I Distretti industriali (seconda parte)
Lezione 12
L’identificazione territoriale del distretto (1) Problemi legati all’utilizzazione di indicatori di natura esclusivamente quantitativa: utilizzo restrittivo utilizzo permissivo
esclusione di distretti rilevanti
inclusione di un numero eccessivo di sistemi locali
L’identificazione territoriale del distretto (2) Il distretto è caratterizzato dalla compenetrazione della struttura produttiva e della struttura sociale in termini operativi Ad un’industria (costituita da imprese di modeste dimensioni) corrisponde una società locale (caratterizzata dalla presenza di piccoli imprenditori e lavoratori autonomi) Individuare sistemi locali di PMI che presentino un’elevata concentrazione territoriale di occupazione manifatturiera focalizzata su un’industria principale
L’identificazione territoriale del distretto (3) Fissazione soggettiva delle soglie quantitative
Individuazione dell’industria principale Individuazione del sistema locale
Ragioni di politica industriale Media (o mediana) nazionale Assenza di una griglia classificatoria settoriale (ISTAT) Identificazione dei sistemi locali del lavoro (ISTAT, 1997)
L’identificazione territoriale del distretto (4) La metodologia adottata dall’ISTAT per l’individuazione dei distretti assume come unità territoriale d’analisi il sistema locale del lavoro (SLL) e prevede 4 stadi:
individuazione dei sistemi locali manifatturieri individuazione dei sistemi locali manifatturieri di PMI individuazione dell’industria principale di ciascun sistema locale manifatturiero di PMI individuazione dei sistemi locali manifatturieri di PMI la cui industria principale è costituita da PMI
L’identificazione territoriale del distretto (5) 1° Stadio – Concentrazione manifatturiera Sono considerati sistemi locali manifatturieri i sistemi locali in cui la concentrazione territoriale di occupazione manifatturiera è superiore alla media nazionale
( Ama / Ata ) LQm = > 1,00 ( Ami / Ati )
L’identificazione territoriale del distretto (6) 2° stadio - Concentrazione manifatturiera di PMI Sono considerati sistemi locali manifatturieri di PMI, i sistemi locali in cui la concentrazione territoriale di occupazione manifatturiera di PMI è superiore alla media nazionale
LQ250,m =
( A250,ma / Ama ) ( A250,mi / Ami )
> 1,00
L’identificazione territoriale del distretto (7) 3° stadio – Specializzazione produttiva L’industria principale (Ip) di ciascun sistema locale manifatturiero di PMI è quella che presenta il valore massimo del coefficiente di concentrazione, calcolato come quota percentuale degli addetti dell’ industria manifatturiera locale superiore al valore della media nazionale
( Asa / Ama ) LQ p = max ( Asi / Ami )
L’identificazione territoriale del distretto (8) 4° stadio – Specializzazione produttiva di PMI L’individuazione dei Distretti Industriali come sistemi locali manifatturieri di PMI la cui Ip è costituita da PMI si basta sull’occupazione PMI operanti nell’industria principale (superiore alla metà degli addetti di tutte le altre imprese operanti nell’Ip)
I p = ( A250, pa / Apa ) > 0,50
I distretti nell’economia Italiana (1) 748 SLL
199 Distretti Industriali
Distribuzione sul territorio Italiano Italia Nord-Orientale: 32,7% (37,6%) Italia Centrale: 30,2% (18,3%) Italia Nord-Occidentale: 29,6% (41,5%) Italia Meridionale: 7,5% A livello regionale, oltre metà dei (2,7%) distretti è concentrato in 3 regioni Lombardia: 42 (21,1%) Veneto: 34 (17,1%) Marche: 34 (17,1%)
I distretti nell’economia Italiana (2) Specializzazioni produttive Tessile-abbigliamento 34,7% (61,9%) Beni per la casa 19,6% (47,8%) Meccanica 16,1% (41,4%) Pelletteria e calzature: 13,6% (66,0%) Industria Alimentare: 8,5% (32,0%) Carta: 3,0% (30,8%) Oreficeria 2,0% (51,8%) Gomma e plastica 2,0%
I distretti nell’economia Italiana (3) Esportazioni dei distretti hanno rappresentato il 43% del totale nazionale (1996) Principali prodotti sopra la media Mobili, Cuoio e prodotti in pelle, Prodotti tessili: 67,4% Lavorazioni minerali non metalliferi: 58,1% Articoli di abbigliamento: 54,5% Prodotti in metallo: 54% Macchine ed apparecchi meccanici: 46,9% Macchine ed apparecchi elettrici: 44,5% Oltre 2 milioni di addetti nei distretti: 44,7%
Ciclo di vita dei distretti Formazione
Specializzazione di fase
Sviluppo
Area sistema integrata
Maturità
Delocali zzazione
Gerarchizzazione per linee interne
Gerarchizzazione per linee esterne
(Rivitalizzazio ne)
Riposizionamento
Declino
Dissoluzione del sistema
Ciclo di vita dei distretti (2) LA FORMAZIONE Due principali modalità potenziali di formazione (non mutualmente esclusive) Progressivo sviluppo di sistemi ad artigianato diffuso, tipici dei settori tradizionali del Made in Italy (es. Tessile- Carpi)
Processi di decentramento produttivo promossi da grandi imprese integrate per fronteggiare crisi di mercati
“ispessimento localizzato d’imprese” caratterizzato da comportamenti imitativi riproducibili Percorsi difficilmente artificialmente (Programmi Internazionali)
Ciclo di vita dei distretti (3) LA FORMAZIONE L’area è caratterizzata: relazioni tra imprese caratterizzate da individualismo ed assenza di accordi relazioni di sub-fornitura di monocommittenza di tipo gerarchico sviluppo spontaneo estensivo basato sull’imitazione Sistema locale capace di fornire prodotti finiti o semilavorati di qualità standard a bassi costi Specializzazione di fase
Ciclo di vita dei distretti (4) LO SVILUPPO Fase caratterizzata da: incremento numerosità imprese, occupazione e produzione specializzazione processo produttivo sviluppo attività sussidiarie e complementari Area sistema integrata Aumento interrelazioni tra imprese Relazioni di sub-fornitura di pluricommittenza di tipo negoziale
Ciclo di vita dei distretti (5) LA MATURITA’ Rinnovamento/sostituzione degli elementi di vantaggio competitivo Diverse possibili direttrici di cambiamento promosse da attori interni (o esterni) maggiormente dinamici Diverse evoluzioni determinano effetti differenti sull’organizzazione interna del distretto e le connessioni con l’esterno
Ciclo di vita dei distretti (6) IL DECLINO Estinzione del sistemo produttivo locale determinata da fenomeni di natura strutturale (nuovi concorrenti, tecnologie alternative, crisi consumi) Eventi rari data la capacità di riposizionamento e adattamento dei distretti
Fattori critici (1) Rivoluzione tecnologica Riduzione del costo di elaborazione e circolazione dell’informazione Gli incrementi di produttività derivanti: sono maggiori, più l’informazione può essere formalmente codificata sono più significativi se associati a cambiamenti dell’organizzazione formale delle imprese Per le PMI gli spazi per guadagni di produttività appaiono intrinsecamente più limitati
Fattori critici (2) Globalizzazione divisione del lavoro tra aree a diverse dotazione di fattori outsourcing delle multinazionali Dinamiche di mercato maturità del mercato interno accresciuta importanza dell’export forte pressione competitiva internazionale Cambio generazionale
Traiettorie evolutive dei distretti (1) Percorsi pathdependet
Sistemi stazionari che seguono percorsi evolutivi di tipo inerziale senza modifiche sostanziali della struttura interna
Percorsi pathbreaking
Sistemi che nel corso del tempo registrano sostanziali modifiche della strutturazione interna e del posizionamento strategico
Traiettorie evolutive dei distretti (2) PERCORSI PATH-DEPENDENT Rischio di declino più elevato di fronte a cambiamenti esogeni rilevanti La crescente competizione dei paesi di nuova industrializzazione promuove fenomeni di delocalizzazione produttiva (es. TPP del sistema moda) importanti ripercussioni sui distretti (specie su quelli “satellite”)
Traiettorie evolutive dei distretti (3) Effetti della delocalizzazione produttiva sul distretto: riduzione imprese ed occupazione aumento importazione semi-lavorati selezione e consolidamento rapporti con fornitori Rivitalizzazione:
Riposizionamento strategico delle imprese minori (riqualificazione) Strategie di nicchia Rafforzamento della cooperazione commerciale (consorzi per l’export)
Declino
Traiettorie evolutive dei distretti (4) PERCORSI PATH-BREAKING L’evoluzione non è vincolata dalle peculiari condizioni iniziali ma determinata da attori propulsivi del cambiamento Processi involutivi (dissoluzione della struttura distrettuale)
Processi evolutivi (alterazione della struttura organizzativa interna mantenendo il carattere sistemico)
Traiettorie evolutive dei distretti (5) Gerarchizzazione sostitutiva endogena Imprese leader internalizzano e/o delocalizzano fasi del processo produttivo Involuzione del distretto che tende ad assumere la connotazione di una rete centrata caratterizzata da: perdita di autonomia delle imprese riduzione della divisione del lavoro modifica dei modelli di apprendimento ed innovazione
Traiettorie evolutive dei distretti (6) Gerarchizzazione per linee esterne Acquisizione di altre imprese distrettuali miranti a: ridurre concorrenza interna e/o aumentare efficienza produttiva strategie d’integrazione orizzontale/verticale Assunzione del controllo diretto delle fasi strategiche del processo produttivo
Traiettorie evolutive dei distretti (7) Gerarchizzazione sostitutiva esogena Acquisizioni esterne da parte di imprese multinazionali che internalizzano nella loro rete organizzativa le principali funzioni strategiche distrettuali
Traiettorie evolutive dei distretti (8) Compatibilità tra strategie dei leader e l’evoluzione del sistema dipende da: le imprese leader mantengono rapporti con il resto delle imprese del distretto pluralità d’imprese coinvolte nel cambiamento
Transizione guidata
Internazionalizzazione e fattori localizzativi (1) Paradigma eclettico (Dunning) L’impresa possiede vantaggi esclusivi (ownership advantages)
3 condizioni necessarie e sequenziali
che può sfruttare attraverso l’internalizzazione (internalization advantages) combinando le proprie risorse con altre risorse difficilmente trasferibili localizzate in paesi diversi da quello di origine (locational advantages)
Internazionalizzazione e fattori localizzativi (2)
Principali motivazion i degli investimen ti all’estero
market seeking (sfruttamento di vantaggi competitivi in mercati ad elevato potenziale di resource seeking (accesso sviluppo) privilegiato ad input produttivi) low cost seeking (realizzazione attività produttive ove è presente un vantaggio di costo) strategic asset seeking (accesso ad asset complementari aventi rilevanza strategica)
Internazionalizzazione e fattori localizzativi (3) Approccio reticolare Il modello d’impresa transnazionale (Bartlett e Ghoshal): la struttura organizzativa dell’impresa è una rete integrata che attraverso il bilanciamento di integrazione globale ed adattamento alle specificità dei contesti locali favorisce: aumentare la flessibilità il processo di apprendimento internazionale
Rilevanza nelle strategie d’internazionalizzazione del nesso tra lo sviluppo di relazioni interne-esterne e l’acquisizione di competenze distintive
Modalità di entrata (1) ACCORDI DI TIPO NON-EQUITY Esportazio Direttane (attraverso una struttura commerciale propria) Indiretta (tramite intermediari)
Accordi contrattuali Licenze (cessione dietro compenso dei diritti di sfruttamento di un brevetto, marchio,…) Franchising (accordo commerciale che consente la diffusione del prodotto attraverso un concessionario) Traffico di perfezionamento passivo (decentramento di fasi della lavorazione in regime doganale speciale)
Modalità di entrata (2) ACCORDI DI TIPO EQUITY Jointventure Minoritarie Maggioritarie Alla pari
IDE Acquisizioni (di un operatore locale) Greenfield (creazione ex-novo di una nuova impresa)
Strategia dinamica: prima JV, poi IDE
Internazionalizzazione dei distretti (1) Internazionalizzazione commerciale Elevata propensione all’export Vincoli dimensionali (esportazione indiretta) Recentemente forme più evolute promosse da imprese leader: creazione di reti di agenti monomandatari controllo diretto della rete distributiva (esempi: Luxottica acquista Lenscrafter, Marazzi apre showroom in USA)
Internazionalizzazione dei distretti (2) Internazionalizzazione produttiva attiva Traffico di perfezionamento passivo Delocalizzazione Rilocalizzazione
Fasi del processo produttivo realizzate fuori dal distretto Rischio di disintegrazione del distretto
Internazionalizzazione dei distretti (3) Internazionalizzazione produttiva passiva Motivazioni dell’ingress o di imprese multinazion ali nei distretti
acquisizione di competenze locali (accesso al capitale umano e sociale) trasferimento delle competenza acquisite localmente nella rete interna
Elevato grado di “chiusura proprietaria” dei distretti (92% imprese controllato da soggetti locali) Modalità d’ingresso più appropriata permette di sfruttare il capitale relazionale: