Emergenza > Emergenza Cardiologica 5 1999

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STRATEGIE EDUCAZIONALI NELL’EMERGENZA CARDIOLOGICA

SIMPOSIO

TABELLA I – Popolazione Italiana divisa per fasce di età (migliaia – anno 1995)

STRATEGIE EDUCAZIONALI NELL’EMERGENZA CARDIOLOGICA

Fascia

> 55 25-55 0-25 Totale % > 55 % 25-55 % 0-25 14 942 23 684 17 759 56 385 26.60 42.20 31.70

Le dimensioni del problema educazionale Erga Cerchiari. Servizio di Anestesia e Rianimazione, Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini, Roma

La risposta all’emergenza cardiologica è rappresentata da una sequenza di interventi la cui attuazione tempestiva e corretta rappresenta il fattore condizionante la sopravvivenza all’evento cardiologico acuto inatteso 1. Tale sequenza, efficacemente rappresentata dalla metafora della catena della sopravvivenza 2, coinvolge ad ampio raggio una serie di attori, che possono essere chiamati ad attuare gli interventi previsti per ciascun anello della catena. • Early access: riconoscimento e allertamento precoce a cura di coloro che assistono personalmente all’evento. • Early BLS (Basic Life Support): tempestiva attuazione delle manovre di base di rianimazione cardiopolmonare (RCP), la cui instaurazione può essere effettuata tempestivamente soltanto da coloro che assistono personalmente all’evento. • Early defibrillation: defibrillazione, la cui efficacia è tanto maggiore quanto più precocemente venga effettuata 3. L’impiego di questa essenziale risorsa terapeutica, tradizionalmente affidata al personale sanitario dei mezzi di soccorso, nell’ultimo decennio – grazie all’introduzione di innovazioni tecnologiche quali i defibrillatori automatici e semiautomatici, che tolgono all’utilizzatore l’onere della diagnosi – è stato esteso a personale non sanitario 4; in alcuni Paesi la defibrillazione è stata resa disponibile alla popolazione laica, in altri Paesi (Italia compresa, in via sperimentale) alle Forze dell’Ordine: in ogni modo la risorsa deve essere distribuita capillarmente per poterne garantire l’applicazione in tempi sempre più ridotti. • Early ALS (Advance Life Support): manovre di rianimazione cardiopolmonare con tecniche avanzate, affidata ai mezzi di soccorso avanzato, e la cui tempestività può essere garantita soltanto da un’adeguata distribuzione dei mezzi in questione. La formazione di tutti i potenziali attori è il fondamentale strumento per evitare ritardi nell’instaurazione delle manovre e per garantirne l’attuazione corretta. Dimensioni del problema educazionale: la popolazione La formazione volta all’attuazione dei primi due anelli della catena, e più recentemente anche del terzo, investe tutta la popolazione, dall’età scolare fino a quella avanzata (Tab. I). G Ital Cardiol, Vol 29, Suppl 4, 1999

La rilevanza numerica della popolazione da formare ha fatto emergere la necessità di sviluppare tecniche educazionali che consentissero un buon apprendimento delle sequenze di azioni e della capacità di eseguirle, garantendo nel contempo una rapida diffusione della formazione ai suoi potenziali destinatari 5. Fin dalle origini (negli USA degli anni ‘60) è stato sviluppato il concetto della formazione “a cascata” ossia: a) formazione di istruttori di istruttori; b) selezione e formazione di una popolazione target di potenziali istruttori di esecutori, scelti fra i soggetti in posizioni chiave (tali da consentire il contatto con ampie fasce di popolazione da formare) i quali, a loro volta, con struttura del corso predeterminata e materiali omogenei, effettuassero c) formazione della fascia di popolazione selezionata. Tipico esempio in questo ambito è stata la formazione degli insegnanti delle scuole, volta a raggiungere in maniera stabile e ripetitiva la popolazione scolastica: in diversi Paesi la formazione della popolazione in età scolare è stata attuata con programmi di ripetizione annuale dei corsi, con livelli di complessità crescente, ottenendo standard di addestramento ottimali al termine della scuola dell’obbligo 6. Analogamente, la formazione negli ambienti di lavoro è stata attuata mediante la formazione in qualità di istruttori degli addetti all’intervento sanitario sui luoghi di lavoro. Inizialmente venne sviluppato un unico modello formativo per i laici – suddiviso in insegnamento teorico (breve) e in addestramento pratico in situazione simulata – differenziato dal percorso e dai contenuti formativi disegnati per gli operatori sanitari. Con il consolidarsi dell’esperienza di formazione della popolazione alle strategie e tecniche dei primi due anelli della catena della sopravvivenza, è stato evidenziato come la notevole variabilità di cultura e di atteggiamento nei confronti del problema rendesse necessarie strategie di formazione differenziate 5, 7. Per l’età scolare sono state quindi messe a punto strategie di formazione (video, programmi interattivi su personal computer, programmi di formazione che utilizzano linguaggio “iniziatico” per adolescenti): l’adozione di programmi formativi ad hoc ha dimostrato capacità di raggiungere in maniera più capillare ed efficace in termini di motivazione questa popolazione target 8, 9. Anche per la popolazione anziana, quella che per caratteristiche di età ha la massima probabilità di assistere a eventi cardiaci acuti, sono stati elaborati approcci mirati. È stato infatti recentemente dimostrato che l’utilizzo del tra-

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dizionale percorso formativo con formazione in aula non rappresenta il metodo più efficace, mentre la formazione mediante videoregistrazione e disponibilità di manichini a basso costo da inviare a domicilio appare migliore in termini di livello di apprendimento raggiunto, anche perché consente l’autodeterminazione di tempi e modi dell’apprendimento 10. La formazione per il terzo anello rivolta a personale privo di qualifica sanitaria ha indotto una sintesi della tradizionale struttura del corso di defibrillazione precoce (DP), effettuato per personale sanitario con defibrillatori manuali, che ha consentito di ridurre a una giornata la formazione per laici sui primi tre anelli. In relazione all’utilizzo dei defibrillatori, per superare i problemi della formazione su ampia scala (resa particolarmente difficile anche dall’ampia gamma di defibrillatori disponibili e dalla rapidità di evoluzione tecnologica), è stata messa a punto la tecnica della “CPR guided via telephone”, fondata sulla capacità da parte degli operatori dei sistemi di emergenza di guidare via telefono l’utente privo di competenze sanitarie o di precedente formazione all’esecuzione, sia della rianimazione cardiopolmonare di base, sia della defibrillazione. Ancora, meritano di essere segnalate iniziative di sensibilizzazione e di diffusione di massa delle tecniche di rianimazione, quali la diffusione gratuita presso edicole e tabaccherie (a spese della municipalità di Vienna) di videocassette di addestramento e di manichini da addestramento in cartone, e le iniziative di mass training poste in essere negli stadi in occasione di eventi sportivi (attuate anche in Italia sull’esempio di modelli statunitensi).

di terapia intensiva, nelle quali il personale è meglio addestrato 12; – l’accertata incapacità del personale sanitario – medici e infermieri – non sottoposto a periodico riaddestramento di effettuare manovre rianimatorie adeguate 12, 13. È stato infatti accertato che la capacità di erogare la RCP decade rapidamente a meno del 50% in un lasso di tempo di 6 mesi 14, 15, e che il personale può essere consapevole di una insufficiente performance 16, ma può anche non esserlo 13: di qui la necessità di frequenti e predeterminate sessioni di riaddestramento 13. La formazione permanente del personale sanitario mediante sessioni di riaddestramento migliora la performance 17, 18 e l’outcome 19. La pianificazione della risposta coinvolge i livelli di addestramento richiesti per gli attori di ciascun anello della catena, e l’efficacia del processo di formazione deve essere valutata nel suo impatto sulla sopravvivenza 20: organizzazione e formazione sono elementi indissolubilmente congiunti e devono essere gestiti in modo simultaneo. Un efficace approccio al problema è stato sviluppato in Gran Bretagna 21: l’istituzione presso ciascun ospedale di una commissione per la rianimazione e l’identificazione di una figura (resuscitation officer) dedicata a tempo pieno al processo di formazione ha condotto a significativi miglioramenti all’interno delle strutture ospedaliere, sia in termini di consapevolezza del problema 12, sia in termini di performance del personale 19. Programmi di formazione permanente sono ormai realizzati anche in diverse strutture sanitarie del nostro Paese 22-25, con il risultato di aumentare la sensibilità degli operatori sanitari al problema dell’emergenza sanitaria, ottenendo anche un effetto di condizionamento sulla popolazione.

Dimensioni del problema educazionale: gli operatori sanitari

Il ruolo dei Council nazionali di rianimazione cardiopolmonare

Nell’esperienza internazionale la formazione alle tecniche di rianimazione cardiopolmonare di base e avanzata fa parte del curriculum formativo obbligatorio dei medici, degli infermieri professionali e di tutte le altre professioni sanitarie esistenti. In Italia soltanto recentemente l’urgenza sanitaria è stata introdotta come insegnamento obbligatorio nel corso universitario di studi in medicina, e non ha ancora portato a una reale competenza in materia da parte dei giovani laureati 11. La necessità di formazione permanente del personale sanitario assunto nelle strutture ospedaliere alla RCP, evidenziata dapprima negli USA 5 e più recentemente nel Vecchio Continente 12, 13, trova origine nei seguenti riscontri: – anche in ambiente ospedaliero l’esito dei tentativi di rianimazione varia in relazione alla qualità e alla prontezza della risposta 14 e la percentuale media di sopravvivenza a un anno, pari al 15%, sale al 50% limitando l’analisi alle aree

Nei diversi Paesi, fin dagli anni ‘70, sono nate organizzazioni di personale sanitario che hanno perseguito lo scopo di definire linee guida di trattamento, aggiornarle periodicamente, sviluppare programmi formativi e materiali didattici omogenei 5, 7. Oltre a ciò i Council nazionali si sono proposti quale obiettivo di effettuare campagne di sensibilizzazione indirizzate sia alla popolazione, sia ai livelli decisionali delle comunità, sull’impatto che l’organizzazione della risposta e la formazione su larga scala esercitano in termini di sopravvivenza a lungo termine all’evento cardiologico acuto inatteso. Al fine di standardizzare la formazione sono state sviluppate linee guida con la descrizione di modelli uniformi di formazione per i diversi gruppi target, sia in ambito statunitense 5, sia in ambito europeo 26. Allo scopo di verificare l’applicazione reale di tali modelli la WHO 27 ha verificato in Europa le ore di formazione G Ital Cardiol, Vol 29, Suppl 4, 1999

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base e avanzata, suddivise in formazione teorica e pratica, effettuate in diversi Paesi per diverse popolazioni target (Tab. II). Dai dati raccolti in 33 Paesi, singole università, ospedali, municipalità emegono rilevanti differenze fra gruppi target, con una costante prevalenza di ore di insegnamento teorico rispetto alle ore dedicate all’addestramento pratico, anche quando la formazione viene effettuata in ambiti orientati alla pratica, come gli ospedali o i vigili del fuoco. Pur considerando i limiti di estrapolabilità dei risultati ottenuti da campioni non necessariamente rappresentativi del Paese di provenienza, emerge che, a dispetto degli sforzi delle Società scientifiche, il lavoro di addestrare in RCP operatori sanitari e operatori non sanitari abitualmente a contatto con situazioni di emergenza, per non parlare della popolazione, rimane ancora in gran parte da svolgere. L’elaborazione, nel 1997, degli ILCOR Advisory Statements 28, raggiungendo il consenso universale sui contenuti tecnici del trattamento da erogare, ha superato il problema delle differenze fra linee guida adottate nei singoli Paesi. Analogamente, lo sviluppo di linee guida sulle modalità didattiche rappresenta un riferimento per le realtà nazionali, almeno in Europa, che dovrebbe portare al superamento delle differenze 29. Ruolo e attività dell’Italian Resuscitation Council Sulla scorta delle analoghe esperienze internazionali, nel 1994 è stato costituito l’Italian Resuscitation Council (IRC), referente italiano dell’omologo Europeo. IRC si è proposto come momento di confronto e dibattito sul tema dello sviluppo della risposta all’emergenza sanitaria e della formazione degli operatori coinvolti; a tal fine ha cercato e trovato la collaborazione delle Società scientifiche degli specialisti attivamente coinvolti nell’emergenza – anestesisti, cardiologi, medici d’urgenza, infermieri professionali, etc.

TABELLA II – Totale (media ± deviazione standard) di ore di formazione teorica e pratica alla RCP Gruppi

Studenti di medicina Medici Infermieri Allievi infermieri Forze dell’ordine Vigili del fuoco Paramedici Laici

Totale (base + avanzata) Teoria Pratica

15.29 ± 12.06 6.09 ± 5.20 6.22 ± 5.56 4.98 ± 5.29 6.46 ± 5.26 10.15 ± 6.22 5.17 ± 4.53 3.18 ± 3.24

G Ital Cardiol, Vol 29, Suppl 4, 1999

13.11 ± 10.66 5.92 ± 5.32 5.73 ± 5.06 4.48 ± 4.76 4.12 ± 3.34 7.48 ± 5.33 4.95 ± 4.81 2.99 ± 2.22

Il Council si è dato come priorità assoluta la costruzione di un network formativo in rianimazione cardiopolmonare anche nel nostro Paese. A tale scopo ha recepito le linee guida di trattamento internazionali e, attraverso un processo di consenso, ha sviluppato materiali didattici in italiano e percorsi formativi che tengono conto della cultura locale. Le iniziative e attività svolte da IRC al fine di sensibilizzare l’ambiente sanitario italiano sono numerose e sono già state presentate anche in sede internazionale 30. L’attività formativa ha ricevuto un’eccellente adesione, dimostrando di rispondere a un bisogno prima largamente insoddisfatto (Tab. III). TABELLA III – Attività formativa svolta da IRC Corsi

Formati nel 1999 (gennaio-settembre)

Formati totali al settembre ‘99

BLS esecutori DP esecutori ALS esecutori

14 000 990 720

Circa 50 000 1300 1270

Tale intensa attività formativa è stata svolta in pochi anni da una rete di centri di formazione estesa in 18 delle 20 Regioni italiane grazie allo straordinario impegno di istruttori formati secondo uno standard europeo, che operano nell’ambito di percorsi formativi ben definiti (Tab. IV). TABELLA IV – Istruttori operanti secondo linee guida IRC Tipologia

BLS DP ALS

Numero formati

1249 229 79

IRC ha definito anche gli iter formativi in ambito pediatrico e di prehospital trauma care con una rete di formazione integrata che si sta sviluppando parallelamente a quella per il trattamento della RCP per l’adulto. Il numero di operatori sanitari impiegati nelle strutture pubbliche è estremamente elevato, sicché, nonostante questo imponente sforzo, le percentuali di medici e di infermieri formati sono, anche se non trascurabili, fortemente minoritarie. Completati gli iter formativi per il personale sanitario e realizzata la rete di centri di formazione nelle strutture sanitarie, IRC si sta dedicando allo sviluppo di percorsi formativi per la popolazione in generale, con lo sviluppo di metodiche alternative di insegnamento del Basic Life Support e, recentemente, con la messa a punto di un corso BLS e di defibrillazione precoce per personale non sanitario.

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TABELLA II – L’ANMCO come strumento di salute pubblica

Il ruolo delle istituzioni sanitarie nazionali e delle associazioni professionali Luigi Tavazzi. Dipartimento di Cardiologia, IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia

La formazione, se intesa come trasferimento di informazioni nel senso “educazionale” correntemente applicato, è un problema tecnico; che riguarda prevalentemente il modo più efficace per introdurre nella pratica clinica comportamenti appropriati. Esistono vari soggetti interessati a questo processo, istituzionali e non istituzionali. Le Società Medico Scientifiche (SMS) sono ovviamente uno di questi. La scelta della priorità è invece un atto strategico di politica sanitaria. In questo senso, la focalizzazione dell’emergenzaurgenza da parte dell’ANMCO da almeno due messaggi importanti. Il primo riguarda la rilevanza dell’acuzie nella patologia cardiovascolare; la morte improvvisa causa circa la metà dei decessi sia nelle sindromi ischemiche acute (tenendo conto dei pazienti che muoiono prima di raggiungere un Ospedale) che nello scompenso cardiaco. Il secondo mette in forte evidenza la necessità sanitaria che nell’ambito della cardiologia ospedaliera l’urgenza-emergenza sia strutturalmente e funzionalmente collocata all’interno dell’area cardiologica, quindi dei percorsi diagnostico-terapeutici del cardiopatico, e non dispersa tra Medicina d’Urgenza, Rianimazione o reparti polivalenti la cui qualità di prestazione specifica non può non risentire della appartenenza a mondi culturali diversi, che per quanto integrati, diversi restano. Questa considerazione va posta a fronte del fatto che la tempestività e l’appropriatezza degli interventi cardiologici di urgenza-emergenza non ammettono incertezze, ritardi o inappropriatezze. Ma la “formazione del cardiologo”, cui le SMS (e non solo loro) dovrebbero tendere, è molto di più del semplice processo educazionale convenzionale. Nella tabella I ho sintetizzato quello che mi sembra dovrebbe costituire il contributo del medico sul piano professionale, in una prospettiva di valenza sociale; nella tabella II un sommario delle iniTABELLA I – SSN: contributo dei medici Definizione dei bisogni sanitari Definizione di insiemi di servizi indispensabili ( risposte ai bisogni) Monitoraggio di volumi e dell’appropriatezza, della distribuzione dei servizi e dei costi (efficienza) Studi di processo e di outcome (efficacia dei percorsi) e periodico aggiornamento di medici e amministratori Vigilanza sull’indipendenza delle scelte diagnostico-terapeutiche e del rapporto medico-paziente

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MISURA DEI BISOGNI SANITARI

Analisi di epidemiologia clinica Iniziative: SEOSI, EARISA, data-base Verifiche di appropriatezza Iniziative: Studio Lombardo sulla Rivascolarizzazione GISSI-Prognosi RISPOSTA AI BISOGNI

• Struttura del SSN – Analisi dell’esistente Iniziative: Censimenti nazionali Proposte: Dipartimento Cardiovascolare • Strumenti cardiologici – struttura del dipartimento – standard dei laboratori – standard degli operatori – criteri di qualità delle prestazioni Iniziative: documenti ad hoc USO DELLE RISORSE

Ovvero conoscere: – il sistema di erogazione delle risorse Iniziative: “operazione” DRG – i costi delle prestazioni e i meccanismi di programmazione economica Iniziative: autovalutazione, budget – come organizzare il lavoro Iniziative: carichi di lavoro – l’attuale assorbimento delle risorse per area epidemiologica e per patologie Iniziative: EARISA LA PRATICA MEDICA QUOTIDIANA

• Percorsi diagnostico-terapeutici: – analisi degli attuali (GISSI-Prognosi) e linee guida – incorporazione di nuove strategie terapeutiche (bring-up) • Aggregazione di informazioni e di esperienza (data-base sullo Scompenso Cardiaco) • Il quotidiano interpretato come ricerca continua (storia GISSI) STUDI PER E CON LA COMUNITÀ MEDICA INTERNAZIONALE

ziative condotte dall’ANMCO negli ultimi anni. Mi sembra non inopportuno nell’ultimo fascicolo, in qualche modo “storico”, del Giornale Italiano di Cardiologia, ricordare il contributo dell’ANMCO, e quindi di gran parte della comunità cardiologica nazionale, alla riconfigurazione in corso del Sistema Sanitario Nazionale. Tutto questo è formazione? Secondo me sì, in base al principio fondamentale che formazione è “partecipazione” piuttosto che “educazione”. Nell’ANMCO non ci sono educatori e educandi. Una SMS è una comunità professionale che esplica la sua missione se aggrega e coinvolge in iniziative di utilità sociale l’intera platea professionale di un paese. È in questa prospettiva che è nata la Federazione Nazionale Cardiologica, che dovrà rap-

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presentare un rafforzamento, e non una diluizione, della forza propulsiva della comunità cardiologica nazionale. In questa prospettiva è essenziale non perdere mai di vista che l’elemento aggregante di una SMS deve essere etico. La missione è lavorare per una migliore qualità della salute degli ammalati e della popolazione in generale. Per questo la formazione del medico è un processo non solo tecnico ma anche di etica sociale, oltre che individuale. Detto questo, anche sotto il profilo tecnico la formazione del medico è un processo complesso che richiede un contributo che solo le SMS possono dare. Si pensi ad esempio alla valutazione dei costi delle procedure diagnosticoterapeutiche un aspetto apparentemente lontano dall’area di interesse diretto delle SMS. Si può avere un approccio amministrativo, contabile, sommando semplicemente i costi diretti e indiretti in un determinato contesto funzionale. Nella tabella III ho riportato gli elementi di un’analisi dei costi che mi sembra più esaustiva e appropriata, per decisioni di politica sanitaria che, come nel caso dell’angioplastica nelle sindromi ischemiche acute, riguardino procedure non solo costose, ma che coinvolgono vere e proprie ristrutturazioni di intere aree del Sistema Sanitario. Per analisi di questo tipo è fondamentale il contributo delle SMS. Affinché questo contributo sia realmente informativo e decisionale è necessaria la partecipazione di reti di centri con operatori locali esperti e motivati, cioè “formati” per svolgere questo ruolo, con un’organizzazione locale in grado di produrre continuativamente informazioni certe e finalizzate a obiettivi precisi. È peraltro quanto il Programma nazionale per la Ricerca, Sperimentazione e Sviluppo del Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 si propone. La tabella IV riporta l’obiettivo e le aree di attività del Piano. In questo contesto la cardiologia costituisce un’area critica, per la rilevanza epidemiologica, l’elevata e costosa tecnologizzazione, il “mix” di patologie acute e croniche, la vivacità culturale e la tendenza rapidamente evolutiva dei percorsi diagnostico-terapeutici cardiologici, con le conseguenti ricadute organizzative. È quindi particolarmente rilevante che le SMS cardiologiche siano attive e contributive. Un punto dolente della Medicina di oggi è il mutare della figura e della funzione del medico nella società, con un progressivo svuotamento del suo ruolo etico e profesTABELLA III – Considerazioni sui costi nella scelta di una procedura 1. Costi se sensibilità e specificità fossero 100% 2. Idem nelle condizioni reali 3. Qual è la prevalenza della malattia nel setting specifico 4. Quanto influisce sui costi (complicanze, durata di degenza, riospedalizzazione, ecc.) il tempo di attesa 5. Quanto è conclusiva la procedura

TABELLA IV – Programma nazionale per la ricerca, sperimentazione e sviluppo del PSN 1998-2000 OBIETTIVO

Fornire le prove empiriche e le conoscenze scientifiche per l’elaborazione delle politiche sanitarie, la programmazione degli interventi e l’organizzazione della pratica clinica e assistenziale. AREE DI ATTIVITÀ

– valutazione dell’efficacia pratica di procedure e interventi sanitari ad alta rilevanza – valutazione delle forme più efficaci di trasferimento nella pratica clinica e assistenziale delle informazioni derivate dalla ricerca biomedica – sperimentazione dell’efficienza operativa di differenti modelli gestionali e verifica del loro impatto su indicatori dello stato di salute della popolazione – sperimentazione di interventi mirati ad aumentare le conoscenze della popolazione circa l’efficacia dei trattamenti e a migliorare la capacità degli operatori sanitari di comunicare con il paziente e di coinvolgerlo nelle decisioni che riguardano la sua salute.

sionale accompagnato da un crescente distacco e sfiducia nei suoi confronti da parte della gente. È l’aspetto negativo della, peraltro condivisa da tutti noi, domanda di lineeguida e di controlli di qualità delle prestazioni mediche. Negli ultimi anni è stata posta molta attenzione e enfasi alle linee guida e ai percorsi diagnostico-terapeutici per varie ragioni: 1) perché l’attuale metodologia della ricerca clinica produce “evidenze”; 2) perché la ricerca epidemiologica evidenzia una eterogeneità immotivata dei percorsi; 3) perché i cittadini chiedono percorsi efficaci e sicuri; 4) perché i responsabili dell’organizzazione sanitaria chiedono percorsi efficaci ed efficienti; 5) perché i “pagatori” chiedono percorsi “semplificati”, a basso costo. D’altra parte i controlli di qualità del prodotto sanitario, necessari e benvenuti, vengono richiesti anche perché la malasanità è continuamente pubblicizzata, perché a causa del razionamento economico i cittadini temono il non accesso a prestazioni efficaci, e, a volte, un conflitto di interessi del medico, che potrebbe venire premiato per la scelta di percorsi più economici. D’altra parte, da parte del medico potrebbe essere adottata la cosiddetta “Medicina difensiva”, effettuando atti diagnostici e terapeutici o evitando di effettuarli allo scopo di ridurre il rischio di essere accusati di “malpratice”. Per uscire da questo pericoloso insieme di diffidenze e cautele improprie le SMS possono svolgere un ruolo fondamentale, ancora una volta formativo. Il potere di influenza delle professione medica può essere forte. Può essere usato sia nell’ispirare decisioni di politica sanitaria che, localmente, di politica aziendale, ma occorre una forte ispirazione etica, quindi solidarietà sociale (il medico valuta per G Ital Cardiol, Vol 29, Suppl 4, 1999

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conto della società) e professionale (non combatte solo nell’ottica dell’orto di casa). Sotto quest’ultimo profilo sarà istruttivo osservare i comportamenti locali nell’organizzazione dipartimentale in corso negli ospedali. L’orientamento associativo dell’ANMCO è per il Dipartimento cardiovascolare, contenente le Unità Operative che costituiscono le tappe dei percorsi diagnostico-terapeutici del cardiopatico. Il Dipartimento quindi è inteso come l’insieme dei percorsi dei pazienti. Speriamo che “l’orto di casa” non finisca per prevalere troppo su questo orientamento etico e funzionale.

L’informazione medico-scientifica Luciano Onder. Vicedirettore Tg2 (“Medicina 33” – “Tg2 salute”)

L’informazione medico-scientifica non è soltanto una specializzazione del giornalismo, ma molto di più: è un settore vero e proprio della medicina, perché da lei dipendono i comportamenti, lo stile di vita, le scelte di ciascuno di noi. Da lei dipendono la prevenzione, il nostro benessere, spesso anche il modo di curare. Le ricadute sono enormi e riguardano aspetti sociali ed etici. Buona informazione contribuisce a fare buona medicina ed è utile al cittadino; cattiva informazione aggrava i problemi e danneggia Il cittadino. Possiamo in sintesi dire che l’informazione medico-scientifica può servire alla salute, oppure può danneggiarla. Tutto questo, i medici e i giornalisti che si occupano di medicina lo sanno bene. Nel 1984 a Washington in uno dei primi incontri mondiali sull’AIDS, lo scienziato Robert Gallo, alla domanda su come sarebbe stato possibile frenare la diffusione dell’epidemia, rispose che il controllo della nuova malattia sarebbe avvenuto attraverso metodi non strettamente medici e clinici, ma attraverso le informazioni date dai media: “tutto dipenderà da voi giornalisti e il risultato ci sarà se farete un’informazione corretta, utile al cittadino e non scandalistica”. Robert Gallo aveva ragione: in tutti i paesi occidentali l’epidemia è stata frenata grazie ad un’informazione corretta, ben orientata, che ha svolto anche un ruolo educativo e di prevenzione. “Se lo conosci lo eviti”, “non morire per ignoranza” sono stati i messaggi delle campagne di prevenzione alle quali i media occidentali hanno dato un grande contributo. L’importanza di una buona informazione che contribuisca alla prevenzione e all’educazione è stata sottolineata due anni fa nel congresso dei cardiologi ospedalieri a Firenze. “Il numero degli infarti e delle malattie cardiovascolari è diminuito in un decennio di quasi il 20% – ha detto in quell’occasione il Prof. Pierluigi Prati all’apertura dei lavori

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– grazie anche ad un’informazione che ha fatto capire ai cittadini quali sono i fattori di rischio cardiovascolari e quanto è importante correggerli”. In sostanza più il cittadino è informato, più è in grado di controllare ciò che influenza la sua salute. “Se siete informatori responsabili, siete anche educatori” aveva detto Carl Popper ai giornalisti, sottolineando che l’informazione deve sempre diventare strumento di educazione e produrre effetti pedagogici. E che l’informazione medico-scientifica debba avere un ruolo pedagogico ed una dimensione etica è chiaro in tutto il mondo. In Francia il Comitato di Bioetica nel 1996 ha emanato una “raccomandazione” ai giornalisti. È un documento molto importante che in tredici punti dà linee guida precise e concrete. “In Francia, dice all’inizio, ci sono 26 000 giornalisti: di questi più di 3000 sono sportivi e solo 180 scientifici. Queste cifre già spiegano la superficialità e la confusione delle notizie biomediche” Il punto 5 del documento sottolinea “la competenza e il ruolo pedagogico del giornalista scientifico”. Il punto 11 “la dimensione etica della formazione professionale”. L’ultimo punto, il 13, conclude dicendo: “è importante considerare che il pubblico destinatario dell’informazione scientifica non è una massa indistinta e amorfa. Si tratta dei malati, delle loro famiglie, delle loro associazioni, dei loro medici curanti… ed è a tutti costoro che deve pensare chi crea e diffonde l’informazione”. Non sempre il quadro dell’informazione biomedica è quello descritto, cioè non sempre il giornalismo tiene conto della dimensione etica della professione. Spesso la scienza fa notizia nel modo peggiore e finiscono in prima pagina soltanto il bizzarro e il curioso. Le informazioni vengono distorte e strillate con titoli assurdi ed usati per creare paure, illusioni o false speranze: tutto in pratica viene messo sullo stesso piano, sia ciò che è realmente documentato, sia ciò che è nella fantasia di chi scrive. “Nel giornalismo italiano accade un fenomeno particolare – ha scritto Umberto Eco – per cui non sono i fatti che diventano parole, ma molto spesso sono le parole che si trasformano in fatti. È un’informazione ‘virtuale’, per cui spesso tutti discutono di una cosa che in realtà non esiste… è un’informazione-disinformante, in cui solo lo spettacolo fa notizia”. Ed è stato proprio il settore del giornalismo medicoscientifico che ha prodotto negli ultimi anni gli esempi di un’informazione-disinformante. Solo nel 1995 l’UK 101 (la cosiddetta proteina anticancro di Bartorelli), nel 1996 il metodo UROD (per disintossicare in modo rapido i tossicodipendenti), e nel 1997-1998 l’MDB (il Metodo Di Bella per la cura dei tumori). Sono tre casi in cui l’informazione è arrivata a creare addirittura un’emergenza sanitaria. Il 17 agosto 1997 nei primi mesi del caso Di Bella l’ematologo dell’Università Cattolica di Roma, Prof. Giuseppe

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Leone, scrive al quotidiano “Il Tempo” una lettera drammatica che però non riesce a trovare alcuna eco. “Per affidarsi alle terapie del Prof. Di Bella ho visto pazienti rinunciare a terapie sicuramente valide. Malati che potevano essere curati e guariti sono morti o stanno per morire, perché influenzati da cattivi consiglieri, cattivi medici, cattiva stampa. A queste persone vorrei che lei e i suoi giornalisti pensassero quando scrivono del Prof. Di Bella. Della sorte di queste persone vorrei che il Prof. Di Bella e i colleghi che gli danno una mano fossero chiamati a rispondere”. Queste, secondo me, le idee guida che l’informazione biomedica deve seguire. Per quanto riguarda il problema specifico dell’emergenza cardiologica bisogna ricordare che parlare di Emergenza oggi in Italia significa mettere a fuoco il problema dell’arresto cardiaco e fare ogni sforzo per velocizzare i soccorsi e favorire la diffusione dei defibrillatori. Per attendere risultati è indispensabile sensibilizzare non solo il mondo sanitario e dall’assistenza, ma informare la società, il mondo politico, i mezzi di comunicazione di quanti vantaggi si possono ottenere con una buona organizzazione. E questo è compito dei giornalisti. Ogni giorno muiono negli Stati Uniti 1000 persone per arresto cardiaco, 360 000 all’anno. Se per fronteggiare l’arresto cardiaco si producesse uno sforzo educazionale e di investimenti non troppo lontani da quelli profusi per fornire armi, per combattere crimini, evitare vittime negli incidenti stradali, che impatto si avrebbe? Si otterrebbe di salvare un numero elevatissimo di vite umane ad un costo straordinariamente inferiore a quante ne salvi l’air bag. Se con l’air bag si salvano 2000 vite all’anno, con la massiccia diffusione di defibrillatori se ne potrebbero salvare 36 000. E per ottenere risultati, lo ripeto, è indispensabile far capire i vantaggi dell’emergenza ben organizzata, non solo al mondo sanitario e dell’assistenza, ma anche alla società tutta, al mondo politico e per questo è indispensabile l’azione dei mezzi di comunicazione. Riferimento bibliografico WEISFELDT M: Foreward. In: WEIL MH, TANG W (eds): CPR resuscitation of the arrested heart. Philadelphia, WB Saunders, 1999.

La formazione permanente: le basi legislative di un’evoluzione possibile Fulvio Camerini. Trieste

I rapidi progressi delle scienze della salute hanno portato negli ultimi decenni ad un cospicuo aumento sia del

numero delle conoscenze che della loro complessità, con la creazione di nuove specializzazioni praticamente in tutte le branche della medicina. Questa evoluzione, che è associata ad una rapida obsolescenza e al superamento di molte certezze acquisite, caratterizza la moderna sanità e pone il problema, per il personale medico e sanitario nella sua globalità, dell’aggiornamento e della formazione permanente. Il problema è stato da tempo affrontato in altri paesi: così, nel Regno Unito, i Royal Colleges of Physicians (1994 e 1998) hanno considerato la “Continuing Medical Education” come un obbligo professionale e il Libro Bianco del governo laburista (1997) considera “l’apprendimento che deve durare tutta la vita come un investimento in qualità”. Ancor più precisa è l’affermazione dell’American Medical Association 1: quando “un medico prende un impegno, che dura tutta la vita, di servire il prossimo con l’esercizio della professione, lui o lei devono pure prendere un impegno, che deve durare pure tutta la vita, nei riguardi della formazione continua. Le conoscenze mediche, la scienza e le tecnologie avanzano così rapidamente e drammaticamente che è impossibile offrire cure mediche competenti senza un’educazione medica continuativa”. Al contrario nel nostro paese la formazione medica permanente non è obbligatoria ed è possibile che un professionista operi per anni senza svolgere, dopo la laurea, alcuna attività di aggiornamento. Esistono però delle recenti, sia pure modeste, attività formative obbligatorie, come quelle contenute nell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, secondo cui alle Regioni è demandato il compito di emanare norme generali per la formazione continua obbligatoria e di stabilire a livello regionale le linee di coordinamento e di indirizzo, la programmazione generale delle aree tematiche, le metodologie didattiche e i livelli economici. Meno sistematicamente altre istituzioni svolgono un ruolo formativo, come l’Ordine dei medici e gli ospedali, mentre frequenti sono alcune iniziative legate alle attività delle società scientifiche come pure quelle promosse dall’industria. Il Parlamento Italiano (ed in particolare la commissione Igiene e Sanità del Senato) ha affrontato il problema partendo da due leggi (la prima cha ha come primo firmatario il sen. Martelli e la seconda il sen. Monteleone), leggi che riprendevano delle proposte presentate otto anni fa circa dal sen. Condorelli. Il disegno di legge elaborato dalla Commissione Sanità del Senato aveva come titolo “La formazione del personale sanitario”. La Commissione ristretta aveva preferito usare il termine “formazione”, piuttosto che non quello di “aggiornamento”, inteso come un ammodernamento delle conoscenze di carattere prevalentemente nozionistico; per formazione infatti si intende un “processo di apprendimento per definizione attivo in grado di migliorare non solo le capacità G Ital Cardiol, Vol 29, Suppl 4, 1999

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diagnostiche e terapeutiche ma anche il comportamento globale del medico…” 2. È da notare inoltre che il provvedimento interessava non solo i medici, ma tutto il personale sanitario, per tutto l’arco della vita lavorativa. Il disegno di legge prevedeva i seguenti organismi responsabili dell’organizzazione e del controllo della formazione continua: Il Comitato Nazionale per la formazione continua, composto da 12 persone di provata esperienza scientifica e pedagogica (10 nominati dal Ministro della Sanità – sentito il parere del Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica – e 2 rappresentanti della Conferenza StatoRegione). I compiti del Comitato Nazionale erano d’ordine generale come elaborare una politica nazionale per la formulazione dei programmi, sia individuali che di gruppo, identificare i criteri per gli accreditamenti delle strutture e delle istituzioni che si dedicano alla formazione continua, stabilire, per ciascuna categoria sanitaria, l’ammontare dei crediti, ecc. I Comitati Regionali per la Formazione Continua, che avrebbero dovuto avere sede presso gli Assessorati Regionali alla Sanità ed essere composti da 10 esperti. I compiti previsti per i Comitati regionali erano: elaborare una politica regionale per la formazione continua e un programma di massima per le singole discipline, verificare i requisiti di idoneità delle strutture deputate alla formazione continua e accreditare sia le istituzioni che le manifestazioni con le dette modalità e validità delle prove stesse. I componenti del Comitato Nazionale e dei Comitati regionali dovevano essere rappresentativi delle istituzioni e delle strutture che partecipano alla formazione continua: in particolare le università, le aziende ospedaliere, le aziende sanitarie locali, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, gli ordini e i collegi professionali, le associazioni e le società scientifiche nazionali ed estere accreditate (da sole o in collaborazione con altre istituzioni pubbliche o private, fondazioni, aziende biomediche). Gli ordini professionali dei medici e dei chirughi, degli odontoiatri, dei farmacisti e degli esercenti delle professioni impegnate nella Sanità che esercitano un’azione di controllo sull’adempimento degli obblighi di formazione. La legge doveva prendere inoltre in considerazione le modalità degli accreditamenti e della valutazione dei crediti, della scelta dei programmi, i meccanismi di controllo e di valutazione, gli incentivi, le sanzioni ed i finanziamenti. Il Comitato ristretto ha ascoltato le opinioni di autorevoli rappresentanti del mondo medico, dell’università e delle Regioni che hanno iniziato la sperimentazione in questo campo. Di recente però il decreto legislativo “Norme per la Razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale” ha preso in considerazione (articolo 12 Bis), accanto a numerose altre problematiche, anche il tema della formazione continua, per G Ital Cardiol, Vol 29, Suppl 4, 1999

la quale vengono riaffermate le finalizzazioni e gli obiettivi già riferiti e per la quale si riconferma la necessità di una “qualificazione specifica” per i diversi profili professionali. Vengono inoltre menzionati molti degli strumenti della formazione, come la partecipazione a corsi, convegni, seminari (organizzati da istituzioni pubbliche e private accreditate) nonché soggiorni di studio e la partecipazione a studi clinici controllati e ad attività di ricerca, sperimentazione e sviluppo. Inoltre nella legge si afferma l’importanza sia dei percorsi formativi autogestiti sia di programmi finalizzati agli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale e del Piano Sanitario Regionale. Vengono inoltre confermate l’importanza ed il ruolo-guida di un comitato nazionale per la formazione continua (“Commissione Nazionale per la Formazione Continua”), presieduto dal Ministro della Sanità e composta da 2 vicepresidenti e da 10 membri. La Commissione ha compiti molteplici fra i quali la definizione degli obiettivi formativi di interesse nazionale con particolare riferimento alla elaborazione, diffusione, adozione delle linee-guida e dei relativi percorsi diagnostici-terapeutici. La Commissione definisce inoltre i crediti formativi che devono essere maturati dagli operatori, gli indirizzi per l’organizzazione dei programmi di formazione, nonché i criteri e gli strumenti per il riconoscimento e la valutazione delle esperienze formative. È compito della Commissione infine la definizione dei requisiti per l’accreditamento delle società scientifiche e dei soggetti pubblici e privati che svolgono attività formative nonché la verifica della sussistenza dei requisiti stessi. Le Regioni provvedono, anche con la partecipazione degli Ordini e dei Collegi professionali, alla programmazione e alla organizzazione dei programmi regionali, elaborando obiettivi di più specifico interesse regionale e accreditando i processi di formazione di rilievo regionale. Le Regioni inoltre devono trasmettere alla Commissione nazionale una relazione annuale sulle attività svolte, anche con il fine di garantire il monitoraggio dello stato di attuazione dei programmi regionali di formazione continua. Non si deve dimenticare però che l’organizzazione della formazione continua a livello regionale è un processo alquanto complesso che richiede strutture e personale, organizzazione e risorse ad essa specificatamente dedicate. In questa legge sono pure previsti dei meccanismi penalizzanti, anche se poco definiti, sia per il personale sanitario inadempiente che per le strutture sanitarie private nelle quali questo personale sanitario opera. Sono queste le basi legislative della formazione permanente. Il processo per rendere pienamente operativa la stessa richiede naturalmente un impegno globale delle regioni, degli ordini e collegi, delle Università, delle aziende sanitarie e ospedaliere e degli operatori. Esistono inoltre numerosi problemi aperti intrinseci alla tematica stessa che non possono essere affrontati in questa relazione.

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Definizioni e riferimenti

Aggiornamento: rimodernamento delle conoscenze prevalentemente passivo e nozionistico 2. Aggiornamento professionale: è l’attività successiva al corso di diploma, laurea, specializzazione, formazione complementare, formazione specifica in medicina generale diretta a adeguare per tutto l’arco della vita professionale le conoscenze professionali (decreto leglislativo 1999). Formazione continua: un complesso di attività per mantenere, sviluppare o aumentare le conoscenze, le capacità, le performances e le relazioni professionali del personale sanitario al fine di erogare servizi per i pazienti, il pubblico o la professione 1. Formazione continua: un processo di apprendimento attivo in grado di migliorare non solo le capacità diagnostiche e terapeutiche ma anche i comportamenti globali. Fondamentali sono, oltre agli aspetti tecnici, le attitudini umane, le capacità di empatia e i collegamenti con i contesti sociali ed operativi nei quali il personale sanitario agisce 2. Formazione permanente: comprende le attività finalizzate a migliorare le competenze e le abilità cliniche, tecniche e manageriali ed i comportamenti degli operatori sanitari al progresso scientifico e tecnologico con l’obiettivo di garantire efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza all’assistenza prestata dal Servizio Sanitario Regionale (decreto legislativo 1999). Continuing Medical Education: terminologia nella letteratura di lingua inglese, che valorizza le differenze tra “competenze” (“ciò che uno può fare”) e “performance” (“ciò che uno fa”). Codice di Deontologia Medica, Edizione 1989, Art. 23: il medico, nell’ambito di una Formazione permanente, è tenuto ad un continuo adeguamento delle proprie conoscenze e della propria competenza al progresso delle acquisizioni scientifiche nel campo dell’educazione sanitaria, della

prevenzione, della diagnosi, della terapia, della riabilitazione e della deontologia professionale per garantire il diritto del paziente alla tutela della salute nel rispetto della dignità della persona. Legge 23 Dicembre 1978, n. 8. Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale: “Il Governo è delegato ad emanare entro il 30 giugno 1979 i decreti per disciplinare lo stato giuridico del personale delle Unità Sanitarie Locali nel rispetto dei seguenti principî: ………… fissare le modalità per l’aggiornamento obbligatorio professionale del personale”. Unione Europa: Direttiva Comitato Consultivo per la Formazione dei Medici (1993, CP 93/095): “La formazione Medica Continua (FMC) deve costituire un dovere etico, che deriva dall’Autorità disciplinare della professione stessa. La FMC dovrà essere un obbligo sia individuale che collettivo della professione. Al fine di promuovere la FMC e di renderla efficace, ogni Stato membro dovrà provvedere ai mezzi finanziari e alle strutture propri a renderla accessibile a tutti i medici e questo, preferibilmente, istituendo un organismo nazionale competente e indipendente, oppure un’amministrazione investita dell’autorità di procurare i mezzi materiali, le strutture e i programmi per mettere la FMC alla portata di tutti i medici”.

Bibliografia 1. AMERICAN MEDICAL ASSOCIATION: Continuing medical education resource guide 1998. 2. MASOTTI G: Documento approvato dal Collegio dei professori di medicina interna sulla formazione permanente del medico. La formazione del medico in Europa, Prima conferenza internazionale, Roma, 1997; 35. 3. The New NHS. The Stationery Office, Modern Dependable, 1997.

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