Educazione News Ii 005(2)

  • June 2020
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educazioneNews

Anno II / numero 5 / ottobre 2009

Periodico a cura del Centro Culturale della Svizzera Italiana

Editoriale

All’inizio del nuovo anno scolastico, ad un anno dall’Appello per l’educazione sottoscritto in poche settimane da centinaia di persone, abbiamo avvertito l’esigenza di rilanciare la questione. L’abbiamo fatto invitando alcune persone ad esprimere attese, speranze, suggerimenti riguardo al mondo della scuola e alla sfida educativa che esso pone. In questo numero iniziamo a pubblicare alcuni interventi. Un filo conduttore li percorre e li unisce pur con diverse sottolineature: la figura dell’insegnante e il suo sguardo sugli allievi che gli sono affidati. Questo viene prima di tutti gli altri aspetti dell’insegnamento (didattiche, strutture…) cui pur bisogna prestare attenzione. “Il fatto centrale di ieri e di oggi è voler bene, senza sentimentalismi, ai propri studenti: è perdere la testa (l’espressione sembra troppo forte solo per pudore ‘borghese’) dietro gli allievi che ogni anno ti sono affidati”. E un altro intervento sottolinea: “È la passione per quei ragazzi che devi far crescere, per le loro persone, per la loro storia, per i loro interessi che è il cuore di ogni educatore. Più che le cose che dovrai insegnare è anzitutto la vita di quei figli adottivi che ti diviene cara: un mistero da esplorare, da curare, a volte dolorosamente da modellare.” Ma questa posizione è proprio quella che risponde a “un bisogno dei ragazzi – sottolinea un altro contributo - di trovare persone adulte da guardare: (segue sul retro)

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Studenti del Kerala, India (Foto: Luca Fiore)

Le speranze e le attese sulla scuola

Così rispondono le persone interpellate da educazione News Rispondo alla vostra solle- virtù di un facile consenso. citazione a scrivere qualche Penso solo alla mia infanzia riga sulla scuola e sul lavoro e a quella dei miei coetanei. d’insegnante che è il mio. Le Non era raro che i docenti riflessioni in tal senso si sono picchiassero o umiliassero moltiplicate, qui da noi, negli gli studenti. Poca cosa, però, ultimi anni. È un bene, ben- rispetto a un’Europa che per ché sia importante uno sfor- millenni, fino a poco fa, manzo per uscire dalla genericità. dava con orgoglio i propri figli Per genericità intendo dire a farsi macellare sui campi di che dietro parole, pensieri battaglia. Avremmo senz’altro , simili c’è necessariamente e fatto a meno di tanti “adulti” fortunatamente una diversità temuti e pure rispettati. di fondo che è interessante Tornando alla scuola di oggi, esplicitare in termini non pre- ma anche d’ieri, propongo concetti. Per esempio, l’anno due citazioni. La prima da scorso ho firmato l’appello un testo di Charles Péguy in per l’educazione, condividen- cui parla di Gustave Lanson, done alcune parti. Non tutto. professore di storia della Non utilizzerei l’espressione letteratura, passato dall’inse“emergenza educativa”. gnamento liceale a supplire Penso che nel momento in cui Brunetière all’École Normale c’è l’uomo esiste “emergenza Supérieure (otterrà poi la educativa” e, prima ancora, cattedra in Sorbona). Dice “emergenza autoeducativa”. Péguy: “Dès l’enseignement Guardando al mondo in ter- secondaire il avait cette tare mini storici non vedo la no- qui est pour moi inexpiable stra epoca molto diversa da et qui à vrai dire dans mon altre, quando tutto sembrava système de comptabilité andare abbastanza bene in est la seule qui compte: il

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n’aimait pas ses élèves” (L’Argent suite, in Œuvres en prose complètes, édition présentée, établie et annotée par Robert Burac, Gallimard, Paris 1992, vol. III, p. 859). La seconda citazione la riporto a memoria sperando di non farlo in modo troppo approssimativo. Don Milani rispondeva, mi sembra, a una studentessa napoletana: “Quando avrai perso la testa, come l’ho persa io, dietro alcune decine di creature, troverai Dio come premio”. Il fatto centrale ieri e oggi è voler bene, senza sentimentalismi, ai propri studenti; è perdere la testa (l’espressione sembra troppo forte solo per pudore “borghese”) dietro gli allievi che ogni anno ti sono affidati. Don Milani diceva che il premio è Dio. In ogni caso, credente o non credente troverai loro come premio e il credente non trova Dio senza passare dalla sua creatura. Qualcuno dirà: perbacco,

http://www.centroculturale.org

sarebbe bello se fosse così, ma è impensabile chiedere questo a tutti i docenti! Eppure sappiamo benissimo che in qualsiasi ambito della vita se non amiamo ciò che facciamo e le persone con cui lo facciamo, le soddisfazioni personali e i risultati oggettivi sono scarsi, nonostante tutte le tecniche che ci si ostina a dispensare. Non c’è nulla di romantico in quanto dico. Educare volendo bene significa comunicare, con chi (e non semplicemente a chi) hai davanti e accanto, quello che ti sembra di aver capito della realtà, della vita, passando attraverso la materia che insegni con passione, rispetto e rigore, anche nella valutazione dei risultati effettivi dello studente. Di sicuro, non per il tramite di discorsi astrattamente educativi, di scorciatoie pedagogicodidattiche e di lamentazioni sull’odierna scarsità di valori. Ognuno di noi, insegnanti, si arrangia come può. Qualcuno è più spontaneamente portato a guardare con stupore gli studenti con cui fa lezione. Altri meno. Detto ciò, è tuttavia indispensabile aggiungere che nessuno può muoversi tenendo fisso l’orizzonte di cui parlavo poco fa senza un quadro istituzionale che, su più piani contemporaneamente, favorisca una tale prospettiva, aiuti il singolo docente a non perdere di vista quel che conta veramente. Purtroppo queste coordinate istituzionali sono assenti e non certo per fatalità. Non ho qui lo spazio per spiegare il mio apparente pessimismo. Apparente, perché è solo realismo. Quel realismo che, invece, mi fa essere ottimista quando guardo negli occhi allievi ed ex allievi. Jean Soldini educazione-News viene inviato via e-mail su richiesta scrivendo a [email protected].

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Ho iniziato a insegnare che avevo 25 anni, oggi ne ho 65 e mi sembra ieri quando da giovane vicerettore al Collegio Arcivescovile di Gorla aprii con tale vigore la porta del refettorio per lasciare passare i ragazzi che l’ho scardinata. Era il vigore della passione per una avventura aspettata da tempo. Senza l’entusiasmo degli inizi la scuola è un peso micidiale. È la passione per quei ragazzi che devi far crescere, per le loro persone, per la loro storia, per i loro interessi che è il cuore di ogni educatore. Più che le cose che dovrai insegnare è anzitutto la vita di quei figli adottivi che ti diviene cara: un mistero da esplorare, da curare, a volte dolorosamente da modellare. Qui sta la novità che dà robustezza e autorevolezza alla presenza dell’insegnante in mezzo a loro. “Finalmente uno che si è implicato con la mia vita!”, mi sentivo dire senza che neppure io me ne accorgessi. L’insegnamento senza ques-

to amore alla persona dell’altro, palesato in mille differenti modi, diventa di una monotonia esasperante e ti spegne la voglia persino di leggere un libro in più per preparare le lezioni. E così ti assale la voglia di vivere di rendita, di ripetere cose cui non credi neppure più. La sfiducia nell’insegnante nasce dalla pretesa del risultato da vedere, mentre il primo risultato da ottenere è di entrare nella vita dei tuoi ragazzi. Aperta la porta del cuore, ci puoi metter il meglio della scienza e del sapore del vivere. La Scuola “privata”, cioè “la scuola per la persona”, ha questo determinante valore aggiunto: una passione per il proprio mestiere di insegnante che diventa mestiere (ministerium) di educatore attraverso la disciplina scolastica che hai tra le mani ma, attraverso quella, è la vita reale di chi ti è affidato che interessa. Don Willy Volonté (segue dalla prima)

per potersi capire, per avere dei punti di confronto su cui verificare la propria crescita come persone.” Persone adulte che sappiano indicare un percorso per la realizzazione di sé “come primo passo per permettere ai giovani di affrontare lo slalom gigante della vita - nota un intervento - è necessario che genitori, in primis, e docenti responsabili mettano per tempo i paletti che indicano i traguardi del sapere e del vivere civile.” Un forte richiamo alla responsabilità educativa, che ha come centro l’educazione della persona e non la semplice socializzazione e la trasmissione di saperi e di abilità, è venuta dal Vescovo monsignor Grampa in un recente incontro di inizio anno con i docenti cattolici. Con forza egli ha indicato le caratteristiche dell’insegnamento inteso come servizio alla persona. Un servizio che si radica nella natura stessa di Dio, che in Gesù si manifesta come colui che è al servizio dell’uomo. E con forza egli ha indicato l’urgenza, di fronte all’emergenza educativa, di non restare isolati, di creare una rete di amicizia e di solidarietà, innanzitutto tra gli insegnanti cattolici, ma per sua natura aperta a tutti. Le sfide che ci attendono esigono che si passi da una presenza nascosta, “carsica”, ad una presenza che ricerchi attivamente, partendo dalla propria identità e dalla passione educativa, il confronto per un cammino fecondo nella scuola e nella vita. È un potente invito, raccogliamolo!

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“Inoltre non si è mai limitato ad insegnarci dei concetti ma dei veri e propri insegnamenti di vita. C’era un rapporto anche fuori dagli orari di lezione dove ci raccontava delle sue esperienze personali. Grazie per questi flash che ci lasciavano di stucco, ci facevano discutere anche dopo le lezioni e ci hanno creato effetti simili a quelli che produce una canna (!!)”. “Mi è piaciuta la sua voglia di insinuare curiosità (e nel mio caso, per quanto ce ne fosse un bel po’ prima, è riuscito ad aumentarla) per gli argomenti trattati, che è poi l’essenza delle scienze naturali: capire il mondo e le sue leggi”. Sono due pensieri tolti da una serie di giudizi espressi dai miei allievi lo scorso anno, alla fine della quarta commercio (chiedo sempre, alla fine di un percorso di 4 anni insieme, una valutazione dell’esperienza fatta durante il mio insegnamento). Mi sembra indichino bene due questioni per me fondamentali per la coscienza con cui riprendo un nuovo anno scolastico. Il primo esprime un bisogno dei ragazzi di trovare persone adulte da guardare: per potersi capire, per avere dei punti di confronto su cui verificare la propria crescita come persone. Come insegnanti non possiamo tirarci indietro rispetto a questa domanda ben visibile sulle facce degli allievi che ci troviamo davanti lezione dopo lezione, oggi in modo forse ancor più struggente di ieri. E il primo modo per non sottrarci a questa domanda è quello di non censurare la nostra esperienza di uomini, qualunque essa sia, grande e nello stesso tempo piena di fragilità ma comunque impegnata con la vita. Il secondo indica quale dovrebbe essere la coscienza di insegnanti e studenti nei confronti del lavoro scolastico.

[email protected]

Siamo a scuola, con un dispendio di tempo e energia enorme, per conoscere la realtà, per poter cominciare a capirla, secondo tutte le sfaccettature e la complessità con sui ci si presenta. P.S. Se Il primo dei pensieri citati esprime un bisogno largamente diffuso, il secondo esprime una coscienza sempre più rara da verificare. Nella quotidianità del nostro lavoro si fa piuttosto l’esperienza della quasi totale assenza del perché e del senso della fatica dello studio, del conoscere. Ed è forse questo che più duramente ci mette alla prova come insegnanti. A questo proposito, l’attuale massificazione degli studi (parlo delle scuole superiori), per di più con un tasso sempre maggiore di ripetizioni nel corso del curricolo scolastico da parte di studenti che poi sono incattiviti e disaffezionati al lavoro proprio della scuola non può non far sorgere domande che sempre più urgentemente richiedono di essere affrontate.

essere recepite e vagliate dai politici, poi declinate in termini didattici e presentate agli allievi. In molti casi questo ritardo può persino comportare il rischio di introdurre una innovazione tra le pareti scolastiche quando ormai essa non è più tale. Per cercare di ridurre questa "sfasatura temporale" è necessario un lavoro titanico, innovatore e anticipatore, che crea e mantiene condizioni positive di collaborazione tra le varie componenti della scuola. E si sa che docenti, genitori (“resi ciechi dal troppo amore per i loro figli”) e autorità politiche sono spesso arroccati su posizioni

di chi la scuola la conosce per averla frequentata, per brevi periodi, in tempi ormai remoti con, come diceva mio nonno,”il libretto della cooperativa”. Tutti quelli che lavorano o hanno lavorato nella terra non sempre grata e per le difficili vie dell’insegnamento ne sono consapevoli. Tutti gli operatori scolastici e i politici sono (dovrebbero essere…) coscienti che la scuola è sempre in ritardo rispetto alle trasformazioni che si verificano di continuo nella società, perché deve fare i conti con ben precisi "tempi tecnici". Questi possono essere abbreviati, ma mai annullati: le innovazioni infatti devono

diametralmente opposte. Per riprendere, approfondire e ampliare le nostre conoscenze su una realtà scolastica sempre in divenire un dialogo franco e continuo è utile e necessario, ma non è sufficiente! Concretamente: un primo passo per permettere ai giovani di affrontare lo slalom gigante della vita è necessario che genitori, in primis, e docenti responsabili mettano per tempo i paletti che indicano i traguardi del sapere e del vivere civile. In buona sostanza: educarli al confronto. Lauro Degiorgi

Flavio Schira “I giovani hanno diritto alla disciplina: educare con severità per insegnare a crescere” (Bernhard Bueb, direttore scolastico tedesco). La struttura della scuola obbligatoria – la spina dorsale del sistema scolastico di ogni paese – ha subito radicali trasformazioni nelle strutture logistiche e pedagogiche per assicurare una formazione comune e qualitativa senza discriminazioni su tutto il territorio cantonale. Per quanto riguarda la qualità della formazione fornita dalla scuola, le critiche sono sempre più serrate e numerose: in sostanza le si rimprovera di dare un tipo di formazione che non corrisponde alle esigenze e alle richieste della società. Bisogna però relativizzare le catastrofiche sentenze

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Bernardino Luini (1481-1532) Affresco della Passione e della Resurrezione Santa Maria degli Angioli, Lugano

presentano la mostra itinerante su San Paolo:

Sulla via di

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L’inizio di una vita nuova

Lugano Chiesa di Santa Maria degli Angioli 9 - 22 novembre 2009 orari di apertura: tutti i giorni 10-18 ingresso libero informazioni e prenotazioni visite guidate gratuite:

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inaugurazione lunedì 9 novembre, ore 18 prof. Giorgio Paximadi, S.E. Mons. Pier Giacomo Grampa vescovo di Lugano concerto d’organo sabato 14 novembre, ore 20.30 M° Diego Fasolis incontro venerdì 20 novembre, ore 20.30 Una nuova creatura: né uomo né donna, né schiavo né libero, né giudeo né greco prof. Bruno Ognibeni

tel. 077 419 47 27 [email protected]

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