L'arcobaleno Sett 2008 - Anno I Numero 0

  • June 2020
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numero unico

Un giornale su misura per gli adolescenti di Francesca Spampinato

N asce

con questo numero - che è un tentativo, come la prima pro va dal sar to con l’abito ancora appuntato con gli spilli e i segni del gessetto - un gior nale mensile rivolto agli studenti medi per contribuire alla formazione di un pensiero critico, di cittadine e cittadini attenti al mondo che ci circonda. Inserirsi nella realtà nella quale viviamo e partecipare alla vita sociale richiede conoscenze e capacità di interazione. Ciò che avviene intorno a noi spesso risulta incomprensibile perché mancano le “puntate precedenti” dei fatti. Chi non ha sentito parlare almeno una volta della questione palestinese, di OGM, di Tesoretto, per citare alcuni esempi, ma quanti di noi sanno davvero di cosa si sta parlando? La disinformazione non colpisce solo i Parlamentari, come ci hanno mostrato le Iene in TV, siamo sicuri di non confondere anche noi il Darfur con una caramella? Le schede che accompagnano ogni articolo hanno lo scopo di collocare notizie ed eventi nel contesto storico, geografico, sociale nel quale si svolgono e ci auguriamo che rendano più accessibile la lettura di queste pagine, ma è solo l’inizio. Per il resto del percorso, occorre legare insieme informazione, riflessione e confronto. In sostanza deve avvenire uno scambio tra queste pa gine e giovani menti sveglie... tanto sveglie da trovare noiose le cose che non capiscono.

Pablo Picasso ritratto di Dora Maar, 1937

Il disegno della cicogna a pagina 2

Poesia - Kavafis a pagina 10

Mi dispiace a pagina 3

Tartarughe e WWF a pagina 11

Pecore Celtiche a pagina 4

Un solo mondo? a pagina 12

Hassine e Rania a pagina 5

Più bianco del bianco a pagina 13

Il Mediterraneo a pagina 7

Lisistrata ...for ever? a pagina 13

Finanziaria a pagina 8

Garibaldi a pagina 14

Giudici a pagina 8

I Vicerè a pagina 15

Campi antimafia a pagina 9

L’arcobaleno a pagina 16

fotocopiato in proprio - piazza M. Buonarroti, 30, Catania, nov 2007

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ritratti “Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna?”. Karen Blixen, La mia Africa

C osa c’è di più scontato che descrivere le vite di personaggi, più o meno famosi, che ci hanno preceduti? La biografia, ovvero il racconto della vita di un altro essere umano, oltre ad essere un genere letterario frequentato da sempre, rappresenta uno dei più efficaci strumenti che abbiamo a disposizione per esplorare la storia del passato e mantenere viva la memoria di chi non c’è più. Raccontando la storia di una vita si arriva a tracciarne un disegno mettendo in risalto e in relazione tra loro fatti ed eventi che hanno caratterizzato quella vita. E questo è valido sia per le vite di persona g gi eccezionali, sia per le vite delle persone più comuni e ordinarie, come ben spiega la favola del Contadino e della Cicogna (ricordata n e l v o l u m e Tu c h e m i guardi, tu che mi racconti, di Ad r i a n a Cavarero, Feltrinelli). Presso un piccolo stagno viveva un contadino. Una notte lo svegliò un gran rumore. Preoccupato uscì fuori di casa nel buio e si accorse che le acque dello stagno stavano invadendo il suo campo. Nell’oscurità, guidato solo dal rumore, cercò d’individuare il punto in cui acqua e pesci si riversavano sulla sua terra. Lavorò tutta la notte per arginare le acque, cadendo e inciampando nel buio, correndo da un capo all’altro del campo.

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Quand’ebbe finito se ne tornò a d o r m i r e . L’ i n d o m a n i m a t t i n a affacciandosi alla finestra ebbe la sorpresa di vedere che le orme dei suoi passi avevano disegnato sul terreno la figura di una cicogna. Per vedere il disegno, però, il contadino deve guardarlo dall’alto. Si rende conto di avere tracciato sul terreno la figura della cicogna solo dopo. Dopo aver vissuto una notte di panico e lavoro. Non mentre i fatti avvengono, ma dopo. Occorre quindi guardare dall’alto – o meglio dall’esterno - la vita di qualcuno di cui si vuole scrivere la biografia, per poter cogliere il disegno di quella vita. Il disegno che ogni vita lascia non è lo scopo o il significato della vita stessa. Il contadino non voleva impiegare le sue energie per tracciare il disegno della cicogna sul terreno, voleva salvare il campo dalla furia delle acque. Il disegno sul terreno nasce solo per caso. La cicogna non è frutto di un piano preordinato. Se il contadino avesse voluto di proposito tracciare il disegno, la sua storia sarebbe stata differente: quella di un contadino che passò la notte a tracciare con i suoi passi il disegno di una cicogna nel suo campo. Il disegno che ogni vita lascia dietro di sé non è lo scopo o il significato della vita stessa. Ma allora cos’è? Il disegno nasce solo quando si racconta la storia di quella vita. E la storia di quella vita, può essere narrata solo dopo che la vita stessa è stata vissuta. Il disegno è la biografia. La biografia coglie di quella vita non il significato – o non solo. La

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biografia coglie di quella vita il racconto della sua storia. E porge il racconto a un lettore. Leggendolo si ha l’impressione di fare la conoscenza del personaggio ritratto, addentrandoci in particolari della sua esistenza e del suo operato, e di accostarci al suo mondo. Fo n t e d i c o n o s c e n z a storica , la biografia può diventare per il lettore una formidabile f o n t e d’ispirazione per la propria vita perché può indicarci quale vita è possibile per noi stessi. Può ispirarci come modello da seguire soprattutto quando le realizzazioni ottenute dal personaggio descritto nella biografia non sono frutto del caso o della semplice generosità altrui, ma di scelte perseguite con passione, sofferenza e fatica, ma anche gioia e piacere. In questa rubrica, racconteremo la storia di donne e di uomini: le loro biografie. E saranno disegni di vita di personaggi celebri e di personaggi qualunque, persone emblematiche per l’eccezionalità della loro esistenza che non sempre hanno avuto spazio nella Storia ufficiale.

di Marina La Farina

Biografia: dal greco BIO (S) vita e GRÀFEIN scrivere, disegnare Cicogna: protagonista del folclore europeo. La cicogna porta i bambini e narra loro le fiabe. La cicogna non “fa” si limita a portare, trasportare, tramandare. Non si sa da dove vengano i bambini che porta né le fiabe che racconta. La cicogna è simbolo della narrazione. Karen Blixen (Rungsted, 17 aprile 1885 – Copenaghen, 7 settembre 1962) è stata una scrittrice e pittrice danese. Autrice di racconti e romanzi, tra i quali La mia Africa (Out of Africa), celebre romanzo autobiografico dal quale è stato tratto un film con Meryl Streep e Robert Redford, che ha avuto un notevole successo nel 1985. Adriana Cavarero ( Bra, Cuneo, 1947), filosofa italiana. Si laurea in Filosofia e lavora all’Università di Padova, sino al 1984. Poi a Verona, dove fonda con altre la Comunità filosofica femminile “Diotima” - da cui si dimette nel 1990 - e insegna “Filosofia politica”. Negli anni Novanta intensifica i rapporti con il pensiero femminista internazionale, tenendo vari corsi universitari in Inghilterra e negli Stati Uniti. Fra i suoi libri: Nonostante Platone, Editori Riuniti, 1990; Corpo in figure, Feltrinelli, 1995; Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli, 1997; Le filosofie femministe, Paravia, 1999 (curato insieme a Franco Restaino).

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società A

To r d i Q u i n t o , Ro m a , Giovanna Reggiani, mentre faceva ritorno alla propria abitazione, è stata malmenata, ferita a morte e abbandonata agonizzante, da un uomo, r umeno, abitante in un campo nomade limitrofo alla strada che la donna stava percorrendo. Una donna, r umena, vicina di baracca dell’aggressore, avendo visto l’accaduto si adopera per soccorrerla. Giovanna viene ricoverata in una struttura ospedaliera, è in coma, muore due giorni dopo. Mi dispiace Giovanna, sono indignata, amareg giata, offesa, arrabbiata, come donna e come cittadina italiana: sei stata brutalmente violentata e “uccisa”, selvaggiamente picchiata e sfigurata da un sasso e il Governo pensa che si possa rendere giustizia solo attra verso l’espulsione degli extracomunitari. Ma un’altra donna, la scorsa estate, è stata uccisa, a casa propria, dal suo fidanzato, un cittadino italiano; e un’altra ancora è stata uccisa dal marito, presso la propria abitazione, ed era pure incinta, un altro cittadino italiano, l’elenco potrebbe continuare. Penso che molte donne italiane possano raccontare storie di micro e macro violenza subite nel corso della propria vita, e credo che nella maggioranza dei casi il soggetto a gente sia stato un cittadino italiano. Ma tu, Giovanna, sei stata uccisa da un rumeno. Tutti sembrano volere spostare il problema: dalla violenza contro le donne alla xenofobia, al razzismo, al pregiudizio, alla diffidenza, e alla paura di chi è diverso da noi. Quasi per non voler guardare dentro casa, e non avere voglia

di fare finalmente le pulizie. Mi sembra evidente che addossare la responsabilità della violenza contro le donne alla nazionalità dell’a g gressore sia una scelta comoda per rimuovere il problema reale: i l d o m i n i o s to r i c o d e i maschi sulle donne. L’aggressore è sempre un maschio e può appartenere a qualsiasi nazionalità e/o etnia. Difatti, per un rumeno che ha commesso un tale gesto brutale, c’è una rumena che denuncia il crimine, come avrebbero fatto tante cittadine e cittadini italiani. E’ vero, le periferie urbane sono fra i luoghi pericolosi da attraversare. Il degrado architettonico, ambientale e igienico che caratterizza queste popolose aree urbane fa venire paura, anche in pieno giorno, ma non mi risulta che in queste zone della città abitino solo extracomunitari, così come non mi risulta che tali fenomeni di violenza accadano esclusivamente in quartieri degradati delle città. Come leggiamo dalle statistiche il 90% delle violenze contro le donne si verifica in famiglia.

di Sara Fichera

Così, il “pacchetto sicurezza” mi sembra il “pacchetto sine – cura”, elaborato con poca attenzione, senza preoccupazioni, senza cura appunto. Difatti sposta il problema dalla v i o l e n z a contro le donne al razzismo: saranno espulsi dall’Italia tutti coloro che non hanno un lavoro e un regolare permesso di soggiorno. Ma questo non garantisce a nessuna di noi la libertà di scegliere per sé e di vivere la propria vita senza più paura, senza soprusi, senza autocensure: sugli spazi da frequentare, sugli orari da rispettare, sul comportamento da adottare. Mi dispiace per Giovanna, per me, per le donne che amo e per tutte le altre.

Il dibattito internazionale sui diritti umani ha portato a riconoscere che la violenza contro le donne costituisce una violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle donne. Un obiettivo delle Nazioni Unite (ONU) nel 2000 è stato quello di spingere i governi ad assumere l’impegno di “trattare tutte le forme di violenza contro le donne e le bambine come reati penali punibili dalla legge, compresa la violenza fondata su qualsivoglia forma di discriminazione”. Se questa è la situazione a livello delle leggi internazionali, nelle realtà locali delle varie nazioni maltrattamenti e delitti contro le donne sono all’ordine del giorno. L’Italia, purtroppo non è da meno. La violenza contro le donne e in particolare la violenza in famiglia è un problema ancora poco studiato e assolutamente sottostimato che colpisce milioni di donne. Oltre 14 milioni di donne italiane sono state oggetto di violenza fisica, sessuale o psicologica nella loro vita. La maggior parte di queste violenze arrivano dal partner (come il 69,7% degli stupri) e la grandissima maggioranza (oltre il 90%) non è mai stata denunciata. Solo nel 24,8% dei casi la violenza è stata ad opera di uno sconosciuto. [Fonte: Indagine sulla violenza e i maltrattamenti contro le donne realizzata dall’ISTAT nel 2007, su commissione del Ministero dei diritti e delle pari opportunità.]

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usi e costumi Andiamo con ordine. Una volta il calendario non era una semplice sfilata di giorni lavorativi intervallati da qualche segno rosso, ma rappresentava il ritmo ciclico della natura. Il tempo era scandito da eventi astronomici che avevano conseguenze dirette ed immediate sulla vita degli uomini e sul loro lavoro. Non a caso la nascita di Gesù è stata collocata dalla chiesa in prossimità della notte più lunga solstizio d’inverno-, mentre quella di san Giovanni, l’ultimo dei profeti, in coincidenza con il solstizio d’estate. I solstizi, assieme agli equinozi, rappresentavano una segnaletica elementare che la natura offriva, attraverso il moto apparente del

sole, per capire se le giornate erano destinate ad allungarsi o ad accorciarsi. E ciò era di fondamentale importanza perché dalla quantità di luce dipendevano i cicli agricoli della semina e del raccolto. Ma, in un’epoca ancora più remota, quella della pastorizia transumante, quella che periodicamente spostava le greggi dove il cibo era più abbondante, le date più importanti e r a n o segnate d a l l a partenza verso i pascoli, a primavera inoltrata, e dal ritorno del bestiame in luoghi riparati, nell’imminenza dell’inverno. Per i Celti, popolo di pastori, queste date erano il primo maggio ed il primo novembre. Il cristianesimo, come sempre, cercò di incorporare queste festività pagane attribuendo loro significati compatibili con il proprio messaggio. Nasceva così, la festività di Ognissanti del primo novembre, fissata, secondo la tradizione, da sant’Odilone di Cluny, nel 1048. Nel giorno successivo veniva stabilita quella della Commemorazione dei fedeli defunti. La vigilia della festa di Ognissanti, in lingua inglese Ha$owmas, messa in onore dei santi, diventava quindi A$ A$ows Eve, da cui Ha$oween.

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Gli Irlandesi, discendenti dei Celti, attraverso le ondate migratorie, diffusero le loro tradizioni negli Stati Uniti, e così divenne di moda, già alla fine dell’Ottocento, organizzare feste benefiche per il 31 ottobre. In questo contesto, però, si

cercò di eliminare i riferimenti alla morte e di rafforzare quelli divertenti, e così l’industria cominciò a produrre oggetti per la notte degli scherzi. La notte della vigilia di Ognissanti, come le pecore all’ovile, i morti ritornano alle loro case, a cercare il calore del focolare e degli affetti di cui sentono la mancanza. La zucca intagliata, il simbolo di Halloween, serve ad ingannare i morti affinché non portino via con loro i vivi: si cerca così di trasformare una paura autentica in una sua rappresentazione carnevalesca. La zucca è tipicamente americana, ma non mancano analoghi esempi, fatti anche con rape, in tutta l’Europa e i n It a l i a , d a l P i e m o n t e a l l a Campania.

di Antonio Squeo

In Sicilia non ci sono zucche, ma è ancora ben viva la tradizione de li morti . Qui i morti non vengono allontanati con l’inganno ma, al contrario, invitati a gustare il c a n n i s t re d d u , p r e l i b a t e z z e appositamente preparate: insomma, invece che con l’inganno, li si tiene buoni con le moine. Ed i morti rispondono alle gentilezze dei vivi con i doni, in particolare dolciumi. I destinatari dei doni sono i bambini, che li ricevono se si sono comportati bene. Il rapporto tra il passato (i morti) ed il futuro (i bambini) rafforza il senso di appartenenza alla famiglia ed alla comunità sociale attraverso la valorizzazione della memoria. I dolci a forma di ossa di morto sono un modo semplice, intelligente e piacevole di addomesticare la morte e di superarne la paura. I bambini possono così rivolgersi direttamente ai morti come ci si

rivolge, in altri paesi, a san Nicola, a Santa Lucia, a Babbo Natale: Armi santi, armi santi, Io sugnu unu e vuatri síti tanti: Mentri sugnu ‘ntra stu munnu di guai Cosi di morti mittitimìnni assai. Anime sante, anime sante, Io sono uno e voi siete tante: Mentre sono in questo mondo di guai “Cose di morti” mettetemene assai Questa tradizione va ormai perdendosi, affievolita dal consumismo quotidiano e da una struttura sociale ed economica che vuole ignorare ed esorcizzare la

diversità, la malattia, la vecchiaia, … figuriamoci la m o r te ! L a co s a n o n sorprende. Ciò che sorprende, invece, è che mentre si lascia cadere nella dimenticanza e nell’indifferenza un importante aspetto della cultura popolare, espressione delle nostre radici e, in definitiva, della nostra stessa identità, si abbracciano e si scimmiottano in m o d o superficiale e acritico festività che appartengono ad altre culture, ad a l t r e latitudini. Halloween sta diventando una festa sempre più popolare, un carnevale d’autunno di cui, però, non si capisce il senso, se non quello, prevalente ormai in tutte le feste, del consumo fine a se stesso. Il modello economico e culturale degli Stati Uniti, promosso ed esportato in tutto il mondo, come modello unico e vincente, spiega la fortuna di Halloween come quella della Coca Cola, di McDonald, dei berretti a becco d’anatra e di migliaia d’altre cose. Gli affari sono affari, business is business, dice un vecchio adagio anglosassone. Ma noi, che dalle nostre anime sante abbiamo divorziato o stiamo immancabilmente per farlo, cosa c’entriamo con il ritorno all’ovile delle pecore dei Celti? Forse nulla, forse poco; forse, senza che ce ne accorgiamo, a furia di inseguire l’incanto fragile e falso delle americanate di turno, finisce che le pecore le facciamo noi.

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mondo Hassine e Rania

non parlano molto bene l’italiano, poiché a casa parlano la loro lingua madre. L’ i n te r v i s t a è s t a t a r e a l i z z a t a n e l l ’ a m b i to d i u n l a b o r a to r i o didattico. D.

Quanti anni avete? R.

Io ho quindici anni e mia sorella quattordici. D.

Q u a l è i l v o s t r o p a e s e d’origine? R.

Siamo nati a Mahdia, un paese della Tunisia. D.

Da quanto tempo vivete a Mazara? R.

Io sono arrivato a Mazara dopo 40 giorni dalla mia nascita, mia sorella dopo 3 mesi. Mia madre ha preferito farci nascere a Mahdia,

Inter vista a Hassine e Rania, fratello e sorella di origine tunisina che vivono con la famiglia in Sicilia, a Mazara del Vallo

di Barbara Condorelli

Mahdia, Tunisi dove ci hanno aiutato i nostri parenti. D.

Perché vi siete trasferiti in Sicilia e proprio a Mazara del Vallo? R.

A Mahdia c’è poco lavoro, i nostri genitori a stento riuscivano a sostenere economicamente la nostra famiglia. Così nostro padre preferì trasferirsi a Mazara del Vallo, dove conosceva altri nostri concittadini, che già vi lavoravano e vi abitavano, vivendo agiatamente rispetto a come si vive nella nostra terra. D.

Quale la voro svolgono i vostri genitori? R.

Nostra madre è casalinga, è costantemente impegnata nella cura di noi figli e della casa. Si alza presto al mattino e la sera va a letto molto tardi. Nostro padre è imbarcato in un peschereccio mazarese ed è addetto alla cucina, secondo noi è un bravo cuoco. D.

Andate spesso in Tunisia a trovare i vostri parenti? R.

Quando possiamo, il primo pensiero che ci viene in mente è quello di fare una vacanza in Tunisia, soprattutto durante il fermo biologico dei pescherecci, costretti a

non lavorare, in attesa che il pesce in mare si riproduca. D.

I rapporti con i cittadini mazaresi come sono stati e come sono ancora oggi? R.

Da sempre ottimi, abbiamo tanti amici mazaresi. D.

Ormai siete a Mazara da diversi anni e quindi cittadini mazaresi. Se vi chiedono: “siete tunisini o mazaresi?”, voi cosa rispondete? R.

Tunisini e Mazaresi. Noi pensiamo sempre alla nostra terra. Anche se voi ci date tanto, siamo sempre legati a Mahdia. La vita di relazione di Hassine e Rania all’interno della scuola D.

Rania, come sono i rapporti con il mondo scolastico? R. Sono buoni, ma abbiamo tuttora problemi con la lingua italiana, che non ci hanno impedito una perfetta unione alla classe. D.

Vi piacerebbe studiare più da vicino la cultura, la storia e la geografia del vostro paese? R.

Sì, sicuramente, grazie per averci posto questa domanda. Lei sì

che è veramente interessata a noi d a v i c i n o ! No i co n o s c i a m o c i ò che riguarda il nostro paese perché i nostri genitori ci r a c co n t a n o t a n to della nostra terra, ma troviamo poco sui libri di scuola. D.

A l l o r a s i e t e poco soddisfatti dei contenuti dei programmi ministeriali in riferimento alla conoscenza del vostro paese? R.

In u n c e r t o senso sì, proprio perché Mazara è la città più tunisina d’Italia, come ascoltiamo anche in televisione. A noi tunisini i n te r e s s e r e b b e m a g g i o r m e n te studiare la nostra storia perché viva sempre in noi. L’esperienza extrascolastica di Hassine e Rania D.

S t u d i a t e c o n i v o s t r i compagni di classe? Condividete con loro attività extrascolastiche quali lo sport, l’andare insieme al cinema, il frequentare associazioni ricreative ecc.? R.

Rania, non molto spesso, perché nostra madre ha bisogno in casa del suo aiuto. Quando finisce di studiare esce con nostra sorella. Io, invece, passeggio per le vie della città più spesso, frequento associazioni sportive e ho tanti amici mazaresi. [N.d.R. i ruoli femminile e maschile non sono poi così diversi da quelli che anche qui da noi vengono attribuiti a ragazze e ragazzi] D.

Ha ssine, tu, quale spor t pratichi? R.

Io s o n o u n g i o c a to r e d i Pallamano, gioco in una squadra di

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serie A. E’ da nove anni che pratico questo sport, con la squadra facciamo tante trasferte, mi hanno dato la possibilità di visitare diverse città della Sicilia. Quest’estate sono stato in Francia per un incontro molto importante. D.

Se ti chiedo che lavoro vorrai fare da grande, cosa rispondi? R.

Naturalmente l’allenatore. D.

Mi sarei aspettata questa risposta. Sarai sicuramente un bravo allenatore, i tuoi occhi brillano quando parli della pallamano. R.

S ì , a n c h e m i o p a d r e m’ incoraggia in tal senso. D.

E tu, Rania, che lavoro vorrai fare un giorno? R.

Mi piacerebbe lavorare in banca. D.

Anche per te, Rania, tanti auguri e tanta tenacia. Durante il periodo estivo andate al mare con i

insieme e spesso si mangia anche insieme. D.

A proposito della cucina tunisina, sapete che molti piatti vostri tipici locali sono diventati i piatti principali della nostra cucina e

vostri compagni? R.

Non sempre con i nostri compagni di scuola, Rania va al mare con mia sorella ed io con gli amici della pallamano. D.

Preferite trascorrere l’estate a Mahdia? R.

Sì, anche se Mazara off re veramente tanto e le sere estive sono animate dalla musica e da gli spettacoli. Le serate tunisine, invece, sono più tradizionali, più armoniose; i nostri canti popolari per le piazze invitano a divertirsi fino a tarda sera. Il folclore tunisino è unico, ci fa vivere momenti straordinari, ci accomuna, ci fa stare

dei nostri ristoranti? R.

Sì, è vero, anche i vicini di casa ce lo dicono, avete imparato a cucinare cibi a base di aglio grazie a n o i e a n c h e i l c u s c u s ( p i a t to dell’Africa mediterranea, costituito da pallottoline di semola, verdure, carne e salsa piccante) sia con il pesce che con la carne. D.

Q u a l è i l v o s t r o c r e d o religioso? R.

Noi siamo musulmani. D.

Avete incontrato ostacoli a professare il vostro credo a Mazara? R.

Mai, proprio mai! Quando vogliamo andiamo a pregare nella Moschea che si trova nei pressi di

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musicisti tunisini Via Porta Palermo, anche se è piccola rispetto alle nostre, per noi è già tanto. A me e a Rania piacciono m o l to l e g r a n d i f e s te c h e v o i organizzate in onore del vostro patrono, ci fanno ricordare i festeggiamenti tunisini. D.

Sono contenta che viviate tranquillamente le vostre giornate a Mazara, per quanto riguarda sia l’ambito scola stico che quel lo sociale, ma soprattutto quello religioso. Conoscete la religione cattolica? R.

Molto poco. Durante l’ora di religione andiamo in un’altra aula con l’insegnante di lettere. D.

Sapete però che in fondo crediamo e adoriamo lo stesso essere Supremo che voi chiamate Allah e noi Dio? R. Sì, è proprio così!

preparazione del cous cous La storia di Hassine e Rania è que$a di tanti ragazzi e ragazze che vivono o&i a Ma z a ra d e l Va l l o, m a a c ca n t o a quest’esempio di convivenza serena la cronaca di tutti i gior ni registra purtroppo storie meno felici di drammatiche fughe e sbarchi tragici, ghettizzazione, espulsioni di massa e rimpatri forzati anche in violazione della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti de$’uomo e de$e libertà fondamentali .

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mondo Mazara è sicuramente la città più tunisina d’Italia, lo dicono statistiche e censimenti. Persino il centro storico, quello che un tempo era il cuore pulsante della città è chiamato da tutti la ‘casbah’. ‘Casbah’ perché la sue strette e corte viuzze, che si intersecano come in un labirinto, fanno pensare all’urbanistica dell’Islam.

di Barbara Condorelli

Mazara del Vallo, veduta del porto I due popoli: quello cattolico e quello musulmano, si sono scambiati le usanze. I tunisini costituiscono la maggior parte della forza lavoro del mare, anche se tra loro parlano unicamente arabo. Mazara ha assorbito l’essenza araba e ha trasmesso, in cambio, la propria s i c i l i a n i t à . Ma a n c o r a q u e s t o continuo divenire, evidente agli occhi di chi osserva dall’esterno, non è

invece chiaro ai protagonisti che continuano a definirsi, malgrado la realtà, mazaresi e tunisini. A Mazara del Vallo si vive una realtà che vede fortemente integrate due culture quella siciliana e quella tunisina. Un fatto che oggi ci stupisce, ma che pensando al passato e alla storia dei popoli mediterranei non dovrebbe risultare così sorprendente. Pe r c h i v i v e s u l l e s p o n d e d e l

Società multietnica: Per società multietnica si intende una società umana caratterizzata dalla coesistenza, più o meno integrata, di persone di origini diverse. Globalizzazione: per il Dizionario Garzanti la globalizzazione è il “fenomeno per cui le economie e i mercati nazionali, grazie allo sviluppo delle telecomunicazioni e delle tecnologie informatiche, vanno diventando sempre più interdipendenti, fino a diventare parte di un unico sistema mondiale”. Questa definizione sottolinea le dimensioni principali del fenomeno: quella economica (la più discussa anche perché fonte diretta di tutte le altre dimensioni dell’interdipendenza globale), ma soprattutto quella massmediatica: l’evoluzione delle nuove tecnologie della comunicazione è vista come la diretta responsabile di questa crescente interdipendenza mondiale. Grazie ai nuovi media, Internet in primo luogo, possiamo oggi venire a conoscenza di fatti, avvenimenti, prodotti che salgono alla ribalta dall’altra parte del mondo in tempo pressoché reale. “Globalità significa che viviamo da tempo in una società mondiale, con la conseguenza che parlare di confini ha sempre meno senso perché il mondo, restringendosi, allarga le possibilità di trasferimento per persone, merci e idee” [Roberta Paltrinieri, Consumi e globalizzazione, Carocci, Roma 2004] Integrazione: convivenza multietnica sottoposta al controllo dell’educazione e della mutua tolleranza. Si parla di integrazione culturale, civile, economica.

Mediterraneo, lo specchio d’acqua n o n e v o c a t a n to l a s e n s a z i o n e dell’illimitato e dello sconosciuto, quanto quella dell’apertura e dell’appartenenza. Il Mediterraneo è stato, infatti, crocevia di popoli e culture, culla di antiche civiltà e luogo di nascita delle tre grandi religioni monoteiste. Questo mare ha visto, fin dagli albori della storia dell’uomo, le genti che abitavano le sue coste spostarsi e viaggiare nel tentativo di scoprire nuo ve terre per insediarsi, per conquistare, per commerciare. Non vi sono mai stati ponti tra le terre del Me d i t e r r a n e o , m a r o t t e d i navigazione e migrazione, attraverso le quali hanno viaggiato popoli, idee, culture e fedi e che le hanno reso punto d’incontro e scontro tra Oriente e Occidente. Per chi vive sulle sponde del mare non può che essere impellente il bisogno di indagare il rapporto con la storia passata espressa dalle religioni e dall’arte dei popoli che ci hanno preceduto. La pacifica convivenza e la fruttuosa collaborazione, che si è realizzata in alcune aree del Mediterraneo, e Ma z a r a n e è u n e s e m p i o , rappresentano oggi più che mai una significativa testimonianza di come può realizzarsi una società multietnica.

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politica

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ALUNNO : Prof perché i miei genitori pagano le tasse scolastiche se 'equento la scuola pubblica? PROF : La tassa che tu paghi è solo un piccolo contributo che dai a$o Stato ed a$a scuola per provvedere a$a tua istruzione. Da sola non sarebbe sufficiente a pagare gli stipendi dei docenti, del personale scolastico, la manutenzione degli edifici, ecc., il resto viene pagato da tutti i cittadini con le imposte in ba s e alla loro capacità contributiva.

Lo

Stato provvede al soddisfacimento dei bisogni collettivi con i servizi pubblici: l’Istr uzione, la Sanità, l’ordine pubblico, l’amministrazione della Giustizia. Per fare tutto ciò lo Stato sopporta un costo (Spesa pubblica) che deve coprire con delle entrate (imposte, tasse e contributi). Lo Stato gestisce ed organizza le entrate e le spese con degli strumenti di contabilità che sono la legge finanziaria e il bilancio. II contenuto del bilancio comincia a prendere forma circa un anno prima della sua attuazione quando in primavera il governo elabora il Dpef (Documento di Programmazione

di Elsa Campanella E c o n o m i c a Fi n a n z i a r i a ) c h e contiene gli obiettivi di politica economica che lo stato intende realizzare nell’anno successivo. Gli obiettivi vengono ripresi nel disegno di legge finanziaria che il Governo elabora e presenta in parlamento entro il 30 Settembre. Attraverso la Finanziaria lo Stato decide quanto spendere e per quale scopo; quali beni e ser vizi acquistare; quali e quanti servizi fornire ai cittadini o alle imprese; e a quale prezzo; quali e quante opere pubbliche finanziare; se aumentare gli stipendi dei dipendenti pubblici, o le pensioni minime, oppure i sussidi di disoccupazione. evidente che le risorse economiche destinate

ad un settore sottra g gono disponibilità ad altri, e quindi non si possono per esempio, aumentare i contributi alle imprese i salari degli operai e contemporaneamente diminuire la pressione fiscale, sarebbe come volere “la botte piena e la moglie ubriaca”. D’altra parte si stabilisce quante tasse bisogna far pagare, chi le deve pagare e secondo quali regole. Il disegno di legge finanziaria così costruito deve essere approvato dal Parlamento entro il 31 Dicembre poiché dal 1° Gennaio il Governo amministrerà le entrate ed effettuerà le spese così come concordato con il Parlamento.

Parlamento : Composto dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica di cui fanno parte i parlamentari eletti dal popolo. La Camera dei Deputati (sito internet http://www.camera.it/) ha la sua sede a Palazzo Montecitorio, a Roma. Il Senato della Repubblica (sito internet http://www.senato.it/) ha sede a Palazzo Madama, sempre a Roma. Legge finanziaria: Disegno di legge elaborato dal Consiglio dei Ministri, presentato in Parlamento, approvato da entrambe le camere entro il 31 Dicembre.

I giudici sono soggetti soltanto alla legge e a qualche ministro infastidito dal le loro inchieste

W hy

n o t , To g h e l u c a n e , Poseidone sono solo i nomi di inchieste - sulla distrazione di fondi europei da parte di società collegate alla Compagnia delle opere, sui rapporti tra politica e magistratura a Matera e Potenza, sui finanziamenti per i depuratori - condotte dal pm De Magistris, sostituto procuratore di Catanzaro, che ha commesso il grave errore di investigare su questi temi a 360°. Il magistrato è titolare di diverse indagini su mafia, corruzioni e truffe, associazione a delinquere e finanziamenti illeciti ai partiti. Ha lavorato con impegno a queste delicate indagini dalle quali sono emersi intrecci così radicati tra magistratura, politica e poteri forti, da fargli paventare la “fine dello stato di diritto”. La sua determinazione ad andare fino in f o n d o s e n z a te n e r e co n to d e i persona g gi eccellenti sui quali indagava, ha messo in moto, sin dal

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2005, il tentativo di togliergli tutte le inchieste, fino a dover subire la richiesta di trasferimento, inoltrata al C.S.M. (Consiglio Superiore della Magistratura) dal ministro della giustizia Mastella (coinvolto nelle inchieste). Analoghe difficoltà sta affrontando la g.i.p. (giudice per le indagini preliminari) Clementina Forleo, impegnata nell’inchiesta UnipolBnl, nella quale sono pure coinvolti “personaggi eccellenti”. La giudice ha denunciato di avere subito minacce da ma gistrati, prefetti, uomini delle forze dell’ordine e personaggi istituzionali, ragione per la quale, p u r a v e n d o “a n c o r a s t i m a d i carabinieri e polizia”, ha scelto “dolorosamente” di rinunciare alla scorta perché i pericoli ai quali è esposta “non derivano da attacchi provenienti dalla piazza ma da ambienti istituzionali”. La loro scelta di rendere pubbliche queste notizie, pur avendo

di Francesca Spampinato mantenuto il più stretto riserbo sul merito delle indagini, ci dà la misura della solitudine e dell’isolamento nel quale si trova chi, di fronte a poteri forti che operano fuori dalle regole, invece di chiudere un occhio (o tutt’e due), sceglie di affrontarli, sceglie cioè la libertà, consapevoli di doverne pagare il prezzo in prima persona, che se anche non sarà, come è probabile che non sia, alto quanto quello pagato da Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa…, sarà comunque un prezzo troppo alto per chi continua semplicemente a credere che la legge debba essere uguale per tutti.

Stato di diritto: Si afferma nel 1700, con la caduta dei monarchi assoluti in Europa che si ritenevano al di sopra delle leggi (“L’état c’est moi!” di Luigi XIV), e sottopone chi governa al rispetto delle stesse regole che tutti i cittadini, non più sudditi, devono rispettare.

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legalità D al 2005 ragazzi e ragazze da tutta Italia, soprattutto toscani, affollano tra luglio e a gosto il territorio di Corleone, Monreale e Canicattì per condividere un’esperienza particolare, “I campi di lavoro e conoscenza sulle terre confiscate alle mafie”: 40 persone nel 2005, 180 nel 2006, più di 300 quest’anno. I campi, promossi dalla cooperativa “Lavoro e non solo”, una cooperativa sociale che gestisce 119 ettari di terreno confiscati alle mafie, e realizzati

mondo sindacale. I campi quest’anno sono dedicati a Pio La Torre, animatore delle lotte per la terra degli anni 50, importante sindacalista e uomo politico, artefice delle lotte per la pace ucciso dalla mafia a Palermo il 30 aprile del 1982, insieme al suo collaboratore Rosario Di Salvo I c a m p i d i l a v o r o n e i te r r e n i confiscati sono iniziati alla metà di giugno e si sono conclusi a ottobre. L’obiettivo principale è stato di favorire la diffusione di una cultura fondata sulla giustizia sociale, sulla legalità democratica, sulla partecipazione, sui diritti

i n s i e m e a l l ’ “A r c i S i c i l i a ” e all’associazione “Libera”, sono per questi ra gazzi un’occasione di formazione e crescita nell’ambito dell’educazione antimafia e alla legalità democratica: le attività pratiche - la raccolta dei prodotti, la vendemmia, la coltivazione dei terreni - si intreccia con attività di approfondimento teorico, attraverso incontri con i componenti della Commissione Antimafia, con magistrati, studiosi, giornalisti, con esponenti dell’associazionismo e del

che possa efficacemente contrapporsi alla cultura del privilegio, del ricatto e della delega. Ed è straordinario vedere come in luoghi costantemente mortificati e umiliati dalla mafia, sia possibile ricostr uire una realtà sociale, economica e aggregativa Ed è anche molto importante vedere come si possa dimostrare solidarietà concreta a chi, come gli undici soci della cooperativa “Lavoro e non solo”, lavora quotidianamente quei

terreni, e cerca di portare avanti un progetto chiaro, quello di contrapporsi alla mafia. Questo lavoro viene fatto nella convinzione che solo un’azione che ponga al centro l’attivazione di percorsi di economia legale e solidale (con aziende sane che traggono profitto dalla commercializzazione di prodotti agroalimentari), possa contrastare le economie mafiose (basate sull’estorsione, il commercio e lo spaccio di droga, il traffico di armi, le rapine, ecc.). Una risposta concreta per indicare una delle

strade possibili ai giovani siciliani che spesso ritengono non sia loro consentito costruire in Sicilia un futuro lavorativo dignitoso non condizionato dalla mafia.

di Anna Bucca

la legge n.109 /96 per il “riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati ai mafiosi”, è una legge fortemente voluta dall’associazione “Libera”, network che raccoglie oltre 1.200 associazioni del nostro Paese e che ha un suo sito internet: http://www.libera.it Questa legge consente di confiscare alle cosche mafiose i beni (case, terreni, denaro, apparecchiature informatiche ecc.) da queste posseduti e acquistati con denaro proveniente dal traffico di droga, estorsioni, rapine, ecc. e di assegnarli alle imprese sociali. È così che la villa di Totò Riina a Corleone, oggi è diventata una scuola, e sui terreni di Bernardo Provenzano (un tempo terra morta, cioè lasciata incolta) si produce adesso “l’olio di Libera”, uno dei tanti prodotti del marchio “Libera Terra” venduti attraverso la rete distributiva della Coop e le botteghe del commercio equo e solidale. La legge in soli 6 anni, ha permesso l’utilizzo a fini sociali di oltre 1000 beni immobili, per un valore superiore a 150 milioni di euro. Oltre a colpire le cosche nei loro interessi economici, contemporaneamente permette di ridistribuire alla collettività queste ricchezze, favorendo la costruzione di un tessuto sociale attivo, un deterrente naturale contro il potere mafioso. La 109/96 ha dato l’opportunità a molti giovani di riunirsi in cooperative ed associazioni, di crearsi un reddito e di farlo nella legalità, tra queste l’associazione “Casa dei Giovani” Castelvetrano (Trapani), la cooperativa “Lavoro e non solo” di Corleone, la cooperativa sociale “NoE” (No Emarginazione) di Partinico, la cooperativa sociale “Placido Rizzotto–Libera Terra”, costituita da giovani prevalentemente di Corleone e San Giuseppe Jato. I frutti delle loro fatiche (caratterizzati dal marchio Libera Terra), rappresentano i primi esempi di quelle produzioni della “legalità nella qualità”, ottenute con i metodi dell’agricoltura biologica. Per una guida alla legge n.109/96 si rimanda al sito di LIBERA. ASSOCIAZIONI NOMI E NUMERI CONTRO LE MAFIE. http://www.libera.it Campi antimafia: campi di lavoro nei terreni sottratti alla criminalità organizzata. I ragazzi che partecipano ai campi sono giovani donne e uomini, di età compresa tra i 18 e i 30 anni. Da quest’anno si sono uniti all’esperienza anche gli studenti di un’università americana, la Syracuse University. L’esperienza di lavoro nei campi dura quindici giorni. La mattina, fino al sabato, lavorano nei campi: sotto il sole, dalle sette fino a mezzo giorno e mezzo. Nel pomeriggio incontrano gruppi e personalità locali dell’antimafia. Ogni partecipante oltre al lavoro manuale contribuisce alle spese con 7 euro al giorno come ulteriore gesto di disponibilità verso il progetto. Il viaggio dei ragazzi toscani per raggiungere la Sicilia è a spese della Regione Toscana. Pio La Torre (1927-1982), sindacalista della Cgil e segretario del partito comunista siciliano, ideatore e promotore della legge sulla confisca dei beni dei mafiosi ucciso venticinque anni fa. La mafia lo ha ucciso, ma le sue proposte hanno visto ugualmente la luce, perchè si può anche sparare al sole, ma non lo si può spegnere.

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poesia Itaca Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga fertile in avventure e in esperienze. I Lestrigoni e i Ciclopi o la furia di Nettuno non temere: non sarà questo il genere d’incontri se il pensiero resta alto e il sentimento fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo. In Ciclopi e Lestrigoni, no certo né nell’irato Nettuno incapperai se non li porti dentro se l’anima non te li mette contro. Devi augurarti che la strada sia lunga che i mattini d’estate siano tanti quando nei porti - finalmente e con che gioia toccherai terra tu per la prima volta: negli empori fenici indugia e acquista madreperle coralli ebano e ambre tutta merce fina, anche aromi penetranti d’ogni sorta, più aromi inebrianti che puoi, va in molte città egizie impara una quantità di cose dai dotti. Sempre devi avere in mente Itaca - raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio metta piede sull’isola, tu, ricco dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca.

L’isola di Kavafis

di Lina Santonocito

Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo in viaggio: che cos’altro ti aspetti? E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare. 1911 – Kostantinos Kavafis, dal volume Cinquantacinque poesie, Einaudi, Torino.

Konstantinos (Costantinos) Kavafis nacque a Alessandria d’Egitto il 29 aprile 1863 e morì nell’ospedale greco San Saba di Alessandria d’Egitto il 29 aprile 1933. Figlio di una coppia originaria di Costantinopoli, trascorse ad Alessandria la maggior parte della sua vita, visitando la Grecia solo tre volte (nel 1901, 1903 e 1932). Il greco, la sua lingua poetica, lo dovette reimparare durante l’adolescenza. Impiegato per tutta la vita in un ufficio del ministero dei lavori pubblici d’Egitto coltivò quasi segretamente il suo amore per la poesia. La sua opera poetica fu pubblicata postuma nel 1936. La sua poesia appartiene al clima del decadentismo europeo ed ebbe una grande influenza sulla produzione letteraria neogreca contemporanea e nel dopoguerra. Il decadentismo di Kavafis non imita la grande poesia europea di quegli anni ma si ispira al mondo ellenistico pagano-cristiano che nella sua città natale celebrava gli ultimi trionfi, per mistificare o sublimare insopprimibili emozioni personali. Al centro delle sue poesie vi sono sempre uomini e donne con i loro sentimenti, i loro dilemmi, la loro umana pietà. Motivi principali della sua poesia, che ha un andamento musicalmente colloquiale, sono l’amore gay, cantato con accenti ora violentemente sensuali ora accorati e nostalgici, l’inafferrabilità della bellezza, la storia vista come terreno di scontro tra l’uomo e la sorte, il ricordo, la vita che sfugge, l’ironia, il disincanto, la morte, la compassione. Tra i brani da lui scritti, che rimarranno nella storia della cultura occidentale, è la poesia intitolata Itaca scritta nel 1911, in cui Kavafis conversa tranquillamente con il lettore, inducendolo al viag gio verso Itaca ed evocando, con splendore tutto mediterraneo, mattine d’estate, mercati fenici in cui si commerciano madreperle di corallo, di ebano, d’ambra. Itaca è un invito al viaggio per il viaggio, il cui scopo non è raggiungere la meta quanto assaporare il percorso per raggiungerla.

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Konstantinos Kavafis

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ambiente

di Angela Guardo No, in questo caso, non ci riferiamo

per loro a questo scopo, dato che la schiusa delle uova avviene di notte, i alle ben note tartarughe Ninja ma alla riflessi della luce sull’acqua e la tartaruga comune che abita le acque del direzione delle onde che li aiutano Mediterraneo, la specie Caretta caretta, ad orientarsi. Per tale ra gione una tra le più minacciate di estinzione, 1’eccessivo inquinamento luminoso che il 30 luglio scorso ha nidificato nel delle nostre coste (con abitazioni, lido di Valderice, vicino Trapani. discoteche etc.) potrebbe La lieta novella è che, nonostante tra i confonderli e smarrirli. piccoli di Caretta nessuno si chiamasse La Caretta è considerata oggi a Leonardo o Michelangelo o Raffaello rischio di estinzione a causa delle (come le celeberrime Ninja), nove attività umane lungo la costa e nei tartar ughine siano riuscite a nostri mari. Tra queste vi è la pesca sopravvivere e lasciare il nido intensiva. Migliaia di prendendo il mare. Un fatto che esemplari muoiono ogni anno ha qualcosa di eroico! Le imprigionati nelle reti o a deposizioni di uova di Caretta in causa dei “palamiti” usati nella Italia, infatti, ed in particolare in pesca del pesce spada e Sicilia, sono og gi un evento costituiti da una lunghissima sporadico. Nel nostro paese che lenza con decine di grossi ami. pure dispone di 8000 km di Altro grave rischio per costa, pochissime sono le “aree l’estinzione delle tartarughe è libere” disponibili alla lo stravolgimento delle nidificazione. L’attività umana spiagge in cui nidificano. La con le sue cementificazioni modificazione dell’habitat (strade, case, etc.) e la presenza di induce le femmine della specie stabilimenti balneari, con tanto a liberarsi delle uova in acqua di luci, suoni e rumori, rende piuttosto che deporle su una n o n c’ è l u o go d el l a terra difficile per la tartaruga la scelta spiaggia che non riconoscono! di deporre le uova sulle nostre d o ve g l i an imal i n o n s i a n o Per la salguardia di questa spiagge. meravigliosa creatura, il s t at i pr im a d i n oi La tartaruga Caretta frequenta WWF chiede da anni regolarmente i mari circostanti la interventi di tutela nelle aree Sicilia in cui svolge il proprio determinato dalla temperatura prescelte per le nidificazioni e ciclo biologico cibandosi di invertebrati presente all’interno del nido: con maggiori cautele nella scelta delle quali Echinodermi (come ricci di mare, temperature ma g giori a 30° C tecniche di pesca. stelle di mare), Molluschi, Crostacei e prevalgono le femmine, viceversa i Pa r t i c o l a r e v a l o r e r i v e s t e i l occasionalmente di pesci e alghe. Si maschi. I neonati di tartaruga lunghi lieto evento delle nascite di reca sulla terraferma, compiendo anche circa 5 cm, una volta fuoriusciti dal questa estate, 1’impegno dei estese migrazioni (attraverso particolari n i d o a t t r a v e r s a n o i l t r a t to d i volontari del WWF, che hanno tecniche di orientamento*), solo per spiaggia che li separa dal mare e trascorso numerose notti deporre le uova. È stato accertato che rischiano durante il percorso di insonni a guardia del nido, e la per la Caretta esiste un meccanismo di cadere vittime di predatori (volpi, c o l l a b o r a z i o n e d e l l a Gu a r d i a “natal homing” che porta le femmine a gabbiani, cani randagi). È quindi di Costiera di Bonagia (TP) hanno deporre le uova nella spiaggia in cui vitale impor tanza ra g giungere permesso al le tar tar ughine di esse stesse sono nate. La tartaruga l’acqua nel più breve tempo vincere la propria battaglia per depone nel nido prescelto le possibile. Diventano fondamentali la vita! numerosissime uova, circa un centinaio (ma può arrivare a depor ne anche 190). Solo una piccolissima parte però riuscirà a sopravvivere. La femmina realizza il proprio nido a 10-15 metri dalla linea di costa, scavando una buca di 50 cm c h e s u c c e s s i v a m e n te r i c o p r e . L’incubazione delle uova, lasciate dalla madre in spiaggia, varia da 50 a 70 giorni. Come per altri Testudinati**, anche per questa specie il sesso dei na scituri è

Il ritorno delle tartarughe!

*Tecniche di orientamento: per compiere le migrazioni i piccoli e gli adulti di tartaruga utilizzerebbero sia stimoli meccanici dovuti alla direzione delle onde che il campo magnetico terrestre **Testudinati: da testudines, ovvero corpo cheloniforme, costituito cioè da una robusta corazza ossea, arti ben sviluppati e corpo rivestito da piastre cornee. Esistono circa 250 specie in tutto il globo, ad eccezione dei territori e mari più freddi.

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recen/siti

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L a figura 1 rappresenta un “normale” planisfero, suddiviso per semplicità in 200 porzioni territoriali. La loro superficie complessiva è di 13.056 milioni di ettari che, divisi equamente per ogni abitante della terra, darebbero un risultato di poco più di 2 ettari a testa, cioè 20.000 metri quadrati.

Un solo mondo ? di Antonio Squeo

fig. 1 Qua sotto, invece, gli stessi territori sono rappresentati in base alla quantità esistente della popolazione, stimata complessivamente, alla primavera del Duemila, in 6 miliardi.

fig. 2 L’Australia sembra scomparsa, l’America e l’Africa sono notevolmente dimagrite, l’Europa aumenta di volume mentre all’Est, con Cina e India, sembra ci sia stata un’esplosione. L’accostamento tra le carte fa risaltare la semplice ed inquietante idea che sta alla radice di questo sito: il mondo è certamente uno, ma le rappresentazioni che possiamo darne sono infinite! Questo vuol dire che le carte geografiche affisse nelle nostre aule (quando ci sono!), esprimono esclusivamente un punto di vista, quello delle superfici, sicuramente meno importante di moltissimi altri. Quando confrontiamo due paesi o due c o n t i n e n t i , s o l i t a m e n te n o n l o facciamo di certo per la loro Lavoro minorile (10-14 anni) - 2006 estensione territoriale, ma per le loro

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indirizzo internet h t t p: // www.worldmapper.org/

condizioni economiche, sociali o culturali. Ecco, allora, che questo sito ci fornisce, per ciascun aspetto che vogliamo affrontare, la mappa giusta, o almeno quella che dice meno bugie. Tr a s p o r t i , c i b o , m e r c i , l a v o r o , reddito, salute, sfr uttamento, c o m u n i c a z i o n i , i n q u i n a m e n to , malattie, povertà, risorse naturali: per tutti questi argomenti e per tantissimi altri, vengono fornite ben 366 diverse mappe, ciascuna corredata da spiegazioni sulle modalità di elaborazione e sulle fonti statistiche utilizzate. Per ciascuna mappa è possibile scaricare dei poster (file in formato .pdf) ma, soprattutto, è possibile accedere ad una vera e propria miniera di dati organizzati in fogli di calcolo (formato excel) che consente ogni genere di studio e di elaborazione. Il sito è in inglese, ma anche chi non dovesse essere padrone della lingua non avrà difficoltà a muoversi in questo ambiente semplice e ben costruito, che bada alla sostanza e non agli effetti speciali. Quando si parla di mappe, di carte, di dia grammi, di rappresentazioni grafiche in genere, d’ora in poi: occhio! Sappiamo che, in qualunque modo siano stati fatti, un altro modo è possibile.

Utenze cellulari - 2006

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mode e modi Giorni fa qualcuno mi ha detto, o su un giornale ho letto, o in Internet c’era scritto, che in Africa si sta diffondendo un sapone sbiancante. Sarebbe da ridere se non fosse da piangere. Ma dico, nessuno ha più il coraggio di “diventare ciò che è”? I bianchi allevano melanomi pur di scurirsi a colpi di insolazioni e lampade e adesso i neri cercano di sbiancarsi? Non è più un fenomeno folcloristico riservato a Michael Jackson e pochi altri alieni, adesso la voglia di candore si diffonde in tutta l’Africa... Bah! Questa si che è globalizzazione. I neri schiarendo diventeranno color nocciolina tostata pallida, che è anche il colore del bianchi sovraesposti, i gialli a furia di respirare la fetenzia con cui hanno ormai sostituito la loro atmosfera assumeranno una tinta simile... i rossi e gli aborigeni ormai sono in liquidazione... tra un po’ il mondo sarà popolato da una super razza di individui tutti dello stesso colore pidocchio asfittico. Ma bene! Perché nessuno riesce a convivere con la sua realtà? Perché tutti devono modificare qualcosa di se

Più bianco del bianco stessi per poter vivere bene? Che poi bene non vivono lo stesso? Tette tirate in su, nasi limati, panciere, busti, lifting e tinture, lenti colorate e rialzi plantari, liposuzioni (bleah!), aggiustatine, depilazioni (anche gli uomini!), botulini... come è possibile che ci si dia tanto da fare per migliorare il proprio esterno e non si dedichi la stessa cura al proprio interno? 0 forse il problema e proprio questo... il timore che il proprio piccolo, scialbo, meschino interno traspaia all’esterno porta gli umani a travestirsi, a camuffarsi da qualcos’altro?... eh, può essere... In fondo, come disse un tale una volta: la gente tende a mostrare di essere ricca proprio di ciò di cui è povera. Ecco perché donne sessuofobiche si atteg giano a vampire mangiauomini,uomini perennemente in bolletta si

di Lucio Lanza impegnano fino al duemila-ecinquanta per pagare fuoristrada da Desert Storm e magari a casa tirano la cinghia. Pe r n a s co n d e r e l a r e a l t à c h e temono possa apparire altrettanto evidente agli occhi degli altri. Penso che il mondo girerebbe meglio e più in fretta se la gente imparasse ad accettarsi per com’è e non per come vorrebbe essere... ma forse io stesso con questo mi sto atteg giando a uomo sag gio per nascondere la mia follia? AHAHAHAH!!!......

“ Io

zitto di fronte a te, maledetta, che porti un velo in testa? Piuttosto morire!” Urla, sgomento, l’uomo, di fronte alla sua amatissima, irriconoscibile donna. “Non sono che una donna, ma possiedo la ragione. La posseggo per conto mio e per aver ascoltato i discorsi di mio padre e degli altri anziani; non sono male istruita”. Questo e il discorso politico di una eroina, che, per mettere fine alla lunga guerra del Peloponneso che travaglia la Grecia, convince tutte le donne elleniche a uno sciopero del sesso e fa occupare dalle concittadine l’Acropoli, dove era conservato il tesoro della lega di Delo: di fronte ad un ricatto del genere, in considerazione di un bisogno primario, gli uomini non possono che cedere. Questa donna è Lisitrata. La conoscete? Lisistrata, “colei che scioglie gli eserciti” è nata dalla fer vida creatività teatrale di Aristofane. La commedia, così intitolata, venne rappresentata nella Atene del 411 a.C. E’ il primo testo della cultura occidentale che affronti il problema dell’emancipazione femminile. Non ha la pretesa, come la “Medea” di Euripide, di esprimere una volontà di cambiare il mondo. Né l’eroina di cui parliamo può essere paragonata agli eroi tragici di

Lisistrata... for ever? Sofocle (”gli eroi tragici sono uomini superiori, mentre gli eroi comici sono uomini inferiori alla media” sosteneva Aristotele). Per quanto ognuno di essi rifiuti di adeguarsi e sottomettersi al le limitazioni della realtà, l’eroinacomica “Lisistrata” risolve il conflitto con la realtà, escogitando strata gemmi surreali di eroica creatività con genialità furbesca e un po’ gaglioffa. Usa le funzioni che la gerarchia stabilita attribuisce alle donne come strumento di ricatto in una trattativa politica. Non conosce ostacoli: per lei il mondo, che non sa e non vuole vedere le donne al di fuori della sfera domestica e sessuale, è una metafora che si può superare con un nuovo gioco di parole. Ma, infine, Lisistrata ha vinto soltanto de facto, perché il suo ricatto ha avuto successo a causa della i n co n te n i b i l e i n co n t i n e n z a maschile. Infatti, ella viene fatta sparire dalla celebrazione con cui si conclude la co m m e d i a , m e n t r e g l i u o m i n i

di Lina Santonocito disconoscono a cuor leg gero la maternità del suo progetto politico, preferendo attribuirla al vino: “.....E noi, anche bevendo, ci siamo comportati saggiamente.” “E’ naturale, visto che quando siamo sobri ci comportiamo da stupidi.” Lisistrata, nel rovesciare il mondo, è stata costretta a confermarlo: L’area di visibilità delle donne, comunque esse si comportino, è e rimane esclusivamente il sesso. Ha solo ottenuto una uguaglianza provvisoria. Riconosciuta, sì, come parte in causa in un contratto dalla controparte rassegnata a negoziare, ma non riesce ad ottenere un riconoscimento morale pieno. Col suo sciopero ha solo comprato la pace. Me d i t a t e , d o n n e ( e u o m i n i ) . meditate!

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anniversari R icorre

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quest’anno il duecentesimo anniversario della nascita di Giuseppe Garibaldi. Gli storici hanno rivoltato come un calzino la vita di quest’uomo straordinario. Duecento anni Ma come spesso accade, quando ci e non li si concentra sui dettagli di una vita tanto avventurosa, si finisce col dimostra perderne il senso complessivo. Sui dettagli infatti si sono costruite in questi mesi delle polemiche politiche che giungono perfino ad offendere la memoria dell’ “eroe dei due mondi”, nello sforzo di attribuirgli principalmente tutti i mali, di natura economica e sociale, c h e l ’ u n i f i c a z i o n e d ’ It a l i a h a trascinato con sé. Si dimentica a bella posta che proprio contro quei mali Garibaldi si batté per il resto della sua vita, dopo il ‘60, venendo emarginato e diffamato in vita dai governanti della particolare”. Naturalmente egli “nuova Italia”. intendeva il prete che si prende E’ questo il destino dell’ “eroe dei gioco della credulità popolare, non due mondi”, da sempre uomo colui – come i tanti che divennero amatissimo dal popolo ma garibaldini – che abbraccia gli ideali altrettanto odiato dai (pochi) nemici di libertà e di giustizia sociale. – in genere borbonici, clericali e Il quarto è il diritto alla pace. reazionari - che in lui ravvisavano un Garibaldi, soldato di mille battaglie, borghesi e aristocratici, ciò pericolo continuo per i loro disegni è anche al primo posto nel significava anche dar voce alle classi di dominio. denunciare in Europa i pericoli del più umili, agli operai, agli artigiani e Ad ispirare le imprese di Garibaldi, militarismo e delle guerre e a soprattutto ai contadini, per i quali e di tanti uomini che l’hanno perorare il superamento degli egli proponeva profonde riforme seguito, erano delle idealità antichi dissidi tra le nazioni e delle economiche e sociali. Significava fortissime che ancora og gi forme centralizzate e autoritarie di inoltre sviluppare l’istr uzione mantengono una grande importanza. potere, per dar vita ad una Europa di popolare, l’associazionismo Egli fu infatti paladino ed popoli confederati (gli “Stati Uniti “mutualista” e il prota gonismo emblema, per tutto l’Ottocento e d’Europa”) e solidali fra loro. politico femminile, quasi assente in oltre, in Italia e altrove, delle Questi quattro diritti stanno dietro Italia. principali lotte per i diritti umani e ogni avventura o impresa arrischiata, Il terzo è il diritto al libero civili. ardita, sovente fortunata di pensiero, che per Garibaldi si Il primo diritto sostenuto da Garibaldi. traduceva nell’insofferenza d’ogni Garibaldi è quello Ma una cosa è la loro bellezza, altra dogma, specialmente clericale. “Il all’autodeterminazione delle nazioni cosa il modo per raggiungerla. A prete - scrive nel Testamento redatto e dei popoli: ad esso si richiamava differenza di Mazzini, Garibaldi non in punto di morte, “è un maestro battendosi per l’unità d’Italia o temette di “sporcarsi le mani” dell ’impostura … atroce nemico del solidarizzando (con la parola, con le stringendo alleanze, ad esempio, con g e n e r e u m a n o e d e l l ’ It a l i a i n armi, con le sottoscrizioni, con il Casa Savoia o con i ricchi sacrificio di tanti proprietari siciliani, compagni) per le lotte GIUSEPPE GARIBALDI nasce a Nizza il 4 luglio 1807. Dal 1824 al 1833 naviga pur di conseguire i di liberazione nazionale come marinaio in navi mercantili. Nel 1834 partecipa a Genova ad una insurrezione suoi obiettivi. i n o g n i a n g o l o d e l contro la monarchia sabauda, promossa dalla “Giovane Italia”, società segreta Probabilmente peccò p i a n e t a . E g l i e r a repubblicana fondata da Mazzini. Condannato a morte, riesce a fuggire a Marsiglia e da d i i n g e n u i t à , e d è in Brasile. Come corsaro, a capo di una “legione italiana”, si batte per terra e per c o n v i n t o c h e o g n i lìmare questo il più grande a favore delle nascenti repubbliche dell’America Latina. La fama delle sue violazione di questo imprese si diffonde anche in Europa. Rientra in Italia nel 1848 per combattere rimprovero che gli si d i r i t t o c o n d u c e s s e dapprima in Lombardia poi a Roma, in difesa della repubblica costituita da Mazzini. può fare. Casa Savoia a l l ’ o p p r e s s i o n e d e i Caduta Roma nelle mani del papa e dei francesi, riprende la via dell’esilio. Nel 1852 c o l o n i z z ò il popoli, alle sofferenze acquista l’isola di Caprera, dove si stabilisce. Stringe nel frattempo un patto con Casa Meridione d’Italia; gli dei più poveri e alle Savoia, l’unica monarchia costituzionale rimasta in Italia, e nel 1859 comanda i affaristi piemontesi delle Alpi” nella II guerra d’indipendenza. Il 6 maggio 1860, con poco più guerre ( c o m e “Cacciatori ne saccheggiarono le di mille volontari che lo hanno raggiunto a Quarto, presso Genova, parte per liberare confermano, ancora la Sicilia dal dominio dei Borboni. Sbarca a Marsala l’11 maggio e nel giro di quattro risorse; la monarchia o g g i , i n n u m e r e v o l i mesi, dopo alcune cruente battaglie (a Calatafimi, Palermo e Milazzo), aiutato dai ed una classe politica co n f l i t t i l o c a l i , d a l siciliani insorti, è padrone dell’isola. Continuerà la sua corsa fino a Napoli, che c o n s e r v a t r i c e Kurdistan alla Cecenia, conquista il 7 settembre. Dopo la battaglia del Volturno, l’incontro di Teano col re r i t a r d e r a n n o p e r dall’Irlanda del Nord ai Vittorio Emanuele II e il plebiscito delle province meridionali, scioglie il suo esercito e molti anni lo sviluppo riparte per Caprera. Tenterà due volte inutilmente, nel 1862 (fermato sull’Aspromonte) Paesi Baschi). dell’Italia. e nel 1867 (sconfitto a Mentana), di conquistare Roma. Nel 1866 partecipa, con un Il secondo diritto è corpo di volontari, alla guerra per la conquista del Veneto. Dirige nel frattempo la Garibaldi tentò di quello alla democrazia, massoneria meridionale, di tendenza repubblicana e anticlericale, e l’associazionismo r i m e d i a r e a t u t t o ch’egli concepiva come democratico, che critica il nuovo stato unitario per le tante promesse non mantenute. q u e s t o i l d i r i t t o d i o g n i Lancia appelli e sottoscrizioni a favore degli insorti polacchi, di quelli spagnoli, contrapponendovi in individuo a manifestare dell’esercito antischiavista americano, dei comitati contro la pena di morte e per mille occasioni la sua della donna, del movimento pacifista internazionale (partecipa al l e p r o p r i e i d e e , a l’emancipazione visione del mondo. Congresso della Pace di Ginevra del 1867) e infine della repubblica francese, che reclamare per i propri accorre invano a difendere contro i prussiani nel 1870. L’anno dopo prende posizione a Forse precorreva i bisogni, e a tentare di favore della Comune di Parigi e della prima Internazionale (professa un suo personale tempi. soddisfarli. In un’Italia “socialismo”, romantico e interclassista). Tenterà più volte di unire le forze della Ma ancora oggi egli dove i votanti erano sinistra democratica italiana, fondando infine, nel 1879, la “Lega della democrazia”. rimane un punto di p o c h e c e n t i n a i a d i L’ultimo suo viaggio lo effettua a Palermo, dove presiede il primo congresso operaio riferimento obbligato. m i g l i a i a d i r i c c h i universale, pochi mesi prima della morte, avvenuta a Caprera il 2 giugno 1882.

Giuseppe Garibaldi

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l’arcobaleno

libri/film/cd/pc S

ta tornando d’attualità il romanzo di Federico De Roberto I Vicerè. Pubblicata nel 1894 l’opera verista dello scrittore siciliano è un grande affresco della società italiana del suo tempo, della quale denuncia l’a vidità, la sete di potere, le meschinità e gli odii. Limiti e difetti che a ben guardare affliggono ancor oggi l’Italia, viste le reazioni che il film portato sugli schermi dal regista Roberto Faenza, provoca tra il pubblico dei nostri giorni. Ma qual è l’argomento tanto spinoso che viene trattato sia nelle pagine scritte sia sullo schermo? E ’ i l t ra s f o r m i s m o , o v v e r o i l malcostume che a tratti emerge nel nostro paese di ca valcare con spudoratezza ogni corrente politica, accodandosi alla parte vincente, qualsiasi siano le idee che questa professa. Tutto pur di mantenere intatto dominio e potere. E nel romanzo così come nel film le istituzioni su cui si basa la nostra società, Stato, Chiesa e Famiglia, non si sottraggono a questa pratica. Il romanzo già alla sua prima pubblicazione fu accusato di essere poco rispettoso verso la Chiesa e per questo aspramente criticato dal celebre filosofo, Benedetto Croce, la cui critica negativa - E’ un’opera pesante, che non i$umina l’inte$etto come non fa mai battere il cuore decretò l’insuccesso de I Vicerè. Ambientato a Catania, narra le vicende di una nobile e facoltosa famiglia, gli Uzeda di Francalanza, d i s ce n d e n te d a a n t i c h i v i ce r é spagnoli della Sicilia ai tempi di Carlo V. I personaggi divisi da conflitti intestini alla famiglia cui appartengono, accomunati tra loro dal privilegio della casta di cui fanno parte e dalla difesa di una esaltata superiorità sociale, si combattono tra meschinità, inimicizie, bramosia e antagonismo. A causa del sangue “vecchio e corrotto”, dovuto anche ai matrimoni tra consanguinei, si manifesta nella famiglia una sorta di germe della follia e ciascuno dei personaggi rivela un eccesso di s t r a n e z z a , f i s s a z i o n i a l l i m i te dell’ossessione. Intorno a loro i piccoli affaristi, gli usurai, i codini,

I Vicerè gli elettori, i garibaldini, i p r e p o te n t i , i v i l i , i l i b e r a l i , i benedettini di San Nicola, tutto sullo sfondo della città di Catania. Oltre che “una storia di famiglia”, I Vi c e r è sono anche una rappresentazione dagli accenti forti e disillusi della storia italiana tra il Risorgimento e l’unificazione, il romanzo è infatti ambientato negli anni tra il 1850 e il 1882. E si può considerare l’opera come un esempio riuscito di romanzo storico di fine Ottocento, ben più forse del Gattopardo (1958), scritto oltre cinquant’anni dopo che molto deve all’opera derobertiana. De Roberto mette ordine nel caos della lotta politica nazionale. In questa prospettiva si esaltano le doti dell’osservatore spietatamente “arido e fisso”, del creatore di personaggi strava ganti e sgradevoli, la cui scrittura fredda e distaccata ben rende l’indignazione e il disincanto con il quale si descrivono le piccolezze, le infamie e le crudeltà della società siciliana ottocentesca . Romanzo-simbolo della fine non solo di una stirpe ma di tutta una condizione sociale, I Vicerè fu

Il film, uscito nelle sale il 9 novembre, sarà trasmesso in due puntate in prima serata sulle reti pubbliche

di Marina La Farina apprezzato da un altro noto scrittore siciliano, Leonardo Sciascia che di esso scrisse: «Tecnicamente è un romanzo ben fatto, senza ingorghi e dispersioni (...) dopo I Promessi sposi, il più grande romanzo che conti la letteratura italiana». Dopo aver visto il film al cinema o in tv, fatevi un regalo, leggete il libro e godetevi la sua laica e vivace ironia.

Federico De Roberto (Napoli, 1861- Catania, 1927), nacque a Napoli da madre siciliana nel 1861 e vi rimase fino ai nove anni quando la famiglia si trasferì a Catania, dove visse per il resto della sua vita, pur soggiornando per alcuni periodi a Firenze, a Milano e a Roma. A vent’anni abbandonò gli studi universitari di matematica e fisica per dedicarsi esclusivamente all’attività letteraria e giornalistica. Collaborò attivamente a molti quotidiani con recensioni e articoli. Vicino al verismo, considerò come maestri Verga e Capuana, con il quale strinse un fitto scambio epistolare. Autore di poesie, Encelado (1887), racconti (La sorte; La messa di nozze, 1911) e novelle (Documenti umani, 1888; Processi verbali e L’albero de$a scienza, 1890), nel 1889, pubblicò il suo primo romanzo, Ermanno Reali, al quale fecero seguito L’i$usione, 1891; e il suo capolavoro, I Viceré (1894), considerato uno dei maggiori romanzi dell’Ottocento italiano; il successivo Imperio rimase incompiuto. Un altro romanzo, Spasimo (1897), comparì come romanzo d’appendice sul Corriere della Sera. Fra le altre opere: il testo teatrale Il rosario (1913), la monografia critica Leopardi (1898), il volume di estetica L’arte (1901). De Roberto morì a Catania nel 1927. Roberto Faenza (Torino, 1943), nel 1965 si diploma in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, poi negli anni Settanta si laurea in Scienze Politiche all’Università di Pisa. Esordisce alla regia con Escalation (1968), aspro racconto contro la società capitalistica. Altri suoi film: H2S (1969); il thriller Copki$er (1978); Mio caro dottor Grasler (1989); Jona che visse ne$a balena (1993) storia di un bambino e dei suoi genitori reclusi in un campo di sterminio nazista, per il quale vince il David di Donatello come miglior regista; Sostiene Pereira (1995), Marianna Ucrìa (1997) dal best seller di Dacia Maraini; L’amante perduto (1999); Prendimi l’anima (2003); A$a luce del sole (2004), con Luca Zingaretti, come protagonista nella storia di Don Pino Pugliesi, parroco del quartiere Brancaccio di Palermo, ucciso dalla mafia che lui steso denunciava; I giorni de$’abbandono (2005); I Viceré (2007).

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l’arcobaleno

storia Nessuna cosa nasce senza storia e questo giornale non fa eccezione. Fi n d a i t e m p i p i ù r e m o t i , l’arcobaleno ha suscitato meraviglia e mistero negli uomini. Lo si è immaginato come un ponte tra la terra e il cielo, poi tra i comuni mortali e gli dei, e, nella Bibbia, come il segno della benevolenza di Jahvé per l’umanità (un arcobaleno apparve a Noè alla fine del diluvio universale).

di Natale Musarra

Non vi è cultura al mondo che non abbia magnificato la sua bellezza e non ne abbia fatto un simbolo di aspirazione alla divina perfezione. Quando si cominciò a studiarne le caratteristiche fisiche, a partire dalla metà del 1200 d.C., l’arcobaleno perse via via la sua aura di mistero ultraterreno trasformandosi nel simbolo dell’unione degli uomini con la natura, e, in seguito, degli uomini tra loro. L’unione tra i colori, senza che questi si confondessero tra loro, rimandava ad un mondo in cui il rispetto e il riconoscimento delle differenze tra gli uomini erano garanzia di pacifica convivenza. L’arcobaleno rappresentò così visivamente, per primo, la grande Utopia della fratellanza universale. Il paradiso sarebbe stato o sarebbe tornato ad essere su questa terra. Fu probabilmente questa idea semplice e a tutti comprensibile che ispirò il vessillo dipinto da Philipp Gotgerodt nel 1524, che recava i sette colori dell’arcobaleno, posti a

insegna delle bande contadine condotte da Thomas Muntzer. Come altri prima di lui (in Italia, f r a ’ D o l c i n o ) , Mu n t z e r, u n predicatore tedesco nato a Stolberg nel 1490, aveva sollevato il suo popolo (si calcolano circa 200.000 contadini armati) contro le ricchezze della chiesa (anche quella luterana), dei principi e dei ricchi mercanti che affamavano il popolo. “Noi siamo tutti fratelli, tutti figli d i Ad a m o - p r e d i c a v a - No n abbiamo forse diritto alla eguaglianza di quei beni, che Dio diede perché fossero divisi fra gli uomini tutti?” Sembra di sentire Francesco di Assisi. Ma Muntzer fece di più: non rientrò nell’istituzione religiosa, e tentò invece di realizzare il suo programma (”omnia sunt communia e ad ognuno deve essere distribuito

L’arcobaleno è un fenomeno ottico prodotto dal riflesso della luce solare su gocce d’acqua rimaste in sospensione (dopo un temporale o presso una cascata). Esso non ha un’effettiva posizione nel cielo: questa dipende dal punto di vista dell’osservatore e dalla posizione del sole.

I colori che lo formano sono sette, e cioè, dall’esterno verso l’interno: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, blu e violetto (chiamati anche “colori primari” perché, combinati tra loro, formano la totalità dei colori esistenti). E’ quasi difficile fotografare un intero arcobaleno, perché ciò richiederebbe un angolo visivo di 84°.

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Bandiere coi colori dell’arcobaleno sono state usate da vari movimenti sociali e sindacali, da comunità indigene, druse, ebraiche, e in genere dal movimento pacifista e da quello gay (i colori della bandiera gay sono invertiti rispetto a quelli della bandiera della pace: il rosso sta in alto anziché in basso; inoltre, sono sei anziché sette, essendo stato eliminato l’azzurro).

secondo le sue necessità, secondo opportunità”), riuscendo a liberare numerosi villaggi dai signori feudali e ad instaurare forme di vero e proprio autogoverno. La sconfitta di Mulhausen il 24 maggio 1525 e la decapitazione di Muntzer due giorni dopo, se misero fine a quella rivoluzione contadina, non impedirono al le bandiere arcobaleno di tornare a sventolare nei secoli successivi alla testa di quanti aspiravano ad un mondo di vera giustizia. Ma anche di pace, perché non vi è pace senza giustizia sociale. Non si conosce il gruppo pacifista che per primo ebbe l’idea di adottare i colori dell’arcobaleno come propria bandiera. Già negli anni ‘50 del Novecento essa era diffusa in vari paesi. In Italia fu usata per la prima volta da Aldo Capitini, (sostenitore) apostolo e teorico della non violenza, durante la prima marcia “Per ugia-Assisi” da lui organizzata, il 24 settembre 1961. Ispiratosi alla bandiera portata dai pacifisti inglesi durante una marcia antinucleare nel 1958, Capitini fece cucire in tutta fretta, da alcune amiche per ugine, delle strisce colorate. Da allora, l’arcobaleno (rappresentato nelle bandiere dei non-violenti, dei pacifisti, dei gay, dei no-global e di mille altri gruppi ancora) è diventato universalmente il simbolo di tutti coloro che propugnano il diritto di ogni uomo alla fratellanza, all’uguaglianza di condizioni e alla libertà. Questi bellissimi ideali non intendiamo perdere di vista scrivendo su questo giornale. Sono loro l’arcobaleno che c’ispira e ai cui raggi speriamo che possano germogliare innumere voli vite nuove.

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