza e più tardi nel pomeriggio chiese al governatore dell’Ohio di inviare la Guardia Nazionale per aiutare a mantenere l’ordine. Quando quella sera stessa la Guardia Nazionale arrivò in città, si stava tenendo una grossa manifestazione, nella quale i dimostranti appiccarono il fuoco all’ufficio del “Reserve Officer Training Corps” (ROTC) del campus. I dimostranti impedirono ai pompieri di estinguere l’incendio, e la Guardia Nazionale evacuò il campus. Nella serata di domenica del 3 maggio, due differenti dimostrazioni vennero disperse dalla Guardia Nazionale, che sparò dei lacrimogeni in mezzo alla folla. Lunedì 4 maggio, venne programmata una manifestazione per mezzogiorno, e i dirigenti dell’università tentarono di informare gli studenti che i raduni erano stati vietati. Circa 3.000 persone si radunarono comunque; poco prima di mezzogiorno la Guardia ordinò alla folla di disperdersi e sparò i lacrimogeni. A causa del vento, i lacrimogeni ebbero poca efficacia nel disperdere la folla, parte della quale rispose scagliando
simbolico sia sottesa sempre una costruzione, un atto di affermazione, a volte anche violenta e distruttiva di una realtà “nuova”, che scaturisce dall’Io. Anche chi sostiene apparentemente che nel gioco simbolico vi sia l’offrirsi di un piano nascosto, che non bisogna creare, ma solo scoprire affondando nel profondo, in realtà sottintende una creazione più originaria, omnicomprensiva: il mondo è già una nostra interpretazione, sempre, anche fuori o al di là dei versi di un poeta. In ogni caso, a cosa mira questo atto di affermazione della volontà simbolica sulla materia? Ci sono, come dire, differenti gradazioni d’ampiezza d’intenti. Si può voler ricollegare il procedere della propria vita a oggetti o tempi perduti attraverso una singola immagine, fino al progetto di voler creare un intero mondo nuovo. Prendiamo ancora Mallarmé: un mondo dove il caso, la sfortuna e tutti gli impacci della nostra finitezza sono esclusi. E’ l’ambizione di ricondurre la multiformità impotente del quotidiano all’Unità del pensiero puro: la vita che va a finire riplasmata in un libro, l’opera che ne dovrebbe assumere il posto. Ma si sa già come va a finire: la sorda potenza della scalogna, della limitatezza penetra ovunque, soprattutto in una creazione che non è che una fuga, un’illusione cioè costruita per rimanere tale. Strel’nikov
pietre, urlando e scandendo slogan. Un gruppo di settanta soldati della Guardia Nazionale avanzò verso i dimostranti con le baionette innestate per disperderli, ma presto si trovò intrappolato su un campo da allenamento, dove rimase per dieci minuti e iniziò quindi ad arretrare, seguito da alcuni manifestanti. Quando raggiunsero la cima di una collinetta, ventotto soldati si voltarono verso la folla e spararono una scarica di 13 secondi con un numero di colpi compreso tra 61 e 67, uccidendo quattro studenti e ferendone nove. Solo uno dei quattro studenti uccisi stava prendendo parte alla protesta. Gli uccisi furono Allison Krause, Jeffrey Miller, Sandra Scheuer, e William Schroeder. Un monumento alla loro memoria venne eretto nel campus, vicino al luogo dove morirono. La fotografia mostra Mary Vecchio, inginocchiata sul corpo di Jeffrey Miller, mentre piange disperatamente. L’immagine, ripresa da John Filo, gli valse un Premio Pulitzer per la fotografia. Neil Young scrisse e registrò una canzone di protesta intitolata Ohio, in reazione alla sparatoria: Tin soldiers and Nixon’s comin’. We’re finally on our own. This summer I hear the drummin’. Four dead in Ohio. http://it.wikipedia.org/wiki/ Sparatoria_della_Kent_State
Nguyen Ngoc Loan (1931-1988), capo della polizia del Sud Viet Nam fu ritratto nel 1968 mentre giustiziava Nguyen Van Lem, un agente Viet Cong, da Eddie Adams (Associated Press); con questa immagine il fotografo vinse un premio Pulitzer. Loan aveva catturato l’agente Viet Cong, accusato di aver ucciso un ufficiale di polizia e la sua famiglia; l’uomo fu portato ammanettato davanti a un gruppo di giornalisti, Loan estrasse la sua pistola giustiziandolo. http://en.wikipedia.org/wiki/Nguyen_Ngoc_Loan
Kronstadtkaffee “…andiamo da quelli delle giubbe rosse!” Il 20 febbraio 1909 Marinetti presentava sulle pagine de “Le Figaro” il Manifesto Futurista, con l’intento di smuovere il mondo sonnacchioso e perbenista della cultura italiana. Il violento appello giunse sino alla tradizionalissima Firenze, dove, sui tavolini delle Giubbe Rosse, fu accolto con entusiasmo da G. Papini: “Quando arrivò il Primo Manifesto lo feci vedere subito al Soffici al Caffè delle Giubbe Rosse. E si disse: “Finalmente c’è qualcuno anche in Italia che sente il disgusto e il peso di tutti gli anticumi che ci mettono sul capo […] Peccato, però, che sentano il bisogno di scrivere con questa enfasi […] Si può esser più crudi e più forti senza tanto fracasso […] Per queste ragioni non volemmo dimostrare in nessuna maniera la nostra simpatia per il nuovo movimento”. Le riserve erano quasi tutte mosse da Soffici, Papini in realtà era già tentato di aderire al Futurismo. Al tempo del Manifesto il gruppo fiorentino si era stretto intorno a “La Voce” (1908-16) di Prezzolini, e dalle pagine di questa rivista Soffici stroncò la prima mostra di pittura futurista tenutasi a Milano. L’articolo fu la causa del primo incontro-scontro tra i due gruppi. Marinetti, Boccioni, Russolo e Carrà, partiti da Milano, si recarono al Caffè delle Giubbe Rosse, accompagnati da Palazzeschi e sicuri di trovarvi il gruppo vociano. Qui iniziò una vera e propria rissa che terminò solo quando, passando sul piano della discussione, ci si rese conto che gli ideali e le ispirazioni, di rottura nei confronti della vecchia cultura borghese, erano gli stessi. Si crearono così le premesse per l’adesione al Futurismo. Infatti, nel ‘13, Papini e Soffici abbandonarono “La Voce” e fondarono, sempre sui tavolini delle Giubbe Rosse, “Lacerba” (1913-15), rivista che si aprì a tale movimento e nella quale Papini firmò un’esplicita ammissione “Perché son futurista”. Il 12 dicembre dello stesso anno fu organizzata una “Serata Futurista” al Teatro Verdi. Ricorda Viviani: “Proprio nei giorni della preparazione le Giubbe Rosse furono letteralmente assediate da curiosi che con il naso appiccicato ai vetri appannati […] spiavano ogni nostra mossa quasi che stessimo confezionando delle bombe a mano […]”. Due ore di fischi, urla, lanci di oggetti e poi tutti si trasferirono al Caffè. L’arrivo delle prime cartoline dal fronte pose fine a questa prima grande stagione e nel dopoguerra: la conversione di Papini, l’abbandono di Soffici e la partenza di molti compagni, impedì la ripresa del vecchio spirito. “Erano dei perdigiorno che passavano serate e nottate in ciarle inutili” scrisse Piero Jahier. Con gli anni venti una nuova generazioni di intellettuali, letterati e artisti occupò la terza sala. Nel ‘26 A. Carocci, G. Ferrata e L. Ferrero, sorseggiando caffè, fondarono “Solaria” (1926-36), rivista che assunse un ruolo di primaria importanza nel complesso panorama della cultura italiana fra le due guerre. “Solaria” non propose un modello di letteratura e un “genere” di scrittura ma un ventaglio di possibilità diverse: Gadda, Bonsanti, Commisso, Vittorini, Loira. Elio Vittorini in un articolo del ‘32 affermo`: “[…] per che cosa questo piccolo borghese di Caffè sia diventato così indispensabile alla
vita dei letterati e degli artisti fiorentini non so […]. Gli ospiti, negli ultimi anni, non sono stati pochi: Italo Svevo, Umberto Saba, Valere Larbaud […] e tanti altri hanno attaccato lì i loro soprabiti, ci hanno regalato un’ora della loro umanità che ci pareva così favolosa, e il sorriso di Italo Svevo è come una ‘survie’”. Successivamente altre riviste nacquero nella terza sala Giubbe Rosse, “Solaria” chiuse nel ‘36 ma l’anno seguente Bonsanti fondò “Letteratura”, erede della prima ed esplicitamente letteraria. Poi, nel ’38, A. Gatto e V. Pratolini redassero la rivista d’avanguardia “Campo di Marte”. La vita culturale del caffè venne nuovamente interrotta quando, sempre negli stessi anni, Bonsanti e Montale furono invitati a non frequentare più il locale, che era stato altresì costretto a cambiare in bianco le divise rosse dei camerieri. Cominciarono gli arresti: Landolfi, De Robertis, Ramat. Frequentare le Giubbe Rosse era diventato molto pericoloso. Nel giugno del ’44 i fascisti bloccarono le strade e presero a schiaffi tutti coloro che incontrarono al Caffè, ma nessuna cronaca scritta riportò mai quell’episodio. Dopo l’arrivo degli alleati i locali delle Giubbe Rosse furono sequestrati dal quartier generale americano che li utilizzò come circolo ricreativo. Riaprì solo nel ’47, i camerieri tornarono a indossare le giubbe rosse e alcuni dei vecchi frequentatori rioccuparono i tavolini della piazza, ora ribattezzata Piazza delle Repubblica. Con l’abbandono degli uomini di cultura anche il Caffè decadde lentamente, rimpiangendone il mito lontano. Negli anni novanta col rilancio economico del locale si decise di recuperare l’immagine del Caffè come luogo di scambio culturale, i risultati non tardarono ad arrivare. Presentazione di libri, incontri con poeti, dibattiti e l’apertura di un’attività editoriale “Giubbe Rosse”, inaugurata con il volume di Leopoldo Paciscopi “Gli anni discontinui. Seduto al caffè con Rosai e Conti”. I tempi sono cambiati, la storia va avanti ma la “terza sala”continua e continuerà ad essere la scatola magica per accogliere i sogni e le speranze di chi si batte per una cultura libera e viva. “...Andiamo da quelli delle Giubbe Rosse” così dicevano i fiorentini, trovando grosse difficoltà nel pronunciare il nome straniero del Caffè, “Reininghaus”, quando il locale fu aperto da due fratelli tedeschi, fabbricanti di birra, alla fine dell’Ottocento. “Non la casa, non ho casa. Non la piazza…Non la campagna…Ma il mio Caffè, ma il mio cantuccio nella terza saletta. Questo è il mio caldo nido, è la mia casa, la mia fortezza. Qui nessun dio mi avvilisce, qui tutto è umano; la luce elettrica e il tepore del termosifone e la brezza del ventilatore e la bellezza dei tavolini rettangolari e rotondi” scriveva I. Tavolato, mentre Viviani ricorda: “Com’era bella la terza saletta delle Giubbe Rosse, specialmente nei pomeriggi d’autunno e d’inverno! Nei divani lungo le pareti, al centro, sedevano Papini con a fianco Soffici e Palazzeschi; era quasi sempre tacito e sorridente e, d’inverno, raccolto nel suo magnifico pastrano marrone che non si toglieva mai nonostante l’aria surriscaldata dai termosifoni”. Lidia
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Se per una volta non me la piglio con i truzzettini invidiosi e invidianti (attributo locativo) dal pantazampa sverniciato è perché, almeno loro, hanno la decenza di dirsi uniformati all’ammasso carinifico della commercialipnosi in loop e delle scarpe di Prada -presenza una e trina del trendy molto nazional e poco popolare. Provare a tirarsi fuori dalle sabbie mobili sociali dimenandosi controcorrente come salmoni in calore significa non comprendere di essere calcolati con millimetrica precisione dal grande dio mediatico che, operando una vera e propria rivoluzione copernicana, anziché DARCI ciò che si confà al nostro gusto, si limita a DIRCI cosa si confà al nostro gusto (con buona pace di coloro che campano sulle indagini di mercato). Il pensiero di una propria interindipendenza dal sostrato sociale è illusivo e deludente: chi non si vede pedone si crede giocatore ,senza prendere in considerazione l’ipotesi di essere, in realtà, la scacchiera. In alternativa a minuti spesi in concentrazione tantrica di fronte all’armadio ben venga, dunque, il morbido e pacifico gessato con annessa cravatta, così sicuro, così semplice, innocente e spennellato; ben venga anche la barba al mattino presto insieme alla doccia, i capelli pettinati, una colazione sana e corroborante, il quotidiano, il bacino alla ragazza e la sigaretta davanti alla facoltà. In fondo, Orwell, aveva solo sbagliato di vent’anni. Simone
Sentinella (parte 3)
3 da un racconto di Frederic Brown
Fashion ovvero anche se si pronuncia “fascion” non è per forza una cosa che riguarda la destra
ovv ero
Ogni momento che passo immerso in questa melassa sociale mi genera un incredibile turbine di inquietanti interrogativi dalle soluzioni più o meno metafisiche: Chi siamo? Dove andiamo? Siamo tutti vivi o solo una proiezione onirica di un Dio che ha mangiato pesante? Carlo del Sottovento è un uomo o un Karma? I collettivi culturali sono davvero...? (completare a proprio piacimento) Giunta è, tuttavia, la bella stagione e dunque, come si conviene, è d’obbligo abbandonare le riflessioni zen per focalizzarsi su qualcosa di più concreto, e altrettanto inutile: l’avvento dei primi caldi e l’inevitabile dismissione di maglioni+gi acconi+pantaloni permette, finalmente, la catarsi dei nostri guardaroba che, svernati dal pesante fashion obbligato dalle basse temperature, possono rifulgere nel loro estro più sincero. L’imperativo categorico è uno solo: originalità sempre, comunque, ovunque et quantunque ma con un occhio alle tendenze etico-cultural-politicoreligiose. Ecco dunque prensentarsi ai nostri occhi quella pia entropia di soggettività umane che, cercando di dettare le regole per una propria personalissima immagine, riescono a essere tutti, casualmente e tristemente, uguali. cfr. CSA :Scena del Crimine. Alternativi senza alternativa chiusi in una scatola di Sisley a strapparsi i Levis perchè “noi da Seattle non abbiamo nulla da imparare per quanto riguarda il look”.
le traduzioni di Kronstadt sono originali e inedite
Füsternberg colpisce ancora - il modello di Wassaua
Come si scrive un articolo per Kronstadt
Füsternberg non è solo il nome di un noto sexy shop di Amburgo, ma è anche il cognome del più famoso ingegnere biomedico al mondo (Aaron Füsternberg – Nobel 1993 per le sue ricerche sulla chimica dell’accoppiamento dei nematodi). Ebreo di origine prussiana, il Füsternberg ha avuto un’esistenza travagliata – la morte della madre quand’era appena undicenne e, nel 1988, una condanna a due anni e otto mesi per detenzione e spaccio di stupefacenti. Ormai ottuagenario, pochi mesi fa ci ha donato un’altra delle sue scoperte geniali: il modello Wassaua, frutto di una ricerca quinquennale condotta coi fondi dell’università del Minnesota, col quale si candiderà al prossimo premio Nobel per la chimica. Si tratta di un modello matematico molto complesso che riesce a linearizzare, grazie alle brillanti intuizioni del Füsternberg, il problema della regolazione della sintesi dell’interleuchina M109T da parte del cervello in presenza di dosi massicce di inibitori delle monoamino ossidasi.
Grazie a questo modello (intitolato a Wassaua, consulente spirituale di origine cheyenne del Füsternberg) il lavoro di chi studia le meccaniche degli antidepressivi sul cervello risulterà incredibilmente più semplice (in particolare per chi studia l’alternanza sonno/ veglia e le origini del dolore all’area di Hickmann durante la minzione). Già si parla di appositi applicativi per il modello di Wassaua da inserire nella nuova versione di Matlab e Labview, noti programmi per l’analisi numerica e la simulazione. Intervistato da Ambrose Bierce per Science, Füsternberg ha dichiarato: “Quel che più mi preme, nella vita, è diffondere il pensiero scientifico anche fra chi ha una cultura di stampo umanistico. E’ una cosa molto difficile: certamente sbagliano le pubblicazioni di massa troppo semplificate [Focus? NdR], ma anche infarcire gli articoli di termini tecnici non è una soluzione. I non addetti ai lavori non potrebbero comunque notare la differenza fra una bufala e una notizia vera.” Simone “il Maro” Marini
Andrea Rovati
[…]
Fungi (da Yuggoth) di H.P.Lovecraft Howard Philip Lovecraft è conosciuto al pubblico per i suoi racconti e romanzi e ritengo non sia necessario in questa sede ripercorrerne la vita e le opere. Tristemente però la sua produzione prosaica rappresentava per lui solo una professione a puro fine di lucro, mentre tutte le sue speranze di fama erano riposte nella poesia. Vicende storiche legate al gusto dell’epoca nei confronti della Science Fiction ne hanno però condizionato il successo, mentre i suoi componimenti poetici sono passati quasi del tutto in sordina e raramente citati anche nelle raccolte con pretese di completezza. Vi presento in traduzione originale l’incipit della sua opera principale (titolo originale “Fungi from Yuggoth”) in cui si possono riscoprire i temi caratteristici di tutta la sua produzione letteraria: città degradate ed ostili agli esseri umani, la consapevolezza di un sapere alieno ignoto ai più e la cui comprensione porta il malcapitato sull’orlo della pazzia o dell’autodistruzione, creature sovrannaturali che reggono il fato del nostro pianeta. Come aspetto curioso di questa raccolta, non posso esimermi dal riportare l’aneddoto riguardante il titolo: Lovecraft immagina che la terra sia stata/sia tuttora colonizzata da creature aliene, non identificabili secondo le categorie usuali e che perciò costituiscono un regno a parte, così come avviene per i funghi, creature provenienti dal nono pianeta del sistema solare, che ora sappiamo esistere e che comunemente chiamiamo Plutone; ebbene tale pianeta fu individuato solo nella primavera del 1930, quando ormai i “Fungi” erano in fase di revisione. Casualità o premonizione? A voi credere ciò che maggiormente vi stuzzica!
I. Il Libro Il luogo era oscuro e polveroso, sperduto Nel groviglio dei vicoli vicino al molo, Maleodorante di ignote cose giuntevi per mare, E con estranei riccioli di nebbia gettati dal vento dell’ovest. Piccole finestrelle a losanga, oscurate dal fumo e dal gelo, Mostravano appena i libri, ammucchiati come alberi ritorti, Marcescenti dal pavimento al soffitto – rimasugli Di antico decadente sapere a poco costo. Sono entrato, affascinato e da un mucchio coperto di ragnatele Ho preso il tomo più vicino e l’ho sfogliato, Tremando alle insolite parole che sembravano custodire Un segreto, mostruoso se solo uno lo conoscesse. Allora, cercando un libraio vecchio del mestiere, Non trovai altro che una voce che rideva. II. Inseguimento Ho stretto il libro sotto il mantello, nello sforzo Di nasconderlo alla vista in quel luogo; Fuggendo di corsa attraverso le antiche vie del porto Voltandomi di continuo e con passo nervoso. Stupide finestre, furtive in vacillanti mattoni Mi spiavano di sbieco mentre io acceleravo, E pensando cosa nascondevano, mi sentii male Riacquistando la vista del puro cielo azzurro. Nessuno mi aveva visto prenderlo – ma incessante Una risata ignota echeggiava facendomi girare la testa, E avrei potuto intuire quali tenebrosi mondi malati Strisciavano in quel libro che avevo sottratto. La strada divenne estranea - i muri similmente impazziti – E distante dietro le mie spalle, invisibili piedi mi seguivano. traduzione di Giacomo Carboni
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tutto sulla festa degli Orti il prossimo numero
cronache
Reg. Trib. PV - Stampa: Cooperativa Sociale “Il Giovane Artigiano”, Pavia - Chiuso in Redazione 14-05-2004 - Tiratura 2000 copie - Copyleft 2004
E’ il 1999 quando a livello nazionale si costituisce la Rete Lilliput, un insieme di Associazioni e Campagne, che ha il preciso e limpido scopo di riunire realtà diverse, ma con un progetto comune, che sia quello di occuparsi dei problemi sociali ed ambientali, nel rispetto delle diversità. Ispiratore di un simile intento è Padre Alex Zanotelli, che ha il progetto di far interagire e collaborare le molteplici e impegnate parti in un lavoro contro le disuguaglianze del mondo, con una “strategia lillipuziana”, dove piccoli ma tanti si può vincere il più forte, che è chi usurpa il diritto del più piccolo, che è chi del liberismo ne fa un’arma a suo solo favore. Nell’ottobre 2000 a Marina di Massa si realizza così il primo incontro nazionale della Rete, e nel gennaio 2002, in un secondo incontro si valuta la strada fatta e quella da farsi. Alcuni punti fin da subito caratterizzano la Rete: 1) la Nonviolenza; 2) l’utilizzo del mezzo del Consenso, che vuole trattare con tutte le parti in causa, con tutte le idee, allo scopo di trovare delle situazioni nuove, escludendo scelte di maggioranza o di minoranza, ma lavorando anzi anche, e dall’interno, sulla comprensione e la discussione; 3) la Competenza, dove si valorizza l’esperienza e il contributo di chi è competente sugli argomenti in esame. La Rete ha un suo Manifesto, in cui si dichiara di “opporsi alle scelte economiche che attentano alla democrazia”, impegnandosi per questo, con un intervento di non violenza, a informare e a denunciare le iniquità, ,nell’intento di indebolire il potere, con un consumo critico, con il boicottaggio per condizionare le imprese, con la gestione etica dei propri risparmi, con un’attenzione
ai prodotti del terzo mondo, con lo scopo di creare alternative economiche e stili di vita più sani, e così di alzare la voce di ogni singolo e di ogni gruppo sui temi del debito, della speculazione finanziaria, dello sfruttamento del lavoro, del commercio selvaggio, delle politiche di Fmi e Banca Mondiale. Il nodo di Pavia è uno dei primi a nascere, siamo nel settembre 1999. Ad oggi aderiscono 19 fra associazioni e gruppi, quali: ACLI, Ad Gentes, Amici del Bosco, ARCI, ATTAC Pv, AUSER, Banca Etica, Bilanci di Giustizia, Centro DiDi, CAFE, Coord.dir.Studio, G.A.S. SuryaChandra, Italia-Uganda, Legambiente, Pavia-Senegal, Soleterre, Terre des hommes, UNICEF,WWF. Fra le principali campagne di questa rete locale sono state: - “Banche Armate”, la campagna contro le banche che finanziano l’esportazione di armi, e su cui, insieme a Reggio Emilia, Pavia ha ottenuto un traguardo, che è quello di far sì che nel nuovo bando per l’assegnazione della tesoreria comunale venga dato un punteggio preferenziale a quelle banche che non finanziano le guerre; - “Pace da tutti i Balconi” conosciuta almeno visivamente a tutti, per l’esposizione della bandiera. Ora la Rete Pavese ha organizzato un corso di formazione sulle “Azioni di Pace”, quello che noi si può fare nella vita quotidiana, come lillipuziani, partito il 27 aprile, sui temi di Cooperazione Internazionale, Altroturismo, Consumo critico, Commercio Equo e Solidale e Finanza Etica. La rete locale si riunisce con una scadenza di 15-20 giorni; la sede è mobile, nel senso che ci si trova nelle varie associazioni della rete. Per contatti:
[email protected] Barbarah
Gerenzago - ore 8-20 - Sagra di Santa Pudenziana - bancarelle e macchine agricole (info: 0382 967051) Pavia, Orto Botanico - Festa del roseto - visita guidata all’orto botanico e mercatino (info: 0382 22534) Langosco - ore 8.30-18 - Langosco in fiera - Fiera, gastronomia, biciclettata tra le risaie e pranzo etnico (info: 0384 78021) Sommo - ore 8.30-18 - Il mercatino del libero scambio mercato e scambio di vecchio oggetti (info: 0382 402127) Varzi, Piazza della Fiera - ore 721 - Mercatino dell’antiquariato Oggetti vari ed artigianato (info: 0383 4545221) Voghera, ex caserma di cavalleria - ore 10-24 - Expoltrepo’, 622a Fiera dell’Ascensione, esposizione commerciale, industriale ed artigianale, stand gastronomici e musica. Fino al 23 maggio (info: 0383 41051) lunedì 17 maggio Chiesa di S.Luca, C.so Garibaldi - ore 21.15 - “Musicalia” - musica antica, “Trio flauti Girolamo Cardano”, musiche di Dornel, Telemann martedì 18 maggio Aula del ‘400 - ore 21.15 - “Musica in Università” - “Orchestra Milano Classica”, musiche di Vivaldi Osteria del Sottovento, Pavia dalle 19 - P-low and Audiofluido, Chill out night (info: 0382 26350) giovedì 20 maggio Chiesa di S.Luca, C.so Garibaldi - ore 21.15 - “Musicalia” - musica antica, “Quartetto Guidantus”, musiche di Corelli, Händel Thunder Road - Codevilla - dalle ore 21 - “Manacerace”- “Psyco rockstar”, “input” in concerto (info: www.thunderoad.net 0383 373064) venerdì 21 maggio Aula Magna Collegio Ghislieri - ore 21.15 - “Musica da Camera” Castello Visconteo, Pavia - ore 21,30 - Noa in Concerto, rassegna Fare Festival, settore cultura del
Comune, ingresso 15 € (info: 0382 399343) Thunder Road - Codevilla - dalle ore 23.30 - “Achtung babies”, tributo agli U2 ingresso 5 € (info: www.thunderoad.net 0383 373064) sabato 22 maggio Istituto Vittadini, Pavia, ore 16 - Sabato d’autore - Franco Vittadini (info: cooperativa progetti 0382 530150) Sant’Angelo Lomellina - Sant’Angelo in fiore - Fiera, gastronomia, biciclettata, musica ed esibizioni sportive (info: 0384 55012) Voghera – Palatexas, 61o Rodeo e Wild West Show Rodeo americano (info: 0383 364631) Thunder Road - Codevilla - dalle ore 23.30 - “Divina”, 70-80 disco party, ingresso 8-10 € con cons. (info: www.thunderoad.net 0383 373064) domenica 23 maggio Varzi, Piazza della Fiera - ore 721 - Mercatino dell’antiquariato (info: 0383 545221) Voghera, Piazza del Duomo - ore 8-19 - Mercatino dell’antiquariato (info: 0383 336407) lunedì 24 maggio Chiesa di S.Luca, C.so Garibaldi - ore 21.15 - “Musicalia” - musica antica, “Duo Erre - Nastrucci”, musiche di Bach, Händel, Vivaldi, Bigaglia, Gaultier martedì 25 maggio Osteria del Sottovento, Pavia dalle 19 - “Cookin for Diego”, skarocksteady from Jamaica (info: 0382 26350) Aula del ‘400 - ore 21.15 - “Musica in Università” - “Orchestra Milano Classica”, musiche di Vivaldi Castello Visconteo, Pavia - ore 21.30 - Omara Portuondo in concerto, rassegna Fare Festival, settore cultura del Comune, ingr. 15 € (info: 0382 399343) giovedì 27 maggio Chiesa di S.Luca, C.so Garibaldi - ore 21.15 - “Musicalia” - musica antica, “Gruppo di Musica Antica”
Quando il franchising era una brutta parola…
Dal Ticino al Castello, con quella leggera salita che si trasforma in terrificante agli occhi strabuzzati del ciclista dei pomeriggi di luglio, si snoda uno dei pochi corsi cittadini, così stretto da finire per essere una comune strada, che però parla di rinnovamento, strada Nuova appunto. Da sempre deputata al bel passeggio del sabato pomeriggio e della domenica mattina è la via destinata ad essere goduta con la lentezza delle giornate primaverili in cui l’unico problema sembra essere quello della lotta intrapresa dai sinuosi tacchi contro i listoni sconnessi del pavé. Ma dall’ozio di questi soleggiati pomeriggi il corso si riscatta durante la settimana,quando prende vita lo scalpitio del commercio e anche la via sembra seguire gli orari di bottega: 9:00/12:30, poi tutti a casa fino all apertura pomeridiana 15:30/19:00. Ed è proprio in queste ore che l’avveduto commerciante armeggia dietro al bancone, prodigo di sorrisi ed accortezze per accontentare il cliente, si sa sempre difficile e meritevole di ragione. La vetrina quasi degna dei più approfonditi studi sul colore, dove la merce sfida le leggi della fisica per ergersi in improbabili piramidi sempre più bella e accattivante, gli scaffali ricolmi di scatole che sembrano contenere preziosi e segreti tesori… questi sono i luoghi in cui il commerciante dimostra tutta la sua bravura non per far capitolare lo sciagurato avventore, ma per fargli assaporare, anche solo per pochi secondi, la sensazione di pinocchio nel paese dei balocchi, tutto colori e zucchero filato. E poi c’è lui, il venditore, che siede tranquillo gettando un occhiata ora al giornale che tiene sulle ginocchia, ora alla porta… chissà che entri qualcuno. Certi pomeriggi di pioggia devono essere proprio tristi se non vendi ombrelli e oltre al quotidiano spunta sul bancone la settimana enigmistica, con la matita appuntita schierata a lato. Ma oggi no, oggi c’è il sole e già vedo due signore che indugiano davanti a quel ciondolo antico. Il buon commerciante già dal cappellino e dalla
foggia degli abiti indovina il gusto delle signore e, con mano sicura, lucida quel medaglione e sistema meglio quegli orecchini. Ma le signore stavolta sono in cerca del regalo per la loro amica, la signora R., la conosce? ma certo che l’attento negoziante la conosce! Si ricorda di un paio di acquisti della signora… dunque, lasciatelo pensare… Agata! la pietra preferita della signora. Pensa proprio che quel bracciale possa piacerle, in ogni caso se non incontra pienamente il suo gusto potrà venire a cambiarlo… senza fretta naturalmente. Escono soddisfatte le signore,col bel pacchettino tra le mani e lui, sistemando gli anelli, pensa a quanta sarà la gioia della signora nell’aprire il regalo. Due vetrine più in giù, tenendo la sinistra, le abili mani di una donna sistemano le tese di vezzosi cappellini, mentre sua figlia le racconta della nascita del nipotino della loro affezionata cliente, signora P. Ma il rumore deciso di tacchi sul parquet annuncia l’arrivo di una cliente. “Alta, fronte spaziosa, cappello a tesa larga” è l’immediata formula che si disegna nella mente allenata della negoziante, che stranamente questa signora dalle gambe lunghe non l’ha mai vista ,”magari viene da fuori.” Sotto le sue mani i cappelli prendono forma, sembrano animarsi per incorniciare meglio quel viso mai soddisfatto. E finalmente ecco spuntare dallo scaffale una ammiccante cappellino blu che si posa fiero sulla pretenziosa testa e, tra l’ammirazione generale, vi rimane ben saldo anche quando, dopo una profusione di sorrisi e di “Non sono mai stata così soddisfatta di un acquisto. Ho finalmente trovato il mio negozio di fiducia” se ne esce con portamento regale. E potrei continuare e raccontarvi di quella merceria vicino alla piazza dove ogni cliente ha già pronto sul bancone il paio di calze preferite, o di quella pelletteria che ha sempre la borsetta adatta al tuo vestito. Ma vi basta passeggiare in un bel pomeriggio di sole di questo 1956 per scoprire tutti i personaggi che fanno vivere queste discrete botteghe, che rendono così unico e famigliare il nostro corso/strada Nuova. Cristina Gallotti
venerdì 28 maggio Locanda del Carmine, Pavia - “Cene al Buio” - Iniziativa promossa dall’Unione Italiana Ciechi. (info: UIC Pavia 0382 29647) Paviamostre, Giardini Malaspina, Pavia - “Provaci gusto”, laboratori, escursioni, mostre e degustazioni di cucina locale e non (info: 0382 393412) Thunder Road - Codevilla - dalle ore 23.30 - “Born to raise hell” e “i maligni”, tributo ai Motorhead e Black Sabbath (info: www.thunderoad.net 0383 373064)
Questo non è un messaggio subliminale: quando finite di leggere queste righe mandateci i vostri scritti, link preferiti, immagini, eventi:,
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Le colonne dell’accesso La bacheca Rete Lilliput domenica 16 maggio
periodico bimensile Numero 5 Sabato 15 Maggio2004
sabato 29 maggio Brallo di Pregola - I Malaspina nella storia della Valle Staffora - Convegni, rivisitazioni, mercatino, banchetto e visite ai luoghi malaspiniani (info: 0383 500577) Miradolo Terme - ore 7-24 - Sagra dei Piselli, fino al 30 (info: 0382 77013) Pieve del Cairo - Palio de li Sponsali - Rievocazione storica rinascimentale, fino al 30 (info: 0384 87202) Università, sede centrale, ore 16 - Sabato d’autore “Maria Teresa d’Austria” - Visita ai luoghi dell’ateneo sulle tracce di M. Teresa (info: cooperativa progetti 0382 530150) Thunder Road - Codevilla - dalle ore 23.30 - “Asilo Republic”, tributo a Vasco Rossi ingresso 5 € (info: www.thunderoad.net 0383 373064)
domenica 30 maggio Pavia, Fiume Ticino - ore 7 Raid motonautico Pavia–Venezia - 413 km di corsa fino a Venezia Lido (info: 0382 304659) Sant’Angelo Lomellina - Sant’Angelo in fiore - Fiera, gastronomia, biciclettata, musica ed esibizioni sportive (info: 0384 55012) Brallo di Pregola - Primavera al Brallo - Prodotti tipici e musica (info: 0383 500577) Vigevano - Vigevano è… - animazione e giochi (info: 0381 312624) Olevano Lomellina, museo di arte contadina - ore 15 - Al salam pu se bon - Gara degustazione tra salami lomellini (info: 0384 51015) lunedì 31 maggio Collegio Nuovo - ore 21 - Incontro con David Grossman - presentazione di Cesare Segre con la partecipazione di Alessandra Shomroni (info: 0382 5471)
i disegni di questo numero sono di Davide Cornara ronstadt periodico bimensile Numero 5 www.upartaid.net/kronstadt
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Abbonamenti: 20 euro annuale C.C.P. 51533743 intestato ad “Up Art Aid” causale “Kronstadt” Direttore Responsabile Salvatore Gulino