Il Pomo E La Mela

  • July 2020
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  • Words: 2,185
  • Pages: 62
Il delta di Venere prima edizione

MMVI / XIV°

ISBN 88-7848-239-0

Collezione eros

Dona Amati – Michele Caccamo

Il pomo e la mela

LietoColle

Libriccini da collezione

Mi libererò dalle evitabilità. In tutto il corpo spostandosi da una parte all’altra contemporaneamente sta il mio sesso. Quando le mani che ho di lui avranno imparato il dialetto di Dio di tutte le mie carni sceglierò l’Apocalisse dove i sigilli non fanno da glutine agli spacchi. È necessario che il silenzio spostandosi da una parola all’altra mi avvicini all’incidente è necessario che lui sappia da dove gli apro la grammatica da dove lo incorporo -di VerboAvere un’anima è avere un sesso se ogni morte è definitivamente una carne. Mi libererò dalle evitabilità mi libererò da ogni esigenza riducibile voglio tutta la carne abitabile alla morte voglio tutta la carne quando le mani che ho di lui avranno imparato il verbo di Dio di tutte le mie vite sceglierò quella che muore. In tutto il sesso spostandosi da una parte all’altra contemporaneamente sta il mio corpo.

Mi libererò dalle evitabilità mi libererò dai saperi passeggeri. Quando ami un essere ammetti che la perdita è per sempre. Tiziana Cera Rosco

Ed oltre l’apocalissi per questa vita stramata intessuta nelle tele della carne come un auspicio del perdurare oltre l’oblio, il klinamen, la diottria del vedere o non vedere e qui ed oltre e per questo ti chiedo evita e storna ogni profitto del dizionario, quelle volture esatte per dire o non dire entrare o non entrare. Che infine pure spero Sofia di noi si dica o si indovini che siamo delle lande preistoriche nel pleistocene selvaggio finché abbrucio sulle nicchie lisergiche del tuo pelame sconnesso finché succhio per chiavistelli carnei per tavole imbandite il fiore il sesso il pomo il tuo occhio stesso e perdo il senso della rotta d’Euclide o quel vago pegno della vertigine dell’aver troppo pensato. Tu resta come una pavona Sofia e svagina i fossi dell’aia e scardina in crepe di fitto buio e sii silente e lasciati succhiare nell’esatto presente nelle carni ben fitte e oltre i cedevoli gioghi dell’assenza

il tuo liquore prediletto quel pulo che s’india come asfodelo del regno dei morti quell’assenzio che hai stretto come una sorte venefica in calici carnei. E soffia ancora Sofia ti chiedo e mordi e zampetta e sbrana come pavona olimpica e strana e strama spacca stria e sbecca i chicchi di duro cazzo fino a quel turgido complotto e vieni come l’appuntamento, nella notte, per il galeotto, l’evaso, il baro, il bluff che ci esonda dal fondo di noi complici in galere in pelle fino a quella guglia di liquidi insomma quella gotica faglia di vero sapore quella paglia dei peli che dreno che abbrucio come il cuoco nei barbecue di un’epoca quel calore che infiamma come una cattedrale nell’umana cera ferale. Michelangelo Zizzi Note alla lettura I testi in corsivo sono la voce femminile di Dona Amati; quelli in carattere regolare, sono i testi di Michele Caccamo.

Ti chiedo per me un momento un frutto del tempo che lussureggi su una storia che mi preme tempesta soliloquio di incanti spontanei un obelisco di sete incuneato nel cuore e nella valle avida alla fine del ventre scioglimi gli occhi

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dimmi amore e buca una voragine fermala poi dammi la disciplina della tua bocca il codice le labbra

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vasto oltre le mie labbra te, amore chiama la mia bocca diario umido ciottolo della tua intera terra che batterei correndo come giunco flessibile alla tua stretta donami la legge, carezzami i capelli

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la tua bocca nelle mie dita di petrolio squilla e urla è un corno di mare

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la perla scarlatta affolla sensi immensi stratificati in crescendo fiato famelico che la lingua distingue te vede, stigma perfetto nell’onda inarcata non finirci il cielo

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la mia carne gode si prepara più lucente come un fabbricante di fuoco nuda rosa chiara è un impero è un maremoto di ali un caos elettrico e il mio occhio sbuca senza guaine ultraceleste

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addosso accendimi ombre cocenti ogni sorpresa di nuda pelle e pulviscolo chiaro di occhi capienti guardami premere morbido avorio che batte d’onda l’oasi del ventre mia chiave che umìdo manto concede appena ti sento somma marea coniata nel corpo ora frenami il vento

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ti servo foglie calde sul petto nudo e sei il grido selvatico preso dalle viscere e ti risani le carni dentro al fuoco e scoppi dirigi la tempesta e sei il ballo del mare che mi incanta e ti plachi e ti accarezzo come una Santa

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complice alla mente quel fuoco che mi vuole che sbatte le ali dentro la pelle e la carezza si spinge dimora a lingue di fiamma se ad alcova reclama quell’alveo di pelle e inciampa quel grido le spire brucianti convesse di intreccio, pulsanti Estasi lavica inonda quell’urlo reso a simbiosi di fronde sul petto che placando quel grido a mezz’aria dona in quiete il respiro di Santa. Amante al nascere di foglie imminenti nel mare che tu sogni ci prenda e ci culli slegami il volo poi, legami all’onda

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ma tu copriti le labbra con un dito e fatti prendere alle gambe per perderle come una sirena e tocca fruga in quel centro di carne che hai infilato come un anello che è pieno e si apre e ti bagna

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intingi di cosce il calore brillato sibili labiali di gole inghiottite e la nicchia madida che edifica l’anello su cui ansima l’acqua di donna. Del tocco ti vorresti sazio gocciami il tempo

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lo circondi lo svesti e sembri per quella mano una ginnasta appesa che non vuole ritornare e insisti il movimento il ritmo più forte ed è fiero come un santuario una tromba d’aria ed è una coda una semina

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e presami terra in mezzo alla tempra di un volo maschio in picchiata pavento impetuoso sia il ritmo che voglio sapiente e protratto affannando diluvio sui cieli toccati a dita si abbatte costringe e gronda ad infinità di mani che nobiltà di sussulto non cessa di copularti giaciglio a mie onde io sono terra da calcare

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dentro di te sono vigna un confetto duro e sono teso io arteria corona santa e nessuna minorità

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io scrigno sodo d’ ambra cocente del talento che mistero ti rapisco come turgore che annida singhiozzi pulsanti nel ventre. Affonda le armi, scolpiscimi l’anima e inchioda il mio corpo in un presente per sempre ammirami donna diamante

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mi rimetto nel mare che si schiude e mi stampo in quelle cosce e bevo fiamme e sputi inerpico la gola fino alla fine fino a scoppiarti il fiato

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puoi quindi comprendermi la rugiada sorpresa a carambola che ti appanna le labbra e s’addensa alla tua schiena? il mare che incavo del respiro si apre spuma sapida di desiderio fiato erompe in meraviglia devo cercarti, invano rischiare di perderti

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il tuo seno a due cime punte d’origine poi la bocca d’altri tempi come una riga di mare e la frusta dei tuoi occhi infallibile e convertito ti amo

36

ti desidero la linea l’eruzione della pelle farti tramontare la lingua all’orizzonte del seno. Io zitta come casualità bianca scogliera che cerca spinge carnalità messaggere dell’incanto del mondo racconta l’amore, il tempo nuovo

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e apri le tue dita fertili sorelle falle ruota che gira lampo di clessidra spezzale sparse nelle viscere mi torcerò come una vite il vento nella burrasca e ti abbraccerò senza fine io immortale

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mie le dita che sgranano gesti di femmina selvaggia tuo aspro chiarore che lusinga il rivelarsi della bocca ammorbidendo le labbra sulle tue vestigia cercami spazio per il volo dell’anima

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solo flash chimici e golosi è uno scandalo una passione trascinarti la carne con le dita e baciarla e tu mi tempesti di sete e io salto cieco e punto la lingua così viva fra i denti come una gloria

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il corpo ora uno spillo risponde grato e sinuoso di te ingoia l’aria e il respiro incoronato amplesso uguale bocca a bocca con il cielo tessuto randagio e tu amore, tu ne tieni ali e la gloria domi proteggi il turbamento

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ti risiedo tra le gambe così adatto con inutili occhi e immagino una cupola una bacca mi perdo i respiri quasi dentro al grembo e vorrei rientrare per quella traccia per quella carne aperta per fermarmi ma tu sussulti e io mi lavo e mi placo

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ferino mi scavi corri il sapore intenso dei miei eremi il vanto dei tuoi lampi e gioca libera la guerra dell’intimità tu resa fonte dei sussulti dentro il corpo mordi e giuri prosciughi battiti e ho bisogno di linfa nuova non fermarci ora

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battiti cicogna sospesa e penetrata vola come una vampa così calda come una fascia di sangue

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un volo saremo di catartico orgasmo delirio fatale tra le regioni del cuore epistolario vivo per queste ali. Tu incenso arso dunque, sacro ti sento nei tuoi occhi casta rimango

47

quante onde scoperte al tuo fianco quante dita nude e tu ruoti tutto il sangue e a fiato basso chiedi respiri uniti e nei baci

48

è un vortice il viaggio che conquista del mare la tua bocca e letto d’onda che pure brucia alla sorte ministro del respiro suddito e il seno esule in cui le vene congiunte implorano lotta impari al desiderio. Girami il dorso ritrova la bocca. Aprila respirami dentro

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gonfi i fianchi come la luna come è uguale contro l’aria quella sfera divisa intorno alla mia carne e tu sembri un ponte una croce sembri alata

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rinascerà la luna confusa alle tue dita. Dì ancora mappe alla mia pelle. Dammi un titolo o chiudimi etèra d’attimo crocifissa al tuo sudore. Approderò di te epigona Santa. Poi trattenuta origine ti dormirò ombra appesa al singhiozzo d’amore mi resterai tormento

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brucia quella forca perchè così rinviene con l’acqua sulle creste umida risaia o fossa infranta e lì affondo per la prua

52

L’originalità di questo progetto editoriale non risiede certo nel tema trattato – la passionalità dell’eros e le sue implicazioni nella percezione sensoriale – ma nel rapporto dialogico tra gli autori che si è venuto a creare quasi per gioco, teso a descrivere il differente approccio al piacere, già rilevabile nel titolo in cui è indicato lo stesso frutto “incantatore” riferendone il nome maschile e femminile. L’istanza all’editore è pervenuta in via autonoma da Michele che aveva già composto alcuni testi, connotati da una elegante e potente determinazione virile, e avvertiva il desiderio di un controcanto, o meglio, di un complemento-completamento femminile. L’invito a Dona, a cimentarsi in una sorta di risposta, si è basato sulla percezione di una forte carica erotica rinveniente da alcuni suoi elaborati già pervenuti in redazione, nonché dalla raffinatezza degli stessi. L’incontro tra i due emisferi è quindi avvenuto nello spazio tra i versi e le righe bianche dei silenzi, dove l’immaginazione ha disegnato fantasie e dedicazioni attinte da un vissuto individuale e intimo, coniugate secondo esperienze private e separate, ma che ci consegnano un canto armonico la cui valenza trascende dal personale abbracciando orizzonti di vasta condivisione. Sono toni differenti che si alternano: la risposta –a cui era stata invitata la voce femminile – diventa spesso quesito provocando un’inversione di ruolo; la dimensione erotica lecita qualsiasi richiesta e la tensione vibra per mezzo della parola che, qui, diventa sacra divinizzando i gesti. Nel dialogo degli autori è rilevabile come la dolce fermezza maschile sia temperata dalla sensualità cerebrale della donna che preme per condurre il compagno in un coinvolgimento emozionale, sempre ben presente anche se velato dall’eccitazione dei sensi e come tale sottile desiderio venga recepito ed interpretato nel donarsi il piacere nell’espressione poetica. Ed è proprio sulla comunicazione attraverso la poesia che desideriamo chiedere l’attenzione del lettore, sulla sua potenza di aggregazione tanto da creare – tra sconosciuti - un’intesa intima e profonda come quella che emerge dalle pagine di questo libro. Diana Battaggia Michelangelo Camilliti

Dona Amati nasce nel 1960 a Roma, dove ha studiato scegliendo successivamente di vivere in provincia. Sue poesie sono inserite in antologie di diverse case editrici, tra cui “Ti bacio in bocca” e “Fotoscritture” (LietoColle).

Michele Caccamo nasce a Taurianova (RC) nel dicembre 1959. Ha pubblicato la silloge poetica “La stessa vertigine, la stessa bocca” (Manni, 2005) e alcune poesie in antologie, tra cui “Il segreto delle fragole” ed. 2006 (LietoColle). Per il teatro ha scritto il testo “Incoronato come le rose”.

Maurizio Carnevali nato a Villa S. Giovanni (RC) nel 1949, vive a Lamezia Terme e si occupa di pittura, scultura e incisione. Suoi i disegni per l’illustrazione di questo volume.

Il pomo e la mela

Nota poetica di: Tiziana Cera Rosco Michelangelo Zizzi

Dialogo tra: Dona Amati Michele Caccamo................................................................ pagg. 13 – 52

Postfazione di: Diana Battaggia Michelangelo Camilliti

Notizie

Finito di stampare da LietoColle presso scribastudio nel giorno di s. Mattia dell’anno 2006

© LietoColle

di Michelangelo Camelliti Via Principale 9 – 22020 Faloppio (Co) Tel. e fax 031 986292 - www.lietocolle.com

€ 0

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