Fondamenti Di Organizzazione

  • June 2020
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FONDAMENTI DI ORGANIZZAZIONE Matteo Merlanti 01 Gennaio 2009

Indice 1 Generalità 1.1 Potere e Dipendenza . . . 1.2 Incertezza . . . . . . . . . 1.3 Obiettivo Thompsoniano 1.4 Situazioni di Valutazione . 1.5 Ecologia Organizzativa . .

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I Prima Parte

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2 Strategie di studio 2.1 Sistema Chiuso . . . . . . . . 2.2 Sistema Aperto . . . . . . . . 2.3 Tradizione Innovativa . . . . 2.4 Collocazione della Variabilità

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3 La Razionalità 10 3.1 La Razionalità Tecnica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 3.2 La Razionalità Organizzativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 4 Campi d’Azione 4.1 Task Environment . . . . . . . 4.2 Potere e Dipendenza . . . . . 4.3 Acquisizione di Potere . . . . 4.4 Difesa del Potere . . . . . . . 4.5 Equilibrio delle Componenti

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5 Tecnologia e Struttura 5.1 Organizzazione Sintetica . 5.2 Coordinamento . . . . . . 5.3 Settorializzazione . . . . . 5.4 Gerarchia . . . . . . . . . .

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6 Ambiente e Struttura

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7 Valutazione Organizzativa 19 7.1 Valutazione come Istituzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 7.2 Valutazione delle Componenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

II Seconda Parte 8 Variabile Umana 8.1 Uniformità . . . . . . . . . 8.2 Funzioni Canalizzanti . . 8.3 Contrattazione . . . . . . 8.4 Strategie di Negoziazione

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9 La Discrezionalità e il suo Esercizio 26 9.1 Conseguenze della Discrezionalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 9.2 Rapporti di Potere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 9.3 Obiettivi Organizzativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 10 Controllo dell’Organizzazione 10.1 Processi Decisionali . . . . . . . . . . 10.2 Dinamica del Controllo Organizzativo 10.3 Gestione della Coalizione . . . . . . . 10.4 Processo Amministrativo . . . . . . .

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1 Generalità Le idee di Thompson si sviluppano su due livelli: • Sostantivo: Indica la possibilità di indentificare variabilità tipiche che attraverano ogni tipo di organizzazione in quanto inerenti ai modi di far fronte all’incertezza secondo percorsi di intenzionale e limitata razionalità. • Epistemologico: Contro la reificazione dell’organizzazione sia come sistema chiuso e meccanico sia come sistema aperto e naturale. L’organizzazione è intesa invece come agire organizzativo in quanto processo di decisioni e di corsi d’azione. Thompson continua in buona sostanza l’approccio di Simon, ma introduce un’innovazione legata alla variabilità dell’azione organizzativa. Gli obiettivi indicati sono: • Lavorare su basi concettuali della conoscenza organizzativa forniti direttamente dalla scienza sociale. • Giungere a schemi analitici validi per la ricerca su qualsiasi genere di realtà organizzativa. In particolare l’organizzazione è, secondo Thompson, un processo di decisioni e di azioni orientate ad uno scopo. L’organizzazione ha pertanto un carattere strumentale e la tecnologia è la qualificazione strumentale del processo, la conoscenza tecnica che connota l’orientamento allo scopo. Il processo organizzativo viene a definirsi tramite: • Campo d’azione • Ambiente (complementare del campo d’azione) • Struttura Organizzativa (atta alla riduzione dell’incertezza) Thompson propone un approccio differente da quello funzionalista e situazionista. • Funzionalismo: Approccio storico basato sulla classificazione tramite le finalità che il sistema organizzativo deve svolgere. • Situazionismo: Approccio basato sulla dipendenza dalla natura ambientale (ed eventualmente anche dalla tecnologia usata) e dal migliore adattamento ad essa. Thompson rifiuta inoltre la dicotomia sistema aperto/chiuso: • Sistema Chiuso: Massimizzazione dell’efficienza e dell’efficacia basato sul concetto di razionalità assoluta. • Sistema Aperto: Orientata alla sopravvivenza tramite uno spontaneo adattamento all’ambiente esterno al pari di un sistema naturale vivente.

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1.1 Potere e Dipendenza Essendo l’organizzazione uns sitema operante in un ambiente, è naturale che si generico richieste di risorse verso l’esterno. Questo è alla base del concetto di potere di dipendenza del sistema nei confronti appunto dell’ambiente. La dipendenza da una risorsa è definibile secondo due dimensioni: • Controllo del sistema sulla risorsa • Importanza della risorsa per il sistema L’ambiente gioca quindi un ruolo centrale ed è definibile come l’insieme dei processi d’azione esterni rilevanti o potenzionalmente tali rispetto agli scopi che sono implicati dalla scelta del campo d’azione sel sistema organizzativo.

1.2 Incertezza L’organizzazione è un sistema che fa fronte all’incertezza generata dall’ambiente al fine di ridurre le dipendenza e aumentare il potere. L’azione organizzativa propone quindi strategie competitive che possono basarsi anche su strategie cooperative. Il sistema attua, in questo senso, scelte di disegno organizzativo al fine di prgettare una efficiente ed efficace delimitazione dei confini d’azione, per poi applicarle e interpretarle sul piano tecnico-strumentale definendo in senso pratico il campo stesso.

1.3 Obiettivo Thompsoniano L’azione organizzativa è per definizione orientata a obiettivi pratici che però non sono né scopi o desideri dell’organizzazione reificata né la somma degli obiettivi dei membri partecipanti. Sono invece campi d’azione futuri progettati da coloro che costituiscono la coalizione dominante. Questa definizione cancella il concetto di contrapposizione tra sistema e attore e definisce il potere dentro l’organizzazione come la capacità di governo e di controllo da parte della coalizione dominante. La coalizione dominante è composta dalle posizione altamente discrezionali o in altre parole quelle maggiormente implicate nel fronteggiare l’incertezza. Anche la coalizione dominante risulta essere un processo e non un elemento statico, e risulta a sua volta governabile soprattutto in situazioni in cui è evidente una forte dispersione di potere, momento che agevola l’accentramento di tale potere anche in una singola persona (potere centrale). Thompson però non spiega come il potere sia in relazione nei cofronti dei rapporti di dominazione di classe nella società. Sarà Touraine a considerare l’organizzazione come espressione particolare del sistema d’azione storico della società. Ossia come proiezione sull’organizzazione di una dominazione di classe legittimata dal sistema politico.

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1.4 Situazioni di Valutazione Per Thompson le situazioni di valutazione in cui gli attori discrezionali possono trovarsi non sono limitabili all’approccio economico che prevede un puro calcolo deterministico. Egli afferma invece che tale situazione è possibile solo in momenti di maggiore certezza, in tutti gli altri è necessario usare approcci differenti fino addirittura all’intuito personale. Thompson prevede tre tipi di coordinamento: • Per standardizzazione • Per programma • Per mutuo adattamento I tre tipi formano una scala discreta di progressiva complessità in cui i gradi superiori possiedono la facoltà di risolvere i problemi dei gradi inferiori in quanto composti proprio da quelle regole presenti nei gradi inferiori. A seconda della complessità dell’organizzazione è possibile utilizzare da uno a tutti e tre i tipi di coordinamento, con un conseguente accrescimento degli oneri di comunicazione e decisione, che però devono essere economizzati in base a scelte di razionalità limitata. I tre tipi, in ultima analisi, motivano la variabilità strutturale, sebbene la sua complessità sia anche definita da scelte tecniche e di campo d’azione.

1.5 Ecologia Organizzativa La variabilità strutturale per Thompson è in rapporto alla variabilità ambientale. Le scelte strutturali ai confini del sistema organizzativo sono da valutare secondo due dimensioni: • Omogeneità/Eterogeneità • Stabilità/Mutevolezza Più l’ambiente è stabile e omogeneo, più la struttura ai confini può essere scelta secondo regole di coordinamento standardizzate. Se invece l’ambiente è eterogeneo, la struttura ai confini può essere frammentata in modo che segmenti omogenei vengano affidati a diverse unità d’azione al fine di ridurre l’incertezza. Se l’ambiente infine è mutevole occorre predisporre soluzioni alle variabili aleatorie tramite la decentralizzazione delle unità in modo tale che siano più sensibili alle fluttuazioni ambientali. È necessario inoltre tenere in considerazione i modi di coordinamento e controllo che a loro volta dipendono dalla qualificazione tecnica sia tra i rapporti tra nuclei tecnico-strumentali sia con gli elementi ambientali del campo d’azione organizzativo.

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Parte I

Prima Parte

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2 Strategie di studio Gouldmer fu il primo a distinguere due fondamentali modelli alla base dei sistemi organizzativi.

2.1 Sistema Chiuso Utile quando è necessario prevedere in modo deterministico gli stati futuri del sistema o, nel caso questo determinismo non fosse totalmente ottenibile, quando è prevedibile in anticipo le conseguenze di forze esterne al sistema. Utile per la ricerca della massima efficienza e prevede: • Poche variabili ben conosciute • Controllo totale di suddette variabili Il sistema chiuso possiede tre scuole di pensiero. Scientific Management Prevede il raggiungimento della massima efficienza tramite la standardizzazione e la pianificazione di procedure e controlli di conformità secondo una logica tecnica. Administrative Management Pone l’accento sulle relazioni strutturali tra unità di servizio dell’organizzazione. L’efficienza viene ottenuta attraverso la specializzazione dei compiti e il loro raggruppamento in dipartimenti con responsabilità ben definite e possibilità di azioni ben programmate. Approccio Burocratico Usa l’approccio precedente per far fronte all’utenza e a richieste esterne. L’efficienza è ottenuta definendo uffici di compentenza fortemente gerarchizzati con regole di azione ben definite e classificate. I dipendenti di tale sistema, per ridurre l’incertezza, sono spersonificati per mezzo di una divisione netta tra ruolo nell’organizzazione e vita privata. Allo stesso modo gli utenti esterni sono resi impotenti tramite una attenta classificazione. Il fine ultimo di un sistema chiuso è l’azzeramento dell’incertezza al fine di ottenere il massimo grado di efficienza economia (determinismo) tramite una attento e metodico orientamento alla pianificazione e al controllo.

2.2 Sistema Aperto Possiamo presupporre invece che il sistema possieda un numero di variabili troppo numeroso per poterle controllare e che la stessa conoscenza di tali variabili sia incerta. L’approccio a tale postulato non prevede quindi il raggiungimento della massima efficienza ma della sopravvivenza del sistema. Tale sopravvivenza è raggiunta tramite la definizione di un’organizzazione composta da elementi per definizione interdipendenti dall’ambiente. Un tale sistema fa quindi affidamento al concetto

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di omeostasi, ossia alla capacità intrinseca del sistema di autostabilizzarsi in modo spontaneo ai disturbi dell’ambiente esterno. Il sistema aperto ha due scuole di pensiero: Organizzazione Informale Pone l’accento sulle variabili non razionali e fortemente dipendenti dalle risposte adattive degli esseri umani in situazioni problematiche come il sentimento, il controllo sociale, la generazione di cricche. Modello Bernard Pone l’accento sulla forte dipendenza dell’organizzazione da untià sociali esterne e dall’ambiente in generale a cui non è possibile far fronte nemmeno con la più attenta pianificazione. Il sistema aperto, quindi, mette al centro del discorso le variabili non razionali e che sono intrinsecamente indipendenti dal sistema organizzativo che di conseguenza non ne possiede il controllo. Importante assume di conseguenza il concetto di interdipendenza tra organizzazione e ambiente. Le logiche sottese ai due approcci appaiono incompatibili tra loro, tuttavia non è possibile negare l’esistenza di entrambi i fenomeni nelle realtà organizzative. In altre parole entrambi gli approcci rivelano una verità, ma contemporaneamente non forniscono un modello esaustivo.

2.3 Tradizione Innovativa La nuova idea di organizzazione si basa sul fenomeno che affronta e risolve problemi. L’accento ricade quindi sui processi organizzativi atti alla scelta di corsi d’azione in un contesto ambientale incerto, tramite processi di ricerca, apprendimento e decisione secondo il criterio di razionalità limitata. Ciò presuppone la sostituzione del criterio di massimizzazione dell’efficienza con quello di adempimento soddisfacente. Questa nuova idea riconosce che il sistema organizzativo è interdipendente con l’ambiente esterno (approccio sistema aperto) e nel contempo affronta i problemi con criteri di prestazione e decisione preordinata (approccio sistema chiuso). Le organizzazione saranno concepite come sistemi aperti, quindi indeterminati e che fronteggiano l’incertezza. Allo stesso tempo saranno considerate soggette al criterio della razionalità e perciò richiedenti determinatezza e certezza.

2.4 Collocazione della Variabilità Ritornando al concetto di sistema aperto e chiuso c’è da sottolineare che i due approcci non sono distribuiti in modo casuale. Secondo la proposta di Parsons, notiamo che una generica organizzazione prevede tre livelli distinti di responsabilità: • Tecnica: i cui problemi vertono sulle prestazioni effettive della funzione tecnica di riferimento.

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• Manageriale: che gestisce problemi di natura governativa nei confronti del livello tecnico. • Istituzionale: i cui problemi sfociano nel significato che l’organizzazione assume a livello sociale e dei diritti che essa possiede nel controllo delle risorse e nell’imposizione di discipline sugli utenti. In tal senso viene naturale predisporre strategie di sistema chiuso al livellio tecnicio, al fine di minimizzare l’incertezza, mentre strategie di sistema aperto al livello istituzionale in quanto sensibile alle variabili sociali. Il livello manageriale assume infine un ruolo da ponte, in cui il sistema chiuso e quello aperto coesistono in maniera dinamica.

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3 La Razionalità 3.1 La Razionalità Tecnica È l’insieme di credenze umane che applicate producono esiti desiderati. L’azione strumentale di un’organizzazione si fonda quindi sull’insieme di risultati attesi e le credenze riguardanti i rapporti di causa-effetto. La razionalità tecnica può essere valutata secondo due approcci: • Strumentale: la tecnicità con cui determinate soluzioni producono o meno risultati desiderati. • Economico: l’investimento necessario per ottenere tali risultati. Esistono poi tre varietà di tecnologia maggiormente diffuse nella società moderna: Tecnologia di Concatenamento Caratterizza le tipiche catene di montaggio e implica interdipendenza seriale tra le varie parti. Si applica alla produzione di prodotti standard in modo ripetitivo e a passo costante. In questo ambito lo scientific management offre il miglior contributo per l’eliminazione di qualsiasi incertezza. Tecnologia di Mediazione Caratterizzata dall’operare in modo standardizzato ma anche estensivo, ossia relativamente ad una molteplicità di utenti (ex. poste, assicurazioni, telefonia etc.). La standardizzazione serve per rendere efficace la tecnologia di mediazione e nel contempo mantenere compatibili tutti i servizi diversificati che tale organizzazione offre. In questo contesto sono molto utili le tecniche burocratiche. Tecnologia Intensiva Caratterizzata dall’esistenza di una pluralità di tecniche atte a produrre un cambiamento specifico su un oggetto, la dove però la selezione, la combinazione e la sequenza delle operazioni sono determinate da feedback provenienti dall’oggetto stesso. In altre parole i tipi di operazioni da eseguire sull’oggetto sono determinati dalla natura stessa dell’oggetto. Questa tecnologia è quindi non ripetitiva e il successo dipende dalla disponibilità delle giuste risorse e dalla combinazione di capacità selezionate in accordo alla necessità del caso e del progetto. (ex. progetti di ingegneria civile, cura del paziente etc.). La razionalità tecnica, intesa come sequenza di relazioni causa-effetto che producono il risultato desiderato è una generalizzazione, raggiunge la perfezione solo quando diventa un sistema a logica chiusa. La tecnologia di concetenazione è quindi in tal senso più prossima alla perfezione rispetto alle altre due. In generale per ottenere la migliore efficienza le organizzazioni cercano di chiudere ermeticamente i loro nuclei tecnologici alle influenze ambientali.

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3.2 La Razionalità Organizzativa La razionalità tecnica non è in grado di risolvere tutti i problemi. Entra necessariamente in gioco una razionalità organizzativa atta a colmare tali problemi inglobando il nucleo tecnico e offrendogli nel contempo sia i servizi che la tecnologia necessita e che non sa procurarsi da sola sia la protezione nei confronti dell’ambiente esterno. Questo è motivato dal voler ottenere la massima efficienza del nucleo tecnico che deve quindi rimanere chiuso, lasciando le responsabilità di transazione con il mercato ad una razionalità di diversa natura basata sulla logica di sistema aperto. La razionalità organizzativa è composta almeno da: • Attività Input • Attività Tecnica • Attività Output La protezione del nucleo avviene secondo quattro modalità. 1. Riduzione dell’impatto con l’applicazione di componenti organizzative di input e output di contorno al nucleo tecnico. 2. Livellamento delle transazioni di input e output (ex. sconti durante i periodi di basso consumo di un dato prodotto). 3. Anticipazione e adattamento ai mutamenti ambientali che non si possono evitare e attenuare. 4. Razionamento delle risorse in base a priorità specifiche quando i punti precedenti non sono sufficienti. Dal momento che la razionalità organizzativa funziona secondo una logica a sistema aperto, è sottoposta necessariamente ad interdipendenze con l’ambiente: • Vincoli: costanti nel tempo. • Contingenze: varianti nel tempo.

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4 Campi d’Azione Ogni organizzazione può essere definita tramite il proprio campo d’azione: • Gamma dei Prodotti • Popolazione Servita • Servizi Resi Il campo d’azione è una sorta di impronta digitale di un sistema che però non copre mai l’insieme di tecnologie che un sistema complesso applica per ottenere i propri scopi. Ciò implica il fatto che una volta definito il campo d’azione, vengono a loro volta definite ciò che sono le interdipendenze con l’ambiente esterno. Sia per l’input che per l’output, le dipendenze possono essere: • Concatenate o Disperse (ex. pochi o molti fornitori) • Interconnesse o Indipendenti (ex. la scuola privata riceve finanziamenti e studenti dallo stesso segmento din input)

4.1 Task Environment Il concetto generico di ambiente piò essere più facilmente riassunto in quello di task environment che permette la definizione di quei settori rilevanti o potenzialmente rilevanti per lo scopo: • Clienti e Utenti • Fornitori • Concorrenti • Regolamentatori (ex. sindacati, stato etc.) L’organizzazione viene, in sostanza, descritta dall’esterno, prendendo in esame quell’ambiente che ha rapporti con l’organizzazione di riferimento. Il task environment assume una grande importanza perchè il campo d’azione non può essere definito in modo unilaterale, ma è necessario che sia riconosciuto dall’esterno. Per esempio un ospedale non sopravviverà se non riceverà dal proprio task environment una valutazione positiva sulla sua capacità di offrire servizi desiderabili. Si sta parlando del consenso sul campo che apporta un notevole vantaggio su ciò che sono gli scopi operativi dell’organizzazione evitando in questa maniera di imputare al sistema motivazioni diverse (ex. il mero profitto). Permette inoltre di separare ciò che è lo scopo organizzativo da ciò che sono i moventi individuali. Più il sistema organizzativo è complesso e articolato, più il proprio task environment sarà plurisfaccettato. Questa caratteristca è un elemento da dover in qualche modo controllare in quanto presenta notevoli interdipendenze. In altre parole il task environment di un sistema genera a causa dell’interdipendenza, vincoli e contingenze che il sistema stesso dovrebbe saper gestire. 12

4.2 Potere e Dipendenza La dipendenza verso un elemento del task environment è: • Direttamente proporzionale al bisogno di risorse che tale elemento soddifa. • Inversamente proporzionale alla capacità che altri elementi possono soddisfare tale necessità. La definizione di potere è la definizione inversa di dipendenza. Questa definizione sottolinea l’importanza dell’interdipendenza tra organizzazione e task environment. Un’organizzazione ha potere se è in grado di agire nei confronti di fornitori e dei concorrenti senza curarsi delle loro azioni.

4.3 Acquisizione di Potere Strategia Competitiva Le organizzazioni cercano di minimizzare il potere degli elementi del task environment cui sono esposte, mantenendo forti alternative e diversificando il più possibile. Inoltre, cercano di veicolare le scelte del task environment acquisendo e aumentando il più possibile il così detto prestigio in modo da avere maggiore importanza sul mercato. Se invece c’è forte dipendenza è opportuno che l’organizzazione manovri per controbilanciare tale dipendeza critica reperendo potere nei confronti di tali elementi di dipendenza tramite una politica di acquisizione di potere. Strategia Cooperativa Al fine di acquisire potere, l’organizzazione deve dimostrare all’elemento da cui dipende: • Capacità di ridurre l’incertezza. • Prendere l’impegno di scambiare questa sua capacità. Siccome l’impegno è un vincolo molto importante ci sono tre strategie di cooperazione a seconda della convenienza: • Contrattuale: negoziazione di un accordo di fiducia per prestazioni future. • Cooptazione: assorbimento del processo nella leadership al fine di aumentare la certezza che l’organizzazione cooptata sosterrà in futuro quella che l’ha assorbita. • Coalizione: associazione o joint venture tra due o più organizzazioni al fine di renderle operative ad uno scopo come se fossero una singola entità.

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4.4 Difesa del Potere La realizzazione e il mantenimento del campo d’azione organizzativo è un problema sostanzialmente politico. Richiede la continua ricerca di una posizione nel mercato che può essere riconosciuta globalmente come la più conveniente tra le varie alternative disponibili. Più l’organizzazione è vincolata ai vari settori tanto più essa cercherà di controbilanciare ottenendo potere sui restanti settori del proprio task envirnoment. Qualora ciò non fosse possibile e nel caso estremo in cui fosse sottoposta a vincoli critici, l’organizzazione cercherà di allargare lo stesso task environment per aumentare la loro capacità di manovra e ridurre i compromessi.

4.5 Equilibrio delle Componenti Estendere i confini organizzativi oltre la stretta necessità del proprio compito, spesso comporta un ottenimento di capacità eccessive rispetto al task environment. In altre parole è facile trovarsi in situazioni di squilibrio tra le varie componenti dell’organizzazione. (ex. in un catena di montaggio è possibile che le capacità acquisite non siano allo stesso livello produttivo delle altre). La causa di tali squilibri risiede sia nel task environment sia nella tecnologia. • Organizzazioni con molte componenti cercheranno di crescere fino al punto in cui l’ultima componente è approssimativamente occupata per intero. • Organizzazioni con capacità eccedenti i limiti di assorbimento del task environment cercano di allargare i loro campi d’azione (ex. diversificando). Non sempre però la legislazione vigente permette alle organizzazioni di agire indisturbate secondo tali principi. Inoltre la capacità di agire secondo tali principi dipende molto dal potere che l’organizzazione possiede: • Qualora ne avesse troppo non avrebbe senso incorporare le contingenze. • Qualora non ne avesse, sarebbe difficile farlo anche volendolo. Non per ultimo è possibile che un’organizzazione segua logiche differenti rispetto a tali principi e basate su una scala d valori diversa dalla razionalità. (ex. un università che si impegna per dare istruzione part-time a scapito della qualità).

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5 Tecnologia e Struttura Le componenti di un’organizzazione definita tramite il disegno, vengono segmentati e relazionati; ciò fa emergere una struttura. Da questo punto di vista è di estrema importanta l’impatto che la tecnologia ha sulla struttura sociale dell’organizzazione. Inoltre si analizzerà tale impatto da un punto di vista strumentale (efficacia) piuttosto che economico (efficienza).

5.1 Organizzazione Sintetica Un classico esempio in tal senso sono quelle organizzazioni temporanee che nascono durante calamità naturali per far fronte ai disastri e distribuire aiuti umanitari. Tali strutture prendono forma quando: • Arrivano risorse non previste di cui ancora non si ha conoscenza su dove utilizzarle. • Incominciano ad arrivare informazioni riguardanti il bisogno di risorse addizionali. La direzione organizzativa nasce quindi a posteriori, quando la conoscenza delle risorse possedute e i bisogni da soddisfare cominciano ad essere chariti. È naturale che di fronte a grandi incertezze causate dalla calamità, l’organizzazione dovrà essere il più possibile efficace e questo a scapito dell’efficienza. Il punto è quindi che la struttura rappresenta il veicolo tramite il quale le organizzazioni raggiungono ciò che Simon definisce razionalità limitata. Dal momento che un’organizzazione ha generalmente molte componenti di razionalità limitata, è importante capire come poter coordinare gli elementi interdipendenti tra loro. Ci sono tre categorie di interdipendenza: • Per Accumulazione: quando gli elementi non sono per forza interdipendenti tra loro, ma l’inefficienza di uno produce l’inefficienza del tutto. • Per Sequenza: quando gli elementi sono interdipendenti a due a due secondo una relazione input-output (ex. catena di montaggio). Comprende accumulazione. • Per Reciprocità: quando ogni elemento è interdipendente ad ogni altro per rapporto input-ouput. Comprende accumulazione e sequenzialità. Il grado di interdipendenza definibile tramite la composizione di queste tre categorie genera una scala di complessità organizzativa chiama scala Guttman.

5.2 Coordinamento I tre tipi di interdipendenza possiedono tre tipi natutali di coordinamento: • Per Standardizzazione: Applicazione di routine e regole condivise che vincolano le azioni di ogni elemento in situazioni stabili, iterattive e sufficientemente limitate. Utile per interdipendenza accumulativa. 15

• Per Programma: Applicazione di schemi operativi utili in situazioni più dinamiche in cui il modello per standardizzazione risulta insufficiente. Utile per interdipendenza sequenziale. • Per Mutuo Adattamento: Tramite feedback inviati tra gli elementi lungo tutta la gerarchia. Utile in caso di alta dinamicità e per intedipendenza di reciprocità. Maggiore è il grado di coordinamento, maggiore sarà anche la quantità di comunicazione e decisione in onere agli elementi interdipendenti.

5.3 Settorializzazione La segmentazione e il raggruppamento degli elementi interdipendenti avviene secondo quattro criteri: • Scopo e Contributo (all’elemento di livello superiore) • Processi Comuni • Utenza Specifica • Area Geografica Il grosso limite però di tale approccio è che gli elementi organizzativi non sono unidimensionali nel criterio di aggregazione e rendere quindi omogeneo il segmento secondo un solo criterio, significa renderlo eterogeneo per un’altro. Spesso si procede con la determinazione di una scala di priorità dei criteri basata sulla natura dell’interdipendenza, con una forte attenzione al costo di coordinamento. Il principio che risulta essere usato sarà quindi quello dell’essere tangenti e: • Concatenati localmente • Condizionatamente autonomi (ossia parzialmente e localmente autonomi entro vincoli stabiliti) È una sorta di raggruppamento a squadre o gruppi operativi. Suddette squadre saranno il più possibile piccole e composte da elementi a loro volta il più possibile interdipendenti solo tra loro, al fine di minimizzare i costi di comunicazione. In tal senso l’autonomia del gruppo facilita il mutuo adattamento per mezzo anche della standardizzazione e dei programmi comuni (omogenizzazione degli elementi). L’omogenizzazione risulta importante perchè: • Applica regole comuni a elementi diversi. • Permette variazioni in tempi brevi delle regole stesse.

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5.4 Gerarchia Quando l’interdipendenza non può essere confinata dentro un gruppo è opportuno creare collegamento tra i gruppi in gioco fornando un gruppo di secondo livello. Talvolta l’interdipenenza è troppo estesa e il tentativo di collegare tutti gli elementi tra loro produrrebbe una saturazione dei flussi di comunicazione. È opportuno quindi identificare gli elementi maggiormente interdipendenti tra loro e unirli in un gruppo inferiore, mentre raggruppare i restati elementi in un gruppo superiore all’altro per scopi relativi anche al coordinamento (ex. sviluppo software: gruppo di sviluppatori sovrastato da quello dei progettisti). È bene sottolineare che la gerarchia non è una identificazione di gruppi superiori, bensì l’identificazione di gruppi più inclusivi che affrontano aspetti coordinativi che vanno al di là della portata di ogni sua singola componente. Qualora invece la complessità aziendale è maggiore e la semplice gerarchia risulta essere insufficiente è necessario adottare strategie speciali. Prima di tutto è possibile introdurre regole trasversali tra gruppi differenti, ossia una standardizzazione trasversale all’interno dell’organizzazione. Nascono a tale scopo posizioni da staff con responsabilità di coordinamento tra i gruppi coinvolti. Anche in questo caso però molto dipende dal grado di interdipendenza. Il semplice staff è utile in casi di interdipendenza per accumulazione. Nel caso di interdipenenza sequenziale non settorializzata è più opportuno l’applicazione di comitati di coordinamento. Mentre infine per le interdipendenze reciproche non settorializzate viene utile la creazione di task-force o gruppi di progetto.

6 Ambiente e Struttura Le strutture ai confini dell’organizzazione sono dipendenti da ciò che sono le variabili ambientali. Queste variabili generano al loro volta dei vincoli sull’organizzazione, che però non sono né facilmente classificabili né perfettamente correlati con il sistema. Due però sono i vincoli ambientali maggiormente contingenti: • Spazio Geografico ossia distanza tra gli elementi organizzativi, calcolabile come costo di trasporto e di comunicazione. • Composizione Sociale del task environment in base a concetti di eterogeneità/omogeneità (nelle caratteristiche del task environment - ex. tipo di persone acquirenti) e stabilità/mutamento (nel tempo). Più l’ambiente è pieno di eterogeneità, maggiore è la necessità di segmentazione, al fine di assegnare singole porzioni aziendali a singole unità il più possibile omogenee al task environment. Quando le organizzazioni incontrano task environment eterogenei, cercano di identificare segmenti omogenei e istituiscono unità strutturali che se ne occupino. Anche però quando il task environment risulta essere omogeneo ma di vasta dimensione è opportuno la suddivisione della struttura di confine per aumentare la capacità di controllo e sorveglianza. 17

Più il task environment è stabile, maggiore è opportuno l’uso di regole di standardizzazione. Tali regole possono essere usate con successo anche in situazioni stabili ma di vaste dimensioni (note però a priori). Le linee guida sono dunque le seguenti: • Stabile e Omogeneo = poche divisioni funzionali localizzate e con regole standard. • Stabile e Eterogeneo = varietà divisionale localizzate e con regole standard. • Dinamico e Omogeneo = varietà divisionale delocalizzata con pianificazione progettuale. • Dinamico e Eterogeneo = differenziazione funzionale delocalizzata. Ulteriori note di lettura: • Maggiore eterogeneità implica maggiori vincoli • Maggiore dinamicità implica maggiori contingenze Maggiori sono i vincoli o le contingenze, maggiore sarà la segmentazione. Non è invece elemento di discriminazione la sola dimensione dell’organizzazione. Sebbene da ciò possa dipendere una maggiore complessità organizzativa, non ne dipende invece il suo disegno strutturale.

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7 Valutazione Organizzativa Gli standard di desiderabilità sono elementi concettuali definiti dal contesto sociale di riferimento. Generalmente una misura di desiderabilità razionale economica è lo scopo di lucro e la sua massimizzazione. Ciò non è però vero in generale. Inoltre anche in questo caso la complessità viene a generarsi non tanto nell’utilizzo di misure unidimensionali, ma con l’aggregarsi di misure eterogenee tra loro e difficilmente sintetizzabili. Questo calcolo decisionale complesso, viene però mitigato dall’introduzione di un’unità di misura comune: la moneta o scala monetaria. Non c’è però da ignorare anche il grado di conoscenza sul sistema da valutare che vacilla tra due estremi: • Conoscenza teoricamente completa del sistema chiuso. • Conoscenza praticamente incompleta del sistema aperto. Non è da sottovalutare in tal senso nemmeno la variabile umana, ossia quella illusione decisionale per cui un valutatore crede di avere un grado di conoscenze che in realtà non è tale. Le valutazioni di conseguenza si basano su quattro principali dimensioni: • Standard di desiderabilità: cristallino o ambiguo. • Credenza: completa o incompleta. Da cui è possibile derivare il seguente schema logico: • Completo e Cristallizzato: valutazione per test di efficienza. • Incompleto e Cristallizzato: valutazione per test strutturale (soddisfacimento). • Completo/Incompleto e Ambiguo: valutazione per test sociale e tramite gruppi di riferimento. Sociologicamente parlando i gruppi di riferimento sono quei nuclei sociali ai quali le persone si rifanno per orientare le proprie autovalutazioni e i propri standard decisionali. Nasce quindi sponaneo domandarsi a quale gruppo di riferimento faccia parte un’intera organizzazione!

7.1 Valutazione come Istituzione L’organizzazione presa nel totale misura la sua adeguatezza non tanto nel modo con cui realizza lo scopo, ma secondo un grado di coerenza rispetto al soddisfacimento di bisogni futuri. Dal momento che la definizione di organizzazione passa anche tramite una conferma del task environment, il sistema dovrà essere capace di predisporsi all’incertezza futura, predisponendo a sua volta il task environment a valutazioni uguali a quelle dell’organizzazione. È ovvio che siccome il task environment è pluralistico, l’organizzazione dovrà lavorare nel soddisfare qualsiasi necessità che gli elementi ambientali ritengono importante per il proprio futuro. Il miglioramente 19

nel tempo è generalmente il sistema di valutazione maggiornmente usato nel confronti del task environment in questo ambito. Con task environment stabili è sufficiente dimostrare l’adeguatezza al futuro mostrando un miglioramento nel tempo. Con task environment dinamici è opportuno dimostrare il vantaggio nei confronti di organizzazioni simili. Non sempre però è possibile dimostrare miglioramenti su tutte le variabili del task environment. In questo caso l’organizzazione verterà solamente su quelle di cui ha maggiore dipendenza. In tal senso le organizzazioni sono anche molto attente ad evidenziare i buoni risultati secondo criteri sensibili al task environment di riferimento. Non sempre però è possibile usare il criterio di sensibilità per eccellenza di un certo task environment e si è costretti ad usare altri per soppiantare tale mancanza. La valutazione delle qualità di un’università è per esempio troppo complessa. Al suo posto vengono usati come metro di giudizio criteri come l’ammontare del finanziamento, le pubblicazioni eseguite o i lavori esterni assegnati ai professori. Questo approccio è dunque basato sullo sviamento dell’attenzione. In altre parole in assenza di valutazioni intrinseche, si usano valutazioni estrinseche che per definizione però non riescono a garantire l’effettiva qualità del sistema. Inoltre le valutazioni estrinseche hanno l’importante possibilità di essere impiegate in modo selettivo a favore dell’organizzazione stessa (si presentano prove a seconda della convenienza).

7.2 Valutazione delle Componenti A prescindere dalle valutazioni istituzionali, all’interno dell’organizzazione avviene una valutazione rigorosa delle componenti. Il livello di rigore dipende dalla conoscenza delle relazioni di causa-effetto della tecnologia usata. Maggiore è tale conoscenza, maggiore è l’uso di strumenti deterministici per la sua valutazione secondo costo, qualità e quantità (approccio sistema chiuso). Qualora questa conoscenza non fosse presente è opportuno eseguire una valutazione organizzativa (approccio sistema aperto) in base al grado di contribuzione dell’unità all’organizzazione intera, o in altre parole sulla soddisfazione o meno dell’interdipenenza: • Nel caso di regole: devianza o meno da tali regole. • Nel caso di programmi: quota di contribuzione. • Nel caso di mutuo adattamento: in termini di fiducia. Ovviamente tali valutazioni sono eseguite dalle unità di confine e se queste unità non sono interdipendenti con unità interne ma con un task environment l’organizzazione è costretta a valutare l’efficienza in modo indiretto e secondo stardard esterni. I docenti universitari per esempio sono valutati in base ad opinioni espresse da associazioni di professionisti esterne all’università, come riconoscimento delle

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loro ricerche e delle loro pubblicazioni. Anche in questo caso i criteri di valutazione sono potenzialmente molteplici e possono mutare a seconda della necessità. In particolare muta il peso del criterio. Sempre nelle università è infatti possibile per esempio dare un peso maggiore alla qualità della ricerca piuttosto che alla capacità di ottenere fondi e viceversa a seconda della sanità o meno del budget.

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Parte II

Seconda Parte

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8 Variabile Umana L’azione del singolo è un fenome multidimensionale molto complesso al quale attualmente non è possibile applicare una teoria a fini pratici. È essenziale però basarci su un orientamento che ci permetta di dare una direzione interpretativa generale. L’azione umana è per tanto definibile dall’interazione tra: • L’individuo che ha aspirazioni, standard, conoscenze e credenze sulle relazioni causa-effetto. • La situazione che presenta sempre opportunità e vincoli. L’individuo agirà all’interno di tale interazione al fine di perseguire uno scopo e lo farà sfruttando al meglio le opportunità, valutando i vincoli in base alla propria conoscenza e alle proprie credenze.

8.1 Uniformità Delle numerose modalità di comportamento, all’individuo è noto solamente un numero ristretto di queste in quanto i parametri di valutazione sono determinati dalla cultura che ha per definizione forti tendenze omologanti. Eclatanti sono in tal senso le spinte omologanti delle società di transizione verso la modernizzazione. In questa situazione risulta chiaro come da un lato ci sia una tendenza all’organizzazione compelssa e dall’altro una tendenza a mantenere i vincoli ereditari. Questo è indubbiamente un fattore di rallentamento, ma è anche vero che i valori sociali condivisi sono un’ottima base per un processo di mutamento a fini organizzativi. Nelle società predisposte all’organizzazione complessa come le società industrializzate, ad esempio, l’effetto omologante è praticamente inosservabile. È presente inolte sempre un certo grado di assorbimento delle nuove tecnologie che ancora una volta dipende dal tipo di società che quindi assume un ruolo importante nello studio e nell’analisi dei processi organizzativi.

8.2 Funzioni Canalizzanti I sistemi sociali sono sempre strutturati in qualche maniera e nelle società moderne, tale strutturazione si basa sul concetto di occupazione. Generalmente un’individuo basa le scelte sulla sua futura carriera a partire da una posizione di base e un processo di selezione e socializzazione che gli apre un ventaglio di possibili scelte per il futuro. Tali scelte sono prototipi di carriera che definiscono a loro volta punti di diramazione per lo sviluppo in altri ambiti occupazionali. In sostanza nel sistema sociale, l’individuo acquista di norma la consapevolezza e la preparazione per una gamma limitata di occupazioni. Chiaramente questo modello non è perfetto e inevitabile, ma se una società vuole mantenersi vitale deve perseguire questa selezione della scelta occupazionale.

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8.3 Contrattazione La teoria delgi incentivi e dei contributi, afferma che la decisione dell’individuo di partecipare ad un’organizzazione e la decisione dell’organizzazione di accettarlo, si basa su una contrattazione (da cui contratto). La contrattazione pone limiti sia all’organizzazione sia all’individuo, ma lascia sempre un margine di manovra, una zona di indifferenza tramite la quale l’organizzazione può rispondere alla mutevolezza della tecnologia e del task environment, rendendo l’individuo plasmabile alle esigenze dell’organizzazione. Ciò vale però anche per l’individuo che si trova in una situazione in cui può perseguire opportunità di carriera. Ma perseguire tali opportunità equivale anche ad andare incontro alle richieste che vengono rivolte dall’intero sistema sociale. La logica di contrattazione ricade intuitivamente sulla logica di potere inteso come dipendenza tra l’individuo e l’organizzazione. L’individuo assume potere grazie a tre tipi di dimensione: • Opportunità di Apprendimento: Posizioni ottime in tal senso sono quelle di coordinamento e manageriale che possono apprendere da tutte le altre posizioni organizzative. • Opporuntià di Vibilità: quando gli individui non interagiscono esclusivamente con risorse non-umane. • Tipi di Valutazione: sulle prestazionii formulate da membri significativi dell’organizzazione.

8.4 Strategie di Negoziazione In base alle dimensioni sopracitate e alla tecnologia di riferimento, è possibile definire il margine di azione individuale. Azione nelle mansioni routinizzate Praticamente nullo! Le mansioni sono viste come poco qualificanti in quanto non richiedono competenze specifiche e possono essere sviluppate da competenze comuni a tutti gli esseri umani. La natura altamente deterministica del lavoro comporta bassissime possibilità di apprendimento. Per tali motivi gli individui impegnati in tali posizioni sono visti anche come elementi interscambiabili. Possibilità di carriera quindi totalmente insufficiente. L’unica azione possibile è quella collettiva per ottenere interventi a livelli di definizione generale della propria mansione: sindacalismo. Azione nelle mansioni ai confini contingenti Dipende dal livello di contingenza (eterogeneità). Più è omogeneo e più si ricade nella situazione di sopra. Più è eterogeneo invece più aumenta la possibilità di manovra individuale in quanto l’individuo può farsi valere come attore discrezionale e sfruttare quindi le contingenze del task environment a proprio vantaggio, dimostrando capacità e acquisendo potere contrattuale. Questo potere inoltre non è solo orientato all’interno, ma come accade spesso, l’individuo atto a gestire per esempio fornitori o clienti è spesso in grado poi di creare una dipenenza del task environment sulle proprie capacità, potendo 24

in questo modo dimostrare prestigio personale. L’azione discrezionale di tali individui deve però far fronte all’azione che la stessa organizzazione attua al fine di limitare l’acquisizione di potere. Non sempre ciò è fattibile e in assenza di alternative l’organizzazione dovrà accettare tale dipendenza. Azione nelle tecnologie intensive Gli attori di questo settore sono spesso sottoposti ad addestramento specializzato o formazione specifica. Generalmente sono sottoposti ad una valutazione da membri dello stesso livello o di quello superiore, ma sempre appartenenti allo stesso gruppo occupazionale (ex. informatico e ingegnere informatico). Queste occupazioni richiedono di norma l’esercizio della discrezionalità, e permettono il poter acquisire conoscenze e ottenere visibilità, ma dato che tali occupazioni sono ben inquadrabili e poco strutturate verticalmente, l’avanzamento di carriera è limitato e necessita spesso di un addestramento formale. Essendo il livello d’azione anche in questo caso limitato, tali professioni si collettivizzano in associazioni artigianali o professionali. All’interno di tali associazioni, l’individuo può assumere potere (ex. tramite convegni, scrittura di articoli e saggi etc.) riconosciuto dai propri pari e quindi ottenere potere nei confronti delle organizzazioni. Azione nella tecnologia manageriale Nell’ambito manageriale conta poco il contenuto specifico della preparazione (istruzione ed esperienze) ma di più le capacità che l’individuo ha di rispondere ai valori che l’organizzazione ritiene importanti. La competenza quindi non è standardizzata e le prestazioni non possono essere facilmente riconosciute. La contrattualità nasce dunque dal prestigio personale e dalle abilità manageriali che sono da un lato scarsamente reperibili e dall’altro necessarie alla soluzione di problemi organizzativi. Le mansioni a tal riguardo sono positivamente valutate in base a visibilità e apprendimento secondo una logica di carriera ascensionale con livelli di discrezionalità sempre maggiori.

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9 La Discrezionalità e il suo Esercizio L’esercizio di discrezionalità è un elemento importante nell’azione organizzativa ed è distribuita in modo differenziato dentro il sistema, imponendo differenti rapporti contrattuali. La discrezionalità è anche un elemento non per forza posseduto a priori dalle capacità del singolo in quanto viene formata sia dall’istruzione sia dell’esperienzae e ciò evidenzia l’abilità o meno di operare in aree specifiche dell’organizzazione. La discrezionalità quindi è una variabile da tenere sicuramente in mente per riuscire nello scopo organizzativo. I motivi che portano l’individuo ad una mansione discrezionale sono la volontà di occupare tali posizioni e la volontà di esercitare la discrezionalità. L’incentivazione ad occupare tale posizione è praticamente autoimposta in quanto tale ruolo viene visto come prestigioso già di per sé. Però l’atto discrezionale richiede abilità che non tutti possiedono. La base di giudizio per la corretta valutazione della discrezionalità, è la relazione percepita tra aspetti negativi e aspetti positivi. Quanto più l’individuo ritiene insufficiente la sua consocenza della relazione causaeffetto di fronte ad un’incertezza, maggiore sarà la sua volontà di eluderla. Questa regola ci permette di capire come l’organizzazione possa mantenere basso il livello di discrezionalità, istruendo strutture inadeguate la dove l’incertezza emerge! Più l’individuo ritiene le conseguenze di un giudizio erroneo, più cercherà di evitare la discrezionalità. Questo comportamento peremette di capire come l’organizzazione possa limitare nuovamente l’uso della discrezionalità, imponendo test di valutazione inappropriati, come basi per decidere ricompense e sanzioni. In casi per esempio di valutazione in base all’aderenza alle regole standard o al grado di contribuizione ad un programma, gli individui sono scoraggiati ad esercitare discrezionalità che ridurrebbe loro i vantaggi.

9.1 Conseguenze della Discrezionalità Si definisce discrezionalità deviata quella in cui l’individuo: • Esercita discrezionalità nonostante la sua mansione non lo permetta. • Utilizza metodi non ufficialmente accettati. Le organizzazioni cercano di difendersi dalla discrezionalità deviata per mezzo di metodi di vigilanza. La quantità di discrezionalità deviata è molto variabile tra organizzazione e organizzazione, ma è pur sempre presente in tutti i casi. Il suo apico si riscontra in organizzazioni altamente standardizzate in cui l’individuo non possiede discrezionalità. Tale situazione comporta metodi di vigilanza molto stretti che a loro volta implicano la nascita di rapporti di sospetto e diffidenza da ambo le parti. In generale è possibile affrontare tale problema su un piano di valutazione in base al

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quale si definisce se una data scelta favorisce più l’organizzazione o l’individuo. Non bisogna però sottovalutare la possibilità che l’organizzazione ponga individui a bassa tolleranza di ambiguità in occupazione discrezionale da cui è impossibile evadere con un notevole sacrificio personale (ex. ulcera da dirigente). In buona sostanza l’atto discrezionale si basa su una possibilità di manovra all’interno di una sfera di azione in cui l’individuo cercherà il risultato più favorevole percepito al momento della scelta e quando possibile cercherà di eludere la discrezionalità personale. Tutto ciò in base alle proprie credenze sulle relazioni causa-effetto, le sue aspirazioni e le norme (ex. morali).

9.2 Rapporti di Potere Le posizioni altamente discrezionali sono quelle che possiedono un controllo di struttura, di valutazione, delle risorse, dell’organizzazione etc. In tali posizioni si trovano individui: • Con elevate aspirazioni. • Non riluttanti ad esercitare discrezionalità. • Con elevate capacità politiche. Per tali motivazioni nei settori di appartenensza entrano in gioco forti contrasti di potere-dipendenza. Gli individui con tali mansioni tendono a mantenere potere pari o superiore alla loro dipendenza da altri. È altresì vero però che tali individui tentano di agguantare potere manovrando oltre lo stretto ambito ufficiale. Un modo per cui tali movimenti si verificano è tramite il concetto di coalizione. Il comportamento di coalizione è incentivato quando il potere dell’individuo è minore della dipendenza. Altra caratteristica dell’individuo è rendere noto i successi e trascurare i fallimenti (ex. manomissione di documenti). Il quadro descritto prende in esame dunque il comportamento tipico dell’individuo discrezionale che: • Tenta di selezionare sempre i compiti più facili per il proprio tornaconto. • Accumula risorse per ottenere potere nei confronti delle contingenze. • Manipola i dati e le proprie quotazioni nel contesto del criterio di valutazione. Durante le fasi discrezionali, nel caso le alternative di scelta abbiano conseguenze equivalenti per l’organizzazione, l’individuo selezionerà l’alternativa che favorisce la propria sfera d’azione. Se però questo assunto è vero solo per tali perticolari situazioni, più difficile è prevedere il comportamento nei casi comuni, ossia quando non sussiste equivalenza di scelte. L’organizzazione in tali situazioni impone regole e standard alle quali l’individuo dovrà attenersi. In tale impostazione di lavoro, se i carichi di lavoro sono eccessivi alle capacità e l’individuo ha margine di scelta, egli promette di adoperarsi per quei compiti che permettono di aumentare il proprio vantaggio. Qualora i carichi di lavoro fossero invece fluttuanti, l’individuo è tentato di accumulare risorse come scorta di assicurazione nei confronti di necessità 27

critiche future. In poche parole fa fronte in modo da poter rispondere a necessità di massimo impegno.

9.3 Obiettivi Organizzativi È evidente ormai come gli scopi organizzativi non siano né voluti da un concetto reificato di organizzazione, né dalla somma dei valori dei singoli individui. Abbiamo introdotto l’importanza del campo d’azione nella determinazione dei limiti delle possibili azioni che l’organizzazione può intraprendere. La nozione di campo d’azione è però atemporale, mentre l’obiettivo ha sempre una prospettiva futura. È possibile vedere quindi l’obiettivo organizzativo come un possibile campo d’azione futuro, voluto dalla coalizione dominante che comprende sia membri interni sia membri esterni dell’organizzazione. Gli obiettivi organizzativi sono dunque stabiliti dagli individui che hanno un controllo collettivo sufficiente delle risorse per impiegarle in certe direzioni e distoglierle da altre. Quante più sono le fonti di incertezza e di contingenza, tanto più numerose saranno le basi per il potere e più grande il numero di posizioni politiche presenti. Il decentramento diluisce la struttura di potere creando un numero maggiore di posizioni di potere, ma limitando la dipendenza generale dell’organizzazione. Tanto più la tecnologia e il task environment sono dinamici più i processi politici risulteranno rapidi e sono frequenti i cambi di obiettivi e le coalazioni. In tali giochi politici, possono anche finire individui che rappresentano valori secondari e precari dell’organizzazione che diventeranno quindi dei partner o dei gregari della suddetta coalizione. Questi accordi possono avvenire anche con l’esterno e il task environment. È infatti indubbio che se l’individuo riesce a coalizzarsi con il task environment, avrà riconosciuto all’interno dell’organizzazione un forte potere contrattuale. Ovviamente tali coalizioni dipendono dagli obiettivi organizzazionali e le credenze che tali coalizioni siano più o meno utili al raggiungimento di tali scopi. Difatti i mutamenti nelle dipendenze organizzative minacciano alcune coalizioni e ne rendono possibili delle nuove. Di conseguenza le modificazioni strutturali e quelle delle interdipendenze, di disegno organizzativo, sono fattori altamente critici per il mutamento delle coalizioni.

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10 Controllo dell’Organizzazione Si è dimostrato come il potere nell’organizzazione sia detenuto da una coalizione. È possibile che il potere sia anche posseduto da singole persone (potere concentrato), ma questi casi risultano essere limitati ad organizzazioni semplici. L’impossibilità dell’individuo a detenere il potere totale è dovuto a: • Complessità della tecnologia e se la tecnologia eccede le conoscenze dell’individuo. • Le risorse eccedono le capacità di acquisizione da parte del singolo. • Le contingenze sono troppo numerose. In tali casi la creazione di una coalizione è inevitabile.

10.1 Processi Decisionali L’acquisizione di potere e di controllo da parte della coalizione dominante è basata sulla manipolazione delle premesse decisionali. Le decisioni si basano su due differenti misure: • Conoscenze delle relazioni di causa-effetto. • Preferenze sui risultati. Entrambe le dimensioni possono essere certe o incerte creando così quattro ambiti decisionali: • Strategia di calcolo: Certezza totale. • Strategia di giudizio: Certezza sulle preferenze, incertezza sulle relazioni causaeffetto. • Strategia di compromesso: Incertezza sulle preferenze, certezza sulle relazioni causa-effetto. • Strategia di intuito: Incertezza totale. È chiaro che se la coalizione dominante riesce a imporre una preferenza sui risultato specificando anche le relazioni causa-effetto, il suo potere sarà totale sull’intera organizzazione. L’abilità nell’ottenere tali premesse però incontra spesso vincoli, comportando che nerlla realtà dei fatti una situazione di controllo onnipotente è molto difficile da ottenere. Vincoli sulle premesse causa-effetto • Conoscenza generale incompleta. • Controllo imperfetto dell’oggetto di riferimento (ex. eccessiva dinamicità del task environment). 29

• Competizione con altri elementi (ex. forti influenze esterne). Questi vincoli indicano chiaramente che la perfetta conoscenza delle relazioni causaeffetto è difficile da ottenere. La conseguenza più evidente è che si finisce spesso in un ambito di strategia di giudizio e più sono numerose le aree su cui l’organizzazione ricorre a tale giudizio, più ampià sarà la coalizione dominante. Ciò comporta anche che meno perfetto è il nucleo tecnico, più esso sarà rappresentato nella coalizione e contemporaneamente più il task environment è eterogeneo, tanto maggiore sarà il numero di specialisti esterni presenti nella coalizione interna. In altre parole quando la strategia di calcolo non è sufficiente e si passa ad una di giudizio, la coalizione dominante si allarga per far fronte all’incertezza. Vincoli sulle premesse di preferenza Le preferenze sono quasi sempre basate sulla razionalità strumentale, ossia sui possibili risultati che l’organizzazione può ottenere, ma esse sono vincolate da: • Quando il nucleo tecnologico si impiega su essere umani è necessario un compromesso (ex. l’istruzione deve trovare un compromesso con il livello di motivazione degli studenti). • Difficoltà nel reperire risorse di input. Il compromesso è ovviamente ancor più necessario quando l’elemento del task environment ha il potere di garantire o negare le risorse di input!

10.2 Dinamica del Controllo Organizzativo La coalizione non è un elemento fisso, ma anche essa è un processo come tutto il resto. In particolare è un processo perchè è basato su un elevato rapporto di interdipendenza contrattuale (inventivi e contributi) all’interno della coalizione. Ogni possibile decisione o contingenza può quindi variare questi tipi di rapporti con la generazione di conflitti. In particolare: Il potenziale conflitto è generato quando forze esterne richiedono un compromesso interno. Il potenziale conflitto aumenta in relazione alla varietà delle professioni incorporate nella coalizione. Si ritiene inoltre fatto accertato che i professionisti tendano a identificarsi con la loro professione, vincolando in questo modo le preferenze sul risultato organizzativo. In generale, infatti, quando le ideologie sottraggono legittimazione al professionista e la realtà dell’interdipendenza richiede che essi siano incorportati dentro la coalzione, il conflitto diventa altamente probabile.

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10.3 Gestione della Coalizione Quando l’organizzazione è troppo ampia e diversificata, comprende professionisti di vari settori, incorpora una certa varietà di nuclei tecnologici ed è immersa in un task envirnment eterogeneo è naturale che la presenza di una coalizione dominante sarà sempre più superflua a fini decisionali. Difatti quando il potere è diffusamente distribuito, emerge naturale la necessità di un circolo interno o direzione di coalizione composta da rappresentanti di fazioni o categoria (ex. università). Se tale circolo non fosse operativo il rischio più probabile sarebbe la paralizzazione dell’intera organizzazione. La paralisi del sistema è inoltre altamente probabile quando non esiste una figura ben specifica che sappia gettare la sua ombra di potere sulla coalizione e sul circolo di rappresentanza. Sebbene tale figura, data la complessità e l’ampiezza del potere, non possa mai ergersi a dittatore, è di importanza vitale per ogni sistema altamente complesso. Tale figura è rappresentato dal politico per eccellenza.

10.4 Processo Amministrativo Risulta infine utile il concetto di amministrazione. La natura della coalizione comprende difatti anche la nozione di co-allineamento al fine di rendere appunto allineata la tecnologia del nucleo tecnico al task environment. Tale allineamento avviene in modo altamente dinamico per ogni area dell’organizzazione, secondo ritmi e modalità intriseci ad ogni area. La singola organizzazione deve difatti operare nell’ambito istituzionale così come come lo trova, rinunciando a pensare di poter realizzare mutamenti singnificativi negli schemi sociali (ex. apparato legislativo e giuridico). Il processo di adattamento (sia adattivo sia direttivo) viene dunque governato da ciò che si chiama amministrazione che ha dunque il compito di identificare i mutamenti e applicarli in modo dinamico e coerente all’organizzazione. È in tal senso di importanza vitale individuare le variabili strategiche in modo da modificarle per ottenere un co-allineamento corretto. La gerarchia amministrativa risulta quindi di duplice esistenza. Da un lato dipende dai livelli istituzionali riguardo alle condizioni per approssimarsi alla razionalità tecnica. Dall’altro c’è una forte dipenenza dal nucleo tecnico che impone limiti alla capacità di flessibilità desiderata. Il duplice scopo dell’amministrazione si concretizza nel voler ottenere nel breve termine soluzioni razionali e nel lungo termine soluzioni flessibili per poter in questo modo anticipare le incertezze future. L’amministrazione opera su tutto il livello gerarchico aziendale, ma in modo diverso a seconda dello strato: • Livello Istituzionale: soluzioni a lungo termine e flessibili. • Livello Tecnico: soluzioni a breve termine e razionali. • Livello Manageriale: funziona da interprete e da ponte tra i due estremi.

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