Gary Barlow Biography

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gni a fondo, la grande occasione sembra non arrivare mai, e Gary si è quasi rassegnato. Un giorno, balza ai suoi occhi un’inserzione sul giornale: un manager vuole formare una boyband e sta reclutando i possibili membri. Gary fiuta la chance e manda il suo curriculum, ovviamente accludendo la sua cassetta, la stessa che presentava ai gestori dei locali per ottenere le serate: un mix di cover di pezzi allora sulla cresta

“...a 16 anni Gary è già una ministar, richiestissimo per feste e serate danzanti...” Gary Barlow nasce a Frodsham (Cheshire) il 20 gennaio 1971, alle 12 e 20. Il padre Colin lavora insieme alla mamma Marjorie in una ditta di fertilizzanti. Il fratello Ian è maggiore di tre anni. Già all’età di nove anni il piccolo Gary prende contatto con la musica. A Natale, riceve in dono un piccolo synth, attraverso il quale entra nel

magico mondo delle sette note, per poi non uscirne praticamente più. Crescendo, si rende conto che può far fruttare quella passione e inizia a procurarsi delle serate nei nights e nei clubs di dopolavoro della contea, prima sporadiche, poi sempre più frequenti, grazie anche al passaparola dei gestori dei locali. A 16 anni è già una ministar, richiestissimo per feste e serate danzanti o di karaoke. Con i guadagni, ha allestito

una vera e propria sala di registrazione nella sua stanza e, nei ritagli di tempo, si diletta a comporre pezzi che poi usa per partecipare ai concorsi per voci nuove. Il suo sogno è che un produttore lo noti e gli proponga qualcosa di “grosso”. Nel frattempo, conclude gli studi e, con la sua piccola Ford Orion rossa carica di strumenti, valica i confini della sua contea per andare a suonare sempre più lontano. Nonostante si impe-

quelle degli altri membri della band, Gary appare più goffo quando si tratta di danzare i pezzi dance che Nigel sceglie per loro, agli inizi. Ma quando si siede al pianoforte, nessuno può stargli al pari. Il primo album dei neonati

Take That porta per la maggior parte la sua firma, e così sarà per tutta la vita della band. Gary è l’anima, la voce, la mano che compone, lo spirito artistico. Tutta la giostra poggia sulle sue spalle, è quasi il padrone del gioco. Lui e

dell’onda, sapientemente mischiati a canzoni da lui composte, tutto ovviamente suonato e registrato “in casa”. Nigel Martin Smith lo richiama subito, ed è subito chiaro. La nuova band che nascerà sarà costruita interamente intorno a Gary e al suo talento vocale e compositivo. L’ex piccola stella è al traguardo della vita: finalmente qualcuno si è accorto della sua bravura. suo look un pò retrò tradisce le sue frequentazioni un pò più “adulte” rispetto a

Nigel sono le colonne di una struttura che di anno in anno diventa sempre più grande e più difficile da sopportare. Ovviamente, tutta questa preminenza produce dei malumori, difficili da sopportare per Gary, che

la stella di Gary brilla fortissima, tanto da offuscare a volte gli altri componenti. Il primo “Ivor Novello Award” gli viene conferito grazie alla canzone “Pray” e per tutti ormai, Gary Barlow è il nuovo George Michael.

più permeato dal suo genio, la padronanza del mezzo è assoluta, resta solo un intoppo: Gary è ancora il “brutto anatroccolo”, quello fisicamente meno prestante, quello dall’immagine sempre un pò dimessa. E’ ora di cambiare, e questo succede ai tempi del terzo album “Nobody Else”, completamente scritto da lui, senza comprimari di rilievo. Il titolo dell’album, addirittura, proviene dalla canzone che Gary dedica ai suoi genitori, quale tributo ad un amore duraturo e a un solidissimo matrimonio.

Il secondo album “Everything Changes” è ancora

L’immagine di Gary cambia, si fa più sfacciata e sensuale, così come il suo stile. I camicioni informi cedono pian piano il passo alle t-shirt aderenti e smanicate. Gary vuole che tutti vedano in lui la superstar che sa di essere.

quegli anni contagia anche l’animo tranquillo di Gary, che non tarda ad adattarsi alle “regole” del music biz: serate a base di alcool e spinelli diventano la norma Nonostante questo, sul palco

in fondo, per tutta la sua vita, ha sempre cercato di essere benvoluto da tutti. Come a dire “non è colpa mia se ho questo talento”, Gary inizia a scontrarsi con l’animo inquieto di Robbie e presto i due saranno “separati in casa”, con intere giornate ad ignorarsi pur restando nella stessa stanza. All’interno del gruppo si creano due fazioni: da una parte Gary e Howard, che ha seguito il leader in un percorso artistico che lo porta ad essere la sua spalla in studio; dall’altra Robbie e Mark. Williams, anni dopo, dichiarerà di essersi sentito oppresso dall’enormità dell’ego di Gary. Ma questo è l’interno, la faccia oscura di

una medaglia scintillante. I Take That mietono consensi e successi, Gary, grazie alla sua attività di songwriter, diventa ben presto il più ricco di tutti. Gran parte di questo denaro se ne andrà in case (o meglio, ville e castelli) che arrederà riccamente e lussuosamente. Dirà poi di essere rimasto folgorato dallo stile di Elton John e deciderà di imitarlo in tutto e per tutto, sentendosi anche un pò il suo erede dal punto di vista musicale. L’onnipotenza che circonda la band in

Il primo “Ivor Novello Award” gli viene conferito grazie alla canzone “Pray“

Quando Robbie lascia la band, perchè le differenze sono ormai insanabili e il vuoto che si è creato con gli altri membri non si può più colmare, il cigno Gary completa la sua trasformazione. Il potenziale rivale (Gary ha sempre visto Robbie con occhio poco benevolo, riconoscendo in lui una potenzialità vocale fuori dal comune e vedendolo quindi come un possibile ostacolo nella leadership) abbandona la scena, e per Gary è tempo di mostrare quanto una band può fare a meno di un componente, se questo si dimostra una minaccia per la band stessa. Certo, le voci che vedono Gary unico responsabile dell’abbandono di Robbie non tardano ad arrivare, e Robbie stesso non smentisce, anzi getta benzina sul fuoco. Ma Gary va avanti a testa alta e nell’ul-

timo tour in quattro, il “Nobody Else Tour” stupisce tutti per la sua rinnovata e più forte presenza scenica Purtroppo, come sappiamo, l’equilibrio dei Take That in quattro non regge per molto tempo e il 13 febbraio 1996 è proprio dalla voce di Gary che arriva la conferma dello scioglimento. D’altronde, a tutti sembra naturale: è stato Gary a voler sciogliere il gruppo per proseguire indisturbato con la carriera solista. Robbie Williams preme e lui non può stare a guardare. Le accuse della stampa sono precise, ma Gary prosegue per la sua strada. Imeccanismo è ben oliato, i passi futuri sono decisi, non c’è motivo di preoccuparsi: il suo primo lavoro da solista sarà un successo.

“il suo primo singolo, naturalmente è tutta opera sua, è “Forever Love” che esce nell’estate del 1996 e batte il “ferro” dell’amore delle le fans mentre è ancora caldo...”

Il suo primo singolo, naturalmente è tutta opera sua, è “Forever Love” che esce nell’estate del 1996 e batte il “ferro” dell’amore delle le fans mentre è ancora caldo, infatti centra quasi ovunque il numero uno. La dolcezza della canzone, accompagna-

ta dal sostegno delle fans che non si sentono abbandonate, lo convince di potercela fare, ma qualcosa si inceppa. La pubblicazione di “Open Road”, che nelle previsioni doveva esplodere in tutto il mondo, è in sordina. Nonostante la collaborazione con Madonna (in “Love won’t wait”) e le prestigiose firme che lo producono, l’album stenta molto ad entrare nelle top ten. Perchè? E’ l’estate del 1997. E’ uscito “Life thru a lens” di Robbie, il nuovo re del pop. Tutte le attenzioni sono su di lui, adesso, Gary non è più al

centro della scena e....piano piano inizia a credere di non essere più così infallibile. La strada si fa in salita, in UK non trova più terreno fertile per esprimersi umanamente e artisticamente. Ovunque, lo spettro di Robbie lo perseguita. Robbie e i suoi successi, Robbie e i suoi dischi d’oro, Robbie e le sue dichiarazioni

al veleno, il dualismo montato dalla stampa che li mette l’uno contro l’altro. Gary non regge a tutto questo e si trasferisce in America. Qui inizia una collaborazione con Clive Davis che si rivelerà infruttuosa: nonostante un gran dispiegamento di forze e denaro, il secondo album solista di Gary, “Twelve months, eleven days” vede

delle ballerine del “Nobody Else Tour” che sposa il 12 gennaio del 2000 ai Caraibi dopo 5 anni di fidanzamento e che lo rende padre, ad agosto dello stesso anno, di Daniel, non basta ad evitargli il crollo fisico e psicologico. La casa discografica lo molla con una laconica telefonata e questo evento segna profondamente Gary. Sente che la

adesso risenta della grave crisi che sta attraversando, fugge dai flash e dalle fans che, a dire il vero, sono molto molto meno numerosi di prima. Si ritira a vivere di rendita, collaborando sporadicamente a qualche canzone, stando ben attento a che il suo nome non compaia perchè ormai, in Inghilterra, Gary Barlow

la luce solo nel 1999 e passa quasi del tutto inosservato. Nessun singolo entra nella top 10, in America è un emerito signor nessuno e in patria nessuno più vuole collaborare con lui. Inizia lento il declino, una pagina che nessuna fan vorrebbe mai scrivere. Il supporto di Dawn Andrews, una

vita non ha più lo stesso senso e sprofonda nella depressione e nell’abuso di alcool, droghe e sigarette. Non riesce più a scrivere, quello che prima gli riusciva naturale come respirare adesso è qualcisa di impossibile, di pesante, di insostenibile. Non gli importa che il suo fisico un tempo curato

equivale a dire fallimento. Nel 2002 nasce Emily, ed è la prima “scossa”. Gary capisce che la sua famiglia ha bisogno di lui ed è un primo passo per uscire dal tunnel. Si rimette in sesto abbandonando droga e sigarette, con una dieta drastica riprende la forma che aveva perso. Nel frattempo, un.

Gary Barlow e i Take That tornano in pista. la depressione, la crisi, la sfortunata America, sono solo lontani ricordi...” documentario tv riaccende le luci sui Take That e su di lui, che di quel fenomeno era stato creatore e primo attore. Anche qui, il resto è storia recente. Gary Barlow e i Take That tornano in pista. la depressione, la crisi, la sfortunata America, sono solo lontani ricordi. La sua vita piena di alti e bassi diventa un libro (“My Take” , a cui questa breve bio deve molto) che in

breve diventa la “bibbia” delle thatters superstiti di tutto il mondo. “Beautiful world” spicca il volo verso il numero uno, anche se adesso non è più lui il primo attore. Ma a Gary adesso sta bene così. E’ un padre sereno, è un artista appagato, completo, che non ha bisogno di fare la primadonna per dimostrare il suo talento. Come una fenice, è rinato dalle sue ceneri,

ritornando a far splendere la sua stella come prima. Magari i trionfi degli anni Novanta sono ancora lontani, ma anche Gary da allora, ne ha fatta di strada....e soprattutto, avendo vissuto sulla sua pelle il trionfo e poi la caduta, ha sviluppato una consapevolezza che non è comune nel suo ambiente, la coscienza che il gioco è bello finchè dura, ma poi, oltre, c’è la vita vera da vivere.

testo (c) Laura Primiceri grafica (c) Eliana Manca

“ Music, Take That and what we do is not real life. It’s magical. I never believed I would ever stand on stage again, with my arms open wide...” Gary Barlow, “My take”

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