TRIBUNALE DI FIRENZE SEZIONE MONOCRATICA DOTT. ALESSANDRO NENCINI Giudice Procedimento penale n. 535/04 R.G. Udienza del 10 aprile 2008 Requisitoria del Pubblico Ministero dott. Gianni Tei [Stralcio n. 14] “CAVET HA AVUTO QUESTO AFFIDAMENTO [ ...] , IN QUELLO CHE ERA IL PIANO [ ...] DEL ’92, DOVE C’ERA DA REALIZZARE QUESTE GRANDI INFRASTRUTTURE FONDAMENTALI PER IL PIANO DI TRASPORTI NAZIONALE. E SI ARROVELLARONO LA TESTA PER DIRE: MA CHI PUÒ FARE QUESTE STRUTTURE NEI TEMPI? LA COSA IMPORTANTE ERA TROVARE IL SOGGETTO CHE DAVA GARANZIA DI TEMPI E COSTI. NON DETTO, ERANO LORO. QUINDI SILVA RIVENDICA CHE CAVET È STATA SCELTA PERCHÉ SOGGETTO CAPACE DI GARANTIRE TEMPI E COSTI, ED È QUESTO CHE GIUSTIFICAVA LA LORO SCELTA COME GENERAL CONTRACTOR. [ ...] CERTO, OGGI, NEL 2008, AD OPERA ANCORA DA FINIRE E CON COSTI FINALI INDETERMINATI QUESTE AFFERMAZIONI RISULTANO UN PO’ PARADOSSALI E FANNO QUANTO MENO DUBITARE SULLA BONTÀ DELLA SCELTA DI CAVET COME ESECUTORE DELL’OPERA. MA TANT’È”. Abbiamo provato i danni, la condotta, l’elemento soggettivo. Bisogna passare a valutare le singole posizioni soggettive. All’esito del dibattimento pare si debba necessariamente operare un parziale distinguo tra l’operato dei soggetti CAVET dai soggetti non CAVET. Come detto, è CAVET il soggetto cui viene appaltata l’opera “chiavi in mano”, che redige il progetto esecutivo, che esegue materialmente l’opera. È chiaro che siamo nell’ambito di una logica d’impresa per cui al di là della responsabilità dei singoli sarebbe risultata assai opportuna una legislazione quale quella sulla responsabilità delle società di cui alla legge n. 231/2001, che recentemente ha esteso il suo campo di applicazione anche ai reati connessi alla violazione delle norme sulla prevenzione infortuni sul lavoro. È infatti ovvio che non siamo in presenza di soggetti che commettono reati in proprio, ma che, evidentemente, li commettono nell’ambito di un programma comune e di una strategia aziendale prefissati. CAVET si fa forte del fatto di non aver scelto il tracciato, di non aver redatto il progetto di massima, che le specifiche del progetto esecutivo erano fortemente condizionate dal progetto di massima già approvato, di non aver avuto nessun potere decisionale alla luce del contratto stipulato con TAV, di non aver avuto alcuna autonomia progettuale ed operativa, di essere in buona sostanza un mero esecutore materiale di scelte operato da altri. Celico ci spende una trentina di pagine su questo argomento, da pg. 120 in poi. A parte il fatto che in questo modo CAVET svilisce un po’ troppo il suo ruolo, direi che lo fa in anche modo contraddittorio, sol che si ricordi che proprio alcuni dei suoi massimi dirigenti quali Silva, Guagnozzi in questa aula, ma anche Celico nella sua CT, quando gli si è contestato di aver agito come hanno agito, si sono giustificati dicendo di aver operato come si doveva, secondo le migliori e più razionali valutazioni di costi-benefici attinenti la realizzazione di questa opera pubblica, senza però che si sia ben compreso chi gli avesse conferito tale potere decisionale, che invece è proprio ed esclusivo degli organi esponenziali della pubblica amministrazione, e non certo di un appaltatore. Ma questo la dice lunga sul vero ruolo svolto da CAVET che non è stato certo un mero esecutore materiale come vuole oggi apparire. Il mero esecutore materiale si mette un paraocchi e va a diritto, qualunque cosa gli dicano la fa. No, loro rivendicano di aver operato nel modo più razionale. E quindi questo la dice lunga sul vero ruolo di CAVET. [...] Qui viene la battuta: cioè, voglio dire, come quando le mamme qui a Firenze dicono “me l'ha detto lui di fare una cosa”, e la risposta è “ma se t’avesse detto di buttarti in Arno?”. Perché Celico ad un certo punto dice “ah, ma siamo stati costretti a redigere un progetto esecutivo in sei mesi”. Ma ti hanno messo una pistola alla tempia, chi ti ha obbligato? È colpa dei danneggiati se hanno avuto sei mesi? Cioè, non si comprende quale sia l’argomento. E quindi CAVET ha fatto ciò che ha voluto fare perché ha potuto e voluto farlo. E non ultimo... e non ultimo, perché poi riportiamo le cose sempre su un piano strettamente giuridico, CAVET non è un appaltatore qualunque, è un general contractor o, se vogliamo essere proprio più precisi, il braccio operativo del general contractor, ma la sostanza non cambia.
E il general contractor di che cosa risponde? Qual è il compito del general contractor? Il general contractor stipula e si obbliga per opere chiavi in mano, cioè chi ti commissiona l’opera se ne disinteressa. (...) Chiavi in mano vuol dire: portami l’opera finita, dimmi quale pulsante pigiare, dimmi cosa fare, dimmi con quale chiave aprire la porta e siamo a posto, io non voglio sapere niente. E vorrà dire qualcosa se tu ti obblighi per opere chiavi in mano. Il general contractor ancor più dell’appaltatore è responsabile del risultato. Ha un’obbligazione di risultato, non di mezzi. Il general contractor stipula contratti per opere “chiavi in mano”. Se no, che general contractor è? È general contractor solo per evitare di essere messo in concorrenza con altri in gare ad evidenza pubblica magari a gara europea? E CAVET è l’alter ego del general contractor, e come tale si è assunta una obbligazione di risultato e non di mezzi. CAVET ha fatto dunque ciò che ha fatto perché ha voluto farlo. È sua responsabilità se ha scelto di fare quello che dice Celico a pg. 147, se CAVET ovvero ha accettato di redigere il progetto esecutivo in poco più di sei mesi, mentre per il progetto di massima ci sono voluti sei anni. Peraltro il fatto di essere stati prescelti come general contractor è circostanza rivendicata con orgoglio dall’ing. Silva quando autoqualifica CAVET come soggetto prescelto perché uno dei pochi capaci di eseguire quell’infrastruttura fondamentale per il piano dei trasporti nazionale dando garanzia di rispetto di tempi e costi. Silva interrogato dà una spiegazione su come mai... rivendica con orgoglio come mai secondo lui è stata scelta CAVET: CAVET ha avuto questo affidamento, sono parole dell’imputato Silva, in quello che era il piano che è ancora del ’92, dove c’era da realizzare queste grandi infrastrutture fondamentali per il piano di trasporti nazionale. E si arrovellarono la testa per dire: ma chi può fare queste strutture nei tempi? La cosa importante era trovare il soggetto che dava garanzia di tempi e costi. Non detto, erano loro. Quindi Silva rivendica che CAVET è stata scelta perché soggetto capace di garantire tempi e costi, ed è questo che giustificava la loro scelta come general contractor. [...] Certo, oggi, nel 2008, ad opera ancora da finire e con costi finali indeterminati queste affermazioni risultano un po’ paradossali e fanno quanto meno dubitare sulla bontà della scelta di CAVET come esecutore dell’opera. Ma tant’è.
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