I Servizi Telematici Nel Marketing Dei Beni Di Cosumo Diretto

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA Facoltà di Scienze Economiche e Bancarie Corso di laurea in Scienze Economiche e Bancarie

I servizi telematici nel marketing dei beni di consumo diretto

Relatore: Prof. Gastone CECCANTI Correlatore Prof. Fabio PAMMOLLI Tesi di Laurea di Daniele D’ASARO

Anno accademico 1995-1996

INDICE CAP I - UN QUADRO GENERALE SULLA DISTRIBUZIONE _________________________________________________ 13 I.1 INTRODUZIONE ______________________________________ 13 I.2 LE FUNZIONI COMMERCIALI ____________________________ 14 Funzioni fisico-merceologiche ________________________________ 17 Funzioni commerciali _______________________________________ 19 Funzioni economico-finanziarie _______________________________ 21 Funzioni di comunicazione ___________________________________ 22 Funzioni psico-sociologiche __________________________________ 23

I.3 IL FUTURO DEL DETTAGLIO _____________________________ 29 CONCLUSIONI __________________________________________ 31

CAP II - LE ABITUDINI DI ACQUISTO E LE NUOVE OPPORTUNITÀ TELEMATICHE___________________ 32 II.1 INTRODUZIONE _____________________________________ 32 II.2 L’INCREMENTO DELLA PRESSIONE CONCORRENZIALE ________ 32 II.3 L’EVOLUZIONE DELLA DOMANDA _______________________ 34 II.4 LA DIFFUSIONE DELLE NUOVE TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE41 II.5 LE NUOVE FORME DISTRIBUTIVE ________________________ 43 II.6 NUOVE STRATEGIE PER UN NUOVO CONSUMATORE _________ 46 II.7 L’INTERESSE DEL CONSUMATORE PER LE NUOVE TECNOLOGIE TELEMATICHE _____________________________________________________ 48 II.8 L’IDENTIKIT DEL CONSUMATORE TELEMATICO: QUALCHE DATO 51 II.9 L’IDENTIKIT DEL CONSUMATORE TELEMATICO: THE COMMERCENET/NIELSEN INTERNET DEMOGRAPHICS SURVEY ____ 53 II.9.1 II.9.2 II.9.3 II.9.4 II.9.5

Gli autori dell’indagine ________________________________ 54 Metodologia _________________________________________ 54 I risultati dell’indagine_________________________________ 55 Due metodologie a confronto ____________________________ 57 Conclusioni sul CommerceNet/Nielsen Internet Survey________ 57

II.10 LA TELEMATICA IN ITALIA ____________________________ 58 CONCLUSIONI __________________________________________ 61

CAP III - I NUOVI RAPPORTI TRA INDUSTRIA E DISTRIBUZIONE ALLA LUCE DELLE TECNOLOGIE TELEMATICHE __________________________________ 66 III.1 INTRODUZIONE _____________________________________ 66 III.2 IL PASSATO _______________________________________ 67 1. Piano logistico __________________________________________ 68 2. Piano informativo ________________________________________ 69

III.3 L’INFORMAZIONE COME PRODOTTO ACCESSORIO __________ 71 III.4 L’EVOLUZIONE DELLA DISTRIBUZIONE: DUE SCENARI DIVERSI75 III.5 IL DIVERSO RUOLO DELLE TECNOLOGIE E DELLA RISORSA INFORMAZIONE ALL’INTERNO DEL SETTORE COMMERCIALE ___________________ 79 III.6 IL NUOVO RUOLO DELLA DISTRIBUZIONE NELLA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE ____________________________________ 81 CONCLUSIONI __________________________________________ 90

12

CAP IV - L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA COME IMPULSO FINALE ALLA RIVOLUZIONE COMMERCIALE DELL’ERA TELEMATICA ___________________________________ 92 IV.1 IV.2 IV.3 IV.4 IV.5

INTRODUZIONE _____________________________________ 92 IL FALLIMENTO COMMERCIALE DEL VIDEOTEX ____________ 93 I LIMITI DI ORDINE TECNOLOGICO DEL SISTEMA VIDEOTEX ___ 98 INTERNET: IL “GIGANTE BUONO” DELLA TELEMATICA ______ 102 RIFLESSIONI E CONCLUSIONI _________________________ 107

CAP V - GLI STRUMENTI DEL MARKETING NELL’ERA DEL CONSUMATORE TELEMATICO__________________ 110 V.1 INTRODUZIONE ____________________________________ 110 V.2 L’IMPATTO DEI CANALI TELEMATICI DI NUOVA GENERAZIONE SUGLI ELEMENTI CARATTERIZZANTI LA STRATEGIA DEL DETTAGLIO. ___ 111 V.2.1 Prodotto ____________________________________________ 111 V.2.2 Prezzo _____________________________________________ 119 V.2.3 Pubblicità e promozione _______________________________ 120 V.2.4 Distribuzione ________________________________________ 125

V.3 ESPERIENZE REALI NELL’USO DEL MARKETING TELEMATICO (IN ITALIA) ____________________________________________________ 128 V.4 LA TELEMATICA COME MEZZO PER IL COMMERCIO: I PRO ____ 129 V.4.1 Il target ____________________________________________ 129 V.4.2 I costi ______________________________________________ 130 V.4.3 Aggiornamento (catalogo e magazzino) ___________________ 130 V.4.4 L’abbattimento delle frontiere nazionali ___________________ 131

V.5 LA TELEMATICA COME MEZZO PER IL COMMERCIO: I

CONTRO132

V.5.1 Carenza di competenze manageriali ______________________ 133 V.5.2 Carenza di risorse finanziarie ___________________________ 133 V.5.3. Incapacità di soddisfare i bisogni dei consumatori __________ 134 V.5.4 Incapacità di offrire prezzi competitivi ____________________ 135 V.5.5 I problemi giuridici ___________________________________ 136 V.5.6 Il problema della privacy_______________________________ 137 V.5.7 Il problema dei pagamenti______________________________ 139

V.6 DATI EMPIRICI E PREVISIONI SULLO SVILUPPO DEL COMMERCIO ON-LINE ____________________________________________________ 141

BIBLIOGRAFIA _________________________________ 151

13

CAPITOLO I UN QUADRO GENERALE SULLA DISTRIBUZIONE I.1 INTRODUZIONE

Prima di analizzare le motivazioni del come e del perché i servizi telematici stiano influenzando profondamente il panorama della produzione e del commercio, si ritiene di cominciare con un breve quadro sulla distribuzione in generale, in modo da avere un solido riferimento per le argomentazioni successive. La distribuzione commerciale concerne il trasferimento fisico ed economico (cioè del titolo di proprietà) dei beni dalla produzione al consumo (o utilizzo) finale o intermedio1. Gli attori principali del processo distributivo sono le imprese commerciali, “le quali offrono un insieme di servizi che le rendono disponibili per il consumatore”. Il tipico processo dell'impresa commerciale consiste nell'acquisto delle merci prodotte dall'azienda industriale, nella loro composizione in un assortimento e nella vendita nei luoghi e nei tempi desiderati dal consumatore2. Da ciò deriva che l'impresa commerciale non si limita a vendere la merce, ma "trasforma" anche il prodotto; il valore dello stesso è funzione, oltre che delle caratteristiche intrinseche, anche dei tempi, luoghi e modi secondo cui il bene viene reso disponibile al consumatore3. L’impresa commerciale, pertanto, non vende semplicemente merce, ma i servizi che consentono alla domanda di approvigionarsi. La merce è la materia prima del processo produttivo commerciale, non il prodotto finito. Accanto alle imprese commerciali in senso stretto (grossisti e dettaglianti) operano tutta una serie di altri enti: da una parte quelle

1Giancarlo

Ravazzi, "La distribuzione commerciale", Manuale di Marketing, ISEDI, Milano, 1972, p. 6-4. 2Luigi Guatri e Salvatore Vicari, Il Marketing, Giuffrè, Milano, 1986, p. 135. 3William .J. Stanton e Riccardo Varaldo, Marketing, Il Mulino, Bologna, 1986, p. 241.

14

strutture che svolgono attività di pura intermediazione (cioè non acquistano la proprietà dei beni), dall'altra le stesse imprese produttrici e i consumatori. Nell’economia moderna il ruolo di queste due ultime categorie, soprattutto quello del consumatore, col tempo è divenuto sempre più importante, e questo è avvenuto anche grazie all’impatto dirompente

delle

nuove

tecnologie

dell’informatica

e

delle

telecomunicazioni. La convergenza di tali settori ad alta componente tecnologica hanno tracciato il sentiero per lo sviluppo di mezzi in grado di concretizzare il bisogno di interattività che caratterizza sempre di più il fenomeno del consumo, ponendo le basi per il superamento del paradigma della produzione di massa.

I.2 LE FUNZIONI COMMERCIALI

Si è detto che il ruolo precipuo dell'impresa commerciale è quella di rendere disponibili al consumatore i beni e i servizi prodotti negli altri settori economici. Questa macro-funzione, coerentemente con la teoria, si compone di una serie articolata di funzioni commerciali. L’evoluzione degli ultimi anni del sistema economico hanno fatto sì che lo svolgimento di tali funzioni divenisse compito sempre più esclusivo da parte degli estremi della filiera distributiva, imprese produttrici e consumatori. Un primo livello di analisi riguarderà appunto la determinazione di tali funzioni. Il secondo livello riguarderà invece più precisamente le funzioni della distribuzione al dettaglio. Per comodità, si utilizzerà uno schema già sperimentato, pur se ciascuno con le sue peculiarità, da diversi autori4.

1) Funzioni fisico-merceologiche:

15

1.1 trasporto; 1.2 raggruppamento e/o frazionamento (di beni omogenei); 1.3 assortimento e gamma o separazione (di beni eterogenei); 1.4 condizionamento (dosaggio, confezionamento e imballaggio); 1.5 deposito. 2) Funzioni commerciali (o di scambio): 2.1 collegamento e intermediazione commerciale; 2.2 acquisto; 2.3 vendita; 2.4 assistenza e consulenza;5 2.5 assunzione del rischio commerciale; 2.6 garanzia commerciale. 3) Funzioni economico-finanziarie: 3.1 determinazione del prezzo; 3.2 finanziamento. 4) Funzioni di comunicazione: 4.1 informazione; 4.2 promozione delle vendite. 5) Funzioni psico-sociologiche: 5.1 ambiente commerciale; 5.2 rapporti umani; 5.3 socializzazione.

4Vedi

G. Ravazzi, "La distribuzione commerciale", Manuale di Marketing, ISEDI, op. cit., pp. 65 e ss., oppure nella riclassificazione di L. Guatri e S. Vicari, Il Marketing, op. cit. 5G. Ravazzi non annovera tale funzione tra quelle tipiche dell’impresa al dettaglio. In realtà tale funzione riveste oramai per il dettaglio un fattore fondamentale.

16

Da questo schema si evince facilmente come le stesse imprese produttrici e i consumatori finali entrino nel merito del processo distributivo; si pensi, ad esempio, alla funzione di trasporto che realizza il consumatore quando scarica il contenuto del carrello del supermercato nella propria vettura o l'impresa che sempre più spesso realizza la funzione di condizionamento (confezionamento) sollevando il grossista da tale compito. Si è detto che una tendenza storicamente accertata è il progressivo trasferimento di alcune di queste funzioni verso le imprese produttrici da una parte e verso il grande dettaglio o il dettaglio associato dall'altra. Manifestazione tipica di tali tendenze è l'integrazione verticale discendente, attraverso la quale l'azienda di produzione assorbe le funzioni

commerciali

degli

intermediari

sottostanti

(grossisti

e

dettaglianti), fino a giungere a diretto contatto con il consumatore. Tale fenomeno, piuttosto frequente per quanto riguarda i beni strumentali, per i beni di consumo ha sempre rivestito il carattere dell’eccezionalità. Tradizionalmente, nel comparto dei beni di consumo il processo di integrazione verticale può portare a delle inefficienze, che in ultima analisi derivano da un sostanziale problema di comunicazione tra i diversi anelli della catena distributiva. La grossa novità è che le innovazioni telematiche possono ridurre di molto tali inefficienze, consentendo, come si vedrà, una progressiva disintermediazione a scapito delle aziende commerciali. Il fenomeno può essere ridimensionato nel momento in cui il settore del commercio non sappia riorganizzarsi disegnandosi un nuovo ruolo, passando sostanzialmente dalla distribuzione di merci alla distribuzione di informazione. Ai fini di questo lavoro risulta utile ricordare la distinzione tra grossisti e dettaglianti, interessando particolarmente la seconda categoria. Per dettaglio s'intende “l'insieme delle attività che sono direttamente connesse alla vendita di beni e servizi al consumatore finale,

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destinati al soddisfacimento di sue esigenze personali o familiari e non allo svolgimento di un'attività economica di qualsiasi tipo”.6 Risulta ovvio che vi possono essere imprese che nel contempo fungono sia da grossisti che da dettaglianti. Generalmente, si ritiene che per dettagliante o negozio al dettaglio si debba intendere un'azienda che vende prevalentemente (oltre il 50% del proprio volume d'affari)7 ai consumatori finali. Nello schema proposto, si è convenuto evidenziare in neretto le funzioni svolte tipicamente dalle imprese al dettaglio. Riportare tale classificazione può essere utile per focalizzare meglio la portata dei cambiamenti che le innovazioni telematiche possono produrre nel settore della distribuzione. Riconoscendo la limitatezza insita in ogni tipo di classificazione, in special modo in questi anni di particolari mutamenti, ecco una breve rassegna di tali funzioni:

Funzioni fisico-merceologiche Frazionamento

E' la tipica e forse la più importante funzione svolta dalle imprese al dettaglio. Attraverso il frazionamento il lotto economico proveniente dall'impresa produttrice o dal grossista viene ripartito in lotti di dimensione inferiore, più adatti a soddisfare le richieste della clientela. Tale funzione, se svolta a livello dell'impresa produttrice oppure del grossista, può essere causa di grandi inefficienze. Il livello di frazionamento a cui si realizza la vendita al dettaglio risulterebbe essere, infatti,

troppo minuto per le strutture aziendali dei produttori e dei

grossisti. Da una parte, risulterebbero ingiustificati i costi del personale per singola unità venduta, dall'altra si verificherebbero notevoli diseconomie derivanti da un'eccessiva despecializzazione della gestione aziendale. Questo perlomeno finché le aziende produttrici non abbiano la 6W.J. 7La

Stanton e R. Varaldo, Marketing, op. cit., p. 244. definizione è ripresa da Stanton e Varaldo, op. cit., p. 245.

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possibilità, a costi irrisori, di effettuare vendita diretta in un bacino di domanda sufficientemente ampio. Non è un problema di natura strettamente logistica, legato cioè a problemi di disponibilità del bene (consegna). Cosa distinguerebbe allora un’impresa commerciale da un corriere espresso? E’ un problema soprattutto legato alla creazione e gestione di una rete di vendita, dove l’elemento fondamentale è l’informazione, cioè la conoscenza delle esigenze e dei mutamenti della domanda.

Assortimento e gamma

Per assortimento si intende una combinazione di beni appartenenti a categorie merceologiche

differenti. A livello di produzione

l'assortimento tende a essere ovviamente limitato (presenza di impianti specializzati); tuttavia, man mano che si scende lungo il canale di distribuzione, le esigenze diversificate, dapprima dei dettaglianti e poi dei consumatori, si manifestano con impatto sempre più rilevante. Le stesse considerazioni valgono anche per la composizione di una gamma, cioè la combinazione di differenti tipi di prodotti appartenenti ad una stessa categoria merceologica (es. impianti hi-fi di differenti marche e/o prestazioni). L’impresa al dettaglio ha come scopo la valorizzazione dell’intera gamma, non già del singolo prodotto. Ciò prefigura un terreno di scontro col settore della produzione sulla base della profondità e dell’ampiezza informativa da associare a ciascun elemento dell’assortimento e/o gamma. In questa situazione conflittuale è il settore commerciale ad avere maggior potere, perché il suo orizzonte informativo riguardo la domanda è nettamente superiore. A meno che non sia la stessa domanda a specificare le proprie esigenze in maniera puntuale, attraverso un feedback continuo, saltando la “barriera” costituita dall’impresa al dettaglio.

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Deposito

E' una funzione molto importante, poiché evita al consumatore le disutilità derivanti dal non trovare il prodotto nel punto vendita quando si manifesta il bisogno.8 Il mancato espletamento di tale funzione provoca problemi per il produttore, poiché non solo perde un'occasione di vendita a favore del concorrente, ma soffre anche di un'inevitabile calo di immagine indipendente dalle proprie strategie. Per il dettagliante la perdita sull'acquisto è molteplice, in quanto il consumatore avrebbe potuto acquistare altri prodotti insieme a quello mancante. Anche il dettagliante patisce in questo caso la percezione da parte del consumatore di una parvenza di inefficienza e di superficialità. E’ indubbio che tale funzione ha grossa rilevanza nel comparto dei beni cosiddetti banali (con scarsa componente

informativa),

ma

perde

significato

sui

prodotti

“problematici”. Per questi, più che la disponibilità immediata, è fondamentale la rispondenza esatta con i requisiti richiesti dal cliente. Ciò implica necessariamente un dialogo interattivo tra produzione e consumo che avvenga il più velocemente possibile (tendere cioè ad una comunicazione interattiva e in tempo reale).

Funzioni commerciali Assistenza e consulenza

Pare oramai che la funzione di assistenza e di consulenza che l’impresa commerciale svolge nei confronti della clientela e dei fornitori sia diventata insostituibile. L’assistenza al cliente riguarda tanto la conoscenza relativa all’aspetto tecnico-merceologico del prodotto, quanto l’esposizione

della

merce,

l’individuazione

di

efficaci

azioni

promozionali, ecc. Risulta ovvio che questa funzione incorpora in sé una grande quantità di informazioni da gestire, aggiornare e comunicare nel

8Si ricordi però che talvolta il comportamento dell’acquirente inizia senza una particolare esigenza relativa ad una merce, ad es. quando lo shopping viene inteso come attività di svago o come occasione per acquisire informazioni su di un prodotto. Cfr. Salvatore Vicari, “Acquirente e consumatore: due distinte realtà”, Sviluppo e organizzazione, Maggio-Giugno 1980.

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più breve tempo possibile. Specie per i prodotti a più alta componente informativa, poi, questa funzione è fondamentale per mantenere il rapporto con il cliente. Per l’impresa di produzione è molto difficile portare avanti un rapporto del genere con la totalità dei clienti, almeno finché non vi sia la possibilità per il consumo di accedere ed eventualmente interagire con il patrimonio informativo aziendale in maniera semplice e immediata.

Assunzione del rischio e garanzia commerciale

La funzione di assunzione del rischio commerciale svolta dall'impresa al dettaglio (come del resto dal grossista) consente il frazionamento del rischio tra la distribuzione e la produzione.9 Tale importante funzione viene ovviamente a cadere in virtù dei processi di integrazione verticale, esponendo l'impresa produttrice a rischi anche elevati. L’aumento del rischio potrebbe essere compensato (fino a scomparire) con l’adozione di un metodo di produzione just in time di tipo perfetto, dove il bene viene prodotto su precisa richiesta e indicazione del cliente. Evidentemente il tutto riduce la rilevanza delle economie di scala sul costo di produzione. In tal caso, la permanenza nella regione di sopravvivenza può essere assicurata soltanto a patto che si possa attivare una circolazione interattiva di informazioni, che faccia percepire all’acquirente il valore reale aggiunto al prodotto. Nonostante la diffusione dei grandi centri di distribuzione, il negozio specializzato, dove si acquista in virtù del rapporto di fiducia con il venditore, trova ancora grandi consensi: qui l’elevato margine del dettagliante viene compensato da grande professionalità e attenzione verso il cliente. In un panorama caratterizzato dalla diffusione delle grandi strutture distributive, la fiducia nel venditore e i gruppi di funzioni specificati più avanti costituiscono la strategia vincente, specie per il

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piccolissimo dettaglio. Un servizio di questo tipo corre di pari passo con l’offerta di una vera e propria garanzia commerciale sul prodotto, sulla qualità e sulla rispondenza dei requisiti voluti dal consumatore.

Funzioni economico-finanziarie

Determinazione del prezzo

Nonostante che per la maggioranza dei prodotti la funzione di determinazione del prezzo sia stata assorbita dall'impresa di produzione, tale funzione per i dettaglianti è ancora piuttosto rilevante. E’ possibile affermare che si è di fronte ad una diminuzione di importanza di tale funzione nel senso speculativo del termine; la determinazione del prezzo ha assunto sempre più, infatti, lo scopo di adeguare il flusso distributivocommerciale alle esigenze degli estremi del canale distributivo, produttore e consumatore (si pensi, ad esempio, al fenomeno della stagionalità). Restano comunque diversi motivi di scontro tra produttori e distributori: le politiche di marketing dei primi tendono a proporre al consumatore un prezzo e un posizionamento preciso di mercato, mentre i secondi hanno l’esigenza di gestire i prezzi secondo proprie politiche, nello svolgimento della funzione di assortimento di cui si è detto. Ove ci sia un aumento reale e percepibile del valore d’uso del prodotto nel passaggio tra produzione e distribuzione, la determinazione del prezzo non diventa più motivo di scontro. In ogni caso, diversi elementi avvalorano la tesi di una generalizzata tendenza al ribasso dei prodotti commercializzati attraverso i mezzi telematici di massa, tra cui spiccano l’accresciuta competitività tra le aziende e un accorciamento del canale distributivo.

9Tra cui l’obsolescenza del prodotto, le rimanenze di prodotti di fine serie, ma soprattutto il comportamento imprevedibile della domanda.

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Funzioni di comunicazione Assieme alle funzioni psico-sociologiche, di cui si tratterà tra breve, le funzioni di comunicazione costituiscono sempre più le funzioni tipicamente svolte dal commercio al dettaglio. La funzione di comunicazione, tradizionalmente, può essere analizzata secondo due ottiche diverse. Un primo tipo di comunicazione ha lo scopo di rendere edotte le parti interessate ad uno scambio dell'esistenza di determinate opportunità di mercato. Da questo punto di vista parliamo di comunicazione come informazione, cioè come mezzo volto alla riduzione dell'incertezza. Naturalmente la funzione di informazione aumenta di importanza all'aumentare della complessità e della vastità del mercato, dal momento che i limiti delle conoscenze e dell'intuito individuali (imprenditoriali, manageriali) si fanno più grandi, e per essere superati necessitano di un flusso organizzato e sistematico di informazioni di mercato, di cui anche le strutture commerciali sono tramite.10 Esiste poi un secondo tipo di comunicazione, che si concretizza in un flusso esclusivo dall'alto verso il basso, volto ad orientare le scelte del consumatore. In tale ambito, la funzione della comunicazione è principalmente una funzione di condizionamento.11 E’ oramai evidente che la comunicazione nel senso informativo nel termine sta diventando sempre più importante. In un contesto di tale genere pare davvero che l'utilizzo dei mezzi telematici, in quanto consentono la trasmissione di informazioni sul prodotto che la pubblicità tradizionale (per tempi e costi) non riesce a dare, possa essere una risorsa da non sottovalutare per l'impresa produttrice e per gli altri anelli della catena distributiva. Ma rappresenta anche una sfida, perché la possibilità 10Giancarlo

Ravazzi, "La distribuzione commerciale", op. cit., p. 6-14. scindere l’attività di comunicazione in una componente informativa e in una volta al condizionamento non equivale a sancire la neutralità della prima rispetto alla seconda. L’informazione, per quanto obiettiva, incide comunque sullo schema di preferenze del consumatore. Cfr. Stefano Podestà, Prodotto, consumatore e politica di mercato, ETAS Libri, Milano 1988 (1a ed. 1974), pp. 95 e ss.

11Attenzione:

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per l’acquirente di effettuare uno shopping comparato (anche tra aziende molto al di fuori del contesto geografico di appartenenza) pone in essere pressioni concorrenziali a dir poco impensabili agli albori dell’era dell’informazione.

Funzioni psico-sociologiche Tali funzioni si manifestano con un impatto crescente nel marketing odierno, in un'economia come quella dei paesi occidentali dove cresce il tenore di vita e quindi la parte di reddito discrezionale.12 Ambiente commerciale

E' un fattore molto importante, in grado di attrarre nuovi acquirenti nel punto vendita e di svolgere un'azione di soddisfazione psicologica nei confronti del cliente, facendo sì che torni. Per molti acquisti il consumatore non solo ricerca il prodotto idoneo a soddisfare le proprie esigenze, ma anche un modo adeguato di reperire il prodotto. Ciò implica servizi, atmosfera, immagine che gli consentano di trovare soddisfazione al momento dell’acquisto. I servizi telematici più sofisticati (tra cui spicca Internet) consentono la valutazione del prodotto attraverso informazioni di tipo multimediale (suoni, immagini, filmati), con un salto di qualità tecnologico rispetto, ad esempio, al sistema videotex (che difatti fu sostanzialmente un fallimento dal punto di vista commerciale). Non è certamente il sostituto perfetto del contatto fisico con il prodotto, ma è anche molto meglio di un catalogo per la vendita per corrispondenza. L’ambiente commerciale, in questo caso, si crea proponendo servizi aggiuntivi non immediatamente riconducibili al prodotto: bollettini di informazione, musica, appagamento grafico e sensoriale. I mezzi telematici di ultima generazione consentono tutto ciò a costi decisamente appetibili.

12La parte di reddito discrezionale induce il consumatore anche ad un atteggiamento più aperto verso l’innovazione; di questo aspetto si tratterà nel prossimo capitolo.

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Rapporti umani

Questa funzione è stata ultimamente molto valorizzata in contrapposizione alla crescente tendenza della spersonalizzazione nei rapporti sociali e in quelli commerciali. Spesso è questa stessa funzione che crea l'attività commerciale, e che costituisce uno dei punti di forza di certe forme di dettaglio tradizionale per alcuni versi in fase di emarginazione rispetto alle nuove esigenze tecnico-commerciali. E’ pacifico che in tale ambito un sistema di commercio basato sui mezzi telematici di massa avrebbe poco successo. Ma ciò non dovrebbe impedirne la grande diffusione per le restanti categorie di beni.

Socializzazione

Estendendo il concetto di cui sopra, si giunge a considerare l'innegabile funzione di socializzazione che svolgono molte attività commerciali, in particolare quelle di commercio al dettaglio raggruppate in zone e centri commerciali. Qui l’attività commerciale si innesta in maniera organica e funzionale con altre attività comunitarie come attività culturali, sociali, politiche, sportive e di servizio. Certamente l'importanza crescente di quest’ultima categoria di funzioni potrebbe essere di ostacolo alla grande diffusione degli acquisti tramite l'utilizzo dei servizi telematici. E’ anche vero che la decongestione del traffico e la riduzione dell’inquinamento derivante dalla massiccia introduzione del telelavoro e del commercio telematico per ampie categorie di beni può consentire una fruizione migliore dei servizi di cui sopra, rendendo nuovamente i grandi agglomerati urbani a “misura d’uomo”.

Si è visto quali siano le funzioni tipiche svolte dalle imprese al dettaglio secondo la prospettiva “classica”. Si torni per un attimo a quanto detto

poco prima, e cioè all'affermazione di quanto il processo di

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integrazione verticale possa provocare degli svantaggi alle imprese produttrici quando si tratta di beni di consumo. L'azienda produttrice ha come obiettivo la soddisfazione del consumatore,

attraverso

un

prodotto

qualitativamente

valido.

L'interlocutore dell'impresa al dettaglio è invece l'acquirente del prodotto. Mentre il consumatore è interessato alle caratteristiche intrinseche della merce, l'acquirente è invece interessato soprattutto ai servizi collaterali alla

merce,

alla

vicinanza

del

punto

vendita,

all'ampiezza

dell'assortimento, alla presenza di un parcheggio.13 Ecco quindi manifestarsi il tipico trade-off di un sistema distributivo “tradizionale”: per le imprese produttrici le forme commerciali più efficienti sono quelle meno dotate di servizi e viceversa. Paradossalmente, risulterebbe più efficiente eliminare le consegne gratuite, le vendite a credito, i commessi, gli ampi assortimenti14. Ma ciò significherebbe ovviamente una perdita di clientela. D’altro canto, per molte categorie di beni, il servizio fondamentale è l’informazione sul prodotto stesso e sui possibili modi di utilizzo. Attraverso i mezzi telematici le imprese produttrici potrebbero autonomamente svolgere l’attività di distribuzione di informazioni sui propri prodotti riducendo le inefficienze di cui sopra e relegando in pratica il dettaglio tradizionale a una mera funzione logistica. Data la crescente importanza delle funzioni psico-sociologiche, e la vasta possibilità di sviluppo di quelle funzioni, il fenomeno distributivo al dettaglio ha sperimentato la maggiore varietà di forme commerciali, di modi e tecniche di commercializzazione, di strumenti commerciali. Tutto questo non è altro che il risultato della richiesta di servizi sempre più diversificati da parte del consumatore: riconoscendo che ogni individuo ha bisogni differenti rispetto agli altri, la standardizzazione della 13Molti

stentano ancora a cogliere le implicazioni di questa affermazione. Ma basta pensare al cibo per cani o agli accessori per neonati per capirne la portata. Vedi L. Guatri e S. Vicari, Il Marketing, op. cit., p. 143 e ss. Cfr. inoltre Vicari, “Acquirente e consumatore: due distinte realtà”, op. cit.

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produzione, ove possibile, deve lasciare il passo ad una segmentazione spinta a livelli estremi, fino ad arrivare al fenomeno della micronizzazione o della segmentazione one-to-one.15 E proprio la possibilità di tarare per ogni consumatore l'azione di marketing può essere l'arma vincente della diffusione dei mezzi telematici applicati alla commercializzazione, coerentemente con l’impostazione metodologica introdotta dal direct marketing16 prima e dal telemarketing poi.17 Per finire questo quadro piuttosto generico sulla distribuzione, è opportuno definire da quali variabili sia condizionata la distribuzione commerciale. Nel prosieguo di questo studio si vedrà come le nuove tecnologie, in particolare la telematica, condizionino o mutino il rapporto dell'impresa con tali fattori. L'impresa distributrice al dettaglio, nel suo prolungamento, fronteggia una serie di variabili esogene, che vengono prese come date, ed una di fattori endogeni, sui quali l'azienda può (e deve) intervenire, giungendo alla composizione di un retailing mix coerente con gli obiettivi di mercato da essa ricercati.

14 Per un ragionamento paradossale sul come rendere efficiente la distribuzione, vedi L. Guatri, S. Vicari, Il Marketing, op. cit., nota (9), p. 158. 15Vedi più diffusamente Salvatore Vicari, “Nuove tecnologie e nuove concezioni strategiche”, Finanza Marketing e Produzione n. 2 (1986). 16Il direct marketing presuppone un sistema interattivo che ricorra ad uno o più mezzi per ottenere una risposta misurabile e/o una transazione in qualsiasi luogo. Non sono forse queste le peculiarità dei canali telematici? 17Il telemarketing viene visto generalmente come un sistema di comunicazione di marketing dove specialisti addestrati utilizzano le telecomunicazioni e le tecnologie dell’informazione per fare marketing e condurre attività di vendita (nostra trad. da J.J. Marshall e H. Vredenburg, “Successfully Using Telemarketing in Industrial Sales”, Industrial Marketing Management, vol. 17, 1988, pp. 15-22.

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A. Fattori esogeni di mercato

Ambiente L'ambiente nella quale l'impresa distributrice svolge la propria attività non deve essere considerato soltanto nell'accezione geografica del termine. La distribuzione commerciale, infatti, è altresì influenzata da fattori

sociali,

economici,

politici,

amministrativi,

ecc.

Nell’era

dell’informazione l’ambiente visto come variabile “fisica” comincia a perdere significato, come del resto cambiano profondamente le interazioni tra i fattori appena elencati. Ciò implica maggiore turbolenza e maggiore potere per la causalità naturale, ponendo l’impresa tecnologicamente obsoleta ai margini della regione di sopravvivenza.

Fornitori/Clienti La forza contrattuale di entrambi, l'organizzazione, la loro apertura all'innovazione, Un’affermazione

influenzano su

grande

fortemente scala

dei

la

politica

mezzi

distributiva.

telematici

passa

necessariamente per un cambio di cultura che deve investire soprattutto gli acquirenti/consumatori (senza riconoscere per questo l’esistenza di soli fattori demand-pull);

Tecnologia (a livello di tecniche commerciali e industriali);

Regolamentazione pubblica delle attività commerciali (a livello anche extranazionale);

Concorrenza Analogamente alla tecnologia (cui è legata da una relazione causaeffetto), è un fattore esogeno che varia con molta rapidità, cambiando continuamente gli scenari fronteggiati dall’impresa. Il livello competitivo

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globale è oramai esasperato dalla flessibilità produttiva e dalla globalizzazione dei mercati.

Presi come dati gli elementi sopra elencati, l'impresa commerciale aggredisce il mercato ed attua i suoi obiettivi attraverso la ricerca della migliore combinazione dei seguenti

B. Fattori endogeni Fattori relativi ai beni commercializzati Beni acquistati e messi in vendita (tipo, qualità, marca, ecc.); Assortimento; Gamma; Prezzo (e condizioni di vendita); Servizi alla clientela (sempre più fondamentali). Fattori relativi alla distribuzione commerciale Localizzazione del punto vendita (fisica ma anche virtuale); Organizzazione dello spazio del punto vendita (come sopra); Organizzazione e tecniche di vendita; Metodo di esposizione dei prodotti; Distribuzione fisica; Possibilità e facilità di parcheggio.

Fattori relativi alla comunicazione commerciale18 Pubblicità; Promozione delle vendite; Vendita personale; Pubbliche relazioni.

18Fattori che danno origine al mix promozionale dell’impresa. Vedi Philip Kotler, Marketing management: analisi, pianificazione e controllo, ISEDI, Torino, 1986, p. 776 (ed. orig. Marketing management: analysis, planning and control, Englewood Cliffs, New Jersey, 1984).

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E' appena il caso di dire che la combinazione che dà origine al retailing mix risulta vincente quando: a) Ogni fattore è indirizzato alla precisa finalità di raggiungere gli obiettivi d'impresa; b) Non vi è contrasto formale e sostanziale tra i diversi fattori; c) La combinazione è coerente con i fattori esogeni e i vincoli aziendali. d) Si realizza pienamente l'effetto sinergico tra i diversi fattori endogeni.

I.3 IL FUTURO DEL DETTAGLIO

Nell'evoluzione del sistema economico, la distribuzione al dettaglio ha dovuto fronteggiare problemi sempre più rilevanti19.

1. Il costo del lavoro sempre crescente. Mentre nell'industria il problema viene ovviato con un aumento di produttività per addetto grazie alle innovazioni tecnologiche, di processo e di prodotto, nel settore commerciale ciò è possibile in maniera meno rilevante.

2. La congestione urbana. Da una parte le difficoltà di parcheggio tendono a deprimere il numero di visite giornaliere, specie per i piccoli esercizi; dall'altra, il costo crescente degli affitti (e del lavoro di cui sopra) riduce il margine per il dettagliante.

3. Il

consumatore

acquista

per

modeste

quantità,

distribuendo

irregolarmente i suoi acquisti nel tempo e, per di più, in maniera imprevedibile. Il personale fronteggia periodi di ozio a periodi di iperattività (tipicamente nei fine settimana), specie dove i regolamenti sul commercio impongono regole rigide agli orari di apertura.

19Per

una trattazione più completa v. L. Guatri -S. Vicari, Il Marketing, op. cit., pp. 155-167.

30

Questo tipo di problematiche, in ultima analisi, sembrano essere connaturate strettamente alla manifestazione fisica del processo distributivo. Come si è detto, l'innovazione tecnologica, finora, ha avuto maggiore impatto nel settore produttivo in senso stretto più che in quello commerciale. Ma pare che questo sia solo un momento di transizione. Si prevedono infatti notevoli incrementi di produttività e di efficienza nella distribuzione al dettaglio grazie all'introduzione delle nuove tecnologie, in special modo la telematica. L'introduzione e il perfezionamento dei mezzi di pagamento elettronici, la possibilità di selezionare e ordinare la merce a domicilio (tramite sistemi avanzati di trasmissione delle informazioni), può rappresentare senza esagerazione una vera e propria rivoluzione. Profondi cambiamenti in quella direzione potrebbero eliminare le inefficienze insite nel processo di integrazione verticale da parte di grossisti e imprese. Mezzi avanzati di trasmissione delle informazioni potrebbero rendere priva di utilità il monitoraggio delle realtà locali che i dettaglianti effettuano per conto degli anelli a monte della catena distributiva. Ma la grande rivoluzione si sostanzierà in un dialogo finalmente interattivo tra produzione, distribuzione e consumo, dialogo caratterizzato da rapporti paritari e collaborativi. Nei capitoli successivi di questo studio verranno gettate le basi per capire quanto questa rivoluzione sia alle porte.

31

CONCLUSIONI

L’analisi parte da una breve rassegna sulle funzioni tipiche del commercio. Attraverso questa si può concludere che:

1) Diversi elementi hanno portato a una più o meno rilevante redistribuzione delle funzioni della distribuzione verso produzione e consumo;

2) Alcune importantissime funzioni del dettaglio potrebbero perdere importanza se ci fosse la possibilità di realizzare un dialogo interattivo e in tempo reale tra produzione e consumo;

3) Servizi sempre più diversificati richiesti dal consumatore hanno dato origine a una notevole diversificazione commerciale, che oramai fatica a tenere il passo della ricerca, da parte dei consumatori, di servizi sempre più sofisticati;

4) Le variabili esogene che fronteggia l’impresa commerciale nella composizione di un retailing mix sono caratterizzate da una crescente turbolenza;

5) La distribuzione, altresì, deve fronteggiare problemi sempre più rilevanti: crescita del costo del lavoro, congestione urbana, maggiore imprevedibilità nel comportamento dell’acquirente;

Molte delle difficoltà del settore distributivo paiono, in ultima analisi, derivare dalla componente fisica del processo di distribuzione (logistica). La telematica può ridurre tali svantaggi ed anzi portare in primissimo piano la funzione di intermediazione informativa del processo distributivo.

32

CAPITOLO II LE ABITUDINI DI ACQUISTO E LE NUOVE OPPORTUNITÀ TELEMATICHE II.1 INTRODUZIONE Un’analisi sul marketing telematico dei beni di consumo diretto non può prescindere dall’analisi del comportamento di acquisto del consumatore. Diversi segnali fanno pensare che si sia verificata un’evoluzione delle abitudini di acquisto, evoluzione che attraverso i canali telematici di massa può finalmente concretizzarsi nella sua interezza. La questione, naturalmente, è altamente complessa. Ma volendo semplificare, non ci si discosta molto dal vero considerando alla base del fenomeno una compenetrazione e una reciproca influenza tra quattro diverse tendenze, considerate in questo studio separatamente soltanto per esigenze di classificazione:20 A) Incremento della pressione concorrenziale; B) Evoluzione della domanda; C) Diffusione delle nuove tecnologie dell'informazione; D) Sviluppo delle moderne forme distributive.

II.2 L’INCREMENTO DELLA PRESSIONE CONCORRENZIALE L'incremento generalizzato della pressione concorrenziale si fonda su una serie di fatti concomitanti che danno origine a un fenomeno di elevata complessità. Molti settori produttivi si stanno evolvendo verso lo stadio di maturità del proprio ciclo di vita, con una domanda globale

20Coerentemente con l'impostazione di Bruno Busacca, L'Analisi del Consumatore. Sviluppi concettuali e implicazioni di marketing, EGEA, Milano, 1990, pp. 105 e ss.

33

sostanzialmente stabile e con un grado di fedeltà alla marca relativamente basso.21 Nel contempo, si sta assistendo ad un allargamento dei confini della concorrenza, causato dalla massiccia introduzione delle nuove tecnologie. Tecnologie produttive sempre più moderne hanno elevato il grado di flessibilità delle imprese, riducendo di fatto l'entità delle barriere all'entrata dovute allo sfruttamento di economie di scala. L’ingresso in nuovi mercati non è più vincolato dalla rigidità degli impianti, in grado di produrre una varietà di beni impensabile fino a pochi anni fa. Settori fino a poco tempo fa non in concorrenza diretta, vengono caratterizzati da aree di rivalità crescenti; settori merceologicamente diversissimi si trovano in stretta rivalità grazie alle innovazioni dei materiali.22 La tecnologia ha drasticamente accorciato i tempi di vita del prodotto, che diviene rapidamente obsoleto sotto il profilo tecnologico. Gli investimenti vanno perciò recuperati in tempi più brevi. Sotto tali condizioni di elevatissima turbolenza, le imprese non in grado di collocarsi sulle frontiere tecnologiche sono destinate ad uscire dal mercato. Ancora più massiccia è l'introduzione delle nuove tecnologie nel campo della trasmissione delle informazioni, conducendo a una situazione di costi decrescenti nel reperimento e nella distribuzione delle stesse. In breve, l’evoluzione tecnologica moltiplica le possibilità di confronto (e di scontro) tra imprese, modificando anche i tradizionali rapporti di forza basati sulla dimensione aziendale. Dal lato istituzionale, una legislazione sempre meno protezionista (pensiamo al processo di integrazione europea) dà forte impulso allo sviluppo internazionale delle imprese, tra l'altro forti di nuove formule distributive, come ad esempio il franchising, che riducono fortemente i costi legati alla creazione di una rete distributiva di tipo “rigido”.

21Il

tutto ovviamente a parità di tecnologia. I dirompenti cambiamenti tecnologici dei nostri tempi in realtà rivoluzionano persino la distinzione tradizionale tra settori maturi e settori in via di sviluppo. Cfr. S. Vicari, “Nuove tecnologie e nuove concezioni strategiche”, op. cit. 22S. Vicari, “Nuove tecnologie e nuove concezioni strategiche”, op. cit.

34

Di fronte a tali pressioni, l'impresa moderna può acquistare vantaggi competitivi soltanto affinando le proprie capacità di soddisfare le esigenze specifiche dei consumatori, attraverso l'individuazione di gruppi sempre più ristretti di bisogni omogenei e l'articolazione della produzione in gamme altamente differenziate.23 Si deve pertanto riconoscere che la stessa offerta, autonomamente, costituisce una delle spinte al cambiamento delle abitudini di consumo: in un panorama caratterizzato da alta differenziazione, questi ha bisogno di nuovi strumenti e competenze per riuscire a gestire una tale complessità.

II.3 L’EVOLUZIONE DELLA DOMANDA Al progredire dello sviluppo economico e culturale si assiste ad una crescente articolazione della società. Le esigenze del consumatore divengono sempre più sofisticate, nascono bisogni specifici complessi e differenziati. L’urbanizzazione, lo sviluppo delle comunicazioni, il ruolo professionale della donna, l’aumento del tempo libero e del reddito discrezionale hanno creato le opportunità per nuove esperienze di consumo ed una cultura generalmente ricettiva nei confronti dei nuovi prodotti e delle nuove modalità per il reperimento degli stessi, specie quelli ad alto contenuto tecnologico; in ciò trova conferma la teoria sociologica secondo cui più sono rapidi ed intensi i mutamenti socioprofessionali di una società, tanto più l’individuo palesa un’elevata propensione all’accettazione delle novità.24 Allo stesso tempo, l’incremento della complessità ambientale tende a ridurre il ruolo giocato da fattori sociologici di carattere generale nella formazione delle preferenze individuali. Il consumatore è sempre meno orientato a conformare le proprie scelte a quelle dei gruppi sociali di

23B.

Busacca, L'Analisi del Consumatore. Sviluppi concettuali e implicazioni di marketing, op. cit., p. 108. 24S. Podestà, Prodotto consumatore e politica di mercato, op. cit., p. 118.

35

appartenenza e tende pertanto a connotare le proprie esigenze su un piano strettamente individualistico.25 La crescente capacità dell'individuo di autorappresentarsi, autodeterminarsi, autolegittimarsi, costituisce il frutto di un'affermata sicurezza economica, di un'istruzione più elevata e di un'informazione più ricca. Si è di fronte ad un nuovo fattore di evoluzione dell'individuo e della società, dalla quale l'economia stessa finisce per dipendere.26 Il quadro delineato si conforma perfettamente alla classificazione gerarchica dei bisogni teorizzata da Maslow.27 Pare infatti che la gran parte dei consumatori odierni abbiano oramai soddisfatto quelli che Maslow chiama bisogni sociali, sentendo quindi più pressante l'esigenza di soddisfare i bisogni di stima. Il cambiamento delle abitudini del consumatore non trova spiegazioni soltanto alla luce di elementi di ordine psicologico. Gli studi di marketing, tradizionalmente, hanno sempre tenuto rigorosamente distinto il processo d'acquisto dell'impresa industriale da quello del consumatore finale. Come caratteri fortemente distintivi venivano considerati i seguenti:

1. La complessità del processo d'acquisto, e quindi la maggiore importanza che riveste la variabile informativa;

2. Una posizione nella contrattazione sostanzialmente paritaria tra compratore e venditore.

Alla luce dei nuovi contributi degli studi di marketing, si può senz'altro concludere che tali tratti distintivi vengono meno. Rivedendo 25B.

Busacca, L'Analisi del Consumatore. Sviluppi concettuali e implicazioni di marketing, op. cit., p. 109. 26Gabriele Calvi, "Differenziazione e cambiamento del consumatore", L'impresa n. 2, 1987, p.27. 27Riportata per la prima volta in Maslow, H., "A Theory of Human Motivation", The Psycological Review, vol. 50, 1943 e ampiamente adottata dagli studiosi sul comportamento di acquisto.

36

ogni discriminante di natura “strutturale”, è possibile concludere che il marketing industriale ha semplicemente manifestato in anticipo l'evoluzione in senso interattivo delle relazioni di mercato, evoluzione che ha poi interessato il marketing dei beni di consumo diretto.28 Riguardo il primo punto considerato, il processo di ricerca e di gestione delle informazioni che precede e segue l'acquisto industriale richiede, in media, un impiego di risorse significativamente superiore. Gli elementi di giudizio non riguardano soltanto le caratteristiche intrinseche dei beni da acquisire, ma anche la gamma, il livello e la qualità dei servizi che ampliano il prodotto in senso stretto. Anche per il consumatore finale, tuttavia, la fase di ricerca e di valutazione delle informazioni sta divenendo sempre più importante, persino per i convenience goods. Visto il costante aumento dei prodotti e delle marche disponibili sul mercato, il rapporto tra informazioni possedute dall'individuo e il totale delle informazioni disponibili non può che decrescere. Il potenziale acquirente, di conseguenza, nella maggioranza dei casi deve prendere le sue decisioni sulla base di conoscenze necessariamente incomplete e limitate a causa del numero relativamente basso di opzioni che egli è in grado di percepire.29 Inoltre, il costo marginale dell'informazione è aumentato a causa dell'aumento del costo del tempo personale (minore tempo libero a disposizione). Una prima reazione a tale situazione è stato senza dubbio lo sviluppo delle associazioni dei consumatori (consumerismo): laddove il costo di percezione delle caratteristiche peculiari di un prodotto è particolarmente elevato, diventa conveniente per l'individuo raggrupparsi con altri consumatori per procedere a valutazioni approfondite che sarebbero altrimenti irrealizzabili, al fine di ridurre il costo del reperimento di tali informazioni.

28Roberto

Grandinetti, Reti di Marketing, ETAS Libri, Milano, 1993, p. 57. Jacques Lambin, Marketing, McGraw-Hill Libri Italia, Milano, 1991, p. 81 (opera originale: Le marketing strategique, 2a ed., McGraw-Hill, Parigi, 1989). 29Jean

37

Per completare il quadro, le ricorrenti crisi economiche, soprattutto dopo la crisi petrolifera, hanno indotto nei consumatori un cambiamento nello stile di vita e delle attese, costringendoli ad una valutazione più attenta

dei

propri

bisogni

e

dei

prodotti

adatti

alla

loro

soddisfazione.30Anche se c’è un fattore molto interessante che non va trascurato: la domanda di servizi viene scarsamente indebolita dalle recessioni. In Italia, ad esempio, la dinamica della domanda di servizi e della domanda di contenuto di servizio nei beni ha continuato a crescere regolarmente attraversando la crisi di questi anni Novanta.31 Lo sviluppo di mezzi di comunicazione telematici a basso costo (Videotex, Internet) provoca effetti di natura analoga a quello del movimento consumerista, in quanto consente una riduzione del tempo necessario per il reperimento delle informazioni (e quindi una riduzione del costo associato) ed un aumento del rendimento marginale atteso dell'informazione. Si tratta infatti di fonti di informazione neutre piuttosto che di fonti dominate dai produttori e quindi più rivolte alla riduzione dell'incertezza che non al condizionamento.32 In conclusione, i nuovi mezzi di comunicazione telematica sono in grado di ampliare notevolmente l'orizzonte informativo del consumatore, riducendo l'asimmetria tra l'insieme totale delle alternative possibili e l'insieme evocato.33 Naturalmente la questione non investe soltanto le prime fasi del processo di acquisto. Coerentemente con quanto già noto per il processo di acquisto dell'acquirente industriale, anche per il consumatore divengono sempre più importanti i servizi di assistenza post-vendita. La 30Cfr.

con Salvatore Vicari, “Fedeltà alla marca: un concetto da rivedere?”, Sviluppo e Organizzazione n. 46, Marzo-Aprile 1978, p. 12. 31Tale affermazione, e un quadro sul consumo in Italia che dà forza alle tesi qui sostenute, è contenuta in Enrico Finzi (Presidente di Demoskopea), “Evoluzione recente dei comportamenti di consumo”, Notizie FAID (Federdistribuzione), n. 112, Febbraio 1996. 32Per una dimostrazione dell'effetto della proliferazione delle marche sull'orizzonte informativo del consumatore e su come i mezzi telematici possono risolvere il problema, si rimanda il lettore all'appendice di questo capitolo. 33Si definisce insieme evocato (evoked set) l'insieme delle possibilità che l'individuo riesce a prendere in esame al momento dell'atto d'acquisto (La definizione è di John A. Howard e Jagdish N. Steth, The Theory of Buyer Behavior, John Wiley and Sons, New York, 1969, p.26).

38

soluzione di problemi come, ad esempio, l'utilizzazione ottimale dei beni, implica la ricerca e la gestione di informazioni che rientrano a pieno titolo nella dimensione informativa del processo di acquisto, estendendone i contenuti. Quello su cui è importante soffermarsi è che questi sono soltanto i primi passi: la grande rivoluzione nella comunicazione tra produzione e consumo non sarà qualificante per i bassi costi d’accesso da parte dell’acquirente, ma per il fatto di essere fortemente interattiva. Per quanto riguarda il secondo punto, è innegabile il fatto che il consumatore, nel tempo, sia diventato più potente, tanto da ridurre notevolmente l'asimmetria che lo ha sempre contraddistinto nel rapporto con l'impresa venditrice. La crescente facilità di accesso all'informazione ha dato a chi compra più potere e ha messo chi vende in una posizione più difficile. L'informazione ha oramai reso “professionale” anche l'acquirente consumatore. Il consumatore, tradizionalmente, più che soggetto di marketing (nel senso di marketing degli acquisti), è stato oggetto di marketing (delle vendite) sviluppato dai soggetti a monte della catena distributiva. Secondo il parere di chi scrive questo è il risultato, oltre che dell’azione dei responsabili commerciali delle aziende, del crescente potere della grande distribuzione. Se l'anello finale della filiera distributiva rimane passivo, entra nella sfera di controllo della distribuzione, che offre ai consumatori mezzi di relazione con interfaccia schermata nei confronti dei produttori.34 In questo modo le grandi organizzazioni distributive vengono a disporre di un potere contrattuale sufficiente nei confronti del settore produttivo. Tuttavia, la situazione del consumo sta mutando, producendo notevoli pressioni sul lato della distribuzione.

34Roberto

Grandinetti, Reti di Marketing, op. cit., p. 102.

39

Nel campo dei beni problematici35 il consumatore è naturalmente portato a confrontarsi con diversi elementi di complessità che caratterizzano in misura crescente i prodotti: 1. La varietà dell'offerta presente nel mercato e l'accelerazione della sua variabilità nel tempo;

2. La ridondanza di prestazioni potenziali offerte da alcuni prodotti;

3. La complessità d'uso, che ripropone il problema informativo oltre l'atto d'acquisto;

4. Le opportunità di personalizzazione del prodotto rese possibili dalle tecnologie di produzione flessibile, o anche solo attraverso gli optionals, gli accessori e i servizi;

5. La natura "aperta" di alcuni beni, quando prevedono cioè successive modifiche e integrazioni, in modo tale che sia il prodotto acquistato che la dimensione informativa dell'acquisto si sviluppano nel tempo.

Questa

crescente

complessità

induce

nei

consumatori

un

comportamento più attivo: non solo si cerca di migliorare l'orizzonte informativo sull'offerta, come si è già visto, ma si è indotti a svolgere nuove attività, ricercando in sostanza una sorta di cooperazione con il settore della produzione e ponendo in secondo piano il rapporto con il settore commerciale. Tra le nuove attività possibili si citano:



Selezione e progettazione di prodotti "personalizzati" richiesti ad un'offerta capace di flessibilità;

35Vengono

considerati tali i beni di consumo durevole, ma che a volte rappresentano anche "mezzi di produzione" per il consumatore nella sua attività di lavoro.

40 •

Integrazione del prodotto acquistato con software e servizi ad hoc;



Capacità tecnica e competenza linguistica per adottare prodotti che ammettono molte varianti d'uso ed utilizzano relazioni comunicative. La situazione peraltro non muta solo in funzione dei beni

problematici, il cui peso risulta comunque crescente negli acquisti complessivi dei consumatori. Se infatti per questi beni è la loro stessa complessità intrinseca ad impedire la posizione passiva del consumatore, d'altra parte l'evoluzione qualitativa del consumatore è un processo che si genera anche in modo autonomo (rispetto all'offerta) e per questo ha portata generale. Il consumatore evoluto è più esigente e quindi più propenso al cambiamento, cerca di migliorare la propria capacità di valutare

le

differenze,

assegna

valore

alle

informazioni:

tutte

caratteristiche che gli consentono di conquistare una posizione di relativa autonomia nei confronti dell'offerta di beni e servizi, allontanandolo dalla posizione di subordinazione cui è stato tradizionalmente relegato nel passato.36

In definitiva il consumo, per spinte che provengono sia dall'offerta che dal suo interno, è sempre meno raffigurabile come una "black box" all'interno del canale distributivo. Il processo di acquisto ed utilizzo che si svolge presso il consumatore finale ha natura analoga, anche se ovviamente non identica, ai processi di progettazione, selezione e trasformazione svolti dalle diverse fasi a monte della catena distributiva.37 Sotto tali condizioni, quello che mancava al consumo è un’interfaccia semplice, rapida e poco costosa per attivare un dialogo in tempo reale sia con il settore produttivo che con quello commerciale. Chi scrive è convinto che i mezzi telematici di massa dell’ultima generazione siano davvero in grado di risolvere il problema e di configurare un nuovo 36R.

Grandinetti, Reti di Marketing, op. cit., p. 104.

37ibidem.

41

modo di stare sul mercato per tutti i soggetti appartenenti alla filiera distributiva.

II.4 LA DIFFUSIONE DELLE NUOVE TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE La questione sarà analizzata più avanti, anche attraverso qualche breve cenno sullo stato dell’arte delle infrastrutture telematiche di massa. Al momento interessa più l’effetto delle nuove tecnologie sul consumatore che non sull’utilizzo che egli può farne. Le trasformazioni sociali degli ultimi anni derivano da una evoluzione coordinata di organismi umani, sistemi tecnologici e sistemi socio-culturali;

gli

sviluppi

della

tecnologia

finiscono

quindi

inevitabilmente per influenzare le componenti sociali, culturali ed umane dell'ambiente. E ancor più foriere di cambiamenti sono le tecnologie avanzate nel campo della comunicazione, in quanto consentono un’evoluzione di tipo orizzontale di tutti i settori dell’economia. Non è ancora ben chiaro quale sarà il risultato finale sul consumatore dell'impatto delle nuove tecnologie di comunicazione. Due sono gli scenari teorizzati dagli studiosi, fortemente contrapposti: da una parte abbiamo la crescente integrazione culturale tra paesi diversi, l'omogeneizzazione degli stili di vita, che per alcuni potrebbe portare all’omogeneizzazione dei bisogni e quindi dell’offerta. Secondo questa linea interpretativa, tranne che per alcune tipologie di beni, la crescente individualità del consumatore si ricomporrebbe a livello globale, e ciò sarebbe sufficiente per arrestare il processo di flessibilizzazione del sistema produttivo. Si arriva cioè alla famosa controversia se esiste o meno un consumatore universale, inserito nel villaggio globale teorizzato

42

da molti studiosi dei media e del linguaggio come Marshall Mc Luhan38 o Noam Chomsky. L’altro scenario teorizza la crescente articolazione della domanda, l'incremento della complessità ambientale, la sempre più marcata fruizione individualistica dei bisogni, la maggiore indipendenza da gruppi di riferimento di vario tipo. Il parere di chi scrive è concorde con gli studiosi che affermano che si tratta in realtà di un falso problema. La globalizzazione dei mercati, l’esportazione di modelli di consumo propri di certe aree geografiche non implica di per sé l’omogeneizzazione dei bisogni, tutt’altro. Il concetto di omogeneizzazione dei bisogni non è altro che il retaggio dell’ormai (quasi) superato paradigma della produzione di massa. La scelta di trattare un mercato in modo omogeneo oppure differenziato dipende dall’intensità della concorrenza: più questa

risulta elevata, tanto più il vantaggio

competitivo deve fondarsi sulla migliore soddisfazione delle esigenze multiformi della domanda, fino ad arrivare quasi al livello della singola unità economica (si era già parlato di segmentazione one-to-one). Il meccanismo concorrenziale rende poco influenti le barriere geografiche e dunque globalizza i mercati, ma non i modi con cui si affrontano tali mercati (offerte). Si può quindi operare in un mercato globale anche offrendo un prodotto diverso in ogni paese: ciò dipende dall’intensità della concorrenza a livello locale, non dall’esistenza di un bisogno identico ovunque.39

38Il sociologo statunitense Marshall Mc Luhan (1911-1980) ha preconizzato con largo anticipo sui tempi lo sviluppo esplosivo dei sistemi telematici e ne ha esplorato le conseguenze sull’individuo e sulla società. Suo è appunto il termine “villaggio globale”. 39Ci si trova pertanto d’accordo con quanto detto da S. Vicari, Nuove tecnologie e concezioni strategiche, op. cit. Sullo stesso argomento cfr. Sergio Vaccà, Scienza e tecnologia nell’economia delle imprese, Franco Angeli, Milano 1989, pp. 164-174. La tesi del consumatore universale trova invece il suo più convinto sostenitore in Tony Levitt, ad es. in “The Globalization of Markets”, Harvard Business Review, n. 3, 1983.

43

II.5 LE NUOVE FORME DISTRIBUTIVE Non va infine dimenticato, tra i fattori di carattere push, che le imprese industriali si vedono costrette a competere sul terreno delle preferenze della domanda anche con le moderne forme distributive. Queste ultime, indipendentemente dalla commercializzazione di marche proprie, sviluppano politiche di marketing in grado di incidere in modo tutt'altro che trascurabile sul comportamento del consumatore, rendendo talvolta la scelta della specifica marca secondaria rispetto alla scelta del punto vendita.40 Il fenomeno, riconducibile in parte al tentativo delle imprese commerciali di attenuare la tensione concorrenziale nel proprio settore attraverso un'adeguata differenziazione dell'offerta ed in parte dell'evoluzione della domanda, è ulteriormente accentuato dalla progressiva banalizzazione41 di molti beni di largo consumo, che si traduce nella tendenza a minimizzare gli sforzi di acquisto. Combinando quanto detto finora, è possibile giungere a una prima conclusione: il pieno sfruttamento della flessibilità produttiva consentita dalle nuove tecnologie renderà possibile alta differenziazione e personalizzazione anche in prodotti di prezzo medio-basso. Anche i consumatori più “tradizionalisti”, loro malgrado, saranno comunque costretti ad abbandonare il ruolo passivo cui la produzione industriale di massa li aveva relegati. Tutto ciò, oltre a stravolgere le politiche di marketing dell’impresa, comporterà necessariamente un bisogno crescente di stabilire canali interattivi di comunicazione diretta con i potenziali acquirenti dei propri prodotti. Per questa ragione, uno dei punti critici di questa evoluzione potrà essere l’attuale struttura della distribuzione commerciale ovvero il relativo ritardo o la scarsa efficacia della stessa nell’assolvere un ruolo di trasmissione delle informazioni dal produttore 40Le

grandi imprese commerciali tentano, cioè, di contrapporre alla fedeltà alla marca (brand loyalty) una fedeltà al punto vendita (store loyalty). 41La questione della banalizzazione è ampiamente affrontata da S. Podestà, Prodotto consumatore e politica di mercato, op. cit., p. 113 e ss.

44

al consumatore e viceversa.42Ma di questo si tratterà diffusamente nel prossimo capitolo. Tuttavia, dalle considerazioni fatte sulle tendenze di acquisto è già possibile determinare una dualità nell'utilizzo delle nuove opportunità telematiche, perlomeno nel futuro più prossimo:43 per i beni di largo consumo, più precisamente per i beni a riacquisto invariato, la vendita telematica può rappresentare un sicuro vantaggio competitivo. Perché rinunciare a parte del tempo libero, subire gli effetti del congestionamento del traffico e dell'inquinamento cittadino, rischiare l’indisponibilità del bene per acquistare prodotti con modesto coinvolgimento psicologico (i convenience goods), quando può essere sufficiente un'ordinazione tramite il canale telematico e ricevere il tutto a domicilio? Per i prodotti nuovi, o quelli a riacquisto modificato, il mezzo telematico è invece un ottimo metodo per la comunicazione aziendale nell'ambito della riduzione dell'incertezza del consumatore. Probabilmente il consumatore, per l'acquisto di questi beni, ha ancora bisogno di "toccare con mano" il prodotto. D'altra parte, per certe tipologie di beni lo shopping può costituire ancora un'attività gratificante e socialmente positiva. In ogni caso, almeno il servizio di post-vendita e di assistenza all'uso può, anzi dovrà avvenire principalmente tramite i mezzi telematici, perché l’attività di marketing in tempo reale diventa l'unica possibilità per mantenere una forte immagine di marca da contrapporre alla store loyalty delle grandi realtà distributive.

42S.

Vaccà, Scienza e tecnologia nell’economia delle imprese, op. cit., p. 93. questione è già stata esaminata nell’ambito degli studi sul videotex: ”I consumatori, nel breve termine, saranno portati ad affiancare alla valutazione dei costi considerazioni congiunte sulla comodità, comprensibilità e risparmio di tempo consentiti dal sistema. Nel lungo periodo la questione [...] si sposta invece sul piano della disponibilità culturale a superare modelli comportamentali oramai consolidati”. Marina Rosolin, “La tecnologia videotex”, in Pilotti, Rosolin, Rullani, La rivoluzione tecnologica nel commercio: dalla gestione di merci alla gestione dell’informazione, CEDAM, Padova 1986, p. 159. 43La

45

Il dialogo diventa la marca, affinché i clienti possano diventare dei partners nello sviluppo del prodotto e si possa fornire loro un servizio di tipo continuativo per mantenerli e capitalizzarli.44

44Questa

è la condivisibile conclusione cui giunge Regis McKenna, "Real-Time Marketing", Harvard Business Review, Luglio-Agosto 1995, pp.87-95.

46

FIGURA 2.1

Diversità del processo di acquisto a seconda del coinvolgimento psicologico del consumatore. Aree di intervento delle innovazioni telematiche.

ELEVATO COINVOLGIMENTO MODESTO COINVOLGIMENTO PSICOLOGICO PSICOLOGICO (Shopping and speciality goods) (Convenience goods) Percezione del bisogno

Percezione del bisogno

Ricerca di informazioni

Valutazione delle alternative

Decisione di acquisto

Decisione di acquisto

Valutazione post-acquisto

Valutazione post-acquisto

II.6 NUOVE STRATEGIE PER UN NUOVO CONSUMATORE Una volta stabilito che i soggetti più a monte della catena del valore devono giocoforza abituarsi ad un nuovo approccio nei confronti dell’acquirente/consumatore, la produzione e il marketing dell'offerta si trovano ad affrontare tutta una serie di nuove situazioni, tra cui: •

I processi di apprendimento del consumatore, che non si basano soltanto sulle informazioni reperite, ma anche sull'esperienza d'uso dei prodotti. Si tratta di un'area per larga parte ancora inesplorata dal marketing, che finora ha limitato l'attenzione sul processo di acquisto;

47



L'opportunità di utilizzare i consumatori come fonte continua di informazioni utili sul prodotto (giudizi, usi alternativi, suggerimenti di modifiche, idee innovative), al pari degli utilizzatori dei beni industriali;



La possibilità di utilizzare la capacità interattiva del consumatore (che si concretizzerebbe attraverso un canale telematico raggiungibile dai diversi elementi della catena del valore) per spingere i processi di segmentazione e differenziazione al livello di prodotti rivolti a gruppi molto circoscritti di consumatori.45

Nel

quadro

sopra

delineato,

evidentemente,

il

rapporto

venditore/acquirente non si esaurisce all'atto della vendita, ma si riproduce e si intensifica nel tempo, come nei tipici rapporti di marketing industriale.46 E' chiaro che premesse di tale genere vengono a costituire un fertile terreno per la ricerca di nuove opportunità di vantaggio competitivo. Tale ricerca non interessa soltanto le imprese di produzione, ma anche e soprattutto le imprese di distribuzione, che di fronte a un consumatore più autonomo ed attivo vedono venire meno il loro potere (provvisorio) derivante dalla possibilità di "schermare" il consumo rispetto all'offerta collocata a monte. Ecco quindi manifestarsi una situazione del tutto particolare: la crescente varietà e variabilità nella sfera dei consumi esercita una pressione autonoma sull'offerta, ma le risposte che questa può fornire possono essere solo parziali senza la rimozione del vincolo tecnologico della standardizzazione dei prodotti; d'altra parte, la flessibilità conseguibile con le nuove tecnologie può essere valorizzata solo da una domanda che esprime varietà e variabilità. E se questo già basta per 45Per

il quale S. Vicari ha coniato il termine di micronizzazione ("Nuove tecnologie e nuove concezioni strategiche", op. cit., p. 16). 46R. Grandinetti, Reti di marketing, op. cit., p. 107.

48

ingigantire la turbolenza del mercato, la convergenza verso un sistema di rapporti produzione/mercato altamente flessibile può essere rallentata in modo rilevante non solo da vincoli di ordine tecnologico, che comunque stanno venendo meno, quanto da un settore distributivo ancora legato alle “vecchie” concezioni del marketing, asservite al paradigma della produzione di massa.

II.7 L’INTERESSE DEL CONSUMATORE PER LE NUOVE TECNOLOGIE TELEMATICHE

Alla luce delle considerazioni fatte, è possibile concludere che le nuove tecnologie, in special modo quelle in ambito telematico, offriranno una più vasta scelta di informazioni al consumatore e gli consentiranno un maggiore controllo sul "quando" e "dove" acquisirle. Non solo: la caratteristica più importante delle nuove tecnologie è l'interazione tra il consumatore e le banche dati sull'informazione commerciale, fino alla possibilità di effettuare scelte e di richiedere servizi estremamente personalizzati. A questo punto però va esaminato il problema del gradimento da parte del consumatore per queste nuove tecnologie.47 Tale problema può essere analizzato alla luce di due diverse determinanti, una di natura tecnologica ed una di natura psicologica. Il fatto è che vi può essere l'eventualità, tutt'altro che remota, che il consumatore sostanzialmente rifiuti la quantità di nuove informazioni che potrebbe ottenere con l'utilizzo dei mezzi telematici. E' stato osservato più volte come nuove fonti d'informazione, in un primo momento apparentemente molto interessanti, siano state poi praticamente ignorate dai consumatori. Vi sono infatti diversi indizi di 47Il problema viene ampiamente discusso da Michael L. Ray, "Un consumatore ancora più potente?" in Robert D. Buzzell (a cura di), Il Marketing dell'era elettronica, Edizioni del Sole 24 Ore, Milano, 1988, pp. 283-287 (opera originale: Marketing in an Electronic Age, Harvard Business School Press, Boston, 1985).

49

“fuga dalle informazioni”: un fenomeno per il quale i consumatori sembra non vogliano riflettere sui prodotti e servizi che stanno acquistando, e tanto meno raccogliere informazioni dettagliate su di questi. Da alcune ricerche svolte risulta che i consumatori sviluppano una specie di sesto senso mediante il quale evitano i messaggi. E quando poi in effetti ricevono il messaggio pubblicitario, lo ricevono solamente fino a un certo punto e tendono a evitare ulteriori informazioni. Pare che quello che scoraggi maggiormente il consumatore sia la gigantesca quantità di informazioni alle quali egli può accedere attraverso i nuovi mezzi telematici. L’individuo, in genere, è portato a percepire soltanto una frazione dell’enorme quantità di stimoli che giunge al proprio apparato sensoriale (attenzione selettiva), ad assimilarne il contenuto in modo filtrato dai propri valori (distorsione selettiva), e a ricordarne spesso una parte, già di per sé ridondante (ricordo selettivo).48 D'altro canto, è evidente, privando un individuo di stimoli e informazioni si produce uno stato di bisogno molto simile alla fame, alla sete o al dolore. Non sembra quindi un problema di quantità quanto di modalità di fruizione delle informazioni. Diverse ricerche hanno dimostrato che la combinazione giusta di informazioni necessarie, caratteristiche del segmento di mercato, e di servizi informativi di carattere generale, riesce a indurre la gente a utilizzare le nuove tecnologie con grande entusiasmo. Cioè, se esiste una necessità reale di informazioni per il consumatore, come nel caso di un acquisto impegnativo di un prodotto con molte caratteristiche diverse (il bene di tipo problematico), e se il servizio è in grado di fornire informazioni generali sulla categoria di prodotto e sui particolari delle varie versioni disponibili (e non si limita semplicemente a consentire l'acquisto), allora i consumatori sembrano più inclini ad utilizzare la nuova tecnologia. 48S.

Podestà, Prodotto consumatore e politica di mercato, op. cit. Cfr. anche John A. Howard, Marketing: executive and buyer behavior (2a ed.), Columbia University Press, New York, 1966. Secondo la teoria dell’informazione, per ridondanza si intende l’insieme degli elementi di un messaggio che non sono strettamente necessari per esprimerlo compiutamente. Vedi Claude E.

50

Il fatto che le informazioni trasmesse siano caratterizzate da una bassa ridondanza non è sufficiente a garantirne la fruizione corretta. L'impatto delle informazioni derivanti dalle nuove tecnologie dipende molto dalla struttura cognitiva del soggetto, coerentemente con la teoria sociopsicologica del consumatore. Quando un individuo riceve nuove informazioni dal proprio ambiente, esse vengono mediate dalle sue strutture cognitive esistenti, che gli fanno raggiungere una certa conclusione sullo stato di alcune variabili del proprio ambiente.49 Pertanto, se esiste un segmento abbastanza grande di innovatori, di pionieri, di persone alla ricerca di informazioni e di gente che ha utilizzato metodi simili in passato (ad es. chi già è abituato a spendere una certa cifra in acquisti a domicilio) la nuova tecnologia può essere senz'altro redditizia. In ogni caso, al di là dell’acquisto, attraverso i mezzi telematici è possibile attivare politiche promozionali e pubblicitarie dirette a ben definiti segmenti di mercato. Come si vedrà poco più in là, il pioniere tipico nell’utilizzo di un canale telematico è un individuo giovane, prevalentemente maschio, di alta scolarità. Oltre ad avere confidenza con le vendite non-store (telefoniche, a domicilio, ecc.), non è spaventato dalla tecnologia ed utilizza con frequenza il personal computer. E se il servizio informativo è semplice da usare, ha effetti positivi evidenti, è interattivo e fornisce un'informazione completa e non distorta (e questo può essere un grosso problema), può essere un successo in quanto adottabile da una massa critica accettabile. E' fondamentale che l'utilizzo avvenga attraverso un'interfaccia user-friendly, in modo da attrarre anche coloro che tradizionalmente sono "conservatori", cioè restii all'utilizzo delle nuove tecnologie. Il mercato del software ha decisamente imboccato questa strada, insidiando tra l'altro le rendite di posizione degli "esperti". E del resto, l'incredibile diffusione

Shannon-Warren Weaver, La teoria matematica delle comunicazioni, Etas Kompass, Milano 1971. 49John A. Howard, Marketing: executive and buyer behavior, op. cit.

51

di Internet, divenuto oramai il canale telematico di tipo “diffuso” per eccellenza, è dovuto, tra le altre cose, a un'interfaccia grafica particolarmente gradevole (immagini, suoni, brevi filmati) che consente la ricerca di informazioni semplicemente attraverso l'uso del mouse e sollevando il consumatore dalla conoscenza di elementi quali il sistema operativo del sistema e l’abilità nell’utilizzo della tastiera. Senza contare che stanno già per essere commercializzati sistemi ad un costo molto inferiore del personal computer per consentire l’accesso alla Rete in maniera ancora più intuitiva. E in un prossimo futuro l’accesso alla Rete globale, grazie alla convergenza tecnologica, potrà avvenire attraverso la televisione. Si potrebbe ancora argomentare, a confutazione di quanto detto finora, che per la maggioranza dei consumatori la telematica sia vista ancora come terra di pionieri, che i mezzi di comunicazione di massa siano ancora bussole robuste per orientare il consumatore. Ma, secondo il giudizio di chi scrive, questa non è altro che una fase di transizione. Nei confronti dei media tradizionali, il consumatore post-industriale utilizza comunque un approccio nuovo, sempre più indipendente e critico, più attivo nella scelta dei programmi da seguire. E difatti si è mostrato molto sensibile a nuove modalità di fruizione come la televisione satellitare, la pay-Tv, la pay per view.50

II.8 L’IDENTIKIT DEL CONSUMATORE TELEMATICO: QUALCHE DATO Finora si sono esaminate quelle che sono le tendenze generali del comportamento di consumo. Una tendenza irreversibile che comunque, risulta ovvio, non ha investito il fenomeno del consumo nel suo complesso. In realtà, sono ancora relativamente pochi, soprattutto in Italia, i soggetti sufficientemente avvezzi alle tecnologie telematiche per esprimere il loro bisogno potenziale di interattività con gli anelli più a 50Un’analisi molto istruttiva in tal senso (almeno per quanto riguarda la situazione italiana) è contenuta in Italia ‘96: nuovi paradigmi di produzione e di consumo, relazione Eurisko.

52

monte della catena distributiva. Ma i numeri sembrano sufficienti per il raggiungimento di quella massa critica necessaria a innescare la rivoluzione di cui si parlerà più diffusamente nel prossimo capitolo. Per il momento, tuttavia, si può cominciare ad analizzare il mercato potenziale che un’azienda può trovarsi di fronte volendo usufruire delle possibilità offerte dai canali telematici. Gli studi che seguono, riguardanti il fenomeno Internet all’estero, sono tutti ripresi da fonte secondaria, con pochi particolari sulla metodologia della ricerca.51 Si comincia da un’indagine condotta dal Georgia Institute of Technology svolta tra Ottobre e Novembre del 1994 su un campione di 4.800 utenti Internet di ogni parte del mondo. L’età media dell’utente “tipo” risulta di 29 anni, prevalentemente maschio (90%), di cui il 45% sono professional e il 55% sono studenti o accademici. Un’altra

indagine,

svolta

dal

Massachusetts

Institute

of

Technology, ha ottenuto 4.566 risposte ad un sondaggio condotto sulla Rete stessa (il 62% delle risposte proviene da utenti statunitensi). I risultati hanno evidenziato che l’86.5% degli utenti sono uomini, il 13,5% sono donne e che l’età media è di poco più di 30 anni. Uno studio condotto dalla Michigan Business School attribuisce all’utente “tipo” un’età media di 31 anni, di cui il 53% single e il 20% ha più di due figli; poco più del 20% sono professional o dirigenti. Esistono poi dei monitoraggi più o meno periodici della dinamica degli utenti Internet. Ad esempio, Il GVU americano, un dipartimento dell’Università della Georgia, raccoglie periodicamente, attraverso la Rete stessa, migliaia di questionari da utilizzatori di Internet52: 13.000 tra il 10 Aprile e il 10 Maggio 1995, 23.000 tra il 10 ottobre e il 10 novembre 1995. I risultanti evidenziano una “femminilizzazione” della presenza sulla Rete. La presenza delle donne è attualmente al 30% contro il 15% 51Si

tratta di fonti secondarie in quanto citate da Riccardo Zanchi, “Piazza Affari”, Internet News, n.3, maggio 1995, pp. 24-28.

53

dello aprile 1995 e il 10% alla fine del 1994. Ciò è avvenuto particolarmente negli Stati Uniti, a causa dell’aumento della presenza di studenti ed insegnanti di scuola media. Ma è anche il segnale della tendenza del mondo telematico a rispecchiare la ripartizione demografica “reale”.53 In Europa invece la presenza femminile è ancora limitata al 22%. Sempre secondo tale indagine l’utente Internet è di razza bianca in circa 80 casi su 100, con un’età media di 32,7 anni (ma un terzo degli utenti ha un’età compresa tra 21 e 30 anni), dotato di alti livelli di scolarizzazione e con un reddito famigliare di oltre 94.000.000 di lire annue. Gli utenti europei sembrano invece avere un reddito medio inferiore, di circa 84.000.000 annui.

II.9 L’IDENTIKIT DEL CONSUMATORE TELEMATICO: THE COMMERCENET/NIELSEN INTERNET DEMOGRAPHICS SURVEY Uno studio molto più attendibile è quello di CommerceNet e Nielsen Media Research, che hanno effettuato l’indagine sul mercato Internet cercando di identificare i seguenti punti: • Identificazione degli utenti

di servizi interattivi (servizi in linea e

Internet) sotto il loro profilo demografico. • Definizione dell’ uso di questi servizi , includendo il tempo, il luogo e le modalità di collegamento ai servizi telematici. • Esame dell’utilità effettiva dei servizi interattivi in linea.

Tale ricerca è una pietra miliare nella misurazione dell’uso di Internet. Per la prima volta Internet e i servizi commerciali in linea sono 52Tale

fonte viene citata da Patrizio Di Nicola, “Il popolo di Internet”, Net World, n.2, anno II, aprile-maggio 1996, pp. 24-26. 53Gli analisti del fenomeno hanno ravvisato attorno alla fine del 1995, dopo l’accettazione del mezzo telematico da parte di utenti “pionieri”, una seconda ondata “migratoria” nella Rete fatta di sempre più donne, meno ricchi ed istruiti.

54

stati studiati scientificamente sotto l’aspetto del loro uso, interesse, attività. Il risultato di questa ricerca è una “benchmark research” che fornisce dati proiettati per l’intera popolazione statunitense e canadese. Forse una ricerca geograficamente localizzata è in contrasto con il significato stesso di rete globale rappresentato da Internet, ma aiuta ugualmente ad apprezzare la portata del fenomeno.

II.9.1 Gli autori dell’indagine CommerceNet è un consorzio americano creato appositamente per studiare le possibilità di commercio legate ad Internet. E’ una organizzazione senza scopi di lucro appoggiata da 130 società nei campi dell’informatica, elettronica di consumo, information service e servizi finanziari. Lo scopo ultimo di questa istituzione è quello di accelerare e favorire l’uso di Internet per applicazioni business. La Nielsen Media Research è una società di ricerche e studi di mercato che ha partecipato alla creazione di questa indagine.

II.9.2 Metodologia La mancanza di informazioni sugli utenti di Internet è il maggior ostacolo che inibisce molte iniziative commerciali da parte di molte aziende nel mondo. Questa indagine si discosta dalle precedenti ricerche effettuate sia da università che da enti privati specializzati in quanto svolta con metodi tradizionali di ricerca. La quasi totalità delle altre ricerche sono state condotte interamente sulla rete, tramite la compilazione di questionari on line ed hanno il principale limite di raccogliere il contributo parziale di chi di sua volontà si collegava al sito indicato e compilava il questionario. Questa indagine è stata invece condotta con il metodo dell’intervista telefonica. L’intervista si fondava su di un questionario di 40 domande con risposta multipla. Approssimativamente sono state eseguite 280.000 chiamate. La scelta del campione è stata fatta utilizzando

55

un generatore di numeri telefonici casuali presi dagli elenchi di utenti statunitensi e canadesi, stratificati geograficamente per fornire una distribuzione geografica proporzionale dei numeri telefonici, e con un sistema di pesatura per evitare, ad esempio, che una casa con due numeri di telefono avesse una probabilità maggiore di essere estratto. Un’intervista di approfondimento è stata poi eseguita su di un sottoinsieme di 4.200 utenti che hanno risposto completamente all’intero questionario. L’età minima degli utenti interrogati era di 16 anni. I dati sono stati collezionati nel periodo compreso tra il 3 Agosto e il 3 Settembre 1995.54 La ricerca aveva come obiettivo di studiare tre tipologie di utente, e richiedeva almeno 1.000 interviste per ciascuno dei tre gruppi: • Tipo 1 - Persone che hanno accesso diretto ad Internet e che l’hanno usato negli ultimi tre mesi. Possono avere o non avere accesso a servizi telematici in linea (diversi da Internet); • Tipo 2 - Persone che hanno accesso a servizi telematici in linea ma non ad Internet; • Tipo 3 - Persone che non hanno accesso a servizi in linea e non hanno avuto accesso ad Internet negli ultimi 3 mesi.

II.9.3 I risultati dell’indagine • Il 17% degli Statunitensi e Canadesi con più di 17 anni hanno accesso ad Internet (per un totale di circa 37.000.000 di persone). • L’11% hanno usato Internet negli ultimi tre mesi; • L’8% ha visitato pagine informative di enti commerciali; • L’uso totale di Internet in USA e Canada è equivalente al numero di ore di videocassette affittate (5 ore e 28 minuti alla settimana); • I maschi rappresentano il 66% degli utenti di Internet; 54Sembra banale, ma ai fini della bontà dell’indagine va detto che negli Stati Uniti non c’è come in Italia e buona parte dell’Europa il concetto di ferie di massa nel mese di agosto.

56

• Gli utenti del WWW occupano classi sociali elevate: Il 25% supera gli $ 80.000 di reddito annuo (10% della

popolazione

americana e canadese totale ); Il 50% sono liberi professionisti o Manager (rappresentano il 27% della popolazione totale); Il 64% hanno almeno una laurea, quando la media

statunitense

e canadese è del 29%;55 • Il 14% degli utilizzatori del WWW effettuano acquisti su Internet. Lato utenti

Uso di Internet Ricerca di informazioni su prodotti / servizi Ricerca di informazioni su società e organizzazioni Ricerca di altre informazioni Acquisto di prodotti / servizi Navigazione/esplorazione

55% 60% 73% 14% 90%

Uso di altri servizi on-line Ricerca di informazioni su prodotti / servizi Ricerca di informazioni su società e organizzazioni Ricerca di altre informazioni Acquisto di prodotti / servizi Navigazione/esplorazione

50% 42% 61% 18% 74%

Lato business

Uso commerciale del WWW Collaborazione con altri Pubblicazione di informazioni Reperimento di informazioni Ricerca di informazioni Vendita di prodotti/servizi Fornitura di supporto e servizio al cliente Comunicazioni Interne Fornitura di supporto e comunicazioni verso i venditori

55Hanno

cioè conseguito almeno il college degree.

54% 33% 77% 46% 13% 23% 44% 50%

57

II.9.4 Due metodologie a confronto Il risultato del confronto tra le interviste fatte al telefono e i questionari compilati in linea su Internet conduce alle seguenti conclusioni:

I questionari in linea tendono a • sovrastimare i dati in generale; • sovrastimare l'uso di Internet; • sovrastimare le capacità d'uso degli strumenti da parte degli utenti; • sottostimare la dimensione del mercato femminile su Internet.

Ciò non significa che le indagini di tipo online non abbiano valore, ma è importante capire i limiti delle informazioni così ottenute.

II.9.5 Conclusioni sul CommerceNet/Nielsen Internet Survey La mancanza di informazioni sulla demografia degli utenti di Internet è l'ostacolo che impedisce l'enorme potenziale sviluppo delle applicazioni commerciali su Internet. Questa indagine (secondo gli autori) è la migliore ricerca condotta nella analisi del profilo dell'utente delle reti. La profonda convinzione degli autori è che le applicazioni commerciali su Internet siano senza limiti né confini. Per correttezza di informazione va sottolineato che quanto viene qui presentato è la parte dell'indagine che le società CommerceNet e Nielsen mettono a disposizione del pubblico, che si ritiene sufficienti per un uso didattico. Un approfondito report di 150 pagine comprendente risultati molto più dettagliati è comunque disponibile a pagamento presso le suddette società.

58

II.10 LA TELEMATICA IN ITALIA Per quanto riguarda le tendenze all’alfabetizzazione telematica in Italia, innanzitutto bisogna segnalare una sostanziale arretratezza rispetto alla diffusione degli altri paesi industrializzati (U.S.A. e Canada in testa). I problemi derivano principalmente dalla presenza di una scarsa cultura informatica: secondo il rapporto ISTAT “Analisi sui consumi delle famiglie” del 1995 soltanto il 10,6% delle famiglie italiane possiede un personal computer, contro un 25% circa, ad esempio, delle famiglie americane.56 Una grossa deprimente dello sviluppo telematico è costituita poi dalla situazione di monopolio delle telecomunicazioni che implica costi elevati sia per gli utenti privati che per chi fornisce il servizio di connessione. TABELLA II.1 Vendite di unità di personal computer 1989-1996 (migliaia) Totale Di cui mercato home

1989

1990

1991

1992

1993

1994

1995

1996 Parco PC installati

670 nd

705 35,3

815 81,5

1.694 940 1.010 1.250 1.500 294 309,4 335,4 419,4 nd

8.584 1.475

Fonte: Sirmi e Osservatorio Smau

La comunità telematica virtuale italiana può essere suddivisa in due grandi componenti: le reti amatoriali e no profit e i network fornitori di servizi a pagamento. Esistono anche reti istituzionali e aziendali che attualmente però non costituiscono un soggetto-utente inteso come parte integrante di una comunità. L’Eurispes e l’Italmedia, società di ricerche sulla comunicazione, hanno stimato in 40.000 il numero dei componenti della comunità virtuale amatoriale italiana.57 La quota comprende gli utenti della telematica costituita dai sistemi BBS (Bulletin Board System, cioè banche dati e sistemi comunicativi accessibili via cavo) non commerciali e dalle reti no profit accessibili via modem (come Fidonet, la rete amatoriale più 56In

Francia la stima è del 15%, in Gran Bretagna del 17%, in Finlandia del 20%, in Germania del 20.5%, ad Hong Kong del 22,5% (ns. elaborazione su dati da diverse fonti).

59

importante in Italia). Elementi comuni di questa rete telematica sono l’accesso gratuito e la libertà di comunicazione. La comunicazione no profit rappresenta pertanto lo “zoccolo duro” dei network telematici italiani. La stima non include però gli utenti che si collegano a pagamento, compresa Internet; gli utenti delle reti istituzionali (come la rete Garr, Gruppo per l’armonizzazione delle reti di ricerca, o i consorzi universitari come quello di Bologna); gli utenti che si collegano a pagamento via modem per avere alcuni servizi informativi da strutture come PGE (Pagine Gialle Elettroniche) o il Cerved; gli abbonati ai BBS che forniscono a pagamento servizi aggiuntivi (circa 10.000); gli utenti Videotel (180.000).

Per quando riguarda la rete Internet, lo studio più attendibile sembra essere quello effettuato da Demoskopea, che nel 1996 ha deciso di allargare la tradizionale indagine sul mercato consumer dell’informatica intraprendendo uno studio sulla popolazione Internet in Italia.58 La definizione adottata da Demoskopea di utente Internet è la seguente: “chiunque acceda a Internet e quindi non solo chi utilizza il nuovo medium regolarmente, ma anche chi ne fa un impiego saltuario o occasionale” La rilevazione è avvenuta dunque sulla persona e non sull’abbonamento stipulato (si pensi a quei soggetti che non pagano un’abbonamento a un fornitore d’accesso ma si collegano attraverso la propria università). Dalla ricerca risulta che sono circa 580.000 gli utenti di Internet, ovvero l’1,2% della popolazione adulta italiana. Il profilo dell’utente Internet risulta ancora più maschile dell’utente consumer, essendo gli uomini l’88% (contro il 76%), mentre l’età si 57I

risultati sono contenuti nello studio Eurispes “Rapporto Italia 1995”. risultati sono stati tratti da Carlo Erminero, “Il modello di acquisto del Consumatore”, in Il business consumer: istruzioni per l’uso, Numero speciale a cura di Comufficio, Ottobre 1996, pp. 27-29. Le rappresentazioni grafiche dei risultati di parte dello studio si trovano nell’appendice II di questo capitolo.

58I

60

innalza leggermente: il 65% ha tra i 14 e i 34 anni (il 32% fino a 24 anni, il 33% ha tra i 25 e i 34 anni). L’utente Internet italiano è inoltre caratterizzato da un elevato livello di istruzione: il 52% ha terminato l’Università o la sta frequentando, il 40% ha un diploma di scuola media superiore; inoltre ha una elevata capacità di spesa (il 41% dichiara un reddito famigliare mensile superiore a 3 milioni). Nonostante la penetrazione di Internet nella popolazione italiana sia ancora limitata rispetto ad altri paesi (1,2% contro il 17% della popolazione

americana

adulta,

secondo

lo

studio

Nielsen/CommerceNET), si può affermare che, con una consistenza vicina alle 600.000 unità, la popolazione degli utenti Internet italiani cominci a rappresentare un target di grande interesse per azioni promozionali da parte delle aziende fino a giungere al non-store retailing elettronico. E difatti anche in Italia cominciano a nascere i primi mall telematici, che possono vantare già un discreto successo. Le strategie utilizzabili e gli esempi relativi verranno trattati più avanti.

61

CONCLUSIONI 1) Si assiste ad un mutamento nelle abitudini di acquisto. La causa è da ricercare nell’interazione tra concorrenza industriale e commerciale, evoluzione autonoma della domanda, tecnologia;

2) Il

consumatore

moderno

mostra

ormai

caratteristiche

simili

all’acquirente industriale: è più attento alla ricerca di informazioni; necessita di beni che si adattino esattamente ai propri bisogni; è caratterizzato da un potere di contrattazione crescente nei confronti del produttore;

3) La tecnologia è oramai in grado di rendere altamente flessibile il processo produttivo e di consentire un dialogo interattivo tra produzione e consumo;

4) La combinazione tra flessibilità produttiva, maturità del consumo e tecnologia consente di spingere i processi di segmentazione e differenziazione dei prodotti fino a tendere al singolo consumatore;

5) Solo un’informazione corretta, non distorta e facile da reperire per i consumatori funge da incentivo per l’adozione diffusa dei nuovi mezzi di trasmissione delle informazioni;

6) Le ricerche sul campo evidenziano la telematica è accolta con sempre maggiore favore, anche se l’utente tipo è ancora circoscritto a particolari segmenti della popolazione totale. Questi rappresentano però i gruppi di riferimento più appetibili per il business.

62

APPENDICE I: EFFETTI DEL PROGRESSO ECONOMICO E DEI MEZZI TELEMATICI SUL LIVELLO DI INFORMAZIONE DEL CONSUMATORE59

Si definisca con R il rendimento marginale atteso dell'acquisizione di un'informazione supplementare. R è una funzione decrescente del livello di informazione corretta. Più il livello di informazione corretta è elevato, più basso sarà il costo nell'acquisire un'informazione non corretta.

Si definisca invece con C il costo marginale generato dall'acquisizione

di

un'informazione

supplementare.

Tale

costo,

considerato costante, coincide col tempo impiegato nella ricerca dell'informazione.

Abbiamo quindi la seguente situazione:

Rendimento

R

marginale

C

Costo

I

Livello di informazione

Il punto I identifica la ricerca ottimale di informazioni. La crescita economica ha provocato tutta una serie di condizioni particolari: • Aumento del costo del tempo personale 59Il contenuto dell'appendice è ripreso da H. Lepage, Vive le Commerce, Parigi, Dunod, 1982 (citato da J.J. Lambin, op. cit., p. 85), ove si mostra graficamente l'utilità delle associazioni di consumatori. Come spiegato nel cap. II, e come si può verificare nelle righe che seguono, l’effetto delle nuove tecnologie telematiche sull’orizzonte informativo del consumatore è pressoché identico.

63

• Riduzione dell'osservabilità delle caratteristiche della gran parte dei prodotti • Proliferazione di prodotti debolmente differenziati

Si avranno quindi due effetti contemporanei: una lievitazione della retta che rappresenta il costo dell'informazione (da C a C') e una diminuzione del rendimento marginale atteso dell'informazione (da R a R').

Rendimento marginale

R’ C’

Costo

C

R

I’

I

Livello di informazione

Il risultato è che il consumatore si accontenta di un livello di informazione meno elevato (I') ed inoltre a utilizzare in misura inferiore le fonti di informazione gratuita messe a disposizione dai produttori.

L’individuo, attraverso il mezzo telematico può quindi, a costi inferiori, riportarsi ad una situazione di alto livello di informazione.

64

APPENDICE II: DATI RIASSUNTIVI SULL’INDAGINE DEGLI UTENTI INTERNET

M

F

DEMOSKOPEA

SESSO 12%

88%

ETA'

5 5 e p iù 4 5 -5 4 3 5 -4 4

100%

2 5 -3 4

80%

1 4 -2 4

60% 40% 20% 0%

37%

Im p ie g ./In s e g n . 31%

S tu d e n te Im p re n d ./L ib . P ro fe s s ./D irig .

21% 5%

N o n a ttivo C o m m e rc ./A r tig . O p e r a io

0%

4% 2%

10%

20%

30%

40%

65

S C O L A R IT A ' S u p e r io r i 40%

O b b lig o 8%

U n iv . 52%

0 -3

R E D D IT O F A M IL IA R E M E N S IL E N E T T O (M IL IO N I D I L IR E )

O ltr e 3 N o n in d ic a

32%

27% 41%

A R E A G E O G R A F IC A N o rd O ve s t N o rd E s t

22%

C e n tro S u d /Is o le

26%

28%

24%

66

CAPITOLO III I NUOVI RAPPORTI TRA INDUSTRIA E DISTRIBUZIONE ALLA LUCE DELLE TECNOLOGIE TELEMATICHE III.1 INTRODUZIONE Scopo di questo capitolo è illustrare brevemente gli straordinari cambiamenti che le nuove tecnologie di trasmissione dell’informazione hanno prodotto nel campo della produzione e della distribuzione. Finora le innovazioni tecnologiche hanno prodotto più che altro una razionalizzazione e una maggiore efficienza nei rapporti tra industria e commercio. Innovazioni quali il POS-Scanner e l’EFT (Electronic Funds Transfer) rappresentano infatti per l’impresa commerciale, perlomeno in una fase iniziale, dei vantaggi riassumibili essenzialmente nel risparmio dei costi di gestione, mentre i vantaggi per l’acquirente appaiono quasi un fenomeno secondario, relegati al risparmio della risorsa tempo. Ma con lo sviluppo definitivo delle reti telematiche a basso costo e a diffusione planetaria, cui il videotex ha rappresentato il progenitore e cui Internet sembra essere il degnissimo erede, si assisterà in un futuro abbastanza prossimo ad una rivoluzione che investirà tanto il settore economico quanto l’apparato sociale. Tutto ciò in virtù della possibilità di creare finalmente un dialogo interattivo in tempo reale tra produzione e consumo. Le innovazioni nel campo informatico degli ultimi anni, in special modo quelle riguardanti la telematica, hanno infatti un valore assolutamente strategico e condizionante, in quanto vengono a mutare la qualità stessa delle relazioni tra produzione industriale e consumatore finale e conseguentemente, la stessa funzione di intermediazione commerciale.60 Le premesse sono tali da sconvolgere lo svolgimento delle funzioni proprie del settore commerciale. In particolare, la funzione principale dell’intermediario commerciale dovrà divenire quella di

67

distribuire la merce immateriale dell’informazione piuttosto che la mera distribuzione fisica, in un contesto caratterizzato da una diversa divisione del lavoro tra operatore industriale e commerciale.

III.2 IL PASSATO La rivoluzione commerciale verso la quale ci si avvia (cui i mezzi telematici di massa costuiscono il tramite) è il risultato di un lungo processo che è cominciato con la crisi del paradigma della produzione di massa. Come è noto, le trasformazioni provocate dalla rivoluzione industriale condussero ben presto alla creazione di grandi stabilimenti industriali, fondati sulla divisione del lavoro e sulla produzione di grandi quantità di prodotti altamente standardizzati. Prese così forma il paradigma tecnologico della produzione di massa, che collega stabilmente l’incremento (tecnologico) della produttività con l’espansione dei volumi e con i processi di standardizzazione e di specializzazione delle imprese.61 In questo contesto, l’impresa commerciale nasce e si sviluppa per mitigare il progressivo allontanamento tra le esigenze del produttore e quelle del consumatore, creatosi per due ordini di motivi:

I. L’elevata standardizzazione e lo sfruttamento delle economie di scala hanno fatto sì che consumatore e produttore non appartenessero più allo stesso contesto geografico. Tale logica ha imposto alle imprese di espandere i loro mercati di riferimento al di là dell’orizzonte locale fino ad adottare in misura crescente, come orizzonte tendenziale da 60L.

Pilotti, M. Rosolin, E. Rullani, La rivoluzione tecnologica nel commercio: dalla gestione di merci alla gestione dell’informazione, op. cit. p. XI. 61La definizione è ripresa da Enzo Rullani, “Il rapporto tra impresa industriale e mercato. Effetti delle nuove tecnologie dell’informazione”, in L. Pilotti, M. Rosolin, E. Rullani, La rivoluzione

68

raggiungere, quello dell’economia mondiale. Parallelamente i consumatori, seguendo le convenienze economiche e le suggestioni pubblicitarie e culturali della società di massa, hanno perduto il contatto con l’industria locale e si sono rivolti sempre più a imprese territorialmente distanti dalle loro residenze.

II. Alla ricerca di sempre più rilevanti economie di scala, l’impresa industriale ha guidato la propria modernizzazione tecnologica considerando come un dato l’uniformità nel comportamento di acquisto del consumatore. Standardizzazione e specializzazione, tuttavia, mal si accordano con il comportamento di un consumatore sempre più maturo, caratterizzato da un’elevata varietà e variabilità dei prodotti domandati. Le innovazioni di prodotto e di processo hanno continuato a non curarsi della crescente individualità del consumatore, scaricando semplicemente il problema sulla funzione commerciale.

Sotto tali condizioni, il tradizionale cuscinetto tra i due soggetti economici è stata dunque la rete distributiva, la cui funzione primaria è stata quella di mediare le esigenze dei due operatori economici in modo da farli incontrare sul mercato. L’attività di intermediazione delle imprese commerciali, seppur scindibile in maniera più articolata nell’insieme di funzioni esaminate nel primo capitolo di questo studio, si estrinseca essenzialmente su due piani:

1. Piano logistico Riguarda l’assortimento della produzione industriale di diverse imprese e di diversi luoghi per farla arrivare all’acquirente nella forma merceologica e geografica a lui più conveniente, evidentemente evitando all’acquirente il costo del trasporto. tecnologica nel commercio: dalla gestione di merci alla gestione dell’informazione, op. cit., p.

69

2. Piano informativo È un aspetto che, come più volte è stato ribadito, è divenuto sempre più rilevante. Esso si manifesta nella

distribuzione di un flusso

informativo inerente i beni che sono offerti (o potenzialmente ottenibili) dalle imprese industriali, con le specificazioni necessarie affinché l’acquirente possa prendere una decisione di acquisto. Tradizionalmente, l’impresa commerciale “classica” si è dovuta curare soprattutto del primo aspetto, visto che la componente informativa riguardante un prodotto standardizzato è tutto sommato trascurabile. Vi era quindi un’estrema sintonia tra le linee guida delle strategie produttive e distributive: un anello della catena che produce grandi quantità di prodotti standardizzati per abbattere i costi fissi unitari, l’altro che acquista e distribuisce grandi quantità di merce in maniera capillare per spuntare prezzi di acquisto inferiori. In breve, le lotte ciclopiche tra industria e commercio sul lato del potere contrattuale nascevano dall’applicazione della stessa filosofia di marketing. Ma per tutta una serie di motivi, col tempo le cose per le imprese industriali sono decisamente cambiate. I primi segni di crisi della produzione massificata si manifestarono con la crisi del petrolio negli anni Settanta, impedendo la formazione di valide economie di scala a causa della lievitazione dei costi diretti (energia e lavoro). Gli eccessi di offerta che ne derivarono resero la grande impresa un colosso dai piedi d’argilla. Nel contempo, la latente autonomia della domanda cominciava a trovare mezzi per esprimersi compiutamente. “Mimando” un comportamento tipico delle imprese industriali, anche i consumatori passarono da una logica quantitativa a una qualitativa nelle scelte di consumo. Il livello culturale medio cominciò ad aumentare, la contestazione e le associazioni dei consumatori si scagliarono contro i modelli culturali massificati. Ancora, cominciava ad affermarsi un mercato, che è poi quello dei paesi 1. Il corsivo è nel testo originale.

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petroliferi, a volte molto diverso per gusti e abitudini dei tradizionali paesi ad alto reddito, costringendo quindi le industrie a ripensare, almeno in parte, sulle loro politiche di produzione.

Il primo passo per le aziende produttrici, dunque, è stato quello di imboccare la strada della produzione di qualità, con un rilievo decisivo della differenziazione del prodotto. Le imprese hanno cominciato, quindi, ad utilizzare la tecnologia non più per espandere la produttività per unità di capitale (e lavoro) ma per rendere più flessibili i processi produttivi e più variegata l’offerta nei confronti dell’acquirente. In periodi di stagnazione della domanda, la chiave vincente per prevalere sui concorrenti è sicuramente la strada della differenziazione. Una strada che è stata seguita con non poche difficoltà: grandi impianti possono produrre linee diverse di prodotti entro certi limiti, perlomeno nel breve periodo. In ogni caso, cominciò ad affermarsi il cammino verso una realtà completamente diversa di stare sul mercato: la produzione di massa rimane padrona in fabbrica, ma “scompare” non appena entra a far parte dei rapporti sociali esterni, che sono comunque dominati dalla differenziazione e dal frequente cambiamento dei prodotti.62 Tale comportamento viene definito da molti come fordismo maturo. Le produzioni di grandi scala mostrano tutti i loro limiti per cui sia le dimensioni medie delle imprese che quelli dei lotti dei prodotti diminuiscono; la durata dei cicli di vita dei prodotti si riduce in maniera altrettanto veloce.

62Luciano

Pilotti ed Enzo Rullani, “Forme di comunicazione e innovazione nei mercati complessi”, in AA.VV., Comunicazione e pubblicità: analisi economiche e dinamiche competitive, EGEA, Milano 1993.

71

III.3 L’INFORMAZIONE COME PRODOTTO ACCESSORIO Una nuova merce comincia allora ad uscire dagli stabilimenti di produzione: l’informazione. Quanto più i prodotti sono nuovi, complessi, di costo unitario elevato, adatti ad élite particolarmente ristrette di consumatori, maggiori sono le informazioni necessarie per determinare la scelta d’acquisto e quindi la vendita del prodotto. L’acquirente moderno difficilmente compra se non si trova in possesso di informazioni sufficienti per compiere un calcolo di convenienza, ovviamente soggettivo, tra i diversi prodotti alternativi per lo stesso uso, o più in generale, tra diverse forme di spesa del proprio reddito. È di tutta evidenza che l’impresa produttrice, dovendo gestire una tale complessità ambientale, ha tutto l’interesse ad instaurare dei rapporti il più possibile diretti con il consumatore finale. Anzi, in condizioni di elevata flessibilità produttiva, soltanto livelli di comunicazione fortemente interattivi sono in grado di assicurare la percezione da parte dell’acquirente del reale valore del prodotto e quindi la permanenza dell’impresa produttrice nella regione di sopravvivenza. L’impressione è che l’acquirente/consumatore, per larga parte, sia già in grado di sfruttare al meglio un rapporto del genere, non fosse altro che per problemi di ordine tecnologico e di standardizzazione63 del canale da utilizzare, sui quali si tornerà e sui quali comunque si sta ponendo soluzione. Esiste invece un fattore di resistenza maggiore: la difesa strenua delle rendite di posizione acquisite dalle imprese commerciali (specie le più grandi), per nulla intenzionate a perdere potere di contrattazione nei confronti della produzione. Come si è visto nel capitolo I, uno degli scopi dell’impresa distributrice è quello di realizzare un assortimento di prodotti gradito al cliente, costituito combinando diversi prodotti da diverse linee di imprese differenti. Il distributore ha

63Sarebbe meglio parlare di compatibilità tra canali di comunicazione diversi, o ancora meglio di comunicazione personale universale, attivabile da qualunque luogo, attraverso una pletora di mezzi diversi e per trasmettere informazioni di molteplice natura.

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quindi interesse a far percepire all’acquirente il valore dell’intero assortimento, non del singolo articolo. Rimane perciò in secondo piano la componente informativa riguardo un particolare ciclo produttivo o sul complesso della singola impresa produttrice. Per questa ragione, è proprio la contrapposizione di interessi tra industria e commercio che impedisce la formazione di un valido flusso di informazioni in senso opposto, dal consumatore finale al produttore. Sarebbe infatti molto importante per il produttore conoscere le esigenze specifiche della clientela, esigenze che il meccanismo di mercato lascia inespressi. La considerazione sistematica e continua di tali esigenze potrebbero configurare un diverso modo di stare sul mercato dell’impresa produttrice, attivando cioè fenomeni rilevanti di disintermediazione. Ma questo richiederebbe una trasparenza di procedure di vendita che indebolirebbe il potere contrattuale dell’operatore commerciale rispetto ai propri fornitori. A fronte di questo trade-off, le imprese produttrici, pur delegando al commercio una funzione di intermediazione logistica e la vendita finale dei prodotti, hanno col tempo affiancato/integrato tale funzione con attività di contatto diretto con la clientela, seguendo essenzialmente due direttrici:

a) Sviluppo in proprio di attività promozionali e di circuiti di assistenza diretta “svincolati” dalla collocazione del punto vendita (Si pensi, ad esempio, alla proliferazione dei famosi “numeri verdi” di supporto al consumatore).

b) Effettuazione di studi e ricerche di mercato sui potenziali di vendita non serviti dalla distribuzione e sui bisogni latenti che restano insoddisfatti dall’offerta industriale e dai circuiti commerciali. È evidente che il ricorso a tecniche di questo tipo riconosce di per sé l’impossibilità di utilizzo di tecniche interattive di contatto con l’universo dei clienti effettivi e potenziali, dovendosi quindi limitare

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alla determinazione di campioni di varia natura. Il problema non è tanto la precisione del singolo studio quanto l’impossibilità di saggiare con sufficiente continuità e tempestività l’andamento dei gusti del consumatore, caratterizzato in questi ultimi anni da una sempre maggiore turbolenza e infedeltà.

Accanto a queste “violazioni” della classica divisione del lavoro tra industria e distribuzione, una sorta di contatto diretto avviene, per certa parte, attraverso un design ed un confezionamento studiato per trasmettere il maggior numero di informazioni possibili sul prodotto. È evidente che ciò non basta a soddisfare il bisogno di trasmissione di informazioni specifiche, le quali peraltro richiederebbero canali di comunicazione interattivi e non unilaterali. Le informazioni contenute nel packaging, tra l’altro, sono valide fintantoché si standardizza e si semplifica al massimo il messaggio da inviare al “consumatore medio”. Anche questo canale risulta pertanto assolutamente inadeguato. È altamente rischioso per l’impresa moderna investire risorse nella differenziazione se il consumatore non è in grado di percepirne i caratteri. Solo l’informazione effettivamente trasmessa e compresa consente la percezione del reale valore d’uso del prodotto e quindi un maggior prezzo ottenibile dal cliente. Senza l’informazione, il prodotto industriale tende inevitabilmente verso la competizione sul prezzo e quindi verso l’appiattimento sullo standard di massa a discapito della qualità e della differenziazione. Circuiti di comunicazione interattiva che alimentano una domanda di differenziazione o di adattamento frequente dei prodotti sarebbero infatti disfunzionali e anzi pericolosi per la stabilità della produzione di massa.64 Riassumendo il tutto, a causa delle ragioni viste finora, l’impresa industriale si è dovuta, infine, arrendere a un procedimento piuttosto oneroso che però ha portato ad un incremento di flessibilità. Le imprese 64Enzo Rullani, “Il rapporto tra impresa industriale e mercato. Effetti delle nuove tecnologie dell’informazione”, op. cit., pp. 10-11.

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distributrici, in special modo la grande distribuzione, sono rimaste alla finestra, credendo che un’evoluzione in senso “spaziale” del servizio (elevata capillarità della rete distributiva) fosse sufficiente per garantire una posizione di forza nei confronti delle imprese industriali. L’andamento del mercato, invece, dimostra chiaramente che non è più sufficiente garantire una buona logistica distributiva nel senso più strettamente fisico, se non nei casi in cui si ha a che fare con prodotti ben noti (es. beni di uso ricorrente oramai maturi), di valore unitario ridotto e dotati di un mercato abbastanza competitivo da non rendere convenienti ricerche su prodotti o canali alternativi. In tutti gli altri casi, che sono poi la maggioranza vista la proliferazione di prodotti nuovi e ad alto contenuto tecnologico, è l’informazione l’input necessario per la decisione di acquisto. Nel panorama sopra delineato, nel marketing industriale la funzione leader diventa la progettazione, che deve tenere conto sia del valore d’uso del prodotto finito in rapporto a consumatori differenziati (attuali o potenziali), sia dei margini di flessibilità di cui l’impresa dispone sul piano delle risorse materiali ed organizzative in modo da poter soddisfare la domanda di varietà e variabilità richiesta (o richiedibile) dal mercato senza porsi ai limiti della regione di sopravvivenza. Tuttavia, sotto tali condizioni, il livello di informazione che la progettazione deve avere in merito al consumatore finale, così come in merito ai possibili fornitori di tecnologie, componenti, materiali, macchine, ecc. diventa notevolmente più grande di quello che le decisioni di marketing strategico potevano richiedere in passato. Il modo più sensato di rispondere alle nuove esigenze dovrebbe essere quello di fare della progettazione il nodo centrale di una rete informativa capace di interagire (simulare possibili soluzioni) direttamente con le soggettività esterne: clienti finali, distributori, fornitori.65

65op.

cit., pp. 23-24.

75

Quando i produttori non avevano margini di flessibilità nei loro cicli, il rapporto diretto con il consumo poteva essere labile, poco organico e soprattutto unilaterale (pubblicità dei mass-media). Una volta raggiunta una condizione di elevata flessibilità produttiva, l’unica strada per valorizzarla al massimo è l’attivazione di una comunicazione a due vie con i consumatori finali, attuali e potenziali. Infrastrutture di comunicazione di questo tipo sono molto costose da realizzare, e in ogni caso non sarebbero abbastanza estese da raggiungere non tanto i clienti acquisiti quanto quelli potenziali a costi ragionevoli. Almeno finché non si è verificata la diffusione di reti telematiche ad ampia diffusione e bassi costi di accesso quali, ad esempio, Internet, nata in origine per esigenze strettamente militari, sviluppatasi successivamente per applicazioni scientifiche, e che infine ha coinvolto una grande quantità di soggetti di tipo industriale e commerciale. Di fronte a tali pressioni di disintermediazione, è in grado la distribuzione di rispondere a questa esigenza di intermediazione non più merceologico-geografica,

ma

anche

(e

soprattutto)

informativa?

Attualmente si ritiene che soltanto le piccole/medie realtà distributive si stiano muovendo in tal senso, mentre la grande distribuzione sembra ancora troppo vincolata al concetto fisico dello spazio di vendita. Vediamo il perché.

III.4 L’EVOLUZIONE DELLA DISTRIBUZIONE: DUE SCENARI DIVERSI

Analogamente a quanto avvenuto nel settore della produzione industriale, l’evoluzione della distribuzione nei paesi maggiormente industrializzati è stata caratterizzata da una crescente concentrazione. I motivi principali di questo fenomeno vanno ricercati nel manifestarsi di due tendenze:

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• Progressiva crescita dell’entità dei costi diretti, primi fra tutti il lavoro e l’energia, conseguentemente alle crisi degli anni Settanta e alla crescita del potere sindacale; • Diffusione capillare delle tecnologie informatiche e della automazione nell’ambito “organizzativo” dell’impresa.

I vantaggi derivanti dalla concentrazione commerciale possono essere riassunti nella ricerca di economie di costo, nella costituzione e mantenimento di barriere all’entrata e soprattutto dall’aumento del potere negoziale della distribuzione nei confronti della produzione industriale. Ciò finisce per stimolare la concorrenza tra le imprese industriali e conduce verso il basso il prezzo al consumo dei prodotti, redistribuendo in sostanza i margini a favore del settore commerciale. Il

fenomeno

della

concentrazione

ha

ridotto

fortemente

l’importanza di uno dei servizi fondamentali delle imprese commerciali, quello di prossimità, comportando un accrescimento di costi per l’acquirente. Si sono pertanto affermate, in linea con la maggiore concentrazione, quelle innovazioni di prodotto e servizio capaci di trasferire a monte (sul produttore) e a valle (sul consumatore) un maggior numero di funzioni (quelle esaminate nel Capitolo I), così da compensare l’accrescimento dei costi diretti e la più contenuta dinamica dei consumi. Dal lato dell’acquirente, tutto ciò è stato reso possibile dall’accrescimento del reddito e dalla conseguente diffusione dell’automobile, fattori che hanno permesso di assorbire con mezzi propri parte della riduzione di servizio operata dalla distribuzione maggiormente concentrata.66 Se quindi da un lato l’acquirente è disposto a cedere terreno nell’ambito dei servizi “di base”, dall’altro egli sta comunque modificando e differenziando la propria domanda di servizi “avanzati”, 66Luciano

Pilotti, “Dalla concentrazione alla varietà delle forme organizzative: effetti delle tecnologie dell’informazione sulla modernizzazione commerciale”, in L. Pilotti, M. Rosolin, E.

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ricercando, secondo un comportamento tipico dell’acquirente industriale, di migliorare l’efficacia e l’efficienza delle proprie modalità di acquisto. Pertanto, nel settore dei beni di largo consumo, il processo di acquisto è stato caratterizzato dal fenomeno della banalizzazione, fattore che ha facilitato il processo di concentrazione dell’offerta commerciale, mentre nel settore dei beni problematici il consumatore sempre più “smaliziato” ha

condotto

verso

verticalizzazione,

la

per

specializzazione

quanto

possibile,

merceologica dei

rapporti

e

alla

industria-

distribuzione. Complice questa ambivalenza nel comportamento da parte dell’acquirente, la diffusione delle nuove tecnologie informatiche ha quindi seguito sentieri diversi a seconda del settore merceologico. Si è così verificato quel fenomeno per cui nel settore dei beni banali la tipologia principale di espansione ha riguardato una crescita dimensionale orizzontale,

con

l’introduzione

di

innovazioni

tecnologiche

prevalentemente di processo, mentre nel settore non-alimentare la crescita sembra essere di tipo policentrico, caratterizzata da fenomeni di collaborazione e affiliazione tra imprese diverse alla cui base sta la costituzione

di

una

rete

informativa

di

tipo

interattivo

(non

necessariamente informatica). In tale ambito, l’innovazione tecnologica ha lo scopo di aggiungere valore al prodotto piuttosto che il raggiungimento di una situazione di leadership dei costi. Risulta evidente la massiccia presenza di realtà ascrivibili al primo tipo di crescita. Nell’economia di fine millennio, caratterizzata da una sempre maggiore flessibilità produttiva, paradossalmente il commercio è sempre più all’insegna della grande distribuzione. Prendendo come riferimento la realtà commerciale nazionale, seppur tradizionalmente meno concentrata rispetto agli altri paesi industrializzati, i dati sono molto chiari: mentre ci si interroga su una presunta crisi dei consumi, si assiste sempre più a uno spostamento di questi a favore di ipermercati e di Rullani, La rivoluzione tecnologica nel commercio: dalla gestione di merci alla gestione dell’informazione, op. cit., pp. 42-43.

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supermercati. Giusto per fare un esempio, secondo l’ISTAT, nel mese di Maggio del 1996 il settore degli ipermercati e supermercati ha messo a segno una crescita del 5,5% delle vendite rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, a fronte di un calo del 2,6% della media distribuzione (meno di 20 addetti). Anche i dati aggregati, come possiamo vedere nella figura in basso, confermano questa tendenza.

CLASSI DIMENSIONALI DELLE IMPRESE/TIPOLOGIA DI ESERCIZIO



MEDIA DISTRIBUZIONE (10/19 addetti)

+ 0.4



GRANDE DISTRIBUZIONE (più di 20 addetti)

+ 7.8

Grandi magazzini

+ 0.0

Ipermercati

+ 15.8

Supermercati

+ 9.9

Altri esercizi a vendita specializzata

+ 2.3

TOTALE

+ 6.8

gennaio-maggio 1996 su gennaio-maggio 1995. Fonte ISTAT

Come si concilia tutto questo con quanto asserito finora? La convinzione di chi scrive è che, nonostante tutto, questa sia soltanto una fase di transizione. Un po' come avviene per tutti i fenomeni ciclici, il momento del massimo successo coincide, spesso, con quello da cui inizia il declino. Il settore industriale, pur passando tra ristrutturazioni non facili, si è per larga parte adeguato a una politica produttiva basata sulla flessibilità e sull’aumento del valore del prodotto mediante l’incorporazione di informazioni. I consumatori, di certo più maturi, più avvezzi alla tecnologia grazie a un livello culturale superiore e all’abbattimento dei costi di acquisto e utilizzo di apparecchiature di tipo hi-tech, sono oramai in grado di stabilire una comunicazione bidirezionale coi propri fornitori di prodotti e servizi. Una politica commerciale ancora basata sul paradigma della produzione di massa è destinata a fallire ove una rete

79

interattiva capillare e a basso costo d’utilizzo renda conveniente anche per i beni banali l’interazione con la produzione e l’acquisto svincolato dai tradizionali canali commerciali. A questo punto è d’obbligo chiarificare un punto per evitare possibili confusioni. La grande distribuzione non è arretrata dal punto di vista tecnologico, anzi tutt’altro: l’impressionante crescita del settore degli ultimi anni è dovuta in gran parte all’introduzione di sistemi POS-Scanner ed E.F.T. (Electronic Funds Transfer), che hanno semplificato non poco la gestione delle scorte e gli studi sulle preferenze dei consumatori. Ma siamo ancora nel campo delle innovazioni di processo. Servizi telematici flessibili e potenti, in grado di soddisfare il bisogno di interattività del consumatore, sono in grado di disegnare un nuovo ruolo per le imprese commerciali, sicuramente più redditizio, ma che deve essere compreso al più presto, specie dalle aziende più grandi, pena la forte riduzione delle quote di mercato o la relegazione nel settore della distribuzione puramente fisica con margini sempre più risicati.

III.5 IL DIVERSO RUOLO DELLE TECNOLOGIE E DELLA RISORSA INFORMAZIONE ALL’INTERNO DEL SETTORE COMMERCIALE Resta da chiedersi il perché di una tale diversità di sviluppo tra i due grandi comparti del settore commerciale. Pare abbastanza chiaro che il cammino della grande distribuzione lungo la propria traiettoria tecnologica si sia arrestata. In periodi dove gli elevati costi di accesso alla tecnologia agivano da barriera nei confronti delle piccole realtà distributive, soltanto le grandi imprese sono state in grado di effettuare investimenti in tal senso. Il primo effetto della tecnologia informatica è stato senza dubbio l’accrescimento della produttività di capitale e lavoro, che ha consentito uno spostamento delle risorse manageriali (più costose e produttive) dalle operazioni ripetitive (fatturazione, controllo scorte, ecc.) verso quelle non ripetitive. Il passo successivo è stato quello di utilizzare

80

la tecnologia per creare nuove opportunità di mercato, attraverso un adattamento più efficace (a ritardo ridotto) alla variabilità qualiquantitativa della domanda. Ad esempio, l’introduzione massiccia dei sistemi POS-Scanner ha permesso di monitorare in tempo pressoché reale le preferenze dei clienti. Il terzo livello di influenza della tecnologia è il risultato della combinazione dei primi due: si comincia a formare una situazione di rendimenti di scala crescenti nella distribuzione, dando inizio al processo di crescita del potere di condizionamento delle aziende commerciali nei confronti delle imprese industriali. Nel contempo, anche l’informazione commerciale acquista un valore d’uso crescente per il fornitore industriale, informazione che però trapela con difficoltà in quanto il settore commerciale funge da schermo tra offerta e domanda. L’azione congiunta di tutti questi fattori ha portato all’apice il potere della grande distribuzione. Il processo innovativo dei grandi dealers, soddisfatti dell’enorme potere contrattuale acquisito nei confronti della produzione, sembra però essersi fermato a questo punto. Potere che li ha sì messi al riparo sul terreno della competizione ma che nello stesso tempo ha funto da elemento frenante nello sviluppo tecnologico. In una parola, processi sempre più efficienti ma per vendere un prodotto sostanzialmente “vecchio”. Al contrario, la media e piccola distribuzione ha potuto (o dovuto) sperimentare esperienze più innovative. Da una parte, i piccoli operatori, sempre più minacciati dallo strapotere della grande impresa commerciale, sono spinti all’utilizzo di canali alternativi nel tentativo di ritagliarsi una nicchia di mercato poco elastica al fattore prezzo. Dall’altra, abbandonano ogni proposito di crescita dimensionale orizzontale (per forza di cosa limitata) per investire risorse nel coordinamento e nell’interrelazione con attori del mercato diversificati, con particolare riguardo per coloro che manifestano una domanda in forte evoluzione.

81

A questo punto si può introdurre la quarta fase dell’impatto tecnologico, che è quella che si sta manifestando nell’economia di fine secolo e che coinvolge principalmente, per i motivi appena visti, piccola e media distribuzione, per larga parte nel settore non-grocery. La tecnologia sta conducendo, in sostanza, verso nuove strutture della concorrenza e dei rapporti tra fornitore ed impresa commerciale, attraverso l’alterazione delle economie di scala e delle barriere competitive. Produzione e consumo hanno ora consapevolezza e mezzi per accorciare la catena distributiva ed innescare imponenti fenomeni di disintermediazione commerciale. Il paradigma della produzione di massa sta per essere completamente

superato

lasciando

il

passo

al

paradigma

dell’informazione, che diverrà l’elemento portante dell’economia. L’elemento

radicalmente

innovativo

che

permetterà

il

concretizzarsi di questa realtà è il fatto che le reti telematiche sono ora sufficientemente rapide, estese e facilmente (e a costi irrisori) accessibili da tutti gli anelli della catena distributiva; ciò consente la diffusione di informazioni su scala planetaria, raggiungendo livelli di importanza strategica sconosciuti nella fase fordista dello sviluppo dell’economia. L’importanza dell’elemento informazione ha già determinato la nascita di un’ampia gamma di prodotti a valore aggiunto, di servizi commerciali e di consulenza specializzati, che ha già modificato peraltro l’intero sistema finanziario mondiale. Tutto ciò in virtù delle particolari caratteristiche di questo incredibile fattore produttivo.67

III.6 IL NUOVO RUOLO DELLA DISTRIBUZIONE NELLA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE Come si è visto precedentemente, nel settore produttivo le nuove tecnologie hanno permesso la possibilità di sviluppare a costi contenuti un’elevata differenziazione qualitativa dell’offerta in relazione alle accresciute varietà e variabilità quali-quantitative della domanda. In altri

82

termini, il vantaggio competitivo fondamentale per l’impresa industriale non è più rappresentato tanto dal costo di produzione di un prodotto standard, quanto dalla capacità di accrescerne il valore d’uso, differenziandolo per renderlo adatto agli specifici usi cui è destinato. L’impresa industriale, tuttavia, non è direttamente a contatto con questa molteplicità del consumatore: la comunicazione è pertanto garantita, attualmente, dalla funzione di intermediazione propria del settore commerciale, che per le considerazioni fatte finora sta per diventare palesemente inadeguata. Il vero obiettivo che gli attuali canali commerciali devono porsi è l’integrazione informativa tra progettazione industriale e specificità degli usi, attraverso lo svolgimento di una funzione di valorizzazione delle informazioni che circolano tra produzione industriale e consumo.68 E questo implica la crescente valorizzazione di una funzione-servizio centrata sull’informazione e non più sulla componente logistica del fenomeno distributivo. Del resto, è questo il fine cui tendono le applicazioni recenti della telematica nel nonstore retailing. Esse determinano infatti un insieme di canali di comunicazione che possono divenire il fattore strategico di crescita dell’impresa moderna, soprattutto nel settore non-alimentare e dei beni cosiddetti problematici. Davanti ai nostri occhi si prospetta un mondo dove la risorsa fondamentale dell’economia diventerà l’informazione piuttosto che le qualità intrinseche del prodotto venduto. Ecco quindi l’esaltazione di una funzione di intermediazione informativa che sicuramente costituisce un nuovo business, terreno inesplorato per la realizzazione di profitti mediamente superiori a quelli di un’economia “tradizionale”. Finora l’impatto delle tecnologie dell’informazione all’interno del settore commerciale ha condotto a innovazioni prevalentemente di processo, sostanziandosi in una riduzione dei costi senza cambiamento nel 67Tanto

da avere meritato il nome di “capitale digitale”. Pilotti, “Dalla concentrazione alla varietà delle forme organizzative: effetti delle tecnologie dell’informazione sulla modernizzazione commerciale”, op. cit., p. 77.

68Luciano

83

servizio offerto. Innovazioni radicali di prodotto (nuovi servizi o nuove modalità di offerta del servizio commerciale tradizionale) sono limitate a segmenti specializzati e, nella generalità delle imprese, si diffondono ancora con relativa lentezza. I rapporti tra il settore produttivo e quello della distribuzione saranno modificati dal fatto che la funzione di intermediazione del commercio, che ora si limita sostanzialmente a gestire un flusso di merci dal produttore al consumatore, dovrà necessariamente evolvere in quanto nel canale distributivo dovranno efficacemente circolare flussi di informazione dal produttore al consumatore e viceversa: un’informazione tanto più complessa e significativa in quanto destinata a circolare nel canale distributivo in tempo pressochè reale. La grande novità è che le nuove infrastrutture telematiche possono rappresentare un punto d’incontro tra aziende commerciali, produttori e consumatori, con una trasparenza e facilità di comunicazione mai viste prima. Esse possono dare luogo ad innovazioni di processo radicali, che comportano mutamenti significativi nella funzione commerciale e nella forma organizzativa d’impresa, nei rapporti con i fornitori e, più in generale, nelle interazioni con l’ambiente. È già stato ricordato che il settore commerciale si è caratterizzato per la presenza di due modelli di sviluppo antitetici: da un lato la tendenza alla concentrazione dimensionale delle strutture distributive, dall’altro l’affermarsi di una pluralità di assetti organizzativi all’interno dei quali il concetto di crescita è svincolato dal concetto di dimensione. Ciò ha consentito di evidenziare, da una parte, una modernizzazione tradizionale intesa come sviluppo dell’impresa commerciale attraverso le grandi superfici di vendita. Dall’altra abbiamo la modernizzazione innovativa, che fa riferimento ad un’impresa commerciale che si organizza per mettere in rete e usare in modo sinergico più centri decisionali collegati

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dall’informazione. Unioni volontarie, le imprese a filiale e il franchising sembrano i casi più emblematici.69 Da una parte, il settore commerciale sembra insomma proseguire su sentieri di sviluppo già sperimentati dall’impresa industriale; dall’altra mostra invece di anticipare alcuni approdi più recenti dello sviluppo più articolato e flessibile di tale tipo di impresa. A questo punto è d’obbligo tracciare lo scenario della “nuova distribuzione” che si profila all’orizzonte, che vede il declino della grande distribuzione come è conosciuta oggi a favore di una organizzazione commerciale molto più flessibile e scarsamente legata all’ambito spaziale. Riguardo ad una particolare struttura distributiva, è chiaro che un sistema commerciale orientato all’informazione determina in un primo momento un’influenza sulla componente endogena, che si manifesta essenzialmente in un aumento delle economie di scala da integrazione. Ma è solo una fase iniziale: l’estensione di reti telematiche anche ai canali esterni (produttori e consumatori) crea le premesse per una futura rimozione delle barriere spaziali-istituzionali all’ingresso di nuovi concorrenti (fra i distributori e fra i produttori). La diffusione del nonstore retailing telematico è un esempio emblematico di questi fenomeni potenziali di trasformazione. Parallelamente al depotenziamento del ruolo svolto dalla struttura spaziale della distribuzione, diviene sempre più determinante la ricerca di soluzioni organizzative e imprenditoriali in grado di gestire e governare le risorse impiegate ai diversi livelli e nei diversi ambiti funzionali. Già una decina di anni fa furono teorizzati gli effetti di tali evoluzioni:

“La diffusione nel lungo periodo di reti esterne di tipo logistico ed informativo permetterà anche ai piccoli operatori di fruire dei vantaggi di scala derivanti dall’offerta di un servizio commerciale di 69Il concetto è stato già espresso a p. 84 di questo studio, mentre le definizioni di modernizzazione innovativa e tradizionale sono opera di Luciano Pilotti, “Dalla concentrazione alla varietà delle forme organizzative: effetti delle tecnologie dell’informazione sulla modernizzazione commerciale”, op. cit., p. 49 e ss.

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tipo eminentemente informativo. La costituzione di un sistema rete potrà determinare diffusi processi di specializzazione fra operatori commerciali tesi a fornire un servizio informativo e quindi orientati a progettare e implementare reti informative e a gestirne flussi di informazione - e operatori orientati a fornire un servizio di tipo essenzialmente logistico. [...] In definitiva, le nuove tecnologie dell’informazione comportano un ripensamento delle tradizionali modalità di divisione del lavoro all’interno del settore commerciale che indurrà rilevanti modificazioni, dapprima sulle strategie di sviluppo organizzativo delle imprese di maggiori dimensioni ma, in un secondo momento, coinvolgerà invece la totalità degli operatori interessati alla produzione del servizio di distribuzione.”70

Dalle considerazioni fatte sembra abbastanza chiaro che il rapporto tra distributori e produttori cambierà sostanzialmente natura. Le imprese commerciali, essendo a contatto con una domanda sempre più differenziata ed esigente, divengono la fonte primaria dell’input informativo necessario alle imprese industriali per personalizzare i prodotti in funzione della domanda esplicita o potenziale, per calibrare la differenziazione dei prodotti-mercati in rapporto alla domanda. Allo stesso tempo, il canale commerciale diventa il mezzo attraverso cui il produttore può fare affluire al consumatore un volume e una qualità di informazioni (modifiche ottenibili a richiesta, specifiche tecnologiche e funzionali, costi per la personalizzazione, ecc.) decisamente superiore a quello che era possibile con i sistemi tradizionali: informazione incorporata nel prodotto, canali pubblicitari, comunicazione interna (cataloghi, assistenza ai distributori, ecc.).71 In tale ambito, i potenziali clienti non sono più spazialmente circoscritti in funzione del loro accesso fisico alle informazioni gestite dall’impresa commerciale. Il livello di capacità informativa da gestire per controllare e fare evolvere competitivamente il proprio bacino di domanda

70Luciano

Pilotti, “Dalla concentrazione alla varietà delle forme organizzative: effetti delle tecnologie dell’informazione sulla modernizzazione commerciale”, op. cit., p. 66. 71op. cit., pp. 75-76.

86

sarà, per l’impresa commerciale, notevolmente superiore all’attuale, in cui la domanda si definisce semplicemente sulla base della diffusione territoriale dei punti vendita. Molti sono ancora scettici su questa fantomatica rivoluzione: eppure è sotto gli occhi di tutti. Diverse realtà di questo tipo sono già presenti su quello che attualmente si avvicina di più ad una rete telematica di tipo universale, cioè Internet: grossi distributori che espandono il mercato potenziale a livello planetario (seppur con un totale di ordinativi ancora relativamente bassi), piccole imprese industriali che mettono in atto fenomeni di disintermediazione ricercando attraverso la rete canali diretti di promozione e vendita. Ed il sentiero sembra oramai tracciato. Non bisogna infatti sottovalutare la risorsa informazione, la cui peculiarità risiede nel fatto di essere una risorsa che lavora a rendimenti crescenti mano a mano che l’area dell’organizzazione informatizzata si espande e si generalizza. Finché l’innovazione organizzativa che incorpora una elevata intensità di informazioni resta circoscritta ad una funzione o a una impresa particolare, la maggior parte delle potenzialità d’uso (e quindi del valore economico) dell’informazione che si acquisisce resta inutilizzata e si disperde.72 Il fattore nuovo è che l’innovazione si diffonde sempre più in maniera orizzontale, realizzando la convergenza tra apparati tecnologici diversi. Reti di comunicazione a commutazione di pacchetto, prima il videotex, Internet poi, hanno condotto all’integrazione tra computers e linee telefoniche: con il cablaggio di cavi coassiali e in fibra ottica avremo l’integrazione tra questi ultimi due, la televisione, il fax, la telefonia cellulare. L’insieme di tutte le innovazioni tecnologiche emergeranno cioè a un certo punto come sistema suscettibile di integrazione ed elevatissima produttività. Non solo: come già si sperimenta attraverso Internet, si potrà verificare un aumento delle potenzialità concorrenziali da parte dei piccoli operatori, in quanto essi stessi potranno usufruire di un’efficiente mercato

87

dell’informazione, in grado di fornire loro quelle economie esterne di cui oggi le grandi imprese dispongono sotto forma di economie interne (attraverso reti informative proprietarie).73 I rapporti tra le imprese commerciali e le imprese industriali sono destinati a subire in modo molto netto gli effetti dell’impatto della telematica sul settore commerciale. In una fase iniziale una delle risorse chiave, l’informazione necessaria per gestire in tempo reale il rapporto domanda-offerta, si colloca nelle mani dell’intermediario commerciale, la cui capacità di selezionare e far arrivare le informazioni al momento e al punto giusto diventa un elemento di rilevanza strategica per l’impresa industriale. Un tale potere di condizionamento potrà influire sui prezzi o meglio sulla distribuzione dei margini tra produttori e distributori; nello stesso tempo, però, pone in azione strategie di risposta industriale tendenti ad evitare la subordinazione all’informazione commerciale, sfruttando le stesse infrastrutture telematiche sia come veicolo di interazione con la domanda che come canale alternativo per la vendita.74 Insomma, la lotta per il potere contrattuale viene riportato grazie ai canali telematici ad una situazione di sostanziale parità. Infatti, quando un particolare canale commerciale non si riorganizza efficacemente per far affluire all’impresa industriale le informazioni complesse di cui ha bisogno, si verificherà una pressione, dal lato dell’offerta industriale, per attivare altri canali sostituivi agli attuali, rimasti inefficienti.75 Questo fenomeno è acutizzato dal fatto che le imprese industriali sono di fatto più orientate all’innovazione. In presenza di probabili inefficienze, le imprese produttrici già informatizzate potrebbero con relativa facilità sviluppare un proprio business commerciale, essendo meno rilevanti le barriere inerenti al contatto informativo con la domanda. La crescita e sviluppo di reti logistiche indipendenti dagli attuali canali commerciali (il tradizionale 72Luciano

Pilotti, “Dalla concentrazione alla varietà delle forme organizzative: effetti delle tecnologie dell’informazione sulla modernizzazione commerciale”, op. cit., pag. 79. 73op. cit., pag. 82. 74op. cit., pagg. 83-84.

88

intermediario postale, oppure il corriere espresso) costituisce senza dubbio una spinta in tal senso. Come si analizzerà più avanti parlando in maniera più puntuale del commercio elettronico, nel settore sta maturando un processo di cooperazione

che

coinvolge

diversi

soggetti.

Gli

intermediari

commerciali, in questo processo, hanno certamente diversi vantaggi. L’operatore commerciale ha infatti maggiore esperienza nella mediazione tra offerta e domanda e la possibilità di sviluppare una funzione “specializzata” (indipendente sia dalla singola impresa che dal singolo acquirente-consumatore) di offerta di servizi di intermediazione informativa, costituendo così una nodo informativo che renda trasparente il mercato complessivo, intendendo in questa accezione l’insieme dei possibili offerenti e dei possibili acquirenti. Ma è importante che si sappia adeguare con sufficiente velocità. Le possibilità dell’industria e del consumatore finale di entrare direttamente in comunicazione tra loro, fino ad arrivare alla conclusione di una transazione al di fuori della mediazione commerciale, supera quel “monopolio” naturale che ha contraddistinto finora il commercio dalla produzione e dal consumo. La funzione commerciale, senza deperire necessariamente come tale, dovrà essere competitiva con canali alternativi di collegamento tra industria e consumo assai più efficaci di quelli che invece erano possibili in passato, dopo la specializzazione-concentrazione della produzione di massa. Oggi le nuove tecnologie dell’informazione vanno rimuovendo le barriere informative che la specializzazione e la concentrazione industriale hanno creato tra i produttori e i loro consumatori finali, e il commercio non è più l’unica forma efficace di recuperare un collegamento tra i due poli. I tradizionali vantaggi su cui ha potuto contare l’intermediario commerciale rispetto alle altre soluzioni distributive avranno un rilievo decrescente nel tempo. Il ruolo degli spazi di vendita, ad esempio, è destinato

75ibidem.

a

declinare

man

mano

che

la

dematerializzazione

89

dell’informazione e la diffusione capillare di strumenti di interazione comunicativa (cui Internet rappresenta la più interessante manifestazione) permetteranno di formulare una massa crescente di decisioni di acquisto a prescindere dal contatto diretto con il prodotto: i canali telematici sono infatti assai più ricchi di informazione del contatto diretto.76 Se il processo di separazione dell’atto d’acquisto dalla distribuzione fisica si affermerà su scala rilevante, esso creerà una domanda specializzata di servizi logistici (trasporto, smistamento, consegna) che avrà carattere non commerciale.

76Eccettuato, ovviamente, le informazioni di tipo tattile. Ma non passerà molto tempo che le innovazioni nel campo della virtual reality applicate alla telematica colmino, almeno parzialmente, quest’ultimo gap.

90

CONCLUSIONI 1) Nel paradigma della produzione di massa il settore commerciale doveva mediare le esigenze di consumatori e produttori, in progressivo allontanamento per motivi geografici e di gap tra il prodotto indifferenziato e il reale bisogno del consumatore;

2) Dallo shock petrolifero in poi l’industria ha cominciato a rivedere, seppure con relativa lentezza, la rigidità dei processi produttivi. Nel frattempo servizi altamente flessibili e differenziati accompagnano il prodotto per venire incontro alle diverse esigenze;

3) La produzione ha gestito con difficoltà il bisogno da parte dell’acquirente di informazioni sul prodotto di tipo non standardizzato. Packaging e comunicazione di massa rappresentano in questo contesto strumenti poveri;

4) Col passare del tempo il potere del settore commerciale rispetto a quello produttivo è diventato sempre più forte, vista la possibilità per la distribuzione di “schermare” al settore industriale il gusto del consumatore;

5) Alta flessibilità produttiva implica un canale veloce di interazione con il consumatore, altrimenti rimane una strategia in grado di arrecare grossi danni all’equilibrio dell’impresa;

6) Ma altrettanto dannosa è la mentalità “vecchia” della distribuzione se non soddisfa il bisogno di interazione manifestato dai soggetto agli estremi della filiera;

7) Se la distribuzione non è in grado di svolgere efficacemente la funzione di intermediazione informativa prospettata dall’era dell’informazione,

91

possono mettersi in moto imponenti fenomeni di disintermediazione. In tal caso all’impresa commerciale, in balìa della complessità ambientale, non resta che limitarsi allo svolgimento di una mera funzione logistica, caratterizzata da margini estremamente bassi.

92

CAPITOLO IV L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA COME IMPULSO FINALE ALLA RIVOLUZIONE COMMERCIALE DELL’ERA TELEMATICA

IV.1 INTRODUZIONE Scopo del capitolo è di focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche tecniche e sulle potenzialità dei mezzi telematici di massa. Tale capitolo riprende e approfondisce le brevi considerazioni fatte nel cap. II. In questa sede, con l’accezione “mezzi telematici di massa” si intendono quei canali di comunicazione fortemente interattivi la cui caratteristica principale è quella di riunire tra gli utilizzatori soggetti economici di diverso tipo: imprese, privati, fornitori di servizi, fornitori di informazioni, operatori di sistema, distinguendosi quindi da reti informatiche di tipo proprietario. Reti di comunicazione così estese hanno dovuto, perlomeno finora, utilizzare infrastrutture di base già presenti, tipicamente la rete telefonica. Per tale ragione, le politiche dei gestori telefonici

(e

degli

enti

governativi

laddove

il

settore

delle

telecomunicazioni si è sviluppato in regime di monopolio) rappresentano, almeno fino a questo momento, una delle determinanti principali per la diffusione (in Italia, in negativo). Può sembrare una grossa banalità, ma ciò non basta per avere una rete telematica. La comune rete in fonia è già di per sé una rete che permette lo scambio di informazioni (vocali) tra diversi soggetti economici. L’etimologia della parola telematica deriva dall’unione delle due parole “telecomunicazioni” e “informatica”.77 La comunicazione tra i 77Telematica: scienza e tecnica dell’integrazione tra sistemi di telecomunicazione e sistemi di elaborazione dati propri dell’informatica. Storicamente, queste due discipline si sono sviluppate in modo autonomo finché, a partire dagli anni ‘70, si è verificato un fenomeno di progressiva convergenza e integrazione. Elaborare e comunicare sono due facce complementari di uno stesso problema, ossia l’uso dell’informazione: occorre andarla a prelevare dove esiste,

93

diversi soggetti avviene infatti mediante l’utilizzo di apparecchi elettronici (terminali o personal computers). Ciò implica la possibilità, attraverso il canale, di trasmettere informazioni di molteplice natura (multimediali) in tempo pressoché reale e in maniera bidirezionale. Per tali ragioni, gli altri fattori cruciali per la diffusione capillare di reti telematiche diffuse sono rappresentati dalla capacità trasmissiva del canale stesso, dalla velocità di trasmissione e dalla facilità di accesso e d’uso delle nuove tecnologie (in termini di costo ma anche di know-how di base).

IV.2 IL FALLIMENTO COMMERCIALE DEL VIDEOTEX Il primo reale tentativo di realizzare una infrastruttura telematica estesa è stato, a partire dall’inizio degli anni Ottanta, l’introduzione e la diffusione presso il pubblico della tecnologia videotex.78 E, a onor del vero, molte speranze furono riposte in questo tipo di tecnologia, da parte di una società e di un’economia che sperimentava le prime difficoltà derivanti dello shock petrolifero e della scarsa flessibilità produttiva:79 “Videotex is as critical to the development of the ‘third’ industrial revolution as were the steam engine to the first and the internal combustion engine to the second”80

Il videotex rappresentò la prima vera opportunità per la diffusione e commercializzazione di servizi a valore aggiunto (ad alto contenuto

elaborarla e poi inviarla dove serve (dall’Enciclopedia della Scienza e della Tecnica, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1995). 78La prima dimostrazione di un sistema videotex si tenne al Centro di Ricerca della British Telecom di Martlesham nel 1973. Esperimenti dello stesso tipo avvenivano contemporaneamente in Canada. Per una trattazione più ampia vedi New Telecommunication services. Videotex development strategies, collana Information Computer Communication Policy 16, O.C.D.E., Parigi 1988, pp. 23 e ss. 79Se ne era accennato nei paragrafi II.3 e III.2 di questo stesso studio. 80Fedida Sam e Malik Rex, Viewdata Revolution, Associated Business Press, Londra 1979, citato da AA.VV., “The State and New Forms of Communications”, in Hilpert Ulrich (a cura di), State Policies and techno-industrial innovation, Routlege, London 1991, p. 161.

94

informativo). Fino a quel momento questo tipo di servizi era rimasto confinato entro i ristretti limiti di una utenza d’affari costituita, in prevalenza, da imprese network, istituti bancari e società finanziarie, le cui appendici sul territorio erano collegate attraverso reti specializzate (proprietarie). Per le sue caratteristiche di semplicità d’uso (o presunta tale) e la capacità di soddisfare esigenze informative generali, il videotex si prestava a svolgere un ruolo centrale nella diffusione di massa delle applicazioni telematiche. Nella quasi totalità dei paesi industrializzati, nonostante le grandi velleità, il videotex fu sostanzialmente un insuccesso. L’unico paese in controtendenza rimase la Francia, dove lo sviluppo di una rete telematica diffusa (nello specifico il sistema videotex denominato Teletel) fu il preciso obiettivo di un programma governativo fin dal 1975. La Francia resta infatti l’unica nazione ove l’utenza domestica, che è poi quella più numerosa, abbia accolto davvero con favore questo tipo di tecnologia.81Se però ragioniamo nell’ottica di un canale fortemente innovativo per la promozione, il commercio e l’interazione produzione/consumo prospettata nel cap. III, anche l’apparente fenomeno francese ne esce drasticamente ridimensionato. Resta da capire il perché del sostanziale fallimento della tecnologia videotex nell’ambito del commercio e della distribuzione di nuovi servizi, nonostante la già ribadita “maturità interattiva” degli estremi della filiera distributiva. Banalmente, uno dei fattori può essere la scarsa presenza di clienti potenziali, che non ha reso l’insieme degli utenti privati videotex un mercato appetibile per le imprese commerciali.82 Ma ciò non spiega, in 81Si

parla, alla fine del 1988, di oltre quattro milioni di terminali in uso, contro i 150.000 del Prestel (sistema videotex inglese), secondo per diffusione, e degli appena 27.000 terminali Videotel in Italia (saranno circa 120.000 solo nel 1990). 82Una prospettiva così semplicistica va subito scartata. In effetti, la diffusione dei canali telematici va inquadrata nell’ottica di un caso di gioco non cooperativo, dove la decisione di attesa e di entrata è influenzata dalle aspettative di ciascun utente relativamente al comportamento degli altri. Per una trattazione più completa, vedi Sergio Lodde, La diffusione del Videotel in Italia, collana Quaderni dell’Istituto di Scienze economiche e finanziarie dell’Università di Cagliari, Cagliari, Luglio 1990, p. 5.

95

presenza di un’utenza privata piuttosto vasta, lo scarso utilizzo del Teletel come canale promozionale e di vendita da parte delle aziende francesi. E’ evidente che una politica statale di incentivi può aiutare la diffusione dei mezzi telematici, ma ciò non basta per attivare quella rivoluzione commerciale e dei costumi di cui abbiamo trattato diffusamente nel capitolo III di questo studio. Dal punto di vista dell’utenza privata, il problema principale sembra risiedere nel fatto che il videotex non ha rappresentato per questo segmento di domanda un prodotto sufficientemente differenziato rispetto a strumenti di informazione alternativi con i quali entrava in competizione (stampa, televisione, ecc.). Secondo la prospettiva economica, la domanda espressa dall’utenza domestica era caratterizzata, in quel caso, da una elasticità di sostituzione piuttosto elevata, quindi da un’elevata sensibilità rispetto al prezzo, sia per i costi di accesso al servizio che per i costi d’uso.83 Nel complesso, il videotex è stato utilizzato dall’utenza privata principalmente come mezzo di intrattenimento, con grandissima parte delle connessioni dedicate all’utilizzo delle messaggerie in diretta (comunicazione in tempo reale con altri utenti), vale a dire l’unico servizio che si possa considerare specifico del videotex in quanto non ottenibile da altre fonti.84 L’utenza professionale, più capace nell’identificare le proprie esigenze informative, ha saputo cogliere meglio le potenzialità del sistema. Per questa categoria di utilizzatori, infatti, il videotex ha rappresentato un media molto più vantaggioso della carta stampata per il reperimento e l’aggiornamento in tempo reale di informazioni di tipo generico (la Borsa, la meteorologia, ecc.), fino alla consultazione di banche dati specializzate (servizi telematici application oriented). Il risultato è che, nella generalità dei paesi europei, il videotex ha incontrato una recettività maggiore presso l’utenza d’affari rispetto a

83Cfr.

Sergio Lodde, La diffusione del Videotel in Italia, op. cit., p. 7.

84ibidem.

96

quella domestica.85 Ma per questa categoria l’utilizzo del videotex ha inciso più che altro sulla componente organizzativa d’impresa, non sulla componente squisitamente di marketing, come canale cioè per ricercare un dialogo con il potenziale acquirente sulle caratteristiche del prodotto, o per attivare politiche promozionali o di distribuzione. In conclusione, né da una parte né dall’altra della catena distributiva vi sono state spinte per uno sviluppo in senso commerciale del sistema videotex, come sostituto, se non del negozio sotto casa, perlomeno della vendita postale su catalogo. Inquadrare in un modello teorico preciso tutte le cause sottostanti la diffusione delle tecnologie dell’informazione e telematiche non è stato un compito agevole per gli studiosi, e ha prodotto contrapposizioni anche aspre. Tuttavia, si può affermare che, con l’evolvere della società e con il progressivo incontro tra un’offerta ad elevata flessibilità e una domanda sempre più capace di specificare le proprie esigenze specializzate, si è manifestata una condizione storica che ha favorito il superamento teorico della rigida contrapposizione tra fattori technology/supply-push e fattori demand-pull. Tale contrapposizione aveva infatti caratterizzato il dibattito economico fino alla metà degli anni Settanta.86 In questa sede non si ha certo l’ambizione di confutare un’orientamento teorico oramai consolidato. Del resto, già nel secondo capitolo di questo studio la discussione è avvenuta sulla base del riconoscimento

di

una situazione altamente complessa e dalla

compenetrazione di diversi elementi sul mutamento del comportamento del consumatore, che comunque condiziona e viene condizionato (attraverso il classico feedback) sia dal settore produttivo che da quello commerciale. Ricordiamo anche che nel capitolo III abbiamo indicato nella sostanziale arretratezza del settore commerciale (arretratezza 85In Francia l’utenza domestica è numericamente superiore a quella d’affari eppure quest’ultima genera un volume di traffico maggiore. 86Salvatore Torrisi, “Innovazione e diffusione tecnologica in una prospettiva teorica evolutiva”, in Benassi M., Buratti Mosca N., Torrisi S., La diffusione dei servizi telematici, Franco Angeli, Milano 1989. p. 29 (Il corsivo è nel testo originale).

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soprattutto “teorica”) l’elemento fortemente condizionante quella rivoluzione commerciale che, secondo il nostro parere, sarebbe già perfettamente gestibile sia dalla produzione che dal consumo. Tuttavia, nel momento in cui un nuovo tramite (il canale telematico) aspira a sostituire il vecchio (il tradizionale intermediario commerciale), secondo il parere di chi scrive un’analisi corretta deve necessariamente fondarsi sulle caratteristiche intrinseche del mezzo stesso, implicando perciò considerazioni di natura squisitamente tecnologica. Avendo condotto la discussione sul terreno della sostituibilità di un mezzo rispetto agli altri, ecco allora balzare alla luce il grosso limite del videotex dal punto di vista commerciale: come poteva un mezzo di tale genere competere con la grafica pubblicitaria, con una vetrina o con un cortese e capace venditore? Da quanto detto finora, sembra abbastanza chiaro che la quantità di informazioni da trasmettere e gestire per condurre e portare a perfezionamento una transazione commerciale era troppo elevata per la tecnologia videotex. La natura del canale stesso, e quindi limitazioni di ordine tecnologico, ha impedito una grande affermazione del sistema in ambito commerciale, nonostante che gli attori del processo economico, consumatori in testa, non avessero aspre pregiudiziali verso tale modo di condurre transazioni.

Si può dare forza al ragionamento esaminando la cosa sotto un altro punto di vista. Dalla teoria della comunicazione di Shannon87 si desume che l’entropia di una sorgente non è altro che la quantità di informazioni media trasmessa da quella sorgente. Sempre dalla teoria di Shannon abbiamo la definizione di capacità di canale, definita dall’espressione:88 87Claude Elwood Shannon, ingegnere della compagnia telefonica statunitense Bell, contribuì dalla fine degli anni Quaranta alla formalizzazione di concetti come informazione, struttura e comunicazione. Raramente una teoria scientifica deve tanto al suo fondatore. 88Il concetto di capacità di canale, oltre che nell’opera originale, (vedi ad esempio Claude E. Shannon e Warren Weaver, La teoria matematica delle comunicazioni, Etas Kompass, Milano 1971), è trattato più chiaramente da Gastone Ceccanti, Fondamenti di Tecnica Imprenditoriale, vol. III, Università degli studi di Siena, a.a. 1993-94, pp. 15-20.

98

con n(t) il numero di simboli diversi che il canale riceve e trasmette nell’intervallo di durata (t). Ovviamente, la funzione n(t) risulta crescente al crescere della durata t dei segnali medesimi. A parità di intervallo, il

n (t) C = lim -------nÆ +∞ t

canale sarà tanto più capace quanto più velocemente avverrà la trasmissione di una determinata sequenza di segnali. Queste brevi considerazioni illustrano come la capacità di canale sia qualcosa di intrinseco alle proprietà informatiche del canale (sistema). Sia la natura delle informazioni (molteplicità dei segnali trasmissibili) che i tempi di trasmissione limitano fortemente la capacità di canale.89

IV.3 I LIMITI DI ORDINE TECNOLOGICO DEL SISTEMA VIDEOTEX Da quanto detto finora appare chiaro che le premesse per una diffusione capillare dei canali telematici nel commercio dei beni di consumo diretto ci sono tutte: tecnologia a basso costo (fruibile quindi anche dalla singola unità di consumo), autonomia psicologica del consumatore, graduale trasformazione delle politiche di marketing delle imprese industriali e commerciali in un panorama caratterizzato da alta interattività tra produzione e consumo. Già dall’avvento del videotex (si parla della seconda metà degli anni Settanta) la teoria si è lanciata nel prevedere possibili scenari di

89Attenzione:

la teoria di Shannon mette in guardia dal considerare la componente qualitativa dell’informazione. Tuttavia, nei sistemi informatici la qualità dipende strettamente dai bit usati per l’informazione. Ad es. un’immagine digitale che utilizza un sistema di 8 bit per colore ha una risoluzione di 256 colori. La stessa immagine che utilizza un sistema di 16 bit per colore ha una risoluzione di 16.000.000 di colori ed ha quindi una qualità notevolmente superiore. La trasmissione di un’immagine del secondo tipo implica tempi notevolmente più lunghi se la capacità trasmissiva del mezzo è insufficiente.

99

consumo del futuro, dove la maggioranza delle transazioni avveniva attraverso canali ad alta tecnologia e dove il dettagliante, specie il piccolo, appariva quasi una specie in via di estinzione, minacciata da fenomeni imponenti di disintermediazione. A onor del vero, seppur chi scrive sia convinto di una grossa affermazione nei prossimi anni del commercio elettronico (vedremo più avanti delle cifre molto significative), permangono ancora diversi problemi. Eppure pare che questi problemi siano largamente riconducibili alla tecnologia e risolvibili in un periodo di tempo piuttosto breve. Solo per l’Italia esistono ancora delle resistenze, dovute soprattutto alla situazione di monopolio nel settore delle telecomunicazioni90 e alla scarsa dimestichezza del consumatore con il personal computer da una parte e i mezzi di pagamento “virtuali” (diversi cioè dal contante) dall’altra.91 Dubbi di questo tipo, per la verità, furono manifestati a suo tempo da diversi studiosi dell’impatto commerciale dei sistemi videotex: “Se la recente valanga di articoli sulle vendite elettroniche al dettaglio a domicilio indica l’importanza crescente di questo tipo di vendita, allora i venditori al dettaglio vanno considerati una specie in pericolo di estinzione. Ma la pubblicità della cosa e la sua realtà effettiva in questo caso sono del tutto incompatibili. Per il resto di questo decennio, il discorso sulle vendite al dettaglio a domicilio sarà più fumo che sostanza.”92

Per esaminare meglio i limiti tecnologici del sistema videotex è necessario ricorrere a nozioni di tipo squisitamente tecnico. La tecnologia videotex era basata sulla circolazione di informazioni attraverso la linea telefonica. Il terminale sul quale agisce l’utente e il mainframe che 90Giova

ricordare che dal 1998 comincerà (finalmente) anche nel nostro paese la liberalizzazione dei servizi di telecomunicazione in fonia. Per la trasmissione dati la liberalizzazione vige dal 1996 anche se il gestore nazionale potrà godere per diverso tempo di ampie rendite di posizione. 91Dove si intende con questo termine anche la semplice carta di credito, ancora un oggetto quasi sconosciuto per il consumatore italiano. 92Salmon, Walter J., “Il futuro del dettaglio elettronico a domicilio”, in Buzzell D. Robert (a cura di), Il marketing dell’era elettronica, op. cit., p. 113.

100

gestisce e trasmette l’informazione comunicano attraverso una tecnologia definita a commutazione di pacchetto (packet-switching), e lungo portanti pubbliche, secondo lo standard X.25. La velocità di connessione risulta molto bassa, nell’ordine dei 2400 baud (sostanzialmente 2400 bit al secondo),93 probabilmente anche un vecchio retaggio delle vecchie centrali telefoniche di tipo meccanico. Velocità di trasmissione così basse hanno limitato fortemente la qualità delle informazioni trasmissibili. Con sufficiente velocità è possibile visualizzare caratteri ed immagini molto rozze (a bassa risoluzione), ma restano escluse dalla trasmissione immagini di alta qualità, suoni ed anche filmati, fattori trainanti per lo sviluppo di servizi graditi al cliente e soprattutto per la realizzazione di canali per la vendita diretta. E’ evidente che un sistema di questo tipo limita fortemente il tipo di merce che può essere promossa ed eventualmente acquistata. Se la presentazione di un articolo è importante per il consumatore, ma questi non si ricorda poi la dimostrazione o delle caratteristiche funzionali della merce, allora è preferibile usare cataloghi o vendite al dettaglio effettuate presso i negozi per soddisfare le necessità di informazione del consumatore stesso. Si torni per un attimo al concetto della sostituibilità di un mezzo rispetto all’altro appena visto. Dato che il videotex non era in grado di trasmettere informazioni (nello specifico, testo e immagini) di una qualità almeno pari a quella di un catalogo per le vendite postali dirette, lo shopping telematico risultava un canale di informazione perdente per la vendita di gran parte degli articoli. Questa risulta una limitazione di enorme rilievo, se pensiamo che, almeno nel prossimo futuro, nessun canale telematico potrà competere con la vendita al dettaglio presso il negozio (o anche con le vendite porta a porta) di quei prodotti che richiedono una dimostrazione. 93Baud

= unità di misura con la quale un modem converte i segnali di uscita da un computer in suoni che vengono inviata su una linea telefonica analogica. Non sempre 1 baud coincide con la velocità di 1 bit al secondo. Algoritmi di compressione permettono di inviare più di un bit di informazione per ciascun evento di modulazione. Un modem da 14.400 baud, attraverso il

101

A causa di tali limitazioni, il sistema fu pertanto utilizzato più che altro per la trasmissione di informazioni di tipo testuale (l’orario dei treni, la meteorologia, ecc.), dove il gestore dell’informazione veniva remunerato con una quota della tariffa di collegamento. Tranne pochi servizi, come la consultazione telematica delle Pagine Gialle Elettroniche o degli elenchi SEAT che venivano forniti gratuitamente, gli altri erano a pagamento. Rimane un’ “isola felice” del marketing, nel sistema videotex e sempre nell’ambito del Minitel francese, l’home banking, che non necessita di particolari potenzialità grafiche del mezzo. Oltralpe ben 4.900.000 famiglie (nel 1994) hanno usufruito di questo servizio, per consultare le giacenze del proprio conto corrente o per compiere piccole transazioni finanziarie.

FIG. IV.1 Home Banking via Minitel (milioni di famiglie) 5 4 ,5 4 3 ,5 3 2 ,5 2 1 ,5 1 0 ,5 0

4 ,8

4 ,9

1993

1994

2 ,3 1 ,7 1 ,3

1990

1991

1992

Fonte: Analisi McKinsey94

Il sistema videotex aveva inoltre un altro grosso limite come mezzo telematico globale: le potenzialità di fruizione dei servizi rimanevano circoscritte in ambito nazionale, a parte la presenza sparuta di gateways verso altri paesi europei.95 Anche se apparentemente è una cosa di poco conto va detto che una rete circoscritta geograficamente dà poche

protocollo di comunicazione V.42bis, può raggiungere la velocità di trasferimento di 57.600 bps. 94citata da Il Sole 24 Ore, 22/11/1996, p. 41. 95Si definisce gateway un dispositivo hardware per collegamenti in rete che gestisce le comunicazioni tra due reti di tipo diverso e permette limitati scambi di dati.

102

possibilità di realizzare un vero e proprio shopping comparato. Senza contare che un sistema di tale genere poneva un grosso freno ai fenomeni di disintermediazione da parte di aziende estere nei confronti dei distributori nazionali e soprattutto all’imitazione nei confronti di paesi più evoluti nell’uso di questa tecnologia.

IV.4 INTERNET: IL “GIGANTE BUONO” DELLA TELEMATICA Il sistema videotex pare oramai sulla via del tramonto, almeno per quei paesi dove lo sviluppo sia riuscito perlomeno a superare una fase di start-up. Negli ultimi anni si è difatti concretizzata una strategia diversa per lo sviluppo dei mezzi telematici di massa. Una crescita non più guidata

dall’alto

(enti

governativi

e

gestori

nazionali

delle

telecomunicazioni) ma una diffusione di tipo policentrico ed orizzontale, ove i gestori telefonici si sono limitati a fornire connettività. Questo nuovo paradigma di sviluppo della telematica ha dato origine al fenomeno Internet. A differenza di altre reti, la principale peculiarità di Internet è che non esistono computer centrali che governano e controllano il flusso di dati. Il cuore e le risorse di Internet sono proprio l’insieme delle migliaia

di computer collegati tra di loro, ciascuno

indipendente da gerarchie e collegato agli altri. Storicamente Internet affonda le proprie radici in ARPAnet, una rete di computer per la ricerca e la difesa creata dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America nei primi anni 70 per permettere agli scienziati e ricercatori un migliore e veloce mezzo di comunicazione e interscambio di dati. La National Science Foundation (NSF) espanse la rete di ARPAnet fino al raggiungimento di una rete che collegava anche molte università e centri di ricerca. Questa rete si espanse a velocità incredibile, aggiungendo nuovi strumenti di comunicazione e trasmissione dati (tra cui il World Wide Web, di cui tratterà più avanti), diventando

103

uno strumento altamente flessibile e accessibile facilmente anche dai non addetti ai lavori. Proprio lo sviluppo del World Wide Web ha posto le basi per uno sviluppo in senso commerciale dell’infrastruttura telematica.

Europa

12881

FIG. IV.2 Numero di host96 Internet (dati in migliaia)

Lug 94

Gen 95

Lug 95

Gen 96

3018

2206

1695

4862 1106

3212 790

2217 687 Gen 94

6642

9472

Resto del Mondo

Lug 96

Fonte: Internet Society

Va ricordato fin d’ora che Internet non rappresenta certamente il canale telematico perfetto per gli scopi delineati in questo studio per ciascun elemento della filiera distributiva. Ma non è esagerato affermare che il sistema tenda a questa perfezione grazie alle risorse tecnologiche riversate continuamente su di esso. Tuttavia, esso presenta notevoli vantaggi rispetto al sistema videotex, ed anzi si può affermare che proprio il 1996 è stato l’anno che ha visto grandi risorse investite nel commercio elettronico su Internet. E soltanto il massiccio sfruttamento di Internet come canale per il commercio può generare risorse finanziarie per ulteriori miglioramenti. Rispetto al videotex Internet ha elementi che la rendono davvero interessante. Innanzitutto il protocollo di comunicazione: il protocollo TCP/IP permette il dialogo tra piattaforme hardware e sistemi operativi anche molto diversi tra loro, ponendo soluzione ai problemi di standard che hanno sempre accusato le reti di calcolatori. 96Host

= Computer (di solito un mainframe) della Rete che permette la comunicazione con altri computer e che ospita particolari risorse. Ogni host è raggiungibile dall’utente attraverso un particolare indirizzo.

104

La grande innovazione, coincisa con l’introduzione dell’interfaccia WWW97, è stata la possibilità di accedere alle risorse della rete in maniera ipertestuale, permettendo di passare da una risorsa all’altra in modo non gerarchico (senza indirizzari o menu), ma attraverso link (legami). La ricerca dei dati è piuttosto semplice, grazie alla presenza di particolari servizi (motori di ricerca) che ricercano in tutti i server sparsi per il mondo le pagine informative contenenti una chiave di ricerca definita dall’utente. Inoltre, c’è la possibilità, a differenza del sistema videotex, di esaminare risorse di tipo multimediale (immagini, suoni, filmati). Internet sembra quindi essere diventato lo standard sul quale innovazioni tecnologiche a cascata migliorano mese dopo mese le modalità di collegamento. Accedendo a Internet attraverso la rete telefonica classica (linea commutata) ci si può collegare attraverso il modem98 a una velocità teorica fino a 33.600 bps (bit per secondo).99 I dati trasmessi, con algoritmi di compressione, possono condurre a trasmettere una quantità di informazione quattro volte superiore. Con una banda di ricezione di questo tipo, se supportata da un personal computer di sufficiente potenza, è possibile visionare con sufficiente velocità sia immagini ad alta qualità grafica (16 milioni di colori), ascoltare suoni, visionare filmati piuttosto brevi. Ma questo è solo l’inizio. Nel momento in cui anche il collegamento mediante linea ISDN100 sarà sufficientemente economico, da casa si potranno ricevere dati alla velocità di 64.000 bps., permettendo servizi ad alto valore aggiunto come ad es. la videoconferenza.

97WWW (World Wide Web), ovvero ragnatela mondiale. Creato nel 1991 da Tim Berners-Lee come supporto ai fisici del CERN (Centro Europeo Ricerche Nucleari) in Svizzera. 98modem (MOdulator-DEModulator): dispositivo che trasforma in forma analogica i segnali digitali in uscita dalla porta seriale di un computer, in modo da poter essere trasmessi sulla linea telefonica commutata. In ricezione il modem esegue ovviamente il processo inverso, demodulando le onde che arrivano dalla linea telefonica e restituendo i bit trasmessi. 99dalla fine del 1996 sono stati commercializzati modem con una velocità di funzionamento da 57.000 bps (protocollo denominato V.34plus). 100ISDN: Integrated Services Digital Network. Rete digitale che integra voce e dati in un singolo cavo (sempre attraverso il doppino telefonico). Sulla stessa linea digitale vengono forniti due canali per dati a 64 Kbps ed un canale a 16 Kpbs di controllo. Permette la trasmissione contemporanea di dati e voce.

105

Ma le prospettive tecnologiche future sono a dir poco esaltanti: dall’ulteriore sviluppo del protocollo ISDN in BISDN (Broad Band Isdn, ISDN a banda larga), alla diffusione capillare nelle abitazioni dei cavi in fibra ottica101 che consentiranno velocità di trasmissione nell’ordine dei Mbps (Megabit per secondo), attuando finalmente la piena convergenza tra TV “tradizionale” e via cavo, Fax, Modem, Telefono, Personal Computer ed anche telefonia cellulare. Ci si trova a un passo dal traguardo finale dello sviluppo delle telecomunicazioni (ed il sogno degli ingegneri): il passaggio definitivo verso un tipo di comunicazione personale e universale, cioè indipendente dalla posizione, dalla località di trasmissione e dal tipo di informazione che si vuole trasmettere. Dal lato della semplicità d’uso, il sistema già ora è sufficientemente facile da usare a chi abbia un minimo di dimestichezza con un personal computer ed un mouse. Del resto, il necessario know-how informatico di base è quello che ha selezionato un particolare segmento di utilizzatori, coerentemente con quanto visto nel capitolo II. Ma già dalla fine del 1996 sono stati commercializzati i prototipi di un dispositivo (definito da molti network computer) di basso costo (per adesso si è nell’ordine di 500 dollari USA), senza software locale, a metà strada tra il computer e la consolle per videogiochi, che consentirà l’accesso alle autostrade dell’informazione in maniera ancora più semplice ed intuitiva.102 L’obiettivo del network computer non è tanto quello di sostituire i Personal Computer che sono già in uso (quantomeno non inizialmente) ma quello di creare un nuovo dispositivo per la connessione alle autostrade dell’informazione che possa raggiungere nuove fasce di mercato, tipicamente quelle più restie all’innovazione tecnologica. Per quanto riguarda la sicurezza delle transazioni effettuate attraverso tali dispositivi, un lettore incorporato di smart card (le carte a microprocessore) garantirà l’identità dell’utente telematico. Attraverso 101Nel nostro paese si è ancora in una fase di sperimentazione in alcune città pilota con il progetto Socrate della Telecom Italia.

106

tale caratteristica l’utente potrà collegarsi da qualsiasi dispositivo (in ufficio, all’aeroporto, in albergo) per accedere alla rete, alla propria casella di posta elettronica e ai files personali, nonché effettuare acquisti e portare a termine transazioni di qualunque tipo.103 In alternativa, una più profonda integrazione di Internet nell’ambito domestico potrà avvenire attraverso la tecnologia Web TV. Da poco prima di Natale Sony e Magnavox (Philips) hanno lanciato sul mercato U.S.A. i primi decoder licenziatari di questo tipo di tecnologia, con un costo attorno ai 300 dollari. Il funzionamento è semplicissimo: l’apparecchio si collega al televisore e alla linea telefonica, e per accedere alla rete è sufficiente premere un tasto sul telecomando in dotazione e utilizzare i menu guidati che appaiono a video. E’ probabile che entro breve tempo il tutto potrà essere integrato all’interno dell’apparecchio televisivo, secondo la traiettoria tecnologica già seguita dagli apparecchi per la ricezione del Teletext (In Italia Televideo Rai ed altri), oramai in dotazione sotto forma di scheda integrata su tutti gli apparecchi. Altro grande vantaggio di Internet è la sua globalità. Attraverso di essa è possibile interagire con banche dati presenti praticamente ovunque nel mondo, ed il costo della comunicazione è indipendente dal numero di utenti raggiunti e dalla distanza.104 Internet è globale anche dal punto di vista dei contenuti, perché non nasce come rete prettamente commerciale. Su Internet è possibile infatti trovare virtualmente di tutto, dai negozi elettronici alle chat in tempo reale (la peculiarità principale del sistema videotex), dalle università alle aziende che mettono il linea i loro prodotti o semplicemente promuovono la loro immagine. Il che significa una comunità di utenti piuttosto eterogenea, non limitata da vincoli di tipo geografico e in grado di formare una massa critica tale da costituire un 102Il

progetto del network computer nasce dalla cooperazione di colossi quali Apple, Ibm, Netscape, Oracle e Sun. 103Per una trattazione sufficientemente divulgativa sul network computer, v. Marco Iannacone, “Web-PC: inizia una nuova era?”, Inter.net, n. 14, Giugno 1996, pp. 34-37. 104Ovunque si trovi nel mondo la banca dati che si desidera consultare, il costo della comunicazione è limitato al costo della telefonata tra l’utente e il fornitore d’accesso ad Internet (il provider).

107

mercato sufficientemente appetibile. La globalità della rete viene completata da numerosi gateways che consentono l’interazione tra Internet e altri tipi di servizi online quali Compuserve, America On Line, Prodigy, BITNet, Fidonet (anche se per alcune di queste infrastrutture l’interscambio di dati può avvenire soltanto attraverso il servizio di posta elettronica). FIG. IV.3 Ripartizione domini105 su Internet

A ltro 11 % E n ti g overna tivi 1 7%

E n ti c om m e rc ia li 6 5%

E d u c ation 7%

Fonte: Internet Society

IV.5 RIFLESSIONI E CONCLUSIONI Dopo un panorama sulle possibilità tecnologiche che attendono al varco l’umanità è necessario tornare con i piedi per terra. Come si è detto prima, attualmente la Rete ha ancora dei problemi che la distinguono dalla infrastruttura telematica perfetta per gli scopi commerciali del futuro. Rispetto al sistema videotex, oramai un “dinosauro” tecnologico, sono stati fatti progressi incredibili nell’ambito della velocità di trasmissione. Ma attualmente non è ancora abbastanza, perlomeno per quanto riguarda il costo di accessi alla rete con maggiore ampiezza di banda. L’espansione finale dell’infrastruttura, facilità di accesso a parte, potrà avvenire solo con la possibilità di trasmettere senza ritardo immagini video, che attirerà inevitabilmente un maggior numero di utenti 105Per dominio, semplificando il concetto, si intende un sottoinsieme di host aventi finalità e contenuti analoghi.

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consumer, di imprese e soprattutto di investimenti. La strada peraltro sembra già tracciata, perlomeno negli Stati Uniti. Ad esempio, colossi della TV via cavo come Tele-Communications Inc., Comcast e Cox Communications hanno investito in una nuova società, la At Home Corp., che da Settembre 1996 ha cominciato a offrire un nuovo servizio di accesso illimitato a Internet.106 La Rete telematica per eccellenza si trova ancora in una fase caotica, e ancora all’opera sono le forze che selezionano gli standard e gli attori migliori del mercato. In breve, Internet è per la generalità degli attori economici ancora una frontiera. Numerosi analisti (ad esempio Gartner Group) prevedono che per la fine del 1998 la Rete avrà concluso un primo ciclo di sviluppo esplosivo, per poi entrare in una fase meno caotica, di ri-architettura, di estensione di funzioni, di banda trasmissiva più abbondante e a buon mercato.107 Da cosa dipende il ruolo che ciascuna nazione può avere nello sviluppo della Rete a livello globale? Due sembrano i principali fattori coinvolti: il tasso di propensione tecnologica media delle famiglie e il livello, più o meno liberale, delle politiche statali in tema di autostrade dell’informazione. Il che implica: concorrenza tra i gestori delle telecomunicazioni, bassi costi di hardware e software di connessione, bassi costi di accesso alle reti per imprese e famiglie, scarsi tentativi di controllo centrale. Sono inoltre necessarie politiche di diffusione sociale: nelle scuole, nei servizi pubblici, nelle comunità. E una riduzione delle tariffe a partire dalle linee dedicate, strumento chiave per le imprese su Internet dove l’Italia resta il fanalino di coda.

106La notizia è ripresa da Stefano Carrer, “Internet più veloce con il cavo”, Il Sole 24 Ore, 20/11/1996, p. 42. La connessione avviene attraverso il cable modem, in grado di raggiungere velocità attorno ai 10 Mb./sec. 107L’affermazione è ripresa da G. Caravita, “Internet verso la maturità”, Il Sole 24 Ore, 22/11/1996, p. 42.

109

La legge del mercato telematico è impietosa: più monopolistico, caro, legalmente restrittivo risulta un paese, più probabilmente resterà indietro nella lista dei leader del commercio elettronico. A fine 1998 Internet entrerà davvero nella sua fase commerciale e coloro che hanno saputo investire in modo giusto raccoglieranno grandi profitti. E l’Italia, purtroppo, per molti versi sembra tagliata fuori.

110

CAPITOLO V GLI STRUMENTI DEL MARKETING NELL’ERA DEL CONSUMATORE TELEMATICO V.1 INTRODUZIONE In questo capitolo si tenta di determinare come può venire influenzato il retailing mix dall’avvento dirompente delle nuove tecnologie telematiche. E’ appena il caso di ricordare che anche la stessa azienda produttrice, mettendo in atto manovre di disintermediazione, può trarre giovamento da tali manovre applicate al proprio marketing mix. A onor del vero, seppure una schematizzazione di tale genere risulta necessaria, chi scrive sperimenta un certo disagio nel trattare la questione

in

maniera

“classica”.

Come

hanno

acutamente

già

argomentato diversi studiosi, e come traspare da quanto detto nel capitolo III, l’impatto della telematica non può realizzarsi semplicemente in un semplice potenziamento del marketing:

“La

flessibilità

dell’offerta

ottenibile

con

l’automazione,

l’informatica e la telematica costituisce [...] un sostituto tecnologico del marketing, nella misura in cui riduce l’eccesso di complessità fino a far corrispondere la varietà e la variabilità della produzione alle esigenze dell’ambiente competitivo.”108

Nonostante che il vivere un’epoca di transizione possa condurre a una mancanza di obiettività, l’impressione generale è che la telematica condizionerà fortemente gli sviluppi della teoria stessa. Nel fordismo maturo il ruolo del marketing era quello di mediare le esigenze della produzione di massa da una parte e la varietà/variabilità del consumatore dall’altra. Nell’era dell’informazione il ruolo è destinato ad essere un altro:

108S.

Vaccà, Scienza e tecnologia nell’economia delle imprese, op. cit., p. 160.

111

“Il marketing, nel pilotare la crescita della complessità dal lato dell’offerta e da quello della domanda, in modo che l’evoluzione congiunta dei due termini avvenga sinergicamente, si trova [...] ad assolvere ad un ruolo essenzialmente linguistico-comunicativo, [...] che produce e diffonde i linguaggi regolatori della varietà-variabilità lungo i canali commerciali (distributori, clienti, servizi di supporto, consumatori finali), ma anche nella rete di produzione a monte che deve essere messa in grado di interagire con il consumo”109

L’attuale tendenza generale nel marketing applicato ai mezzi telematici si configura come un semplice aggiustamento delle strategie esistenti. Ma come si vedrà, in diversi casi, la sperimentazione è già andata oltre.

V.2 L’IMPATTO DEI CANALI TELEMATICI DI NUOVA GENERAZIONE SUGLI ELEMENTI CARATTERIZZANTI LA DETTAGLIO.

STRATEGIA DEL

V.2.1 Prodotto110 E’ stato più volte ricordato che per il marketing convenzionale l’acquirente compra in realtà i benefici che gli può apportare il prodotto, non il prodotto in sé stesso. L’acquirente, cioè, compra la qualità che percepisce, insieme alle caratteristiche intrinseche del prodotto e le opzioni d’uso, perché ha uno stile particolare o ha una forte immagine di marca, perché è particolarmente attratto dalla confezione. Può darsi che il prodotto faccia parte di una linea che nella sua globalità risulti particolarmente attraente. Ancora, il prodotto può offrire una garanzia che renda più sopportabile il rischio d’acquisto percepito dall’acquirente. Infine, una parte integrante del prodotto è rappresentata dai servizi ad esso connesso. Se questi sono di buon livello sia prima che (e soprattutto) dopo

109op.

cit., p. 163. paragrafo riprende e integra le considerazioni di Jill H. Ellsworth & Matthew V. Ellsworth, Marketing on the Internet, John Wiley & Sons, New York 1995.

110Il

112

la vendita, in special modo nel caso di beni problematici, allora l’immagine di marca viene rinforzata e il vantaggio competitivo nei confronti delle aziende concorrenti si fa pesante. Gli attributi appena descritti, e le strategie ad essi correlate vanno riviste alla luce del nuovo media rappresentato dai canali telematici di massa. Nei paragrafi che seguono si proverà a focalizzare tali differenze, determinando come si possano adattare i vari aspetti connessi ad un particolare prodotto per incontrare i bisogni degli acquirenti telematici.

Qualità

La qualità percepita dal cliente è una misura soggettiva del valore del prodotto. La qualità non può essere o divenire solamente un plus per il prodotto, ma anzi ne è la sua stessa essenza al punto che senza qualità anche la stessa realtà di prodotto può essere messa in discussione. La qualità può essere comunicata o attraverso una forte immagine di marca, o dall’etichetta o dal confezionamento. Il consumatore postindustriale valuta la qualità attraverso attributi sempre più oggettivi. Per questa ragione, spesso la qualità viene comunicata attraverso una certificazione “istituzionale” di qualità (si pensi ai certificati ISO 90009002) o documentazioni di tipo interno che dimostrino la presenza di procedure di controllo qualità. Nel marketing convenzionale, la percezione della qualità da parte dell’acquirente/consumatore è più strettamente legata ad attributi fisici, anche se ciò può dipendere fortemente dalla natura del prodotto. Come risolvere il problema nel caso di commercializzazione mediante canali telematici? I canali di ultima generazione consentono una grossa versatilità dal punto di vista grafico e sensoriale, alla quale si può accompagnare l’elenco dettagliato delle specifiche del bene e le modalità d’uso. La qualità risiede nel prodotto realizzato all’interno dell’azienda, ma anche in tutta quella serie di interventi di accompagnamento al suo

113

esterno. Banalmente, il prodotto conta sulla qualità totale quando è “ben prodotto, ben confezionato, ben distribuito, ben venduto, ben comunicato, ben promozionato”111, ecc. In conclusione, un prodotto davvero di qualità presuppone un controllo efficace su tutte le attività aziendali, e in questo i canali telematici sono di grande aiuto; innanzitutto perché consentono di accorciare il canale distributivo e aumentare quindi il controllo da parte del produttore a costi limitati; in secondo luogo, perché consentono un dialogo efficace con la domanda attraverso un feedback in tempo reale, elevando al massimo l’attitudine del prodotto a soddisfare i bisogni del cliente.

Caratteristiche ed opzioni

Ogni prodotto dovrebbe incorporare certe caratteristiche ed opzioni di utilizzo in grado di attrarre clienti a discapito dei prodotti dei concorrenti. Una delle peculiarità dei canali telematici è quella di consentire uno shopping comparato ed è quindi importantissimo assicurare al consumatore questa possibilità. In questo senso, le aziende distributrici di nuova generazione hanno un grosso vantaggio nei confronti delle aziende produttrici. Ad esempio, diverse società operano attualmente in Internet fornendo un servizio come directory providers: riuniscono cioè in un unico sito migliaia di pagine informative relative ad una particolare branca del commercio. In questo modo realizzano appieno quella funzione di intermediazione informativa prospettata nel capitolo III. I siti in questione sono particolarmente “visibili”, grazie anche ad una campagna promozionale attraverso i canali tradizionali. E diventano bussole insostituibili nel mare di informazioni presenti sulla Rete per chi sia interessato ad un particolare prodotto o servizio. Non necessariamente

111Antonio

Foglio, Marketing strategico e competitivo, Franco Angeli, Milano, 1995, p. 53.

114

dev’essere concessa la possibilità di acquistare il bene: ad esempio, su Internet la società Dealernet offre un archivio on-line relativo alle diverse linee dei costruttori di auto, fornendo alle case automobilistiche un servizio a pagamento. Il tutto implica un occhio di riguardo verso il consumatore finale: il servizio è gratuito e le informazioni veritiere, pena una perdita decisiva di immagine da parte del produttore. E se l’operazione commerciale ha grosso successo, il distributore si porta nuovamente in una posizione di favore rispetto alla produzione. Perché se ciascun produttore può mettere facilmente in linea il proprio servizio informativo, d’altra parte corre il rischio di essere “snobbato” dagli utenti in relazione alla grande quantità di informazioni comparabili fornite dal suo intermediario.

Stile

Per i prodotti fisici lo stile è rappresentato dalle finiture, o da un particolare design che rende il bene unico. Per i servizi, lo stile è incorporato nel modo in cui il servizio è presentato, comunicato e reso. Lo stile rappresenta un fortissimo mezzo per la differenziazione del prodotto rispetto ai concorrenti. Nel marketing classico vi sono grossi problemi di costo riguardo il re-styling del prodotto, e difficilmente esiste la possibilità di ritocchi (anche piccoli) ravvicinati nel tempo, soprattutto per il fatto di non poter monitorare rapidamente le preferenze altamente dinamiche dell’acquirente. Al contrario, attraverso i canali telematici, le opportunità di realizzare il re-styling on-line del prodotto sono molto ampie e con costi trascurabili comparati al costo “convenzionale”. Il grande vantaggio, in questo caso, è rappresentato dalla facilità di sperimentazione per l’azienda. Nel caso di Internet, ad esempio, esiste la possibilità di testare il gradimento del prodotto nei confronti del target attraverso l’entità delle hit rates (numero di visitatori che accedono alla pagina relativa al prodotto). Inutile dire che, con questo strumento, è

115

possibile determinare esattamente lo stile che si adatta meglio al target audience, senza ritardi e senza costose ricerche di mercato. Questo però è una modalità di utilizzo ancora “passiva”. Perché non raccogliere la voce stessa dei clienti affezionati, o dei potenziali acquirenti, lasciando a loro il compito di comunicare interattivamente lo stile che preferiscono?

Marca

Ogni prodotto e/o servizio ha il potenziale per la costituzione di un’immagine di marca. Un marchio di prestigio aiuta a difendere la propria quota di mercato dai concorrenti. Come si vedrà meglio più avanti, la commercializzazione tramite canali telematici può innescare fenomeni di riduzione dei prezzi e dei margini. Lo strapotere della distribuzione e la maggiore razionalità dell’acquirente hanno ridotto fortemente il fenomeno della fedeltà alla marca, sostituendola nella migliore delle ipotesi con la store loyalty. Nella prima fase molte aziende hanno pubblicato le loro pagine informative su Internet soprattutto per una questione di immagine. La presenza su una infrastruttura telematica tanto nuova, ricolma di pionieri e di avventurieri romantici, è stato un veicolo di maggiore prestigio anche per le aziende più in (come è avvenuto, ad esempio, per la marca automobilistica Ferrari, ecc.). E per chi non aveva ancora un’immagine di marca, uno dei maggiori benefici dell’essere tra i primi adottanti della rete è stato quello di farsi trovare per primi, facendosi percepire come la migliore azienda per un certo tipo di prodotto. Tutto ciò non risulta però sufficiente per contrapporsi davvero allo strapotere della store loyalty. Il problema va affrontato con un cambio radicale di metodo e contenuto. La creazione e il mantenimento di una marca non sono elementi destinati a scomparire. Semplicemente la marca, nel paradigma dell’informazione, si deve fondare su elementi diversi:

116

“Information technology, which brought about much of the complexity in today’s marketplace, can also become a tool for rebuilding the power of brands. Using current and emerging technologies, [...] companies can start real-time dialogues with their customers and provide interactive services. Technology-facilitated conversation and service will allow companies to cut through the market chaos and estabilish binding relationships with their customers.”112

Confezionamento

Le promesse del prodotto e la percezione della qualità possono essere rinforzate dal modo in cui il prodotto stesso è confezionato e presentato. Il confezionamento è parte integrante del prodotto ed è il primo punto di contatto con il cliente. Analogamente a quanto già detto per lo stile, i canali telematici offrono un’ottima soluzione per testare l’impatto di differenti versioni del packaging attraverso l’analisi delle hit rates, anche se poi il prodotto viene avviato alla distribuzione tradizionale. Anche in questo caso i vantaggi in termini di costo e rapidità di feedback con il mercato attuale e/o potenziale sono facilmente intuibili. Se il cliente, invece, concretizza tutto il processo d’acquisto attraverso il canale telematico (quindi per portare a termine la transazione) si pone la necessità di un’attenta pianificazione. Certamente, acquistare libri oppure compact disc on-line, con spedizione al domicilio del cliente, non comporta problemi di sorta. Ma va ricordato che i canali telematici possono stravolgere i canoni tradizionali di reperimento del prodotto, specie per certe categorie merceologiche. Ad esempio, con l’ausilio di infrastrutture sempre più veloci, ci potrà essere la possibilità di masterizzare il CD direttamente a casa propria.113 In quel caso il cliente sarà privato del piacere di ricevere la scatola e la copertina (a meno che il

112R.

McKenna, “Real-time Marketing”, Harvard Business Review, op. cit., p. 87. gergo si parla di download (scaricamento) dal server della casa editrice o discografica al personal computer di casa propria.

113In

117

costo di periferiche per la stampa domestica di altissima qualità non segua la tendenza al ribasso delle unità centrali).114

Linea di prodotto

Come è noto, l’estensione della linea di prodotto può essere una strategia molto utile per attrarre maggiormente il consumatore e per sbaragliare la concorrenza. Nel marketing convenzionale, il costo di estendere il range dei prodotti coinvolge sia il re-branding che il repackaging e questo, come si è già visto, può essere molto costoso. Attraverso i canali telematici, l’estensione della linea di prodotto può essere valutata a priori, offrendo estensioni “virtuali” del prodotto che non usciranno fisicamente dagli stabilimenti industriali finché i livelli degli ordinativi non ne abbiano garantito la produzione. Questo, naturalmente, diviene ancora più facile per le compagnie di servizi, che potranno offrire una pletora di servizi, tutti derivativi del loro prodotto principale, che dia varietà di scelta al consumatore senza i costi coinvolti nella produzione.

Garanzie

I clienti possono essere indotti ad acquistare una particolare marca in virtù di garanzie che lo rendano tranquillo. La garanzia costituisce un elemento molto importante in quanto consente all’acquirente di minimizzare il rischio connesso all’acquisto. I canali telematici, sul lato delle garanzie, non rappresentano una modalità ottimale per il commercio. Innanzitutto, il fatto di pervenire alle informazioni aziendali attraverso un mezzo che coinvolge design creativo,

114Non

sono ipotesi da fantascienza. Nel 1993 Ibm e Blockbuster Video hanno annunciato la costituzione di una joint-venture per fornire nei punti vendita (per adesso soltanto “fisici”) compact disc audio, videogiochi e videocassette realizzate istantaneamente secondo le richieste del cliente. I clienti, toccando lo schermo di un PC, invieranno un ordine direttamente al server centrale che realizzerà una copia elettronica del prodotto richiesto sul supporto desiderato, mentre una stampante laser preparerà etichetta e copertina. La migrazione del sistema in ambito telematico non sembra particolarmente irta di difficoltà.

118

può essere molto difficile per il cliente finale discriminare tra organizzazioni stabili e “pirati”. Specie se lo sprovveduto cliente non si assicura dell’identità legale dell’azienda. Altri problemi sono di ordine legale. Nella generalità dei paesi le garanzie pubblicate on-line sono legalmente impugnabili e questo depone sicuramente a favore dell’acquirente. I problemi nascono dal fatto che i costi associati per citare in giudizio una compagnia esterna al proprio dominio legale sono piuttosto alti. E spesso le compagnie offrono garanzie soltanto ai clienti del proprio paese. In realtà i problemi giuridici connessi al commercio elettronico sono rilevanti, basti pensare alla validità della “firma” elettronica alla stipula del contratto. Anche se per gli utenti del Nord America sembrano non esserci problemi. Ma di questo si parlerà diffusamente più avanti.

Livello di servizio

Il servizio al cliente sia prima, che durante, che dopo l’acquisto di un prodotto è un fattore importantissimo per rendere completo il prodotto e fidelizzare il cliente. Attraverso i canali telematici può essere assicurato un elevatissimo livello di servizio, in special modo per le merci immateriali. Basti pensare, nel caso del software, alla teleassistenza. Il tecnico dell’azienda accede in modalità remota al computer del cliente e agisce per risolvere (per quanto possibile) malfunzionamenti o modificare le impostazioni del lavoro. Questo significa un tempo minore per la risoluzione dei problemi (l’assistenza telefonica, risolutiva o meno, tiene impegnato tecnico e cliente per lungo tempo) e consente un intervento ottimale e ad altissimo valore aggiunto. Teleassistenza a parte, per gli altri prodotti il servizio si può manifestare attraverso il dialogo mediante posta elettronica. Sotto tale punto di vista il fattore di successo diventa la tempestività (e la professionalità) con la quale gli addetti alle pubbliche relazioni rispondono ai quesiti o dubbi del cliente. In caso contrario, la possibilità

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di interazione con il cliente diventa un boomerang per l’immagine dell’azienda. Si potrebbe obiettare che rispondere a centinaia di e-mail risulterebbe un lavoro monumentale per qualunque addetto alle pubbliche relazioni. Ma è sufficiente approntare una pagina informativa contenente i problemi e le domande più ricorrenti di clienti effettivi e potenziali per dare un ottimo servizio, lasciando il resto al lavoro umano. Altre modalità di dialogo, a prima vista fantascientifiche, sono state già realizzate: Dell Computer (settore informatica) è in grado di fornire su Internet un’interfaccia parlante sul proprio sito dedicato all’assistenza tecnica.

V.2.2 Prezzo L’effetto dirompente del commercio attraverso i canali telematici può alterare notevolmente i processi che conducono alla determinazione del prezzo di un prodotto/servizio. Le forze coinvolte nel fenomeno sembrano essere di molteplice natura. In primo luogo, coerentemente con quanto detto nel capitolo III, i canali telematici possono innescare spinte all’accorciamento del canale distributivo. Ciò potrebbe causare una redistribuzione dei margini a favore dell’anello finale della catena del valore, anche se ciò sarà legato all’entità dei costi per l’utilizzo di canali alternativi di vendita da parte del settore produttivo. In tal senso, molto dipenderà dalle economie di scala raggiungibili dal servizio postale e/o dai corrieri espressi, nonché da elementi di ordine fiscale (ad es., i differenziali tra le imposte sul valore aggiunto nei diversi paesi). Il processo sembra favorire più le aziende produttrici che non il dettaglio, in quanto, almeno nel breve periodo, quest’ultimo dovrà comunque tenere in piedi l’organizzazione in-store. D’altro canto, non si teorizza certo una scomparsa dei canali distributivi tradizionali. Per il momento quindi, i canali telematici saranno

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semplicemente un mezzo (con costi molto bassi) per allargare la propria area di affari senza dovere per questo smantellare la propria struttura. In secondo luogo, più volte è stato ribadito che una delle peculiarità dei canali telematici è quella di consentire all’utente di effettuare uno shopping comparato, anche tra aziende geograficamente molto distanti. L’approssimarsi del potenziale acquirente ad una situazione di conoscenza perfetta condurrà ad una forte competizione sul prezzo, in special modo per quei prodotti più facilmente confrontabili (tipicamente beni non problematici).115 In terzo luogo, la diffusione di mezzi telematici per il commercio acuirà notevolmente le pressioni concorrenziali esistenti. I costi di accesso “virtuale” al mercato sono molto bassi, e sono in grado di annullare barriere all’entrata e rendite monopolistiche di qualunque tipo. Piccole aziende fortemente technology-intensive possono competere a costi inferiori con le aziende più grandi e prestigiose. In ogni caso, la competizione globale di cui sopra porterà ad una selezione delle imprese caratterizzate da maggiore produttività e professionalità. Se questo non dovesse tradursi in grosse variazioni di prezzo verso il basso, condurrà sicuramente ad un aumento del livello globale della qualità, caratteristica maggiormente rilevante per quanto riguarda i beni problematici.

V.2.3 Pubblicità e promozione Dopo le considerazioni fatte nei capitoli II e III, risulta assai plausibile ritenere che l’utente di una infrastruttura telematica di massa non è più interessato alla classica comunicazione persuasiva, tipica del paradigma della produzione di massa (anche nelle comunicazioni). Piuttosto, egli è alla ricerca di un sistema informativo il più possibile obiettivo, che lo renda edotto sui reali vantaggi e sulle effettive qualità di un determinato prodotto. Pertanto, dettaglianti e produttori non potranno

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più fare affidamento, per la promozione delle proprie linee di prodotti, su attributi intangibili, ma solo su ben definite caratteristiche di qualità.116 Da questa breve premessa è evidente che, coerentemente con quanto affermato nel capitolo II, viene completamente rovesciato il rapporto promozione/consumer. La connessione telematica non è sempre attiva come, ad esempio, la televisione e la radio che sono in grado di attrarre il consumatore anche se sta facendo altre cose. Il canale telematico esclude a priori una fruizione passiva del messaggio.117 Ci si collega appositamente per ricercare informazioni o per scoprire l’ubicazione di nuove risorse. Non è quindi il messaggio che entra in casa oppure in ufficio ma esattamente il contrario. E’ l’utente che sceglie autonomamente di visitare o di soffermarsi su una particolare risorsa (nel gergo Internet si parla di sito).118 Parlando più specificatamente di Internet, facendo un paragone banale con il più classico dei media pubblicitari, i 30 secondi di uno spot televisivo durante la fascia meridiana non corrispondono al tempo di osservazione-esposizione di una pagina di informazioni telematiche, sia perché attualmente si viaggia in modo molto veloce, anche per diminuire i costi di collegamento119, sia perché quando il contenuto di una pagina di informazione è piuttosto interessante si usa trasferirlo sulla memoria di massa (hard-disk) del proprio personal computer in formato di solo testo (escludendo cioè la componente visiva del messaggio). Inoltre, l’utente ha la tendenza a visualizzare le informazioni contenute nella pagina, disinserendo i comandi che mostrano le immagini (le più “pesanti” in termini di tempi di caricamento), caricandole

115Cfr.

M. Rosolin, “La tecnologia videotex”, op. cit., pp. 167-168. Rosolin, “La tecnologia videotex”, op. cit., p. 171. 117Per la pubblicità attraverso canali telematici è stato addirittura coniato il termine intertising. 118Marta Mandò, “Pubblicità on line: vademecum per Internet”, Media 2000, n. 134, Dicembre 1995. 119Ricordiamo che attualmente i costi di collegamento si compongono di una quota fissa (l’abbonamento da versare al fornitore d’accesso per poter usufruire di una “porta” telematica) e della quota variabile rappresentata dal costo degli scatti telefonici sul tempo di collegamento tra il fornitore d’accesso e l’utente. 116Marina

122

solamente in un secondo tempo quando il sito prescelto risulta davvero interessante. Una volta stabilite le modalità di fruizione da parte dell’utente, quale diventa la strategia di successo per la pubblicità on-line? Certamente riempire le caselle di posta elettronica di “volantini” virtuali è una strada poco praticabile. In primo luogo perché viene considerata una manovra estremamente annoying (eticamente scorretta); in secondo l’utente stesso (o il fornitore d’accesso cui si collega) si può difendere attraverso particolari filtri.120 In terzo luogo, è una strategia di tipo totalmente indifferenziato e poco valida nel senso informativo del termine. Sembra una banalità, ma visualizzare informazioni tramite pagine ad alto impatto grafico, di tipo multimediale (le famose pagine WWW su Internet) sono già di per sé una forma di pubblicità. In realtà, la questione è fondamentale perché se mettersi in rete è automaticamente una forma di pubblicità e promozione della propria azienda e dei propri prodotti, allora chi sarà in grado di “pubblicare” le pagine migliori sui siti migliori sarà più visibile. E questa non è un’opzione preclusa alle piccole aziende. Infatti, è possibile affermare che i risultati della comunicazione d’impresa, attraverso i canali telematici, sono meno legati proporzionalmente al budget disponibile dell’azienda. Riprendendo l’esempio di Internet, l’azienda si trova dinanzi a un potenziale enorme di utenti, senza barriere e con la capacità di penetrazione dei mercati lontani o verticali a un costo molto contenuto, irrisorio se paragonato ai normali costi per la comunicazione diffusa.121Se si considerano, ad esempio, gli oneri di stampa e

120Una

casella di posta elettronica consente la giacenza di un numero finito di messaggi. Se si eccede tale capacità il fornitore d’accesso solitamente o cancella i messaggi in eccesso oppure tariffa l’eccesso di spazio utilizzato sul server. Ecco quindi l’accettazione volontaria a livello internazionale di una sorta di legge non scritta (Netiquette, o Galateo della Rete): migliaia di imprese che inviano ciascuna migliaia di volantini elettronici costituirebbero una situazione insostenibile. 121Andrea e Giulio Castiglioni, Internet for Business n. 1, inserto del Sole 24 ore del 18/10/1996, p. 8.

123

spedizione, i costi per promuovere un’attività commerciale tramite i mezzi di comunicazione tradizionali, come campagne pubblicitarie, spedizioni via posta e cataloghi, sono molto alti. Un sito WEB ben fatto, invece, costituito anche da centinaia di pagine, costa in Italia, al massimo, una trentina di milioni, hardware e linea dedicata compresa. E il nostro Paese presenta in assoluto le tariffe più elevate. Altra caratteristica importante è che la pagina di informazione telematica non è selettiva perché, almeno sulla carta, non si riferisce a un target di utenza determinato ma agli utenti eterogenei sparsi per il mondo. Attirare l’attenzione con un messaggio seduttivo e una bella immagine anche multimediale non paga se poi non è associata a trasparenza e qualità dei contenuti pubblicitari. In ambito telematico, il layout (che distingue un marchio) non passa per chi strilla di più (per chi ha maggiori capacità di investimento) ma per chi offre il meglio nel modo più chiaro possibile. Ed il meglio sulla rete significa che più si fa interessante una raccolta di risorse, più verrà visitata. E interessante significa altamente leggibile, ricca di informazioni, di servizi, di facile fruizione e che rispetta le esigenze di rapidità di caricamento (sufficiente velocità e potenza della macchina raggiunta anche in caso di simultanee richieste), di facile consultazione e informalità dell’utente telematico medio.122 In breve, è il connubio pubblicità-servizi informativi (anche di natura generale e non necessariamente legati in maniera intima alla mission aziendale) che calamita l’attenzione del consumer telematico. Si parla di un utente esigente, meno sollecitabile dalla persuasione occulta e che grazie al media fortemente interattivo ha la possibilità di verificare da solo e in modo più diretto il rapporto verità-prestazioni annunciate dall’azione comunicativa aziendale. Per fare un esempio, il potenziale 122Quanto

detto è coerente con la formula di Schramm (ripresa da P. Kotler, Marketing Management, op. cit., p.779) per misurare la probabilità di ottenere l’attenzione da parte del ricevente un messaggio pubblicitario: P = (Er-Ep)/ S, con Er entità della ricompensa attesa, Ep entità della punizione attesa, S = Sforzo previsto. Nonostante l’interattività della comunicazione

124

acquirente può accedere on-line alle risorse informative della società che vende quel determinato prodotto, prendere contatti diretti con persone che lo hanno già acquistato, può semplicemente inviare un messaggio di posta elettronica per chiedere maggiori informazioni e inviare osservazioni e può con altrettanta facilità mandare messaggi in rete, per dire il suo giudizio su quel prodotto. Da questo punto di vista, un fattore di successo, come si è già detto, è la rapidità (e capacità) di risposta con la quale l’azienda entra in contatto con il potenziale cliente. Data la facilità da parte di ogni utente telematico di trasmettere e ricevere informazioni, in ultima analisi sono gli utenti i veri promotori (attraverso il classico meccanismo del word of mouth), almeno per molti prodotti. Volendo fare un esempio, si pensi al software. Almeno per ora la maggioranza degli utenti telematici sono appassionati di computer e, a differenza delle utenze professionali, sono molto rapidi nell’installare i nuovi software che migliorano le prestazioni delle loro macchine. Spesso questi software vengono promossi dagli utenti stessi che si passano informazioni

attraverso

il

tam-tam

delle

aree

di

discussione

(newsgroups)123 e delle mailing-list124, promuovendo una rapida diffusione del prodotto. Per amor di discussione si riportano alcune opinioni riguardo l’inefficacia della promozione attraverso i canali telematici. Alcuni argomentano che il costo per migliaio (di persone raggiunte) per la pubblicità su di un canale telematico è notevolmente superiore rispetto ai canali tradizionali. Ma questo, secondo il parere di chi scrive, è un modo di ragionare legato ancora al “vecchio” concetto di promozione. La pubblicità tradizionale, seppur studiata per target telematica implichi uno sforzo maggiore, l’effetto globale sull’attenzione viene ben compensato dal primo termine del numeratore. 123Nelle reti telematiche diffuse il termine indica una conferenza, una sorta di bacheca elettronica dedicata alla discussione di un argomento specifico dove gli utenti spediscono e ricevono messaggi visibili da tutti i partecipanti. 124Gruppo di discussione organizzato per mezzo della posta elettronica. Mentre al newsgroup si accede attraverso la connessione a un particolare server, ogni contributo dei partecipanti viene inviati via posta elettronica al gestore dell’elenco, che inoltra i messaggi nelle caselle postali di ciascun partecipante.

125

particolari, si rivolge ad un pubblico che non ha immediato interesse per un prodotto, mentre nel caso della promozione elettronica accade esattamente il contrario. Il problema è che, almeno in questo momento, non bisogna vedere i due tipi di promozione come antitetici. Per far conoscere un nuovo prodotto, probabilmente, i tradizionali media sono ancora fondamentali. Ma la vera efficacia dell’azione promozionale, cioè la capacità di fidelizzare il potenziale acquirente, se non al prodotto almeno all’immagine dell’azienda, rimane un compito più adatto per un mezzo interattivo di comunicazione aziendale. Il mix tra politiche promozionali diverse rimane una strategia vincente: basti vedere, ad esempio, gli spot televisivi di aziende come Fiat, o in settore completamente diverso, Mentadent, che indicano nell’ultima inquadratura del filmato televisivo l’indirizzo del proprio sito Internet. E in ogni caso, al di là di tutte le critiche possibili, il numero degli utenti telematici è destinato a crescere, e di pari passo

crescono gli

investimenti pubblicitari telematici. Segno che gli esperti aziendali di marketing pensano di averne un vantaggio, se non in termini di risultati immediati, in know-how da mettere a frutto nel momento giusto.

V.2.4 Distribuzione Nel capitolo III abbiamo prospettato una vera e propria rivoluzione del sistema distributivo, caratterizzato da fenomeni di crescente disintermediazione e dalla perdita di potere della grande distribuzione a favore del settore produttivo. Il vantaggio principale dell’azienda di produzione nell’utilizzo dei canali telematici per la commercializzazione dei propri prodotti è l’accorciamento del canale distributivo e il conseguente maggiore controllo sulle proprie strategie di posizionamento e di lancio di nuovi prodotti. Un altro vantaggio potrebbe essere il minor prezzo cui poter vendere il prodotto, oppure, a parità di prezzo, l’aumento dei margini. D’altro canto, come si è visto, i canali telematici offrono nel contempo

126

alle imprese commerciali l’opportunità di frapporsi nuovamente tra produzione e distribuzione attraverso una funzione di intermediazione eminentemente informativa. E questa nuova lotta per il potere dipenderà da chi saprà adeguarsi meglio alla nuova realtà. I nuovi equilibri che si stanno delineando stanno conducendo al graduale superamento del concetto tradizionale di dettaglio, che sta migrando verso quello che è stato denominato offering system125, caratterizzato dalle seguenti peculiarità:

a) i soggetti coinvolti nel sistema interagiscono in maniera orizzontale piuttosto che verticalmente. Il sistema integra cioè in maniera simultanea le funzioni di produttori, dettaglianti, istituzioni finanziarie, ecc. ;

b) la rivalità competitiva risulta più accentuata, non solo dall’invasione di produzione e distribuzione ciascuno nel campo di attività dell’altro, ma anche dall’ingresso di nuovi soggetti come i media tradizionali, i produttori di hardware e di software ;

c) maggiore coinvolgimento nel sistema distributivo informativo delle istituzioni creditizie e finanziarie a causa della crescente integrazione tra sistemi di pagamento e transazioni ;

d) maggiore coinvolgimento, è stato ribadito per tutto lo studio, dei consumatori, che sono fruitori e al tempo stesso progettisti sia del bene che del modo di reperirlo ;

e) come conseguenza dei punti esaminati un aumento della cooperazione tra soggetti diversi, con realizzazione di joint ventures fino alla nascita 125La

teoria dell’evoluzione del dettaglio dal conventional retailing al vertical marketing system fino all’offering system è dovuta al lavoro di L.J. Rosenberg e E.C. Hirschmann, "Retailing

127

di poli informativi globali (accordi con istituzioni creditizie, aziende di grande distribuzione, produttori di elaboratori, aziende di networking, software houses, fornitori di connettività, produttori di smart card).

Tale

situazione

modificherà

profondamente

l’attuale

configurazione funzionale dell’azienda commerciale e sottolineerà, nel contempo, l’importanza di avere a disposizione reti di produzione altamente flessibili.126

Se per l’impresa produttrice, grazie ai canali telematici, la funzione di distribuzione di informazioni riguardo i propri prodotti può essere svolta efficacemente, resta da esaminare il fenomeno prettamente logistico della distribuzione. Per quanto riguarda la consegna del bene, le alternative più plausibili alla distribuzione classica sono il servizio postale (o di altri servizi di consegna a domicilio) o la costituzione di centri specializzati nella funzione logistica, che emergerebbero come nuovi attori del processo economico. La decisione in merito alle modalità di consegna non potrà essere presa al di fuori di una valutazione accurata dei costi implicati dalle diverse alternative individuate, nonché delle eventuali considerazioni dei consumatori sul tempo e sulla comodità. Ma il commercio elettronico sarà lo specifico oggetto dei prossimo paragrafi.

without stores", Harvard Business Review, Luglio-Agosto 1980, citato da M. Rosolin “La tecnica di vendita in-home”, op. cit., pp. 194-203. 126M. Rosolin, “La tecnica di vendita in-home”, op. cit., p. 204.

128

V.3 ESPERIENZE REALI NELL’USO DEL MARKETING TELEMATICO (IN ITALIA) Per finire, si può dare qualche dato sul gradimento dei mezzi telematici da parte delle aziende italiane. Nel 1996 Ac Nielsen ha attivato in Italia un osservatorio trimestrale dei siti WWW in Italia per tipologia funzionale e per settore merceologico.127 Obiettivo della società è di fornire alle aziende italiane tutte le informazioni essenziali su come i concorrenti e i propri partner utilizzano le possibilità offerte da Internet. La prima rilevazione è stata fatta alla metà di giugno del 1996. Da quel momento i dati raccolti verranno rivisti e aggiornati quattro volte l’anno e i risultati pubblicati in rapporti trimestrali. Sono stati censiti 2.885 siti di cui il 64% a carattere commerciale, e dai quali sono stati esclusi i siti dei fornitori di accesso (providers). I settori economici che mostrano maggiore interesse nei confronti di Internet, oltre alle ovvie presenze di informatica e telecomunicazioni, sono quelli dell’industria, del finanziario-assicurativo, dell’editoria, dei servizi. Minore interesse si rileva tra le aziende produttrici di beni di largo consumo. Il nuovo mezzo, coerentemente con gli orientamenti teorici visti, viene utilizzato solo marginalmente per attività pubblicitarie “classiche”. Infatti il 47% dei siti assolve a una funzione di supporto alle vendite con informazioni sui prodotti e sui servizi; l’11% (ben 317) viene utilizzato per il cosiddetto commercio elettronico, seppur in condizioni di sicurezza non ancora ottimali. A parere dei ricercatori le aziende italiane sono ancora lontane da un uso dei siti commerciali come vero e proprio strumento di marketing, cioè inserito all’interno di una precisa strategia. Considerazione persino ovvia se si pensa che la maggior parte della azienda delega la gestione del

127La fonte dell’informazione è Pino Fondati, “Osservatorio della Nielsen sulle aziende italiane online”, il Sole 24 Ore, 25/10/1996, p. 42.

129

sito Internet al responsabile EDP piuttosto che alla direzione marketing, a conferma di una scarsa dimestichezza con i nuovi strumenti offerti dalla tecnologia.

V.4 LA TELEMATICA COME MEZZO PER IL COMMERCIO: I PRO Oggi le tecnologie informatiche e telematiche aprono nuove prospettive e rendono più complesso e diversificato il concetto di nonstore retailing, in quanto offrono la possibilità di realizzare il processo di acquisto attraverso un collegamento interattivo tra utente e organizzazione di vendita.128 I canali telematici offrono senza dubbio tutta una serie di vantaggi per chi voglia commercializzare i propri prodotti al di là dei canali tradizionali:

V.4.1 Il target L’utente medio di un canale telematico, anche alla luce di quanto visto nel Capitolo II, presenta caratteristiche che ne fanno un cliente molto appetibile. E’ infatti caratterizzato da elevate possibilità economiche e da una particolare “vocazione al consumo”. E’ più avvezzo del cliente “reale” all’utilizzo di mezzi di pagamento elettronici ed è più rivolto all’acquisto di articoli ad elevato margine per il dettagliante. E’ molto probabile che anche con il crescere del numero di utenti queste caratteristiche verranno conservate nella sostanza.

128M. Rosolin, “La tecnica di vendita in-home”, in L. Pilotti, M. Rosolin, E. Rullani, La rivoluzione tecnologica nel commercio: dalla gestione di merci alla gestione dell’informazione, op. cit., p. 174.

130

V.4.2 I costi A parità di potere di penetrazione nel mercato e di efficacia di comunicazione, l’utilizzo di un canale telematico ad ampia diffusione presenta costi notevolmente più bassi. Grazie alla tecnologia, l’utente telematico ha attualmente la possibilità di fruire di una grafica accattivante, di ascoltare suoni e visionare brevi filmati. Le pagine di informazione telematica possono incuriosire molto di più il potenziale acquirente del classico catalogo per la vendita postale. E in ogni caso, la qualità generale della comunicazione telematica può soltanto aumentare con l’impressionante avanzare delle tecnologie che consentiranno ampiezze di banda elevate anche per l’utente privato. Inoltre, un negozio on-line non ha bisogno di commessi e funziona 24 ore al giorno, riducendo notevolmente per l’azienda il costo di commercializzazione unitario.

V.4.3 Aggiornamento (catalogo e magazzino) L’aggiornamento di un catalogo on-line avviene in maniera semplice ma soprattutto immediata, e consente l’abbattimento dei relativi costi di distribuzione. Aggiornando un catalogo on-line si rendono immediatamente disponibili a tutti gli eventuali acquirenti le variazioni subentrate nei prezzi o nel parco dei prodotti disponibili, con una percezione di efficienza elevatissima da parte dell’acquirente. Nel non-store retailing classico, la vendita postale per intenderci, un costo rilevante è rappresentato dalle spese di distribuzione dei cataloghi e dall’invio di listini integrativi. Non vi sono costi particolari neanche dal passaggio da una modalità di vendita all’altra, nel senso che adattare

un

catalogo

cartaceo

alla

pubblicazione

telematica

è

relativamente semplice. Inoltre, la vendita per corrispondenza condotta in maniera convenzionale richiede di poter disporre di fondi consistenti, anche per la necessità di gestire il magazzino in maniera particolare (e molto più

131

onerosa, in termini sia monetari che di organizzazione). Vendere attraverso un canale telematico significa invece poter gestire con la massima flessibilità gli stock effettivamente disponibili, magari attraverso un collegamento in tempo reale con i propri grossisti. Si pensi ad un prodotto richiesto al dettagliante dai clienti in maniera assolutamente non prevista. Il distributore si collega al server del proprio fornitore e prenota quanti più articoli possibile direttamente sul magazzino del partner.

V.4.4 L’abbattimento delle frontiere nazionali Essere presenti (e altamente visibili) su un canale telematico di massa significa per una ditta poter ricevere ordini potenzialmente da ogni parte del globo. L’automatica visibilità su un mercato che non sia solo quello nazionale apre possibilità finora impensabili e consente di penetrare commercialmente mercati difficilmente raggiungibili con altri mezzi. La possibilità di esportare all’estero i propri prodotti non sarà più appannaggio di pochi, e soprattutto anche le piccole aziende produttrici di merci di qualità elevata potranno avvantaggiarsene senza dover disporre di un’organizzazione commerciale specializzata.129 Ovviamente vi sono tutta una serie di problemi di ordine giuridico e valutario sui quali però ci si soffermerà brevemente più avanti. Nella generalità dei casi, comunque, si sta assistendo anche a una “convergenza” giuridica, innescata dai fenomeni di integrazione internazionale ed europea.

Lasciando per un attimo l’ottica del marketing, i canali telematici offrono poi, rispetto alla vendita postale “tradizionale”, tutta una serie di vantaggi legati alla componente organizzativa d’impresa:

a) razionalizzazioni nella elaborazione dei dati e nella evasione degli ordini;

129Roberto Rota, “Acquisti virtuali: perchè scegliere la rete”, Networking Italia, n. 9, Settembre 1996.

132

b) maggiore livello di servizio ai consumatori attraverso avvisi di indisponibilità della merce ed offerte alternative; c) minori possibilità di consegne sbagliate per errori nella trasmissione degli ordini; d) massima possibilità di dialogare con la clientela. Dal punto di vista dell’utente, i vantaggi legati alla vendita telematica sono invece i seguenti:

a) Possibilità di ordinare comodamente e a prezzi favorevoli; b) annullamento di errori attraverso controlli rigorosi; c) immediata conoscenza della disponibilità della merce con contestuale prenotazione della stessa; d) immediata proposta di prodotti sostitutivi nel caso di indisponibilità della merce; e) possibilità di dialogo oltre l’orario di ufficio;

Tutto ciò, evidentemente, permette la costruzione di una forte immagine di marca attraverso la rapida ed efficiente soddisfazione delle esigenze della clientela.

V.5 LA TELEMATICA COME MEZZO PER IL COMMERCIO: I CONTRO Se la teoria attribuisce alla vendita telematica indubbi vantaggi, una corretta analisi del fenomeno non può non prescindere dai problemi che caratterizzano il non-store retailing telematico. Alcuni di tali problemi sembrano pian piano in via di soluzione, altri richiedono la valutazione della telematica da parte delle autorità pubbliche come settore strategico dell’economia. Il quadro comprende:130

130La lista proposta è tratta da M. Rosolin, “La tecnica di vendita in-home”, op. cit., pp. 175176.

133

V.5.1 Carenza di competenze manageriali Non è un problema di poco conto, in quanto il successo delle iniziative commerciali telematiche dipende molto anche dal tipo di strategie perseguite, che assieme a tecnologia e costi di connessione rappresentano i fattori push di successo. Il management, nonostante i contributi preziosi della teoria, pare non riesca ancora a superare il vecchio paradigma della produzione di massa per il paradigma dell’informazione. Molti hanno considerato la diffusione dei canali telematici, Internet in testa, come una moda passeggera. altri come il vaso di Pandora in versione tecnologica (la telematica come paradiso di hackers, pedofili, ecc.). In realtà, dopo tanto parlare a sproposito, il marketing telematico sta diventando una cosa seria anche in Italia. Tanto seria che anche l’Università Bocconi vi dedica da qualche tempo un’attenzione sempre maggiore e ha creato, all’interno dell’Osservatorio Marketing della Facoltà, un’unità di studio proprio sui new media e sull’utilizzo che le aziende potranno fare dei nuovi ambienti che le tecnologie digitali mettono a disposizione.131

V.5.2 Carenza di risorse finanziarie Fin dai tempi del videotex i costi materiali ed immateriali per la messa a punto di un sistema di distribuzione computerizzato erano decisamente al di sopra delle possibilità finanziarie della gran parte delle aziende, eccetto le più grandi. Tale problema sta lentamente perdendo rilevanza. I costi dell’hardware sono divenuti, a parità di potenza di calcolo, praticamente irrisori persino rispetto a cinque anni fa. Anche affittare dal gestore telefonico una linea dati affinché il proprio sistema computerizzato sia visibile 24 ore al giorno sulla dorsale telematica sta diminuendo

131Sotto

l’egida della prof.ssa Andreina Mandelli. Vedi Riccardo Staglianò, Comunicazione interattiva, Castelvecchi, Roma, Novembre 1996, pp. 95-96.

134

notevolmente grazie alle politiche di deregulation che faticosamente cominciano ad affermarsi persino nel nostro Paese.

FIG. V.1 Il costo mensile delle linee dedicate (64 Kb/sec. x 100 Km.) 1991

5000

1995

4500

Dollari USA

4000 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 B

F

D

I

NL

E

CH

GB

Fonte: Gartner Group132

V.5.3. Incapacità di soddisfare i bisogni dei consumatori Nelle vecchie esperienze di non-store retailing elettronico si considerava come punto di forza il risparmio di tempo. Viceversa, in quelle prime applicazioni, il cliente si trovava a dover perdere tempo sia nella fase di scelta della merce come in quella di ordinazione e consegna della stessa. Interfacce comunicative di sempre più facile utilizzo hanno risolto non poco il problema. Anche se per una diffusione su grande scala ci vorrà una maggiore alfabetizzazione telematica dei consumatori. Sebbene si parli spesso di “commodizzazione” del Personal Computer, occorre sottolineare che tale prodotto pone dei forti limiti a questo processo. Un televisore, ad esempio, è per sua natura un prodotto “plug and play”: si acquista, si porta a casa, si accende e dopo una breve programmazione è utilizzabile al pieno delle potenzialità. Il PC no. Esso richiede una dimestichezza e un background tecnico che, nonostante le applicazioni sempre più facili da utilizzare, può dare origine a qualche problema. E’ la natura del bene ad essere molto particolare: l’utente del televisore è tendenzialmente passivo, quello del PC (magari collegato ad una rete 132Ripresa

dal Sole 24 Ore del 15/11/1996, p. 41.

135

telematica attraverso il modem) gioca un ruolo sicuramente diverso. Si è già parlato della scarsa diffusione del PC presso le famiglie italiane; certo in USA una famiglia su quattro possiede un PC, ma è ancora troppo poco per una nazione dove il 98% ha il televisore e il 96% il telefono. Lo sviluppo dei sistemi di riconoscimento vocale (nei PC) del network computer (che carica il software necessario direttamente dalla Rete per gli scopi che si desiderano raggiungere) e della tecnologia Web TV dovrebbe però allontanare le ultime resistenze. Un problema di rilevanza inferiore è poi quello della lingua, per chi non abbia previsto una versione multilinguale delle pagine informative. Rimane infine una sorta di “pressione” dovuta al costo della telefonata, che talvolta non permette una scelta del prodotto in tutta tranquillità, (specie in Italia).133 Ma, analogamente al trend sui costi delle leased-line, fa ben sperare la tendenza generalizzata della deregulation nel campo dei servizi di telecomunicazione dati e fonia.

V.5.4 Incapacità di offrire prezzi competitivi Anche se l’obiettivo delle aziende è quello di scaricare parte del margine risparmiato nella distribuzione tradizionale ai consumatori, i prezzi possono risultare non particolarmente convenienti. Questo potrebbe scoraggiare il consumatore telematico “medio”, anche perché per il consumatore sussistono comunque dei costi da sopportare per dotarsi di un sistema telematico efficiente e accedere alla Rete. Certamente il costo di spedizione a domicilio incide in modo tutt’altro che trascurabile sul prezzo finale del prodotto. E, specie in Italia, un costo aggiuntivo è dato dall’onere (a carico del cliente) di concludere la transazione attraverso carte di pagamento.134 Ma la nuova politica di marketing degli istituti bancari sembra finalmente andare nel senso opposto, facendo ricadere l’onere sulla catena distributiva. 133In

Italia, se ci si collega a Internet attraverso un fornitore d’accesso del proprio distretto telefonico, il costo orario Telecom va dalle 3.300 alle 1500 lire. 134E difatti soltanto 6 transazioni su 100, in Italia, vengono concluse attraverso carte di credito.

136

V.5.5 I problemi giuridici Indubbiamente tra diritto e telematica non ci può essere un buon rapporto: mentre la tecnologia procede a velocità elevatissime, aprendo problematiche sempre nuove, il diritto procede con prudenza e non riesce a disciplinare con tempestività i nuovi scenari. Vi sono numerose occasioni di conflitto tra le due discipline, tra cui il rapporto tra fornitore di accesso e utente o la tutela della riservatezza (di cui però si comincia ad avere una disciplina organica a livello extraterritoriale dopo la Direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995). Tuttavia, per gli scopi che interessano in questa sede, ci si limiterà a qualche considerazione sulla disciplina delle compravendite e dei contratti. Secondo l’ordinamento giuridico ogni manifestazione di volontà può avvenire in forma sia orale che scritta. A seconda della forma, deriveranno diverse conseguenze sulla validità del contratto, sul luogo e sul tempo nel quale esso dovrà essere ritenuto concluso, ecc. I problemi nascono dal fatto che un contratto telematico non può essere facilmente ricondotto né alla forma scritta né a quella orale senza forzature. In pratica, se un utente telematico italiano conclude un contratto di acquisto con una società americana ma attraverso le pagine informative pubblicate su un server francese, qual’è il luogo di conclusione del contratto? E ancora: come è possibile accertare con esattezza quali siano le parti che hanno concluso il contratto? La materia è talmente nuova che non esiste in pratica una giurisprudenza di riferimento, e in ogni caso dovrebbe essere oggetto di una specifica ricerca. Non si conosce esattamente come viene risolto il problema in altri paesi. In Italia un disegno di legge tenta di disciplinare la questione. Ad esempio, nel caso venga espressa una volontà contrattuale tramite elaboratore, laddove non sia prevista o non sia tecnicamente possibile la

137

“firma elettronica”, la volontà stessa sarà giuridicamente imputabile al responsabile del sistema.135 In conclusione, attualmente, soltanto pochissimi tra gli utenti telematici si rendono conto dei problemi cui potrebbero incappare nell’acquisto di beni, e una ondata diffusa di “cause telematiche” potrebbero scoraggiare fortemente il non-store retailing elettronico. Fenomeni

quali

Internet

necessitano

di

strumenti

legislativi

extraterritoriali. E comunque l’intera materia andrà rivista alla luce della diffusione dei network computer di cui si è trattato nel capitolo precedente, che potrebbero svincolare in maniera rilevante il soggetto proprietario dell’interfaccia di comunicazione dal soggetto che conclude la transazione.

V.5.6 Il problema della privacy Gli studiosi di marketing sembrano avere tralasciato la questione, eppure la tutela della privacy (quella degli acquisti) è un grosso problema che potrebbe far snobbare il commercio elettronico da molti utenti.136 E’ un problema che ancora non si è manifestato con gravità e che comunque viene tenuto sotto controllo più da un comportamento deontologico da parte delle aziende che non da strutture super partes. Si riporta, per fare qualche riflessione, una manifestazione del problema relativo alla rete Internet. Per accedere a Internet, oltre l’hardware necessario, è necessario utilizzare un particolare software, il browser, che consente appunto di sfogliare le varie pagine informative passando con facilità da un fornitore di informazioni all’altro. Può accadere, durante la “navigazione” (passaggio da un sito all’altro) che un particolare sito richieda al browser un cookie (letteralmente “biscottino”). Cos’è il cookie? E’ un file contenente informazioni che alcuni server raccolgono sul conto dell’utente 135Con

tale termine si indica colui che risponde del sistema informativo stesso, pubblico o privato che sia, o di un settore dello stesso; ovvero il privato che sia proprietario di un sistema per le proprie esigenze personali o professionali.

138

(prelevandole dal browser) la prima volta che vengono visitati. Al ritorno dell’utente sulla pagina che ha depositato il cookie, il server remoto andrà a leggere le informazioni ivi contenute e tratterà l’utente in base alle preferenze associate alla visita di una particolare risorsa. Dal punto di vista del marketing questo è eccezionale: una volta ricollegati a un supermarket virtuale, il sito stesso può accogliere un utente “affezionato” magari mostrando le offerte speciali che riguardano i prodotti acquistati l’ultima volta. Ma sono informazioni preziosissime che possono catalogare ogni utente attraverso le sue preferenze, magari quelle sessuali o politiche a seconda dei siti visitati (basti pensare alle riviste). Il problema non riguarda tanto la singola azienda. Solo chi ha messo il cookie lo potrà riprendere e avere accesso alle informazioni personali che esso contiene. Ma esiste il grosso rischio che possa nascere un mercato dei cookie, mediante il quale informazioni che riguardano un utente possono passare da azienda ad azienda. I rischi attuali sono limitati, se non quello di trovare la casella di posta elettronica ricolma di volantini elettronici su prodotti che probabilmente l’utente gradisce. Ma le implicazioni sono così forti che potrebbero tenere alla larga i consumatori. Anche se bastano poche contromisure efficaci per evitare l’invio indesiderato di informazioni sul nostro conto. Ma solo i browser di ultima generazione permettono di compiere questa operazione senza l’ausilio di conoscenze tecniche sconosciute ai più. D’altro canto, potenziali lesioni dalla privacy possono derivare dallo stesso processo di acquisto. Lo sviluppo di servizi telematici commerciali è infatti un’ottima opportunità per le aziende di costituire enormi database relativi ai consumatori, identificati dal loro numero di carta di credito. Le abitudini d’acquisto così rilevate vengono poi utilizzate

136La

per

proporre

ai

consumatori

proposte

commerciali

questione è ripresa da R. Staglianò, “Comunicazione interattiva”, op. cit., pp. 66-69.

139

personalizzate. Una forma di pagamento ideale, tra le altre caratteristiche, dovrebbe garantire l’anonimato di chi acquista, esattamente come il denaro contante. Anche se il problema è stato focalizzato da tempo e sembra largamente superato dagli standard di pagamento elettronico realizzati.

V.5.7 Il problema dei pagamenti Nella generalità dei casi gli acquirenti/consumatori sono molto riluttanti a trasmettere via cavo il numero della propria carta di credito. Si potrebbe obiettare che gli stessi consumatori non si preoccupano minimamente di consegnare la carta al cameriere di un ristorante o a comunicarne il numero via telefono a un perfetto sconosciuto quando prenotano un auto a noleggio oppure una stanza d’albergo. D’altro canto, alla fine del 1995 fu arrestato un hacker che “lavorava” su Internet per aver trafugato ben 20.000 numeri di carta di credito. Tuttavia, il problema dei pagamenti attraverso un sistema telematico non può essere trascurato. Certo, si potrebbe risolvere il problema mantenendo on-line soltanto la “vetrina” del negozio virtuale e affidando al tradizionale e sicuro (cosa abbastanza opinabile) fax la gestione dei pagamenti. Ma a parte gli inconvenienti dovuti alla distanza (le chiamate al di fuori del proprio distretto telefonico) c’è un’inconveniente ancora peggiore: dividere temporalmente il momento della scelta di un prodotto da quello dell’acquisto si traduce molto spesso in vendite mancate. Il problema della sicurezza è soltanto una delle cause che inibisce il commercio elettronico. Vi è infatti, al di là di questo, un problema di definizione degli standard. Molte aziende hanno tentato di sviluppare un loro sistema per effettuare transazioni telematiche sicure. Ma così facendo, l’attività finanziaria si è complicata notevolmente a causa del numero di mediatori. Questo ha tenuto inevitabilmente alto il costo delle transazioni.

140

L’opportunità di creare uno standard per i pagamenti elettronici attraverso un canale telematico ha attirato molti dei tradizionali colossi della moneta fiduciaria. Nonostante le tensioni competitive, la questione si è finalmente concretizzata con il lavoro congiunto di MasterCard e Visa, la cui collaborazione ha dato origine, nel febbraio 1996, allo standard SET (Secure Electronic Transactions).137A tali specifiche ha aderito un paio di mesi dopo anche la prestigiosa American Express. MasterCard e Visa servono complessivamente circa 700 milioni di clienti in tutto il mondo. Grazie alla loro dimensione e alla capacità di coinvolgere le banche più importanti nell’operazione, molti ritengono che il SET consentirà finalmente al commercio elettronico di decollare. La collaborazione citata è il classico esempio di cooperazione tra diversi soggetti secondo la teoria dell’offering system. L’accordo riunisce infatti anche colossi provenienti da altri settori dell’economia quali IBM e Microsoft, e coinvolgerà necessariamente produttori di hardware e di carte intelligenti a microprocessore. Senza entrare nel merito del sistema, il SET, grazie al sostegno delle tre maggiori compagnie di carte di credito, ha forti possibilità di emergere come il sistema di pagamenti telematico per eccellenza. E’ un sistema molto sicuro (i codici di cifratura sono analoghi a quelli usati dai militari per i codici di lancio nucleari), ma ancora qualche difetto in termini di flessibilità. Problematiche quali carte intelligenti (smart card) che riportino il saldo e la questione dei micropagamenti non sono state ancora affrontate, ma tali questioni potrebbero essere affrontate nella prossima revisione del protocollo prevista entro un anno. Tra i sistemi alternativi al SET (ce ne sono diversi), un sistema radicalmente diverso è di Europay International:138 l’idea è quella di evitare di far viaggiare in rete il numero di carta di credito, “trasmettendo” 137Per

una trattazione completa sul sistema SET v. Larry Loeb, “Il SET è pronto”, Internet News, Anno II, n. 10, Novembre 1996, pp. 63-68 e sulla stessa pubblicazione, Andrew Kantor, “Fare shopping con SET”, pp. 68-69. 138La trattazione è ripresa da E. e C. Della Costa, “Borsellino elettronico”, Inter.net, n. 12, 10 Aprile 1996, p. 88.

141

direttamente il denaro. Ciò avviene attraverso l’utilizzo delle smart card, le carte intelligenti, le tessere che immagazzinano l’informazione su chip anziché su banda magnetica. Parallelamente, si dovrebbe sviluppare un mercato di lettori di smart card a basso costo da collegare al proprio PC. La carta diventa una sorta di borsellino elettronico dalla quale verrà sottratta la somma necessaria, che viene accreditata subito alla controparte. Esaurita la disponibilità, si torna in banca per far “ricaricare” la carta attingendo dal conto. Il sistema risulta ottimo per i micropagamenti (non più di 25 ECU) e presenta rischi molto contenuti, e sembra anche essere il sistema migliore per la diffusione dei network computer di cui si è parlato poc’anzi.

Per concludere, nonostante il commercio elettronico presenti ancora qualche svantaggio, pare che la maggior parte dei problemi sarà portata a soluzione in tempi sufficientemente brevi. Nel frattempo, il commercio telematico rappresenta ormai una realtà. Ma con quali cifre?

V.6 DATI EMPIRICI E PREVISIONI SULLO SVILUPPO DEL COMMERCIO ON-LINE Nonostante arrivino da più parti dubbi sull’effettivo decollo, sembra davvero che il commercio elettronico sia divenuto un fatto con le sue prime e sostanziose conferme. Le cifre che si analizzeranno sono tutte relative a iniziative commerciali nate su Internet. Le esperienze più interessanti giungono, come al solito, da Oltreoceano. Il consumatore del continente americano è tradizionalmente più avvezzo al non-store retailing, tipicamente le vendite per corrispondenza, probabilmente per le grandi distanze che caratterizzano l’area. Coerentemente, anche il commercio elettronico si è sviluppato con maggiore rilevanza, trainato anche dal maggiore favore verso mezzi di pagamento diversi dal contante.

142

Numerosi sono gli esempi. Da circa un paio d’anni opera l’Internet Shopping Network, sul quale oltre 600 aziende del settore informatico espongono merci (L’ISN fa parte del Home Shopping Network, uno tra i maggiori network di venditori su TV via cavo).139 Per collegarsi con ISN è necessario un preventivo tesseramento, a costo zero e senza nessun obbligo d’acquisto. Una volta divenuti membri, ci si connette in rete e, utilizzando il proprio codice d’accesso, si può ordinare la merce scelta dai cataloghi. Il pagamento avviene tramite carta di credito. La consegna, se l’ordine è partito entro le ore 14.00 (ora americana) avverrà entro il giorno seguente (sempre che si tratti di giorno lavorativo). I prodotti acquistati sono in garanzia e, per la generalità dei prodotti, possono essere sostituiti entro 90 giorni dall’acquisto. Il dato iniziale, a Maggio 1995, attribuiva a ISN un controvalore degli acquisti pari a circa 7.000 dollari al giorno. Purtroppo non si ha la disponibilità di dati più recenti. Nell’estate del 1996 la Dell Computers140 ha aperto il suo sito WEB con la possibilità di acquistare in linea i propri prodotti. Risultato: nove milioni di dollari di vendite in soli 30 giorni.141 Il miglior esempio di non-store retailing telematico per beni di largo consumo rimane Cdnow, un’organizzazione USA presente su Internet con un catalogo pressochè sterminato di pubblicazioni musicali, comprese videocassette VHS, edizioni su vinile per collezionisti, merchandise vario (T-Shirts, ecc.). CDNow commercializza i propri prodotti a prezzi decisamente concorrenziali. Ovviamente al netto dei costi di spedizione e delle eventuali perdite sul cambio per acquisti fatti dall’estero.

139Le

informazioni che seguono sono riprese da Giovanna de Giglio, “Shopping nel cyberspazio”, Internet News, anno I, n.2, Aprile 1995. 140Fondata 14 anni fa nel Texas, la Dell è stata la prima società del settore personal computers a vendere tramite catalogo con la tecnica del direct marketing, eliminando completamente catena di distribuzione e magazzini. Dal 1995 al 1996, in coincidenza con l’adozione di strategie coinvolgenti canali telematici, il fatturato è creciuto del 51%. 141Giuseppe Caravita, “Decolla il business online”, Il Sole 24 Ore, 16/10/1996, p. 41.

143

La consegna avviene tra i 3 e i 6 giorni lavorativi (circa due settimane per ordini eseguiti dall’estero). Il pagamento avviene tramite carta di credito, assegni (solo USA e Canada) e bonifici in dollari USA. Le spese di spedizione dipendono ovviamente dalla destinazione. Il costo di una spedizione negli USA va da un minimo di 2.49 $ ad un massimo di 4.94$, qualunque sia il numero di articoli ordinati. Un costo leggermente superiore è previsto per gli ordini ricevuti dal Canada. Per questi due paesi l’acquisto dei prodotti è decisamente conveniente, se paragonato, ad esempio, al costo in Italia di un CD audio o di una musicassetta. Per gli altri paesi, invece, il costo di spedizione è decisamente superiore, per alcuni anche troppo rispetto ai canali di vendita tradizionali. Le fasce di costo sono cinque, a seconda della destinazione dell’ordine. Fascia

A B C D E

Es. paesi

Ant. Olandesi, Bermuda Germania, Svizzera Italia, Spagna Sud Africa, Australia Russia, Giappone

Primi 3 artt.

3 artt. succ.

ogni art. in più

9.89 $ 11.89 $ 13.49 $ 15.09 $ 16.49 $

1.29 $ 1.69 $ 1.99 $ 2.29 $ 2.69 $

0.80 $ 1.20 $ 1.50 $ 1.80 $ 2.20 $

La spedizione in USA avviene tramite posta tradizionale oppure corriere espresso per gli ordini più “sostanziosi”. Per le spedizioni in altri paesi, il mezzo è la posta aerea, e questo giustifica i costi più elevati. CDnow garantisce la soddisfazione del cliente. Ogni articolo può essere restituito e rimborsato (al netto delle spese di spedizione) entro 30 o 14 giorni a seconda del tipo di articoli ordinati. Ogni titolo è accompagnato da una valutazione critica e in alcuni casi si può anche ascoltare qualche secondo della registrazione scelta. Il catalogo elettronico è completato dalle biografie di tutti gli artisti in catalogo, da immagini e da una vasta letteratura. Un ottimo esempio di servizio commerciale che guida il cliente nelle scelte ma anche una miniera di informazioni per chi si limiti a curiosare.

144

Queste ed altre realtà cominciano a costituire ormai un vero e proprio mercato. Secondo uno studio della società di ricerca ricerca ActiveMedia142, nel 1995 il volume d’affari del mercato elettronico su Internet è stato di 436 milioni di dollari, e che più del 50% è andato al 2% dei venditori presenti sulla rete. Secondo un’altra fonte, META Group, le transazioni commerciali su Internet si aggirano invece attorno ai 250 milioni di dollari l’anno. In Europa, e ancor di più in Italia, le cose stanno in maniera ancora piuttosto diversa. In Francia un certo numero di aziende di vendita per corrispondenza preferiscono espandere le proprie attività attraverso il sistema videotex (nel caso specifico il Minitel) piuttosto che attraverso Internet, nonostante la minore qualità del servizio. Analogamente sta succedendo in Germania col servizio Datex-J, gestito da Deutsche Telecom, ed anche in Svizzera accade una cosa simile. Il motivo è che il sistema videotex viene considerato più sicuro (si tratta di un sistema centralizzato e con punti di riferimento precisi, dato che raramente il traffico esce dai confini nazionali). Tuttavia, anche in Europa e nel nostro Paese sembra verificarsi un cambio di mentalità. Per quanto riguarda l’Italia, su Internet è presente dal Febbraio del 1996 l’organizzazione Cybermercato, una società di Olivetti Telemedia, che ha aperto il primo centro commerciale virtuale italiano, l’esempio nazionale più eclatante di servizio di shopping da casa. A differenza di altre realtà analoghe sorte per lo più in America o Gran Bretagna, Cybermercato è un vero e proprio servizio commerciale più che un servizio telematico. Infatti la società compra i prodotti che vende dai diversi fornitori e poi li rivende gestendo in proprio il magazzino, le spedizioni e tutto quanto serve a concludere il ciclo di vendita e approvvigionamento.

142Citato

dal prof. di Economia presso l’Università Cattolica di Piacenza Domenico Ferrari, “Internet e le imprese: una sintesi”, in AA.VV., “Internet e le imprese”, Atti del Covegno SMAU, Fiera di Milano, 19/10/1996.

145

In più, “affitta” i propri spazi virtuali di vendita a terzi, partner (tutti di gran marchio tra cui la Rinascente, McGraw-Hill, Apple, Olivetti) che supporta occupandosi della progettazione, della logistica, del marketing, degli incassi. Il sistema è progettato come un vero e proprio “mall” su cui si affacciano quattro aree: La Galleria (idee regalo), il Multimedia World (oltre 250 prodotti hardware e software), lo Spazio Giovani (uno spazio entertainment a cura dell’emittente Radio D.J.) e il Business to Business, spazio dedicato agli acquisti delle aziende. Attraverso le pagine informative l’utente può vedere i prodotti, sceglierli e, se vuole, comperarli. I prodotti acquistati verranno consegnati direttamente a casa entro pochi giorni da un corriere privato. Cybermercato consente di scegliere la modalità di pagamento preferita: se infatti la certa di credito non offre sufficienti garanzie di sicurezza, il cliente potrà decidere di pagare in contanti o con un assegno al momento della consegna. Come in un supermercato tradizionale, sfogliando le varie pagine c’è la possibilità di mettere i prodotti desiderati nel "carrello". E come al supermercato può decidere in ogni momento di togliere un prodotto dal carrello. Il tutto senza obbligo d’acquisto. Soltanto alla fine si potrà comperare con un unico ordine tutti i prodotti contenuti nel carrello. L’impegno ad acquistare i prodotti viene preso solo dal momento in cui ha inviato l'ordine. Cybermercato emette lo scontrino e tutela il cliente con le regole della televendita, recessione dopo 7 giorni inclusa. Nell’ottica di un quadro di sinergie tra media tradizionali e innovativi, la struttura è ora accessibile, oltre che su Internet, anche attraverso il sistema teletext dell’emittente televisiva Telemontecarlo. Non ci sono statistiche precise sul giro di affari di questa organizzazione telematica. Tuttavia, Cybermercato ha aperto nell’estate del 1996 sulla Rete Civica Milanese (una comunità virtuale piuttosto evoluta, 4.200 utenti) un’area per la vendita, a prezzi molto favorevoli, di

146

modem della Vobis (catena informatica nazionale). Risultato: uno o due articoli venduti al giorno, senza ordini fasulli e dieci volte al di sopra delle medie Internet italiane. Segno che anche in Italia il commercio elettronico può funzionare. Per quanto riguarda la tipologia dei clienti, la Nielsen ha analizzato un campione costituito da 500 clienti di Cybermercato: il 94% dei clienti è di sesso maschile. L'età media è 35 anni. Il 41% è laureato il 53% diplomato. Il 40% di quelli che comprano in rete lo fanno collegandosi da casa. Un’esperienza italiana ancora più recente nel campo del commercio elettronico è quella di Finest Quality Deal, un'alleanza tra PMI italiane (settore gastronomia) per vendere il meglio del Made in Italy direttamente al consumatore, attraverso Internet, in Italia, Unione Europea e nei paesi dove, gradatamente, estenderà i propri servizi. E' una società costituita da Soci Professionisti (il Management) e da Aziende Produttrici Socie che hanno, ciascuna, l'esclusiva di presenza nel Catalogo FQD per la propria tipologia di prodotti. FQD gestisce direttamente gli ordini, la Banca CARIPLO (Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde) gestisce la riscossione degli importi dalle carte di credito. Società specializzate nel trasporto di prodotti alimentari gestiscono la consegna dalla piattaforma logistica di Milano direttamente al domicilio dell'acquirente, in Italia o all'estero. Per quanto riguarda il sistema di pagamento, vi sono numerose opzioni: bonifico bancario presso CARIPLO, assegno Circolare o Bancario Non Trasferibile intestato e spedito a Finest Quality Deal Srl, vaglia telegrafico postale, carta di credito (Moneta, Visa, MasterCard, CartaSi), versamento presso agenzia Western Union Money Transfer. La spedizione dei prodotti ordinati al proprio domicilio avviene solo dopo l'effettivo incasso del valore da pagare, da parte di FQD. L'Acquirente riceve la comunicazione di conferma via posta elettronica.

147

Questo il presente in Italia e nel mondo. Per il futuro gli analisti prevedono trend di crescita a dir poco impressionanti. Sulla base di uno studio approfondito sugli utenti americani ed europei, Idc ha elaborato un modello previsivo del commercio elettronico su Internet. Secondo questo studio143, dai 16 milioni di utenti del 1995 ai 163 milioni del 2000 la quota dei “compratori abituali” salirà dal 24% di oggi al 28% (vedi fig. V.2). Ma il grosso della crescita, secondo Idc, sarà nell’intensità di acquisti. La stima di oggi è di una spesa annua sulla rete di circa 300 dollari pro-capite, che dovrebbe invece innalzarsi a 2.500 entro i prossimi quattro anni.

2000

1995

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

Milioni Utenti WEB

Acquirenti

FIG. V.2 Sviluppo commercio elettronico (fonte Idc)

Mentre oggi soltanto il 30% degli acquisti viene completato interamente sul canale telematico, nel 2000 questa quota dovrebbe salire ad oltre il 70%, per un totale di 78 miliardi di dollari. Di qui la previsione secondo cui un sito Internet commerciale (soprattutto negli USA, dove si concentrerà la gran parte degli acquisti telematici) passerà da un fatturato annuo di 610.000 dollari a 51 milioni di dollari nel 2000. Secondo Idc queste cifre sono calcolate al ribasso, escludendo le attività di compravendita finanziaria (azioni e titoli) e trascurando la crescita, forse più promettente, dei fatturati dei siti commerciali dedicati alla distribuzione di beni e servizi per le imprese.

143Citato

da Giuseppe Caravita, “Decolla il business online”, op. cit., p.41

148 1995

2000

SPESA ANNUA ACQUISTI PRO-CAPITE

285 $

2.565 $

SPESA SUL WEB

330 milioni $

78 miliardi $

FATTUR. ANNUO DI UN SITO COMMERCIALE

610.000 $

51.000.000 $

Tabella - Sintesi del rapporto Idc

Molto più cauti gli analisti della Forrester Research, che hanno stimato il volume d’affari su Internet nel 1996 in 700 milioni di dollari, per passare a 2,3 miliardi nel 1998 e 6,9 miliardi nel 1999. Valutazioni ottimistiche a parte, nessuna impresa può prendere sotto gamba tali cifre. Il commercio elettronico sta per diffondersi in maniera esplosiva, e questa è la sfida che attende teorici e tecnici del marketing del XXI secolo.

149

Conclusioni finali Dopo un quadro generale sulla distribuzione e un’ampia discussione sui cambiamenti nelle abitudini di acquisto del consumatore, questo studio ha evidenziato l’evoluzione nel tempo di scopi e metodologie da parte di produzione e distribuzione. Al termine di questa prima parte, è stato sottolineato l’affermarsi di uno scenario dove produzione, commercio e consumo, tutte con pari dignità, realizzano, grazie alle peculiarità dei canali telematici diffusi, un sistema interattivo di relazioni che pone le basi per il superamento del paradigma della produzione di massa. La seconda parte ha tracciato un parallelo tra due sistemi telematici diffusi molto diversi, videotex e Internet, esaminando la questione dal punto di vista strettamente tecnologico. La conclusione è che il secondo ha tutte le carte in regola per sperimentare un forte sviluppo in ambito commerciale. Ha quindi tutte le caratteristiche, esso o ciò che verrà in seguito, per diventare l’elemento acceleratore della rivoluzione economica che vede il superamento del paradigma di massa per quello dell’informazione. Infine, il presente lavoro ha tracciato un quadro su come produzione e distribuzione possono trarre vantaggi dal marketing telematico, con un occhio di riguardo verso il commercio elettronico esaminandone i pro e i contro. Seppure paesi come gli Stati Uniti sembrino “maneggiare” le nuove tecnologie telematiche con sufficiente dimestichezza, per la maggioranza degli altri paesi industrializzati (Italia in testa) il panorama, seppure pervaso da iniziative molto interessanti, è ancora parecchio confuso. L’orientamento generale da parte delle imprese è ancora quello di utilizzare i canali telematici coinvolgendo soprattutto la componente organizzativa e non quella di relazioni con il mercato. Ma ciò equivale a sottostimare e a trascurare le grosse potenzialità offerte dalla telematica. La flessibilità del canale telematico, il suo effetto sinergico con la

150

flessibilità e maturità del consumatore, diventa una nuova sfida alla creatività d’impresa, espandendo all’infinito i rami dell’albero decisionale di fronte all’azienda. Questa non è un’opzione del futuro: già oggi, a parte qualche problema di facile soluzione, il marketing telematico finalizzato alla distribuzione può costituire un fattore di successo per l’impresa. E più si va avanti, più l’adozione di un sistema interattivo globale di relazioni con l’acquirente/consumatore diventa un iter obbligato per gestire la complessità dei mercati. Pertanto, la stessa sopravvivenza futura dell’impresa è legata ad un cambio deciso di mentalità. Del resto, al di là della telematica, l’impresa stessa, da reale, si sta comunque evolvendo verso azienda virtuale, trasferendo al proprio esterno moltissimi investimenti. In questo senso, diventa fondamentale l’apporto della teoria. Il superamento del paradigma della produzione di massa implica un ripensamento nelle componenti teoriche della materia, cosa che peraltro gli studiosi stanno portando avanti da diverso tempo. Il marketing “tradizionale”, quello tipico del fordismo maturo per intenderci, non è divenuto improvvisamente un oggetto da museo. Tuttavia, bisogna riconoscere che nessuno può oramai sottovalutare le condizioni che possono portare al suo superamento. E’ piuttosto destabilizzante pensare al settore commerciale come svincolato dalla componente logistica, o alla commistione (l’affermazione è volutamente forzata) che sempre più caratterizza marketing operativo e strategico. La telematica riduce sempre di più il divario tra pensiero e azione, tra breve e lungo periodo. E questo può spaventare molto. Una volta di più, quindi, si ravvisa l’esigenza di grande cooperazione tra ricercatori ed operatori di mercato, con un rilievo critico nei confronti di questi ultimi. Non è pensabile per il management affrontare l’estrema turbolenza cui si sperimentano, va ricordato, soltanto i primi effetti, senza un riferimento preciso alla teoria e alla ricerca.

151

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