Interpretazione Di Paolo

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Interpretare Paolo con Paolo

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Paolo, non è ingenuo; non inventa il greco, né lo stile, neppure, ci sembra, si preoccupi di imitare retori come Demostene o Cicerone, o stoici che scrivono epistole come Seneca, o più dimessi cinici del suo tempo. Paolo pensa e scrive da apostolo delle genti, che ha avuto una formazione rabbinica. È infatti fariseo e metodologicamente attrezzato nella lettura dei testi biblici, antecedenti alle sue lettere. Studiare le sue regole ermeneutiche non arreca danno, anche se esse non sono moderne. Almeno lo studio della Teologia paolina potrebbe risultare più corretto rispetto alle convinzioni che ci deriverebbero dalla semplice applicazione del moderno metodo storicocritico. 01. Una prima regola, da leggere, rileggere e spiegare bene a partire dal contesto immediato, è ricavabile dall'antitesi, solo paolina ma ripetuta spesso, tra spirito/Spirito e Scrittura (Rom 2,29; 7,6; 2 Cor 3,6): diventare ministri adatti della Nuova Alleanza [non della Torah], non dello scritto [in greco grámma, reso solitamente con "lettera"] ma dello Spirito; perché ciò che è scritto uccide ed è solo lo Spirito che dà la vita. Di questa regola fa parte anche la convinzione di non doversi servire di retorica o sofismi greci (cfr. 1Cor 1,17; 2,1-4.13; Col 2,23) per rendere lo scandalo della croce razionale e accettabile. Né legge mosaica né filosofia greca sono sufficienti per convincere che Gesù crocifisso è il Cristo e il Signore, il Figlio di Dio (cfr. 2Cor 4,2) – parola di Dio e non di uomini (cfr. 1Ts 2,13). 02. Una seconda regola, anche questa essenziale a stabilire gerarchie di ricerca per l'analisi dei contenuti, è espressa dalla coppia, anche antitesi letteraria, scienza/conoscenza e agápe (cfr. 1 Cor 8,1-3; 13,2.8; 2 Cor 2,4; 6,6; 8,7; Ef 3,19): la "scienza" [o gnôsis, anche quella biblica e morale] gonfia, mentre l'agápe edifica. Cfr. anche la regola sintetica della vita cristiana in Gal 5,6 e che consistete nel non separare la fede dall'amore: "in Cristo Gesù non è la circoncisione [e quindi l'essere di tradizione giudaica] che conta o la non circoncisione [e quindi l'essere proseliti o timorati di Dio – o del tutto pagani di origine], ma la fede [= pístis] operante per amore [agápe]". 03. Una terza regola è ricavabile da 1Cor 9,16: evangelizzare è l'unica cosa necessaria per Paolo. Non è tanto il battezzare (cfr. 1Cor 1,13-17) o l'amministrare altri sacramenti che Paolo considera importante come "apostolo dei gentili" (cfr. Rm 1,5; 11,13; Gal 2,8; 1Tm 2,7) 04. Una quarta regola è simile, ed è espressa in termini strategici, in vista dei diversi destinatari, in 1Corinti 9,19-23: farsi tutto a tutti, a giudei e greci, pur di portare al Vangelo qualcuno di loro. 05. Una quinta regola, utile per decidere o discernere ciò che più vale, per Paolo, tra istituzioni etniche e religiose, tradizioni, titoli accademici e quant'altro suona importante anche nella chiesa che oggi legge il corpus paulinum, è ricavabile da Filippesi 3,4-9: tutto è una perdita [zemía – e anche skúbala = escrementi animali] di fronte alla sublimità della conoscenza [gnôsis] di Cristo Gesù. 06. Una sesta regola serve a individuare la chiesa e la gerarchia, in essa dei carismi, ministeri e attività, e a stabilire chi, tra Pietro e Paolo, ha il primato. Una prima parte di questa regola è ricavabile da 1Cor 3,18-23: Paolo, Cefa, Apollo, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro:

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tutto è vostro! - Il primato è dunque dell'unità della Chiesa di Dio - Voi siete di Cristo e Cristo è di Dio Padre, come Figlio. Nessuno sostituisce, da solo, il Cristo nel suo ruolo di Capo e nessuno. Una seconda parte della regola è deducibile dall'affermazione convinta che la Chiesa, "convocazione" di tutte le genti, è corpo di Cristo in cui tutti sono membra gli uni degli altri (cfr. Rom 12,5; 1Cor 12,1227; Ef 4,12; 5,23; Col 1,24; 3,15). Fondamento della Chiesa (cfr. Rom 15,20; 1Cor 3,10-16) è la fede di Pietro e di Paolo e degli altri apostoli in Cristo pietra angolare (cfr. Ef 2,20). Una terza parte di questa regola di unità nella chiesa è ricavabile dalla distinzione tra carismi e ministeri, di cui Paolo fa una gerarchia particolare: "Alcuni sono stati posti da Dio nella Chiesa al primo grado come apostoli, al secondo come profeti, al terzo come dottori; poi vengono i prodigi, poi i doni di guarigione, quelli che hanno il dono dell'assistenza, del governo, delle lingue" (1Co 12,28). In Ef 4,11s, un testo canonico anche considerato di dubbia autenticità paolina, si parla, similmente, di Cristo asceso al cielo come di colui che "ha donato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori per preparare i santi al ministero, per la costruzione del corpo di Cristo". In 1Cor 12,3ss, un testo trinitario, Paolo ancora distingue e unisce competenze diverse per la costruzione di un solo corpo: "Perciò vi dichiaro che nessuno, mosso dallo Spirito di Dio, può dire: «Maledizione a Gesù», e nessuno può dire: «Gesù Signore», se non in virtù dello Spirito Santo. C'è poi varietà di doni, ma un solo Spirito; c'è varietà di ministeri, ma un solo Signore; c'è varietà di operazioni, ma un solo Dio, che opera tutto in tutti." Dividere il corpo di Cristo è contro l'unità di Dio: Spirito, Signore e Padre. 07. Una settima regola è ricavabile da Col 2,6-3,1 (ma anche da Romani 14,5.13.21-15,1-3; Galati 4,10) ed è liturgico-ecclesiale: "cercate le cose di lassù [non quelle di quaggiù, secondo la carne], dove è il Cristo, il vero corpo [tò sôma], la sostanza, mentre filosofia, prescrizioni ascetiche e vie mistiche tradizionali, visioni private e ogni altra cultura o devozione sono solo ombra [skiá], segni, simboli – non la realtà. 08. Un'ottava regola, serve anch'essa a capire quando Paolo parla come apostolo, di Cristo e non di altro alla luce della traditio-parádosis. Qui è necessariamente oggettivo, pur essendo in un contesto storico specifico e non in un altro allo stesso tempo. In vari passi egli parla della necessità di essere assolutamente fedeli ad una parádosis (Rom 6,17; 1 Cor 11,2.23 ["Vi lodo poi perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni (paradóseis) così come ve le ho trasmesse (parédoka)- Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso - parédoka: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito - paredídeto, prese del pane…"]; 15,3 ["Vi ho trasmesso dunque,

anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture…" - segue il credo essenziale in Gesù, Cristo e Signore, crocifisso e risuscitato]; Gal 1,14; Col 2,8; 2 Ts 2,15; 3,6 ["Vi ordiniamo pertanto, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione - parádosin – che ha ricevuto da noi"])In 2Cor 4,7ss Paolo distingue il vaso, fragile e opaco, che è lui, dal suo contenuto, che è il tesoro del Vangelo di salvezza, il Cristo risorto e vivente. 09. Una nona regola, pastorale è più soggettiva; è ricavabile da altri passi, dove sono utilizzate espressioni che iniziano con "ritengo, penso, credo; do un mio parere, un consiglio…" In questi casi Paolo distingue le proprie, pur vagliate opinioni, dai "comandi" ineludibili o dalla "legge" o parádosis–trasmissione-consegna, quella del Vangelo di Cristo, la trasmissione del credo cristiano. Per esempio, in Rom 8,18; 9,1 [Dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo:… ]; 1 Cor 4,9; 7,25s.40 ["Quanto alle vergini, non ho alcun

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comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia. - Penso dunque che sia bene per l'uomo, a causa della presente necessità, di rimanere così. - Ma se rimane così, a mio parere è meglio; credo infatti di avere anch' io lo Spirito di Dio."]; 2 Cor 8,8.10 ["Non dico questo per farvene un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. -- E a questo riguardo vi do un consiglio: si tratta di cosa vantaggiosa per voi, che fin dall'anno passato siete stati i primi, non solo a intraprenderla ma a desiderarla."]; 10,2; 11,5.16s.21 ["Quello che dico, però, non lo dico secondo il Signore, ma come da stolto, nella fiducia che ho di potermi vantare."]; Ef 3,2; Flp 3,13; Fm 1,14 ["Ma non ho voluto far nulla senza il tuo parere, perché il bene che farai non sapesse di costrizione, ma fosse spontaneo."]. In tutti questi casi Paolo esprime pareri non dogmi. 10. Una decima regola, utile per riportare all'unità della fede in Cristo, la chiesa sempre divisa tra giudei e greci, tra deboli e forti, tra uomini e donne, è l'insistenza sulla koinonía dello Spirito Santo tra cháris di Gesù Cristo, il Figlio, e l'agápe di Dio, il Padre (cfr. 2Cor 13,13) – e quindi su Dio intero, comunione di vita – leggi ancora: Rom 15,1 (nel contesto dei cc. 14-15); 1 Cor 1,25.27; 4,10; 15,43; 2 Cor 10,10; 12,10; 13,3.9. Esamina questi versetti, tutti sul tema della distinzione, e anche della tensione, deboli-forti, nei loro contesti e scopri, sottostante alla regola del farsi debole per diventare forte, la via del vangelo, riassumibile nella fede che il Crocifisso è il Risorto, è il Cristo e il Signore sia dell'Antico Testamento che del Nuovo, del passato, come del presente ed è ereditare la salvezza dell'umanità. La chiesa, secondo Paolo, è, non una societas giuridica, pari e diversa dallo Stato, ma corpo vivente di Cristo, connessione di ogni membro dell'umanità, convocazione delle nazioni, nell'unico nuovo Adamo. Paolo è l'apostolo, araldo del Vangelo e maestro – didáskalos, dei pagani (non dei cristiani!).

Per crescere nella comprensione del corpus paulinum ci sembra necessario ricuperare l'antica tensione, o almeno distinzione, tra Pietro e Paolo. In questo tentativo, rispettoso del testo biblico, ci può aiutare la duplice metafora, della roccia (Pietro) e dell'acqua (chi? Paolo?), assieme alla sempre più importante distinzione, in Pietro stesso, tra "pescatore di uomini" (Lc 5,10) e "pastore di pecore e agnelli" (Gv 21,1517). Paolo in almeno questi versetti affronta il tema del pastore, della pecora, dell'acqua e della pietra (Rom 8,36; 9,32s; 11,9; 12,20; 14,17; 1Cor 4,11; 9,7 - 10,4.31; - 11,26ss; 12,13; 15,32; 2Cor 3,3; 11,27; Ef 2,20; Col 2,16; 1Tm 5,23). La pietra è dura, fondante, fondazionale, ferma, stabile, affidabile. L'acqua non ha forma, non ha colore, è liquida, fluida, si mescola, purifica, lava, disseta, vivifica il deserto, leviga la pietra. Può Pietro da solo essere anche Aqua? È (solo) in Cristo, secondo Paolo in 1Cor 10,4, che le due metafore si fondono una sola realtà: "tutti hanno bevuto la stessa bevanda spirituale (bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava: quella roccia era Cristo)". Per il resto, i carismi sono diversi, e al primo posto non ci sono i pastori ma gli apostoli, meglio se, come Paolo, aperti alle nazioni di tutta la terra e non solo ad un proprio piccolo ovile (cfr. ). Ritengo che questi criteri paolini, e alla lista altri possono esserne aggiunti, non danneggino una comprensione vivace e onesta del corpus paulinum, che la Chiesa considera, canonicamente, parádosis e parola di Dio, a vantaggio dell'umanità e non solo di se stessa. Impariamo a leggere Paolo attraverso i suggerimenti che egli stesso ci fa, come interprete di più antiche Scritture. Non necessariamente basta leggere Paolo a partire da categorie moderne, "secondo la carne" (i diritti dell'uomo e della donna; la democrazia delle opinioni; la libertà di pensiero) e non "secondo Dio" o "secondo lo Spirito". (Aggiornato: 28 Gennaio 2009: Graditissime sono critiche e suggerimenti).

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