Prefazione GLI ANZIANI NON SONO UN PESO, MA UN DONO! Quando all’età di undici anni lasciai il mio piccolo paese per andare a proseguire gli studi in città, ricordo che l’anziano nonno materno volle portarmi in campagna… per salutarmi. Il fatto per un certo verso mi stupì; però avevo una fiducia illimitata nei confronti del nonno e pertanto lo seguii docilmente. Giunti in campagna, il nonno si fece un po’ serio e poi estrasse dal terreno una piccola pianta con tutte le sue radici: me la fece vedere e mi invitò ad osservarla attentamente. Io inizialmente non capivo dove volesse arrivare il nonno e, allora, gli dissi: “Nonno, che significa tutto questo?”. Il nonno sorrise – lo vedo ancora! – e poi mi consegnò un messaggio, che non scorderò mai. Ecco le sue parole: “Guarda, Angelino! Ogni volta che tiri fuori una pianticella dal terreno, essa porta sempre con sé un po’ di terra e la tiene stretta nelle sue radici. Tu potrai girare il mondo intero, ma porterai sempre con te quello che hai imparato nella tua famiglia: ricordatelo e ringrazia chi ti ha insegnato i primi passi della vita”. Questa raccomandazione del nonno mi ha fato capire qual è la missione degli anziani: essi sono i custodi della sapienza accumulata da tante generazioni; sono i seminatori buoni dei primi insegnamenti; sono i maestri delle prime sillabe del lungo discorso della vita: se ci scordiamo di loro e se tagliamo i ponti con loro, perderemo qualcosa di fondamentale della nostra identità umana. Gli anziani, infatti, non sono un peso, ma un dono, non sono una fatalità che dobbiamo sopportare, ma sono una opportunità che ci viene offerta per crescere in umanità. Sentite che cosa ha raccontato Elisabeth Kübler Ross, la psicologa di origine svizzero-tedesca trasferitasi a Chicago da tanti anni. Essa coraggiosamente ha riferito: “Venne un momento della mia vita in cui mi accorsi che avevo messo al mondo due figli, che avevo dato loro il benessere, un’educazione, un’istruzione; e che però erano vuoti, vuoti come una lattina di birra già bevuta. Mi sono allora detta che dovevo fare per loro qualcosa che non fosse soltanto materiale. Così, d’accordo con mio marito, prendemmo in casa un ospite: un vecchio di settantaquattro anni, al quale i medici avevano diagnosticato non più di due mesi di vita. Volevo che i miei figli gli fossero vicini nel suo cammino verso la morte, volevo che vedessero, che toccassero con mano l’esperienza più importante nella vita di un uomo. L’ospite restò con noi non due mesi, ma due anni e mezzo, accolto in ogni cosa come un membro della famiglia. Ebbene: quell’esperienza ha portato
ai miei figli un’incredibile ricchezza spirituale, quei trenta mesi li hanno straordinariamente maturati. In quello sconosciuto fratello venuto a morire tra loro, giovani e sani, i miei figli hanno scoperto un significato nuovo per la loro vita; sono diventati davvero adulti. È lui, quel povero vecchio, che ha fatto un dono inestimabile a noi; non noi a lui, che pure l’abbiamo curato e assistito con tutto l’amore di cui eravamo capaci”. Sono parole che fanno pensare. Come questo coraggioso libro che è un atto di simpatia verso gli anziani: è una sfida, è una presa di posizione che va controcorrente per restituire a tutti la possibilità di ritrovare la via della civiltà, che non può non passare attraverso il recupero della stima e dell’affetto e del rispetto verso gli anziani; con tutte le conseguenze! Grazie per aver avuto tale coraggio! Angelo Comastri Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano